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Sommario del 31/07/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Vangelo sul martirio di Giovanni Battista nel Magistero di Benedetto XVI: testimoniare la Verità senza compromessi
  • L'invito del Papa alla preghiera autentica: la riflessione di mons. Piero Coda
  • La Cina è vicina: editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Drammatiche alluvioni in Pakistan: centinaia di morti, migliaia i dispersi
  • Via libera negli Usa ai test clinici sull'uomo con cellule staminali embrionali umane
  • I cattolici verso la Settimana sociale di Reggio Calabria: intervista con Edoardo Patriarca
  • Nove milioni di bambini muoiono entro i primi 5 anni di vita per malattie spesso facilmente curabili
  • Bilancio positivo alla sessione del Segretariato attività ecumeniche a Chianciano
  • La Chiesa celebra la memoria di Sant'Ignazio di Loyola
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Appello del Celam a Colombia e Venezuela: sia preservata la pace
  • Assemblea del Secam: teoria del genere, virus ideologico
  • I vescovi francesi: no alla discriminazione dei nomadi
  • Il cardinale Rouco Varela: promuovere una cultura della vita che rispetti i diritti dei più indifesi
  • Violenze anticristiane in Iraq: rapito a Kirkuk un cristiano caldeo
  • Santuario di Loyola: grande festa per Sant'Ignazio
  • Ong cattolica in India per combattere il lavoro minorile
  • Concluso in Turchia il viaggio di amicizia di Rondine nel Caucaso del sud
  • 200 giovani romani in pellegrinaggio a Santiago de Compostela
  • 24 Ore nel Mondo

  • Italia: scambio di accuse tra Berlusconi e Fini dopo la rottura
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Vangelo sul martirio di Giovanni Battista nel Magistero di Benedetto XVI: testimoniare la Verità senza compromessi

    ◊   La liturgia odierna ci propone il martirio di Giovanni Battista ad opera di Erode. Il Precursore di Cristo, narra il Vangelo di Matteo, viene ucciso perché non scende a compromessi con il potere, ma testimonia senza paura la verità. Proprio il “coraggio della verità”, l’annuncio del Vangelo senza compromessi, è uno dei temi portanti del Pontificato di Benedetto XVI. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Cooperatores Veritatis”, “Collaboratori della Verità”: nel motto episcopale di Joseph Ratzinger troviamo anche la chiave di lettura del suo Pontificato. Già nella “Missa Pro eligendo Romano Pontifice”, il 18 aprile 2005, l’allora decano del Collegio cardinalizio aveva sottolineato l’urgenza dell’annuncio della verità. “In Cristo – aveva spiegato – coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono”. E cinque anni dopo, nella Caritas in Veritate, scrive che “difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita” sono “forme esigenti e insostituibili di carità”. Proprio San Giovanni Battista, avverte il Papa, ci mostra con il suo esempio il coraggio della verità nella carità:

    “Da autentico profeta, Giovanni rese testimonianza alla verità senza compromessi. Denunciò le trasgressioni dei comandamenti di Dio, anche quando protagonisti ne erano i potenti. Così, quando accusò di adulterio Erode ed Erodiade, pagò con la vita, sigillando col martirio il suo servizio a Cristo, che è la Verità in persona. (Angelus, 24 giugno 2007)

    La persecuzione, rileva il Papa, è dunque anche oggi “prova” dell’autenticità della nostra missione di annuncio del Vangelo:

    “Chi partecipa alla missione di Cristo deve inevitabilmente affrontare tribolazioni, contrasti e sofferenze, perché si scontra con le resistenze e i poteri di questo mondo”. (Udienza alle Pontificie Opere Missionarie, 21 maggio 2010)

    E osserva che il Vescovo di Roma, in quanto “primo custode e difensore della fede” è chiamato ad obbedire a Dio, affinché la Verità continui a risplendere per tutti gli uomini. Un compito, aggiunge, ancor più necessario oggi in un contesto che vede la fede come un ostacolo alla libertà:

    “Di fronte a tale atteggiamento che tende a sostituire la verità con il consenso, fragile e facilmente manipolabile, la fede cristiana offre invece un contributo veritativo anche nell’ambito etico-filosofico, non fornendo soluzioni precostituite a problemi concreti come la ricerca e la sperimentazione biomedica, ma proponendo prospettive morali affidabili all’interno delle quali la ragione umana può ricercare e trovare valide soluzioni” (Udienza alla Congregazione per la Dottrina della Fede, 15 gennaio 2010).

    “Essere in cammino verso la verità, cercare di conoscere meglio la verità in tutte le sue espressioni – ribadisce – è realmente un servizio fondamentalmente ecclesiale”. “Dio – afferma il Papa - è la verità ultima a cui ogni ragione naturalmente tende, sollecitata dal desiderio di compiere fino in fondo il percorso assegnatole”:

    “Dio non è una parola vuota né un’ipotesi astratta; al contrario, è il fondamento su cui costruire la propria vita. Vivere nel mondo ‘veluti si Deus daretur’ comporta l’assunzione di una responsabilità che sa farsi carico di indagare ogni percorso fattibile pur di avvicinarsi il più possibile a Lui, che è il fine verso cui tutto tende”. (Discorso all’Università Lateranense, 21 ottobre 2006)

    E avverte che “porre al centro il tema della verità non è un atto meramente speculativo, ristretto a una piccola cerchia di pensatori”:

    “Al contrario, è una questione vitale per dare profonda identità alla vita personale e suscitare la responsabilità nelle relazioni sociali”. (Discorso all’Università Lateranense, 21 ottobre 2006)

    “Di fatto – è il monito di Benedetto XVI – se si lascia cadere la domanda sulla verità e la concreta possibilità per ogni persona di poterla raggiungere, la vita finisce per essere ridotta ad un ventaglio di ipotesi, prive di riferimenti certi”.

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    L'invito del Papa alla preghiera autentica: la riflessione di mons. Piero Coda

    ◊   Domani Benedetto XVI presiederà a mezzogiorno l’Angelus nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. In queste domeniche numerosi sono i pellegrini che giungono da tutto il mondo nella cittadina laziale per pregare insieme con il Papa. Proprio domenica scorsa, il Pontefice, commentando “il Padre Nostro”, ha invitato i fedeli a fare l’esperienza della preghiera autentica. Ma cosa significa “pregare”? Luca Collodi lo ha chiesto a mons. Piero Coda presidente dell'Associazione teologica italiana e preside dell'Istituto Universitario Sophia di Loppiano, fondato da Chiara Lubich:

    R. – La preghiera, innanzitutto, è mettersi in ascolto come ha detto Benedetto XVI nell’Angelus di domenica scorsa. La preghiera è ascolto: cioè, fare silenzio dentro di sé, mettere a tacere i tanti rumori, le tante voci della vita quotidiana e ascoltare la Parola molto discreta, molto attenta, un soffio, una brezza, che ci viene da Dio. Lasciarsi interpellare da Dio. Poi, certamente, ci sarà anche il momento in cui vengono presentate le nostre richieste, a lui gli si offre la nostra vita, ma prima di tutto la preghiera è imparare ad ascoltare la voce di Dio nel silenzio.

    D. – Mons. Coda, c’è un luogo privilegiato dove pregare? Perché spesso noi vediamo la Chiesa come luogo principe dell’incontro spirituale con Dio, ma spesso in estate noi siamo al mare, in montagna ... C’è un modo, un luogo privilegiato dove pregare o la preghiera è comunque accettata in ogni luogo e in ogni tempo?

    R. – La preghiera può accadere in ogni luogo e in ogni momento della nostra vita. Ciò non toglie che vi siano dei luoghi privilegiati. Se noi vediamo l’esperienza dei grandi santi, dei grandi maestri della preghiera, vedremo che loro cercano sempre dei luoghi in cui il contatto con Dio è, direi, più spontaneo, più naturale, e quindi la montagna, l’orizzonte infinito del mare, il tramonto, la natura, sono luoghi che naturalmente ci portano ad elevare il nostro animo verso Dio. Perché questa è la preghiera: “elevatio mentis ad Deum”, dicevano gli antichi; cioè, apertura, elevazione della nostra mente verso Dio. Quindi, quando mi trovo in montagna, di fronte a un ghiacciaio, oppure in una foresta, di fronte al mormorio della brezza del vento, in mezzo agli alberi, tra i fiori o in qualunque altra situazione naturale bella, io sono portato attraverso la natura a incontrare la voce di Dio.

    D. - Mons. Coda, anche in vacanza non dobbiamo dimenticarci di utilizzare questo strumento per comunicare con Dio, anche se apparentemente può sembrare forse più difficile...

    R. – Penso proprio che paradossalmente la vacanza sia luogo principe e più adeguato per incontrare Dio perché nel momento della vacanza si è liberi da tante occupazioni quotidiane, la nostra mente e il nostro cuore spontaneamente sono aperti a ciò che più intimamente è essenziale nella nostra vita. Quindi, consiglierei con tutto il cuore di sfruttare questi momenti di libertà e di grazia come il momento in cui ci possiamo aprire a un incontro più vero, più libero più gratuito con Dio e, quindi, un momento di preghiera intenso, semplice, spontaneo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La Cina è vicina: editoriale di padre Lombardi

    ◊   “La comunione con Pietro e i suoi Successori è garanzia di libertà per i Pastori della Chiesa e per le stesse comunità loro affidate”: è uno dei passaggi chiave di una lettera indirizzata ai vescovi e sacerdoti della Cina continentale dal cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. Sull’importante documento, pubblicato in questi giorni dall'agenzia Fides, ascoltiamo la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Il prefetto della Congregazione per la Evangelizzazione dei Popoli, cardinale Ivan Dias, ha pubblicato una bellissima e importante lettera per i vescovi e i sacerdoti della Cina continentale ispirata dalle tematiche dell’Anno sacerdotale appena concluso. Chi pensa alla Chiesa in Cina solo in chiave di problemi politici o di rapporti diplomatici rischierà di non capirla. Il cardinale Dias parla in prospettiva pastorale, parla della testimonianza che il vescovo e il sacerdote deve dare anzitutto come uomo di Dio e uomo per gli altri, parla di preghiera e di celebrazione dell’Eucarestia, parla di servizio del tutto disinteressato dei piccoli e dei poveri, dei peccatori, di tutti, secondo l’esempio di Gesù. Parla della comunione con il Santo Padre nella Chiesa come garanzia di libertà nell’adesione alla verità e all’autentica tradizione. Probabilmente i fedeli e i pastori della Chiesa in Cina sono fra i più consapevoli in questo argomento, alla luce della loro esperienza. Ma parla anche e ancor più della unione fra i membri della comunità ecclesiale, superando con pazienza e coraggio le divisioni. Le divisioni sono infatti conseguenza del peccato. Quel peccato che – come ha ricordato più volte il Papa recentemente – è il più grave pericolo per la Chiesa. Il pericolo che viene dall’interno e che è peggiore di quelli che vengono dall’esterno. “Il Papa vi invita a proseguire intrepidi sul cammino della santità, dell’unità e della comunione” conclude il cardinale Dias. Per i sacerdoti e i vescovi cattolici cinesi, come per tutti i sacerdoti e i vescovi della Chiesa universale a cui essi appartengono, questi sono i punti primordiali su cui costruire il futuro. Ci sentiamo solidali con loro in questo cammino, che dev’essere anche il nostro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Tempo di vacanze: in prima pagina, una riflessione dell'arcivescovo Rino Fisichella dal titolo "Il pellegrinaggio per l'uomo in cammino".

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'economia cinese che minaccia il primato statunitense.

    Nazione, nazionalismi e universalismo cristiano: in cultura, Roberto Pertici sulle nuove prospettive per lo studio della storia del Risorgimento.


    Il mondo dalla finestra di casa: Claudio Toscani recensisce "Il posto delle cornacchie" di Ferruccio Palazzoli.

    Inseguendo il cinema in treno: Isabella Farinelli su proposte di turismo alternativo lontano dal popcorn passivo.

    Diplomazia in pubblico, faccia tosta in privato: un estratto da "Berlioz e il suo tempo", biografia, a cura di Olga Visentini, del grande compositore francese.

    Nell'informazione religiosa, la protesta per il Gay pride a Gerusalemme, in una nota del Patriarcato dei Latini.

    Nell'informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, dopo il viaggio in Thailandia.

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    Oggi in Primo Piano



    Drammatiche alluvioni in Pakistan: centinaia di morti, migliaia i dispersi

    ◊   Nelle regioni nord-occidentali del Pakistan un’ondata di maltempo senza precedenti, legata alla stagione monsonica, ha provocato nelle ultime ore la morte di centinaia di persone, sono oltre 800 finora le vittime accertate. I dispersi sono migliaia e il bilancio sembra purtroppo destinato ad aggravarsi. Secondo il ministro dell’informazione della Provincia della Frontiera nordoccidentale le vittime potrebbero essere più di 6 mila. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Le immagini provenienti dal Pakistan travolto da alluvioni, frane e inondazioni, sono drammatiche. Molti centri abitati sono completamente coperti dal fango o sommersi dall’acqua. In molti casi, i rami degli alberi sono l’ultima speranza per non essere travolti dalla forza delle correnti. Fonti locali parlano di “un immenso disastro umanitario”. I danni sono incalcolabili: srade, ponti, case ma anche scuole e ospedali sono stati completamente distrutti. Per far fronte all’emergenza è stato mobilitato anche l’esercito ed oltre 15 mila persone hanno già abbandonato le loro abitazioni. Nelle zone colpite sono stati inviati aiuti di prima necessità ma la situazione resta gravissima, come conferma suor Rita Polverini dell’Unione Santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola, raggiunta telefonicamente a Multan, in Pakistan:

    R. - E’ il disastro peggiore che sia mai capitato. L’altra alluvione risale a 50 anni fa. I villaggi sono distrutti, la gente è dispersa, molti paesi sono costruiti vicino ai fiumi e sono stati distrutti dalle acque. Questa è la cosa più dannosa: tutto viene portato via dalle acque. Le strade sono interrotte. Anche per i soccorsi la situazione è molto difficile perché la pioggia torrenziale continua a scendere. Si vedono passare elicotteri. Ma cosa possono fare? Sono arrivati dei camion con alcune provviste, che la gente aspetta proprio come manna dal cielo.

    D. - I soccorritori riescono a rispondere alle necessità della popolazione, così colpita dalle alluvioni?

    R. - Riguardo ai bisogni necessari, possono fare molto poco. Le stesse persone che si trovano lì vicino sono povere. La cosa più impressionante è la gente che, stando sui tetti, chiede aiuto. Le zone più colpite dall’alluvione sono Peshawar, la Swat Valley, Charsadda. La diga di Tarbela sta mandando fuori 500 mila metri cubi di acqua e la città di Dera Ismail Khan è in pericolo. Tutto il Pakistan ora sta soffrendo. Proprio in questo momento ci si chiede cosa si debba fare. Noi, qui, preghiamo con tutto il cuore e chiediamo al Signore di far smettere la pioggia, per consentire i soccorsi. La situazione è veramente dolorosa e disastrosa.

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    Via libera negli Usa ai test clinici sull'uomo con cellule staminali embrionali umane

    ◊   Dagli Stati Uniti arriva per la prima volta al mondo il via libera a test clinici sull'uomo con l'utilizzo di cellule staminali derivate da embrioni umani. La sperimentazione nella prima fase sarà condotta in più centri su un piccolo numero di pazienti con lesioni molto gravi del midollo spinale. Lo scopo principale è verificare la sicurezza, ancora prima dell'efficacia, della tecnica. Secondo diversi esperti si tratta di una decisione inaccettabile, come sottolinea anche al microfono di Massimiliano Menichetti mons. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita:

    R. – L’utilizzazione dell’embrione umano riceve un giudizio completamente negativo non solo della morale cattolica ma di chiunque rispetti l’individuo umano, la persona umana. Per quanto si siano fatti sforzi per negarlo, la scienza rimane ferma nel dire che l’embrione è un essere umano in cammino!

    D. – Nonostante questo, autorizzazioni alla sperimentazione su cellule staminali embrionali vengono date in Corea, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti. Cosa succede all’embrione se si sperimenta?

    R. – Vengono naturalmente sacrificati per ricavare queste cellule staminali e tutto questo, dal punto di vista etico, come ho detto già, non comporta altro che un giudizio negativo. Dal punto di vista dei risultati, da molte parti e da tempo si è rilevato che non conseguono i risultati attesi, perché le cellule staminali degli embrioni hanno una totipotenzialità, quindi sono inclinate a riprodurre un soggetto, un individuo, non altre cellule. In ogni caso, anche qualora per assurdo ci fosse un esito positivo, moralmente rimane delitto.

    D. – Mons. Sgreccia, ma perché se sul fronte dell’utilizzo delle cellule staminali adulte, come nel caso delle cellule del cordone ombelicale, si hanno delle evidenze scientifiche, si continua a violare la vita e a sperimentare sugli embrioni?

    R. – Non sappiamo bene quale sia la ragione per cui si continui a tentare. Sembra che vi sia una sfida particolare a voler tentare ciò che non è stato ancora conseguito, e a voler comunque utilizzare gli embrioni umani perché ce ne sono tanti congelati nei frigoriferi, come esito della fecondazione artificiale. Ora, questo fatto di voler tentare di voler ricavare di qui materiale per curare altri uomini quando poi tutto questo non ha dato esito, comunque sia a costo dell’immolazione di esseri umani, questa è una condanna che scaturisce da se stessa, di fronte a qualsiasi ragione e probità morale.

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    I cattolici verso la Settimana sociale di Reggio Calabria: intervista con Edoardo Patriarca

    ◊   L’Italia sta vivendo in questo periodo un momento delicato dal punto di vista politico, economico e sociale. Sull’attuale situazione del Paese il laicato cattolico sta svolgendo un’approfondita riflessione che troverà un’occasione importante di confronto nella 46.ma Settimana sociale che avrà luogo dal 14 al 17 ottobre a Reggio Calabria, sul tema “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Luca Collodi ha intervistato a questo proposito Edoardo Patriarca, segretario del Comitato organizzatore delle Settimane sociali:

    R. - Direi che viviamo un momento difficile, pesante, non vorrei esagerare, drammatico per certi versi. La lettura che abbiamo dato preparando le Settimane sociali è che a noi, oggi, l’Italia appare un Paese senza classe dirigente, senza persone che per il ruolo politico, imprenditoriale, di cultura, sappiano offrire alla nazione una visione, degli obiettivi condivisi e condivisibili. L’analisi che abbiamo fatto, lavorando al documento preparatorio della prossima Settimana sociale, è proprio della sensazione di un Paese che sta vivendo un passaggio pesante, in cui però la politica non svolge la funzione che le dovrebbe competere, cioè tentare di dare una visione con obiettivi di medio e lungo termine. Ravvisiamo questa grande fatica rispetto ad una realtà che nei territori ha tante persone vive, capaci di tentare impresa, ha tanto buon associazionismo, professionisti.

    D. - Manca classe dirigente in politica, ma anche nella società civile ?

    R. - Sì. Quando parlo di classe dirigente parlo non solo della politica ma anche di tutti quei soggetti, imprenditori, associazionismo. Mancano cioè soggetti che abbiano la capacità di orientare, che si assumano la responsabilità di costruire percorsi nuovi di speranza. Il cardinale Bagnasco ha parlato spesso di questo bisogno di riprendere a crescere, economicamente ma anche moralmente da un punto di vista educativo.

    D. - Cosa fare di fronte a questa situazione così difficile?

    R. - Questo è il tempo per una chiamata alla responsabilità per il laicato cattolico. Abbiamo voluto mettere la settimana sociale sotto il segno di don Sturzo, partendo dall’appello per i Liberi e i Forti del 1919. Noi crediamo che questa responsabilità ce la dobbiamo assumere, altrimenti rischiamo davvero non tanto di essere irrilevanti ma di compiere un peccato di omissione verso il bene comune. Oggi il laicato cattolico, le comunità cristiane, l’associazionismo sono l’unica rete, non voglio essere presuntuoso, che regge in Italia, che si ritrova, che riflette. I partiti, i sindacati? Sì forse, gli industriali? Può darsi. Noi cattolici dobbiamo assumerci una grande responsabilità. I cattolici la smettano di lamentarsi della Chiesa, dei vescovi e davvero iniziamo ad assumerci in prima persona il rischio della responsabilità. Se non lo facessimo sarebbe un gesto molto grave verso il bene comune e verso la carità cristiana.

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    Nove milioni di bambini muoiono entro i primi 5 anni di vita per malattie spesso facilmente curabili

    ◊   Sono ancora nove milioni i bambini nel mondo che muoiono entro i primi cinque anni di vita. Secondo il rapporto decennale di “Countdown to 2015”, sponsorizzato dalle Nazioni Uniti e da altre agenzie internazionali, molto lavoro deve ancora essere fatto per ridurre di tre quarti la mortalità infantile entro cinque anni, come auspicato dagli “Obiettivi del Millennio”. Michele Raviart ha intervistato Francesco Aureli, portavoce di Save the Children, Ong che ha partecipato alla stesura del rapporto.

    R. - E’ un problema molto serio e molto grave che purtroppo si verifica principalmente al 97% nei Paesi in Via di Sviluppo, parliamo dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale. Noi parliamo di cause come la polmonite, la diarrea, la malaria, il morbillo. Gli interventi che sono necessari sono semplici, possono essere realizzati attraverso la dislocazione di cliniche di base o di centri sanitari. C’è bisogno di intervenire su quello che è l’igiene e quindi l’acqua potabile.

    D. – Ma sono obiettivi effettivamente raggiungibili?

    R. – L’obiettivo di ridurre di tre quarti la mortalità infantile entro il 2015, può essere fatto. Gli interventi dovrebbero essere finanziati dai Paesi occidentali che hanno preso degli impegni su questo e che purtroppo non stanziano i fondi necessari.

    D. – Una delle cause più frequenti dei decessi infantili, sembra rimanere l'Aids...

    R. – Sull’Aids si sono fatti degli enormi passi avanti, da quando il G8 ha istituito il Global Found per combattere l’Aids. La riduzione è stata molto forte nella gran parte dei Paesi dell’Africa che erano i Paesi con i più alti tassi di incidenza dell’Hiv. In questi Paesi c’è da stanziare almeno il 15% del budget nazionale a interventi di rafforzamento dei sistemi sanitari, che possono incidere sulle cause che sono relative alla trasmissione dell’Hiv.

    D. – Come l’impegno di Save the Children contribuisce al raggiungimento di questo obiettivo?

    R. – Noi di Save the Children ci stiamo adoperando con circa due miliardi e mezzo di dollari da qui al 2015 in questa campagna che si chiama “Everyone” che è una campagna mondiale che stiamo realizzando, e ci stiamo adoperando anche per far capire ai Paesi in Via di Sviluppo quali sono gli interventi da fare e ai Paesi occidentali anche quali sono gli interventi da finanziare e quanti fondi sarebbero necessari.

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    Bilancio positivo alla sessione del Segretariato attività ecumeniche a Chianciano

    ◊   Avvicinare confessioni diverse, cooperare al progresso dell’ecumenismo, riuscire a comprendere la diversità come un valore. Sono alcuni degli obiettivi della 47.ma sessione del Sae – il Segretariato attività ecumeniche -, che quest’anno ha scelto di confrontarsi sul tema “Sognare la comunione, costruire il dialogo. Cento anni di speranza ecumenica” in occasione del centenario della prima assemblea del movimento ecumenico, svoltasi a Edimburgo, in Scozia, nel 1910. L’incontro, che si conclude oggi, è stato anche occasione per riflettere sui principali ambiti di impegno: teologico, etico, missionario. Per un bilancio di questi giorni, Cecilia Seppia ha sentito Mario Gnocchi, presidente del Sae:

    R. - Un bilancio positivo, perché mi pare che si sia riusciti da una parte a guardare a questi 100 anni trascorsi dalla Conferenza di Edimburgo ad oggi con realismo, senza trionfalismi, ma registrando il cammino compiuto, i problemi ancora aperti, i traguardi raggiunti. Dall’altro, trarre da questo passato spunti di verifica per questo presente.

    D. - Nel titolo di quest’anno c’è questa frase: “Sognare la comunione”...

    R. - Nel “sognare” non abbiamo voluto esprimere qualcosa che allontani dalla realtà, ma il sogno come visione che ispira il cammino, il sogno profetico, perché sia la visione che apre la strada verso il futuro. D’altra parte abbiamo voluto dire, accanto a “sognare la comunione”, costruire il dialogo, perché ci pare che sia nel cammino ecumenico degli anni passati sia oggi, occorra coniugare questi due aspetti: da una parte la capacità di vedere oltre, dall’altra la pazienza di una costruzione quotidiana.

    D. - Nella sessione c’è anche un approfondimento sui rapporti con l’ebraismo. A che punto siamo, secondo lei?

    R. - Attualmente, anche questi rapporti conoscono delle difficoltà che vengono da tanti motivi. Mi pare, però, che sia sempre aperta questa strada. Da parte nostra, vogliamo percorrerla con un impegno costante e con fiducia.

    D. - La sessione passa anche in rassegna quelle che sono le pietre miliari del movimento ecumenico negli ultimi 100 anni, cioè dalla Conferenza di Edimburgo al Concilio Vaticano II. Ma si può rintracciare un filo rosso, un principio ispiratore tra questi eventi?

    R. - Certamente sì, perché sia il movimento ecumenico, nato in area protestante, sia poi l’apporto della Chiesa cattolica, a partire dal Concilio Vaticano II, muovono da una medesima visione: la possibilità di ritrovare una piena comunione, pur nella coscienza delle divisioni, che vanno affrontate con realismo e pazienza. Mi pare, però, che sull’uno e sull’altro fronte - così come da parte delle Chiese ortodosse - ci sia questa tensione verso una convergenza in Cristo, la ricerca di una comunione in Lui, perché siamo tutti una cosa sola.

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    La Chiesa celebra la memoria di Sant'Ignazio di Loyola

    ◊   “Signore, dammi il tuo amore e la tua grazia e questo mi basta”: scriveva così Sant’Ignazio di Loyola, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica. Per l’occasione, alle 19.00, il preposito generale dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolás, presiederà la Santa Messa nella chiesa romana del Gesù, dove si venera il corpo del Santo. Ignazio era nato nel 1491 a Loyola, nei Paesi Baschi. Ferito in guerra nel 1521, si dedicò alla lettura di un libro sulla vita di Gesù e dei Santi. Animato dal desiderio di seguire Cristo, nel 1523 scrisse gli “Esercizi spirituali”. In seguito, fondò la Compagnia di Gesù, approvata da Papa Paolo III nel 1540. Morì a Roma il 31 luglio del 1556. Ma qual è il cuore della spiritualità ignaziana? Isabella Piro lo ha chiesto al padre gesuita Lorenzo Gilardi, direttore della Casa per esercizi spirituali “Villa Santa Croce”, di San Mauro Torinese:

    R. – La spiritualità ignaziana è soprattutto un ricercare la volontà di Dio: conoscere, accogliere questo desiderio, questa aspettativa che Dio ha nei nostri confronti. Ed è per questo che la spiritualità ignaziana porta a sviluppare, nella persona che la assume e la vive, un atteggiamento contemplativo di scoprire la volontà di Dio in tutte le cose e di viverlo poi nell’azione: contemplazione nell’azione.

    D. – Oggi quale valore primario rappresentano gli Esercizi spirituali elaborati da Sant’Ignazio di Loyola?

    R. – Sant’Ignazio con gli esercizi svolge un servizio alla Chiesa, a tutta la Chiesa: gli esercizi sono per tutti. Gli esercizi spirituali sono un’esperienza di Dio, ma sono anche una pedagogia dell’esperienza spirituale: una pedagogia della ricerca della volontà di Dio, una ricerca della preghiera personale. Quindi, sono molto importanti e molto utili oggi, soprattutto per l’ambito europeo che è un ambito molto secolarizzato. Però noi sappiamo che sotto alla secolarizzazione c’è poi una domanda di trascendenza.

    D. – Sant’Ignazio fu un missionario anche in zone difficili, potremmo definirle “zone di frontiera”. Quale insegnamento trarre da questa sua esperienza?

    R. – Sant’Ignazio fu il cuore dell’attività missionaria della Compagnia di Gesù perché Sant’Ignazio fu veramente l’ispiratore di tutte le grandi missioni della Compagnia. Il grande ruolo di Sant’Ignazio per le missioni è stato quello di aver individuato le necessità, le urgenze, i bisogni più impellenti della Chiesa del suo tempo e aver inviato Gesuiti e missionari proprio in quelle zone. Quindi, il carisma di Sant’Ignazio è quello di Generale della Compagnia: cioè, una persona che ha colto le ispirazioni di Dio, ha letto le necessità e poi ha inviato i missionari. La situazione emblematica, quella più significativa, è l’invio di San Francesco Saverio in India: è stato veramente un momento carismatico.

    D. – Nel 1540 Sant’Ignazio fondò la Compagnia di Gesù. Sono passati 5 secoli da allora. Oggi quali sfide si trovano ad affrontare i Padri gesuiti?

    R. – Dopo cinque secoli, molte cose sono cambiate: la Chiesa è cambiata, ma la società è cambiata, la scienza ha fatto grandissime evoluzioni. Tuttavia, rimane un’ispirazione fondamentale che qualifica la Compagnia di Gesù e i Gesuiti ed è qualcosa di molto attuale, molto utile. Io direi che la Compagnia di Gesù è un ordine missionario, è istituito per aiutare le persone nel loro rapporto con Dio, a procedere verso Dio: cioè, aiutare la persona nella felicità eterna. Questo è il carisma che rimane ancora valido nella Compagnia: aiutare le anime nella loro crescita di fede, portarle a Dio e in questo aiutarle anche da un punto di vista integrale; aiutarle dal punto di vista spirituale, ma anche dal punto di vista materiale perché già al tempo di Sant’Ignazio, proprio nelle Costituzioni ignaziane, è presente la fondazione dei Collegi. Quindi, Sant’Ignazio ha guardato alla crescita della persona umana nella sua integralità, sia la crescita spirituale ma anche la crescita culturale: cioè, in tutto. Questo è il carisma della Compagnia di Gesù: far crescere la persona in tutto, nella sua integralità, e portarla fino a Dio.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 18.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù, rispondendo ad un uomo che gli chiedeva di fare da mediatore sull’eredità da dividere col fratello, invita a tenersi lontano da ogni cupidigia, perché la vita non dipende da ciò che si possiede. Racconta quindi la parabola di un uomo ricco che continua ad accumulare beni. Gesù conclude:

    “Dio gli disse: ‘Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?’. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Per accumulare fortune spesso rischiamo di farci scippare il cuore e la vita stessa, senza accorgerci. Una vita avvelenata per possedere sempre di più: la parabola del Vangelo sembra il ritratto di un sacco di gente. Gente mai contenta: più hanno e più vorrebbero, senza aver riguardo per nessuno, neanche per la propria coscienza. “Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”, ammonisce Gesù. Eppure per molti l’essere corrisponde al possedere: più hai e più ti senti importante, e ti credi in diritto di farti largo. E come usi i beni è affare tuo, e nessuno ti può criticare.

    E Dio allora finisce per essere un riferimento molto lontano, tanto ci sono i beni a fare da garanzia per il futuro. “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita”, conclude la breve parabola sull’accumulatore nevrotico. Di là non si portano ricchezze materiali, ma storie di condivisione e solidarietà, di amore al prossimo e vita donata per il bene altrui. Dove stanno le nostre sicurezze e le nostre ricchezze? Nei conti in banca o nelle speculazioni di borsa, oppure nei gesti di fraternità e nell’attenzione ai poveri? Un pensierino potremmo anche farlo...

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    Chiesa e Società



    Appello del Celam a Colombia e Venezuela: sia preservata la pace

    ◊   Con un appello di pace rivolto a Colombia e Venezuela sono terminati ieri in Bolivia, nella città di Cochabamba, i lavori del IX Incontro sulle comunicazioni, a cui hanno preso parte, oltre agli organizzatori dell’evento, il dipartimento stampa del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano) e i delegati delle Conferenze episcopali di diversi Paesi della regione, tra cui Ecuador, Colombia, Venezuela e Bolivia.“Consapevoli di essere al servizio della comunione - affermano i partecipanti all'incontro - ci uniamo agli appelli dei nostri pastori per chiedere alle autorità della Colombia e del Venezuela di preservare la pace e i buoni rapporti che caratterizzano la fratellanza tra questi popoli”. Per tre giorni, i partecipanti hanno condiviso esperienze sulla pastorale delle comunicazioni nel contesto del documento della Conferenza generale di Aparecida (2007) e della Missione continentale in corso in tutto il Paese da oltre un anno. Nel documento conclusivo si rileva l’importanza di mettere la comunicazione al servizio della missione e quindi a sostegno dell’incontro personale di ogni cristiano con Cristo. Perché una tale comunicazione possa essere adeguata – sottolineano i partecipanti – questa pastorale deve saper rispondere alle esigenze degli “scenari politici, economici e religiosi” e, in modo particolare, al dinamismo stesso delle comunicazioni odierne. “Le strategie della comunicazione”, si osserva, “devono favorire una maggiore diffusione e conoscenza della Buona Novella” e il punto fermo di questo sforzo deve essere il fatto che la “Chiesa, al tempo stesso che evangelizza, è evangelizzata” e così “comunica perché essa stessa è comunicazione”, comunione e condivisione. Si ricorda, inoltre, che una tale comunicazione è anche annuncio del Cristo, al quale è chiamato ogni discepolo che, essendo seguace del Redentore, è anche suo missionario. Durante l'incontro ci si è soffermati anche sui diversi aspetti riguardanti le nuove caratteristiche della comunicazione, dopo l’avvento della cosiddetta “era digitale” che, tra tante novità e sfide, ha introdotto quelle della tempestività e della globalità. Vale a dire che la comunicazione acquista valore aggiunto, se si verifica con immediatezza, e al tempo stesso supera ogni confine per diventare contenuto universale, planetario. (A cura di Luis Badilla)

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    Assemblea del Secam: teoria del genere, virus ideologico

    ◊   Si concluderanno domani ad Accra i lavori della 15.ma Assemblea plenaria del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), dove questa sera sarà presentato il documento finale. Questa mattina, al centro dei lavori, l’intervento di mons. Tony Anatrella, consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia e del Consiglio Pontificio della Pastorale della Salute. Il tema trattato da mons. Anatrella è stato “Caritas in veritate e la teoria del genere”. Per il presule di fronte alla destabilizzazione morale e antropologica, che genera il relativismo - dove la dimensione trascendente dello sviluppo è negata, e la verità piuttosto legata ad un sistema di potere - non c’è altro che l’insegnamento di “Caritas in veritate” per combattere questa ideologia. E’ proprio l’insegnamento di questa Enciclica che può costituire un anti-virus contro questo virus ideologico che è la teoria del genere - ha sottolineato mons. Anatrella. Ieri pomeriggio una delegazione di dodici partecipanti al Simposio, guidati guida dal cardinale Polycarp Pengo presidente del Secam e arcivescovo di Dar-es-Salaam, è stata ricevuta dal presidente della Repubblica del Ghana, che ha affermato la volontà del suo governo di continuare a lavorare con la Chiesa cattolica e con tutte le altre confessioni religiose per lottare contro la povertà nel suo Paese. Dal canto suo, il cardinale Pengo ha fatto presente al presidente che la Chiesa cattolica, ovunque si trovi, promuove lo sviluppo spirituale, morale e socio-economico dei popoli. Con i suoi mezzi, anche se modesti - ha aggiunto - contribuisce al benessere di ogni persona umana soprattutto nel campo dell’educazione, dell’agricoltura, della sanità e dei servizi sociali. Contribuisce, inoltre, alla creazione di scuole, ospedali, cliniche, strutture per persone anziane, orfanotrofi, centri per malati di Aids e lebbrosari. (Da Accra, padre Joseph Ballong)

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    I vescovi francesi: no alla discriminazione dei nomadi

    ◊   La Cappellania cattolica dei gitani e dei nomadi "non può accettare di vedere i rom e i nomadi vittime dei pregiudizi e delle generalizzazioni, capri espiatori designati delle difficoltà della nostra società, mentre ne sono spesso le prime vittime". È quanto si legge in un comunicato della cappellania, fondata all'indomani della Seconda guerra mondiale e strettamente legata alla Conferenza dei vescovi di Francia. Lo riferisce L’Osservatore Romano. La nota — a firma del vescovo di Vannes, Raymond Centène, responsabile della pastorale dei nomadi, e del vescovo di Belfort-Montbéliard, Claude Schockert, incaricato del Servizio nazionale per la pastorale dei migranti e delle persone itineranti — è stata redatta sull'onda delle reazioni provocate da quanto accaduto a Saint-Aignan (Loir-et-Cher) dove la settimana scorsa una gendarmeria è stata assaltata e le case vicine danneggiate da nomadi che hanno reagito in maniera violenta alla morte di Luigi Duquenet, membro della loro comunità, ucciso da un agente dopo aver forzato un posto di blocco. Dopo aver sottolineato la propria fiducia nei confronti delle persone incaricate di fare luce, "con rigore ed equità", sulle violenze commesse, i vescovi affermano che l'aver posto l'insieme dei nomadi, così come dei rom, sotto il fuoco dei riflettori mediatici e politici, è servito "da pretesto a generalizzazioni affrettate e a una recrudescenza della stigmatizzazione di cui sono vittime queste popolazioni". La Cappellania cattolica dei nomadi (in Francia compresi nella denominazione gens du voyage) fa suo il comunicato stampa diffuso da quattro movimenti, tra i quali l'Associazione nazionale dei nomadi cattolici, organismo che collabora con il Servizio nazionale per la pastorale dei migranti e delle persone itineranti. Nel comunicato si chiedono «risposte pubbliche» per risolvere una situazione quotidiana di grandi disagi e far valere il diritto a fermarsi, a viaggiare, alla scolarizzazione, al lavoro, alla salute e alla cittadinanza. Mercoledì scorso il Governo francese ha dedicato alla questione un vertice, presieduto dal capo dello Stato, Nicolas Sarkozy, al termine del quale è stato deciso che il 50 per cento dei campi nomadi illegali (circa trecento) verrà smantellato entro tre mesi e che tutti i gitani che si saranno macchiati di crimini saranno espulsi in modo "quasi immediato". Parigi intende inoltre inviare dieci ispettori nei campi rom per controllare la situazione da un punto di vista fiscale. La Francia pensa infine a uno scambio di agenti con Romania e Bulgaria, i due Paesi dell’Unione europea da cui proviene la maggioranza dei nomadi, allo scopo di migliorare il contrasto della delinquenza. Il giro di vite — duramente contestato dai partiti dell'opposizione e da molte associazioni che si battono per i diritti umani — è stato annunciato dal ministro dell’Interno, Brice Hortefeux, presente alla riunione assieme al ministro della Giustizia, Michelle Alliot-Marie, al collega all’Immigrazione, Eric Besson, al segretario di Stato per gli Affari europei, Pierre Lellouche, e ai capi della polizia e della gendarmeria. Obiettivo era fare il punto sui "problemi che pongono i comportamenti di alcuni nomadi e rom", alla luce dei recenti scontri a Saint-Aignan, e decidere così lo sgombero dei campi illegali. La sinistra denuncia la "spirale xenofoba" e la politica "offensiva" del Governo, mentre organizzazioni non governative parlano di discriminazioni basate su "vecchi stereotipi". Misure che "fomentano il veleno dell’odio nella società francese". I vescovi si dicono convinti che il rimedio alla paura e all'insicurezza non si trovi in una "stretta" da realizzare a livello di ordine pubblico ma passi attraverso "un'azione di ampio respiro alimentato dal rispetto e dalla conoscenza reciproca". Da qui l'appello - che conclude il comunicato della Cappellania cattolica dei gitani e dei nomadi - "ai fratelli e alle sorelle in Cristo e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà a congiungersi sul cammino del 'vivere insieme', testimonianza possibile di un avvenire condiviso e di una società pacificata".

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    Il cardinale Rouco Varela: promuovere una cultura della vita che rispetti i diritti dei più indifesi

    ◊   “Una cultura che non promuove la vita, che non la rispetta” rappresenta un suicidio. È quanto ha riferito il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, a conclusione del corso su “L’immenso valore della vita umana”, svoltosi ad Aranjuez, su iniziativa dell’Università Re Juan Carlos e in collaborazione con l’Università Cattolica di Valencia. “La speranza della nostra cultura – ha detto il porporato – ha un nome: vita umana”, messa però in questione dalle sfide del “pluralismo culturale”. Di qui la necessità di promuovere “una cultura della vita”, come esortava a fare lo stesso Giovanni Paolo II, in una Spagna in cui “la cultura si è formata con il cristianesimo”, che ha segnato “la storia individuale e collettiva” del Paese. Nel contesto culturale attuale, invece – riprende l’agenzia Sir – il “diritto alla vita” viene minacciato dalla “negazione del carattere trascendente della persona umana”. “Affinché una cultura esista e abbia futuro" - ha sottolineato - occorre considerare "preziosa la vita umana”, mentre il basso indice di natalità e il decrescente tasso di nuzialità provocano “una confusione intellettuale ed etica senza precedenti rispetto alla verità del matrimonio e della famiglia, come pure una negazione impressionante del diritto alla vita dei più indifesi: i concepiti, i malati terminali e gli anziani”. (C.F.)

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    Violenze anticristiane in Iraq: rapito a Kirkuk un cristiano caldeo

    ◊   Un cristiano caldeo è stato rapito, ieri sera, a Kirkuk da un gruppo di armati. Lo hanno riferito fonti locali dell’agenzia AsiaNews. Yonan (Jonas) Daniel Mammo, di circa 50 anni, è sposato, ha due figlie e fa l’impiegato in un ufficio di cambi. Mentre stava chiudendo l’ufficio nel quartiere di Almas, si sono avvicinate tre persone armate che, scese dall’auto, lo hanno rapito. Dopo due ore dal sequestro, l’uomo ha telefonato alla moglie riuscendo solo ad informarla del rapimento. L’ipotesi più accreditata è che alla base di tutto vi sia un tentativo di estorcere denaro alla famiglia, che non ha tuttavia particolarità disponibilità finanziarie. L’arcivescovo caldeo, mons. Louis Sako, ha preso contatti con i responsabili religiosi della città e con il governo. Nel Paese sono sempre più frequenti violenze contro i cristiani e contro la popolazione in genere, a causa del vuoto di potere. A quattro mesi dalle elezioni, i partiti non riescono ancora a formare un governo. “Il Paese vive nel buio e in questa situazione i gruppi di saccheggio e i criminali si rafforzano sempre più”. La settimana scorsa nel centro della città è stato ucciso un colonnello turkmeno insieme a suo figlio. “Per i cristiani irakeni, essere testimoni vuol dire anche essere martiri”. (C.F.)

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    Santuario di Loyola: grande festa per Sant'Ignazio

    ◊   Il Santuario di Loyola – all’interno del quale si conserva la casa dove é nato Sant’Ignazio – diventa in questi giorni il centro della vita religiosa dei Paesi Baschi, in Spagna. La celebrazione acquista quest’anno un interesse speciale per la commemorazione del V centenario della nascita di San Francesco Borja che, una volta diventato gesuita, si é ritirato nei Paesi Baschi ed ha celebrato la sua prima Messa proprio nell’oratorio della casa-torre della famiglia Loyola, il 1 agosto del 1551. Oggi, 31 luglio, la cerimonia liturgica della festività di Sant’Ignazio ha avuto luogo nella città di Azpeitia, il comune al quale appartiene il Santuario di Loyola. Alla presenza di autorità regionali e locali, il vescovo di san Sebastián, mons. José Ignacio Munilla, ha presieduto una solenne eucaristia animata musicalmente da due grandi gruppi corali della città. Nella sua omelia, mons. Munilla ha sottolineato il fatto che al centro della celebrazione si trova la Santità di Ignazio di Loyola. “Oggi, sotto l’influsso di una mentalità che cerca soprattutto l’utilitarismo, siamo tentati di pensare che la santità non è redditizia e che non ha futuro. La realtà, invece, è ben diversa”, ha detto il vescovo. Ricordando una nota preghiera di Sant’Ignazio, mons. Munilla ha affermato che all’origine della santità c’é sempre la rinuncia alla nostra volontà, consegnandola nelle mani di Dio. Non é stato facile per Ignazio di Loyola conoscere la volontà di Dio sulla strada che lui doveva percorrere dopo la sua conversione. La risposta a questa ricerca è venuta quando egli si è messo a disposizione del Vicario di Cristo a Roma. Alla luce dell’esempio di Ignazio di Loyola, il vescovo di San Sebastiàn ha poi concluso che il suo messaggio è necessario per la vita della Chiesa cattolica ai nostri giorni. “Anzi, direi che diventa fondamentale, se non vogliamo cedere al relativismo attuale e alla nostra soggettività. Il carisma ignaziano ci libera dalla tentazione di creare un dio a misura d’uomo, una religione alla carta”. Domani avrà luogo un'altra solenne celebrazione liturgica, stavolta nella Basilica del Santuario di Loyola. Come di consueto, é prevista la presenza delle autorità regionali e locali, e di numerosi sacerdoti. L’Eucaristia sarà presieduta da mons. José Ignacio Munilla, vescovo della diocesi di San Sebastián. Da parte sua, la città di Azpeitia commemora quest’anno il 700.mo anniversario della sua fondazione ed il quarto centenario della proclamazione di Sant’Ignazio come patrono della città. Migliaia di pellegrini fanno oggi visita al Santuario di Loyola dalla mattina alla sera ed i giornali regionali offrono numerosi articoli, tutti molto positivi, sulla personalità di Sant’Ignazio e della Compagnia di Gesù. (A cura di padre Ignazio Arregui)

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    Ong cattolica in India per combattere il lavoro minorile

    ◊   “Hand in hand” è il nome di un'Ong caritativa che si sta adoperando per sconfiggere la piaga del lavoro minorile, fornendo un’educazione ai bambini e un lavoro alle madri nel distretto di Kancheepuram, nel Tamil Nadu, India del Sud. Lo rende noto l’agenzia Asianews. "Hand in hand" è un’associazione, registrata in modo ufficiale nel 2002, che dal 1984 mira a eliminare il problema della povertà in India. Dopo aver compreso che il lavoro minorile è una delle piaghe principali della povertà, l’associazione si è impegnata nel tentativo di curarla. Il lavoro dell’Ong si concentra in cinque punti: micro-credito, educazione, salute, centri per i cittadini e trasparenza. In India ci sono più di 420 milioni di poveri. A New Delhi si vieta il lavoro ai bambini sotto i 14 anni, ma non si riesce a contrastare il fenomeno. Secondo il governo, sarebbero 12 milioni i bambini lavoratori. Queste cifre sono però ritenute poco attendibili dall’Onu, che stima il numero reale tra gli 85 e i 100 milioni. “Uno dei nostri primi progetti in India è stato a Kancheepuram, famoso per le industrie della seta”, ha dichiarato il cattolico Santhus Gnanapragsam, capo del progetto ed ex membro della Caritas in India per 20 anni. “Oggi non si trova neanche un bambino che lavora”. Dopo una serie di ricerche, Hand in hand ha scoperto che spesso i genitori mandano a lavorare i figli per guadagnare qualche rupia e contribuire così ai proventi della famiglia. L’Ong, tramite corsi di formazione in imprenditoria e prestiti, ha permesso alle madri di famiglia di intraprendere piccole e medie attività economiche. “Dopo aver fatto queste cose – afferma Gnanapragsam – abbiamo chiesto alle madri di risparmiare ai bambini il lavoro e di mandarli a scuola. A Kancheepuram è stato un successo”. "Hand in hand" ha anche aperto sette scuole gratuite nel distretto per educare i bambini soggetti al lavoro minorile dalle elementari al college. Oggi, l’associazione ha ben 600 impiegati ed è impegnata in quattro Stati: Tamil Nadu, Pondicherry, Karnataka e Madhya Pradesh. (C.F.)

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    Concluso in Turchia il viaggio di amicizia di Rondine nel Caucaso del sud

    ◊   “Siamo pronti a collaborare con voi”, ha dichiarato Nurdan Bayraktar Golder, capo del dipartimento del Caucaso del sud presso il Ministero degli Esteri turco, durante l’incontro con la delegazione di Rondine Cittadella della Pace. Si è così concluso nella capitale turca il “viaggio di amicizia” intrapreso dall’associazione per promuovere i 14 punti per la pace nel Caucaso. “È davvero molto importante l’attività che state facendo, soprattutto nel Caucaso del sud” – ha continuato la Golder – “la nostra visione combacia con la vostra, la Turchia è impegnata attivamente in progetti di pace nell’area”. Forte il sostegno anche da parte delle autorità locali, come del vicesindaco di Ankara, Omer Vural, che si è detto pronto a collaborare con l'associazione "Rondine" per la realizzazione di progetti volti a promuovere una cultura di pace e di tolleranza. “Emozioni e azioni concrete hanno caratterizzato questo viaggio che rafforza la credibilità di Rondine in tutto il Caucaso” – ha commentato il presidente, Franco Vaccari – “ponendo all’attenzione della pubblica opinione il Documento in 14 punti come strumento praticabile fin da subito, per nuovi gesti di dialogo e di convivenza pacifica”. Incontri politici, accademici e religiosi hanno segnato le intense giornate del viaggio di amicizia, ponendo le basi per la selezione del primo studente azero, tra i giovani sfollati del conflitto in Nagorno Karabakh. Il primo confine attraversato è stato quello della Georgia, dove "Rondine" ha rafforzato i suoi storici legami di fiducia e amicizia con le diverse autorità. L’attraversamento della “red line” in Abkhazia con gli studenti di tutte le parti in causa è stato il risultato più significativo della diplomazia popolare che "Rondine" promuove come risposta ai conflitti. Il viaggio è poi proseguito in Armenia, dove è stato annunciato l’arrivo del primo studente di Yerevan alla Cittadella della Pace e sono state avviate le procedure per la selezione del primo giovane armeno residente nel Nagorno Karabakh. Oltre alle udienze con il Patriarca Bartolomeo I e con il vice Muftì, a Istanbul, la delegazione ha incontrato il vice-rettore della Galatasaray University, prof. Şakir Ersoy. (C.F.)

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    200 giovani romani in pellegrinaggio a Santiago de Compostela

    ◊   “Spogliarsi delle proprie certezze e mettersi in marcia”. Con queste parole don Maurizio Mirilli, direttore del servizio per la pastorale giovanile della diocesi di Roma, spiega il “senso” del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, che 200 giovani, provenienti da una trentina di parrocchie romane, compiranno dal 15 al 22 agosto. “Una tappa significativa quella che abbiamo scelto questa estate, perché questo è l’Anno giubilare giacobeo; una ricorrenza che cade quando la festa del Santo, il 25 luglio, coincide con la domenica”, ha riferito don Mirilli. Ad apertura del pellegrinaggio – riferisce l’agenzia Sir – sarà celebrata una Messa vespertina nel monastero di Oseira, antico luogo di preghiera a 60 Km da Compostela. Il giorno dopo i partecipanti, divisi in quattro gruppi, inizieranno il cammino che li condurrà a Santiago attraverso quattro differenti itinerari: “Camino primitivo”; “Via de la Plata”; “Camino de Frances” e “Camino Portugues”. “Saranno giornate intense per i ragazzi – afferma il direttore del servizio diocesano – che ogni giorno percorreranno 25 Km, durante i quali rifletteranno nel silenzio su cosa il Signore chiede alla loro vita”. Al settimo giorno di cammino, tutti i gruppi si rincontreranno per una veglia comunitaria sul Monte do Gozo, alle porte di Santiago. (C.F.)

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    24 Ore nel Mondo



    Italia: scambio di accuse tra Berlusconi e Fini dopo la rottura

    ◊   Sempre in primo piano situazione politica italiana. Scambio di accuse fra Berlusconi e Fini dopo lo strappo in seno al Pdl. Sostegno al governo, invece, dai ministri fedeli al presidente della Camera, che ha ribadito che non si dimetterà. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    E’ ancora scontro verbale tra i due cofondatori del Pdl a dominare la giornata, caratterizzata anche dal dibattito sulle possibili elezioni anticipate evocate da alcuni quotidiani e dal rifiuto di Casini, dell’Udc, di creare possibili alleanze per recuperare deputati dopo lo strappo dei finiani, con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha chiesto di “salvaguardare la continuità istituzionale”. Berlusconi al vertice di ieri sera del Pdl ha tuttavia ripetuto che i numeri per continuare a governare ci sono. Sembra poi che il partito abbia rinviato a dopo Ferragosto la decisione sulla sorte dei ministri finiani, che comunque hanno garantito il proprio appoggio all’esecutivo. Nell’incontro di ieri con la stampa, Fini ha affermato che i parlamentari aderenti al nuovo gruppo denominato “Futuro e Libertà per l'Italia” sosterranno lealmente “il governo ogni qualvolta saranno prese scelte nel solco del programma”, avvertendo però che non esiteranno a contrastare le scelte ingiuste. “E' stata scritta una brutta pagina nella storia del centrodestra e della politica italiana, ha detto ancora Fini che ha accusato il premier di essere illiberale. Berlusconi ha risposto che il presidente della Camera ha iniettato il “virus della disgregazione” e lo ha invitato nuovamente a dimettersi, come fece Pertini – ha aggiunto - nel 1969 in occasione di una crisi analoga all’interno del Partito socialista. L’ex leader di An ha ripetuto però che non lascerà lo scranno più alto di Montecitorio, spiegando che il suo ruolo consiste nel “garantire il rispetto del regolamento e non la tenuta della maggioranza”. Inascoltata, per il momento, la richiesta delle opposizioni che, dopo aver parlato di crisi di governo, hanno invitato Berlusconi a riferire della questione in Parlamento.

    Appello del presidente Napolitano
    Servono “rigorose regole deontologiche per i magistrati” per fare in modo che il sistema giustizia e la magistratura riacquistino “prestigio e consenso tra i cittadini”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, durante la cerimonia al Quirinale per l’insediamento del nuovo Consiglio Superiore della Magistratura. Napolitano ha anche lanciato un monito sui fenomeni di corruzione precisando che spetterà ai magistrati accertarne la "rilevanza penale".

    Crollo di una palazzina ad Afragola
    Tre morti. Questo il bilancio del crollo di una palazzina avvenuto stanotte ad Afragola, nel napoletano. I vigili del fuoco sono riusciti ad estrarre viva dalle macerie una bambina di 10 anni. Le vittime sono la nonna della piccola, un uomo e sua moglie. Tre immigrati, dati inizialmente per dispersi, non si trovavano nello stabile al momento del disastro, che, secondo le prime notizie, sarebbe stato provocato da un cedimento strutturale, dovuto a notevoli infiltrazioni di acqua.

    Medio Oriente
    Medio Oriente. Un leader militare di Hamas ha perso la vita durante raid compiuti la notte scorsa dall’aviazione israeliana su Gaza, in rappresaglia al razzo lanciato ieri dagli estremisti palestinesi sulla città di Ashkelon. L’operazione, contro strutture del gruppo fondamentalista, ha provocato anche 8 feriti. E un appello allo Stato ebraico ad allentare il blocco sulla Striscia è arrivato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ieri ha incontrato a New York il ministro della Difesa Israeliano Barak, chiedendo inoltre il congelamento dell’espansione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania.

    Terremoto in Iran
    In Iran nuova scossa di terremoto, di 5,8 gradi sulla scala Richter, nella zona sud orientale del Paese. Non si hanno per il momento notizie di vittime o danni. Solo ieri, nel nord-est, un altro sisma ha provocato oltre 270 feriti. Intanto, nel Paese, tre uomini sono stati impiccati, nei giorni scorsi, per traffico di stupefacenti. Lo riporta la stampa locale precisando che sono almeno 97 le persone giustiziate dall’inizio dell’anno.

    Pena di Morte: alla Cina il primo posto per le esecuzioni capitali
    Circa cinquemila le condanne a morte eseguite in Cina, che si conferma il Paese con il maggior numero di esecuzioni: l’88 per cento di oltre cinque mila 600 casi registrati nel 2009. Al secondo posto c’è l’Iran, al terzo l’Iraq. A seguire Arabia Saudita e Yemen. Ad affermarlo è l’ultimo rapporto dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, presentato oggi a Roma. Il documento segnala un lieve calo delle esecuzioni rispetto al 2008. Molti Stati non forniscono dati ufficiali e che dunque le cifre potrebbero essere più elevate.

    Libano
    In primo piano nella regione mediorentale lo storico vertice di ieri a Beirut alla presenza del re saudita Abdullah e del presidente siriano Bashar el Assad e quello libanese Sulemiman. La stampa locale esprime qualche perplessità sull’effettivo buon esito del summit che, ufficialmente, ha rilanciato l’impegno saudita e siriano per la stabilità del Libano in vista della possibile incriminazione di Hezbollah, da parte del Tribunale speciale per il Libano, per l’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri nel 2005. Dunque possono dirsi definitivamente appianate le storiche divergenze tra Damasco e Beirut legate soprattutto all’omicidio Hariri? Gabriella Ceraso ha raccolto il parere de Antonio Ferrari, editorialista e inviato speciale del Corriere della Sera:

    R. - Tutto questo è estremamente bizzarro. Mi chiedo come sia possibile che prima siano tutti addosso alla Siria e poi, improvvisamente, tutto si acquieta, alla vigilia di un processo. Tutto si orienta verso un gruppo. Un gruppo che è filo-siriano, ma è soprattutto sostenuto dall’Iran. Addirittura annuncia, esso stesso, di essere al centro di questa vicenda. Credo che si voglia appianare tutto. Staremo a vedere. Non si toglie nulla all’importanza storica dell’incontro, che è straordinario, però dall’altra parte i dubbi - per chi ha ancora rispetto della ragione - restano.

    D. - Al summit, ieri, si è parlato anche della questione palestinese. La soluzione di due Stati è l’unica, hanno ribadito tutti e tre gli interlocutori, per portare stabilità nella regione. Questo summit ha aggiunto un tassello al cammino della pace?

    R. - Ci sono dei passi avanti: c’è la volontà di Obama, ci sono le spinte della Lega araba, ci sono le incertezze del presidente palestinese Mahmud Abbas. Shimon Peres, il presidente israeliano, avrebbe mandato un suo emissario a parlare con Erekat - che è uno dei dirigenti dell’autorità nazionale - per dirgli di non accettare colloqui diretti, perché non ne caverebbero un ragno dal buco. E’ tutto un movimento talmente complesso che fa pensare che il conflitto israeliano-palestinese sia ben lungi da poter, non dico essere risolto, ma almeno imboccare la strada che porta verso la soluzione.

    Tensione tra Venezuela e Colombia
    Nuovo capitolo nel braccio di ferro tra Venezuela e Colombia. Il presidente venezuelano Chavez ha annunciato lo schieramento di truppe al confine, nel timore di un attacco da parte di Bogotà che accusa Caracas di sostenere la guerriglia colombiana. Intanto, in Colombia, proprio le Farc hanno proposto al neo presidente eletto Santos, di avviare colloqui per trovare una soluzione al lungo conflitto interno.

    Cuba
    Fidel Castro si e' ripreso "in pieno" dopo la lunga convalescenza. Lo ha affermato lo stesso ex presidente cubano che ha parlato per la prima volta in pubblico del suo stato di salute, in un incontro con i giovani comunisti cubani.

    Rappresentante Usa alle celebrazioni di Hiroshima
    In Giappone. Il governo nipponico ha accolto con soddisfazione la decisione degli Stati Uniti di inviare un proprio rappresentante in occasione del 65.mo anniversario dal bombardamento atomico di Hiròshima. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:

    La notizia era nell’aria da tempo, ma adesso sono giunte tutte le conferme del caso. Alle 8.15 del mattino del sei agosto prossimo anche l’ambasciatore Usa John Roos sarà ad Hiroshima per il memoriale della pace. E’ la prima volta, in 65 anni, che Washington invia un proprio rappresentante ufficiale. Il dipartimento di stato ha specificato che Roos parteciperà all’evento per esprimere rispetto per tutte le vittime della Seconda Guerra mondiale. L’emissario di Washington dovrebbe deporre pure una corona di fiori nel corso della cerimonia in ricordo dello scoppio della prima bomba atomica, che provocò la morte di oltre 140 mila persone. Il presidente Obama ha promesso di visitare Hiroshima prima della scadenza del suo mandato. Nelle scorse settimane, la questione delle basi militari Usa ad Okinawa - in territorio giapponese - ha assestato il colpo definitivo al governo del premier Otoyama costretto poi alle dimissioni. Gli esperti ritengono che in novembre, dopo l’elezioni di mezzo termine negli Stati Uniti, le due diplomazie dovranno affrontare il problema.

    Usa immigrazione
    In Arizona si terrà a novembre l’udienza d’appello alla sentenza della Corte Federale che ha bloccato le parti fondamentali della legge sull'immigrazione illegale. Lo ha stabilito il tribunale di San Francisco che ha negato la richiesta di esaminare rapidamente il caso avanzata dalla governatrice repubblicana dell’Arizona.

    Marea Nera
    La Camera statunitense ha bocciato la moratoria di 6 mesi alle trivellazioni offshore voluta da Barack Obama, malgrado la netta maggioranza democratica. Il testo passa ora in Senato, dove i democratici hanno un solo voto di scarto. Intanto il neo leader della Bp, Dudly, si è detto fiducioso sulla possibilità di bloccare definitivamente la falla nel Golfo del Messico entro lunedì o martedì. Ribadito inoltre il massimo impegno sul fronte dei risarcimenti per i danni provocati dalla Marea Nera.

    Obama-Chrysler
    Visita agli stabilimenti della Chrysler di Detroit per il presidente statunitense Obama accolto dall’amministratore delegato del gruppo Marchionne. Il capo della Casa Bianca ha ieri lodato il lavoro dell’azienda e ha difeso il piano di sostegno al settore varato dalla sua amministrazione, che – ha detto – ha consentito il salvataggio di un milione di posti di lavoro.

    Darfur
    Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che estende di un anno, al luglio 2011, la missione di Peacekeeping, Unamid, in Darfur. La priorita' ora, detta la nuova risoluzione, e' quella di proteggere i civili e gli operatori umanitari impegnati nella consegna degli aiuti. Il Consiglio ha anche condannato il recente esplodere della violenza nell'area e ha sollecitato Khartoum a non ostacolare il lavoro della missione.

    Somalia
    L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha condannato il ''protrarsi dei combattimenti indiscriminati in Somalia'' e ha chiesto all'Arabia Saudita di bloccare la pratica di ''rimpatri forzati'' di profughi somali. Solo a giugno, si legge in un comunicato, sono stati espulsi dal regno circa mille somali e a luglio ne sarebbero già stati rimpatriati altrettanti.

    Cina
    Almeno quindici vittime in Cina per un’esplosione in una miniera di carbone nel nord del Paese. Una ventina i feriti, alcuni in gravi condizioni. Le autorità locali, citati dall’agenzia nuova Cina, temono che il bilancio possa aggravarsi. Sul posto sono al lavoro le squadre di soccorso.

    Funerali a Duisburg
    Migliaia di persone a Duisburg, in Germania, per i funerali delle vittime provocate dalla calca nella 'Love Parade' di sabato scorso, dove hanno perso la vita 21 persone. Presenti al rito il cancelliere Angela Merkel, il presidente, Christian Wulff, e i rappresentanti delle istituzioni regionali. Assenti invece il sindaco della città e l’organizzatore della manifestazione per ragioni di sicurezza e per rispetto delle vittime, hanno spiegato entrambi.

    Russia
    Il ministro della Difesa russo ha annunciato l’impiego, nella zona centrale del Paese, di 240 mila soldati e di 300 mila mezzi militari per spegnere i numerosi incendi provocati dall’insolito caldo che imperversa da giorni nell’area. Ieri il presidente Dmitri Medvedev aveva ordinato all'esercito il massimo impegno contro i roghi, che ormai interessano oltre 120 mila ettari. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 212

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