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Sommario del 19/07/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Le parole del Papa all'Angelus. Mons. Bruno Forte: il vero riposo è riempirsi della presenza di Dio
  • La Santa Sede: troppo grandi le disuguaglianze nell'Ue, intollerabile crescita della disoccupazione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il vescovo di Locri alla 'ndrangheta: nessun legame tra religione e criminalità
  • Afghanistan: nuovi attacchi alla vigilia della Conferenza dei donatori
  • Messico: l'ombra dei narcotrafficanti dietro la strage di Torreón
  • Abruzzo: nuove scosse, povertà e molte incertezze per il futuro
  • Ad Arquata del Tronto pubblica ostensione di una copia della Sindone
  • Si è spento il giornalista Mino D'Amato
  • Chiesa e Società

  • E’ morta in India suor Nancy Pereira, la suora della “Banca per i poveri”
  • India: proseguono le violenze anticristiane nello Stato dell’Orissa
  • Pakistan: proteste di cristiani e musulmani per lo stupro di un'infermiera cattolica
  • Rilasciati in Pakistan due cristiani accusati di blasfemia, ma resta la paura
  • Cina: consacrato il vescovo coadiutore di Yan’an
  • Bicentenario del Cile: il cardinale Errázuriz avanza una proposta di indulto
  • I vescovi centroamericani per una riforma migratoria
  • Conferenza internazionale di Vienna sull’aids: molti i temi in agenda
  • Accordo di collaborazione tra l’Unione Africana e la Comunità di Sant’Egidio
  • Il “Viaggio dell’Amicizia” di Rondine nel Caucaso giunge nell’Azerbaijan
  • Il Patriarca di Venezia: il vero amore vuole il "per sempre"
  • Messico: i vescovi plaudono alla pubblicazione delle nuove “Norme sui delitti più gravi”
  • Sud Corea: sì della Chiesa al codice governativo sul fine vita
  • Filippine: una Bibbia scritta a mano e in differenti lingue per unire i cristiani del Paese
  • Uganda: la Caritas di Gulu porta Internet nelle zone rurali del nord
  • India: moneta commemorativa per il centenario della nascita di Madre Teresa di Calcutta
  • Australia: per il “Progetto Compassione” donati alla Caritas oltre 9 milioni di dollari
  • Al via a Lione il convegno ecumenico internazionale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Grecia: ucciso giornalista. Stava indagando sui legami tra mafia e imprenditoria
  • Il Papa e la Santa Sede



    Le parole del Papa all'Angelus. Mons. Bruno Forte: il vero riposo è riempirsi della presenza di Dio

    ◊   Le parole pronunciate ieri da Benedetto XVI all’Angelus invitano a vedere nel tempo del riposo un’occasione propizia per mettere al primo posto l’ascolto della Parola di Dio. Il Papa si è soffermato sul brano evangelico della visita di Gesù a Marta e Maria. Marta è indaffarata e impegnata nel riordinare la casa. Maria, rapita dalla presenza di Gesù, si mette invece ai suoi piedi e lo ascolta. Maria - ha detto il Santo Padre - ci ricorda che l’uomo ha bisogno prima di tutto di Dio. Queste parole del Papa riflettono una concezione profondamente biblica, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte:
     
    R. – Nella Bibbia, sin dal racconto dell’opera creatrice di Dio, c’è il tema del riposo sabbatico, cioè di quel tempo che Dio stesso si dona rispetto all’opera dei sei giorni. Ora, come Dio ha sentito il bisogno del riposo al settimo giorno, così il settimo giorno dev’essere il giorno del riposo sull’esempio del risposo di Dio. Allora, il grande modello sabbatico della tradizione biblico-ebraica è il modello di un riposo che sia ricco di senso, ricco di presenza di una operosità diversa ma non meno feconda. Muovendo in questa tradizione, la teologia cristiana concepisce il tempo del riposo come tempo non del non-far-niente, ma del fare diversamente, un fare che prenda profondamente il nostro cuore, che lo apra a dimensioni più vere, più belle e dunque che dia uno spazio privilegiato all’esperienza dell’ascolto e della bellezza dell’incontro con Dio.

     
    D. – Cosa rappresentano Marta e Maria nella vita di un cristiano?

     
    R. – Maria si autoconcepisce – ed è riconosciuta da Gesù – come discepola. E' questa una cosa molto importante perché fa capire come Gesù considerasse l’uomo e la donna assolutamente su un piano di parità, dal punto di vista della dignità dell’essere personale. E quindi c’è un primo messaggio molto bello, che è proprio quello della dignità della donna. Poi, c’è un secondo significato. Rispetto a Marta, che si perde nelle tante cose da fare, Maria concentra la sua attenzione sulla persona di Gesù. Il messaggio è chiaro: non è che bisogna trascurare le cose da fare per l’altro, ma bisogna mettere innanzitutto al centro la persona dell’altro. Mi sembra che il tempo del riposo possa essere un tempo in cui riscoprire la centralità delle persone con cui ci relazioniamo. Rispetto a rapporti meramente funzionali, quali sono spesso quelli della vita quotidiana, della vita lavorativa, il riposo fa riscoprire la relazione alla persona, la gratuità dell’ascolto e del dono.

     
    D. – Questa pagina evangelica – aggiunge il Papa – è anche molto intonata con il tempo delle ferie: la persona deve impegnarsi nelle occupazioni domestiche e professionali, ma prima di tutto ha bisogno di Dio …

     
    R. – L’uomo si realizza veramente quando non si distrae da Dio. Tale distrazione è perdita, è caduta. Ma si realizza pienamente quando il suo cuore, che è nostalgia di Dio, si riempie della Sua presenza, della grazia dell’ascolto, delle Sue parole e del Suo silenzio. Il vero riposo è riempirsi della presenza di Dio e gioire di questo ascolto in cui le Sue parole, il Suo silenzio ti raggiungono, ti sciolgono dentro i nodi dell’anima, ti danno quella luce e quella pace di cui hai profondamente bisogno per essere te stesso e mettere la tua vita a disposizione degli altri.

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    La Santa Sede: troppo grandi le disuguaglianze nell'Ue, intollerabile crescita della disoccupazione

    ◊   Si è svolto oggi a Bruxelles l’annuale vertice delle istituzioni europee con i leader religiosi sul tema dell’Anno Europeo 2010 dedicato alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale; l’incontro è stato presieduto dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, insieme ai presidenti del Consiglio Europeo, Herman van Rompuy e dell’Europarlamento, Jerzy Buzek. Hanno preso parte alla riunione una ventina di responsabili cristiani, ebraici e musulmani ed esponenti delle comunità sikh e dell’induismo di 14 Stati membri dell’Ue. Da parte cattolica erano presenti i presidenti del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, il cardinale Péter Erdő, e della Commissione degli episcopati della Comunità Europea, il vescovo Adrianus van Luyn, l’arcivescovo Stanislav Zvolenský, a capo dell’Episcopato slovacco, e Flaminia Giovanelli, sotto-segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il servizio di Roberta Barbi.
     
    Un mondo "in cui vivono fianco a fianco i ricchi e miserabili, le persone che non hanno nulla, che sono prive anche dell’essenziale, e le persone che gettano via senza ritegno ciò di cui altri hanno un bisogno disperato”; si tratta di "una disuguaglianza troppo grande e purtroppo in crescita": è questa la fotografia che nell’incontro con le istituzioni europee fa del vecchio continente Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. I dati forniti non lasciano molto spazio all’interpretazione: 85 milioni di persone nell'Ue (17%) vivono sotto la soglia di povertà; nel contesto di una crisi economica e finanziaria che si sta rivelando come una "crisi strutturale, una crisi di valori e una crisi di fiducia", visto anche il calo della popolazione, i disoccupati sono in preoccupante aumento. La mancanza di lavoro - ha detto Flamina Giovanelli - "causa primaria di esclusione sociale ... ha raggiunto proporzioni intollerabili. Intollerabile non solo per il numero di disoccupati che continuano a crescere" ma anche per il numero di “lavoratori poveri”, 15 milioni (l'8% dei lavoratori nell'Ue) che non riescono ad assicurare "una vita dignitosa a se stessi e alle loro famiglie". È cresciuta, inoltre - ha rilevato il sottosegretario di Giustizia e Pace - la povertà relativa tra la gente: cinque anni fa il 20 per cento dei cittadini più ricchi aveva un reddito cinque volte superiore al restante 80 per cento della popolazione e la disuguaglianza all’interno e tra i Paesi non accenna ad arrestarsi. Il fenomeno, poi, colpisce in modo particolare bambini, disabili, anziani e quanti nascono in famiglie povere e non sono in grado di spezzare il ciclo della miseria. “La Chiesa cattolica - ha concluso - sta al fianco dei poveri, alza la voce in loro favore e promuove iniziative per aiutarli a superare la loro situazione".

     
    Il cardinale Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, ha affermato che occorre "combattere la povertà, non i poveri". “La lotta alla povertà - gli ha fatto eco mons. Adrianus van Luyn, presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea - se adopera soltanto mezzi tecnici o misure amministrative, probabilmente fallirà i suoi obiettivi”: è invece necessario far passare i poveri da “oggetto d’assistenza” a "soggetti di questa lotta comune della società contro l’indigenza e l’esclusione sociale". Il presule ha spiegato il senso profondo della solidarietà che parte dal considerare poveri e ricchi su un piano di parità. “La solidarietà non esclude nessuno” ha poi aggiunto, invitando a guardare al di là delle frontiere dell’Ue, in particolare verso l’Africa, un continente “colonizzato e saccheggiato dall’Europa lungo i secoli” e oggi “gravemente minacciato dai governi corrotti, dalle guerre, dalle siccità e dal virus dell’Aids”. Davanti al dramma di tanti immigrati che cercano una vita migliore nel vecchio continente - e che spesso trovano la morte cercando di attraversare il Mediterraneo o l’Atlantico - mons. van Luyn ha quindi affermato: “Noi non possiamo reagire a ciò rafforzando la ‘Fortezza Europa’, né aprendo totalmente le frontiere. La nostra solidarietà deve orientarci verso un cambiamento delle condizioni di vita nei loro Paesi d’origine”. “Con tutto il rispetto per l’autonomia dell’individuo, spesso assoluta oggi” – ha concluso il presidente della Comece – è necessario ricordare che “l’autonomia è sempre controbilanciata dalla coscienza di una dipendenza reciproca” il cui fondamento è l’amore di Dio per tutti gli uomini. Da parte loro, Barroso, Buzek e van Rompuy hanno riconosciuto l'importante ruolo sociale svolto dalle Chiese e comunità religiose nella lotta alla povertà, ribadendo la necessità della collaborazione tra queste e le istituzioni europee.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La Parola di Dio rimane, tutto il resto ci sarà tolto: all’Angelus Benedetto XVI parla delle vacanze come tempo di ascolto.

    Gioisci angelo terrestre e uomo celeste: in prima pagina, Manuel Nin sul profeta Elia nella tradizione bizantina.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, il Vicino Oriente: l’Egitto offre una mediazione tra israeliani e palestinesi.

    Foto d’epoca a Santa Sabina: in cultura, Fabrizio Bisconti sull’affresco riemerso nella basilica di Santa Sabina e le controversie cristologiche del VII secolo.

    Mettiamo gli artisti sul ring: Marcello Filotei intervista Joachim Bluher, direttore dell’Accademia Tedesca di Villa Massimo, a Roma, fondata nel 1910.

    Adalbert Hamman e i tesori dei Padri: Jean-Robert Armogathe ricorda, a cent’anni dalla nascita, il francescano docente e ricercatore.

    Un articolo di Gianpaolo Romanato dal titolo “Del calcio inventarono anche le scommesse”: i guarani alle origini del football moderno.

    Un tocco d’artista per insaporire la scena: sul regista Ernst Lubitsch (cui il festival del film di Locarno dedicherà una retrospettiva) gli articoli di Rocco Giansante e Gioia A. Nazzaro tratti dal numero in uscita di “Pagine Ebraiche”.

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    Oggi in Primo Piano



    Il vescovo di Locri alla 'ndrangheta: nessun legame tra religione e criminalità

    ◊   Un appello al ritorno alla fede e a non collegare alla religione un’attività illegale. Lo ha lanciato ieri il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, in una lettera aperta diretta a tutti quelli che hanno partecipato ad incontri illegali nel Santuario della Madonna di Polsi, a San Luca, nel Reggino. L’intervento del vescovo arriva dopo il maxiblitz delle forze dell’ordine che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di 300 persone legate alla ‘ndrangheta. Debora Donnini ha chiesto a mons. Fiorini Morosini il motivo di questo messaggio.
     
    R. - Per un duplice motivo. Il primo riguarda un po’ la cultura generale dell’opinione pubblica che pensa che la Chiesa sopporti senza reagire che questa gente mescoli l’attività illegale con la religione e, quindi, ho ritenuto opportuno intervenire ufficialmente proprio per dire che la Chiesa non sta dalla loro parte, né chiude gli occhi su questa realtà. L’altro motivo è per richiamare proprio le persone direttamente interessate perché accolgano un invito che da diversi anni la Chiesa di Locri-Gerace sta lanciando loro, dicendo che non possono assolutamente pensare di legare la loro attività a motivazioni religiose, tipo giuramenti su immagini di santi o quello di considerare il santuario come loro territorio e la Madonna di Polsi come loro protettrice. Questo, purtroppo, è un fattore culturale che loro devono assolutamente correggere. E poi a ritornare sui loro passi. Io ho scritto che il Vangelo del quale loro parlano non può essere il Vangelo di Gesù Cristo.

     
    D. - Lei nel messaggio invita anche queste persone di fatto a convertirsi, a tornare a Dio con tutto il cuore…

     
    R. - Stamattina ho ricevuto alcune telefonate da parte di alcuni giornalisti che si meravigliavano perché io avessi scritto “carissimi fratelli”. Io penso che la Chiesa non mira solo a che questa gente venga incarcerata. La Chiesa guarda alla conversione perché solo la conversione può portare il rinnovamento di questa realtà. Il carcere può solo bloccare. La giustizia umana ci deve essere, però la Chiesa non si ferma solo alla giustizia umana, al carcere. La Chiesa vuole la conversione e dispiace che dopo duemila anni di cristianesimo ci si meravigli che un vescovo possa chiamare “fratelli” anche queste persone.

     
    D. - Che riscontro ha avuto da parte della gente dopo questo appello?

     
    R. - Io penso di poter registrare un consenso generale. Sull’intervento ho letto un po’ i resoconti della stampa. Devo ritenere che era qualcosa che forse la gente si aspettava che il vescovo della zona prendesse posizione su questa situazione.

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    Afghanistan: nuovi attacchi alla vigilia della Conferenza dei donatori

    ◊   Ancora violenza in Afghanistan. Un soldato della Nato, di cui non è stata ancora resa nota la nazionalità, è morto per l’esplosione di un ordigno nel sud del Paese. Attacco dinamitardo anche nella provincia settentrionale di Kunduz, dove sono rimasti feriti quattro soldati tedeschi. Intanto, nella capitale Kabul è stato di massima allerta in vista dell’arrivo dei ministri degli Esteri di 70 Paesi donatori, che domani prederanno parte alla Conferenza internazionale sull’Afghanistan. Il presidente Karzai si augura di incassare in questa occasione l’approvazione, da parte della comunità internazionale, del piano governativo che riguarda sviluppo, governance e stabilità del Paese. Salvatore Sabatino ha chiesto un commento sull’evento a Serena di Matteo, direttrice dei programmi di sviluppo di Christian Aid, raggiunta telefonicamente a Kabul.
     
    R. - C’è un po’ di disappunto per come l’evento è stato organizzato, ci sarà un numero enorme di ministri degli Esteri che arriva. Ci aspettavamo un coinvolgimento maggiore dei rappresentanti di Ong locali e di rappresentanti della società civile afgana. Sarà sicuramente un evento ad altissimo livello. Mi domando solo quanto poi rifletterà le priorità della popolazione afgana, i bisogni più urgenti. Spero che non si finisca poi solo per parlare di politica. Noi ci preoccupiamo delle esigenze della popolazione afgana, della ricostruzione, dello sviluppo, senza i quali non si può avere purtroppo pace e sicurezza.
     
    D. - Di cosa maggiormente ha bisogno la popolazione afgana?

     
    R. - I diritti umani sono essenziali: educazione, acqua, accesso alle risorse, agricoltura, sviluppo agricolo, tutto quello che può aiutare lo stile di vita e la vita della popolazione afghana ad uscire fuori da questo livello di povertà che è spaventoso. L’Afghanistan è secondo soltanto alla Nigeria per gli indicatori di povertà.

     
    D. - Non è la prima volta che la comunità internazionale si riunisce per l’Afghanistan, eppure gli altri incontri non hanno portato a risultati rilevanti. Non c’è il rischio che possa fallire anche questa conferenza?

     
    R. - Questa è la nostra paura, che dopo l’incontro di Londra le aspettative su questa Conferenza di Kabul poi vengano meno. Sono sicuramente molti i punti da discutere nell’agenda del presidente Karzai con i ministri degli Esteri di questi 70 Paesi, però non può essere soltanto la politica, ma deve essere anche il progresso del Paese che purtroppo non può avvenire se non migliora la sicurezza in Afghanistan.

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    Messico: l'ombra dei narcotrafficanti dietro la strage di Torreón

    ◊   Sale la tensione in Messico, dopo l’ennesima fine settimana di sangue per la guerra in corso tra narcotrafficanti. Un commando armato ha ucciso almeno 17 persone a Torreón, capitale dello Stato di Coahuila, durante una festa organizzata da un gruppo di giovani. Secondo le prime ricostruzioni sulla dinamica dei fatti, l'attacco sarebbe da ricondurre ai narcotrafficanti anche per le armi pesanti utilizzate nel blitz. Soltanto venerdì scorso a Ciudad Juarez, ritenuta una delle località più pericolose del mondo, un'autobomba aveva ucciso quattro persone. Ce ne parla Jorge Gutierrez, corrispondente da Roma dell’emittente messicana Radio Centro, intervistato da Giada Aquilino:
     
    R. – La zona dell’ultimo attacco è quella di Torreón, una località del centro-nord del Messico. Una città molto industriale, in mezzo al deserto. Questi omicidi si inscrivono nella guerra che hanno intrapreso i narcos da parecchio tempo per il controllo del territorio.

     
    D. – I dati ufficiali riferiscono che dall’inizio del 2010 sono già oltre sette mila i morti a causa di sparatorie e attentati legati al narcotraffico. C’è una resa dei conti tra bande criminali?

     
    R. – C’è una resa dei conti fortissima, perché si tratta di un affare di miliardi di dollari che, ovviamente, tutti vogliono controllare e in un Paese come il Messico così vicino agli Stati Uniti – che sono il principale consumatore di droga - l’affare è rotondo. I narcos hanno sicuramente degli appoggi importanti per far transitare la droga dove vogliono.

     
    D. – Qual è la linea del presidente Calderón al riguardo?

     
    R. – La linea è stata quella di contrastare con forza i narcos. All’inizio ha inviato l’esercito e adesso, da quando sono stati uccisi due funzionari del consolato americano che lavoravano alla frontiera, anche l’antidroga statunitense sta lavorando insieme alle autorità messicane. Il problema, però, è alquanto complesso e non si può risolvere da un giorno all’altro, perché la droga non viene prodotta in Messico ma viene dal Sud America, anche se il Messico è il ponte per gli Stati Uniti. Credo che si dovrà coinvolgere molto la società civile per far sì che denunci eventuali narcos conosciuti - perché la gente sicuramente conosce parte di queste persone - e per combattere questo cancro terribile che sta veramente mettendo in ginocchio il Messico.

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    Abruzzo: nuove scosse, povertà e molte incertezze per il futuro

    ◊   In varie località del territorio d’Abruzzo, profondamente devastato dal sisma del 6 aprile del 2009, sono state registrate negli ultimi giorni cinque scosse di terremoto, tutte di intensità comprese tra 2 e 2.8 gradi. Ai timori per una terra che continua a tremare si aggiungono le apprensioni di quanti, a 15 mesi dal dramma del terremoto, non hanno certezze per il futuro. Soprattutto nella diocesi dell’Aquila, sono ancora molti coloro che hanno bisogno di assistenza e di aiuti concreti, come sottolinea al microfono di Fabio Colagrande, il codirettore della Caritas diocesana aquilana, don Ramon Mangili:
     
    R. – Assolutamente sì. Ovviamente, come potete ben immaginare, i bisogni sono più che moltiplicati rispetto all’ordinarietà ed anche rispetto al post-sisma, perché comunque c’era una copertura, un’assistenza attraverso le tendopoli. Lì si mangiava, venivano forniti tutti i generi di cui si aveva bisogno, l’alloggio nelle tende e così via. Adesso, venendo meno tutto ciò, i nostri assistiti sono più che raddoppiati, hanno bisogni di ogni genere e specie, anche se la necessità più marcata è quella di tipo economico, per le piccole spese ordinarie: la spesa, parte dell’affitto, le bollette che purtroppo, adesso, ripartono a pieno ritmo. Quindi sta diventando tutto molto difficile.

     
    D. – Quali sono i nuclei familiari che soffrono di più, in questo momento?

     
    R. – Ovviamente quelli con tanti figli, che vuol dire tante spese in più. Poi troviamo anche delle famiglie con tanti figli – ringraziamo che ce ne sono ancora – che però hanno perso il lavoro a causa del sisma. Tante famiglie, che avevano una propria attività artigianale, in centro, non sono ancora riuscite a riaprirla dopo il sisma perché i problemi sono comunque tanti e gli spazi sono quelli che sono.

     
    D. – Nell’area che ora si chiama “il cratere”, nell’area del centro storico, prima c’erano oltre mille attività commerciali. A questo punto, chi ha potuto riprendere questo tipo di attività?

     
    R. – Per il momento davvero una minima parte, però il grosso è ancora chiuso, anche perché parliamo di più di mille attività solo nel centro storico dell’Aquila. Queste attività, per la stragrande maggioranza – anzi, direi per più del 90 per cento di esse – erano a conduzione familiare. Alcune di queste erano anche già vicine all’età pensionabile o gli mancavano pochi anni. Come fanno a riaprire? E’ molto, molto difficile a livello economico ma anche a livello umano, perché poi il non riuscire ad andare avanti diventa anche motivo di frustrazione. E non solo frustrazione: abbiamo a che fare, tutti i giorni, con persone che soffrono di forti depressioni ed esaurimenti e lì il problema vero è l’ascolto. L’ascolto e la presa in carico, ma prima di tutto l’ascolto, perché loro parlano, parlano e ci dev’essere qualcuno disposto ad ascoltarli.

     
    D. – Quindi persone che hanno bisogno di un’assistenza spirituale, forse anche psicologica...

     
    R. – Sì, decisamente sì.

     
    D. – E come fate voi, come Caritas, a sopperire a questo tipo di bisogno? Immagino che le richieste siano tante...

     
    R. – Tantissime. Come Caritas tenteremo di fare un fondo per venire un po’ incontro a queste necessità prime ed urgenti. Stiamo cercando di creare insieme qualcosa attraverso l’aiuto di chi ce lo vorrà dare, almeno per scaricare un grosso problema: quello di tipo economico.

     
    D. – Possiamo quindi dire che a quindici mesi e più dal terremoto del 6 aprile 2009, si è creata adesso una nuova fase di emergenza?

     
    R. - Io, purtroppo, ho sempre detto che il peggio doveva ancora arrivare e penso che il peggio deve ancora arrivare. Secondo me, sta diventando più emergenza questa della prima fase. Adesso ognuno deve camminare con le proprie gambe. Capisci, però, che in una città dove non c’è lavoro, dove tutto è molto, molto rallentato se non quasi immobile, diventa tutto estremamente non solo difficile ma davvero faticoso, anche perché non puoi pensare ad un futuro. Non puoi fare un minimo di progetti ... perché cosa progetti? (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Ad Arquata del Tronto pubblica ostensione di una copia della Sindone

    ◊   Ad Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, si conserva nella chiesa di San Francesco una copia della Sindone di Torino. Sul telo, delle medesime dimensioni dell’originale, è impressa la doppia immagine di un uomo disteso completata dalla scritta “Extractum ab originali”, dicitura piuttosto diffusa tra le varie riproduzioni della Reliquia torinese eseguite a partire dai primi anni del 1500. Fino al prossimo 2 agosto sono in programma diverse iniziative legate alla Sindone arquatana. Marco Corradi, della casa editrice Fas di Ascoli Piceno che ha pubblicato il libro “La Sindone di Arquata del Tronto - tra storia e leggenda”, illustra alcune di queste iniziative al microfono di Amedeo Lomonaco:

    R. – La prima iniziativa si è svolta domenica 11 luglio con una celebrazione eucaristica. Successivamente è stata presentata un’indagine storica compiuta su diversi archivi per rendere un po’ più chiara la vicenda della Sindone, su come è stata realizzata e sul suo arrivo ad Arquata. Venerdì 23 luglio avremo invece lo spettacolo teatrale “Le ultime sette parole di Cristo”. Da giovedì 29 luglio a sabato 31 sarà possibile visitare la Sindone e lunedì 2 agosto, in occasione del Perdono di Assisi, si terrà la cerimonia conclusiva.

     
    D. – A proposito della storia della Sindone, il telo di Arquata è rimasto nascosto nella chiesa di San Francesco fino a quando, nel corso di un restauro, è tornato alla luce nel 1981. Cosa significa per la comunità di Arquata custodire questa copia della Sindone di Torino?

     
    R.- Per la comunità di Arquata è una reliquia molto importante: è una sorta di link con il telo sindonico torinese ed è comunque un prezioso strumento per riflettere e per avere un momento di vicinanza con la Passione e quindi con il telo sindonico originale.

     
    D. – Pur essendo una copia, la sacralità di questo telo arquatano risiede nel fatto, documentato, di essere stato accostato alla Sindone di Torino …

     
    R. – La Sindone di Arquata ha queste caratteristiche molto importanti che la legano forse, rispetto ad altre copie, in maniera più evidente alla Sindone di Torino. Il primo punto è la presenza, negli archivi diocesani, di una pergamena che descrive appunto il momento del contatto con la Sindone torinese che è avvenuto il 4 maggio del 1653 nella Piazza di Torino nel corso di una pubblica ostensione. L’altro elemento molto importante è la fedeltà con cui il telo arquatano è stato dipinto perché, sia nelle dimensioni sia nelle proporzioni, combacia quasi perfettamente con la Sindone originale.

     
    D. – Arquata del Tronto fa parte di un itinerario religioso-spirituale che si snoda attraverso il territorio, attraverso l’Umbria, le Marche …

     
    R. – Fa parte di questo percorso perché è lungo la strada che conduce anche a Santuari importanti, quali quello di Santa Rita. In occasione di questa ostensione abbiamo poi anche proposto un altro itinerario legato alle reliquie della Passione perché nel Piceno abbiamo avuto la fortuna di avere un grande dono da parte di Papa Nicolò IV, primo Pontefice francescano e, appunto, di origini picene. Nicolò IV ha fatto dono alle comunità francescane di preziosi e interessanti reliquiari con all’interno frammenti della Croce di Cristo. Abbiamo proposto quindi questo itinerario che comprende un po’ tutte le località del Piceno dove si conservano ancora questi manufatti di valore artistico, ma soprattutto devozionale per i credenti.

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    Si è spento il giornalista Mino D'Amato

    ◊   Si è spento venerdì scorso a Roma il giornalista Mino D’Amato: aveva 72 anni. Molteplici le sue esperienze professionali: inviato di guerra, uomo di spettacolo fino all'impegno nel sociale e in politica. Noi lo vogliamo ricordare per la vicenda che ha cambiato la sua vita: l’incontro con i bambini romeni abbandonati e malati di Aids che lo ha portato ad adottare una bimba affetta dal virus dell’Hiv e a fondare nel 1995 l'Associazione Bambini in Emergenza. Riascoltiamo, in questa intervista realizzata nel 2000 da Eliana Astorri, come Mino D’Amato racconti alla Radio Vaticana il fatto che ha trasformato la sua esistenza:
     
    R. – Dobbiamo tornare indietro negli anni: 1989, la caduta di un dittatore, Ceausescu, e la scoperta delle realtà terribili della dittatura. Oltre all’oppressione di tutte le religioni e di tutti i religiosi, anche questa piaga terribile, questo dramma di decine e decine di migliaia di bambini abbandonati e tra questi bambini, un numero incredibile di bambini infettati colpevolmente con il virus dell’Hiv. Voglio dire che tutti questi bambini erano stati infettati non dalla madre in via verticale, ma in via orizzontale per quella che l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito “l’unica epidemia nosocomiale di Aids al mondo”: il che vuol dire che sono stati infettati, questi bambini abbandonati, proprio negli istituti che avrebbero dovuto proteggerli. Io sono andato immediatamente per dare una mano; ho incontrato questa bambina, Andreia, che poi è diventata mia figlia adottiva, che è vissuta quanto una farfalla. Nel momento in cui i nostri sguardi si sono incontrati, ho capito che lei mi aveva scelto per avere una opportunità, un’opportunità di trovare – o ri-trovare – un padre. E ho fatto questo, con i miei limiti: ho cercato di essere un padre per Andreia. E’ nata lì la Fondazione; è nata soprattutto nel tentativo di dare a decine o centinaia di altri bambini le stesse opportunità che sono state offerte dalla Provvidenza che mi ha consentito di incontrare mia figlia in un ospedale di Bucarest.

     
    D. – Come è strutturata la Fondazione?

     
    R. – E’ una Fondazione molto agile. Siamo pochissime persone, abbiamo le Suore Francescane Missionarie di Assisi che provvedono in uno dei nostri Centri all’educazione dei bambini; poi abbiamo due padiglioni ospedalieri che seguiamo da vicino, a Bucarest: uno per 50 bambini e l’altro per 30. Parliamo sempre di bambini sieropositivi o con patologie Hiv correlate, e parliamo sempre di bambini che nel 99 per cento dei casi sono abbandonati.

     
    D. – Come viene sovvenzionata, questa Fondazione?

     
    R. – Viene sovvenzionata dalla Provvidenza …

     
    D. – La vita ha un senso solo se si da una mano a chi ha bisogno...

     
    R. – Io credo che noi tutti dovremmo mantenere sempre viva la nostra capacità di ascoltare i segni della vita, capirli, interpretarli. I segni che mi sono stati mandati erano chiari: io dovevo – o meglio: non potevo non occuparmi di questi bambini.

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    Chiesa e Società



    E’ morta in India suor Nancy Pereira, la suora della “Banca per i poveri”

    ◊   Suor Nancy Pereira, delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Fma), è morta in India il 14 luglio scorso nella sua comunità di Bangalore. Era nata a Pudukkuruchy, nello Stato indiano del Kerala il 14 agosto 1923 ed aveva emesso la prima Professione il 6 gennaio 1945. Il suo nome era ormai famoso in quanto all’inizio degli anni ’90 aveva avviato a Bangalore (circa 1000 km a sud di Bombay), un “Fondo per i poveri”, rielaborando l’esempio della “Grameen Bank” del Bangladesh. Clienti di questa particolare banca dovevano essere i poveri degli slums e dei villaggi, i nullatenenti che così avevano l’opportunità di costruirsi una nuova vita. Chi voleva un credito - riferisce l'agenzia Fides - doveva dimostrare di aver risparmiato con costanza in un anno una piccola somma e poi doveva partecipare agli incontri del gruppo di gestione dei crediti. Il tasso di interesse annuo era appena sufficiente a coprire le spese di gestione. Il progetto della Banca per i poveri comunque coinvolge tutta la famiglia e riconosce le esigenze di ciascun membro, per questo era stato inserito in un progetto di educazione integrale delle famiglie chiamato Fides (Family Integral Development and Education Scheme - Programma integrato di educazione famigliare), che ha favorito la promozione integrale di tante persone, numerose famiglie e addirittura interi villaggi. Come sottolinea la nota biografica redatta dalla congregazione delle Fma, suor Nancy “era pienamente convinta che la sua vocazione era quella di stare con i poveri e di dedicarsi a servirli. Amava tutti e cercava di aiutare le persone a rendersi consapevoli dei loro diritti e doveri, per vivere la propria dignità di figli di Dio. E faceva questo con gioia, coinvolgendo tante persone nei suoi progetti di bene. Distaccata da se stessa, viveva povera per arricchire gli indigenti. Con la sua creativa solidarietà fondò numerosi gruppi per la promozione delle donne Shg (Self Help Group) ed elaborò vari programmi di sviluppo: Igp (Incombe Generating Programme) perché i poveri potessero vivere un’esistenza degna giungendo ad un’autonomia economica.” Durante la sua vita suor Nancy ha ricevuto 5 riconoscimenti internazionali per il suo servizio ai poveri. (R.P.)

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    India: proseguono le violenze anticristiane nello Stato dell’Orissa

    ◊   Continuano senza sosta le violenze anticristiane in alcuni Stati dell’India, come quello dell’Orissa: dopo gli attacchi del dicembre 2007 e i pogrom contro i cristiani dell’estate 2008, che causò oltre 500 vittime, si registrano molti episodi di fedeli assaliti da tribali indù. L’ultimo di essi, riferito da Asianews, risale a venerdì scorso ed è avvenuto nel villaggio di Kubipadi, nel distretto di Kandhamal, Stato dell’Orissa, dove sette coppie cattoliche sono state malmenate da alcuni tribali indù di Danikibadi, riportando ferite di media gravità. Alla base dello scontro ci sarebbero questioni legate alla terra e al passaggio del bestiame per il pascolo. Nel villaggio, su 80 famiglie, solo 18 sono cattoliche. La comunità è impaurita e si sente abbandonata perché, come riferisce un sacerdote locale, la polizia solo dopo ripetute insistenze, ha aperto un fascicolo sulla vicenda e così i medici, che hanno accettato di curare i feriti solo dopo aver ricevuto il nulla osta dalle forze dell’ordine. “Noi siamo vicini ai nostri cattolici – commenta padre Ratikant Ranjit, dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar – nelle richieste di pace e giustizia”. I cattolici, infatti, prima di rientrare nelle proprie case, chiedono che sia loro garantita la sicurezza. “Cercheremo di predisporre tutti i controlli – conclude il prete – per valutare il diffondersi di questo clima di odio”. (R.B.)

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    Pakistan: proteste di cristiani e musulmani per lo stupro di un'infermiera cattolica

    ◊   Choc e indignazione, ma anche manifestazioni di vicinanza e solidarietà sono i sentimenti espressi, attraverso l’agenzia Fides, dalla comunità cattolica pakistana alla famiglia dell’infermiera cattolica di 22 anni, Magdalene Ashraf, violentata il 13 luglio scorso da un medico musulmano attualmente in carcere. La giovane è in ospedale in condizioni critiche a causa delle ferite alla testa e alle gambe riportate in seguito alla caduta da una finestra del Jinnah Postgraduate Medical Centre, sulla quale la polizia sta indagando per accertare se la ragazza sia semplicemente caduta o se, invece, sia stata spinta. L’episodio ha riportato sotto le luci della ribalta la questione della violenza sulle donne: “La Chiesa cattolica fa del suo meglio per promuoverne la dignità e l’istruzione – precisa Saleh Diego, responsabile della Commissione Giustizia e pace della diocesi di Karachi – e per difenderne le libertà fondamentali”. In seguito alla vicenda, molte associazioni cattoliche e musulmane hanno manifestato davanti all’ospedale in cui la ragazza è ricoverata. La violenza sulle donne in Pakistan è un fenomeno purtroppo molto diffuso: nel marzo scorso, contro di essa, il presidente Ali Zardari ha varato una legge per la protezione delle donne nei luoghi di lavoro. “Esistono diverse forme di violenza – afferma l’ong pakistana Aasha, Alliance against sexual harassment, parola che in urdu significa speranza – da quella sessuale a quella domestica, fino alla violenza che impedisce alle donne di accedere all’istruzione. La situazione è particolarmente grave nelle province del Punjab, dove alle tradizioni si unisce il fondamentalismo religioso”. (R.B.)

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    Rilasciati in Pakistan due cristiani accusati di blasfemia, ma resta la paura

    ◊   Dopo le minacce e le violenze subite nei giorni scorsi , la comunità cristiana di Faisalabad tira un respiro di sollievo: sono stati rilasciati i due fratelli cristiani accusati di blasfemia. Il Pastore Rashid Emmanuel e suo fratello Sajid Emmanuel erano stati arrestati il 4 luglio e, dopo 15 giorni di custodia e di intensi interrogatori, sono stati rimessi in libertà perché non è stato trovato dalla polizia alcun riscontro obiettivo delle accuse a loro carico. Secondo i militanti che li hanno denunciati, i due avevano distribuito pubblicamente volantini e libretti con frasi ingiuriose verso il Profeta Maometto e facevano propaganda anti-islamica sul loro sito web. Come riferiscono fonti locali dell'agenzia Fides, le indagini hanno appurato che le accuse erano false, dato che nel materiale diffuso non c’era alcuna parola contro l’Islam e il suo Profeta. Il caso dei due fratelli aveva generato una violenta protesta di massa di militanti islamici a Waris pura, uno dei maggiori sobborghi di Faisalabad, abitato da un folta comunità cristiana di circa 100mila persone. Il corteo aveva anche colpito con un sassaiola la chiesa cattolica del Santo Rosario a Waris pura, causando forte apprensione fra la popolazione locale. Molte famiglie, in preda al panico, hanno preferito abbandonare temporaneamente le loro case. La fonte di Fides a Faisalabad sottolinea che: “ora c’è un maggiore stanziamento di forze di polizia nella zona e la situazione sembra tornata alla normalità. Ma la gente che vive nei quartieri di Barakat pura, Waris pura, e negli altri quartieri a maggioranza cristiana è ancora terrorizzata. Resta vivo nella comunità il ricordo dei massacri dell’estate scorsa, quando si sono verificati attacchi di massa a insediamenti cristiani, alcuni molto gravi (a Gojra, Korian, Kasur) che hanno causato morti e feriti. Chiediamo a tutti di pregare per la pace a Faisalabad”. (R.P.)

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    Cina: consacrato il vescovo coadiutore di Yan’an

    ◊   Nella Cina Continentale, giovedì scorso 15 luglio, mons. Giovanni Battista Yang Xiaoting, a 46 anni d’età e 19 di sacerdozio, è stato consacrato vescovo coadiutore di Yan’an (Yulin), nella provincia di Shaanxi. Era stato approvato dalla Santa Sede per l’ufficio episcopale. Le autorità governative hanno permesso la sua ordinazione. La solenne celebrazione liturgica è stata presieduta da mons. Luigi Yu Runshen, vescovo di Hanzhong, coadiuvato da mons. Antonio Dang Mingyan di Xi’an e da mons. Giuseppe Han Yingjin, consacrato vescovo di Sanyuan il 24 giugno scorso. Erano presenti anche mons. Giuseppe Tong Changping di Weinan, mons. Nicola Han Jide di Pingliang, mons. Giuseppe Li Jing di Ningsia, e il vescovo emerito di Sanyuan, mons. Giuseppe Zong Huaide. Il vescovo di Fenyang, mons. Huo Cheng, di 83 anni d’età, ha dovuto lasciare la cerimonia a causa di un malore, mentre mons. Francesco Tong Hui, 77enne vescovo diocesano di Yan’an, ha potuto fare soltanto una breve apparizione a motivo della sua salute malferma. I presuli sono tutti in comunione con la Santa Sede e sono riconosciuti dal governo. Mons. Yang è nato il 9 aprile 1964 in una famiglia cattolica della diocesi di Zhouzhi. Dopo aver studiato dal 1984 al 1989 nel seminario di Zhouzhi, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 28 agosto 1991 mentre frequentava un’università dello Shaanxi. Dal 1993 al 1999 ha studiato a Roma, presso la Pontificia Università Urbaniana, conseguendo la licenza e il dottorato in Teologia. Nel 2002 ha conseguito anche un master in religione e sociologia presso la Catholic University of America a Washington. Ritornato in Cina, ha lavorato in parrocchia e ha fondato un Centro per la formazione e la ricerca. Ultimamente era vice-rettore nel seminario di Xi’an e decano degli studi. Un centinaio di sacerdoti e circa 6.000 fedeli, provenienti anche da Zhouzhi, hanno partecipato alla consacrazione del nuovo presule, che si è tenuta all’aperto nel distretto di Yulin, a 130 km da Yan’an. L’attuale circoscrizione ecclesiastica di Yan’an (Yulin), che si estende su un’area di più di 80.000 kmq nelle campagne del nord dello Shaanxi, conta circa 50.000 fedeli, 20 sacerdoti, una decina di seminaristi e 24 religiose appartenenti alle Congregazioni delle Suore Missionarie di Nostra Signora della Cina e delle Missionarie di Maria. Vi sono 20 chiese, una ventina di altri luoghi di culto, tre dispensari rurali e una scuola elementare cattolica. Mons. Yang, che ha già visitato la maggior parte delle parrocchie della diocesi, ha notato che, date le enormi distanze dai luoghi di culto, la partecipazione ai sacramenti è inferiore rispetto a quella di altre parti della Cina. Il presule vuole mettere al primo posto l’unità e la formazione alla fede per i sacerdoti e per i fedeli e, compatibilmente con i propri impegni pastorali, pensa di continuare ad insegnare nel seminario di Xi’an.

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    Bicentenario del Cile: il cardinale Errázuriz avanza una proposta di indulto

    ◊   Ricordando che le celebrazioni del Bicentenario devono essere “anche un’occasione per pensare agli altri”, l’arcivescovo di Santiago di Cile, cardinale Francisco Javier Errázuriz, ha annunciato che la Chiesa cilena formalizzerà nei prossimi giorni la proposta, allo studio da diversi mesi, di chiedere alle autorità del Paese sudamericano un indulto. Il porporato ha rilevato che la Chiesa non smetterà mai di puntare costantemente la sua attenzione e sollecitudine pastorale “in favore della vita, dei più poveri ed emarginati, di chi soffre” a causa di diverse situazioni. “Lo facciamo sia per motivi umani, sia per motivi evangelici”, ha osservato l’arcivescovo della capitale cilena, bollando, poi, come “preoccupante” l’attuale situazione delle carceri cilene. Fra le persone che potrebbero beneficiare di un possibile indulto, ce ne sono alcune che scontano condanne per violazione dei diritti umani o atti di terrorismo: in questo caso l’indulto toccherebbe una dimensione politica legata agli anni passati, quando il Cile era retto da un governo militare. Ciò spiega perché da due mesi a questa parte, quando si è cominciato a parlare d’indulto, si sia aperto un dibattito politico molto forte. La Chiesa cilena, senza entrare nel merito, ha voluto rinnovare in questi giorni con le dichiarazioni di alcuni vescovi, la sua vera e autentica intenzione, esclusivamente umanitaria e pastorale. “In questo momento nel Paese si celebra una grande festa - ha evidenziato il cardinale cileno Francisco Javier Errázuriz - chiedere l’alleviamento di alcune situazioni ci sembra la cosa più normale del mondo. Continueremo sempre a occuparci della persona umana, in particolare degli emarginati, dei poveri e dei maltrattati. Non possiamo dimenticare che già nell’Antico Testamento si parla dell’indulto” e ciò deve ricordare a tutti, ha proseguito il porporato, “che l’amore verso Dio va unito all’amore verso il prossimo”. Sul tema dell’aumento della povertà nel Paese, che viene segnalata in diversi studi pubblicati in questi giorni, l’arcivescovo di Santiago del Cile ha precisato di ritenere la situazione “triste e preoccupante” e ha rinnovato il suo appello e quello di tutta la Chiesa, alle autorità, agli imprenditori e ai leader sociali, “affinché si accrescano gli sforzi in favore di queste persone. Si tratta di un flagello che dobbiamo combattere tutti”, ha concluso. (A cura di Luis Badilla)

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    I vescovi centroamericani per una riforma migratoria

    ◊   Ieri, nella sua consueta conferenza stampa dopo la Messa della domenica, mons. Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, ha annunciato che nel mese di novembre i vescovi dell’America centrale, s’incontreranno per trovare una posizione comune sulla politica delle migrazioni che porti a una rapida e profonda riforma migratoria negli Stati Uniti. Tale riforma verrebbe incontro a migliaia di situazioni drammatiche che in questo Paese affliggono soprattutto centroamericani e messicani. Con ogni probabilità, ha spiegato l’arcivescovo, sarà indirizzata una lettera ai vescovi statunitensi impegnati da molti anni nel tradurre in realtà questa esigenza, avvertita da più parti, e si scriverà anche alle autorità: al presidente Obama e alle Camere del Congresso Usa. Secondo il presule, l’esigenza di questa riforma deriva in parte dal recente strumento conosciuto come ‘Legge Arizona’, “contraria a più elementari diritti della persona e soprattutto razzista, cosa che contrasta con una grande democrazia come quella statunitense”. Questa legge è stata contestata già dal presidente Barack Obama, che lo scorso 6 luglio ha chiesto che non fosse applicata, in attesa di giudizio di costituzionalità. Secondo la stampa locale, sono in preparazione diverse richieste di nullità da parte della Casa Bianca e di numerose associazioni di volontariato, religiose e sociali. Nel caso del Salvador, la questione è molto sentita perché dei 2,8 milioni di salvadoregni residenti all’estero, quasi tutti per motivi di lavoro o coesione familiare, almeno 2,5 si trovano attualmente negli Stati Uniti e molti in Arizona, Stato in cui il governatore Jan Brewer ha fatto approvare la discussa legge che, tra l’atro, autorizza l’arresto per il solo sospetto di essere un straniero senza permesso di residenza. Va ricordato, come ha fatto mons. Escobar Alas, che questi cittadini salvadoregni con le loro rimesse, che nel 2009 furono di quasi 3500 milioni di dollari, ormai sono un pilastro della debole economa del Paese centroamericano. Le rimesse dei centroamericani negli Usa sono fondamentali anche nel caso di altri Paesi come il Guatemala, l’Honduras e il Nicaragua. L’arcivescovo, infine, ha voluto complimentarsi con la decisione statunitense che ha rinnovato nei giorni scorsi, e fino al 9 marzo 2012, il Tps–Status di protezione temporale in favore di 217mila salvadoregni residenti. “È una misura che ci rallegra - ha commentato l’arcivescovo Escobar Alas - la cosa migliore, però, è la riforma migratoria integrale, affinché ne possano beneficiare tutti”. (L.B.)

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    Conferenza internazionale di Vienna sull’aids: molti i temi in agenda

    ◊   Si è aperta ieri e si chiuderà il prossimo 23 luglio a Vienna la Conferenza internazionale sull’Aids. Molti gli argomenti in agenda, tra cui: la richiesta di un maggior impegno da parte delle potenze industriali per garantire l’accesso universale alle cure; la politica delle case farmaceutiche nei Paesi del sud del mondo; la velocità di diffusione del contagio; l’eterna ricerca di un vaccino. Sul primo tema si sono già verificate contestazioni: ieri sera, infatti, alcuni dimostranti hanno esposto striscioni con scritto “Le promesse non mantenute uccidono” in riferimento a quanto deciso nel 2005 dai Paesi del G8 a Gleneagles, in Scozia, e che recentemente hanno ammesso di non riuscire a rispettare entro le scadenze prefissate. Sulla politica delle case farmaceutiche nel sud del mondo, specialmente in Africa, si sono ricordati i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo la quale nel 2008 nel continente le persone sieropositive erano oltre 33 milioni, nonostante il numero dei decessi sia diminuito. Sulla velocità di diffusione del contagio, l’Unicef ha lanciato l’allarme sui minori: sembra che negli Stati dell’Europa centro-orientale e nell’Asia centrale siano in costante, drammatico aumento e siano oggetto di discriminazione ed esclusione dalla società. Secondo l’agenzia dell’Onu, che cita nel suo rapporto la prostituzione infantile e il precoce abuso di droghe come cause principali del fenomeno, in nessun’altra area del mondo il virus Hiv si diffonde altrettanto rapidamente. Infine, quanto alla ricerca di un vaccino, un gruppo di ricercatori canadesi ha presentato un proprio studio effettuato nella regione di British Columbia, che metterebbe in luce come garantire ai malati l’accesso alle cure diminuisca i contagi. Dal 1996, anno in cui si è iniziato a fornire i trattamenti gratuitamente, ad oggi, i contagi nell’area sono diminuiti del 3 per cento. Intanto, la prima sperimentazione di un vaccino su volontari in Thailandia non sta dando i risultati sperati, ma la recente scoperta di due anticorpi contro il virus che potrebbero essere utilizzati per immunizzare l’uomo accende nuove speranze, nonostante i tagli del 10 per cento dei fondi alla ricerca. (R.B.)

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    Accordo di collaborazione tra l’Unione Africana e la Comunità di Sant’Egidio

    ◊   Giovedì 15 luglio è stato firmato nel quartier generale dell’Unione Africana, ad Addis Abeba in Etiopia, il "Protocollo di accordo di cooperazione tra la Comunità di Sant'Egidio e la Commissione dell'Unione Africana". Secondo il comunicato pervenuto all’agenzia Fides, l'accordo conferma e rafforza la collaborazione che da anni unisce le due organizzazioni, in particolare negli ambiti della pace e della lotta alla povertà. Sant’Egidio partecipa come osservatore ai vertici dell’Ua fin dalla sua costituzione. L'accordo riconosce l’importante ruolo svolto dalla Comunità di Sant'Egidio nella ricerca della pace e del dialogo in Africa. Jean Ping - presidente della Commissione dell'Unione Africana - durante la cerimonia della firma ha espresso la propria soddisfazione per "avere la Comunità di Sant'Egidio come partner" nel continente. Ha inoltre sottolineato il ruolo positivo di mediazione che Sant'Egidio ha svolto in questi anni (dal Mozambico fino al recente accordo per la Guinea Conakry) e che continua a svolgere in molte situazioni di crisi. Secondo Ping “Sant'Egidio ha a cuore solo il bene dei poveri e dell'Africa ed è una risorsa per il continente”. Infine il Presidente dell’Ua ha enumerato alcune aree di possibile comune intervento futuro. L’accordo tra Ua e Sant’Egidio prevede tra l’altro: un’ampia collaborazione nella promozione della pace e della stabilità in Africa nella prevenzione e mediazione nei conflitti, attraverso il conferimento dello statuto di facilitatore e la facoltà di divenire comediatori. La promozione di azioni comuni per consacrare il rispetto intangibile della vita e della persona umana, della sua dignità e dei diritti dell’uomo in Africa. La collaborazione nel dialogo interculturale ed interreligioso in Africa. Durante l'incontro, la delegazione della Comunità ha sottolineato i positivi risultati dei programmi svolti da Sant’Egidio in Africa contro l’Aids (Dream) e per la registrazione anagrafica (Bravo!). (R.P.)

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    Il “Viaggio dell’Amicizia” di Rondine nel Caucaso giunge nell’Azerbaijan

    ◊   Una delegazione della cittadella di Rondine sta compiendo un “Viaggio dell’amicizia” nel Caucaso, nel corso del quale, come riferisce l’inviato dell’agenzia Sir nel suo reportage, ha incontrato la comunità cattolica di Baku, capitale dell’Azerbaijan. Qui i fedeli di credo cattolico sono appena 200, mentre la maggior parte sono azeri, musulmani o non credenti; in tutto il Paese, inoltre, gli abitanti sono per il 93.4% islamici e la prima comunità cattolica si è costituita solo nel 1997, per essere poi affidata, dal 2000, ai Salesiani della Slovacchia. Il 2002, in particolare, grazie alla visita di Papa Giovanni Paolo II, è stato un anno molto importante per i cattolici dell’Azerbaijan; nel 2006, poi, è stata consacrata l’unica chiesa di Baku, dove ora sta per essere realizzato un centro per la Pastorale giovanile. “I musulmani sono molto tolleranti qui con i credenti delle altre religioni – racconta il viceparroco, Pietro Fidermak – anzi, gli iraniani che diventano cattolici e non possono restare nel loro Paese, vengono qui”. Rondine ha intrapreso il suo viaggio anche per diffondere il documento “14 punti di pace per il Caucaso”, un testo approvato da 150 rappresentanti dei Paesi della regione, in cui si prevede, tra l’altro, “il diritto al ritorno di chiunque, in seguito a eventi bellici”. Dopo il conflitto tra Azerbaijan e Armenia per il controllo del Nagorno Karabakh, infatti, a metà anni Novanta, sono 700mila i profughi fuggiti dalla regione e accolti nel Paese che ha 9 nove milioni di abitanti. “Solo il dialogo con il cosiddetto nemico ti fa capire veramente i problemi – è la testimonianza di Davit Chumabaridze, 27 anni, che ha finito il suo percorso nello studentato internazionale di Rondine, che accoglie giovani provenienti da aree di conflitto, e da piccolo è stato in un campo profughi dell’Abkhazia – noi non siamo nemici, non possiamo combattere, perché la terra è nostra, la terra è di tutti”. (R.B.)

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    Il Patriarca di Venezia: il vero amore vuole il "per sempre"

    ◊   Si è incentrata sul “bell’amore”, quello che per sua natura richiede il “per sempre”, realizzandosi, così, nell’ “indissolubilità del matrimonio”, l’omelia pronunciata dal cardinale Patriarca di Venezia, Angelo Scola, in occasione della celebrazione per l’antica festa che ricorda la liberazione della Serenissima dalla pestilenza del 1575-1577. Il porporato, riferisce il Sir, ha parlato anche dei casi di pedofilia, “uno scandalo che tocca l’intera Chiesa, chiamata a una profonda penitenza” e ha ricordato le tre parole chiave: “misericordia”, “giustizia in leale collaborazione con le autorità civili” ed “espiazione”, le uniche che consentono “di affrontare ogni singolo caso”, indicate da Benedetto XVI nella sua Lettera ai cristiani d’Irlanda. Il cardinale parla di “bell’amore”, intendendo con esso l’unica forma di amore “vero, cioè oggettivo ed effettivo” che resta anche nella “mutata grammatica degli affetti”. Scola avanza la proposta di un “desiderio rettamente inteso”, che chiede di recuperare la castità, la “virtù che regola la vita sessuale rendendola capace del bell’amore. È casto l’uomo che sa tenere in ordine il proprio io liberandolo da un erotismo apertamente rivendicato e vissuto fin dall’adolescenza in forme sempre più contrattuali e senza pudore – spiega il Patriarca di Venezia – la castità chiede la rinuncia in vista di un possesso più grande e getta piena luce sul carattere indissolubile della relazione coniugale tra l’uomo e la donna nel sacramento del matrimonio”. Il vero amore, infatti, chiede il “per sempre”: l’idea stessa di una revocabilità di tale dono “ferirebbe mortalmente il mistero nuziale e renderebbe inautentica la relazione stessa”. L’amore casto viene, quindi, definito dal porporato come “quell’amore che entra in profonda relazione con le cose e con le persone e il distacco che esso richiede è un entrare più in profondità nel rapporto con Dio, con gli altri e con se stessi”. (R.B.)

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    Messico: i vescovi plaudono alla pubblicazione delle nuove “Norme sui delitti più gravi”

    ◊   “Rigorose, coerenti ed efficaci”: così la Conferenza episcopale messicana (Cem) definisce, in una nota, le modifiche alle "Norme sui delitti più gravi", pubblicate due giorni fa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. La nuova normativa riguarda i delitti compiuti contro i sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza e i casi di abusi sessuali commessi da esponenti del clero, la cui competenza è riservata alla stessa Congregazione. “Il documento – si legge nella nota a firma di mons. Victor René Rodríguez Gómez, Segretario generale della Cem – dimostra la determinazione della Chiesa a non tollerare gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti sui più piccoli e su altre persone, in particolare quelle con minori capacità”. Queste modifiche, prosegue la Cem, fanno sì che il sistema giuridico ecclesiastico, basato sul Diritto Canonico, possa “rispondere pienamente alle giuste aspettative sulla tutela della coerenza morale e della santità evangelica che i fedeli e l’opinione pubblica sperano dalle Istituzioni”. Esortando a “rispettare e a far rispettare” le nuove norme, i vescovi messicani ricordano: ”Di fronte agli avvenimenti dolorosi che la Chiesa ha vissuto recentemente, il Santo Padre Benedetto XVI ci ha dato la testimonianza e la forza per andare avanti senza paura e con più fede, annunciando il Vangelo. In questo modo, possiamo purificare i nostri cuori da ogni peccato per proclamare Cristo come nostro Signore e Salvatore”. Quindi, la Cem si affida alla Vergine di Guadalupe, affinché conduca i presuli “sulla via della santità, carità, rispetto e perdono” e li aiuti “ad applicare sempre e con consapevolezza le nuove norme, giustamente dettate da parte del Vicario di Cristo per il bene della Chiesa e di tutta la società”. (I.P.)

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    Sud Corea: sì della Chiesa al codice governativo sul fine vita

    ◊   Autorizzare la sospensione dei trattamenti terminali quando lo richieda esplicitamente il paziente in fin di vita e previo via libera di una commissione etica dell’ospedale in cui è ricoverato. Sono le raccomandazioni di una speciale commissione mista di studio incaricata dal Ministero della Sanità sud-coreano di elaborare una sorta di codice di comportamento per i trattamenti di fine vita. Alla consultazione – riferisce l’agenzia Ucan - hanno partecipato esperti di diritto, medici e rappresentanti di diversi gruppi religiosi. In pratica, la Commissione ha concluso che il trattamento terminale, comprendente la rianimazione del cuore e dei polmoni e la ventilazione artificiale, possa essere sospeso su richiesta scritta del paziente. La decisione finale spetterebbe in ogni caso a un’apposita commissione etica interna della struttura ospedaliera. Prevista anche l’istituzione di una Commissione di etica governativa. Al codice di condotta, che non ha peraltro valore vincolante, ha dato il suo assenso la Chiesa sud-coreana che ha partecipato alla consultazione con un proprio rappresentante, il professor Thomas Aquinas Chin Kyo-hun dell’Università nazionale di Seoul . Le raccomandazioni, infatti, sono in linea con la Dichiarazione sull’eutanasia pubblicata nel 1980 dalla Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede, in particolare nella parte dedicata all’uso proporzionato dei mezzi terapeutici: “Nell’imminenza di una morte inevitabile nonostante i mezzi usati - si legge tra l’altro nel documento - è lecito in coscienza prendere la decisione di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all’ammalato in simili casi. Perciò il medico non ha motivo di angustiarsi, quasi che non avesse prestato assistenza ad una persona in pericolo”. (L.Z.)

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    Filippine: una Bibbia scritta a mano e in differenti lingue per unire i cristiani del Paese

    ◊   Cattolici e protestanti filippini lavorano insieme per realizzare una Bibbia scritta a mano, diffondendo l'amore per la Parola di Dio e promuovere la "bayanihan" o fraternità tra i cristiani. Il progetto chiamato “Che siano una sola Bibbia” è stato promosso in questi giorni dalla Conferenza episcopale filippina. Ciascun versetto sarà scritto dai rappresentanti di Chiese protestanti, Chiesa cattolica, e settori della società. Anche il Papa parteciperà alla redazione del testo scrivendo il versetto 1.1 della Genesi e il 22.21 dell’Apocalisse. "I 35.656 versetti dei 78 libri della Bibbia – afferma in un comunicato la Conferenza episcopale ripreso dall'agenzia AsiaNews - saranno scritti a mano da rappresentanti di vari settori come Chiesa, gente delle campagne e delle città, lavoratori migranti, giovani, contadini, pescatori, uffici governativi, Senato e del Congresso, scuole e popolazioni indigene”. La Bibbia scritta a mano avrà un’impostazione a due colonne, una dedicata alla versione in lingua inglese, l’altra ospiterà a seconda delle edizioni le otto lingue native presenti nel Paese come Tagalog, Ilocano, Pangasinan, Cebuano, Hiligayon, Samarenyo, Bicol e Pampango. (R.P.)

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    Uganda: la Caritas di Gulu porta Internet nelle zone rurali del nord

    ◊   Dare voce ai poveri delle zone rurali del Nord Uganda attraverso Internet: è questo l’ambizioso progetto portato avanti, ormai da cinque anni, dalla Caritas diocesana di Gulu. In una regione in cui i villaggi distano 50 km dalle città, i trasporti sono difficili e si registrano casi di violazione dei diritti umani e di rapimenti, la connessione Internet permette alla popolazione di non sentirsi abbandonata e di rimanere in contatto con il mondo. Fino ad ora, il progetto ha visto la distribuzione di pc forniti di connessione wireless ad Internet in 22 diverse postazioni di Amuru e Gulu. I computer vengono affidati alle scuole, alle parrocchie e alle Ong, che lavorano in gruppo, evitando così che il materiale vada perso o venga danneggiato. Da notare che i computer sono alimentati da piccoli pannelli solari: è sufficiente una mezza giornata di esposizione al sole per avere 6 o 7 ore di energia. “In questo modo – spiega John Komakech, direttore di Caritas Gulu – le persone possono mantenersi in contatto con le comunità vicine o con le Ong, anche quelle che operano al di fuori dell’Uganda. In caso di violazione dei diritti umani, le vittime possono contattarci più facilmente e noi possiamo intervenire rapidamente”. Non solo: lavorare al pc aiuta i processi di alfabetizzazione perché, continua Komakech, “quando i giovani si rendono conto delle possibilità offerte da Internet, cercano di migliorare la loro capacità di leggere e scrivere. Questo progetto, quindi, promuove l’idea che l’istruzione è utile”. Naturalmente, la connessione on line facilita anche il lavoro pastorale e quello del volontariato, poiché azzera la necessità di spostarsi fisicamente da un posto all’altro per scambiare informazioni. “L’impatto immediato è buono – dice ancora il direttore di Caritas Gulu – ma penso che a lunga scadenza il bilancio sarà ancora più positivo perché la comunicazione è un importante fattore di sviluppo: condividere le idee e le esperienze, soprattutto a livello delle comunità di base, può davvero fare la differenza.” Visto il successo dell’iniziativa, la Caritas di Gulu sta pensando di ripetere l’esperienza in altre zone dell’Uganda e nel Sud Sudan. (I.P.)

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    India: moneta commemorativa per il centenario della nascita di Madre Teresa di Calcutta

    ◊   Era il 26 agosto del 1910 quando Madre Teresa di Calcutta, al secolo Anjeza Gonxhe Bojaxhiu, veniva al mondo. Ora, a cento anni dalla sua nascita, il governo indiano ha deciso di coniare una moneta commemorativa per ricordare la religiosa che dedicò la sua vita ai “più poveri tra i poveri” nelle strade di Calcutta. Il nuovo conio, del quale per ora non si hanno dettagli, è stato approvato da Suor Mary Prema, attuale Superiora generale delle Missionarie della Carità, la congregazione fondata da Madre Teresa nel 1949. La presentazione ufficiale della moneta è fissata per il 28 agosto prossimo, a New Delhi, ed è solo una delle tante iniziative per ricordare Madre Teresa organizzate congiuntamente dalla società civile e dalla Chiesa indiana. Soddisfazione per l’idea del nuovo conio è stata espressa dalla Conferenza episcopale indiana: “Ringraziamo il governo per questo nobile gesto – ha detto padre Babu Joseph, portavoce dei vescovi indiani – Esso dimostra la riconoscenza e l’affetto che tutti gli indiani provano per Madre Teresa, vera icona della carità per tutto il Paese”. Vincitrice del Nobel per la Pace nel 1979, Madre Teresa è scomparsa il 5 settembre del 1997. Sei anni dopo, il 19 ottobre 2003, Papa Giovanni Paolo II la proclamava Beata. (I.P.)

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    Australia: per il “Progetto Compassione” donati alla Caritas oltre 9 milioni di dollari

    ◊   Sono 9.4 i milioni di dollari donati alla Caritas Australia per il “Progetto Compassione”, nel corso del 2010. Si tratta, informa una nota, della donazione più generosa raccolta nei 40 anni di vita dell’iniziativa. Il “Progetto Compassione”, in effetti, è uno dei principali programmi portati avanti dalla Caritas australiana ed è dedicato alla lotta alla povertà ed al sostegno di progetti sanitari, educativi ed agricoli in tutto il mondo. Quest’anno, in particolare, il “Progetto Compassione” si è concentrato su Haiti, colpita da un devastante terremoto nel gennaio scorso. “Attraverso il nostro operato – scrive nella nota Jack de Groot, direttore generale di Caritas Australia – gli australiani possono conoscere il profondo impatto che il loro aiuto ha sulle comunità emarginate, sia nel nostro Paese che in tutto il mondo”. “Nelle scuole e nelle parrocchie del Paese – continua – siamo stati sommersi dagli aiuti per dare voce a milioni di emarginati, sradicare la povertà estrema e raggiungere, entro il 2015, gli Obiettivi per lo sviluppo del Millennio”. “La generosità vista quest’anno – conclude de Groot – è la prova della capacità degli australiani di cambiare quei sistemi che perpetrano la povertà e di impegnarsi in modo costruttivo a favore delle comunità colpite da catastrofi e ingiustizie”. (I.P.)

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    Al via a Lione il convegno ecumenico internazionale

    ◊   Si sono aperti oggi a Lione i lavori del 40.mo Congresso ecumenico internazionale organizzato dall’International Ecumenical Fellowship, e si chiuderanno il 26 luglio prossimo. Come specifica L’Osservatore Romano, l’associazione dal 1967 è impegnata nella promozione di incontri di esponenti religiosi e laici di varie confessioni cristiane nel segno del dialogo ecumenico. Ai lavori partecipano 450 persone, tra cui rappresentanze ecumeniche provenienti da Francia, Gran Bretagna, Germania, Belgio, Spagna, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania. Durante il convegno, che ha luogo nel Conference Centre di Valpré-Lyon a Ecully, interverranno personalità di rilievo e leader ecumenici europei, chiamati a tenere relazioni su temi importanti, ma, come precisato nel programma on line sul sito www.ief-oecumenica.org, ci saranno anche momenti di riflessione e di preghiera e momenti di pausa per agevolare lo scambio di esperienze tra i partecipanti. Il titolo del convegno, infatti, è “Scambio di doni: verso quale unità”, e la concentrazione, come spiega il comunicato di presentazione del convegno, sarà tutta puntata sulle “differenti confessioni cristiane che sono portatrici di culture complementari. Esse hanno quindi bisogno le une delle altre per esprimere, tutte insieme, la pienezza del mistero cristiano”. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Grecia: ucciso giornalista. Stava indagando sui legami tra mafia e imprenditoria

    ◊   Grecia sotto shock per l’omicidio del giornalista Socrate Giolas, direttore della stazione radio 'Thema 9,89', vittima di un agguato a colpi di arma da fuoco. Al momento gli inquirenti escludono l’ipotesi di un’azione terroristica. Il servizio di Marco Guerra:
     
    Hanno suonato al citofono dell'abitazione della vittima nelle prime ore della mattina, invitandolo a scendere dove lo attendevano almeno tre persone, che lo hanno crivellato di colpi. A terra sono rimasti 21 bossoli di calibro nove di mitraglietta, mentre gli assassini sono ripartiti a bordo di un’auto poi ritrovata bruciata a poca distanza dalla zona del delitto. Le prime testimonianze raccolte dagli inquirenti ricostruiscono così l’agguato ai danni di Socrate Giolas, giornalista trentasettenne, che lascia una moglie e un figlio, direttore di una nota stazione radio ateniese e autore di un blog molto popolare dalle cui pagine spesso ha denunciato diversi scandali al centro delle cronache elleniche. E proprio per questo motivo le autorità hanno quasi da subito escluso la pista terroristica puntando il dito contro la criminalità organizzata. Secondo l'avvocato del giornalista assassinato, questi riceveva quotidianamente minacce e recentemente si stava occupando di casi legati alla corruzione e connivenze tra mafia e imprenditoria.
     
    Francia: guerriglia urbana
    A Grenoble, in Francia, trascorsa la prima notte di calma, dopo un fine settimana incandescente dovuto alla guerriglia urbana iniziata venerdì con la morte di un giovane in una sparatoria con la polizia. In poco più di 48 ore sono state incendiate un’ottantina di automobili, alcuni negozi dati alle fiamme. Nella tarda serata di ieri alcuni spari hanno raggiunto un’auto della polizia senza provocare vittime. Forti tensioni anche a Saint-Aignan, nel sud-ovest del Paese, dove nella mattina di ieri circa cinquanta di nomadi armati di asce e sbarre di ferro hanno attaccato la sede della gendarmeria per protestare contro la morte di uno di loro, un giovane 22.enne ucciso dopo aver violato un posto di blocco. Per evitare ulteriori scontri nella zona, sono stati schierati 300 agenti e militari con il preciso ordine di opporsi ad ogni forma di ripresa della violenza. Il ministro francese dell’Interno, Brice Hortefeux, si è recato sul posto e ha assicurato che le autorità hanno intenzione di riportare la tranquillità nella zona “al più presto possibile e con tutti i mezzi”.
     
    India: sciagura ferroviaria
    È di almeno 61 morti e 125 feriti il bilancio dell’ennesima sciagura ferroviaria avvenuta questa notte in una stazione nel nord dell’India, dove un treno in piena velocità ha urtato un altro convoglio che era fermo sullo stesso binario in attesa del via libera. Le cause sono ancora sconosciute ed è in corso un'inchiesta. Tra le ipotesi avanzate dalle autorità l’errore umano o malfunzionamento tecnico. Tuttavia, il ministro indiano delle ferrovie, Mamata Banerjee, che si è recata stamattina sul posto, ha detto di nutrire dei “sospetti” sulle cause dell'incidente. Sempre in West Bengala, lo scorso maggio, i ribelli maoisti avevano sabotato i binari, causando la morte 148 passeggeri che viaggiavano su un treno notturno a lunga percorrenza.
     
    Marea nera
    Un nuovo passo indietro nella corsa per fermare la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico. Tecnici governativi hanno individuato una perdita sospetta nei pressi del pozzo della Bp. Il governo federale ha chiesto alla Bp una sorveglianza maggiore “di ogni segnale che riveli peggioramento della situazione” e ha dato altre 24 ore di tempo per portare a termine il test sulla chiusura della falla sottomarina. Elena Molinari:
     
    Una perdita di petrolio è stata individuata poche ore fa sul fondo del Golfo del Messico. Il governo Usa vuole che la Bp riapra il pozzo chiuso da tre giorni da una struttura di contenimento. La buona notizia della chiusura della falla, che ha sputato greggio nel Golfo del Messico per 90 giorni, non è quindi durata molto. Ieri sera il coordinatore federale Thad Allen ha chiesto alla Bp una procedura per riaprire la valvola il prima possibile nel caso in cui la perdita debba essere confermata. La lettera è il segno di un braccio di ferro fra governo e British Petrolium. Il colosso del greggio vorrebbe, infatti, continuare a tenere chiuso il pozzo con il tappo fino all’attivazione di un pozzo alternativo. Ma già nella mattinata di ieri il governo federale americano aveva espresso dubbi sul funzionamento del tappo, chiedendo al Bp una sorveglianza maggiore, con periodica valutazione da parte degli scienziati del governo. I dubbi sorgevano dal fatto che i valori di pressione nel pozzo erano più bassi del previsto, dato che Bp attribuiva al fatto che il pozzo era in esaurimento e non all’apertura di una nuova perdita.
     
    Iran
    Un uomo condannato a morte per traffico di stupefacenti è stato impiccato nel nord-est dell'Iran. Salgono così ad almeno 89 le persone giustiziate dall'inizio dell'anno nella Repubblica islamica. E sul nucleare di Teheran oggi nuove affermazioni del leader Ahmadinejad che invita occidente e Stati Uniti ad abbandonare la ''logica del cow-boy'' per il dialogo ribadendo che le nuove sanzioni non fremeranno il programma nucleare.
     
    Nigeria: rilasciati quattro giornalisti in ostaggio
    Sono stati liberati dalla polizia i quattro giornalisti sequestrati una settimana fa nel sud della Nigeria. Secondo quanto riferito da fonti di sicurezza nell’operazione sono stati effettuati anche diversi arresti. Tuttavia uno dei cronisti liberati, Wahab Aoba, presidente dell’Unione dei giornalisti della Nigeria nello stato di Lagos, ha parlato di un rilascio avvenuto ieri in seguito alle “pressioni” esercitate “da più parti”. La notizia della liberazione stata comunque accolta con favore dal presidente Goodluck Jonathan, che ha sottolineato la necessità di migliorare le condizioni di sicurezza del Delta del Niger. Negli ultimi anni, soprattutto dopo la costituzione del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), è stato registrato un aumento dei sequestri e delle azioni di sabotaggio da parte dei guerriglieri in lotta contro il governo centrale e le compagnie che operano nella regione ricca di idrocarburi.
     
    Cina
    In Cina è lotta contro il tempo nel tratto di mare davanti al porto di Dalian per arginare la chiazza di petrolio di 50 chilometri quadrati, che venerdì notte si è riversata in mare dopo l’esplosione di due condutture della China National Petroleum Corporation, il principale gruppo petrolifero cinese. Secondo la tv di Stato, il greggio ha contaminato le acque al largo della provincia di Liaoning e gran parte delle zone circostanti. Nell’incidente, che non ha causato vittime, è esploso anche un secondo oleodotto. Il colosso petrolifero PetroChina, che controlla le due più grandi raffinerie a Dalian, ha appena messo appunto un piano d’emergenza. Sono tuttavia ancora da quantificare l’entità dei danni e delle perdite di petrolio provocate dall’incidente. In Cina è stato d’allerta anche per l’aumento del flusso d’acqua del bacino della diga delle Tre gole, che secondo le autorità cinesi potrebbe raggiungere entro domani a causa del maltempo, i 70 mila metri cubi.
     
    Italia
    Diciotto anni fa l’attentato a Palermo del giudice antimafia Paolo Borsellino, morto insieme a 5 giovani agenti della sua scorta. In un messaggio per l’occasione il capo dello Stato sollecita piena luce sulla stagione delle stragi e rinnova la richiesta alla società civile ad opporsi ad atteggiamenti di collusione e indifferenza rispetto al fenomeno mafioso. Da Palermo Alessandra Zaffiro:
     
    Dopo la veglia notturna cui ha partecipato un centinaio di persone, molte delle quali, ieri hanno aderito alla marcia delle agende rosse, questa mattina, a diciott’anni dalla strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, via D’Amelio è quasi deserta. Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha reso omaggio alle vittime della strage alla caserma Lungaro della Polizia di Stato, cui era presente anche il procuratore nazionale antimafia: “Non è stato solo mafia – ha detto Pietro Grasso - questo lo sapevamo da anni, ma non si può parlare di costi di indagine su cose passate. Il problema processuale è ormai quello di trovare gli elementi necessari per accertare la verità. Trovare la verità per la giustizia – ha concluso - è l’unico imperativo morale che dobbiamo perseguire”. Nella strada in cui scoppiò l'autobomba di Cosa nostra, dunque, la partecipazione dei palermitani, come ieri, è scarsa: restano il presidio delle agende rosse, composto da persone provenienti da tutta Italia, e gruppi di studenti che animeranno il luogo dell’eccidio con spettacoli e letture antimafia fino alle 16,55, ora della strage, quando sarà osservato un minuto di silenzio. “Mi sono stufata di contare le persone e di fare i confronti con l’anniversario della morte di Falcone - ha detto Rita Borsellino, sorella del giudice - Oggi c’è la gente che sceglie di esserci. La vera antimafia comunque si fa ogni giorno senza stare attenti ai numeri”. Nel pomeriggio un corteo partirà per raggiungere l’Albero Falcone; questa sera la fiaccolata cui parteciperà il presidente della Camera Gianfranco Fini, che si concluderà in via D'Amelio.
     
    Muore Eleonora Chiavarelli, la vedova di Aldo Moro
    È morta a Roma all’età di 95 anni Eleonora Moro, la vedova di Aldo Moro, lo statista democristiano ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio del 1978. A lei il presidente della Democrazia cristiana indirizzò alcune delle 86 lettere inviate dal carcere delle Brigate rosse. I funerali si svolgeranno oggi pomeriggio a Torrita Tiberina, nel paese dell’ex-leader democristiano dove la donna verrà sepolta nella tomba di famiglia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e di Elisa Castellucci)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 200

     
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