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Sommario del 04/11/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Messa dei cardinali e vescovi defunti: Dio non si manifesta all’uomo nel castigo ma in una misericordia "senza misura"
  • Urgente la formazione di laici cattolici, coerenti operatori di un ordine sociale giusto: così il Papa alla plenaria di Giustizia e Pace
  • Benedetto XVI su San Carlo Borromeo: ha riformato la Chiesa iniziando dalla propria vita
  • Il saluto del Papa per l'inaugurazione del nuovo seminario dell’Avana
  • Verso Santiago de Compostela e Barcellona: la visita del Papa all’Obra Benéfico Social del Nen Déu
  • Rinunce e nomine
  • La Santa Sede all'Onu: tutelare libertà religiosa, matrimonio e diritto dei genitori a educare i figli
  • Mons. Chullikatt: aiutare i rifugiati palestinesi e il processo di pace in Terra Santa
  • Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede sull’Opus Angelorum
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Obama si assume la responsabilità della sconfitta elettorale ma difende la riforma sanitaria
  • Collaborazione tra Nato e Russia sull'Afghanistan
  • Presentato il libro “I Padri dell’Europa alle radici dell’Unione Europea” edito dalla Lev
  • Chiesa e Società

  • Iraq: dopo il massacro di domenica il cardinale Delly ricevuto dal premier Al Maliki
  • Dichiarazione congiunta di cristiani e musulmani dell'Iraq sui luoghi sacri profanati
  • Egitto. I Fratelli Musulmani: "proteggere i luoghi di culto è un dovere religioso"
  • Libano. I vescovi maroniti: i politici rinuncino a linguaggio di sfida e di rifiuto degli altri
  • Pakistan: continuano ad aumentare i casi di polio
  • Indonesia: i vescovi chiedono più impegno per l'emergenza umanitaria
  • Haiti: oltre 440 le vittime del colera. La missione Onu nega responsabilità
  • Brasile: la Chiesa denuncia l’assassinio di 31 senza tetto nei primi 10 mesi del 2010
  • Il rappresentante Onu a Mogadiscio condanna l’impiego di bambini soldato in Somalia
  • Fao: allarme virus animale in Africa meridionale
  • Assemblea dei vescovi francesi. Il cardinale Vingt-Trois: "il Paese bloccato nel dialogo sociale"
  • Belgio: mons. Leonard risponde alla cattiva interpretazione delle sue dichiarazioni sui preti pedofili
  • Il patriarca Twal in visita in Argentina chiede verità e dialogo per il Medio Oriente
  • Cina: ritiro spirituale dei sacerdoti e ordinazione di due presbiteri nella diocesi di Pechino
  • Thailandia: consegna del Crocifisso a otto missionari, segno di vitalità ecclesiale
  • Giornata nazionale per la vita. I vescovi italiani: l'educazione è la sfida più urgente
  • Scoperto il Messale ambrosiano di San Carlo Borromeo
  • Assemblea Cism: il priore di Bose legge la vita religiosa dal Concilio a oggi
  • Roma. I funerali di padre Cenci: rivoluzionò la storia del francescanesimo
  • Regina Apostolorum: nuova Cattedra Unesco di Bioetica e Diritti umani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ferito gravemente un giornalista somalo: il governo accusa i ribelli Shabaab
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Messa dei cardinali e vescovi defunti: Dio non si manifesta all’uomo nel castigo ma in una misericordia "senza misura"

    ◊   Il cristianesimo è una “scelta di campo”: la predilezione delle cose di Dio, senza alcun disprezzo per quelle umane. Ed è fonte di una consapevolezza: che Dio non “spadroneggia” sull’uomo, ma lo ama di una misericordia “senza misura”. Con questi pensieri Benedetto XVI ha accompagnato questa mattina la celebrazione della Messa nella Basilica di San Pietro in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti nel corso dell’anno. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    (canto)

    L’eco con le parole pronunciate spontaneamente ieri alla fine della catechesi in Aula Paolo VI è forte e immediato: ciò che sporca l’anima va rigettato, senza che questo sia un pretesto per chiamarsi fuori dagli impegni “terreni”. Benedetto XVI ritorna con un concetto simile sul tema, all’inizio dell’omelia dedicata alle figure dei cardinali e dei presuli scomparsi nel corso dell'anno. Lo spunto è liturgico: l’insegnamento di San Paolo che invita a chi è risorto con Cristo “a cercare le cose di lassù” rispetto alle “cose della terra”. Un’antitesi che Benedetto XVI spiega così:

    “La vita in Cristo comporta una ‘scelta di campo’, una radicale rinuncia a tutto ciò che – come zavorra – tiene l’uomo legato alla terra, corrompendo la sua anima. La ricerca delle ‘cose di lassù’ non vuol dire che il cristiano debba trascurare i propri obblighi e compiti terreni, soltanto non deve smarrirsi in essi, come se avessero un valore definitivo. Il richiamo alle realtà del Cielo è un invito a riconoscere la relatività di ciò che è destinato a passare, a fronte di quei valori che non conoscono l'usura del tempo”.

    Il Papa indaga una volta di più sulla visione cristiana della morte e sul mistero della Risurrezione, sulla condizione itinerante dell’uomo di fede, che è – dice – come “uno straniero verso l’eternità”. Un traguardo, ricorda, raggiunto anche quest’anno da “numerosi arcivescovi e vescovi” e in particolare da sei cardinali: Peter Seiichi Shirayanagi, Cahal Brendan Daly, Armand Gaétan Razafindratandra, Thomáš Špidlik, Paul Augustin Mayer, Luigi Poggi. “Pastori zelanti”, afferma il Pontefice, che grazie al loro “vivo desiderio di conformarsi a Gesù” hanno “potuto pregustare” la vita eterna promessa da Cristo:

    “L’espressione ‘vita eterna’, infatti, designa il dono divino concesso all’umanità: la comunione con Dio in questo mondo e la sua pienezza in quello futuro. La vita eterna ci è stata aperta dal Mistero Pasquale di Cristo e la fede è la via per raggiungerla”.

    Una delle “parole centrali del Vangelo”, osserva Benedetto XVI, è la spiegazione che Gesù stesso offre a Nicodemo di quanto grande sia l’amore di Dio per il mondo, grande al punto “da dare il suo Figlio unigenito”. Siamo di fronte, ha scandito il Papa, a un “atto decisivo e definitivo”, col quale Dio varca “la soglia della nostra ultima solitudine”, la morte, e si cala “nell’abisso del nostro estremo abbandono”:

    “E’ una parola che cancella completamente l’idea di un Dio lontano ed estraneo al cammino dell’uomo, e svela, piuttosto, il suo vero volto: Egli ci ha donato il suo Figlio per amore, per essere il Dio vicino, per farci sentire la sua presenza, per venirci incontro e portarci nel suo amore, in modo che tutta la vita sia animata da questo amore divino (...) Dio non spadroneggia, ma ama senza misura. Non manifesta la sua onnipotenza nel castigo, ma nella misericordia e nel perdono”.

    Capire tutto questo, prosegue il Pontefice, “significa entrare nel mistero della salvezza: Gesù è venuto per salvare e non per condannare; con il Sacrificio della Croce egli rivela il volto di amore di Dio":

    “E proprio per la fede nell’amore sovrabbondante donatoci in Cristo Gesù, noi sappiamo che anche la più piccola forza di amore è più grande della massima forza distruttrice e può trasformare il mondo, e per questa stessa fede noi possiamo avere una ‘speranza affidabile’, quella nella vita eterna e nella risurrezione della carne”.

    (canto)

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    Urgente la formazione di laici cattolici, coerenti operatori di un ordine sociale giusto: così il Papa alla plenaria di Giustizia e Pace

    ◊   Nel mondo globalizzato si acuisce il rischio che “gruppi economici e finanziari” dettino “l’agenda politica, a danno del bene comune universale”. La denuncia nel Messaggio di Benedetto XVI, al cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, letto stamane in apertura dell’assemblea plenaria del dicastero, riunita fino a domani nella Casa La Salle, a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Le persone, i popoli e la grande famiglia umana – sottolinea il Papa nel Messaggio – “attendono, a fronte di ingiustizie e forti diseguaglianze, parole di speranza, pienezza di vita” a partire dall’annuncio di Gesù Cristo “il primo e principale fattore di sviluppo”, di “Colui che può salvare l'umanità dai suoi mali radicali”. Solo “vivendo la “carità nella verità” - ribadisce Benedetto XVI - possiamo offrire uno sguardo più profondo per comprendere le grandi questioni sociali e indicare alcune prospettive essenziali per la loro soluzione in senso pienamente umano. Solo con la carità, sostenuta dalla speranza e illuminata dalla luce della fede e della ragione, è possibile conseguire obiettivi di liberazione integrale dell'uomo e di giustizia universale”. Quindi l’invito del Santo Padre “a considerare con costante attenzione gli squilibri sociali, settoriali, nazionali, quelli tra risorse e popolazioni povere, tra tecnica ed etica. Nell'attuale contesto di globalizzazione, - denuncia - tali squilibri non sono affatto scomparsi. Sono mutati i soggetti, le dimensioni delle problematiche, ma il coordinamento tra gli Stati - spesso inadeguato, perché orientato alla ricerca di un equilibrio di potere, piuttosto che alla solidarietà - lascia spazio a rinnovate disuguaglianze, al pericolo del predominio di gruppi economici e finanziari che dettano - ed intendono continuare a farlo - l'agenda della politica, a danno del bene comune universale”. Da qui la “particolare urgenza” di formare il laicato cattolico alla dottrina sociale della Chiesa, per rispondere da “cittadini liberi e responsabili” al “dovere immediato di lavorare per un ordine sociale giusto”, sempre affiancati da sacerdoti e vescovi capaci di offrire “un indispensabile sostegno e aiuti spirituale alla coerente testimonianza laicale nel sociale”.

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    Benedetto XVI su San Carlo Borromeo: ha riformato la Chiesa iniziando dalla propria vita

    ◊   San Carlo Borromeo, di cui oggi la Chiesa ricorda la memoria liturgica, “visse in maniera eroica le virtù evangeliche della povertà, dell’umiltà e della castità, in un continuo cammino di purificazione ascetica e di perfezione cristiana”. Diede un esempio splendido “di che cosa significhi operare per la riforma della Chiesa”. E’ quanto scrive Benedetto XVI nel Messaggio indirizzato all’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, nel quarto centenario della canonizzazione di San Carlo Borromeo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L’epoca in cui visse San Carlo Borromeo, nato nel 1538 e canonizzato nel 1610, è stata molto delicata per la cristianità. Molti erano i “disordini da sanzionare”, “gli errori da correggere” e “le strutture da rinnovare”. San Carlo – scrive il Papa - si adoperò tuttavia “per una profonda riforma della Chiesa, iniziando dalla propria vita”. “In tempi oscurati da numerose prove per la Comunità cristiana, con divisioni e confusioni dottrinali, con l’annebbiamento della fede e dei costumi e con il cattivo esempio di vari sacri ministri – aggiunge il Santo Padre – Carlo Borromeo non si limitò a deplorare o a condannare, né semplicemente ad auspicare l’altrui cambiamento, ma iniziò a riformare la propria vita che, abbandonate le ricchezze e le comodità, divenne ricolma di preghiera, di penitenza e di amorevole dedizione al suo popolo”. La sua opera traeva forza e fecondità dall’impegno personale di penitenza e di santità.

    In ogni tempo – spiega poi il Papa – l’esigenza primaria nella Chiesa è “che ogni suo membro si converta a Dio”: “Anche ai nostri giorni non mancano alla Comunità ecclesiale prove e sofferenze, ed essa si mostra bisognosa di purificazione e di riforma”. "L'esempio di San Carlo - scrive il Pontefice - ci sproni a partire sempre da un serio impegno di conversione personale e comunitaria, a trasformare i cuori, credendo con ferma certezza nella potenza della preghiera e della penitenza". Ricordando poi che l’Eucaristia e il Crocifisso hanno immerso San Carlo nella carità di Cristo, Benedetto XVI sottolinea che “non c’è missione nella Chiesa che non sgorghi dal rimanere nell’amore del Signore Gesù, reso presente nel Sacrificio eucaristico”. La figura di San Carlo, che a soli 24 anni prese la decisione di rispondere alla chiamata del Signore, è eloquente anche per i giovani. San Carlo comprese che “la conversione della sua vita poteva vincere ogni abitudine avversa”. Seguendo il suo esempio – conclude il Papa – i giovani possono decidere di fare della propria giovinezza “un’offerta a Cristo e ai fratelli”, scommettendo "su Dio e sul Vangelo”.

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    Il saluto del Papa per l'inaugurazione del nuovo seminario dell’Avana

    ◊   Ieri, all’Avana, con un breve messaggio di Benedetto XVI, letto da uno dei vescovi ausiliari della capitale cubana, mons. Alfredo Petit, è stato inaugurato il nuovo Seminario dell’arcidiocesi. “Che questo solenne evento, scrive il Santo Padre, possa essere un segno e uno stimolo per un rinnovato vigore in favore di un’accurata preparazione umana, spirituale e accademica dei futuri sacerdoti”. Il Pontefice, inoltre, nel suo messaggio al cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell’Avana, esprime gratitudine a tutti coloro che con il loro “generoso contributo” hanno reso possibile questo Seminario, costruito a un km dalla città e la cui prima pietra fu benedetta da Giovanni Paolo II nel corso della sua storica visita dal 21 al 26 gennaio 1998. All’inaugurazione del Seminario - intitolato come il vecchio, nel cuore dell’Avana e che ora diventerà un centro culturale della diocesi, a “San Carlos y San Ambrosio” - tra numerose personalità politiche, ecclesiastiche e culturali, nonché di altre fedi religiose, cubane e non, hanno preso parte il presidente di Cuba, Raúl Castro, numerosi ministri, tra cui quelli degli Esteri e della Cultura, e alti dirigenti dell’ufficio del Partito comunista per i rapporti con le confessioni religiose guidati dalla signora Caridad Diego. Tra i 300 ospiti c’erano, in rappresentanza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, l’arcivescovo di Miami, mons. Thomas Wenski, e Carl Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo, i due principali donatori, il cui sostegno, insieme con quello di alcune Conferenze episcopali europee, hanno reso possibile la costruzione dei palazzi che potranno ospitare oltre un centinaio di seminaristi. In una superficie di quasi 22 ettari, otto fabbricati sono stati predisposti come sedi dei corsi di teologia e filosofia oltre al rettorato, la biblioteca, l’aula magna e la cappella. Erano presenti anche il presidente dell’Episcopato cubano, mons. Dionisio García, e altri vescovi del Messico, Nassau e Italia. In un breve racconto del percorso, non sempre facile, che ha permesso di arrivare al traguardo nei tempi promessi a Giovanni Paolo II, il cardinale Jaime Ortega ha ricordato che questo secondo Seminario - l’altro si trova a Santiago di Cuba - è stato anche possibile grazie “alle facilitazioni che hanno dato le autorità del Paese per importare ciò che non era reperibile a Cuba”, alle “autorizzazioni per operare in moneta nazionale così come ai prezzi agevolati per l’acquisto dei materiali necessari”. Il porporato ha voluto anche ricordare le promesse dell’allora presidente di Cuba, Fidel Castro, che nel momento del congedo assicurò il Papa che il suo governo “avrebbe appoggiato pienamente l’iniziativa”. “Questa promessa - ha aggiunto il cardinale Ortega - è stata adempiuta fedelmente e perciò a nome della Chiesa cubana ringrazio sia l’ex presidente sia il dr. Raúl Castro, oggi tra noi, presenza che ci onora". L’arcivescovo dell’Avana ha voluto anche ricordare il sostegno fattivo della Santa Sede, della Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal) e di tante altre istituzioni ecclesiastiche dell’Italia, della Francia e della Spagna. Il porporato ha sottolineato l’importanza del contributo della Chiesa e dei suoi sacerdoti, religiosi e religiose allo sviluppo e alla crescita integrale del Paese e - così come aveva fatto il vescovo ausiliare della capitale, mons. Juan de Dios Hernández, - al momento dell’apertura dell’evento, ha rivelato che è desiderio di tutti che “i futuri sacerdoti che usciranno da questo Seminario siano uno stimolo in favore degli sforzi di tutti i cubani per far camminare la nazione verso il futuro”. (A cura di Luis Badilla)

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    Verso Santiago de Compostela e Barcellona: la visita del Papa all’Obra Benéfico Social del Nen Déu

    ◊   Ultimi ritocchi a Santiago de Compostela e a Barcellona per la visita del Papa, rispettivamente, il 6 e 7 novembre prossimi. Particolare attesa tra i pazienti dell’Obra Benéfico Social del Nen Déu a Barcellona, dove il Papa si recherà domenica pomeriggio: si tratta di un istituto fondato nel 1892 dalla Beata Carmen del Niño Jesús Gonzáles Ramos, fondatrice delle suore francescane dei Sacri Cuori. Inizialmente nato per dare assistenza ai bambini di famiglie bisognose, oggi il centro ospita 250 pazienti, tra i 3 e i 25 anni, affetti da sindrome di Down, autistici, epilettici o con problemi di personalità. Il Papa incontrerà gli assistiti, i loro famigliari, le religiose e gli operatori della struttura, quindi benedirà la prima pietra della nuova residenza a lui intitolata. Paolo Ondarza ha intervistato Rafael Calzado, uno dei volontari dell’“Obra Nen Déu”.

    R. - Noi siamo un collegio per bambini, per giovani disabili di proprietà della Chiesa. La nostra attività inizia nell’anno 1892, quindi ora abbiamo più di cento anni. Da tanti anni, il nostro personale – professori, assistenti… - è composto da 146 persone ed ospitiamo 122 ragazzi. Offriamo anche l’assistenza medica e ci siamo sempre dedicati tanto a curare la salute fisica, così come l’educazione religiosa e mentale di questi giovani. L’istituto è curato dalle Sorelle del Sacro Cuore di Barcellona.

    D. - Dottor Calzado, operare in una struttura per bambini disabili significa essere un sostegno a quelle famiglie che hanno detto “sì” alla vita, nonostante la vita abbia presentato delle difficoltà. Quindi è un sostegno alla vita dal suo nascere, indipendentemente dal fatto che sia efficiente al 100 per cento o meno?

    R. - Esatto! Tutti questi giovani e ragazzi che sono qui rappresentano lo strato più debole della società, anche dal punto di vista economico. Noi abbiamo la possibilità, anche tramite il governo, di aiutare queste famiglie e questi ragazzi che non hanno niente. Tutti noi, insieme anche alle famiglie che sono qui, vogliamo dimostrare al Papa il nostro apprezzamento per la sua predisposizione e per il suo amore per la famiglia. E questo, per noi, è la cosa più importante! Ciò che noi doniamo nel nostro istituto non è solo attenzione ai ragazzi, ma anche attenzione alle famiglie, che da noi si sentono comprese nei loro problemi. Molte famiglie dei ragazzi sono cattoliche, altre no, ma per noi è lo stesso, parché si tratta di famiglie che hanno voluto avere il proprio figlio e non hanno voluto perderlo!

    D. - Come le famiglie e i bambini ospiti dell’“Obra Nen Déu” si sono preparati all’incontro con Benedetto XVI?

    R. - Abbiamo ricevuto questa notizia nel mese di giugno, mentre tutti i ragazzi erano in vacanza. Abbiamo comunicato questa notizia, questa novità a tutte le famiglie e loro sono venute tutte qui, manifestando una grandissima allegria, una grandissima gioia. Tutti hanno chiesto: “Cosa possiamo fare?”, anche perché noi siamo un’istituzione benefica, non disponiamo di molti fondi. Quindi tutti i ragazzi si sono offerti di sistemare il giardino, altri di preparare la chiesa… hanno dimostrato una grandissima volontà e la loro grandissima gioia per aver ricevuto questa notizia!

    D. - Quindi c’è molta attesa e tanta emozione per questo giorno...

    R. - Sì, moltissima emozione per tutti. Quando il cardinale Bertone ha parlato con me, mi ha domandato se questi ragazzi potevano cantare ed io ho risposto che sì poteva, anche se alla loro maniera... Così abbiamo preparato una canzone che è molto cara al Papa: è una canzone tedesca, che noi abbiamo tradotto in catalano. E così tutti questi ragazzi, insieme ai professori che suoneranno la chitarra, canteranno di fronte al Papa e gli porgeranno dei piccoli doni, che hanno fatto loro personalmente nel nostro laboratorio.

    D. - La visita del Papa presso il vostro istituto mette in luce un lavoro silenzioso, poco appariscente ma fondamentale che la Chiesa svolge nella città di Barcellona ...

    R. - Per noi, è stato un riconoscimento! Adesso, tutto il mondo vede che la Chiesa a Barcellona fa un ottimo lavoro per tutta la società! Quello che si fa qui, lo fa la Chiesa!

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    Rinunce e nomine

    ◊   In data 3 novembre 2010, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Parakou (Benin), presentata da mons. Fidèle Agbatchi, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Paraná (Argentina), presentata da mons. Mario Luis Bautista Maulión, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Juan Alberto Puiggari, finora vescovo di Mar del Plata. Mons. Juan Alberto Puiggari è nato a Buenos Aires il 21 novembre 1949. Ha frequentato i corsi di Filosofia presso l’Università Cattolica della Capitale ed è entrato poi nel Seminario di Paraná per gli studi di Teologia. È stato ordinato sacerdote il 13 novembre 1976 nella cattedrale di Paraná per quell’arcidiocesi, dove ha lavorato sempre in Seminario. Il 20 febbraio 1998 è stato nominato vescovo titolare di Turuzi ed ausiliare di Paraná, ed ha ricevuto la consacrazione l’8 maggio successivo. Il 7 giugno 2003 è stato trasferito a Mar del Plata, diocesi della quale prese possesso il 10 agosto 2003. In seno alla Conferenza Episcopale è membro della Commissione per l’Ecumenismo. È licenziato in Filosofia presso l’Università Cattolica Argentina.

    Il Santo Padre ha nominato arcivescovo di Daegu (Corea) mons. Thaddeus Cho Hwan-kil, finora vescovo ausiliare ed amministratore diocesano della medesima Sede Metropolitana.

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    La Santa Sede all'Onu: tutelare libertà religiosa, matrimonio e diritto dei genitori a educare i figli

    ◊   “Il riconoscimento della dignità di ciascuna persona prevede il pieno rispetto della dimensione interiore e trascendente della persona umana”. Lo ha ribadito ieri mons. Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, nel corso dell’Assemblea delle Nazioni Unite, a New York. Il presule ha sottolineato l’importanza della libertà di coscienza collegata alla libertà di religione, cosi come sancita nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Per questo “i governi – ha invocato mons. Chullikatt - hanno la solenne responsabilità di salvaguardare … questo diritto inalienabile”, invece di trascurarlo e consentire che venga ridicolizzato e che i credenti debbano sopportare persecuzioni. Riferendosi al recente attacco alla cattedrale irachena siro-cattolica in Baghdad, l’osservatore permanente ha richiamato l’attenzione sulle sofferenze dei cristiani in molte parti del mondo. Il presule si è quindi soffermato sui temi dell’educazione e del matrimonio. Matrimonio – ha detto – che “è precedente ad ogni riconoscimento da parte dell’autorità pubblica, che ha il dovere di riconoscerlo e tutelarlo”. Riaffermando che la famiglia è l’unione di un uomo e di una donna nel matrimonio, con i loro figli, in quanto nucleo naturale e fondamentale della società, ha ricordato che “gli strumenti internazionali ribadiscono costantemente il diritto e la responsabilità dei genitori per quanto riguarda l’educazione dei loro figli, e tali strumenti correttamente stabiliscono che le scelte educative per i figli sono diritto dei genitori”. A tal proposito, mons. Chullikatt ha espresso disappunto riguardo al recente rapporto del relatore speciale sul diritto all’educazione, Vernor Muñoz Villalobos, dove si chiede l’educazione sessuale obbligatoria dei bambini, criticando peraltro quei Paesi che consentirebbero ai genitori il diritto di esonerare i figli e le figlie da tale insegnamento. Mons. Chullikatt ha concluso il suo intervento insistendo sul fatto che “i diritti umani sono fondati sull’insita dignità della persona, e questi diritti inalienabili hanno le loro radici nell’ordine morale naturale, e che sono individuabili dalla ragione, che è universale”. (gf)

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    Mons. Chullikatt: aiutare i rifugiati palestinesi e il processo di pace in Terra Santa

    ◊   Incoraggiare chi aiuta i rifugiati palestinesi, in continuo aumento, e quanti sono coinvolti nel processo di pace. La direttiva della Santa Sede espressa durante l’incontro della Commissione Onu per le questioni politiche speciali e la decolonizzazione, dedicato all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi (Unrwa). A guidare la delegazione vaticana, l’arcivescovo Francis Chullikatt, che ha rinnovato la richiesta per una soluzione del conflitto israelo-plaestinese che veda la creazione di due Stati, ed uno statuto speciale per la Città santa di Gerusalemme, così come indicato dalla risoluzione dell’Onu del 1997, attraverso “misure sicure a livello internazionale che garantiscano la libertà di religione e di coscienza dei suoi abitanti, così come un ingresso permanente, libero e senza ostacoli ai luoghi santi da parte dei fedeli di tutte le religioni e nazionalità”. Ha sollecitato, mons. Chullikatt, che “tutti gli ostacoli alle negoziazioni, in particolare quelli recenti, che rallentano una mutua e libera comunicazione e lo scambio rispettoso delle proprie posizioni, devono essere affrontati in modo responsabile, senza ritardo”. Deprecando il “fallimento“ delle due parti in conflitto “nel risolvere le loro divergenze”, l’osservatore permanente ha sollecitato le stesse parti, e “tutti quelli che sono legittimamente interessati, ad impegnarsi in un dialogo significativo e sostanziale per portare la stabilità e la pace in Terra Santa”, con il sostegno fattivo della comunità internazionale. (ap)

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    Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede sull’Opus Angelorum

    ◊   E’ stata pubblicata oggi una Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede, datata 2 ottobre, per aggiornare i vescovi circa l’attuale situazione dottrinale e canonica della associazione chiamata “Opus Angelorum”, affinché si possano regolare nella materia. La nuova Lettera circolare - spiega in una nota il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi - ricorda che nel 1983 una Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede aveva disposto che i membri dell’associazione “Opus Angelorum” nella promozione della devozione verso gli angeli dovevano conformarsi alla dottrina della Chiesa e non diffondere e utilizzare le teorie provenienti dalle presunte rivelazioni private attribuite alla signora Gabriele Bitterlich, e dovevano attenersi a tutte le norme liturgiche in vigore, in particolare quelle relative all’Eucarestia. Con un Decreto del 1992, approvato da Giovanni Paolo II, la Congregazione per la Dottrina della Fede - prosegue padre Lombardi - ha completato tali direttive con alcune altre norme, affidando la loro esecuzione a un delegato nominato dalla Santa Sede, incaricato anche dei rapporti fra l’Opus Angelorum e l’ordine dei “Canonici Regolari della Santa Croce”. Tale delegato è stato per molti anni il padre domenicano Benoit Duroux ed è ora, da alcuni mesi, il padre domenicano Daniel Ols. Oggi – si legge nella Lettera – “grazie all’obbedienza dei suoi membri”, si può considerare che “l’Opus Angelorum vive lealmente e serenamente nella conformità alla dottrina della Chiesa e alle norme liturgiche e canoniche” e costituisce una “associazione pubblica della Chiesa”. Anche l’Ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce e le Suore della Santa Croce – che hanno rapporti con l’Opus Angelorum - sono regolarmente approvati dalle autorità ecclesiastiche. Tuttavia – si sottolinea – “un certo numero di membri dell’Opus Angelorum, fra cui anche diversi sacerdoti usciti od espulsi dall’Ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce”, negli anni passati non hanno accettato le norme date dall’autorità della Chiesa, e continuano a cercare di restaurare un movimento che pratichi ciò che è stato proibito. Perciò la Congregazione per la Dottrina della Fede - conclude padre Lombardi - esorta gli Ordinari alla vigilanza nei confronti di tali iniziative.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un ordine sociale giusto: Benedetto XVI alla plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

    Purificazione e riforma cominciano dall’impegno personale: il Papa ripropone l’attualità di san Carlo Borromeo nel messaggio per il quarto centenario della canonizzazione.

    Nuova sede all’Avana per il seminario arcidiocesano: messaggio di Benedetto XVI al cardinale Ortega y Alamino.

    In prima pagina, un fondo di Luca M. Possati da titolo “Wall Street chiama, Ben risponde”.

    In cultura, Raffaele Alessandrini su come Pio XII salvò gli ebrei di Romania attraverso l’opera del nunzio Andrea Cassulo.

    Lo spartiacque di San Carlo: Marco Navoni sul realismo operativo del grande presule milanese.

    Con la clessidra di Filippo Neri: Edoardo Aldo Cerrato sul senso del tempo secondo il fondatore degli oratoriani.

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    Oggi in Primo Piano



    Obama si assume la responsabilità della sconfitta elettorale ma difende la riforma sanitaria

    ◊   Il presidente Obama si assume la piena responsabilità della sconfitta elettorale del partito democratico alle elezioni di medio termine svoltesi l’altro ieri. In conferenza stampa, il capo della Casa Bianca, tra l’altro nel secondo anniversario dell’inizio del suo mandato presidenziale, ha indicato ieri la crisi economica come la vera causa del calo di consensi, aprendo alla collaborazione con i repubblicani, che ora hanno la maggioranza alla Camera. Il servizio di Elena Molinari:

    “Mi assumo la responsabilità per la lentezza della ripresa economica e sono pronto a lavorare con i repubblicani”. Barack Obama si è presentato ai giornalisti, dopo la sconfitta del partito democratico nelle elezioni di metà mandato, meno battagliero del giorno prima, ma non per questo dimesso. Secondo il Presidente, infatti, il voto non è stato un referendum negativo sul suo operato. Se i democratici hanno perso la Camera e sono riusciti a tenere il controllo del Senato solo per un soffio, ha detto, non è per colpa della sua riforma della sanità, meno ancora della sua incapacità di comandare. Colpevole della “batosta” - come l’ha chiamata - è la crisi economica. Il messaggio degli elettori è chiaro: tutti a Washington devono concentrarsi per portare a termine il lavoro avviato, ha detto, infatti, dalla Casa Bianca. Il Presidente ha poi invitato i leader repubblicani di Camera e Senato a sedersi attorno a un tavolo con lui e a cercare soluzioni per creare nuova occupazione. Non mi illudo che sarà facile, ha però ammesso. Ma se il capo della Casa Bianca non è disposto a fare concessioni, i conservatori lo sono ancora meno. Dopo tutto hanno appena assistito al più grande spostamento di potere verso destra dal ’94. (ma)

    Molte le reazioni alle parole di Obama sulla sconfitta dei democratici e sul futuro del mandato presidenziale. Quali i commenti negli Stati Uniti alle parole di Obama? Ci risponde da Washington il nostro collega Alessandro Gisotti, intervistato da Giovanna Bove.

    R. - Qui molti analisti e commentatori delle tv americane sono rimasti colpiti per il tono conciliante del presidente, nella sua conferenza stampa. Del resto, come è stato ricordato, se Obama si è assunto la responsabilità della sconfitta del suo partito, ha però indicato nella crisi economica e anche nell’incapacità di comunicazione del Governo le cause del risultato del voto alle elezioni di medio termine. Per il presidente, dunque, gli elettori non avrebbero votato contro la sua agenda politica. Un’interpretazione, questa, su cui si dibatte molto in queste ore. Sicuramente dal voto - Obama questo lo ha ammesso - è uscita un’America polarizzata anche su cosa fare per risolvere la crisi occupazionale. Un sondaggio, pubblicato ieri dal quotidiano “USA Today”, mostra, infatti, che per il 75% dei democratici ci vuole un maggiore intervento statale, mentre per l’80% dei repubblicani ci vuole meno Stato e più libero mercato. Non sarà facile, dunque, trovare un terreno comune.

    D. - Ieri c’è stata anche la conferenza stampa del leader repubblicano, futuro speaker della Camera, John Boehner, quale è stato il commento da parte repubblicana?

    R. - “Change course”, ovvero cambiare rotta, cambiare direzione. Questo è stato il tema dominante della conferenza stampa di John Boehner a Capitol Hill. Per il nuovo speaker della Camera, dunque, a differenza di quanto sosteneva Obama ieri, gli elettori hanno rivolto un messaggio chiaro al presidente: bisogna cambiare politica, in particolare su tasse e lavoro. Interessante è anche registrare come la politica estera sia praticamente assente nell’attuale dibattito politico negli Stati Uniti. Boehner ha affermato che i repubblicani sono pronti a collaborare con la Casa Bianca, ma ha poi ribadito che una delle priorità del suo partito sarà smantellare la riforma sanitaria. Un percorso difficile, dunque, per Barack Obama, in vista delle presidenziali del 2011. E la campagna elettorale - possiamo dire - in pratica è già iniziata ieri. Uno degli slogan in queste ore delle tv americane - Cnn, Fox News - è: “Arrivederci 2010, benvenuto 2012!” Questo a dimostrazione della velocità, anche frenetica, con cui si alternano gli scenari della politica americana. (ma)

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    Collaborazione tra Nato e Russia sull'Afghanistan

    ◊   Tappa in Gran Bretagna per il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, che sta preparando il terreno in vista del vertice dell’Alleanza Atlantica del prossimo 20 novembre a Lisbona. Ieri la visita a Mosca che ha sancito un’importante convergenza con la Russia sulla strada di un’alleanza sempre più stretta. Le parti hanno ribadito la volontà di definire un nuovo corso nei rapporti bilaterali. Il Cremlino ha garantito maggiore collaborazione a cominciare dall’Afghanistan. Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Roberto Menotti, ricercatore dell’istituto Aspen:

    R. – Questa nuova atmosfera, questo clima, ha consentito anche a Rasmussen di tentare un passo po’ più lungo, anche un po’ più rischioso: cioè coinvolgere di nuovo la Russia in una serie di obiettivi comuni con la Nato, non soltanto sul continente europeo ma anche oltre, come nel caso dell’Afghanistan. In Afghanistan è chiaro che la Nato in questo momento ha bisogno – direi – dell’aiuto di chiunque sia disposto a darlo, soprattutto in vista di un graduale, possibile ritiro che in ogni caso sarà molto difficile. La Russia, tra l’altro, è molto importante anche dal punto di vista della cooperazione rispetto alla questione iraniana. Quindi, credo che ci siano diversi fronti su cui Rasmussen stia lavorando.

    D. – Quindi, comunque, il vertice di fine mese a Lisbona sarà molto significativo?

    R. – E’ molto significativo, innanzitutto, perché in un certo senso consentirà di chiudere un percorso storico che, di fatto, è partito con la fine della guerra fredda e poi è proseguito con gli accordi di Pratica di Mare, con la creazione di questo Consiglio Nato-Russia che finora ha prodotto pochi risultati concreti. Però oggi questo percorso può arrivare effettivamente ad un punto di svolta, nel senso che la Russia sembra finalmente disposta a farsi integrare in un sistema di sicurezza sostanzialmente comune. Rasmussen, in particolare, da diversi mesi sta insistendo moltissimo sulla difesa antimissile come un’opportunità positiva. Quello che era stato negli ultimi due anni della presidenza Bush un oggetto di contesa con i russi, può diventare una grande occasione, perché quel sistema ha un senso soltanto se è un sistema molto largo e che, quindi, in qualche modo coinvolga sia la Nato che la Russia.

    D. – Tuttavia, resta soprattutto l’opposizione della Turchia che non vuole interferenze nei suoi rapporti con l’Iran, che poi alla fine è l’obiettivo primario di questa operazione …

    R. – Sì, direi che l’Iran è certamente un obiettivo fondamentale, nel senso che per la Nato, per l’Occidente, per gli Stati Uniti mantenere stretto il fronte delle sanzioni, il fronte delle pressioni contro l’Iran, significa necessariamente avere la collaborazione della Russia. Finora si riesce a mantenere abbastanza questo fronte compatto ma certamente in ogni momento c’è il rischio che qualcuno esca un po’ dai ranghi. La Turchia è appunto un caso del genere. La Turchia ha una politica molto autonoma in tutta la regione del Caucaso, del Mediterraneo, del Medio Oriente; rimane un alleato molto importante per la Nato ma, certamente, sta creando obiettivamente delle difficoltà. Le difficoltà restano, però credo che il vertice di Lisbona rappresenti comunque un passo avanti; quantomeno il rapporto con la Russia sembra consolidarsi. Anche se con dei limiti, sembra consolidarsi.

    D. - Gli Stati Uniti vogliono far capire alla Russia che non è lei l’obiettivo di questo scudo antimissile …

    R. – Senza dubbio. Questo credo sia il grande merito dell’amministrazione Obama. Finora è davvero una delle maggiori occasioni colte in politica estera da Obama che, come sappiamo, in questi giorni è un po’ bersagliato dalle sue difficoltà interne. Però, effettivamente, essere riusciti a mantenere un canale di collaborazione con la Russia, da questo punto vista, è davvero molto significativo, molto importante e credo possa avere degli sviluppi ulteriori in futuro. (bf)

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    Presentato il libro “I Padri dell’Europa alle radici dell’Unione Europea” edito dalla Lev

    ◊   L’Europa, minata da una grave crisi di valori, deve ritrovare gli ideali che hanno animato gli artefici della creazione dell’Unione Europea. E’ quanto ha detto ieri il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, intervenendo presso la sede della nostra emittente alla presentazione del libro “I Padri dell’Europa alle radici dell’Unione Europea” a cura di Cosimo Semeraro ed edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Sull’incontro, moderato dalla nostra collega Fausta Speranza, il servizio di Amedeo Lomonaco:

    (Inno alla gioia)

    E’ giunto il momento di tornare alle origini dell’Unione Europea, albori ben scolpiti nella storia. L’Europa – ha detto infatti il cardinale Paul Poupard - trova il suo patrimonio fondante nei valori del cristianesimo:

    “Non può rimanere in piedi una grande costruzione se mancano fondamenta salde e ben radicate nella storia. Questa Europa è stata plasmata attraverso l’inculturazione del Vangelo, suo cuore pulsante. Da esso ha ricevuto consistenza, coscienza comunitaria e ha visto trasformati ingredienti, spesso eterogenei e talvolta conflittuali, in una realtà nuova”.

    Nel Vangelo hanno dunque trovato ispirazione i “Padri dell’Europa”. Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Jean Monnet – ha aggiunto il porporato - sono stati gli artefici di un progetto nato per allontanare la tragedia delle guerre mondiali e rendere possibile la costruzione di una comunità internazionale ispirata ai valori della pacifica convivenza tra i popoli:

    “I padri dell’Europa erano ben coscienti delle radici cristiane dell’Europa, che non rappresentano solo un realistico fondamento storico, ma contengono un’indubbia potenzialità etica di cui gli uomini dell’Europa oggi hanno urgentemente bisogno per realizzare questo sogno, che è un ideale, e farne una grande realtà storica”.

    Quel sogno dei “Padri dell’Europa”, tramutatosi nell’attuale Unione Europea, lascia oggi in eredità una responsabilità comune. Ancora il cardinale Paul Poupard:

    “Bisogna ritrovare la profonda identità anche per fronteggiare la radicalità delle tensioni che troviamo oggi, non una qualche nostalgica battaglia di retroguardia nella storia, ma una grande responsabilità per il domani”.

    L’ambasciatore della Repubblica Federale Tedesca presso la Santa Sede, Walter Jürgen Schmid, ha quindi ricordato che l’attuale Unione Europea si fonda su principi che si sono sovrapposti a nefaste ideologie:

    “I quattro padri fondatori condividevano l’esperienza di una singolare catastrofe europea e l’esperienza di un terribile genocidio causato dal mio Paese. Questo era l’obiettivo: un’Europa pacifica e pacificata. Tante cose che la gente desiderava sessant’anni fa sono adesso cose che noi consideriamo normali”.

    Il capo delegazione della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede, l’ambasciatore Yves Gazzo, ha infine sottolineato che il cammino dell’Unione Europea non può essere interrotto e non può prescindere dal contributo dato dalla religione:

    “Come diceva Jaques Delors, l’Europa è come la bicicletta. Deve sempre andare avanti altrimenti, come la bicicletta, perde l'equilibrio. Dunque il progetto europeo deve sempre andare avanti. Naturalmente l’Europa è laica, come indicano la separazione delle istituzioni, la libertà di coscienza. E' laica però ha riconosciuto l’importanza del dialogo non sulla religione, ma con la religione.” (ma)

    (Inno alla gioia)

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    Chiesa e Società



    Iraq: dopo il massacro di domenica il cardinale Delly ricevuto dal premier Al Maliki

    ◊   Questa mattina il premier iracheno uscente Nuri al-Maliki ha incontrato una delegazione cattolica composta, tra gli altri, dal cardinale Emmanuel III Delly, patriarca caldeo, l’arcivescovo siro-cattolico Mati Shaba Mattoka e dal vicario patriarcale caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni. A rivelarlo all'agenzia Sir è lo stesso mons. Warduni: “abbiamo incontrato il premier iracheno al quale abbiamo esposto chiaramente i nostri problemi anche alla luce del massacro nella chiesa siro-cattolica di domenica scorsa. Il premier ci ha ribadito che si farà il possibile per dare sicurezza alla comunità cristiana e ci ha anche detto che forse dopodomani visiterà la chiesa colpita dai terroristi. E’ tempo di vedere fatti concreti – aggiunge il vicario caldeo di Baghdad – le parole non bastano più”. Da parte sua il premier iracheno, secondo quanto riferito dallo stesso Warduni, “ha esortato i cristiani a fare la loro parte per proteggere le chiese di concerto con le autorità e le forze di sicurezza. I nostri fedeli, ci ha detto Al Maliki, dovrebbero far parte delle forze di sicurezza e rivestire dei ruoli nel ministero dell’Interno, auspicando di fatto un nostro maggiore coinvolgimento in materia di sicurezza”. Per quanto riguarda un rafforzamento delle misure di sicurezza intorno ai luoghi di culto cristiani in vista della prossima domenica mons. Warduni è lapidario: “vedremo il da farsi, siamo solo a giovedì…”. (R.P.)

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    Dichiarazione congiunta di cristiani e musulmani dell'Iraq sui luoghi sacri profanati

    ◊   Cristiani e musulmani esprimono la loro “condanna per ogni atto di violenza che mira a colpire luoghi di culto e luoghi sacri, profanandoli e minacciando la sicurezza dei fedeli”. Lo fanno in una dichiarazione congiunta diffusa ieri sera - e ripresa dall'agenzia Sir - dal Centro ecumenico di Ginevra dove dal 1° novembre è in corso una consultazione internazionale alla quale stanno partecipando una sessantina di rappresentanti musulmani e cristiani su invito del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Wcc). Al summit – dal titolo "Trasformare le Comunità: Cristiani e musulmani per costruire un futuro comune" - hanno preso la parola il Principe Ghazi bin Muhammad bin Talal, inviato personale e consigliere speciale di Sua Maestà il Re Abdullah II di Giordania, Muhammed al-Sammak, segretario generale del “National Council for Christian-Muslim Dialogue” in Libano e membri della World Islamic Call Society. Da parte cristiana, sono intervenuti, tra gli altri, il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, rev. Olav Fykse Tveit, e il metropolita Emmanuel, presidente della Conferenza delle Chiese d’Europa (Kek). Oggi pomeriggio la consultazione si conclude con una conferenza stampa. I partecipanti – così si legge nel comunicato diffuso – sono rimasti “scioccati” dalla notizia dell’attentato terroristico nella chiesa siro-cattolica di “Nostra signora” a Bagdad e “condannano questo atto disumano che contraddice ogni insegnamento religioso e la cultura del Medio Oriente che da molti secoli permette alle persone di questa terra di coesistere pacificamente”. Nella dichiarazione cristiani e musulmani condannano “inoltre qualsiasi atto criminale che va contro il diritto di vivere in dignità e la libertà di culto e di religione” ed “implorano le Nazioni Unite e il Consiglio di sicurezza e tutti i gruppi che reclamano una pace giusta, e soprattutto i funzionari iracheni, di intervenire per porre fine a tutti gli attacchi terroristici volti a colpire il popolo iracheno, a prescindere dalla loro appartenenza religiosa, e a profanare i luoghi sacri cristiani e islamici”. Nella dichiarazione i leader religiosi esprimono anche “il nostro sentito cordoglio alle famiglie delle vittime, assicurando loro le nostre preghiere. Preghiamo Dio Onnipotente di aiutare le autorità irachene e le Nazioni Unite perché lavorino seriamente per implementare sicurezza, giustizia e pace per il popolo iracheno che merita di vivere con le diversità religiose ed etniche. (R.P.)

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    Egitto. I Fratelli Musulmani: "proteggere i luoghi di culto è un dovere religioso"

    ◊   “Proteggere i luoghi di culto è un dovere religioso e nazionale. Come pure condannare con decisione ogni forma di violenza”: è il significativo messaggio contenuto in una nota diffusa ieri dall’ufficio politico dei Fratelli Musulmani egiziani, movimento islamico fuorilegge ma parzialmente tollerato dalle autorità. A tre giorni dal grave attentato messo a segno contro la cattedrale di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad e all’indomani dell’esplosione di diversi ordigni nella capitale irachena, la confraternita islamica, che partecipa con candidati indipendenti alle prossime elezioni legislative in programma il 28 novembre nel Paese, prende le distanze dalle minacce lanciate da un sedicente gruppo di al Qaeda contro la chiesa copta d'Egitto. “Quelle di al-Qaeda sono minacce stupide che mettono in cattiva luce l’Islam, che considera la protezione degli edifici di culto delle grandi fedi monoteiste una missione” aggiunge la Fratellanza, invitando tutti gli egiziani “a proteggere i luoghi di culto di tutte le fedi”. Intanto al Cairo, un’imponente dispiegamento delle forze di sicurezza ha accompagnato ieri sera la messa settimanale celebrata dal Pope Shenouda III, capo della chiesa Copto-ortodossa d’Egitto, alla presenza di migliaia di persone. Le misure di sicurezza nei confronti di tutti i luoghi di culto cristiani sono state rafforzate alla luce delle minacce pronunciate da parte del gruppo che ha rivendicato l’attentato nella chiesa di Baghdad. (R.P.)

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    Libano. I vescovi maroniti: i politici rinuncino a linguaggio di sfida e di rifiuto degli altri

    ◊   I libanesi, ma “in particolare gli uomini politici, rinuncino al linguaggio di sfida e di rifiuto gli uni verso gli altri”, cercando invece di agire “con saggezza, a costruire ponti tra i cittadini e a trovare soluzioni politiche, economiche e sociali che riducano la tensione”. Traspare da queste affermazioni - riferisce l'agenzia AsiaNews - l’ansia dei vescovi maroniti per una situazione che appare sempre più tesa con da una parte l’invito di Hezbollah a boicottare il Tribunale speciale per il Libano e l’accusa di tradimento che lo stesso partito lancia verso chi collabori con la Corte internazionale e dall’altra le forze del "14 marzo" e il premier Hariri che ribadiscono con forza il loro appoggio all’inchiesta. E’ una situazione che ambienti politici internazionali definiscono potenzialmente esplosiva, sulla quale non si sa l’effetto che potranno avere i colloqui svoltisi martedì tra gli ambasciatori di Arabia Saudita, Siria e Iran, ossia gli sponsor delle opposte fazioni politiche. E’ in questo quadro che è giunto l’appello dei vescovi maroniti, lanciato al termine della loro riunione mensile di ieri, svoltasi sotto la presidenza del patriarca Nasrallah Sfeir, nella sede di Bkerke. I vescovi maroniti hanno anche condannato il massacro nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad. I presuli parlano di “atto insensato e criminale e di intimidazione” contro i cristiani del Paese ed esortano le autorità irachene a “mantenere la sicurezza e fornire una protezione efficace alle persone più vulnerabili di tutte le confessioni”. Nel loro comunicato, l'episcopato fa un ampio riferimento alle conclusioni del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, le raccomandazioni finali del quale vogliono siano applicate nelle parrocchie e nelle istituzioni religiose “a tre livelli: approfondire la nostra identità cristiana e il nostro messaggio in Oriente; rinsaldare i legami della comunione ecclesiale e praticare la testimonianza cristiana in campo spirituale sociale e dello sviluppo all’interno delle nostre società”. (R.P.)

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    Pakistan: continuano ad aumentare i casi di polio

    ◊   Gli esperti del mondo sanitario locale sono in allerta per le difficoltà presenti nella lotta contro il virus della polio. Nel 2005 in Pakistan vennero registrati solo 28 casi ma nel 2009 il numero di contagi è salito a 89. Finora ne sono stati confermati 97. L'insicurezza - scrive l'agenzia Fides - ha contribuito alla diffusione del virus. Secondo il direttore generale dell'Oms, Margaret Chan, al 30 ottobre circa la metà dei 97 casi di polio riportati nel 2010 provenivano dalle zone tribali del Pakistan settentrionale, dove gli scontri tra i militari e le forze di sicurezza hanno limitato l'accesso alle cure sanitarie per molti bambini. A Swat, dove in seguito agli scontri del 2009 ci sono circa 800 mila sfollati, alcuni si oppongono al vaccino in quanto sostengono che la "medicina occidentale" miri a danneggiare i musulmani. Solo il 50% dei bambini sono vaccinati nelle aree tribali di amministrazione federale a causa di problemi di accessibilità e di gestione. Le inondazioni, che hanno devastato gran parte del Paese ad agosto scorso, hanno peggiorato una situazione già difficile. Hanno causato spostamenti di gente e aree sovraffollate, con precarie condizioni igieniche nei campi che possono avere un impatto sulla diffusione del virus. Sono state danneggiate o distrutte dalle inondazioni 588 strutture sanitarie in tutto il Paese, compromettendo ulteriormente una struttura sanitaria di base già debole e un precario sistema igienico. Il governo e i partner di organizzazioni umanitarie sono impegnati in campagne di vaccinazione, ma come in India, Afghanistan e Nigeria, il Pakistan è uno dei quattro Paesi al mondo dove la polio rimane ancora endemica. (R.P.)

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    Indonesia: i vescovi chiedono più impegno per l'emergenza umanitaria

    ◊   «Occorre più impegno per affrontare l'emergenza in Indonesia, dopo lo tsunami»: è l'appello che giunge tramite la Conferenza episcopale alla comunità internazionale. Il sisma sottomarino che ha devastato nei giorni scorsi le isole Mentawi ha portato morte e distruzione tra i poveri villaggi della zona. La comunità cattolica si adopera al massimo per garantire aiuti celeri alla popolazione, ma servono ulteriori sforzi. «Per quanto riguarda l'emergenza — spiega a “L'Osservatore Romano” il presidente della Conferenza episcopale dell'Indonesia, il vescovo di Padang, Martinus Dogma Situmorang — c'è bisogno di maggiore aiuto, per non parlare della riabilitazione delle persone e della ricostruzione». Secondo i dati dell'episcopato si contano a oggi 393 morti per lo tsunami. A questi si aggiungono 332 dispersi e 23.300 profughi. «Molti villaggi — sottolinea mons. Situmorang — e molte aree sono andati distrutti dopo lo tsunami. Nella diocesi di Padang ferve il lavoro di assistenza: un carico di aiuti è già partito, cui se ne è aggiunto subito un altro, trasportati mediante una nave, diretta a Sipora e Sikakap». Diversi volontari sono presenti in Indonesia, tra cui quelli della Caritas locale (Karina) e della Comunità di Sant'Egidio, che operano in stretto coordinamento con gli uffici diocesani. Nelle isole Mentawi c'è una consistente presenza di cattolici. «Proprio nelle Mentawi meridionali — ha specificato in un altro intervento il presidente della Conferenza episcopale — si trovano i villaggi cattolici. Circa 8.000 persone hanno subito gravi perdite». La Caritas locale, come accennato, è in prima linea nell'emergenza. Le operazioni di soccorso sono rese ancora più difficili dalle condizioni dell'area e dalla distanza. L'arcipelago delle Mentawi, prospiciente l'isola di Sumatra, infatti, è raggiungibile dopo circa tredici ore di traghetto dalla città di Padang. In alcune zone, si osserva, operano soltanto volontari della Caritas e nessun'altra ong è presente. «Un gruppo di volontari — evidenzia il direttore della Caritas diocesana di Padang, padre Agustinus Mujihartono — è andato nella zona di Muntei, rilevando che nelle aree colpite dallo tsunami non vi è nessuna Ong e soltanto la Caritas è intervenuta». Alcuni volontari, inoltre, hanno formato un'équipe per la distribuzione dei generi di prima necessità nell'isola di Sikakap. Peraltro, la già difficile situazione della popolazione per lo tsunami si è ulteriormente aggravata a seguito di una serie di alluvioni. I volontari si muovono a bordo di imbarcazioni per distribuire alimenti e attrezzature. «Una nave — spiega padre Mujihartono — è stata inviata nell'isola di Sikakap con a bordo ottanta tonnellate di beni di prima necessità. La spedizione umanitaria è partita dalla città di Padang con trentadue volontari, ma altri si aggiungeranno nei prossimi giorni». (R.P.)

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    Haiti: oltre 440 le vittime del colera. La missione Onu nega responsabilità

    ◊   È in netto aumento il numero delle vittime del colera, giunto a un totale di 442 morti, con 105 nuovi decessi dallo scorso sabato. Questi i dati ufficiali divulgati dalla dottoressa Jocelyne Pierre-Louis, del ministero della Sanità, secondo la quale sono anche aumentati i casi di ricoveri in strutture sanitarie, per un totale di 6742. Sulle origini dell'epidemia di colera che sta colpendo il paese da metà ottobre, - riferisce l'agenzia Misna - la Rete nazionale per la difesa dei diritti umani (Rnddh) chiede ulteriori verifiche sull’eventuale responsabilità della Missione Onu nel paese, la Minustah, tramite la sua base di Mirebalais, nel centro del Paese. Facendo eco ad accuse già circolate nei giorni scorsi, la Rnddh sostiene di aver ricevuto informazioni secondo cui "alcuni caschi blu nepalesi a Mirebalais hanno scavato due fosse che, collegate da tubi in Pvc, consentono di scaricare acque sporche e materie fecali nei fiumi Boukan Kanni e Jenba, a Meille, contribuendo alla degrado ambientale e all'inquinamento del Paese. Tali fiumi sono affluenti dell'Artibonite, che veicola lungo il suo corso rifiuti fino allo sbocco di Grande Saline" indica un comunicato. La Minustah ha preso atto delle conclusioni delle ricerche scientifiche effettuate dal Laboratorio nazionale per la sanità pubblica e dal Centro di prevenzione e di controllo delle malattia di Atlanta (Stati Uniti), secondo cui il ceppo di colera responsabile dell'epidemia è identico a un ceppo del sudest asiatico (che quindi potrebbe essere stato portato da Caschi blu asiatici), ma resta difficile determinare con esattezza il modo in cui è arrivato il colera ad Haiti. Recenti test effettuati dalla Minustah attorno alla base di Mirebalais, anche nei pressi dei fiumi, sono risultati "negativi", sostiene la missione Onu. (R.P.)

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    Brasile: la Chiesa denuncia l’assassinio di 31 senza tetto nei primi 10 mesi del 2010

    ◊   "Come se non bastassero le umiliazioni, le discriminazioni e l'abbandono, adesso i senza tetto devono anche vivere con la paura di non vedere l'alba perché minacciati di morte": è la denuncia di padre Rogério Madeiro, coordinatore della Pastorale sociale dell'arcidiocesi di Maceió in Brasile , circa la situazione attuale degli uomini e delle donne che vivono per le strade dello Stato di Alagoas (nel nord-est del Brasile). Solo quest'anno, 31 persone senza fissa dimora sono state uccise in diversi luoghi dello Stato. Questa settimana, una sessione pubblica della Camera dei Consiglieri dello Stato discuterà la questione. Secondo padre Madeiro, - riporta l'agenzia Fides - il caso più recente è avvenuto pochi giorni fa, il 31 ottobre, nella capitale Alagoas. Nei primi dieci mesi dell'anno 2010 ci sono stati 31 omicidi, 30 dei quali a Maceió. I crimini di solito si verificano di notte e in luoghi dove c'è una maggiore concentrazione di persone che vivono in strada, come nel centro della città. Mentre la polizia sospetta che le uccisioni siano motivate dalla droga e dalle liti tra i senza tetto, il coordinatore della Pastorale sociale non esclude la possibilità di una "pulizia sociale". Anche il pubblico ministero e l'Ordine degli Avvocati del Brasile non tralasciano questa ipotesi, dal momento che, affermano, “non abbiamo mai avuto così tante uccisioni come adesso". Padre Madeiro ricorda che il Governo municipale e la Chiesa cattolica portano avanti il lavoro sociale con le persone di strada a Maceió, ma ciò non basta a "superare il divario" in cui si trovano circa 400 persone che vivono per le strade della capitale. Di fronte all'elevato numero di omicidi, l'arcidiocesi di Maceió ha emesso una nota chiedendo un’indagine sui casi criminali e il rispetto per questa parte della società. Il documento, firmato da mons. Antônio Muniz Fernandes, arcivescovo di Maceió, ha anche evidenziato la mancanza di risultati dalle indagini condotte su questi casi. (R.P.)

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    Il rappresentante Onu a Mogadiscio condanna l’impiego di bambini soldato in Somalia

    ◊   Radhika Coomaraswamy, Rappresentante speciale del Segretario Generale Onu in tema di bambini coinvolti nei conflitti armati ha espresso ferma condanna sull'impiego dei bambini soldato in Somalia, in un incontro ieri a Mogadiscio con il neo primo ministro somalo Mohammed Abdullahi Farmajo. Da parte sua, il capo del governo di transizione Tfg ha promesso di ''sradicare questo terribile fenomeno'' e ha indicato un ''piano di azione'' in collaborazione con l'ufficio Onu per la ''messa in sicurezza'' e il ''rilascio'' dei piccoli impiegati in azioni di guerra. ''Accogliamo positivamente l'impegno preso dal governo somalo di non arruolare bambini - ha detto Coomaraswamy - e' una buona mossa. Sfortunatamente il mio ufficio non ha accesso a fonti dei ribelli al Shabaab e Hizbul Islam, che impiegano anche loro i minori, ma chiediamo loro di fermare tali reclutamenti''. Il Rappresentante Onu si e' poi augurato che il Tfg e i miliziani suoi alleati possano essere tolti dalla ''lista delle vergogne'' che accusa alcuni governi e gruppi armati di impiegare i bambini come soldati in aperta violazione alla legge internazionale. Lo scorso maggio un rapporto dell'Unicef aveva affermato che il reclutamento e l'uso di bambini come soldati da parte di gruppi armati in Somalia e' in aumento e ''tutte le parti in conflitto sono coinvolte''. L'Unicef aveva denunciato che in alcuni casi vengono reclutati anche piccoli di nove anni e le scuole utilizzate come centri di reclutamento. (F.S.)

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    Fao: allarme virus animale in Africa meridionale

    ◊   LA Fao, sulla base dei dati raccolti al termine di un sopralluogo in Tanzania, ha scoperto un virus animale letale apparso nel Paese agli inizi dell’anno. Si teme che possa provocare la morte di 50 milioni di bovini e caprini diffondendosi in altri 15 Paesi nella regione meridionale del Continente. Il virus, conosciuto come peste dei piccoli ruminanti (Ppr), è considerato come “la malattia virale più distruttiva sugli allevamenti” che può avere un tasso di mortalità del 100% sul bestiame E’ stato pertanto consigliato nel nord della Tanzania, un programma urgente di vaccinazione per circoscrivere i contagi ed evitare il diffondersi del virus nei Paesi limitrofi. La responsabile della missione Fao in Tanzania, Adama Diallo, raccomanda agli allevatori di “non spostare il bestiame senza il permesso delle autorità competenti al controllo”. Il problema - ricorda la Misna - è che il virus colpisce il patrimonio delle famiglie, come precisa Juan Lubroth, veterinario responsabile della Fao e per questo è necessario, più che mai, intensificare i controlli sulle frontiere e migliorare la sorveglianza in loco. (C.P)

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    Assemblea dei vescovi francesi. Il cardinale Vingt-Trois: "il Paese bloccato nel dialogo sociale"

    ◊   La Francia soffre, perché il Paese è “bloccato sulle modalità del dialogo sociale”. Parte da questa analisi la prolusione del card. André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale, con la quale si è aperta oggi a Lourdes l’Assemblea plenaria dei vescovi francesi (fino al 9 novembre). L’assemblea plenaria - riferisce l'agenzia Sir - sarà caratterizzata dalla elezione del presidente della Conferenza episcopale francese. Nella sua prolusione il cardinale ha parlato della riforma delle pensioni contro la quale sono state organizzate centinaia di manifestazioni in tutto il Paese. Si tratta di una riforma alla quale i responsabili politici stanno lavorando da decenni, “senza però raggiungere decisioni strutturali convincenti”, per cui è normale oggi ritrovarsi di fronte “ad un blocco del dialogo sociale di cui purtroppo il Paese fa spesso esperienza quando si confronta con decisioni importanti”. Il recente dibattito sulla riforma delle pensioni “pone questioni che toccano l’equità sociale e una certa proiezione sul futuro. Molti nostri concittadini fanno fatica a capire che una parte importante della nostra società è colpita dalla precarietà del lavoro e degli stipendi, altri ancora godono di sicurezza di impiego e dei vantaggi economici e finanziari”. La riforma delle pensioni pone poi in maniera diretta la questione del futuro e della solidarietà tra le generazioni, ponendo da una parte le legittime esigenze di chi “si è sacrificato tanto nel lavoro per poi ritrovarsi senza garanzie alla fine della vita” e dall’altra “le giovani generazioni che non possono eliminare la questione del loro futuro. Non è così sorprendente quindi – osserva l’arcivescovo - che questi sentimenti di ingiustizia, questa inquietudine per il futuro, questa ansia dei giovani si manifestino in espressioni di tensione collettiva e spesso di violenza. Ma una società democratica suppone un patto di fiducia tra i diversi partner, e anche tra coloro che non hanno le stesse convinzioni circa le soluzioni politiche da mettere in pratica”. Il porporato ha anche commentato il grande successo di pubblico che sta riscuotendo in Francia la proiezione del film “Uomini di Dio”, (in francese “Des hommes et des Dieux”). “Oltre alla qualità cinematografica intrinseca, il successo di questi film – ha detto il cardinale – è il segno di un'attesa e di un interesse reale per storie che esprimono una scelta radicale di vita? Questa preoccupazione spirituale, più o meno consapevole, più o meno tenue o attutito, più o meno riconosciuta o negata” è il segno che le persone attendono di “sentir dire che il significato dell'esistenza umana non si limita a fenomeni economici e che il consumo di beni di mercato non può riempire il cuore dell’uomo”. (R.P.)

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    Belgio: mons. Leonard risponde alla cattiva interpretazione delle sue dichiarazioni sui preti pedofili

    ◊   Una lettera di 5 pagine per spiegare ai suoi collaboratori alcune dichiarazioni che hanno provocato una serie di reazioni negative. A scriverla è mons. André-Joseph Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles che nel suo intervento scritto e diffuso oggi su “catho.be”, tocca tre argomenti: l’Aids, l’omosessualità e la pedofilia. Riguardo ai pedofili anziani o malati, l’arcivescovo ha detto: “una recente trasmissione ha presentato una delle mie dichiarazioni come se io volessi sottrarre alla giustizia civile i preti o i religiosi colpevoli di abusi sessuali in caso di malattia o età avanzata. Questa affermazione - riferisce l'agenzia Sir - sarebbe però del tutto incoerente con quanto non ho mai cessato di ripetere dal 23 aprile scorso, come hanno fatto gli altri vescovi, e cioè che le vittime devono sempre riferirsi alla giustizia civile che sola è abilitata a stabilire la realtà e la gravità dei fatti e a definire se i reati sono prescritti o meno. Tutto ciò è compito esclusivo della giustizia”. L’arcivescovo ha quindi fatto riferimento ad un suo personale colloquio con un prete molto anziano, reo confesso di abusi sessuali per il quale l’arcivescovo ha organizzato un incontro con le sue vittime. “Penso – scrive mons. Leonard – che in casi simili, quando nessuna procedura civile è possibile e nemmeno voluta dalle vittime, sia ragionevole permettere all’abusatore di riconoscere i suoi peccati in presenza dell’abusato”. (R.P.)

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    Il patriarca Twal in visita in Argentina chiede verità e dialogo per il Medio Oriente

    ◊   «La verità è la migliore testimonianza di dialogo e di amore»: è quanto ha sottolineato il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, in un'intervista diffusa dall'agenzia Aica ripresa da L'Osservatore Romano, in occasione della visita in Argentina, prima tappa di un viaggio pastorale che il presule sta compiendo in questi giorni in America Latina. Il patriarca ha espresso il suo pensiero in merito alla situazione del Medio Oriente e, in particolare, dei cristiani che vivono in Terra Santa, ribadendo la necessità di rafforzare il dialogo tra le diverse comunità religiose contro la violenza degli estremisti. Il patriarca ha spiegato che «la verità non può mai essere offensiva» e ha invocato pace e giustizia per il Medio Oriente: «Questo è il desiderio della maggioranza dei cristiani, degli ebrei e dei musulmani e non ci può essere pace per un popolo senza l'altro». Promuovere il dialogo non significa, ha aggiunto il patriarca, nascondere i problemi reali della regione. «Il dialogo — ha puntualizzato — non è la negazione delle proprie convinzioni o delle situazioni sociali o religiose nelle quali si vive. In Medio Oriente e, soprattutto in Terra Santa, la ricchezza delle tradizioni culturali di ciascun popolo, manifestata con tutta chiarezza, franchezza e rispetto, non è segno di divisione». La divisione, ha evidenziato, «nasce quando le posizioni estremiste affermate da varie parti prendono potere e decidono sulla vita e il futuro di tutto un popolo». Per tale motivo, ha concluso, «non dobbiamo dare l'ultima parola alle fazioni estremiste, perché non si tratta soltanto del contenzioso tra israeliani e palestinesi, ma tra coloro che amano la pace e coloro che la odiano». Il patriarca ha partecipato nei giorni scorsi anche a una celebrazione liturgica a Luján, nei pressi di Buenos Aires, durante la quale è stato ordinato sacerdote un diacono dell'Istituto del Verbo Incarnato, che conta molti missionari in Terra Santa. «La Chiesa d'Oriente risale ai tempi apostolici — ha osservato il patriarca — e non teme di presentarsi per quello che è». È una comunità, ha aggiunto, «che è riuscita a sopravvivere in circostanze difficili e ha imparato a fare del bene a tutti». La Chiesa «vive in società in maggioranza distinte da essa, però sa che nessuna cultura, nessun uomo e donna gli sono estranei. Ama tutti e testimonia la sua missione universale di salvezza per tutte le anime». Parlando, infine, dell'esperienza di comunione vissuta con gli altri presuli del Medio Oriente durante lo speciale sinodo svoltosi a ottobre in Vaticano, il patriarca ha voluto ringraziare il Papa per la convocazione dell'assemblea e rilevato che essa è stata un'occasione per «portare una conoscenza migliore dei cristiani, delle loro difficoltà e gioie, ma anche dei lori sinceri desideri di pace e di giustizia». (R.P.)

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    Cina: ritiro spirituale dei sacerdoti e ordinazione di due presbiteri nella diocesi di Pechino

    ◊   L’enciclica “Deus caritas est” di Benedetto XVI è stata il tema del ritiro spirituale dei sacerdoti dell’arcidiocesi di Pechino, che si è svolto dal 18 al 21 ottobre nel Seminario della diocesi. I sacerdoti, seguendo le indicazioni del direttore spirituale del ritiro, padre Joseph Loftus, hanno condiviso l’esperienza di vita sacerdotale e di vita comunitaria fondata sull’intimo rapporto con il Signore. Inoltre hanno affrontato anche le sfide e le difficoltà concrete che i sacerdoti incontrano nello svolgimento della pastorale quotidiana. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, durante i 4 giorni di preghiera, di ascolto, di condivisione e di celebrazioni, i sacerdoti si sono sentiti incoraggiati e ricaricati spiritualmente nel loro cammino vocazionale, nell’impegno di evangelizzazione e di cura pastorale. Mons. Giuseppe Li Shan, vescovo di Pechino, ha esortato i sacerdoti ad essere protagonisti dell’evangelizzazione, accompagnatori dei catecumeni e dei fedeli, per riflettere su di loro la luce di Cristo. Il 28 ottobre mons. Li Shan ha ordinato due nuovi sacerdoti diocesani. Il rito è stato concelebrato da 59 sacerdoti, alla presenza di oltre 1.000 fedeli. I due novelli sacerdoti hanno studiato nel seminario della diocesi di Pechino dal 2000 al 2005, quindi hanno proseguito gli studi e conseguito la licenza all’Università Cattolica di Seoul, in Corea del Sud, dal 2005 al 2010. Al termine del rito hanno ringraziato il Signore per averli chiamati al sacerdozio, e anche tutti coloro che hanno contribuito a far maturare la loro vocazione, come diversi amici coreani che erano presenti all’ordinazione. (R.P.)

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    Thailandia: consegna del Crocifisso a otto missionari, segno di vitalità ecclesiale

    ◊   La Chiesa in Thailandia ha celebrato la Giornata Missionaria mondiale con la consegna del Crocifisso a 8 missionari (4 sacerdoti e 4 suore). La messa, celebrata nella parrocchia di Maria Madre della Misericordia, Nonthaburi, il 24 ottobre scorso, - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata presieduta dall’arcivescovo di Bangkok mons. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij il quale nell’omelia ha ricordato la chiamata all’annuncio del Vangelo degli apostoli Pietro e Paolo. Entrambi, ha ricordato l’arcivescovo, hanno sperimentato la loro fragilità e inadeguatezza davanti a questo grande servizio. Eppure il Signore ha operato cose grandi proprio attraverso quelle debolezze. E questa è anche la nostra esperienza di inviati. Uno dei sacerdoti, padre John Baptise Hattachai Wongmasaen (appartenente all’Istituto missionario thailandese e proveniente dall’arcidiocesi di Thare-Nonseng), partirà per la Cambogia il prossimo aprile 2011 e lavorerà nel vicariato apostolico di Phnom Penh. Ultimo di 9 fratelli, padre John Baptiste ha deciso di entrare nell’Istituto missionario quando era ancora diacono. Durante la celebrazione l’arcivescovo ha anche consegnato un diploma di fine corso a 24 laici che hanno partecipato all’anno di formazione missionaria promosso dalla commissione missionaria della Conferenza episcopale thailandese in collaborazione con l’Istituto missionario thailandese. Tra essi erano presenti anche alcuni imprenditori e un ex-ambasciatore. Il compito dei laici, come ha più volte sottolineato il padre Adriano Pelosin, Pime, sarà quello di costituire gruppi missionari nelle parrocchie di provenienza e di far sì che l’annuncio del Vangelo venga portato anche nei vari settori della società. Altro compito sarà quello di sostenere, con la preghiera e con aiuti materiali, i missionari thailandesi che già operano in diverse missioni sia nel Nord della Thailandia che in Cambogia. (R.P.)

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    Giornata nazionale per la vita. I vescovi italiani: l'educazione è la sfida più urgente

    ◊   “L’educazione è la sfida e il compito urgente a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo il ruolo proprio e la specifica vocazione”: lo si legge nel Messaggio del Consiglio episcopale permanente per la 33ª Giornata nazionale per la vita, che si celebrerà il 6 febbraio 2011. “Educare alla pienezza della vita” è il titolo del Messaggio, reso noto oggi e ripreso dall'agenzia Sir. “Auspichiamo e vogliamo impegnarci – scrivono i vescovi - per educare alla pienezza della vita, sostenendo e facendo crescere, a partire dalle nuove generazioni, una cultura della vita che la accolga e la custodisca dal concepimento al suo termine naturale e che la favorisca sempre, anche quando è debole e bisognosa di aiuto”. I vescovi ricordano che “con preoccupante frequenza, la cronaca riferisce episodi di efferata violenza: creature a cui è impedito di nascere, esistenze brutalmente spezzate, anziani abbandonati, vittime di incidenti sulla strada e sul lavoro. Cogliamo in questo – ammettono i presuli - il segno di un’estenuazione della cultura della vita, l’unica capace di educare al rispetto e alla cura di essa in ogni stagione e particolarmente nelle sue espressioni più fragili”. Di tutto ciò “il fattore più inquietante è l’assuefazione: tutto pare ormai normale e lascia intravedere un’umanità sorda al grido di chi non può difendersi”. Occorre perciò, evidenzia il Messaggio, “una svolta culturale, propiziata dai numerosi e confortanti segnali di speranza, germi di un’autentica civiltà dell’amore, presenti nella Chiesa e nella società italiana. Tanti uomini e donne di buona volontà, giovani, laici, sacerdoti e persone consacrate, sono fortemente impegnati a difendere e promuovere la vita. Grazie a loro anche quest’anno molte donne, seppur in condizioni disagiate, saranno messe in condizione di accogliere la vita che nasce, sconfiggendo la tentazione dell’aborto”. I vescovi ringraziano “di cuore” le famiglie, le parrocchie, gli istituti religiosi, i consultori d’ispirazione cristiana e tutte le associazioni che giorno dopo giorno si adoperano per sostenere la vita nascente. A giudizio dei presuli, “quest’azione di sostegno verso la vita che nasce, per essere davvero feconda, esige un contesto ecclesiale propizio, come pure interventi sociali e legislativi mirati. Occorre diffondere un nuovo umanesimo, educando ogni persona di buona volontà, e in particolare le giovani generazioni, a guardare alla vita come al dono più alto che Dio ha fatto all’umanità”. Ogni ambiente umano, animato da un’adeguata azione educativa, concludono i vescovi, “può divenire fecondo e far rifiorire la vita”. (R.P.)

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    Scoperto il Messale ambrosiano di San Carlo Borromeo

    ◊   Nella biblioteca del Pontificio Istituto ambrosiano di musica sacra è stato scoperto il Messale ambrosiano di San Carlo Borromeo. E’ un volume edito nel 1560 rinvenuto a Milano in ottimo stato di conservazione. E’ interessante scorgere la preziosità del libro liturgico, identificato sulla base di una nota manoscritta presente all’interno del volume. Il segretario generale del Pontificio istituto ambrosiano di musica sacra (Piams), Giordano Monzio Compagnoni, insieme all’equipe dell’Istituto ha ricostruito gli eventi che hanno interessato il messale. Tale scoperta è di grande rilievo anche perché coincide con l’apertura delle celebrazioni per il IV centenario della canonizzazione di Carlo Borromeo e con il 70 anniversario del riconoscimento pontificio del Piams, istituzione specializzata nello studio, nella tutela e nella promozione del patrimonio liturgico e musicale ambrosiano. L’importanza della scoperta è dettata dallo stretto legame che vi è tra il volume e la decisione di dedicarsi completamente al ministero episcopale a Milano maturata da Carlo Borromeo sul finire del Concilio di Trento. Notevole è il valore simbolico del volume, che accompagnò le vicende personali di San Carlo, dal distacco degli incarichi romani fino alla nomina ufficiale ad arcivescovo di Milano, all’ingresso in diocesi, il 23 settembre 1565. La presentazione ufficiale di questa scoperta sarà accompagnata da varie iniziative dedicate a conoscere sempre più l’apporto interessante della riforma liturgica di San Carlo Borromeo a Milano. (C.P.)

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    Assemblea Cism: il priore di Bose legge la vita religiosa dal Concilio a oggi

    ◊   L’Assemblea Generale della Cism, riunita a Milano per il 50.mo anniversario della fondazione della Conferenza dei Superiori Maggiori Italiani, ha vissuto ieri una giornata particolare con la relazione affidata a Fratel Enzo Bianchi, priore di Bose. Nella lunga diagnosi che ha fatto della vita religiosa in Italia, egli ha preso in esame gli ultimi 50 anni segnati dal Concilio, affermando che la vita consacrata ha dato un contributo decisivo all’aggiornamento della vita della Chiesa. Il priore ha poi diviso l’argomento in tre periodi: quello che va dagli anni 60 alla fine degli anni 70; il secondo dal 70 alla fine del secolo; il terzo dal 2000 a oggi. Il primo decennio fu caratterizzato da un ritorno alle fonti, visibile nel mutamento dell’abito religioso, nella costituzione di piccole fraternità, in una vita più semplice. Una lettura non giusta del mutamento, portò, tuttavia, a una secolarizzazione che rese la vita religiosa uguale a quella degli istituti secolari. Furono anni di riforma, ma anche di molti abbandoni. Il secondo periodo (dagli anni '70 al 2000) fu caratterizzato dalla ricerca del carisma del Fondatore, dalla richiesta di un Sinodo sulla vita religiosa, della incomprensione tra una parte della gerarchia e i religiosi, da un aumento della secolarizzazione. Il periodo attuale è connotato dalla precarietà: precarietà per il futuro di molte comunità; per le opere sempre più difficili da conservare e da gestire, e precarietà anche personali, visto che la crescente longevità porta con sé condizioni sempre più contraddittorie. Fratel Enzo ha terminato indicando alcune esigenze urgenti per il futuro della Vita consacrata, e cioè: un cammino di conversione che deve precedere l’impegno nelle opere e la decisione di amare l’altro senza reciprocità e prima ancora di conoscerlo. Ultimo suggerimento, fare un cammino di umanizzazione, imitando l’umanità di Gesù, unito a un cammino nella comunità e nell’alleanza con Dio e tra fratelli. (Da Milano, padre Egidio Picucci)

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    Roma. I funerali di padre Cenci: rivoluzionò la storia del francescanesimo

    ◊   Si sono svolti ieri pomeriggio a Roma, nella chiesa Santa Maria Mediatrice, presso la Curia Generale dei Frati Minori, i funerali di padre Cesare Cenci. Il religioso - morto martedì scorso - era conosciuto per le sue ricerche che portarono a riscrivere in parte la storia dei primi decenni del francescanesimo, soprattutto dopo la scoperta delle cosidette Costituzioni prenarbonensi del 1239. Nato a Costalunga di Monteforte d’Alpone (Verona) il 5 gennaio 1925, nel 1936 padre Cenci è entrato nell’ordine francescano nel Collegio Serafico di Chiampo (Vicenza). Ha emesso la professione solenne il 25 marzo 1947 ed è stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1949. Chiese di partire missionario per l’America centrale (in Guatemala e San Salvador), ma i suoi superiori lo inviarono a studiare Teologia morale presso il Pontificio Ateneo “Antonianum” di Roma (1950-1954). Terminato il curriculum accademico, venne incaricato dell’insegnamento di teologia morale nello studentato teologico di Motta di Livenza negli anni 1954-57, e poi, fino al 1959, presso lo studio teologico di S. Bernardino di Verona. Nell'anno 1959 entrò a far parte della commissione per l’edizione critica dell’opera omnia di S. Bernardino da Siena. Nel 1971 si trasferì presso il Collegio internazionale S. Bonaventura di Grottaferrata, presso Roma mentre nel 1989 divenne docente di Codicologia presso la “Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani” dell’Università Antonianum. Durante le sue ricerche nell’Archivio Segreto Vaticano - riporta l'agenzia Zenit - s’accorse che nei registri erano rimaste lettere papali, riguardanti il francescanesimo, non pubblicate nei vari volumi del Bullarium Franciscanum. Nel 1991 cominciò quindi a rivedere, con meticolosa pazienza, tutti i registri dal 1378 al 1484 per compilare un Supplementum, un'opera monumentale data alle stampe negli anni 2002-2003. (R.P.)

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    Regina Apostolorum: nuova Cattedra Unesco di Bioetica e Diritti umani

    ◊   L’ Unesco ha firmato un accordo con l'Università Europea di Roma e l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, con il quale si stabilisce una Cattedra Unesco di Bioetica e Diritti Umani. La Cattedra è inserita all'interno dell'Istituto di Bioetica e Diritti Umani, sostenuto dalla Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e dalla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Europea di Roma. E’ previsto un ampio interscambio di idee e la condivisione di esperienze diverse attraverso il dialogo tra le istituzioni di educazione superiore di diversi Paesi, specialmente dei Paesi in via di sviluppo. In questo contesto culturale si inserisce l’incontro “RomaIn etnico. Congo e sviluppo”, organizzato da RomaIn e Cebad con il patrocinio, fra i vari enti, della Cattedra Unesco di Bioetica e Diritti Umani. Si terrà martedì 9 novembre 2010, alle 17.30, nella sede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e Università Europea di Roma (via degli Aldobrandeschi 190). E’ il primo di una serie di incontri per far conoscere le realtà etniche che vivono in Italia, e in particolare a Roma, e farle entrare in contatto con il mondo culturale e imprenditoriale italiano e romano. Il progetto mira a creare legami soprattutto culturali tra l’Italia e i Paesi le cui comunità sono attive nel nostro territorio. I temi trattati: cultura, sostenibilità, ambiente, business e sviluppo della rete. E’ previsto anche un momento artistico. In questi incontri sarà sempre garantito uno spazio dedicato allo scambio di idee, conoscenze e biglietti da visita, davanti a un piacevole cocktail, etnico e non solo. (C.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ferito gravemente un giornalista somalo: il governo accusa i ribelli Shabaab

    ◊   L'unione nazionale dei giornalisti somali (Nusoj) ha espresso grande preoccupazione per le continue violenze ai danni dei giornalisti, dopo il ferimento, a colpi di arma da fuoco, di un reporter a Afgoi nella regione di Shabelle, controllata dai ribelli Hizbul Islam. Alcuni uomini mascherati hanno assaltato nella notte del 2 novembre scorso il giornalista Hassan Mohamed Abikar mentre stava rientrando a casa. L'uomo è stato raggiunto da quattro colpi di pistola al torace e alle mani. Trasportato in ospedale, è in gravi condizioni. Si indaga sul movente. Il governo di transizione somalo (Tfg) ha condannato il “tentato omicidio” e ha puntato il dito contro i ribelli al Shabaab, legati ad al Qaeda. “Loro insieme al gruppo Hizbul Islam vogliono mettere un bavaglio all'informazione in modo tale che non vengano più riportate dalla stampa le atrocità che hanno commesso”, ha detto il ministro dell'Informazione somalo, Abdirahman Omar Osman. Dal 2007. sono 20 i giornalisti assassinati dal gruppo integralista legato ad al Qaeda.

    Scontri in Darfur
    Nuovi scontri con morti e feriti, i primi dallo scorso giugno, tra soldati del governo di Khartum e i ribelli del Movimento di Giustizia ed Uguaglianza del Jem, nella regione sudanese del Darfur. Lo scorso marzo, il governo sudanese aveva raggiunto un accordo che prevedeva un cessate-il-fuoco con il movimento ribelle. Qualche mese dopo, però, il Jem era ritornato sui suoi passi rifiutando l'intesa e accusando Khartum di continuare le ostilità. Il Jem è stato uno dei due principali gruppi di ribelli che scatenarono una rivolta nel 2003, accusando il governo del Sudan di trascurare la regione del Darfur.

    Autobomba in Yemen: 2 morti e 22 feriti
    Almeno due persone sono morte, di cui un poliziotto, e altre 22 sono rimaste ferite nell'esplosione di un'autobomba nello Yemen. L'attentato è avvenuto presso il quartiere generale della sicurezza di Daleh, città a sud del Paese, già teatro di altre violenze. Si tratta di una provincia che rappresenta un focolaio della contestazione saudita contro il potere centrale a Sanaa.

    Sakineh: sospesa la pena capitale, non si hanno notizie di altri provvedimenti
    “Sakineh Mohammadi Ashtiani sta bene, non abbiamo notizie di una nuova data per l'esecuzione”: è quanto ha riferito all'agenzia Ansa la portavoce del Comitato internazionale contro le esecuzioni, Mina Ahadi. Secondo la portavoce, inoltre, l'avvocato della Mohammadi-Ashtiani - Javid Hutan Kian - potrebbe essere rilasciato su cauzione sabato prossimo. Lo stesso giorno, potrebbe tenersi il processo contro i due giornalisti tedeschi arrestati lo scorso 10 ottobre nello studio dell'avvocato insieme al figlio di Sakineh, Sajjad Ghaderzadeh. Non si hanno invece notizie del figlio della donna.

    In Italia "Giorno dell'Unità nazionale"
    In Italia, si sono aperte stamani con la deposizione di una corona d'alloro all'Altare della Patria da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le celebrazioni per il 4 Novembre, "Giorno dell'Unità nazionale" e "Giornata delle Forze Armate". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con i presidenti di Senato e Camera e il presidente della Consulta hanno osservato un minuto di raccoglimento sulle note del "Silenzio". Presenti le più alte cariche dello Stato. Circa l'impegno italiano nelle missioni di pace internazionali, Napolitano ha sottolineato che è “dovere delle autorità politiche e militari preposte continuare ad aggiornare e migliorare strategie, strutture e capacità operative delle Forze Armate, per rendere più efficace il contrasto delle minacce da fronteggiare, garantendo nel contempo la massima protezione ai contingenti impiegati e alle popolazioni civili coinvolte”. Ha poi affermato che “nessun Paese libero e democratico può sottrarsi al dovere di contribuire alla stabilità e alla sicurezza della comunità internazionale”.

    Il presidente serbo a Vukovar, città croata rasa al suolo da Belgrado nel '91
    ''Sono qui oggi per inginocchiarmi davanti alla vittime, per esprimere ancora una volta le scuse e il rammarico, creando così la possibilità per la Serbia e la Croazia di aprire una nuova pagina nella loro storia''. Sono le parole del presidente della Serbia, Boris Tadic, che è arrivato a Vukovar, nella Croazia orientale, per la prima visita di un capo di Stato serbo alla città martire della guerra per l'indipendenza della Croazia. Città che venne rasa al suolo nel 1991 dalle truppe di Belgrado dopo mesi di assedio. Tadic e il presidente croato, Ivo Josipovic, si recheranno al memoriale di Ovcara, la più grande fosse comune in Croazia, dove il 20 novembre del 1991 le formazioni militari serbe uccisero almeno 200 civili e soldati croati. Tadic, giunto a bordo di un traghetto che collega Vukovar e la sponda serba del Danubio, è stato accolto da una cinquantina di abitanti della città dove le due comunità, serba e croata, vivono in sostanza ancora socialmente segregate. Una formazione della destra nazionalista, il Partito del diritto croato (Hsp) che ha un deputato al parlamento di Zagabria, ha organizzato una manifestazione di protesta contro la visita di Tadic, chiedendo le scuse ufficiali per quella che ha definito “un'aggressione militare della Serbia contro la Croazia”.

    Ceneri fino a 8 km di altezza per la nuova eruzione del vulcano Merapi
    Una nuova eruzione del vulcano Merapi, sull'isola indonesiana di Giava, è stata registrata stamani. Le ceneri prodotte dalla “montagna di fuoco” hanno raggiunto gli 8 km di altezza e una colata piroclastica si è prodotta sul fianco sud. Non si segnalano vittime. Il Merapi ha iniziato la sua fase eruttiva il 26 ottobre scorso, quando 36 persone hanno perso la vita. Il numero delle persone evacuate dalla zona circostante la montagna è arrivato a quota 90 mila. Le autorità hanno invitato le compagnie aeree, due giorni fa, a percorrere rotte alternative per evitare il sorvolo nell'aerea interessata dall'eruzione. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 308

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