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Sommario del 17/07/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Gli insegnamenti di Benedetto XVI sulla riconciliazione: chi si riavvicina a Dio trova la pace
  • L'arcivescovo indiano, Francis Assisi Chullikatt, è il nuovo osservatore della Santa Sede all'Onu di New York
  • Padre Lombardi sulle nuove "Norme per i delitti più gravi": risposta efficace e durevole della Chiesa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La missione dell'Associazione Rondine in Caucaso: è l'amicizia l'"ingrediente" per far nascere la pace
  • Donne vittime degli ex: l'ondata di omicidi in Italia al vaglio del prof. Andreoli e del prof. Risé
  • La situazione degli africani in Italia delineata nell'ultimo Rapporto di Caritas Migrantes
  • Il commento al Vangelo della domenica di padre Bruno Secondin
  • Chiesa e Società

  • Il commento favorevole di un vescovo irlandese alle “Norme sui delitti più gravi”
  • India: “Amici della Bibbia” è il nuovo progetto dell’arcidiocesi di Bhopal in lingua hindi
  • Decine di migliaia di chierichetti al prossimo pellegrinaggio dei ministranti di Roma
  • La Caritas impegnata durante l’estate a L’Aquila in attività di animazione
  • “Dio nella società post-secolare”, un corso in programma ad Avila il prossimo 20 luglio
  • Leo Messi ad Haiti come ambasciatore Unicef a sei mesi dal terremoto
  • 24 Ore nel Mondo

  • Liberati 205 rifugiati eritrei rinchiusi nel carcere libico di Al Braq
  • Il Papa e la Santa Sede



    Gli insegnamenti di Benedetto XVI sulla riconciliazione: chi si riavvicina a Dio trova la pace

    ◊   Il senso del perdono e del peccato risuona nelle parole dell’acclamazione al Vangelo dell’odierna liturgia: “Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione”. Benedetto XVI si è più volte soffermato sul tema della riconciliazione, declinato anche attraverso le esperienze della penitenza e della conversione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
     
    Anche in questo tempo, segnato da molteplici sfide, sono in tanti a cercare un’autentica rinascita spirituale, una strada diversa da quella proposta dal materialismo e dall’individualismo. Sono in molti a voler intraprendere un cammino di vera riconciliazione, come sottolinea il Santo Padre nel discorso ai penitenzieri delle quattro Basiliche Papali, ricevuti in udienza il 19 febbraio del 2007:

     
    “Quante persone in difficoltà cercano il conforto e la consolazione di Cristo! Quanti penitenti trovano nella confessione la pace e la gioia che rincorrevano da tempo! Come non riconoscere che anche in questa nostra epoca, segnata da tante sfide religiose e sociali, vada riscoperto e riproposto questo Sacramento?”

     
    La via della riconciliazione può essere interrotta dal peccato che si frappone nell’incontro tra l’uomo e Dio. Ma di fronte a questo ostacolo, lo scoraggiamento non deve prendere il sopravvento. La luce della verità e della Misericordia vince ogni fragilità. Illumina anche le ombre più laceranti lungo il cammino della vita, come sottolinea Benedetto XVI incontrando, il 5 aprile del 2008, i partecipanti al Congresso internazionale “L’olio sulle ferite”. Una risposta alle piaghe dell’aborto e del divorzio”:
     
    “Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l'avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione”.

     
    Percorrere strada della riconciliazione significa anche dover “cambiare direzione nel cammino della vita” per abbandonare la via della “facile superficialità che caratterizza molto spesso il nostro vivere”. Si tratta di una “vera e propria inversione di marcia”, di una conversione che porta a Gesù, “meta finale” di questo itinerario di fede. Solo così - spiega il Papa durante l’udienza generale del 17 febbraio scorso - ci si può lasciar trasformare dall’amore di Cristo:
     
    “Conversione è andare controcorrente, dove la 'corrente' è lo stile di vita superficiale, incoerente ed illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale. Con la conversione, invece, si punta alla misura alta della vita cristiana, ci si affida al Vangelo vivente e personale, che è Cristo Gesù”.

     
    Ma questa via illuminata dalla Parola di Dio è spesso nascosta da strade apparentemente più facili, da distrazioni e distorsioni che offuscano la luce del Signore. I sacerdoti sono allora chiamati a rendere visibile questa via. Sono chiamati a guidare con coraggio il popolo di Dio, come sottolinea il Papa nell’udienza dello scorso 11 marzo, concessa ai partecipanti al Corso sul Foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica:
     
    “La ‘crisi’ del Sacramento della Penitenza, di cui spesso si parla, interpella anzitutto i sacerdoti e la loro grande responsabilità di educare il Popolo di Dio alle radicali esigenze del Vangelo. In particolare, chiede loro di dedicarsi generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare con coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo mondo, ma sappia compiere scelte anche controcorrente, evitando accomodamenti o compromessi”.

     
    Percorrendo la strada della riconciliazione, il peccato si dissolve nel perdono e nell’incontro eucaristico. A questo incontro si lega la missione della Chiesa attraverso un’autentica testimonianza cristiana. Una testimonianza che Benedetto XVI, durante la Santa Messa presieduta lo scorso 4 luglio a Sulmona, esorta sempre a rischiarare con la luce del Vangelo:
     
    “Desidero esortare i sacerdoti a farsi testimoni chiari e credibili della buona notizia della riconciliazione con Dio, aiutando l’uomo d’oggi a recuperare il senso del peccato e del perdono di Dio”.

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    L'arcivescovo indiano, Francis Assisi Chullikatt, è il nuovo osservatore della Santa Sede all'Onu di New York

    ◊   Benedetto XVI ha nominato oggi come nuovo osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York il 57.enne arcivescovo indiano, Francis Assisi Chullikatt, finora nunzio apostolico in Iraq e in Giordania. Si completa così il cambio della guardia alla rappresentanza vaticana del Palazzo di vetro, dopo che il Papa, lo scorso 30 giugno, aveva nominato nuovo nunzio apostolico in Polonia l’arcivescovo Celestino Migliore, che dal 2002 ricopriva la carica di osservatore pontificio all’Onu.

    Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1988, il presule ha prestato servizio nelle rappresentanze pontificie di Honduras, Africa meridionale, Filippine e anche presso l’Onu di New York; quindi ha lavorato presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Fino al 29 aprile 2006, quando Benedetto XVI lo ha nominato arcivescovo titolare di Ostra e nunzio apostolico per la Santa Sede in Giordania e Iraq, al posto dell’arcivescovo Fernando Filoni, attuale sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.

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    Padre Lombardi sulle nuove "Norme per i delitti più gravi": risposta efficace e durevole della Chiesa

    ◊   Ha avuto una diffusa eco nel mondo la pubblicazione, giovedì scorso, delle Norme aggiornate sui “Delitti più gravi”, con i quali la Congregazione per la Dottrina della Fede può procedere contro i crimini commessi a danno dei Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza e contro i casi di abuso sessuale perpetrati su minori da parte del clero. Si tratta – spiega il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi in questo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano – di un lungo percorso intrapreso dalla Chiesa sulla strada non solo di una grande purificazione, ma anche di un rinnovato slancio formativo:
     
    Con la pubblicazione delle nuove norme per trattare e punire i crimini di abusi sessuali su minori da parte di membri del clero, la Chiesa ha fatto un passo avanti importante nell'affrontare la questione con risposte durevoli e di impatto profondo. Le leggi, chiare e conosciute, sono infatti un orientamento indispensabile per una grande comunità, come è la Chiesa cattolica, che deve avere sue norme comuni, autonome rispetto a quelle dei moltissimi Paesi diversi in cui vive. Paesi nei quali, tuttavia, le giuste leggi civili vanno ovviamente rispettate e messe in pratica dagli uomini della Chiesa, come da ogni cittadino, anche per quanto riguarda i crimini di abuso.

     
    Con le nuove norme canoniche i procedimenti possono essere più rapidi ed efficaci, i tribunali ecclesiastici possono venire più facilmente dotati di personale laico competente, il tempo per la prescrizione viene raddoppiato e rimane sempre possibile la deroga ulteriore, vengono esplicitamente presi in considerazione nella loro gravità i casi di abuso su persone adulte ma con limitato uso di ragione e la pedopornografia.

     
    Naturalmente, la legge è necessaria, ma non è tutto. Vi è un impegno educativo, di formazione del clero e del personale che opera nelle istituzioni collegate alla Chiesa, di informazione e prevenzione, di dialogo e cura personale nei confronti delle vittime… Un campo immenso su cui la Chiesa si è mobilitata, con l'impulso del Papa, in tanti Paesi. Per parte sua, la Congregazione per la Dottrina delle Fede continua a lavorare per dare aiuto agli episcopati nel formulare direttive locali coerenti ed efficaci. La nuova legge è importantissima, ma noi sappiamo bene che il nostro impegno per una testimonianza più evangelica e pura deve essere di lungo corso.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un nuovo Caravaggio: in cultura, Lydia Salviucci Insolera sulla scoperta, nel quarto centenario della morte dell'artista, del "Martirio di san Lorenzo". Con un articolo di Pietro Caiazza sull'individuazione della sua casa romana, al civico 22 del vicolo del Divino Amore, a Campo Marzio.

    Se la dignità è anoressica: Paolo Becchi sulla fragile identità dell'uomo nella società post-secolare.

    Dietro l'intonaco una Madonna del VII secolo: un prezioso affresco scoperto nella basilica di Santa Sabina a Roma.

    Perché padre Brown ha scelto di fare il detective: un capitolo dal libro di Lucio Coco "Figure spirituali. Volti e voci dell'esperienza religiosa nella creazione letteraria".

    Nell'informazione internazionale, la visita dell'arcivescovo Dominique Mamberti in Libano.

    Nell'informazione vaticana, la visita del cardinale Leonardo Sandri in Eritrea.

    In difesa della vita: nell'informazione religiosa, una nota dell'episcopato degli Stati Uniti.

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    Oggi in Primo Piano



    La missione dell'Associazione Rondine in Caucaso: è l'amicizia l'"ingrediente" per far nascere la pace

    ◊   Nel Caucaso, a volo di rondine, per una missione di pace e per rinsaldare amicizia e cooperazione tra le popolazioni caucasiche. Sono le finalità del viaggio in Caucaso, nell’ambito del progetto “Venti di pace sul Caucaso”, promosso in questi giorni dall’Associazione Rondine Cittadella della Pace. Sul significato di questo viaggio, Fabio Colagrande ha intervistato una ragazza di origini caucasiche che partecipa all’iniziativia, Anna Gorokhovatskaya, da un anno a Rondine:
     
    R. – Questo viaggio significa portare esperienza, portare la speranza ai popoli nel Caucaso. Significa che è possibile vivere in pace insieme, che è possibile creare progetti insieme, che è possibile creare la realtà adesso e creare la realtà nel futuro. Solo noi giovani possiamo migliorare e risolvere i nostri problemi, i nostri conflitti: il futuro è tutto nelle nostre mani.

     
    D. – Anna, perché, secondo te, nel Caucaso continuano ad esserci diversi conflitti? Cosa c’è che porta questa conflittualità nella regione in cui sei nata?

     
    R. – Io penso che questa difficoltà sia nata dal fatto che molto spesso noi non sappiamo chi sia il nostro vicino, non vogliamo approfondire i contesti individuali e tradizionali. Viviamo la situazione da un solo punto di vista. Con “Rondine”, però, noi possiamo allargare questo punto di vista e io penso che questo ci aiuterà molto a valutare le situazioni e a capire che la ragione non è da una sola parte e che è possibile che tutti stiamo sbagliamo: ma comunque, dobbiamo trovare un’unica strada.

    Ma quale è il "motore" dell’Associazione Rondine? Risponde, sempre al microfono di Fabio Colagrande un ragazzo israeliano che partecipa al viaggio, Guy Frishman, da due anni a Rondine:
     
    R. – Penso che la cosa più significativa che si possa dire a Rondine è l’amicizia. Ci sono tante associazioni che lavorano, e posso dire che le cose che fa “Rondine” sono sempre amplificate dall’amicizia, che è il nostro strumento e la nostra migliore fonte di successo.

     
    D. – Tu, Guy, vieni da una terra – Israele – che purtroppo da decenni è coinvolta in un conflitto. Credi veramente che la diplomazia della pace di “Rondine”, il modo di cercare la pace, il dialogo di “Rondine” sia applicabile a vari conflitti sulla terra, anche quello che riguarda israeliani e palestinesi?

     
    R. – Certo. Appunto, è l’amicizia la nostra potenza in questo senso. Io vivo qui con diversi ragazzi del Libano, della Palestina, Paesi con cui Israele ha conflitti abbastanza duri, abbastanza lunghi. Ma qui, l’amicizia si crea molto rapidamente. Il fatto che siamo ragazzi che sono sui diversi fronti del conflitto, che lavoriamo insieme, rende le cose facciamo tanto più potenti, più vere, più serie.

     
    D. – Naturalmente, Guy, poi ci sono anche discussioni politiche tra di voi…

     
    R. – A volte, sì. Però, comunque, la nostra soluzione finale per il conflitto è piuttosto chiara, perché crediamo tutti che l’unica soluzione sia quella di vivere insieme in pace. Tutte le altre questioni riguardano aspetti strutturali, istituzionali, che però possono essere risolte anche tramite il compromesso. La cosa più importante è quella che noi viviamo qui insieme: siamo amici. (Montaggi a cura di Maria Brigini)

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    Donne vittime degli ex: l'ondata di omicidi in Italia al vaglio del prof. Andreoli e del prof. Risé

    ◊   Nelle ultime settimane in Italia sono stati 14 gli omicidi che hanno visto vittime donne uccise da ex mariti o da ex fidanzati. Un fenomeno in crescita che suscita allarme e pone diversi interrogativi. Motivo delle violenze, la decisione delle donne di rompere la relazione instaurata con il proprio partner. Molte le letture di questi gesti: la più comune è un’accentuata fragilità dell’uomo, che non sopporta l’idea di perdere qualcosa che sente di possedere e a cui si è aggrappato. Ma c’è anche un livello culturale e sociale sul quale riflette lo psichiatra, Vittorino Andreoli, al microfono di Adriana Masotti:
     
    R. – Questa società che noi chiamiamo ultra-civile, ultra-tecnologica, in realtà sta regredendo, perché è una società che non dà importanza alla cultura, che ha dimenticato i principi, e quindi non c’è più nemmeno il principio del rispetto umano. E’ chiaro che la cultura è una forza importante per frenare tutte le pulsioni, l’istintualità, la nostra – chiamiamola pure – biologia. E forse va anche detto che in questo senso la religione vissuta, il sentirsi cioè parte di un mondo con un tutto un senso di grande solidarietà e di amore, riusciva a porre un freno. Forse, la perdita della cultura e comunque una minore affezione a quello che era il rapporto con il cielo, ha liberato qualcosa di primordiale. E’ vero che rispetto al passato noi siamo degli uomini del 21.mo secolo: ma dal punto di vista umano e affettivo siamo dei primitivi e il rischio è di usare la violenza, la forza per poter raggiungere semplicemente ciò di cui uno ha bisogno.
     
    D. – Ultimamente, in Italia, si sta discutendo molto sull’immagine della donna nelle pubblicità, in televisione, nei mass media e sembra che la donna appaia di nuovo vista solo come oggetto di godimento, un fattore estetico. Quanto incide anche questo modo di vedere la donna sulla violenza esercitata spesso dall'uomo su di lei?

     
    R. – E’ importantissimo, perché anche questa è una percezione culturale. Quindi, se la donna si riduce ad oggetto, è chiaro che se non rispetta le esigenze del proprio compagno o marito, diventa un oggetto da rompere. Si tenga poi presente che in questa società nessuno più medita sulla morte. Mancando anche questa percezione, ci si sente potenti ed uccidere diventa un fatto banale.

     
    D. – La donna sembra un po’ condannata a due ruoli estremi: oggetto di piacere e, dall’altra parte, colei che sa sacrificarsi e che si sacrifica anche per l’uomo. Ma perché è ancora tanto difficile considerare la donna una persona che sta a fianco dell’uomo, su un livello di parità, per costruire insieme la società?

     
    R. – Questo credo sia a causa di due errori. Il primo: continuare a considerare la donna un’appendice dell’uomo. Il secondo errore consiste nella non esistenza, da parte delle donne, di una convinzione forte per difendere quelli che sono i diritti di autonomia. Bisogna soprattutto considerare il valore della relazione tra l’uomo e la donna, perché è solo nella relazione, nello stare insieme, nell’amarsi e nell’aiutarsi che nasce poi il rispetto. Oggi, invece, il mettersi insieme - sovente sia da parte della donna che da parte dell’uomo - è semplicemente prendere un'occasione, forse non propriamente come quella di scegliere di andare in un ristorante o fare un viaggio, ma che certamente non ha quella preparazione, né quel senso profondo che invece un legame tra una donna e un uomo meriterebbe.

    Su questo stesso tema, Fabio Colagrande ha sentito il prof. Claudio Risé, psicoterapeuta, giornalista, scrittore e docente universitario, che offre una lettura del fenomeno in chiave più prettamente medico-psicologica:
     
    R. - Io vedo la crisi complessiva dell’identità maschile - che contrassegna in qualche modo gli ultimi decenni e non soltanto italiani, ma un po’ di tutto l’Occidente - caratterizzata dall’assenza della figura paterna o dalla presenza di padri poco consapevoli di quello che devono fare. Cosa c’entra questo con la strage di questi mesi? C’entra nel senso che non basta nascere di sesso maschile per essere uomini: se la persona non viene separata da un padre presente e consapevole della sua funzione dalla simbiosi con la madre, dalla quale nasce, questi maschi rimangono dipendenti da una figura femminile dalla quale non sanno staccarsi e senza la quale - come molti di loro hanno detto nei loro deliranti messaggi di addio - non sanno vivere. Non si costituisce quindi un soggetto separato, capace di affrontare la vita. Ciò genera dei fenomeni di violenta dipendenza verso delle donne sulle quali viene trasferita l’originaria dipendenza dalla madre, che non è mai stata interrotta da un padre consapevole e presente. In più, il fenomeno dei divorzi e delle separazioni non ha fatto altro che aggravare naturalmente queste manifestazioni, separando ancora di più i figli dai padri.

     
    D. - Dunque, professor Risé, secondo la sua analisi dietro questi delitti passionali c’è davvero un problema legato ad un modello educativo e a una idea di famiglia che forse vanno ricreati…

     
    R. - Assolutamente sì. Va completamente rivista la banalizzazione di tutti i discorsi sulla famiglia fatti negli ultimi anni e quindi l’equivalenza del ruolo genitoriale. Discorsi che affermano che padre e madre sono la stessa cosa, o il genitore unico va benissimo, perché tanto di questo padre in fondo non c’è neanche tanto bisogno. Ecco qua poi i risultati. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La situazione degli africani in Italia delineata nell'ultimo Rapporto di Caritas Migrantes

    ◊   Sono un milione gli africani che vivono in Italia, soprattutto nel nord del Paese. La metà ha un rapporto di lavoro dipendente e circa 61 mila sono titolari di imprese. Questi alcuni dei dati contenuti in “Africa-Italia: scenari migratori”, l’ultimo dossier di Caritas Migrantes, presentato ieri a Roma. Il rapporto, redatto sulla scia del sinodo dei vescovi africani dell’anno scorso, evidenzia la diminuzione dell’emigrazione clandestina ricordando che gli africani continuano a spostarsi maggiormente all’interno del continente. Il flusso verso l’Europa, però, non si arresta anzi è destinato a raddoppiare fino al 2050. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Maria Paola Nanni, della redazione centrale del Dossier statistico immigrazione:
     
    R. – Tra i Paesi europei, si prevede che l’Italia sia anche uno dei maggiori recettori, se vogliamo usare questo termine, di queste migrazioni, perché esse rispondono a delle esigenze interne alla società italiana, che attraversa un trend di invecchiamento molto accentuato. Per cui, c’è bisogno di nuovi innesti anche lavorativi, volendo ragionare in termini utilitaristici. E’ una presenza che può arrivare, che può contribuire alla nostra crescita. Il contributo dei migranti africani all’estero è sostanziale per la crescita dell’Africa. I migranti africani oggi inviano 40 miliardi di euro l’anno, sostanzialmente, ai loro Paesi di origine.

     
    D. – Gli africani però continuano a spostarsi soprattutto all’interno del continente...

     
    R. – Le migrazioni interne africane, che sono superiori a quelle che interessnao l’esterno, sono spesso, almeno nelle intenzioni del migrante, una tappa intermedia di un viaggio che si vorrebbe poi continuare, andando oltre. Si bloccano spesso i flussi anche da parte dei Paesi di partenza. Viene in mente, per esempio, come l’Algeria oggi consideri l’immigrazione irregolare un reato, un reato penale che può portare fino a sei mesi di reclusione. Quindi, ci sono anche dei forti controlli da parte degli Stati del Maghreb, che possono rendere particolarmente pericolose quelle traversate che si vogliono rendere regolari.

     
    D. – Sicuramente, anche l’accordo fra l’Italia e la Libia va in questa direzione. Ma che cosa è cambiato qualitativamente?

     
    R. – Qualitativamente è cambiato molto poco. Anche se tengo a sottolineare il fatto che sia un fenomeno relativo, estremamente poco importante, anche sul piano statistico, rispetto a flussi che invece si muovono regolarmente, al di là poi dell’importanza mediatica che quel fenomeno ha assunto. I flussi, in realtà, sono stati bloccati perché sono impedite le partenze. Nel caso specifico della Libia, non sono mutate le condizioni che spingono le persone ad andarsene, soprattutto perché in quel caso si tratta per lo più di persone in fuga da condizioni di instabilità, di pericolo, di conflitto: persone quindi che in Europa chiameremo richiedenti asilo, persone meritevoli di protezione internazionale.

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    Il commento al Vangelo della domenica di padre Bruno Secondin

    ◊   Nella 16.ma domenica del Tempo Ordinario, il Vangelo presenta il brano di Luca nel quale Gesù si ferma ospite in casa delle sorelle di Lazzaro, Marta e Maria. Alla richiesta della prima perché la sorella interrompa l’ascolto del Maestro e le presti aiuto nei servizi di casa, Gesù le risponde:

    “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”.  

    Su questo brano del Vangelo ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
     
    Quando viene un ospite a casa nostra, facciamo di tutto per farlo sentire a suo agio: a lui diamo il posto più importante, per lui prepariamo cibo speciale, vogliamo ascoltarlo con tutta calma. Così Marta, concreta donna di casa, si dà da fare in cucina per mostrare che si mette a disposizione di Gesù. Maria preferisce dargli la possibilità di dire quello che vuole comunicare. Due atteggiamenti di grande importanza, tutti e due segno di amore all’ospite.

     
    In realtà, Gesù cercava amici per dialogare, più che mensa abbondante. Maria lo aveva capito, e perciò preferisce stare ad ascoltare il Maestro, come discepola. Gesù però non disprezza la premura di Marta, ma la indirizza meglio. Poi quando muore Lazzaro, sarà Marta che mostrerà di aver capito meglio i suoi discorsi. Nonostante le faccende, aveva ascoltato attentamente e assimilato bene i discorsi.

     
    Senza ascoltare la Parola di Gesù, rischiamo di affaccendarci senza sapere perché. Ma anche tra le pentole si può ascoltare la sua parola, tenerlo d’occhio, e tutto prende un altro sapore. Ne era convinta anche Santa Teresa d’Avila. Ascolto e servizio: questa è fede pratica.

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    Chiesa e Società



    Il commento favorevole di un vescovo irlandese alle “Norme sui delitti più gravi”

    ◊   Soddisfazione è stata espressa dai vescovi irlandesi in merito alla pubblicazione delle “Norme sui delitti più gravi”, compiuti contro i Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza e nei casi di abusi sessuali commessi da esponenti del clero, la cui competenza spetta alla Congregazione della Dottrina della Fede. "La Chiesa cattolica ha un corpo di leggi, che rientrano nel diritto canonico, atte a promuovere il bene comune e per una governabilità coerente della Chiesa in tutto il mondo”, ha affermato il vescovo John McAreavey, vescovo di Dromore, nel nord dell’Irlanda. “La pubblicazione – prosegue – rafforza le norme della legislazione della Chiesa e copre tutte le violazioni del diritto di eccezionale gravità”. “Accolgo con grande favore questa pubblicazione completa e aggiornata che ci aiuterà a trattare con il crimine molto grave e con il peccato di abuso sessuale infantile”. "Mi compiaccio in particolare - afferma mons. McAreavey - del fatto che le nuove norme facciano riferimento a sanzioni contro coloro che abusano degli adulti vulnerabili. La gravità di queste violenze viene valutata alla pari delle brutalità nei confronti dei bambini e dei giovani. In questo modo, la Chiesa vuole sottolineare la dignità delle persone con esigenze particolari e il desiderio di assicurare loro sicurezza. Sono compiaciuto del fatto che siano stati apertamente esplicitati i reati di pornografia, pedofilia, relativi all’acquisizione, detenzione o divulgazione da parte di membri del clero. L’intento della Chiesa è di evidenziare il degrado orrendo dei bambini, che vengono utilizzati per la produzione di materiale pornografico”. Il presule è intervenuto anche su quella che ha definito una "equivalenza" tracciata dai media "tra l’ordinazione delle donne e gli abusi sessuali sui bambini". Questo, ha detto, "è infondato. Il primo caso riguarda i Sacramenti, il secondo l’immoralità. Il fatto che una serie di questioni sono trattate in un unico documento non implica, in alcun contesto, che tutte queste questioni siano equivalenti”. (C.F.)

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    India: “Amici della Bibbia” è il nuovo progetto dell’arcidiocesi di Bhopal in lingua hindi

    ◊   “Amici della Bibbia” è il nuovo sito internet - www.biblemitr.com - lanciato dall’arcidiocesi di Bhopal, in India, per diffondere la parola di Dio in lingua hindi. Diretto da padre Francis Scaria, il sito è consultabile in lingua sia inglese che hindi e, oltre ai passi biblici, riporta le Letture del giorno e le preghiere tradizionali in lingua locale. L’iniziativa - informa una nota dell’arcidiocesi - si accompagna ad un progetto più ampio, chiamato “Bible 4U” (La Bibbia per te), avente l'obiettivo primario di “assicurare a tutti i fedeli una copia personale della Bibbia, in modo da incoraggiarli ad offrire la loro testimonianza cristiana in una zona a maggioranza indù”. Da qui, deriva l'esigenza di fornire una versione in lingua hindi del Nuovo Testamento a tutti i 15 mila cattolici della regione. “La distribuzione della Bibbia - informa l’arcivescovo Bhopal, Leo Cornelio - dovrebbe essere completata nel giro di un mese. La Bibbia viene donata gratuitamente, ma si accetta un contributo libero.” In un Paese di 60 milioni di abitanti, in cui i cristiani rappresentano poco meno del 1%, "per condurre una vita pia, dobbiamo ispirarci alla Bibbia, poiché la mancanza di fede può portarci lontano dal gregge". "Le persone vivono in un ambiente molto ostile - conclude il presule - soggette all’influenza del materialismo. Leggere ogni giorno la Parola di Dio, allora, le aiuterà a darne testimonianza nella loro vita”. (F.C.)

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    Decine di migliaia di chierichetti al prossimo pellegrinaggio dei ministranti di Roma

    ◊   “Abbeverarsi alla vera fonte” è il motto del pellegrinaggio internazionale dei ministranti, che si svolgerà a Roma dal 2 al 4 agosto prossimo. All’evento, organizzato dal “Coetus Internationalis Ministratium” (Cim), parteciperanno chierici e chierichetti di oltre 12 Paesi. Per la Germania - riferisce l'’agenzia Sir - saranno presenti 45 mila giovani pellegrini, mentre ottomila sono attesi da altre nazioni europee, tra cui l’Austria, l’Ungheria, la Francia, la Romania e la Svizzera. Per i tedeschi, la manifestazione è coordinata dall’Ufficio della pastorale giovanile della Conferenza episcopale tedesca (Afj). Responsabile del pellegrinaggio per l’Afj sarà Peter Hahnen, che è anche direttore del team organizzativo europeo del pellegrinaggio e vicepresidente del Cim. L’incontro culminerà il 3 agosto con i Vespri in piazza San Pietro e il giorno successivo con l’udienza generale con Papa Benedetto XVI. (E.C.)

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    La Caritas impegnata durante l’estate a L’Aquila in attività di animazione

    ◊   “Saranno circa 1.500 i volontari che nel corso di quest’estate presteranno servizio in Abruzzo, ripetendo l’esperienza vissuta lo scorso anno da altri giovani”. Lo rende noto all’agenzia Sir Danilo Feliciangeli, del Centro di coordinamento di Caritas italiana a Coppito. “I volontari – provenienti dalle diocesi di tutta Italia e da diverse realtà del mondo ecclesiale – presteranno servizio all’interno dei diversi ambiti in cui sono impegnate le delegazioni Caritas”. Tra le attività previste, l’animazione con i bambini ha portato all’organizzazione di 13 campi estivi nell'ambito dell’iniziativa “un’estate a colori”, che vedrà il raduno di tutti i partecipanti per un pomeriggio di festa a Murata Gigotti. Attività di animazione saranno organizzate anche negli alberghi, dove ancora si trovano a vivere circa tremila persone. Altri gruppi si occuperanno, invece, di lavori manuali per prestare aiuto alle parrocchie nella realizzazione di piccoli lavori di manutenzione e pulizia. “Continuerà anche – spiega Feliciangeli – la presenza e il lavoro di ascolto e accompagnamento nelle comunità, con un’attenzione particolare ai nuovi villaggi”. (C.F.)

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    “Dio nella società post-secolare”, un corso in programma ad Avila il prossimo 20 luglio

    ◊   "Dio nella società post-secolare" sarà il tema del corso in programma ad Avila il prossimo 20 luglio. Presenti la Facoltà di Teologia San Damaso, l'Università Ceu San Paolo e l'Università cattolica di Avila. “La religione nella società contemporanea, l'immagine di Dio nella cultura attuale e l'esperienza del trascendente sono i temi che saranno trattati durante il corso, che si terrà nel Reale Monastero di San Tommaso, ad Avila Tomás, fino al 23 luglio”. Lo rende noto l’agenzia Sir. Interverranno teologi, professori universitari ed esperti di diverse istituzioni. Tra i conferenzieri, il corso potrà contare sulla presenza del cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e gran cancelliere delle Facoltà e Centri accademici San Damaso. L'intervento del porporato verterà su “Annunciare Dio nella società spagnola contemporanea”. Tra gli altri relatori, Sergio Belardinelli, coordinatore del Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, che aprirà il corso con una relazione sul tema “Dio: la domanda immortale”; mons. Sáez Yuguero, rettore dell'Università cattolica di Avila; Rafael Sánchez Saus, rettore dell'Università Ceu San Paolo; Javier Prades López, delegato del gran cancelliere delle Facoltà e Centri accademici San Damaso, e Alfredo Dagnino, gran cancelliere delle Università Ceu San Paolo. (C.F.)

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    Leo Messi ad Haiti come ambasciatore Unicef a sei mesi dal terremoto

    ◊   La star del calcio argentino ed europeo, Leo Messi - la cui maglia di club, il Barcellona, porta l'emblema dell'Unicef - è diventato lo scorso marzo “Goodwill Ambassador” dell’organizzazione umanitaria. Da ambasciatore si è recato in missione di un giorno ad Haiti, visitando Carrefour Aviation, un campo dove 50 mila haitiani, che hanno perso la casa durante il terremoto del 12 gennaio scorso, vivono nelle tende. Messi ha anche visitato il contingente argentino della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (Minustah), ascoltando la loro esperienza nella gestione di un ospedale da campo dopo il terremoto. Nella stessa giornata, Messi ha incontrato lo staff dell'Unicef, discorrendo sulle molte sfide che devono affrontare nel servizio di assistenza al governo haitiano e alla gente, dopo la catastrofe che è costata la vita a 220 mila persone e che ha lasciato distrutta la capitale. L’argentino - premiato lo scorso anno con il Pallone d'oro, il maggior riconoscimento internazionale per un calcatore - è arrivato in poco tempo ai vertici del calcio mondiale ed oggi, grazie alla sua notorietà, svolge un ruolo di rilievo ad Haiti nell’aiutare i bambini più vulnerabili del mondo. Nonostante alcuni progressi, in questo Paese più di 1,2 milioni di bambini sono esposti a sfruttamento e abusi: 800 mila vivono in tende, in insediamenti spontanei in cui mancano servizi igienici adeguati e hanno accesso limitato all'acqua potabile, all’istruzione e ai servizi sanitari. L'Unicef sta lavorando senza sosta a fianco del governo haitiano per fornire un sostegno continuo a questi bambini, per assicurare loro l'accesso a quei servizi atti a vivere, crescere e diventare protagonisti nello sviluppo del loro Paese. (C.F.)

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    24 Ore nel Mondo



    Liberati 205 rifugiati eritrei rinchiusi nel carcere libico di Al Braq

    ◊   Si è conclusa positivamente stamani la vicenda dei 205 rifugiati eritrei detenuti in condizioni drammatiche da 16 giorni nel carcere di Braq, nel sud della Libia. Sono stati rilasciati insieme con gli altri connazionali rinchiusi nei centri di detenzione di varie zone del Paese. In tutto sarebbero 400. Secondo fonti locali, prima del rilascio i rifugiati sarebbero stati ascoltati dalla commissione d'inchiesta istituita dal leader libico Gheddafi e avrebbero ribadito di non volere lasciare il Paese e di dichiararsi richiedenti asilo. Soddisfazione è stata espressa in ambito internazionale anche se restano poco chiare le condizioni del rilascio. A seguire da vicino la vicenda Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i Rifugiati. Sentiamolo al microfono di Gabriella Ceraso:
     
    R. – Sono stati liberati tutti quanti e poi, trasferiti a Sebah, hanno ricevuto un documento libico valido per tre mesi che permette anche di lavorare in Libia. Per rinnovare questo documento libico si dovrebbe presentare un passaporto eritreo e, naturalmente, questo per loro è impossibile. Questo, comunque, si vedrà in un secondo momento.
     
    D. – Quindi, rispetto a quelli che erano gli accordi per il loro rilascio, a quei “lavori socialmente utili” che erano stati citati, che cosa è cambiato?

     
    R. – Su questo non abbiamo ancora un’idea molto chiara. Mi sembra però che loro siano liberi di muoversi, che possano lavorare presso i comuni. Non mi risulta che ci sia un obbligo in questo senso. Comunque questo è di minore importanza. Innanzitutto, devo dire che siamo molto contenti per loro che sono finalmente liberi. Pensiamo che comunque l’attenzione che c’è stata in Italia - ma anche a livello internazionale – abbia certamente avuto un impatto molto importante.

     
    D. – Lei ritiene che siano sufficientemente protetti in questa fase?

     
    R. – Naturalmente non sono sufficientemente protetti perché non hanno uno status di rifugiati, non sono richiedenti asilo perché non esiste questa possibilità in Libia. La loro è una protezione temporanea e fragile e, certamente, non rispecchia la loro vera condizione di rifugiati. Non siamo tranquilli, però siamo convinti che è un primo passo dal punto di vista della sopravvivenza e per evitare anche la deportazione verso l’Eritrea. Poi sarà necessario seguire la situazione e penso che proprio l’Italia, sulla base degli impegni presi e delle responsabilità che risultano dal trattato di amicizia tra Libia e Italia, certamente avrà ancora, nel futuro, un ruolo fondamentale di garante.

     
    D. – Certo, sarebbe più sicuro che si potessero reinsediare in un altro Paese, in un Paese europeo…

     
    R. – Questa richiesta rimane. Abbiamo chiesto anche un incontro con il ministro dell’Interno Maroni per presentare le nostre proposte concrete. C’è naturalmente anche una condivisione di responsabilità attraverso un programma ad hoc di re-insediamento di un certo numero di rifugiati che rimane assolutamente in piedi come richiesta e soluzione.

     
    D. – A livello di tutela dei diritti umani, a livello di rispetto e di convenzioni internazionali, a livello di condizioni carcerarie, questo episodio ha insegnato qualcosa e soprattutto può costituire un precedente per sbloccare eventuali situazioni simili?

     
    R. – Innanzitutto bisogna dire che quando si fanno accordi con i cosiddetti Paesi terzi, fuori dall’Unione Europea – sia la Libia che altri Paesi – a livello bilaterale o anche multilaterale, la questione dei diritti umani in generale e all’interno di questi il diritto d’asilo deve essere un punto fondamentale del negoziato. Questa penso sia una lezione che interessa anche l’Unione Europea e quindi non ci può essere un negoziato sul commercio, sul turismo, sullo scambio di servizi e capitali e così via se non c’è questa dimensione.

    Poco dopo la liberazione, la collega della redazione francese della nostra emittente, Mathilde Auvillain, è riuscita a raccogliere telefonicamente la testimonianza di uno dei rifugiati eritrei, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza:
     
    R. – Here we are over 200 Eritreans...
    Qui siamo più di 200 eritrei e vaghiamo per la città. Siamo indifesi, non abbiamo cibo, acqua. Le autorità del governo libico ci hanno detto che siamo liberi dal carcere di Braq. Poi ci hanno portati a Sebha ma senza carta d’identità che ci consentirebbe di muoverci liberamente in Libia. Ci hanno portato a Sebha e ci hanno detto di chiedere il documento di identificazione. Lo abbiamo richiesto e siamo rimasti nel centro di detenzione di Sebha per una notte. Adesso ci hanno fatto lasciare questo centro di detenzione e ora noi giriamo per la città, indifesi, senza cibo, acqua e nessuno che ci aiuti. Inoltre, essedo chiuso tutti i checkpoint, non ci è permesso di andare a Tripoli. Noi siamo richiedenti asilo e rifugiati politici e abbiamo bisogno della protezione da parte della comunità internazionale. Con amarezza, e essendo in grande necessità, ci rivolgiamo alla comunità internazionale affinché si trovi una soluzione. La trovi per noi che siamo stati oppressi, per noi che siamo stati torturati, per noi che siamo rimasti senza tutela in questo mondo.
     
    Pakistan
    Ancora violenza in Pakistan. E’ di 18 vittime il bilancio dell'attacco a un convoglio scortato da forze di sicurezza da parte di un gruppo di miliziani integralisti. Il convoglio viaggiava verso la città di Peshawar da Parachinar, nella regione tribale di Karrum nel nord ovest del Paese. La scorsa settimana in un attacco simile rimasero vittima 11 persone.
     
    Afghanistan
    ll segretario di Stato Usa Hillary Clinton è partita alla volta dell'Afghanistan, in vista della riunione dei ministri degli Esteri che si terrà a Kabul il prossimo 20 luglio. La Clinton ribadirà il sostegno di Washington al presidente afghano Hamid Karzai chiedendo però l’attuazione di tutte le riforme previste. Oltre all'Afghanistan, il segretario di Stato sarà in Pakistan, con l'obiettivo anzitutto di rafforzare la difficile cooperazione tra Islamabad e Kabul. Intanto sul terreno non si ferma la violenza. Il ministero della Difesa britannico ha annunciato la morte di due soldati del suo contingente colpiti in due distinte esplosioni nel sud del Paese. In Italia è invece previsto per oggi l’arrivo di due dei tre militari italiani feriti ieri in uno scontro a fuoco.
     
    Turchia attentato
    Feroce attacco in Turchia poche ore fa contro il quartier generale della polizia a Pervari, nel sud-est del Paese. Militanti del Pkk, il movimento separatista curdo, hanno impiegato lanciarazzi e fucili provocando un duro scontro con le forze di sicurezza. Otto gli agenti rimasti feriti.
     
    Messico
    Non si ferma in Messico la spirale di violenza tra gang di narcotrafficanti. Nel mirino dell’attentato di ieri notte a Ciudad Juarez, le forze dell’ordine. L’attacco terroristico coincide con la pubblicazione dei dati sulla violenza in Messico, secondo cui, dal 2010 sono già oltre 7.000 i morti per attentati compiuti dai killer del narcotraffico. Il servizio di Marco Guerra:
     
    Una macchina imbottita di dieci chilogrammi di esplosivo e un telefonino per attivare la carica. La modalità mai usata finora a Ciudad Juarez, secondo gli inquirenti segna un pericoloso salto di qualità nella guerra per il controllo del mercato della droga che sta scuotendo il Messico. L'auto-bomba, posteggiata in una delle arterie più importanti della città, ha provocato la morte di quattro persone fra cui due agenti polizia. L’attacco dinamitardo fa seguito all'arresto, qualche giorno fa, di uno dei capi del braccio armato del cartello del narcotraffico locale. E sempre nelle ultime 24 ore il ministro dell’Interno messicano ha dato notizia di un duro scontro a fuoco in una località al confine con lo stato Usa del Texas. Nella sparatoria durata almeno due ore sono morti 9 criminali, due civili e un militare. Ventuno i feriti. Questi ultimi episodi confermano un livello dello scontro mai raggiunto prima, come dimostrano i dati diffusi ieri dal procuratore generale della repubblica, Arturo Chavez, secondo cui dall'inizio del 2010, sono oltre 7.000 i morti per attentati e attacchi da parte dei cartelli del narcotraffico, a fronte delle 9000 vittime registrate nell’intero 2009 e nonostante il governo abbia rafforzato la presenza dei militari nelle zone più a rischio.
     
    Marea Nera
    A 24 ore dall'inizio del test di integrità sul pozzo petrolifero della compagnia Bp nel Golfo del Messico non ci sono segnali di perdite dalla nuova cupola di contenimento. Per la prima volta dall'incidente del 20 aprile scorso, sembra si sia completamente fermata la fuoriuscita di greggio dalla falla a 1.500 metri di profondità. Il tappo di contenimento utilizzato dai tecnici sta resistendo alle prove di pressione. Soddisfazione e cautela da parte della Casa Bianca e della compagnia petrolifera britannica.
     
    Australia elezioni
    La premier laburista australiana Julia Gillard, succeduta a Kevin Rudd tre settimane fa, ha convocato elezioni anticipate per il prossimo 21 agosto. Julia Gillard, nominata primo ministro dal gruppo parlamentare laburista, ha deciso di convocare al più presto la consultazione con l’obiettivo di fruttare la sua “luna di miele” con gli elettori. L’opposizione è invece guidata dal cattolico, ex seminarista Tony Abbott, anch’egli nominato di recente. E' il terzo a guidare il partito conservatore dopo la sconfitta del novembre 2007. Per vincere Abbott, ha bisogno di almeno 13 dei 150 seggi alla Camera. Secondo i sondaggi, i laburisti sono nettamente favoriti per la conquista del secondo mandato triennale esecutivo.
     
    Cina tifone
    E’ giunto in Cina il tifone Conson, proveniente dalle Filippine dove ha provocato oltre 50 morti. Il forte vento e le piogge si sono abbattute sull’isola turistica di Hainan causando due vittime e gravi danni. Quasi 40.000 persone sono state evacuate per precauzione dalle loro abitazioni. E ora il tifone si dirige verso Vietnam.
     
    Francia
    Francia. Violenti scontri si sono registrati questa notte a Grenoble nel quartiere popolare di Villeneuve tra giovani e agenti di polizia. 2 i fermati e 60 auto incendiate. A scatenare i tafferugli la morte di un ventisettenne, Karim Boudouda, che il giorno prima aveva rapinato un casinò, rimanendo poi ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 198

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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