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Sommario del 03/11/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all’udienza generale prega per il viaggio in Spagna e afferma: le coscienze vanno ripulite dalla "spazzatura"
  • La preghiera di Benedetto XVI nelle Grotte Vaticane sulle tombe dei Papi
  • Nomine
  • La benedizione del Papa ai religiosi del Cism, a 50 anni dalla fondazione dell'organismo: la vita consacrata, dono di Dio alla Chiesa
  • Presentata l'Assemblea del Pontificio Consiglio della Cultura. Mons. Ravasi: la Chiesa si apra a nuove categorie linguistiche
  • Mons. Vegliò: maggiore impegno per fermare la fuga dei cristiani dal Medio Oriente
  • In Vaticano, l'incontro organizzato dallo Ior per gli Istituti religiosi sul tema della crisi economica mondiale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Stragi a Baghdad, oltre 60 morti. Indagata la pista di al Qaeda
  • Preoccupazione per le minacce ai cristiani di Al Qaeda. L’arcivescovo siro-cattolico di Baghdad: l'Europa ci aiuti
  • La Cina alla difficile prova del censimento nazionale, 6 milioni i rilevatori
  • La realtà ecclesiale e missionaria nelle Filippine: intervista con don Giovanni Attilio Cesena della Cei
  • L'intenso rapporto tra Maria e Gesù nel film "Io sono con te" in concorso al Festival del cinema di Roma
  • Chiesa e Società

  • Vescovo caldeo di Amadiya: la situazione dei cristiani nel Kurdistan migliore che nel resto dell'Iraq
  • Nel Caucaso russo attacchi ad obiettivi religiosi
  • India: i cristiani denunciano pene “leggere” per gli autori dei pogrom del 2008
  • Costa d'Avorio: messaggio dell’arcivescovo di Abidjan sul pacifico svolgimento del voto
  • Brasile, la Chiesa alla neopresidente: fedeltà alle promesse elettorali
  • Haiti: i Camilliani chiedono di aiutare il Paese ancora in emergenza colera
  • Antille: l’uragano Tomas ha fatto 14 morti a Santa Lucia, ora si dirige verso Haiti
  • Indonesia: maltempo e eruzioni rallentano gli aiuti nelle zone colpite dallo tsunami
  • Onu: appello urgente al Kenya perchè non respinga i rifugiati somali
  • Rapporto Onu sul razzismo: un fenomeno che affligge tutte le società
  • Sri Lanka: aperta la Causa di beatificazione del cardinale Thomas Coorey
  • Terra Santa: a Gerusalemme incontro sul Sinodo per il Medio Oriente
  • Betlemme: sopralluogo del presidente palestinese Abbas al restauro della Basilica della Natività
  • India: a Mumbai, l’apostolato della comunicazione per far conoscere il Vangelo
  • Burundi: oggi inaugurazione di un Centro socio-educativo per ragazzi
  • Nepal: giornalisti cristiani creano una rete ecumenica di coordinamento
  • Diritti umani e riconciliazione in Sri Lanka: la società civile in rotta con il governo
  • Sud Corea: continua il pellegrinaggio della reliquie di San Giovanni Bosco
  • Lettonia: per mons. Stankevics l'ecumenismo sta rafforzando la testimonianza cristiana
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sakineh non è stata giustiziata ma resta la preoccupazione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all’udienza generale prega per il viaggio in Spagna e afferma: le coscienze vanno ripulite dalla "spazzatura"

    ◊   “Preghiere ferventi” ha chiesto Benedetto XVI, stamane, ai fedeli raccolti nell’Aula Paolo VI per l’udienza generale, in vista del viaggio apostolico che il Papa compirà questo fine settimana in Spagna. Poi un accorato appello a fare pulizia nella nostra coscienza. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Pregate per me, ha detto il Santo Padre ai pellegrini di lingua spagnola, alla vigilia della partenza, sabato prossimo, per Santiago di Compostela, dove si unirà ai fedeli ai piedi dell’Apostolo Giacomo, in questo Anno giubilare. Poi andrò a Barcellona – ha aggiunto – “dove avrò la gioia di consacrare il meraviglioso Tempio della Sagrada Familia, opera del geniale architetto Antonio Gaudì”, 128 anni dopo l’avvio dell’imponente cantiere tutt’ora in attività:

    "Voy como testigo de Cristo Resucitado…"
    Vado come testimone del Cristo Risorto, - ha confidato Benedetto - con il desiderio di portare a tutti la sua Parola, nella quale possono incontrare la luce per vivere con dignità e speranza per costruire un mondo migliore".

    Si è soffermato, il Papa, nella catechesi sulla figura di Margherita d’Oingt, mistica del XIII secolo, di antica e potente famiglia nobile del Lionese, “donna santa e saggia”, “molto colta” e “dall’intelligenza viva”, priora nella sua Certosa fino alla morte, nel 1310. Margherita seppe “intuire – ha sottolineato il Papa – l’ineffabile mistero di Dio”, pure cogliendo “i limiti della mente nell’afferrarlo e l’inadeguatezza della lingua umana nell’esprimerlo”:

    “Margherita d’Oingt ci invita a meditare quotidianamente la vita di dolore e di amore di Gesù e quella di sua Madre, Maria. Qui è la nostra speranza, il senso del nostro esistere. Dalla contemplazione dell’amore di Cristo per noi nascono la forza e la gioia di rispondere con altrettanto amore, mettendo la nostra vita a servizio di Dio e degli altri”.

    Quindi l’invito a “lasciare entrare” - come Margherita che solo a prima vista può apparire lontana da noi tutti - “la luce di Cristo nella nostra coscienza”, “perché sia pulita e illuminata, e “capisca ciò che è vero e buono e ciò che è male”:

    “La spazzatura non c'è solo in diverse strade del mondo. C'è spazzatura anche nelle nostre coscienze e nelle nostre anime. È solo la luce del Signore, la sua forza e il suo amore che ci pulisce, ci purifica e ci dà la retta via”.

    Nei saluti, nelle varie lingue, Benedetto XVI ha rivolto un indirizzo particolare ad una delegazione ebraica di Anti-Defamation League e ai rappresentanti delle comunità ebraica e cattolica di Pittsburg.

    Infine, l’invito a giovani, malati e sposi novelli a riflettere, “ancora una volta, sull’autentico significato dell’esistenza umana”, dopo la solennità di Tutti i Santi, la Commemorazione dei defunti e la memoria domani di San Carlo Borromeo, a quattro secoli dalla canonizzazione:.

    "Questi giorni di riflessione e di preghiera costituiscano per voi, cari giovani, un invito a imitare l’eroismo dei Santi, che hanno speso la vita a servizio di Dio e del prossimo. Siano di grande conforto per voi, cari ammalati, associati al mistero della passione di Cristo. Diventino un’occasione propizia per voi, cari sposi novelli, per comprendere sempre meglio che siete chiamati a testimoniare con la vostra reciproca fedeltà l’amore infinito con cui Dio circonda ogni uomo".

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    La preghiera di Benedetto XVI nelle Grotte Vaticane sulle tombe dei Papi

    ◊   La preghiera in privato in suffragio dei Pontefici che lo hanno preceduto e di tutti i fedeli defunti. Come da tradizione, Benedetto XVI ha trascorso così parte del pomeriggio di ieri, 2 novembre, sostando in raccoglimento nelle Grotte della Basilica Vaticana. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    (canto)

    In ginocchio davanti alle tombe che custodiscono l’ultimo riposo di chi lo ha preceduto alla guida della Chiesa universale, ma con il cuore aperto sul popolo di Dio sparso nel mondo, dal bambino neobattezzato a chi è giunto al termine della sua esistenza. Dalla filigrana del breve rito presieduto nelle Grotte Vaticane, traspaiono i sentimenti di Benedetto XVI legati alla Commemorazione dei defunti:

    “In queste Grotte Vaticane affidiamo alla misericordia del Padre coloro che hanno il loro sepolcro e attendono la risurrezione della carne. In particolare Papa Giovanni Paolo II e gli altri sommi pontefici che hanno svolto il servizio di pastori della Chiesa universale, perché siano partecipi dell’eterna liturgia del cielo”.

    La preghiera dei fedeli che segue la lettura del Salmo abbraccia tutte le intenzioni che abitano il cuore del Papa: la protezione di Dio della Chiesa, il ridestarsi del “desiderio di santità” nei credenti, la conversione del cuore per chi è lontano da Dio, l’educazione dei giovani “al dono gioioso di sé”, una nuova forza alla speranza di chi è povero o soffre, fino all’ultima richiesta: perché il pensiero della Risurrezione di Cristo accompagni “l’ultimo respiro dei moribondi” e la misericordia divina arrivi a tutti i defunti. Una preghiera completa, quasi un “Urbi et orbi” nascosto, levato non lontano dalla tomba di Pietro e suggellato da un’invocazione che esprime l’essenza della fiducia cristiana:

    “…Ascolta la preghiera che rivolgiamo a Te per tutti coloro che hanno lasciato questo mondo. Apri le braccia della tua misericordia e ricevili nell’assemblea gloriosa della santa Gerusalemme”.

    (canto)

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    Nomine

    ◊   In Spagna, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Solsona, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Jaume Trasserra Cunillera. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Xavier Novell Gomá, finora vicario generale per l’economia della medesima diocesi. Il neo presule, 41 anni, ha ottenuto la Licenza in Scienze Ecclesiastiche presso la Facoltà di Teologia di Catalogna. Ordinato sacerdote, ha conseguito anche la Licenza in Teologia presso l’Università Gregoriana e più tardi il Dottorato. In diocesi è stato, fra l’altro, docente, segretario particolare del vescovo, canonico della Cattedrale-Basilica, coordinatore delle delegazioni diocesane e collaboratore nella Parrocchia della Cattedrale. Dal 2008 è Cappellano di Sua Santità.

    Il Pontefice ha nominato Membro della Pontificia Commissione per l'America Latina mons. Franz-Josef Overbeck, vescovo di Essen, presidente dell'Azione Episcopale "Adveniat" (Germania).

    Benedetto XVI ha nominato consultori della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti i Reverendi: Mons. José Aparecido Gonçalves de Almeida, sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi; P. Dieter Böhler, S.I., docente presso la Facoltà Teologica Sankt-Georgen, Frankfurt (Germania); Sac. Nicola Bux, del clero dell'Arcidiocesi di Bari-Bitonto, docente presso l'Istituto di Teologia Ecumenico-Patristica Greco-Bizantina San Nicola, Bari (Italia); P. Joseph Carola, S.I., docente presso la Pontificia Università Gregoriana, Roma; Sac. José Manuel Garcia Cordeiro, Rettore del Pontificio Collegio Portoghese e docente presso il Pontificio Istituto Liturgico, Pontificio Ateneo Sant'Anselmo, Roma; Sac. Renato De Zan, docente presso il Pontificio Istituto Liturgico, Pontificio Ateneo Sant'Anselmo, Roma; P. Cassian Folsom, O.S.B., Priore di Norcia (Italia), Professore Consociato del Pontificio Istituto Liturgico, Pontificio Ateneo Sant'Anselmo, Roma; Sac. Mauro Gagliardi, docente presso il Pontificio Ateneo "Regina Apostolorum", Roma; Sac. Aurelio García Macías, del clero dell'Arcidiocesi di Valladolid, Presidente dell'Associazione Spagnola dei Professori di Liturgia (Spagna); Mons. Angelo Lameri, del clero della Diocesi di Crema (Italia), docente presso la Pontificia Università Lateranense, Roma; Sac. Dennis McManus, del clero dell'Arcidiocesi di Mobile, docente presso l'Università Cattolica d'America, Washington (Stati Uniti d'America); Sac. Juan José Silvestre, del clero della Prelatura personale dell'Opus Dei, docente presso la Pontificia Università della Santa Croce, Roma; P. Ab. Michael John Zielinski, O.S.B. Oliv., Vice Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra; Mons. Markus Walser, Vicario Generale .

    Il Papa ha confermato assistente ecclesiastico generale dell'Azione Cattolica Italiana mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina.

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    La benedizione del Papa ai religiosi del Cism, a 50 anni dalla fondazione dell'organismo: la vita consacrata, dono di Dio alla Chiesa

    ◊   La vita consacrata come "preziosissimo dono di Dio alla Chiesa". La valorizzazione e la riscoperta dei carismi tradizionali per infondere nelle famiglie religiose la "linfa vitale" necessaria a rispondere "in modo autentico ed efficace alla volontà del Signore nel presente e nel futuro". Sono le due linee "fondamentali" che Benedetto XVI sottolinea nel suo Messaggio, a firma del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, indirizzato all'Assemblea della Conferenza italiana superiori maggiori (Cism) - in corso da ieri e fino al 6 novembre a Milano - a 50 anni dalla fondazione dell'organismo. Sui lavori di apertura, il servizio dal capoluogo lombardo di padre Egidio Picucci:

    La 50.ma Assemblea generale della Cism, iniziata ieri pomeriggio a Milano con la partecipazione di 150 rappresentanti provenienti da tutta Italia, assume quest’anno un particolare significato, perché coincide con il 50.mo anniversario della fondazione della Conferenza, avvenuta il 30 novembre 1960. Il tema dell’Assemblea, “Vita religiosa in Italia, un progetto per il futuro”, lo ricorda rileggendo il cammino fatto a fianco degli organismi ecclesiali, la promozione di incontri e confronti con le realtà del momento e, soprattutto, accompagnando la vita consacrata alla recezione e all’attuazione degli orientamenti del Concilio, alcuni dei quali profeticamente anticipati dalla stessa Conferenza nelle sue Assemblee. Tutto questo autorizza a pensare che, se in alcuni Istituti qualcosa agonizza, qualcosa sta anche nascendo. Si avverte, infatti, secondo quanto ha detto il presidente della Conferenza, il salesiano don Alberto Lorenzelli, un nuovo fascino che esercita sulla Vita consacrata la figura di Gesù; l’avvio di iniziative nuove, talora perfino audaci, come la promozione del dialogo interreligioso e interconfessionale, l’opzione per gli ultimi e gli esclusi, l’allargamento della vita comunitaria alla diocesi e alla parrocchia, la necessità di una nuova spiritualità che integri il naturale allo spirituale, il temporale all’escatologico, il passaggio da una vita consacrata che fugge il mondo a una vita consacrata che testimonia la trascendenza dentro la storia.

    Non è mancato un cenno al contributo che i fondatori di alcuni Istituti hanno dato alla formazione dell’unità d’Italia (di cui l’anno prossimo ricorrerà il 150.mo anniversario) con la presenza dei religiosi vicino alla gente mediante opere assistenziali e promozionali, riconosciute anche dal presidente, Giorgio Napolitano, che ha mandato alla Conferenza una targa come segno di riconoscenza e di gratitudine. L’Assemblea, a cui partecipa mons. Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia, insieme ad alcuni vescovi del Piemonte, si concluderà sabato 6 novembre con una concelebrazione presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei.

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    Presentata l'Assemblea del Pontificio Consiglio della Cultura. Mons. Ravasi: la Chiesa si apra a nuove categorie linguistiche

    ◊   L’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, in programma dal 10 al 13 novembre prossimi, approfondirà la relazione tra le diverse forme di comunicazione e la missione evangelizzatrice della Chiesa. L’assise, incentrata sul tema “Cultura della comunicazione e nuovi linguaggi”, è stata presentata stamani nella Sala stampa della Santa Sede. Alla conferenza stampa hanno partecipato, tra gli altri, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e mons. Gerhard Ludwig Müller, vescovo di Regensburg e curatore dell’Opera omnia di Joseph Ratzinger. C’era per noi Amedeo Lomonaco:

    “Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce”. Seguendo questo insegnamento di San Matteo anche nell’ambito della comunicazione, la Chiesa ha il compito di trasmettere, lungo il solco dell’interattività e della semplicità, il messaggio di Cristo ai contemporanei. Per far risplendere la luce della verità davanti agli uomini – ha sottolineato mons. Gianfranco Ravasi - lo sguardo della Chiesa deve aprirsi anche a nuove forme di linguaggio:

    “Il nostro linguaggio è tante volte un linguaggio che si disperde e si dissolve perché è molto autoreferenziale. Noi abbiamo proprio delle categorie linguistiche codificate, che non sono però più percepibili all’esterno. Bisogna, quindi, anche studiare un po’ questo fenomeno particolare della degenerazione dei linguaggi e della incomprensibilità dei due linguaggi”.

    Al linguaggio della Chiesa, a volte si sovrappone quello comune generando confusione e incomprensione, come ha ricordato con questo esempio il dott. Richard Rouse, responsabile del Dipartimento “Comunicazione e linguaggi” del Pontificio Consiglio della Cultura:

    “Salvezza, conversione, giustificazione. Tre parole molto familiari ai teologi, ma per i laici, invece, cosa significano queste parole? Salvare un documento word; convertire tra diversi tipi di formato elettronico; giustificare sulla pagina a sinistra o a destra. Spesso abbiamo un linguaggio, la lingua materna della Chiesa, però siamo capaci veramente di comunicare ai ragazzi che sono lì fuori, in attesa della Buona Novella? Ecco, questa è la motivazione della nostra plenaria”.

    Il programma dell’assemblea plenaria prevede anche la visita nelle catacombe, un’occasione per unire forme di linguaggio diverse accomunate però da stessi valori. Mons. Pasquale Iacobone, responsabile del Dipartimento “Arte e fede” del Pontificio Consiglio della Cultura:

    “Vi faccio notare che usciremo, con la nostra plenaria, per entrare nelle catacombe. Proprio perché vogliamo collegare idealmente quell’inizio della comunità cristiana a Roma, con quella prima efficacissima forma di comunicazione, che era l’arte delle catacombe, con la comunicazione post-moderna di Internet e dei suoi mezzi. Questo per tracciare un filo rosso comune che dice qual sia la valenza comunicativa del messaggio del Vangelo e del messaggio della comunità cristiana”.

    Mons. Gerhard Ludwig Müller, vescovo di Regensburg e membro del Pontificio Consiglio della Cultura, ha infine presentato il XII volume fresco di stampa dell’Opera omnia di Joseph Ratzinger e intitolato “Annunciatori della Parola e Servitori della vostra Gioia”:

    “Non si tratta soltanto di liricità religiosa, quanto della riscoperta della sorgente spirituale alla quale ogni sacerdote attinge quotidianamente per essere un buon operaio del Signore e un servitore entusiasta della Buona Novella di Cristo”.

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    Mons. Vegliò: maggiore impegno per fermare la fuga dei cristiani dal Medio Oriente

    ◊   “L’avvenire dei cristiani nei Paesi a maggioranza musulmana è diventato aleatorio” e anche se la Santa Sede “si è impegnata e non cesserà di impegnarsi affinché i cristiani restino sulle loro terre, ormai il movimento emigratorio appare irreversibile”. Suona come un ultimo appello alla comunità internazionale l’intervento che mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, pronuncerà a Sofia, in Bulgaria, il 5 novembre, durante l'Incontro dei Gerarchi cattolici orientali d'Europa. “Le Chiese orientali, cattoliche e ortodosse, tuttora versano in situazioni di diffusa difficoltà, come d’altronde il cristianesimo intero nel Vicino e Medio Oriente”, afferma ancora mons. Vegliò. Il presule ricorda poi le migrazioni dei cristiani verso l’Europa ed altri continenti: “I cristiani, e particolarmente i giovani, in molti Paesi dell’area (Libano, Siria, Iraq, Iran, Egitto, Libia, Israele, Palestina, ecc.) in questi ultimi decenni abbandonano la loro patria in gran numero. I tragici eventi di guerra e la situazione sociale, economica e politica in Oriente li spingono alla ricerca altrove di un migliore destino per sé e per i propri cari”. “Si verifica, dunque, ogni giorno – osserva mons. Vegliò - una progressiva diminuzione della presenza cristiana in tutti questi Paesi.

    La precarietà consiglia i giovani cristiani ad emigrare e ad inserirsi in differenti contesti culturali e sociali con tutti i vantaggi e, purtroppo, gli svantaggi che ciò comporta”. In questo scenario, prosegue, “la Chiesa cattolica vede con preoccupazione i problemi sociali emergenti, come la disoccupazione e , l’invecchiamento della popolazione nei Paesi di partenza”. Anche se “l’attività caritativa delle comunità cristiane è una risposta immediata a tali sfide”, secondo il presidente del dicastero vaticano “è decisivo, ovviamente, un impegno politico anche a livello mondiale che affronti le cause ultime della migrazione, soprattutto povertà, violenza, persecuzione, ingiustizia, sottosviluppo e disoccupazione”. “Altrettanto decisivo – sottolinea - è l’impegno culturale, cioè la formazione alla centralità della persona, la opposizione alla xenofobia, talvolta favorita dai mezzi di comunicazione, il sostegno all’integrazione che salvi l’identità delle persone”. (A cura di Marco Guerra)


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    In Vaticano, l'incontro organizzato dallo Ior per gli Istituti religiosi sul tema della crisi economica mondiale

    ◊   Un incontro per analizzare e spiegare agli Istituti religiosi lo stato della crisi economica mondiale e prospettare durata e scenari futuri. Lo ha presieduto questa mattina in Vaticano lo Ior, l’Istituto per le Opere di Religione, che da più di cinque anni, informa una nota, “organizza presso la propria sede incontri periodici trimestrali per accompagnare e assistere le realtà della Chiesa, in particolare le Congregazioni religiose, nell’affrontare le proprie necessità di natura finanziaria ed economica”.

    L’incontro di oggi – particolarmente affollato e per questo ospitato dall’Aula della benedizione – ha avuto per tema: “Paesi sviluppati e Paesi emergenti. Con la crisi il mercato finanziario è cambiato profondamente. Quanto perdurerà la situazione attuale? Quali prospettive per il futuro?”. A introdurlo è stato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, assieme al presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, alla presenza del ministro italiano dell’Economia e della Finanza, Giulio Tremonti, e del dott. Enrique V. Iglesias, segretario generale Iberoamericano.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il dolce Signore di Margherita: all’udienza generale il Papa parla della mistica francese priora della certosa di Poleteins.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, le elezioni del midterm negli Stati Uniti.

    Vent’anni dopo: in cultura, Giuseppe Fiorentino su un incontro - promosso dall’Istituto per le Opere di Religione - dedicato alla globalizzazione, alla crisi economica e ai nuovi modelli politico-culturali.

    Il vaccino efficace che ci libera dalle parole logore: l’arcivescovo Gianfranco Ravasi all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, durante la quale è stato presentato il dodicesimo volume in lingua tedesca dell’Opera omnia del Papa.

    Giornalisti a confronto sull'asse Roma-Berlino: Angelo Paoluzi su comunicazione e conoscenza.

    Attenti a non distruggere anche quello che ancora non conosciamo: anticipazione della lectio magistralis di Peter H. Raven - alla Pontificia Accademia delle Scienze - su “Cambiamenti climatici e biodiversità”.

    In cammino nel buio con la lucerna accesa: Giovanni Carrù sulle catacombe e la conversione.

    Nell’informazione religiosa, il conferimento a “Manos Unidas” del premio Principe de Asturias de la Concordia 2010.

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    Oggi in Primo Piano



    Stragi a Baghdad, oltre 60 morti. Indagata la pista di al Qaeda

    ◊   E’ salito ad almeno 64 vittime e centinaia di feriti il bilancio della raffica di ben 11 autobomba fatte esplodere ieri in sequenza a Baghdad, in Iraq. Ancora non è arrivata una rivendicazione certa, ma la pista più seguita dagli inquirenti rimane quella del braccio iracheno di Al Qaeda. Gli attentati sono giunti in un momento particolarmente delicato per il Paese del Golfo, a otto mesi dalle elezioni del marzo scorso che non hanno ancora portato ad un nuovo governo. Il parlamento di Baghdad è chiamato ad eleggere lunedì prossimo almeno il suo presidente e i due vice. Della situazione in Iraq, Giada Aquilino ha parlato con Marcella Emiliani, docente di Storia del Medio Oriente all’Università di Bologna-Forlì:

    R. – C’è una presunta rinascita di Al Qaeda in Iraq. La comunità sunnita è stata la prima a rendersi conto che permettere ad Al Qaeda di infiltrarsi in Iraq è stato uno degli errori più gravi in tutte le vicende seguite al 2003. A questo punto, siccome non si riesce a mettere in piedi un governo, non si riesce a stabilizzare la situazione politica, il problema è che gli attentati ancora una volta servono a mostrare all’opinione pubblica irachena e al mondo che "si esiste". Quindi, potrebbero essere attentati di al Qaeda, ma anche che una parte della stessa comunità sunnita, non obbligatoriamente qaedista, per pesare di più nel power sharing, nella spartizione del potere in Iraq, si faccia viva in questa maniera. Perché a questo la violenza fino ad oggi è servita in Iraq: a fermare la presenza politica di qualcuno.

    D. – In questo quadro, non si rischia di aggravare ulteriormente il conflitto civile?

    R. – Purtroppo, questo conflitto civile è multiforme: ha tante di quelle radici ed è così cangiante che riesce molto complicato distinguere le sue varie matrici. Il motivo per cui non si arriva ad un governo è proprio perché ci sono pulsioni e spinte centrifughe e tutte mirano ad avere il controllo di parte del Paese, di parte delle risorse. Servono tutte a opzionare il processo politico.

    D. – Il nuovo Iraq deve dunque ancora arrivare. Ma c’è una strada per giungervi?

    R. – Certamente, questo rigurgito di attentati si ha anche in vista di un prossimo ritiro di quel che rimane delle truppe americane. Molti osservatori, però, sostengono che, una volta partiti gli americani, molto probabilmente gli iracheni fra loro riusciranno meglio a mettersi d’accordo. La cosa assolutamente certa è che l’Iraq è ancora preda di una guerra civile e nessuno vuole perdere le posizioni conquistate attraverso la violenza, in questo disegno che doveva essere democratico. Altri attraverso la violenza vogliono arrivare a conquistare posizioni che non hanno.

    D. – Oggi, il premier sciita uscente, Nouri Al Maliki, sembra più accreditato degli altri per la poltrona di premier. Ma cosa c’è da aspettarsi?

    R. – E’ una partita che si gioca tra Al Maliki e Allawi. Tutti e due hanno un pregio, visti dall’Occidente: sono meno confessionali di altri. Meno confessionali vuol dire meno legati alle formazioni più settarie. Parlano a nome di un Iraq intero, se non altro, per quello che è il loro discorso politico. Certo, però, dovranno arrivare a mettersi d’accordo, perché non possono continuare a mantenere il Paese bloccato, senza un governo.(bf)

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    Preoccupazione per le minacce ai cristiani di Al Qaeda. L’arcivescovo siro-cattolico di Baghdad: l'Europa ci aiuti

    ◊   In Iraq è ancora forte il dolore e lo sgomento dopo l’attentato compiuto domenica scorsa a Baghdad contro la cattedrale siro-cattolica, costato la vita a 58 persone fra cui tre sacerdoti, e che ha visto il moltiplicarsi in queste ore di numerosi attestati di solidarietà. Uno è stato espresso dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, mentre una lettera di condioglianze è stata inviata al Papa dal Catholicos di Cilicia degli Armeni, Aram I. Intanto, l’ala irachena di Al Qaeda, questa mattina, è tornata ad attaccare i cristiani nel Paese del Golfo, definendoli "bersagli legittimi" di violenza. Il gruppo denominato Isi - Stato Islamico d’Iraq - aveva imposto un ultimatum per la liberazione di due donne della Chiesa copta egiziana convertite all’Islam e trattenute, secondo l’Isi, in monasteri del Paese. Circostanza smentita dalla stessa Chiesa copta e dalle massime autorità religiose musulmane dell’Egitto. Al microfono di Fausta Speranza, l’arcivescovo siro-cattolico di Baghdad, mons. Athanase Matti Shaba Matoka, sottolinea la tristezza di quanto avvenuto domenica e dà voce ai timori che animano la comunità cristiana irachena:

    R. - Certainement, c’était une journée triste…
    Certamente, è stata una giornata triste: domenica sera, all’interno della Chiesa c’è stata una carneficina. I cristiani si domandano ora come poter restare ancora in un Paese che tratta così i cristiani. Non è certo il governo, è al Qeda o non so chi altro ci sia ancora dietro questi attacchi.

    D. - Mons. Matoka, al Qaeda, l’organizzazione terroristica, ha affermato oggi che l’oggetto di questi attacchi sono i cristiani. Qual è la risposta cristiana?

    R. - L’Eglise encourage, nous encourageons nos fideles...
    La Chiesa incoraggia, noi incoraggiamo i nostri fedeli a rimanere, nonostante tutto questo. Quando ci sono degli avvenimenti come quello di domenica scorsa nella nostra cattedrale, cosa si può dire? E’ difficilissimo dire: restate. E’ doloroso! Dal punto di vista umano, ci sono delle norme per il rispetto dei basilari diritti dell’uomo, che anche in questo Paese dovrebbero essere rispettate.

    D. - In particolare, le violazioni dei diritti umani sono contro le minoranze…

    R. – Certainement, mais je veux dire que entre eux aussi…
    Certamente, ma io vorrei dire che anche tra di loro ci sono conflitti. E noi come cristiani non abbiamo alcun problema con gli altri. Non abbiamo mai agito contro gli altri. I cristiani non hanno mai fatto niente contro nessuno. Perché li attaccano allora?

    D. – Ci sono ragioni ideologiche?

    R. - Idéologique o politique o religieuse: ...
    Ideologica o politica o religiosa: noi non sapppiamo… Viviamo in un clima che è non certo tranquillo.

    D. - Il Sinodo è stato un momento di grande speranza per i cristiani del Medio Oriente e dopo, subito dopo il Sinodo, tanta violenza: è veramente molto triste...

    R. - C’est bien triste que après…
    E’ triste che subito dopo il Sinodo, durante il quale abbiamo espresso al mondo intero il nostro desiderio di voler vivere in fratellanza, in pace con tutte le religioni, sia venuta tanta violenza. Effettivamente, poco dopo noi abbiamo subito questo attacco, che ha gettato a terra tutte le nostre speranze… Abbiamo bisogno della preghiera! Noi facciamo tutto, tutto quanto ci è possibile - come Chiesa e malgrado tutto quello che succede - per incoraggiare i nostri fedeli a restare in questo Paese. Chiediamo all’Europa che si occupi dei cristiani in Medio Oriente. Vogliamo mantenere la nostra presenza cristiana in questo Paese, che è molto significativa: il cristianesimo si è diffuso qui fin dai primi secoli.(mg)

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    La Cina alla difficile prova del censimento nazionale, 6 milioni i rilevatori

    ◊   Una macchina mastodontica per realizzare il più imponente censimento della storia. E’ quanto sta avvenendo da qualche giorno in Cina. Circa sei milioni di rilevatori stanno raccogliendo i dati della popolazione, soprattutto dal punto di vista economico, nel Paese più popoloso del mondo. Molte le iniziative per convincere la gente a collaborare, considerando che sono milioni le famiglie di cui non si conosce ancora l’esistenza. Sugli obiettivi di questo censimento, Giancarlo La Vella ha intervistato Francesco Sisci, corrispondente a Pechino della Stampa:

    R. – Dovremmo avere un’indicazione più esatta di quanti sono i cinesi. Sappiamo che sono circa un miliardo e quattrocento milioni; sarà importante capire in proiezione quanti saranno ancora i cinesi nel prossimo futuro. E poi, bisognerà capire quanto sono ricchi, o sono poveri, o si stanno arricchendo. Sappiamo già che i più ricchi sono nelle città della costa e i più poveri sono nelle campagne dell’interno: bisognerà capire quali sono le differenze e anche lì, quanto gli uni e gli altri stanno diventando più ricchi o più poveri.

    D. – Molti osservatori hanno messo in evidenza il fatto che questo censimento possa rappresentare una sorta di controllo del governo, soprattutto su quelli che non hanno rispettato la legge del figlio unico. Secondo te, è così?

    R. – Il controllo del governo c’è certamente, perché il censimento è istituzionalmente pensato come una forma di controllo. Per il figlio unico no, perché il governo vuole capire esattamente come stanno le cose. E proprio per questo ha bisogno che la gente risponda sinceramente e quindi non ha posto forme di punizione per quanti hanno avuto più di un figlio, invece del figlio unico.

    D. – Allora, un quadro economico più esatto dell’economia che, nel panorama mondiale, in questo momento si può definire “rampante”…

    R. – Questo è il centro della questione. Da questo dipenderà poi il sistema di sviluppo che dovrà essere in qualche modo impostato. La questione centrale di questo censimento è l’inurbamento della popolazione. Secondo stime attuali, l’inurbamento è di oltre il 40%. I cittadini nelle città, nelle metropoli consumano di più e quindi potranno trainare meglio e con più forza i consumi interni. Quindi, l’economia cinese potrà basarsi di più sui consumi dei suoi cittadini e meno sulle esportazioni, e questo è quello che importa sia alla Cina, sia al mondo, perché tutto il mondo oggi vuole esportare in Cina e vuole importare meno dalla Cina.

    D. – Perché, secondo te, milioni di cinesi mancano ancora all’appello dei censimenti precedenti?

    R. – Il punto centrale è stata la questione del figlio unico. Oggi, effettivamente, la politica del figlio unico si è molto ammorbidita e questo ammorbidimento effettivamente fa pensare che non ci sia molto da temere da parte di tutti…(gf)

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    La realtà ecclesiale e missionaria nelle Filippine: intervista con don Giovanni Attilio Cesena della Cei

    ◊   “Essere testimoni credibili di Cristo”. E’ il filo rosso che ha guidato l’incontro dei missionari italiani, svoltosi nei giorni scorsi, a Tagaytay, vicino Manila. L’iniziativa ha fatto il punto sulla presenza dei testimoni del Vangelo nelle Filippine e tracciato le sfide per il prossimo futuro. Massimiliano Menichetti ha intervistato don Giovanni Attilio Cesena, direttore dell’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese della Conferenza episcopale italiana (Cei), che insieme con il Centro Unitario Missionario di Verona ha dato vita al meeting:

    R. – La situazione delle Filippine è molto buona: coprono, forse, i quattro quinti dei cattolici asiatici. Partendo dal Canale di Suez ed arrivando fino alle più sperdute isole del Giappone e della Corea, i filippini rappresentano l’80 per cento dei cattolici asiatici e, peraltro, i loro migranti portano la presenza cattolica anche in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi e - ovviamente - anche in Occidente: l’Italia, l’Europa, gli Stati Uniti d’America.

    D. - Quindi, nelle Filippine la Chiesa è una realtà ricca, consistente…

    R. - E’ una Chiesa strutturata sotto il profilo gerarchico da molto, moltissimo tempo: tutti i vescovi sono filippini, le diocesi hanno buone organizzazioni. Certamente, ci sono ancora dei territori dove o per il basso numero di cattolici - penso all’isola di Mindanao, dove ci sono molti islamici - o perché toccati da estrema povertà - come alcune isole un po’ disperse - la presenza cattolica non è così consistente ed organizzata. Ma complessivamente la situazione è florida, la presenza cattolica è presenza vivace, ampia, organizzata.

    D. - L’incontro dei missionari italiani nelle Filippine ha avuto come tema “Traghettare con Cristo”. Ma qual è il senso della missionarietà in questa terra?

    R. - Essendo stati educati come missionari, vorremmo poterci oggi rispecchiare nel fatto che i filippini diventino essi stessi missionari verso la loro società e verso l’esterno. Le Filippine sono terra di grandi migrazioni ed occorre che, proprio accanto a questo migrare, ci sia anche una qualità missionaria: una Chiesa, dunque, che non si rinchiuda in se stessa, che non vada solo ad assistere i propri connazionali, ma che diventi essa stessa capace di annuncio. I missionari, poi, sono molto impegnati nelle grandi sfide della povertà, perché tuttora nelle Filippine le sacche di povertà nelle periferie delle grandi città e nei luoghi rurali più isolati rappresentano una sfida permanente e drammatica.

    D. – Numericamente, che entità ha la realtà missionaria nelle Filippine?

    R. - Difficile essere precisi, anche perché chi sono i missionari? Sono sacerdoti, sono suore, sono laici, sono fidei donum... oggi c’è una grande mobilità. Comunque, credo ci siano oggi tra i 200 e i 250 italiani in servizio missionario esplicito e questi missionari sono sparsi praticamente ovunque, dall’Isola di Luzon, che sta al nord, all’Isola di Mindano, che si trova al sud, fino all’Isola di Palawan, che si estende nella parte occidentale del Paese.

    D. - Uno dei tratti peculiari della missionarietà è quella di portare il Volto di Cristo: mentre si aiuta il povero, si crea scolarità, ci si impegna nel miglioramento delle condizioni sociali…

    R. - Certamente. Non possiamo pensare di compiere opere di qualsiasi tipo - promozione umana, scolarizzazione, cultura, che sono tutte essenziali - se non le rendiamo tutte intessute concretamente nel Vangelo, incarnando e quindi annunciando Cristo. Questo, qualche volta, per un missionario significa anche mettere in ombra se stesso. Altrimenti, sì, avremmo compiuto grandi opere, ma mancherebbe proprio il sapore buono della vita che il Vangelo dà ad ogni opera autenticamente cristiana.(mg)

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    L'intenso rapporto tra Maria e Gesù nel film "Io sono con te" in concorso al Festival del cinema di Roma

    ◊   Il regista italiano, Guido Chiesa, conosciuto per il suo impegno politico dimostrato in precedenti pellicole, ha presentato in concorso al Festival del Film di Roma un’inaspettata, intensa e essenziale ricostruzione cinematografica dei Vangeli dell’infanzia: Maria e Gesù sono al centro di “Io sono con te”, film nel quale l’amore e la fiducia tra una Madre e un Figlio custodiscono il mistero di Dio e del suo piano di salvezza per l’umanità. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Una madre e un figlio. Giocano, sorridono, si guardano, si abbracciano. Al minimo pericolo, sono vicini. Siamo nella Nazareth di duemila anni fa. Guido Chiesa, dopo una serie, pur breve, di film politicamente e socialmente impegnati, torna al cinema, per raccontare la storia di Maria e del figlio Gesù. Un lavoro intensamente pensato, voluto a tutti i costi. La sensazione è quella che sia frutto di una sua esigenza spirituale vera e incontenibile, nata all’indomani della sua paternità e di un ampio scambio di riflessioni con la moglie, Nicoletta Micheli, che con lui ha partecipato alla stesura della sceneggiatura, rimodellata più volte. Vi ha lavorato all’inizio con un’adesione – confessa – di tipo razionale e materialistico, un percorso intellettuale e soltanto emotivo. Poi è diventato un atto di fede e di adesione a quel Vangelo che andava scoprendo e raccontando al cinema. Siamo fuori dall’iconografia tradizionale, siamo dalle parti di Pasolini per l’essenzialità dell’immagine, del tratteggio dei personaggi, ma l’intensità della ricerca non si ferma alla storia o al fascino esteriore. Penetra l’anima. Maria non è un’umile donna messa in disparte nel nucleo familiare patriarcale. Ha un temperamento docile e forte insieme, si oppone alle violenze e alle imposizioni rituali, stringe col figlio un rapporto di fiducia che ha un sapore soprannaturale, dove invece tutto il trascendente è oscurato, nel film, che si ferma soltanto a quel rapporto e al suo misterioso amore.

    E’ ancora Guido Chiesa che spiega perché il Vangelo dell’infanzia lo ha così incuriosito e affascinato – pur se qualche episodio è tratto dagli Apocrifi, forse per dare un sapore originale al racconto: “Ho cercato di rivolgermi a tutti, senza distinzione di cultura, di fede, privilegiando una prospettiva femminile e proponendo un modello positivo fondato sull’amore, una parola oggi così vituperata”. Non è mai convenzionale, il regista, che si avvale di volti ignoti colti nella quotidianità della vita in Tunisia – per rappresentare l’ambiente più attendibile in cui è avvenuta la nascita di Gesù – un terreno aspro e policromo dove è stato girato il film che si stende dai giorni dell’Annunciazione a quelli del ritrovamento di Gesù dodicenne tra i dottori del Tempio. Guido Chiesa lo ha ribadito più volte: non vuole scandalizzare, anche se non ci sono angeli e pastori, non c’è la cometa e non ci sono i Magi. La Madre e il Figlio sono al centro del suo interesse d’artista e di uomo: la prima si mette totalmente nelle mani di Dio, affronta il mistero e il dolore, il secondo si affida alla Madre fino a quando capisce che la sua libertà non può più essere limitata, la sua missione nel mondo è un’altra. “Racconto la storia di una donna che ha cambiato per sempre il volto dell’umanità” – precisa ancora il regista. “Io sono con te” è, per questo, un titolo ben scelto: Maria con il Figlio, Gesù con ciascuno di Noi.

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    Chiesa e Società



    Vescovo caldeo di Amadiya: la situazione dei cristiani nel Kurdistan migliore che nel resto dell'Iraq

    ◊   Il Kurdistan sembra un’isola “felice” per i cristiani rispetto al resto dell’Iraq: nonostante siano una minoranza, c’è tolleranza e convivenza con le altre confessioni religiose. Ad affermarlo in un’intervista pubblicata dall’agenzia Zenit, è mons. Rabban Al-Qas, vescovo caldeo di Amadiya, nel Kurdistan iracheno. Il vescovo ha da poco concluso la sua visita a Roma per partecipare al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente ed ha potuto incontrare anche il Santo Padre chiedendo preghiere per il popolo cristiano iracheno. I cristiani nella regione sono circa 180mila. “Sono una minoranza, ma la libertà religiosa è garantita. Non ci sono problemi con il governo e la loro condizione è buona”, dice il presule. “La situazione è molto diversa da quella di Baghdad e delle altre zone meridionali del Paese”. A proposito del rischio di fuga dei cristiani dal Kurdistan come avviene nel resto dell’Iraq, mons. Al-Qas ha affermato che la maggioranza dei cristiani fuggiti 40 anni fa è tornata nella regione dopo il 2003, anche se di questi 37mila sono poi espatriati. (L.Z.)

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    Nel Caucaso russo attacchi ad obiettivi religiosi

    ◊   Il Caucaso settentrionale continua a bruciare e stavolta nel mirino delle violenze ci sono obiettivi religiosi. Incendi a chiese cristiane e aggressioni a esponenti musulmani sono avvenute tra l'1 e il 2 novembre in diverse parti della regione. I leader cristiani locali hanno tentato subito di non fomentare tensioni evitando di puntare il dito contro l’estremismo religioso, ma gli occhi di inquirenti e opinione pubblica guardano in questa direzione. All’alba del 1° novembre, - riferisce l'agenzia AsiaNews - tre incendi si sono verificati in altrettante chiese nella Repubblica autonoma di Karachayevo-Cherkessia. Stando alle prime ricostruzioni, gli attentatori hanno messo a fuoco prima una chiesa ortodossa a Orjonikidzevsky, andata quasi distrutta, poi hanno proseguito con un’altra chiesa ortodossa e una battista. In tutti i casi, fondamentale è stato il pronto intervento dei responsabili dei luoghi di culto e dei parrocchiani che, dopo aver chiamato i vigili del fuoco, hanno iniziato da soli a spegnere le fiamme. Secondo il portavoce del ministero dell’Interno della Karachayevo-Cherkessia, Kazim Baybanov, gli incendi - che non hanno registrato feriti - sono stati provocati da materiale infiammabile lanciato nelle chiese rompendo le finestre. I leader cristiani sono subito intervenuti per frenare possibili tensioni con la comunità musulmana. La pista dell’estremismo religioso, che infesta il Caucaso russo, è stata la prima battuta da stampa e inquirenti. Stando alle dichiarazioni dell’arcivescovo di Stavropol e Vladikavkaz, Feofan, non ci sono presupposti per parlare di odio religioso nella regione: “Si tratta di una provocazione ben organizzata, ma non possiamo parlare di inimicizia interreligiosa, soprattutto tra fedeli ortodossi e musulmani. Non possiamo incolpare i musulmani, non si possono giudicare le persone da singoli incidenti. Anche poliziotti e mufti vengono uccisi e gli attentato hanno la stessa matrice: l’intenzione è destabilizzare l’armonia interreligiosa, ma non ci riusciranno”, ha aggiunto il vescovo ortodosso. E a riprova delle parole delle sue parole, arriva la notizia dell’assassinio dell’imam di una moschea a Khasavyurt, nella Repubblica del Daghestan. Sull’uccisione, avvenuta in seguito a un colpo di pistola sparato alla testa, stanno investigano le autorità. (R.P.)

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    India: i cristiani denunciano pene “leggere” per gli autori dei pogrom del 2008

    ◊   Delusione nella comunità cristiana indiana per le sentenze emesse il 30 ottobre scorso dalla corte di giustizia di Kandhamal circa alcuni crimini commessi durante i pogrom anticristiani avvenuti nell’agosto del 2008 in Orissa. Il tribunale ha incriminato 12 persone e ne ha rilasciate senza accuse 46, stralciati inoltre stralciava sei casi diversi relativi all’incendio doloso di abitazioni e a un assassino avvenuti durante una sommossa locale. In particolare il giudice S.K. Das ha condannato due persone a due anni di prigione e alla multa di duemila rupie ciascuno per aver dato fuoco ad alcune case nel villaggio di Gresingia nell’area di Udaygiri. In relazione a questo episodio altre 21 persone sono state lasciate libere. Allo stesso modo, altre sette persone sono state condannate a sette anni di prigione dura e alla multa di cinquemila rupie ciascuna dopo che sono state trovate colpevoli di aver appiccato il fuoco ad alcune case nel villaggio di Sidri nella zone di Baliguda. Tre persone inoltre hanno ricevuto una sentenza di tre anni di prigione e la multa di mille rupie ciascuno per aver dato fuoco al villaggio della comunità di Kiramaha sempre nella zona di Udaygiri. Invece sono state scagionate quindici persone indagate per l’incendio doloso di una casa a Rudangia. Il giudice Das ha poi lasciato andare 10 persone accusate in relazione a un caso di assassinio e all’incendio doloso di alcune case per mancanza di prove. Padre Dibakar Parichha, direttore della squadra di coordinamento di azione legale, ha detto all'agenzia AsiaNews: “Non siamo riusciti ad avere il risultato che ci aspettavamo in questi casi. Avrebbero potuto esserci molti più accusati e condannati. A causa delle indagini scadenti compiute dalla polizia e dalla scarsa cooperazione dei testimoni durante l’inchiesta, l’accusa è risultata debole”. Ci sono stati contrasti all’interno delle famiglie in relazione al denaro concesso dal governo a titolo di risarcimento, che invece avrebbe dovuto essere diviso in maniera amichevole. A causa di questa ragione, alcuni testimoni non hanno cooperato con la squadra di azione legale. Così, ha spiegato padre Parichha, ci sono state persone scagionate. L’avvocato Samar Sen ha commentato che le persone sentono di aver fiducia e accesso a qualche forma di giustizia quando vedono che ci sono persone incriminate per ciò che hanno commesso. Questa mattina intanto a Cuttack, suor Meena, la religiosa picchiata e violentata durante le violenze anticristiane, ha riconosciuto un altro dei suoi 10 assalitori. L’uomo, Santosh Patnaik, è stato definito dalla religiosa come il principale autore dello stupro. L’identificazione è avvenuta poche ore prima della sesta seduta del processo contro gli autori delle violenze in corso presso la Corte distrettuale di Cuttack. A tutt’oggi suor Meena ha riconosciuto 5 dei suoi 10 violentatori. (M.G.)

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    Costa d'Avorio: messaggio dell’arcivescovo di Abidjan sul pacifico svolgimento del voto

    ◊   “Le elezioni che abbiamo chiesto con tutto il nostro cuore, sono diventate una realtà. Sì, veramente, la pace è più vicina che mai” scrive mons. Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan, in un messaggio pubblicato ieri dalla stampa ivoriana, a nome del Consiglio delle Religioni presenti in Costa d'Avorio, dopo aver incontrato il Primo Ministro Guillaume Soro, in seguito alle elezioni presidenziali, svoltesi domenica scorsa. “Per questo motivo, noi, le vostre guide religiose riunite nel Collettivo dei Religiosi per le elezioni pacifiche in Costa d’Avorio, in questa fase dello scrutinio, desideriamo ringraziare e complimentarci con i leader politici nel loro insieme per il rispetto del codice di buona condotta che si sono dati liberamente in vista delle elezioni” afferma il messaggio di mons. Kutwa, che è stato inviato all'agenzia Fides. “Vogliamo complimentarci anche con i cittadini ivoriani per aver adempiuto numerosi al loro dovere elettorale nella calma e nella serenità” continua il messaggio che estende il ringraziamento anche all’Onuci (la Missione delle Nazioni Unite in Costa d’Avorio). Nell’attesa dei risultati mons. Kutwa esorta a fare tutto il possibile per evitare la violenza, conformandosi alle decisione della Commissione elettorale indipendente (Cei). “Ognuno risponderà delle proprie azione di fronte alla propria coscienza” ammonisce il presule. “In questo momento di attesa dei risultati, che dobbiamo accettare con gioia, non dimenticate mai di fare riferimento alla vostra fede in Dio che vi comanda di andare in pace! Preghiamo - conclude il messaggio dell'arcivescovo - che la mano potente e amorevole di Dio si posi sulla Costa d’Avorio e sui suoi abitanti”. (R.P.)

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    Brasile, la Chiesa alla neopresidente: fedeltà alle promesse elettorali

    ◊   La Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb), ha salutato in una nota la Presidente eletta del Brasile, Dilma Rousseff, che ha vinto le elezioni di domenica 31 ottobre con il 56% dei voti. I vescovi hanno chiesto anche "fedeltà nell’adempimento delle promesse elettorali" e di non promuovere alcun progetto di legge a favore dell'aborto, nessuna legge che vada contro la famiglia (come le unioni omosessuali) o che minacci la libertà religiosa nel Paese. “Dopo le elezioni, l'impegno di tutti è quello di unire gli sforzi nella costruzione di un Brasile con pace, giustizia sociale e vita per tutti. Che ognuno degli eletti senta la responsabilità di corrispondere pienamente alle attese e alla fiducia non solo dei suoi elettori, ma di tutta la nazione brasiliana" è scritto nel testo della Cnbb. Nella nota, inviata all’agenzia Fides, i vescovi salutano anche il popolo brasiliano, a cui chiedono di accompagnare le nuove autorità, e pregano Dio di accompagnare quanti sono stati eletti concedendo loro "saggezza per prendere sempre le decisioni migliori per il bene del nostro popolo". La nota conclude implorando la benedizione della Madonna di Aparecida per tutti. Dilma Rousseff è diventata la prima presidente donna del Brasile. (R.P.)

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    Haiti: i Camilliani chiedono di aiutare il Paese ancora in emergenza colera

    ◊   Continua l'emergenza colera ad Haiti dove si parla di centinaia di morti confermate per la grave infezione che sta colpendo il Paese. Lo ha dichiarato all’agenzia Fides dalla località Petite Riviere, vicino all'epicentro dell'epidemia, padre Scott Binet, medico camilliano, coordinatore internazionale della Camillian Task Force, presidente di Sos Doctors. Stando alle ultime stime, ci sono circa 1300 campi per 1.500.000 profughi, molti dei quali nelle vicinanze della capitale Port au Prince. Al Charles Colimon Hospital di Petite Riviere, dove si trova la sede dei Camilliani, sono stati registrati oltre 500 casi di diarrea acquosa acuta, circa 60 al giorno. L'ospedale è pieno di bambini e adulti distribuiti in tende. La struttura dei Camilliani, insieme all'Ong di Port au Prince Doctors of the World, è impegnata nell'apertura di un Centro per il trattamento e la prevenzione del colera a Solino vicino ad un campo che ospita 6500 profughi". Riguardo alle cause che hanno potuto scatenare questa epidemia, il medico camilliano sostiene che non sono ancora chiare dal momento che nell'isola non si verificava dal 1960. "Gli esperti, secondo padre Scott, concordano nel fatto che le precarie situazioni sanitarie e igieniche hanno favorito i contagi. Il batterio del colera poteva essere presente nel fiume Artibonite o nelle sorgenti di acqua stagnante ancora prima del terremoto. Mancano dati concreti sulla malattia, ma dal 5% al 16% delle morti tra i bambini haitiani sono dovute alla diarrea acquosa che è difficile diagnosticare. La cosa più importante da fare adesso è contenere la malattia che rischia di raggiungere le coste dell'isola di Hispaniola e la Repubblica Domenicana. Haiti purtroppo rimarrà in stato di crisi umanitaria anche nel 2011. La ripresa e la ricostruzione del Paese procede molto lentamente, si deve lavorare su più fronti, compresa la tutela di donne e bambine vittime di violenze sessuali, oltre che sul piano sanitario e sulla sistemazione dei sopravvissuti. Servono urgentemente rifugi, acqua potabile e farmaci. Molte case sono andate distrutte e altre sono in rifacimento. A breve ci saranno le elezioni e si vedrà se risentiranno di questa situazione". Nel suo appello alla comunità internazionale, padre Scott conclude invitando tutti a "non dimenticare Haiti e la sua gente, ad avere compassione di questa povera gente colpita dal terremoto e da questa grave epidemia di colera, senza però dimenticare le sofferenze passate dalle quali provengono e che li vede in situazioni di povertà estrema e sottosviluppo. In quanto sacerdote e medico, continua padre Scott, riconosco che l'uomo è composto da corpo e anima e che curare uno a discapito dell'altro è un disservizio per i nostri fratelli. Gli haitiani meritano il nostro aiuto e la nostra compassione come nessun altro, ancora di più in un certo senso, date le loro circostanze difficili. Pregate, aiutateli, sosteneteli economicamente o in qualsiasi altro modo anche attraverso organizzazioni solidali. Siate solidali con loro in ogni modo". (R.P.)

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    Antille: l’uragano Tomas ha fatto 14 morti a Santa Lucia, ora si dirige verso Haiti

    ◊   Le Antille subiscono in questo periodo il passaggio degli uragani atlantici: sabato 30 scorso le isole Barbados, Santa Lucia, San Vincenzo e Grenadine, sono state colpite dall’uragano di categoria uno denominato Tomas. Secondo quanto riferisce all’agenzia Fides padre Donald Chambers, direttore regionale delle Pontificie Operte Missionarie (Pom), si tratta di una tragedia molto più grande di quella che sembrava all'inizio. L'uragano ha lasciato gravi danni alle infrastrutture, come strade, ponti, scuole, e a molte proprietà private. Molte strade, soprattutto quelle nella zona montuosa, sono bloccate da frane pesanti. Santa Lucia è stata la più colpita delle tre isole, con 14 persone morte e l'80% dell'isola senza elettricità. Il primo ministro ha dichiarato lo stato di emergenza per l'intera isola. San Vincenzo, l'isola più settentrionale del gruppo, è stata gravemente colpita. Grenadine, una delle belle isole a sud di San Vincenzo, è stata in gran parte risparmiata. “Sono in contatto con i direttori diocesani delle Pom delle tre isole e anche loro hanno molto da fare” riferisce padre Chambers. Suor Paula a Santa Lucia sta andando per le scuole per valutare i danni e confortare insegnanti e studenti. L'uragano si dirige verso il bacino dei Caraibi e prende forza. Fortunatamente per il popolo della Giamaica il sistema meteorologico prevede una rotazione di 90 gradi ad est della Giamaica, anche se in questo modo Tomas si dirigerà verso Haiti e la Repubblica Dominicana. "Vi chiedo di pregare specialmente per il popolo di Haiti che continua a tentare di riprendersi dal terremoto del gennaio 2010 con la maggior parte delle persone che vivono ancora nelle tende, e più recentemente hanno avuto un focolaio di colera" conclude padre Donald Chambers, che risiede a Kingston (Giamaica). (R.P.)

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    Indonesia: maltempo e eruzioni rallentano gli aiuti nelle zone colpite dallo tsunami

    ◊   Il maltempo sta causando pesanti ritardi nella consegna degli aiuti alla popolazione delle isole Mentawai, l’arcipelago indonesiano investito la scorsa settimana da uno tsunami. L’allarme è stato lanciato da fonti locali missionarie della Misna. “A causa del mare agitato solo alcune navi sono potute partire alla volta delle Mentawai con il loro carico di aiuti, ma la maggior parte è rimasta attraccata ai porti” ha detto padre Franco Qualizza, missionario saveriano dal 1977 in Indonesia. Secondo informazioni diffuse dal governo, il bilancio dello tsunami è di 431 morti, 88 dispersi e circa 15.000 senzatetto. La situazione è aggravata dalla concomitanza dell’eruzione del vulcano Merapi che ha costretto alla fuga 65mila abitanti dell’isola di Giava e impegnato su più fronti gli incaricati dei soccorsi. La violenza dell’eruzione, ricominciata ieri dopo che la scorsa settimana aveva causato 34 vittime, ha costretto le autorità aeroportuali a deviare alcune rotte aeree. Oggi, il presidente Susilo Bambang Yudhoyono si recherà a Yogyakarta per incontrare alcune vittime dell’eruzione; nel fine settimana si era recato nell’area colpita dallo tsunami. (M.G.)

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    Onu: appello urgente al Kenya perchè non respinga i rifugiati somali

    ◊   L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) chiede alle autorità del Kenya di non rimandare indetro i somali dal campo di accoglienza Border Point One a Mandera, nel Kenya nord-orientale. Le autorità locali avrebbero infatti ordinato a più di 8mila rifugiati che si trovano nel campo di attraversare il confine e fare ritorno in Somalia. Da ieri alcuni rifugiati si trovano quindi in una “terra di nessuno”. L’Unhcr, nel rivolgersi alle autorità locali, ha chiarito che le persone in fuga dalla Somalia centrale e meridionale si trovano in una condizione di estremo rischio e che il loro bisogno di ricevere protezione internazionale deve essere rispettato. La popolazione che si trova al campo di Border Point One è composta principalmente da bambini, donne e anziani – tutti fuggiti in seguito ai recenti scontri tra Al-Shabaab e le forze di Ahlu Sunna Wal Janaa nella città somala di Bulla Hawa. Il Kenya per molti anni ha generosamente accolto migliaia di rifugiati somali. Nel costringere i rifugiati a fare ritorno in Somalia ora tradisce quello stesso spirito, mette a rischio delle vite umane ed è in contrasto con i principi del non respingimento (non-refoulement) - o del divieto di ritorno forzato - contenuti nella Costituzione del Kenya, nella sua stessa legge sui rifugiati e nel diritto internazionale. L’Unhcr esorta il governo del Kenya a fermare immediatamente ulteriori rinvii in Somalia e consentire a coloro che si trovano nella “terra di nessuno” di poter tornare indietro. (R.P.)

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    Rapporto Onu sul razzismo: un fenomeno che affligge tutte le società

    ◊   “Il razzismo e la xenofobia non sono problemi del passato, ma costituiscono una grande sfida per il presente”, è il monito lanciato dal rappresentante speciale delle Nazioni Unite per le forme contemporanee di razzismo, discriminazioni razziale, xenofobia e altre forme di intolleranza, Githu Muigai, in occasione della presentazione di due rapporti all’Assemblea Generale Onu. Nella sua dichiarazione l’esponente dell’Onu ha portato ad esempio i tanti casi di discriminazioni a causa dell’origine “etnica o religiosa” e numerosi problemi affrontati dall’immigrato, dal rifugiato o dal richiedente asilo politico a causa del suo status di non-cittadino”. Muigai ha quindi sottolineato che “criticare le dottrine religiose ed i loro insegnamenti è perfettamente legittimo e costituisce una parte importante dell’esercizio del diritto di libertà di espressione e di religione”. Tuttavia, ha espresso preoccupazione per gli atti di violenza e di discriminazione nei confronti d‘individui, causati dalla loro religione o fede; per gli attacchi a luoghi di culto; per gli stereotipi negativi contro le religioni e i loro seguaci, figure sacre e simboli. “Ė di vitale importanza ancorare il dibattito e la relativa azione alla struttura legale internazionale esistente”, ha proseguito il rappresentate speciale delle Nazioni Unite dicendosi inoltre preoccupato per “le forti tendenze che guardano all’immigrazione come un problema e che minacciano la coesione sociale”. “Gli immigrati, i rifugiati e i richiedenti asilo politico, sono titolari dei diritti umani ed hanno diritto alla protezione da parte dello Stato e a vivere senza essere discriminati, a prescindere dal loro status d’immigrati”, ha affermato Muigai, chiedendo agli Stati che le politiche sull’immigrazione siano “sempre coerenti con gli strumenti delle leggi internazionali sui diritti umani”. Poiché nessuno Stato è immune dalla presenza di partiti politici, movimenti e gruppi estremisti, Muigai ha ricordato che il razzismo può provocare genocidi, crimini di guerra, pulizie etniche e crimini contro l’umanità. Proprio per questo motivo il rappresentante speciale ha richiesto di vigilare contro i gruppi estremisti ed ha richiamato gli Stati ad “assicurare che le loro legislazioni incorporino quanto previsto dall’articolo 4 della Convenzione Internazionale per l’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione Razziale”. L’articolo richiede anche la condanna e la messa al bando delle organizzazioni e delle attività che promuovono o incitano la discriminazione razziale. “Sconfiggere il razzismo richiede anche la correzione di comportamenti pubblici e privati che giustificano e perpetrano il razzismo a tutti i livelli e in ogni ambito della vita”, ha infine affermato Muigai, sottolinando il potenziale dello sport come strumento per la lotta contro il razzismo e le discriminazioni. (M.G.)

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    Sri Lanka: aperta la Causa di beatificazione del cardinale Thomas Coorey

    ◊   Mons. Malcolm Ranjith ha aperto ufficialmente venerdì la causa di beatificazione del cardinale Thomas Coorey, con una solenne celebrazione eucaristica nella basilica nazionale di Nostra Signora di Lanka, a Tewatta. Il cardinale designato – riferisce l’agenzia Asanews - ha celebrato la funzione insieme al nunzio apostolico mons. Joseph Spiteri, agli arcivescovi emeriti Nicholas Marcus e Oswald Gomis, a padre Clement Waidayasekara e padre Nicholas Senanayake. Quasi 200 sacerdoti e religiose e 2mila fedeli dell’arcidiocesi di Colombo hanno partecipato alla Messa, insieme a tutti i parenti del cardinale Cooray. L’Eucarestia è stata celebrata in tre lingue: sinhala, tamil e inglese. All’omelia mons. Owald Gomis ha ricordato la santità semplice ed eccezionale, la profonda fede e il coraggio del cardinale scomparso nel 1988. Nato nel 1901 a Periyamulla (Negombo), il cardinale Coorey, fu ordinato sacerdote a Roma nel 1929 entrando nella congregazione degli Oblati di Maria Immacolata. Nel 1947 fu nominato arcivescovo dell’arcidiocesi di Colombo e nominato cardinale nel 1965 da Paolo VI. “Servire, non essere serviti” era il suo motto: nel 1950 fondò il seminario minore, dedicando il suo impegno alla formazione missionaria dei giovani seminaristi. Al cardinale Coorey si deve inoltre la costruzione della basilica nazionale Nostra Signora del Lanka, fortemente voluta l’arcivescovo Jean Marie Masson. Presidente della Conferenza episcopale in Sri Lanka per 30 anni, si ritirò nel 1976. Le sue spoglie sono conservate nella cappella del Santissimo Sacramento, nella basilica da lui costruita. Il card. Cooray è il primo singalese di cui si apre una causa di beatificazione. (L.Z.)

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    Terra Santa: a Gerusalemme incontro sul Sinodo per il Medio Oriente

    ◊   Il grande passo del Sinodo è stato che i Padri del Medio Oriente hanno potuto vivere insieme per 15 giorni, stabilire rapporti cordiali e rafforzare l’amicizia: è quanto ha sottolineato padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, che lunedì scorso ha convocato a Gerusalemme religiosi e religiose per condividere con loro l’esperienza del Sinodo per il Medio Oriente svoltosi a Roma dal 10 al 24 ottobre. Durante l’incontro, riferisce il sito www.lpj.org, le giornate di Roma sono state definite un "avvenimento storico senza precedenti", che ha riguardato la geografia biblica per una popolazione complessiva di 356 milioni di abitanti, di cui solo 5 cristiani. Padre Pizzaballa ha sottolineato poi che il Sinodo è stato caratterizzato da una “libertà totale” di espressione: sono state denunciate le polemiche sollevate dalla stampa, è stato spiegato che esse non hanno alcun fondamento e si è insistito sulla dimensione pastorale dell’assise. E’ emerso che il 50% dei cristiani del Medio Oriente si trovano nella penisola arabica – risultato dell’immigrazione araba ma soprattutto indiana e filippina – e che le Chiese orientali hanno i propri vescovi della seconda o terza generazione negli Stati Uniti. Padre Frédéric Manns, francescano, insegnante e biblista, che ha preso parte al Sinodo, ha evidenziato i momenti più importanti delle giornate romane ed ha parlato della vocazione ad essere cristiani in un contesto a maggioranza musulmana o ebraica e della necessità di una nuova evangelizzazione, che sia fondata sull’annuncio del kerigma attraverso testimoni autentici e sorretta dalla Vergine Maria, “figlia di Sion, stella dell’Oriente, esempio di coraggio ai piedi della Croce sulla quale è morto suo figlio, in un Paese in cui tante madri perdono i loro figli, Lei che è la speranza di ogni uomo che soffre”. (T.C.)

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    Betlemme: sopralluogo del presidente palestinese Abbas al restauro della Basilica della Natività

    ◊   Visita del presidente Mahmoud Abbas alla basilica della Natività di Betlemme a due mesi dalla storica firma dell’accordo per il restauro del tetto fra le tre confessioni cristiane che si occupano della cura pastorale del luogo di culto. Abbas, come riferisce il sito della Custodia di Terra Santa www.custodia.org, che aveva sollecitato l’accordo, si è recato di persona sul posto per un sopralluogo; diversi mezzi sono stati dispiegati infatti per realizzare gli studi sulla base dei quali dovranno essere decisi i lavori da realizzare. Se l’accordo iniziale prevedeva il restauro del tetto, è in realtà tutta la Basilica ad essere sottoposta a uno studio approfondito, così che il presidente palestinese ha potuto vedere all’opera un’equipe di esperti di mosaici e di architetture medievali, e li ha ringraziati per aver messo le loro competenze al servizio di un così ampio progetto. Si presume che il rapporto conclusivo degli studi, che dovrà essere consegnato il 15 marzo del prossimo anno, chiederà non soltanto il restauro del tetto, ma anche quello degli affreschi, dei mosaici, delle pietre e dei rivestimenti di legno. Gli esperti che stanno lavorando nella basilica sostengono che il luogo di culto è in pericolo, e non solo perché ha quattordici secoli di vita, ma anche per il fatto che è visitata da due milioni e mezzo di persone all’anno e l’umidità rilasciata dai corpi, le sostanze carboniche e il peso accumulato di 2,5 milioni di persone che percorrono tutte lo stesso tragitto per andare verso lo stesso luogo, accelerano la degradazione dell’edificio. Si spera dunque che ulteriori accordi fra greci-ortodossi, armeni e francescani continuino a dar prova di unità per salvare questo tesoro della cristianità. (T.C.)

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    India: a Mumbai, l’apostolato della comunicazione per far conoscere il Vangelo

    ◊   Più di 200 fedeli, tra sacerdoti e laici, si sono uniti alla congregazione delle Pie discepole del Divin Maestro nella solenne celebrazione della Festa di Gesù Divin Maestro, che si è svolta domenica scorsa nella cappella dell’adorazione Prarthanalaya a Bandra. Suor Valerie, superiora della congregazione, ha spiegato all'agenzia AsiaNews: “La nostra missione principale è incentrata sul Divin Maestro, che è via, verità e vita. Inoltre quest’anno è molto speciale perché abbiamo celebrato da poco il giubileo d’oro della nostra ‘regola di vita’, il riconoscimento dello statuto della nostra congregazione da parte della Santa Sede. Il nostro obiettivo è quello di nutrire l’anima della famiglia paolina e servire l’intera Chiesa. Noi adoriamo, serviamo e celebriamo Gesù nell’eucarestia, e lo facciamo conoscere al mondo”. Le Pie discepole del Divin Maestro trascorrono tre ore al giorno in preghiera, e le loro giornate sono aperte alla potenza trasformatrice di Dio. Il loro amore si esprime nella musica, l’arte, l’architettura, con un’attenzione particolare ai sacerdoti in difficoltà. Le sorelle incoraggiano i fedeli laici a partecipare a preghiere e attività apostoliche organizzate dalla congregazione. Alla domanda circa le loro preghiere per i media, suor Valerie ha risposto: “L’apostolato della comunicazione, considerato nella luce del Divin maestro, ha lo scopo di far conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo. È inoltre essenziale che quelli nel campo della comunicazione promuovano in modo efficace i veri valori umani e cristiani, perché i media possono compensare le voci di errore e il male”. Padre George, uno degli undici sacerdoti che hanno concelebrato l’eucarestia, durante l’omelia ha fatto riferimento a Gesù, e ai tre grandi filosofi Socrate, Platone e Aristotele. Nel complesso, il loro insegnamento è durato per 130 anni: ma l’influenza del ministero di Cristo, di soli tre anni, trascende l’impatto che i grandi filosofi hanno avuto. Ogni sfera della vita è stata arricchita dal maestro di Nazaret, il cui contributo alla razza umana è stato la salvezza dell’anima. Il sacerdote ha concluso invitando la gente a celebrare la festa per riflettere sull’influenza della dottrina di Cristo sulla vita. La congregazione è stata voluta nel 1924 da don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia paolina. La Festa di Gesù Divin Maestro è stata istituita nel 1958 dal Papa, sempre per volontà del fondatore dell’istituto religioso. (R.P.)

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    Burundi: oggi inaugurazione di un Centro socio-educativo per ragazzi

    ◊   Grandi festeggiamenti in Burundi. Oggi, infatti, a Bujumbura la Fondazione Avsi ha inaugurato la nuova struttura del Centro Meo (Mères Enfants Orphelins) dedicato a Lino Lava. Si tratta di un centro socio-educativo diurno per oltre 450 bambini e ragazzi, nella zona nord della città. Quasi due anni fa la Comunità biellese aiuti umanitari (Cbau), onlus di Biella, dal 1999 partner di Avsi in Burundi e Rwanda, e ultimamente anche in Haiti per l’emergenza terremoto, ha finanziato la costruzione del Centro su un’area resa disponibile dall’amministrazione locale di uno dei quartieri nord di Bujumbura. Cbau - riferisce l'agenzia Sir - ha voluto che il Centro venisse dedicato a Lino Lava, uno dei fondatori della Comunità, che per anni si è dedicato all’opera di volontariato. Nel 2000 durante un viaggio in Burundi, Lava rimase colpito dalla grave situazione di povertà e abbandono in cui si trovavano moltissimi bambini del luogo. Iniziò ad attivarsi, per contribuire a portare un aiuto a quelle zone disagiate e alle sue popolazioni, e così nel 2001 nasce a Bujumbura il Centro Meo. Con la collaborazione di Avsi, il Centro Meo è diventato un importante punto di riferimento per i bambini, molti dei quali orfani, che trovano un programma di sviluppo generale. (R.P.)

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    Nepal: giornalisti cristiani creano una rete ecumenica di coordinamento

    ◊   La creazione di un polo informatico di coordinamento per giornalisti cristiani. È l’ambizioso progetto allo studio Nepal Christian Society (Ncs), un’associazione a cui aderiscono diverse denominazioni cristiane nepalesi, ad eccezione della Chiesa cattolica. La prima pietra dell’iniziativa - riferisce l’agenzia Eglises d’Asie - è stata posta una settimana fa con la nomina dei cinque membri del Comitato di Coordinamento. Secondo padre Pius Perumana, pro-vicario della Chiesa in Nepal l’Information and Media Coordination Committee della Ncs è un esempio da seguire per i cattolici: “Anche noi possiamo creare una rete per condividere più facilmente le informazioni tra le nostre parrocchie”, ha dichiarato il sacerdote. Anche se la Chiesa cattolica non è membro del nuovo coordinamento, essa ha partecipato nei mesi scorsi alla creazione di un’altra rete ecumenica: il Nepali Christian Network. La rete è stata lanciata a marzo, dopo un seminario che ha visto riuniti a Kathmandu comunicatori di diverse denominazioni cristiane. Anche questa iniziativa è un ulteriore passo avanti del cammino ecumenico nel Paese asiatico che ha ricevuto una grande spinta dopo l’attentato del 23 maggio 2009 alla Cattedrale cattolica di Kathmandu. L’attacco, rivendicato dal movimento fondamentalista indù “Nepal Defence Army”, ha contribuito ad avvicinare le comunità cristiane del Paese. L’ultima tappa di questo processo ecumenico è stata la costituzione, nel giugno scorso, della “United Christian Alliance of Nepal” che riunisce i leader della Chiesa cattolica e di sei denominazioni protestante con l’obiettivo di fare sentire di più la voce dei cristiani nel Paese la cui popolazione è in netta maggioranza indù. I cattolici in Nepal sono attualmente circa 8mila. (L.Z.)

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    Diritti umani e riconciliazione in Sri Lanka: la società civile in rotta con il governo

    ◊   Un gruppo di Organizzazioni non governative internazionali e settori della società civile dello Sri Lanka hanno rifiutato di far parte della Commissione per la Riconciliazione nazionale, istituita dal governo del presidente Rajapaksa (la cosiddetta “Lessons Learnt and Reconciliation Commission”), accusando l’esecutivo di “mancanza di credibilità”. Associazioni di calibro internazionale come “Human Rights Watch”, “Amnesty International” e “International Crisis Group” hanno scritto una lettera aperta al governo, affermando di essere disposte a partecipare a un processo di riconciliazione autentico, trasparente e credibile, e notando che la Commissione è priva di tali requisiti. La posizione delle Ong sta trovando crescenti consensi in associazioni della società civile – in Sri Lanka e in altri paesi asiatici – che nei mesi scorsi hanno criticato l’operato del governo, il cambiamento della Costituzione, la mancanza di legalità e di giustizia nella società. Secondo le organizzazioni promotrici, la Commissione non solo non risponde agli standard minimi di indipendenza e imparzialità, ma può diventare anche uno strumento per garantire l’impunità e continuare l’abuso dei diritti umani: nonostante la “litania di lamentele”, registrate nei mesi scorsi per lo scarso rispetto dei diritti umani – notano le Ong – non è stato compiuto nessun progresso, a partire dalla fine della guerra civile. Sebbene numerosi testimoni abbiano fornito prove sulle violazioni dei diritti umani compiute dall’esercito di Colombo, prosegue la missiva, la Commissione non ha mostrato alcun interesse per indagare su tali questioni, cruciali per costruire giustizia, pace e sviluppo nel paese. Il problema, si afferma, è che i membri della Commissione non sono indipendenti, ma sono rappresentanti governativi. Inoltre le Ong lanciano l’allarme per la vita dei testimoni, che possono essere considerati “traditori”, in quanto sostengono accuse verso le forze armate, e dunque necessitano di una protezione adeguata. In tale situazione, e mentre il Paese è ancora sotto lo “stato di emergenza” che non garantisce la normale legalità, che punisce il dissenso politico o di opinione, non vi sono le condizioni basilari – concludono le Ong – per condurre una indagine seria sugli abusi e un’opera efficace per la riconciliazione. (R.P.)

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    Sud Corea: continua il pellegrinaggio della reliquie di San Giovanni Bosco

    ◊   Continua il viaggio delle reliquie di san Giovanni Bosco iniziato lo scorso mese di giugno. L’urna di vetro, contenente una statua del Santo a grandezza naturale e alcune ossa della sua mano destra e dell'avambraccio, è in questi giorni in Corea del Sud, prima tappa della parte asiatica del pellegrinaggio che la porterà in più di 130 Paesi nel mondo. Le reliquie faranno sosta in diverse comunità salesiane della capitale Seul e della diocesi di Gwangju prima di partire per la Tailandia il 16 novembre. Negli auspici degli organizzatori il pellegrinaggio servirà a sensibilizzare i fedeli sui problemi del mondo giovanile: “I problemi dei giovani sono ormai una preoccupazione generale e la nostra speranza è che il viaggio delle reliquie di san Giovanni Bosco, che ha dedicato la sua vita all’apostolato tra i giovani, lasci un segno”, ha detto all’agenzia Ucan il coordinatore della tappa coreana del viaggio, don Stephen Yang Seung-guk . Secondo il sacerdote, “esso offrirà ai fedeli un’occasione per pregare per loro ed aiutarli spiritualmente e con amore”. I fedeli che pregheranno davanti alle reliquie di Don Bosco potranno ottenere l’indulgenza plenaria alle consuete condizioni: Confessione, Comunione, preghiere secondo le intenzioni del Papa e distacco da qualsiasi peccato, anche veniale. Le reliquie – lo ricordiamo - sono state benedette il 25 aprile nella basilica di Santa Maria Ausiliatrice di Torino dal Superiore generale dei Salesiani, don Pascual Chávez Villanueva. Il pellegrinaggio terminerà nel 2015, nel secondo centenario della nascita del Santo. (L.Z.)

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    Lettonia: per mons. Stankevics l'ecumenismo sta rafforzando la testimonianza cristiana

    ◊   La buona intesa ecumenica esistente oggi tra le Chiese cristiane in Lettonia rafforza la loro testimonianza evangelica in una società che paga ancora i guasti del passato regime sovietico e adesso quelli del materialismo del mondo occidentale. È la convinzione espressa da mons. Zbignevs Stankevics, nuovo arcivescovo di Riga e dallo scorso agosto presidente della Conferenza episcopale lettone in un’intervista all’agenzia di informazione cattolica polacca KAI. “La nostra società è stata contagiata dal virus del comunismo e se ne è ammalato, perdendo l’immunità contro la malattia trasmessa dall’Occidente dopo il crollo del comunismo”, afferma il presule nell’intervista ripresa dall’Apic e dall’Eni in cui parla delle pesanti ripercussioni sociali dell’attuale crisi economica in Lettonia. Secondo mons. Stankevics, il passato regime “ha portato un duro colpo a quello che aveva di meglio il Paese e questa situazione perdura ancora oggi: l’’homo sovietucus’ - dice - è stato sostituito dall’’homo capitalisticus’” , soffocando il fervore religioso ritrovato all’indomani del ripristino della democrazia nel 1991. “Per questo – afferma il presule, ordinato sacerdote nel 1996, dopo avere lavorato come ingegnere in un cantiere navale e in una banca - c’è bisogno di un rinnovamento spirituale affinché la gente prenda coscienza della propria dignità e ritrovi un senso di responsabilità comune verso il Paese e la società, sentimenti che si sono affievoliti oggi”. Secondo mons. Stankevics, i cristiani stanno facendo molto in questo senso, anche grazie anche ai buoni rapporti ecumenici, soprattutto tra cattolici e luterani, che definisce “esemplari: “Certo esistono ostacoli e anche resistenze, sia tra i cattolici che tra i luterani, ma penso che la maggioranza di noi è favorevoli a rapporti più stretti e all’unità”, afferma l’arcivescovo. Stando ai dati ufficiali del governo lettone, le principali Chiese presenti in Lettonia - l’ortodossa, la cattolica e la luterana - rappresentano ognuna tra il 20 e il 25% dei 2,2 milioni di abitanti del Paese. (L.Z.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sakineh non è stata giustiziata ma resta la preoccupazione

    ◊   Sakineh Mohammadi Ashtiani non è stata giustiziata. Lo ha detto all'Ansa la portavoce del Comitato internazionale contro le esecuzioni, Mina Ahadi. Il servizio di Fausta Speranza:

    “La signora Ashtiani non è stata giustiziata oggi, ma per lei la situazione rimane pericolosa”, ha detto Ahadi, secondo cui ”le pressioni dei governi europei sul regime di Teheran” hanno contribuito alla decisione del governo iraniano. Ieri l’Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Catherine Ashton, aveva chiesto all'Iran di fermare l'esecuzione. E in serata davanti al Parlamento europeo si sono radunati in tanti tra cui diversi parlamentari europei, ma anche esponenti del parlamento belga. Il presidente delle Fiandre Kris Peeters, ha scritto all'ambasciatore iraniano a Bruxelles per chiedere che non venisse applicata la pena di morte. Intervento anche da Washington: “La mancanza di trasparenza e della regolarità giudiziaria viste nel caso di Sakineh e le successive azioni contro il suo avvocato e la sua famiglia sono inaccettabili”, si legge in una dichiarazione della Casa Bianca. Oggi il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehman-Parast, commenta che “il caso di Sakineh Mohammadi-Ashtiani è usato dall'Occidente come strumento per fare pressioni politiche sull'Iran”.

    Continuano gli attacchi Nato in zone dell’Afghanistan
    Le forze Nato in Afghanistan hanno reso noto oggi di aver compiuto un “attacco aereo di precisione” nella provincia di Khost, nel quale è stato ucciso Qari Naseb Khan, un importante leader del network Haqqani (di al Qaeda nelle zone tribali) responsabile di attacchi contro forze regolari afghane e della coalizione. Lo hanno annunciato fonti Isaf secondo le quali “basandosi su relazioni di intelligence, è stata individuata la presenza di Naseb Khan nel distretto di Nadr Shah Kot, dopo aver verificato le attività degli insorti ed essersi assicurate che non vi fossero civili nell'area, le forze della coalizione hanno condotto un attacco di precisione, uccidendolo”. Il ministero degli Interni afghano inoltre ha reso noto che “almeno 30 militanti talebani sono stati uccisi in un'operazione congiunta nella provincia meridionale di Helmand, nell'area di Baramcha”. In due altri episodi di scontri nel nord e sud del Paese sono rimasti uccisi invece due soldati dell'Isaf, la coalizione internazionale in Afghanistan a guida Nato.

    Esplosione a Gaza, vicino a sede della polizia: morto un miliziano
    È un miliziano attivo in uno dei gruppi di “resistenza armata” il palestinese rimasto ucciso in una deflagrazione nel centro di Gaza. Si tratta, secondo i servizi di emergenza, di Muhammad Jamal Nimnim, 27 anni, residente nel campo profughi di Shati (Gaza). Secondo alcune informazioni la deflagrazione sarebbe stata provocata da un ordigno che si trovava nell’automobile del miliziano, mentre altre fonti rilevano che il veicolo potrebbe essere stato invece colpito da un razzo.

    Midterm in USA: maggioranza per i repubblicani al Congresso ma non alla Camera
    I repubblicani conquistano negli Stati Uniti la maggioranza alla Camera dei rappresentanti, ma non al Senato, che rimane di misura in mano ai democratici di Barack Obama. Sono i primi risultati delle elezioni di medio termine, svoltesi ieri. Bene per il Partito conservatore anche sul fronte dei Governatori: sui 37 da eleggere, almeno 10 Stati in mano ai democratici sono stati conquistati dal Gop. E tra le novità spicca l'ingresso in Senato e alla Camera dei Tea Party antitasse, che conquistano anche la South Carolina, dove e' stata eletta governatore Nikki Haley, appoggiata dall'ex candidata vicepresidente Sarah Palin. Per un commento su questa importante tornata elettorale, Salvatore Sabatino ha raggiunto telefonicamente a Washington il collega Alessandro Gisotti:

    R. – Sicuramente, possiamo dire che ha votato un’America arrabbiata e delusa: questo è il dato che gli osservatori, le televisioni e anche i giornali danno come elemento significativo. L’America è delusa dopo due anni di amministrazione Obama. Tante erano le aspettative e le speranze portate avanti nella campagna elettorale trionfale di Barack Obama nel 2008, tante oggi sono le delusioni e, appunto, anche la rabbia. Si parla anche di un voto di protesta da parte di molti elettori che forse hanno scelto sostanzialmente questo messaggio, cioè dire al presidente che la politica che sta perseguendo non è quella giusta, piuttosto che premiare la proposta politica dei repubblicani.

    D. – Ora Obama si troverà di fronte due anni complicati, in cui sarà costretto a confrontarsi in maniera più intensa con i suoi avversari politici. Cosa possiamo attenderci?

    R. – Intanto, abbiamo avuto subito un segnale di come questa strategia potrebbe cambiare: il presidente ha chiamato John Beiner, nuovo speaker della Camera – quindi, da leader dell’opposizione dei repubblicani, ora diventa leader della maggioranza – e Mitch McConnell, il leader dei repubblicani al Senato; li ha chiamati entrambi, subito dopo che i risultati davano un’idea di una solidità della vittoria dei repubblicani e, secondo quanto informa un comunicato della Casa Bianca, il presidente ha chiesto ad entrambi di lavorare per cercare un terreno comune per risolvere i problemi più urgenti e in particolare quelli dell’economia. Infatti, il dato fondamentale, poi, è questo: il voto di protesta, la disillusione deriva dal fatto che l’economia non va in America, nonostante le promesse anche da parte dell’amministrazione Obama di portare la disoccupazione sotto l’8 per cento, oggi, invece, siamo quasi al 10 per cento. Ed è questo l’elemento più significativo. Potremmo dire con una battuta, con una formula che se nel 2008 gli americani avevano votato tenendo la mano sul cuore, questa volta decisamente hanno tenuto la mano sul portafogli e quindi hanno lanciato questo messaggio ad Obama di cambiare direzione.

    D. – Ovviamente, è una tornata importantissima anche perché ci sono state le elezioni per i governatori di 37 Stati. Quali i risultati emersi su questo fronte?

    R. – Anche qui, vediamo una netta affermazione del partito repubblicano, e questo è un dato molto importante che, magari, può sfuggire ad un’analisi di carattere internazionale rispetto alle votazioni per il Congresso. Però, i governatori e le legislazioni parlamentari dei diversi Stati hanno il mandato di ridisegnare i collegi elettorali. Questo cosa significa? Che avere tanti governatori e legislature repubblicane potrebbe determinare anche una ridistribuzione dei seggi elettorali in vista delle elezioni presidenziali del 2012; quindi, oltre al significato puntuale di una vittoria anche a livello “locale”, degli Stati da parte dei repubblicani, potrebbe esserci anche una nuova spinta verso una vittoria repubblicana o, comunque, come speranza di una vittoria repubblicana tra due anni. Un ultimo dato significativo a proposito delle elezioni. Sono emerse alcune figure, molte spontaneamente lanciate dal movimento Tea party. Una su tutte forse va segnalata: Marco Rubio, un 39.enne che ha vinto in Florida e diventa dunque senatore, è un ispanoamericano che ricorda, per molti aspetti, il presidente Obama. Questo è un nome: Marco Rubio, di cui sentiremo molto parlare nei prossimi anni. (gf)

    Il capo della chiesa Copto-ortodossa conferma la Messa prevista alla cattedrale di san Marco, al Cairo: dopo le minacce di Al Qaeda, imponenti misure di sicurezza
    Al Cairo le misure di sicurezza saranno al massimo questa sera, in occasione della messa settimanale celebrata dal Pope Shenouda III, per la quale sono attese tra le 8 e le 10 mila persone. Lo hanno riferito fonti della sicurezza, sottolineando che i servizi di ordine pubblico avevano cercato di annullare questo appuntamento, ma che il capo della chiesa Copto-ortodossa, in Egitto, ha voluto confermare, per incontrare i fedeli al suo ritorno da un viaggio negli Usa per controlli medici, e perché, rilevano le fonti, Shenouda III non prende sul serio le minacce reiterate oggi dall'ala irachena di Al Qaeda contro i cristiani. Comunque le misure di sicurezza oggi saranno imponenti e tutti coloro che vorranno accedere alla cattedrale di San Marco, nel centro del Cairo, dovrà essere perquisito, passare sotto metaldetector. Le misure di sicurezza nei confronti dei luoghi di culto cristiani sono già state rafforzate da ieri, alla luce delle prime minacce contro i copti in Egitto da parte del gruppo che ha rivendicato il massacro nella chiesa di Baghdad.

    La Commissione Europea chiede azioni immediate all’Italia per la questione rifiuti
    “La situazione dei rifiuti in Campania ci preoccupa ancora e chiediamo azioni immediate per far fronte all'emergenza”: lo ha detto oggi il commissario europeo all'Ambiente Janez Potocnik. Il commissario, che ha spiegato di aver avuto un breve incontro con il ministro dell'Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo, ha ribadito la preoccupazione di Bruxelles per la situazione dei rifiuti in Italia e ha invitato il governo a prendere misure al più presto. “Noi continuiamo a monitorare ma devono essere prese al più presto delle misure per cambiare la situazione”, ha detto Potocnik.

    L’allarme Onu per i somali rifugiati in Kenya
    L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha chiesto oggi alle autorità del Kenya di bloccare i rimpatri dei somali fuggiti dal recente conflitto nel sud della Somalia. In un comunicato l'Unhcr si è appellata a Nairobi precisando che i circa 8.000 rifugiati, che hanno trovato un alloggio temporaneo a Mandera (nord Kenya) nel campo numero 1 vicino al confine tra i due Paesi, sono soprattutto donne, bambini e anziani. Si tratta di persone disperate, scappate dal recente conflitto tra le truppe del governo transitorio somalo (tfg) sostenuti dai miliziani Ahlu Sunna Wal Jamaa contro i ribelli al Shabaab nella città somala di Bulla Hawa. Ieri alcuni di loro sono stati espatriati e adesso si trovano in una no man's land. L'Unhcr ha aggiunto che la loro situazione è a rischio e che necessitano protezione secondo le leggi del diritto internazionale.

    In Cina arrestato un militante per i diritti umani che ha parlato in pubblico del Nobel a Liu Xiaobo
    La polizia cinese ha arrestato a Guangzhou, ex Canton, un militante di un’organizzazione per i diritti umani che ha annunciato in pubblico l'assegnazione del premio Nobel per la Pace al dissidente Liu Xiaobo. Lo riferiscono all'Ansa fonti del dissenso cinese. L'uomo, Guo Xianliang, è stato arrestato dalla polizia e formalmente accusato di sovversione. La stessa fonte riferisce che Guo è l'unico ad essere stato formalmente accusato, mentre gli altri dissidenti agli arresti domiciliari, tra i quali la moglie di Liu Xiaobo, Liu Xia, non hanno ancora ricevuto nessuna accusa formale. Liu Xiaobo è in carcere condannato ad undici anni per essere l'autore di un documento, la “Carta 08”, manifesto democratico di cambiamento politico in Cina. La notizia della vittoria del dissidente del Nobel per la Pace, è stata volutamente nascosta ai media nazionali cinesi che si sono solo limitati a criticare la Norvegia e il comitato per il Nobel per l'assegnazione del premio al dissidente.

    Dopo il voto di domenica, in Costa d’Avorio si profila il ballottaggio
    Testa a testa fra i due candidati alle elezioni presidenziali che si sono tenute domenica scorsa in Costa d'Avorio - le prime da dieci anni a questa parte - stando ai primi risultati. Secondo quanto scrive il sito della tv Al Jazira, a scrutinio ancora in corso, si profila un ballottaggio tra il presidente uscente Laurent Gbagbo, e l'ex primo ministro Alassan Draman Ouattara. Entrambi hanno ottenuto, secondo i primi risultati comunicati dalla Commissione elettorale il 35% dei consensi. Per l'ex presidente Henri Konan Bediè avrebbe votato il 27% degli aventi diritto. Alle urne si sono recati 4.2 milioni di persone. Il ballottaggio potrebbe tenersi il 28 novembre.

    Nuova violenta eruzione stamani dal vulcano Merapi, sull'isola indonesiana di Giava
    Nuova violenta eruzione del vulcano Merapi, sull'isola indonesiana di Giava: è "più potente" delle due precedenti del 26 e 30 ottobre. Lo stimano i vulcanologi indonesiani. "L'eruzione è ancora in corso. È più forte delle due precedenti", ha detto il vulcanologo Subandrio. Le autorità hanno esteso il limite di sicurezza di altri 5 km, con l'evacuazione ordinata dunque in un'aerea di 15 km intorno al vulcano. Già oltre 70.000 persone sono state evacuate nelle settimane precedenti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 307

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