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Sommario del 12/07/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Vero culto di Dio è cessare di fare il male e imparare a fare il bene: la Parola della liturgia odierna
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Haiti a sei mesi dal terremoto: drammatica la situazione dei bambini
  • Spagna in festa per la vittoria ai mondiali. L’arcivescovo di Accra: ora l'Africa è più unita
  • Attentati in Uganda: oltre 60 morti
  • Mons. Shomali: un muro contro la libertà
  • Chiesa e Società

  • Europa: le Chiese chiedono di superare la povertà con una "sana collaborazione"
  • India: missionario che dirige due scuole costretto a lasciare il Kashmir
  • Pakistan: a Lahore solidarietà interreligiosa ai sufi colpiti dal terrorismo
  • Indonesia: per il vescovo di Jayapura in Papua il problema vero è la corruzione
  • I vescovi di El Salvador: il presidente ponga il veto alla lettura obbligatoria della Bibbia nelle scuole
  • Uruguay: cordoglio degli operatori pastorali dopo la morte di 12 detenuti in un incendio
  • Colombia: mons. Salazar Gómez, neo arcivescovo di Bogotà, conclude la Plenaria episcopale
  • Brasile: messaggio finale del Congresso Missionario dei seminaristi
  • Alluvioni nel sud della Cina: a rischio la diga del Wenquan
  • Cambogia: l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Takeo diventa ente dello Stato
  • Sinodo anglicano di York: lontano l’accordo sulla nomina di donne vescovo
  • Spagna: inizia a Burgos la Settimana di Missiologia
  • Costa d'Avorio: l'Alleanza biblica cerca fondi per stampare la Bibbia nelle lingue locali
  • Etiopia: in crescita tra i giovani il movimento carismatico
  • Gerusalemme: nuove nomine al Capitolo della Custodia di Terra Santa
  • Corea del Sud: il settimanale dell’arcidiocesi di Seul scaricabile sull’iPhone
  • I bambini delle parrocchie di Hong Kong alla scoperta del seminario
  • Corso di studi cristiani alla Cittadella di Assisi su "Passione laica e profezia"
  • Roma: incontro internazionale per religiose all’Ateneo Regina Apostolorum
  • Messa nelle grotte di Gubbio per la festa di san Benedetto, patrono degli speleologi
  • La reliquia del cuore di San Camillo da Roma è giunta in Irlanda
  • 24 Ore nel Mondo

  • Stasera in Spagna i primi prigionieri politici rilasciati da Cuba con la mediazione della Chiesa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Vero culto di Dio è cessare di fare il male e imparare a fare il bene: la Parola della liturgia odierna

    ◊   Vero culto di Dio è cessare di fare il male e imparare a fare il bene: la comunità ecclesiale è chiamata ad ascoltare questa Parola che ci propone la liturgia odierna. Un’esortazione che il Papa non smette di rilanciare: è l’invito alla coerenza, a non creare fratture tra vita e fede. Il servizio di Sergio Centofanti:
     
    Nella prima lettura odierna il profeta Isaia fustiga la religiosità esteriore, facendosi voce di Dio che grida a quanti hanno corrotto la fede: “Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? … Smettete di presentare offerte inutili … non posso sopportare delitto e solennità … anche se moltiplicaste le preghiere io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi … cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia”. Il Papa ricorda che talora la nostra religiosità è intrisa dell’avidità dei mercanti del Tempio. Ne esce una tragica controtestimonianza:

     
    “Tutto ciò deve oggi far pensare anche noi come cristiani: è la nostra fede abbastanza pura ed aperta, così che a partire da essa anche i ‘pagani’, le persone che oggi sono in ricerca e hanno le loro domande, possano intuire la luce dell’unico Dio, associarsi negli atri della fede alla nostra preghiera e con il loro domandare diventare forse adoratori pure loro? La consapevolezza che l’avidità è idolatria raggiunge anche il nostro cuore e la nostra prassi di vita? Non lasciamo forse in vari modi entrare gli idoli anche nel mondo della nostra fede? Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario?” (Omelia, 16 marzo 2008)

     
    Il Salmo 49 ci ricorda che “chi offre la lode in sacrificio” onora in modo autentico Dio, mentre Gesù, nel Vangelo secondo Matteo, afferma che “chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita” per causa sua, la troverà. La Croce di Cristo è il vero sacrificio, i veri adoratori si conformano a Lui:

     
    “Solo ‘l’amore sino alla fine’, solo l’amore che per gli uomini si dona totalmente a Dio, è il vero culto, il vero sacrificio. Adorare in spirito e verità significa adorare in comunione con Colui che è la verità; adorare nella comunione col suo Corpo, nel quale lo Spirito Santo ci riunisce”. (Omelia, 16 marzo 2008)

     
    “Non prenderò vitelli dalla tua casa, né capri dai tuoi ovili” leggiamo nel Salmo: la vera novità della fede non è quanto facciamo noi, ma quanto ha fatto il Signore:

     
    “Il cristianesimo non è un moralismo, non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico: Dio dà se stesso, il suo essere, il suo amare precede il nostro agire e nel contesto del suo Corpo, nel contesto dello stare in Lui, identificati con Lui, nobilitati con il suo Sangue, possiamo anche noi agire con Cristo. Ma l’etica è conseguenza dell’essere … dobbiamo solo agire secondo la nostra nuova identità. Non è più un’obbedienza esteriore, ma una realizzazione del dono del nuovo essere”. (Discorso, 13 febbraio 2010)

     
    Il Vangelo sottolinea che Gesù non è venuto a portare la pace sulla terra ma la spada, la spada di una Parola di verità:

     
    “Senza verità la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell'amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario”. (Discorso, 29 gennaio 2010)

     
    Il vero culto a Dio – afferma Isaia – è questo: soccorrere l’oppresso, rendere giustizia all’orfano, difendere la causa della vedova. E il primo atto della giustizia – ricorda il Papa – è riconoscersi peccatori. Gesù, tuttavia, di fronte al continuo fallimento degli uomini, non viene a condannare ma a salvare:
     
    “Egli non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti agli estremi della loro vita e al margine della società. Gesù mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell’amore. E così dice a noi che cosa per sempre farà parte del giusto culto di Dio: il guarire, il servire, la bontà che risana”. (Omelia, 16 marzo 2008)

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato promotore di giustizia aggiunto presso il Tribunale della Rota Romana il rev. Antonios Chouweifaty, sacerdote della Congregazione dei Missionari Libanesi Maroniti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La logica della carità è la logica di Cristo: all'Angelus il Papa ricorda san Benedetto da Norcia, patrono del suo Pontificato.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il Sudan, segnato da continue violenze.

    Quant'è facile incendiare: in cultura, Umberto Broccoli in merito alle dichiarazioni di Michael Kimmelman (al "New York Times") sui mali di Roma.

    Quelle strane donne impegnate in politica: Rossella Fabiani sulla georgiana Nino e le figure femminili nell'antichità cristiana.

    Che brutte le chiese originali per forza: Enrico Maria Radaelli al convegno "Architettura e arte sacra alla luce del pensiero di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI".

    Conclusi i mondiali di calcio con la vittoria della Spagna: i contributi di Sandro Mazzola, Gianni Rivera e Damiano Tommasi. Con una breve nota dal titolo "La legge del polpo".

    L'orchestra dei neuroni: Massimo Piccirilli sulle nuove tecnologie che promettono di fornire conoscenze dettagliate sulla relazione che lega la musica ai processi mentali.

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    Oggi in Primo Piano



    Haiti a sei mesi dal terremoto: drammatica la situazione dei bambini

    ◊   Sei mesi fa, il 12 gennaio 2010, il terribile terremoto ad Haiti, in cui sono morte oltre 230 mila persone e centinaia di migliaia sono rimaste senza casa. E, la situazione in questi mesi permane grave per la popolazione colpita dal sisma. Tante le organizzazioni sul posto che garantiscono l’assistenza agli sfollati. In prima linea anche la Chiesa che attraverso Caritas Internationalis ha fornito diverse forme di aiuto per un valore pari a 37,4 milioni di euro, raggiungendo più di 2,3 milioni di persone. Particolarmente drammatica resta la situazione degli oltre 800mila bambini nei campi profughi. Un'emergenza umanitaria che viene messa a fuoco da Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, intervistato da Emanuela Campanile:
     
    R. – Dobbiamo sempre ricordare che Haiti era già, prima del terremoto, uno dei Paesi più poveri del mondo, dove la mortalità infantile da 0 a 5 anni era tra le più alte del Pianeta. Un bambino su 13 non arriva ai cinque anni, dopo la nascita. Quindi, il terremoto non ha potuto che peggiorare le cose. Tra l’altro, ho letto un dato, proprio ieri, su un rapporto internazionale, che diceva che il terremoto ha ridotto il Pil, già bassissimo, del 70 per cento rispetto a prima del terremoto. Oggi è veramente un luogo strano, perché è vero che rimane il luogo più povero della Terra, ma è anche vero che sono arrivati ad Haiti un’enormità di aiuti da tutto il mondo. Quindi, in qualche modo ha in cassaforte, nelle varie organizzazioni, dei grossi fondi a disposizione, che però in questo momento risulta molto difficile riuscire a spendere bene e in maniera efficace. Questo è il problema più grande di oggi.

     
    D. – Ma come mai, ci sono i fondi e non si possono impiegare?

     
    R. – Ad Haiti non c’è organizzazione, non ci sono strade, c’è un governo poco efficiente. Le Nazioni Unite e anche noi, anche Save the Children, per fare le cose deve almeno mettersi d’accordo con il governo e lì farragine, burocrazie, lentezze, inefficienze... Quindi, è veramente molto difficile. Noi, per fortuna, siamo riusciti a mettere in piedi 270 scuole, ma perché? Perché abbiamo identificato le aree, abbiamo fatto arrivare delle tende-strutture dal Canada e le abbiamo alzate da soli. Quindi, è incredibile, ma è molto difficile spendere. Dall’altra parte, voglio anche dire che non è che non si spenda, ma si spende meno di quel che si vorrebbe spendere. Questa è la situazione.

     
    D. – Qual è il vostro obiettivo per i prossimi mesi allora?

     
    R. – Intanto, continuare così, perché noi ad oggi, in sei mesi, abbiamo raggiunto 340 mila bambini. Molti di questi li abbiamo anche salvati da situazioni drammatiche, come possono essere abusi, come possono essere maltrattamenti. Molti di questi bambini li abbiamo ricongiunti alle famiglie o, comunque, ai familiari ancora in vita, dopo il terremoto. C’è un numero molto grande di bambini che non avevano più contatto con nessun familiare. Allora, identificare i bambini - e ne abbiamo identificati 1700 - e ricongiungerli a qualche familiare, che da oggi in poi si prenderà cura di loro - ne abbiamo ricongiunti 577 - questo è un altro lavoro fondamentale. Altro lavoro è portarli a scuola. Abbiamo dovuto preparare 1600 insegnanti, perché immaginate tra migliaia e migliaia di morti quanti insegnanti potevano esserci. Gli insegnanti non vengono pagati, perché non c’è la l'amministrazione per il pagamento statale e quindi li paghiamo noi, con i soldi che i nostri donatori ci hanno voluto generosamente dare per Haiti. Sono questi i continui interventi: scuola, sanità, aiuto alle mamme. In questi ultimi sei mesi sono nati 7000 bambini al mese.

     
    D. – La popolazione haitiana come sta reagendo?

     
    R. – Sono persone abituate a soffrire, abituate all’enorme povertà. E allora negli occhi di queste persone vediamo due cose: da una parte, una capacità di risposta molto forte, una grande energia, la prontezza a ripartire; dall’altra, devo ammettere, che a volte hai la sensazione di una tristezza talmente cupa, talmente terribile, che un poco spaventa. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Spagna in festa per la vittoria ai mondiali. L’arcivescovo di Accra: ora l'Africa è più unita

    ◊   Il primo mondiale di calcio organizzato in Africa si è chiuso ieri sera con la vittoria della Spagna, che per la prima volta ha conquistato questo trofeo. La formazione iberica ha superato l’Olanda e la rete segnata dallo spagnolo Andres Iniesta a pochi minuti dalla fine del secondo tempo supplementare ha fatto esplodere, in tutto il Paese, la gioia di milioni di persone. Una gioia che hanno assaporato, in parte, anche i sostenitori della squadra africana del Ghana, arrivata ai quarti di finale. Per un bilancio sui mondiali organizzati in Sudafrica ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo di Accra, in Ghana, mons. Gabriel Charles Palmer-Buckle:

    R. – Coloro che hanno organizzato questi mondiali hanno fatto molto bene. Il Sudafrica deve essere molto orgoglioso di quello che ha potuto fare.

     
    D. – E orgogliosi per quello che hanno potuto fare sono anche i giocatori del Ghana, squadra superata solo ai quarti di finale dall’Uruguay...

     
    R. – L’Africa faceva il tifo per il Ghana. Questo vuol dire che il Continente si è sentito veramente unito. Dobbiamo ringraziare il Signore che l’Africa si sia sentita veramente unita in occasione di questa festa. L’Africa ormai è pronta a prendere il suo posto tra le nazioni del mondo ed è anche orgogliosa di dove sia arrivato il Ghana.

     
    D. – Un altro segnale importante è che allo stadio tutti i sudafricani hanno tifato per la propria squadra senza distinzioni tra giocatori bianchi e neri. Questo è stato un altro importante segnale della guarigione delle ferite dell’apartheid...

     
    R. – Il Paese si è sentito unito alla squadra del Sudafrica e ha anche accolto i giocatori provenienti da tutte le parti del mondo, senza dare adito a nessun tipo di razzismo. Come diceva il vescovo anglicano Desmond Tutu, vedere questo è stato come vedere avverarsi un sogno. Sono davvero convinto che questa esperienza, che ha vissuto il Sudafrica, porterà dei frutti fra dieci, quindici anni, e li vedremo proprio in Sudafrica, una nazione molto unita, grintosa nel fare quello che deve fare. Poi credo che porterà dietro alla sua scia tutto il continente, tutti i Paesi africani. Credo che il messaggio che viene fuori sia che lo sport è molto importante. Per unire tutti i popoli dobbiamo far sì che lo sport possa portare dei valori e quello spirito di disciplina grazie al quale poter realizzare gli obiettivi che ci si pone. Ma per questo dobbiamo attendere ancora una decina di anni.

     
    D. – Un senso comunitario che si può anche vedere in quel lungo applauso commovente, toccante, nei confronti di Mandela. Quell’applauso sintetizza il riscatto di un intero continente...

     
    R. – Mandela rimane un dono di Dio, ma è un dono di Dio per tutta l’umanità. Un uomo che ha sofferto 27 anni e che ora non porta nessun rancore, ma fa di tutto perché il continente possa credere in se stesso, malgrado tutto il passato, il colonialismo, il post-colonialismo, un continente che possa dire: “Possiamo anche noi offrire tanto all’umanità”.

    Non solo l’Africa è stata unita da un profondo legame rinsaldato dallo sport. Anche la Spagna, dove in più occasioni i sentimenti regionali si sono contrapposti a quelli nazionali, ha vissuto con un rinnovato spirito unitario il successo sportivo ai mondiali. E’ quanto sottolinea al microfono di Luca Collodi, Yago de la Cierva, direttore esecutivo della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011:
     
    R. - Rappresenta un elemento di integrazione sociale e territoriale, che di solito non abbiamo tanto. Il fatto che sia stato celebrato anche a Victoria, a Barcellona, a Bilbao e in tutte le città spagnole, credo che debba essere visto come un fattore molto molto positivo.

     
    D. - La Chiesa spagnola come sta vivendo questa festa?

     
    R. - C’è grande gioia. Speriamo che la Coppa - come viene fatto di solito - venga presentata anche alla Madonna de la Almudena, la patrona di Madrid. Penso che tutti quanti siano felicissimi.

     
    D. - Lei è il direttore esecutivo della prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid: questa vittoria della Spagna può ulteriormente aiutare l’organizzazione di questo momento così importante non solo nella storia della Chiesa, ma anche per un Paese?

     
    R. - Certamente, questo ha ridato un po’ di gioia alla società, perché siamo immersi in una crisi economica molto forte. E’ quindi certamente un motore di gioia, così come un motore di speranza.

     
    D. - Si conferma comunque il valore sociale del calcio...

     
    R. - Soprattutto anche di questo calcio. Così è stato vissuto in Spagna, perché non si è trattato di un trionfo di individualismi, ma è stato un trionfo di squadra. Sono ragazzi puliti e non ci sono stati protagonismi di sorta. Ci sono stati soltanto tre giocatori e due portieri che non hanno partecipato neanche un minuto, ma tutti quanti hanno lavorato sodo e così viene visto da tutti gli spagnoli: un trionfo di tutti. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Attentati in Uganda: oltre 60 morti

    ◊   Ieri sera tra i tifosi che assistevano alla finale dei mondiali in due locali pubblici di Kampala, in Uganda, un doppio attentato ha fatto strage: almeno 64 i morti, tra cui un americano, e una sessantina di feriti. Le esplosioni, avvenute all’interno di un ristorante etiope e nel bar di un club di rugby della città sono l’attacco più grave nell’Africa dell’Est dal 1998. Potrebbe trattarsi dell’azione di due kamikaze, ma anche di due bombe posizionate sotto i sedili dei locali, mentre i sospetti della polizia ugandese si concentrano sulle recenti minacce degli Shabaab, gruppo integralista somalo. Il governo ugandese ha condannato l’accaduto così come l’intera comunità internazionale. Immediato l’aiuto offerto al governo dagli Stati Uniti. Cosa c’è dunque alle spalle di questo duplice attacco che, comunque, ha offuscato il clima di festa che si stava vivendo nel mondo intero? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Domenico Quirico africanista de La Stampa:
     
    R. - L’universo molto opaco del fondamentalismo islamico aveva dichiarato guerra ai Mondiali di Calcio e, purtroppo, l’ha condotta con grande determinazione. Non sono i primi e gli unici morti uccisi mentre guardavano una partita. In Somalia, ci sono state addirittura delle esecuzioni per quello che viene considerato sostanzialmente un reato. Direi che le piste abbastanza evidentemente riportano alla Somalia, al Corno d’Africa, agli Shabaab, fondamentalisti ribelli di Mogadiscio, che hanno come primo obiettivo quello di cacciare dal Paese la forza di pace, gestita soprattutto dall’Uganda e dal Burundi. Il messaggio è neanche troppo trasversale: "noi dobbiamo liquidare i conti con questo governo", debolissimo.

     
    D. - La prossima settimana, proprio a Kampala, ci sarà un summit dell’Unione Africana e si discute di un rinforzo delle truppe proprio in Somalia. Credi che ci saranno effetti su questo?

     
    R. - Il discorso sul ruolo internazionale in Somalia è un discorso molto delicato, molto complesso e temo anche piuttosto spiacevole, nel senso che - non nascondiamoci dietro la solita retorica - i Paesi che contano hanno deciso che della Somalia non vogliono più sentir parlare, perché hanno avuto delle esperienze spiacevoli e non ritengono che sia un Paese particolarmente fondamentale. Stiamo nell’ambito - come dire - dell’attività di pacificazione di serie B, se non di serie C. E’ inutile che continuiamo a mettere i puntini sulle “i”, sugli ugandesi e burundesi nelle riunioni dei Paesi dell’area: non sono questi Paesi che devono dare una risposta. I fondamentalisti somali stanno conquistando il Paese e certamente non bastano i contingenti africani per fermarli.

     
    D. - L’attaccare l’Uganda, l’uscire fuori dai confini somali può segnare una svolta nella strategia di attacco delle truppe estremiste islamiche?

     
    R. - Direi di sì. Attenzione, perché è stato proprio in Africa che è stata annunciata la grande offensiva di al Qaeda con gli attentanti in Tanzania e in Kenya. Questo è l’attentato più sanguinoso dopo quelli di Salaam e di Nairobi. Forse non è vero che ci sia questa specie di grande organizzazione, che si muove in modo spettacolare e disinvolto in tutti i continenti, però è certamente in grado di fare danni e di colpire dove vuole. Questo è un elemento fondamentale e l’Africa probabilmente è un nuovo fronte di questa battaglia, lo è sempre stato, ma forse adesso ancora di più.

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    Mons. Shomali: un muro contro la libertà

    ◊   Mentre a livello internazionale si tenta di far riprendere i negoziati diretti tra israeliani e palestinesi, il muro che separa Israele dalla Cisgiordania ha compiuto un triste anniversario. Il 9 luglio di sei anni fa la Corte internazionale di giustizia dichiarava illegale la barriera, che era stata iniziata due anni prima. Fino ad oggi sono stati costruiti 707 km di muro, che ricoprono oltre il 60% del confine. Secondo l’OCHA, l’Ufficio per il coordinamento delle questioni umanitarie dell’ONU, moltissimi contadini palestinesi sono stati separati dai loro campi e in troppi hanno grandi difficoltà a raggiungere gli ospedali di Gerusalemme Est. Le porte nel muro sono aperte solo per alcune ore. Israele, da parte sua, continua a ignorare la sentenza adducendo motivi di sicurezza. In ogni caso, l’isolamento della Cisgiordania mette a dura prova la popolazione. Fausta Speranza ne ha parlato con mons. William Shomali, vescovo ausiliare della diocesi patriarcale di Gerusalemme dei Latini:

    R. – La situazione adesso è di chiusura totale. La cosa più grave non è solo quella del muro, ma è la politica dietro al muro, che impedisce ai palestinesi di andare e venire con libertà, impedisce la libertà di circolazione, la libertà di commercio e specialmente separa Gerusalemme dalle altre parti dei Territori. Gerusalemme è stata occupata nel 1967, durante la Guerra dei sei giorni, ma subito dopo la guerra è stata dichiarata parte integrante di Israele. E qui il grosso problema, per cui Gerusalemme è rivendicata dai due popoli come loro capitale. Come vede, il problema del muro è più grave del fatto di volere soltanto separare, perché impedisce anche di arrivare al punto più importante per i palestinesi: Gerusalemme.

     
    D. – Giovanni Paolo II raccomandava ponti e non muri, il muro divide anche la popolazione, anche le anime, anche il vissuto della gente?

     
    R. – Sì, sì. Infatti, bisogna risolvere il problema del muro in un contesto più grande, quello di un negoziato di pace. Non si può risolvere un solo problema, perché fa parte di una situazione di sfiducia fra due popoli, di un problema di fondo fra due popoli. In realtà noi preghiamo e aspettiamo una soluzione integrale, dove tutti i punti - Gerusalemme, il futuro Stato palestinese, il muro, il problema delle acque, il ritorno dei profughi, il problema degli insediamenti - i tanti problemi siano risolti in un clima di fiducia. Questo clima non c’è ancora, ma sappiamo che il presidente degli Stati Uniti Obama sta lavorando, impegnandosi seriamente per risolvere questo problema. Speriamo che il Signore lo aiuti a convincere specialmente Israele, che ha la chiave della soluzione, ad accettare la legittimità internazionale.

     
    D. – Da questo punto di vista lei accennava all’impegno della comunità internazionale, degli Stati Uniti in particolare, per la ripresa di colloqui diretti. Al momento, quello che si riesce a fare sono soltanto colloqui indiretti. Ecco, siamo in una situazione di stallo da settembre del 2008. Lo stallo su questa terra così disastrata, dopo anni di guerra, che cosa significa? Non può significare soltanto stare fermi, significa anche tornare indietro, non è così?

     
    R. – Sì, chi non avanza va indietro. Siamo in una situazione statica, andiamo indietro perché c’è una volontà di non risolvere. Come accennato c’è un problema ideologico e grave. Non c’è solo un problema territoriale politico o di conflitto militare, ma dietro tutto questo c’è un problema grosso, c’è una situazione, un atteggiamento di fondo, nel quale Israele non accetta il termine di “territori occupati”. Allora se Israele non ha rubato niente, perché fare negoziati? C’è, dunque, un problema grosso: Israele dice che ha recuperato i territori che appartengono ad Israele da 3000 anni. Allora siamo davanti ad un problema religioso e storico. Abbiamo bisogno veramente di grandi preghiere e che il Signore metta la sua mano per risolvere questo problema.

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    Chiesa e Società



    Europa: le Chiese chiedono di superare la povertà con una "sana collaborazione"

    ◊   La povertà è uno scandalo che deve finire. È questo l’appello delle Chiese d’Europa che si sono riunite il 9 luglio scorso nel palazzo della Commissione europea di Rue de la Loi a Bruxelles. L’incontro - riferisce l'agenzia Sir - è stato organizzato dagli organismi di Coordinamento ecclesiali, la Commissione Chiesa e Società (Csc) e la Conferenza delle Chiese d’Europa (Cec) e la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece). Per la Commissione europea era presente László Andor, commissario europeo per il lavoro, gli affari sociali e l’inclusione, accompagnato da una delegazione di responsabili del settore sociale della Ce. Nel suo intervento, Andor ha illustrato gli obiettivi presenti nella strategia 2020 che prevede tre priorità sul fronte della crescita economica: una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. I poveri in Europa erano, prima della crisi, 80 milioni di persone. Il commissario ha confermato l’impegno della Commissione di puntare ad una diminuzione della povertà del 25% entro il 2020. Per dare voce all’impegno delle chiese nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale, sono intervenuti l’arcivescovo Jukka Paarma, della Chiesa evangelica luterana della Finlandia, e mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente di Caritas italiana. Ha partecipato ai lavori il vescovo Porfirio di Neapolis, della Chiesa ortodossa di Cipro. Nei loro interventi, i vescovi hanno confermato il forte impegno delle Chiese cristiane europee nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale che si esprime sia attraverso un lavoro concreto e quotidiano, sia contribuendo a promuovere la globalizzazione della solidarietà fra le popolazioni europee. Al termine del suo intervento, mons. Merisi ha ribadito la consapevolezza che “le responsabilità e i ruoli delle Chiese e delle Istituzioni sono differenti, ma tra esse non possono non strutturarsi forme di ‘sana collaborazione’ laddove si riconosca che un buon ordinamento della società deve radicarsi in autentici valori etici e civili il più possibile condivisi dai cittadini e patrimonio del corpo sociale”. Il progetto di un’Europa “Casa comune” dei popoli europei, hanno concluso i vescovi, sarà confermato o meno nei prossimi anni se le sue Istituzioni sapranno rispondere positivamente alle sfide della povertà ancora così scandalosamente presente nel pur ricco continente. (R.P.)

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    India: missionario che dirige due scuole costretto a lasciare il Kashmir

    ◊   Padre Jim Borst, missionario cattolico olandese, responsabile di due scuole, deve abbandonare il Kashmir e l’India entro la fine di luglio dopo avere ricevuto un avviso da parte del governo di Jammu-Kashmir. Padre Borst ha già ricevuto un avviso simile nel 2003, ma appena quattro mesi fa il governo gli aveva rinnovato il permesso di soggiorno fino al 2014. “Sono davvero dispiaciuto. È una grande perdita per me e per tutta la società civile del Kashmir. Padre Borst vive qui dal 1963” ha detto ad AsiaNews mons. Peter Celestine, vescovo della diocesi di Jammu-Srinagar. Padre Borst dirige due scuole dal 1997 in Kashmir. Entrambe si chiamano “Scuola del Buon Pastore” e si trovano una a Pulwama e l’altra a Shivpora, in Srinagar. Il sacerdote cattolico olandese è da sempre impegnato nel settore dell’educazione e le sue scuole, dove il personale è per il 99% musulmano, sono rinomate per la qualità dell’insegnamento. Predhuman Joseph Dhar, bramino indù convertito al cattolicesimo e molto vicino a padre Borst, ha dichiarato all'agenzia AsiaNews che il missionario è stato allontanato dal Paese perchè le sue scuole danno fastidio alle autorità locali, gelose della serietà del loro insegnamento. Per due volte infatti, nel 2003, le scuole del “Buon Pastore” sono state attaccate e calunniate di volere convertire gli alunni al cristianesimo. Il Jammu-Kashmir è uno Stato nel nord dell’India che il Pakistan rivendica da decenni. In Kashmir la popolazione cristiana conta 14mila fedeli, meno dello 0,0014% della popolazione, che per il 97% è composta da islamici. (R.P.)

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    Pakistan: a Lahore solidarietà interreligiosa ai sufi colpiti dal terrorismo

    ◊   Continuano le manifestazioni di protesta contro il doppio attacco suicida del 1° luglio scorso alla moschea di Data Darbar, a Lahore, che ha causato oltre 40 morti e 170 feriti. Ieri la Conferenza internazionale Sufi e altre associazioni musulmane hanno dimostrato lungo le vie della città. Solidarietà alla comunità pakistana sufi viene espressa anche da leader religiosi cristiani, sikh, musulmani e indù che, nei giorni scorsi, hanno visitato la moschea. Nei giorni scorsi una delegazione del Consiglio nazionale per il dialogo interreligioso, guidata da padre Francis Nadeem - sacerdote pakistano dell’arcidiocesi di Lahore e segretario dell’Associazione stampa cattolica del Pakistan - ha visitato Data Dabar per condannare gli attacchi, esprimere solidarietà ai fratelli musulmani e manifestare il cordoglio ai parenti delle vittime. La rappresentanza era composta da cristiani, musulmani, sikh e indù. Padre Nadeem ha sottolineato che “i credenti di tutte le fedi” si sono uniti per “manifestare solidarietà ai fratelli e sorelle musulmani”. La moschea, ha aggiunto il sacerdote, è un “luogo di pace” e le persone “vengono qui per ricevere la pace nei cuori”. I seguaci di tutte le religioni, inoltre, devono prendere “misure concrete” – concludono i leader religiosi – perché il Pakistan possa “superare il terrorismo” e “garantire pace e sicurezza” nel Paese. Il sufismo - riferisce l'agenzia AsiaNews - è una forma di islam mistico diffuso nell’Asia del sud e in quella centrale, predicata da pellegrini ed eremiti. Esso però è giudicato eretico dall’islam sunnita più ortodosso. I talebani del Pakistan sono invece fautori dell’islam più duro, wahabita, che vuole distruggere tutte le forme di islam moderato o eretico (sciiti, sufi o ahmadi). (R.P.)

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    Indonesia: per il vescovo di Jayapura in Papua il problema vero è la corruzione

    ◊   Di fronte alle manifestazioni di piazza degli ultimi giorni e alle richieste di un referendum per l’indipendenza dall’Indonesia, “bisogna dire con chiarezza che in Papua il problema vero è la corruzione”, dice all’agenzia Fides mons. Leo Laba Ladjar, vescovo di Jayapura. Nella capitale della regione, gruppi indipendentisti, composti soprattutto da giovani, hanno inscenato proteste e cortei, ribadendo la richiesta di referendum per ottenere la secessione dall’Indonesia. Due giorni fa i manifestanti hanno organizzato una “Lunga marcia” che, partendo da località al di fuori dalla città, è giunta fino alla sede del Parlamento provinciale, dove c’è stato un sit-in di un giorno e una notte. Secondo i dimostranti, la Papua è ancora troppo povera (il 38% della popolazione è sotto la soglia di povertà) nonostante le ingenti risorse naturali che possiede, e manca lo standard minimo di rispetto dei diritti umani da parte del governo indonesiano nei confronti della popolazione locale. “Va detto che, fin dalla concessione dello speciale status amministrativo per l’autonomia regionale, nel 2002, vi furono piccoli gruppi contrari all’autonomia e favorevoli alla secessione. Oggi questi gruppi fanno presa sui giovani che spesso sono frustrati a causa della disoccupazione e dei problemi sociali. Ma la maggioranza dei cittadini della Papua intende lavorare per lo sviluppo e la promozione umana della Papua all’interno dell’Indonesia”, nota il vescovo in un colloquio con l'agenzia Fides. “Esiste un problema di sicurezza in quanto vi sono gruppi ribelli, nascosti negli altipiani dell’interno, che talvolta mostrano le loro rivendicazioni con le armi”, spiega. “Ma dal 2002 sono gli stessi cittadini della Papua a governare il proprio territorio, e la redistribuzione di risorse dal governo indonesiano, dopo 25 anni di gestione centralistica, è notevolmente aumentata. Risorse che dovrebbero essere impiegate per lo sviluppo sociale ed economico della Papua restano, però, invischiate nei rivoli della corruzione. Per questo il tasso di povertà è ancora molto alto (il doppio rispetto alla media nazionale), si avvertono forti problemi di emarginazione, vi sono ritardi nelle infrastrutture e carenze nei servizi sanitari e nell’istruzione”, sostiene il presule. “Urge combattere una mentalità diffusa e formare una classe dirigente nuova che metta al primo posto il bene comune: - conclude il vescovo - per questo la Chiesa le altre comunità cristiane spesso denunciano la corruzione e lavorano per la formazione delle coscienze”. La Papua Occidentale (ex Irian Jaya) è la più grande provincia dell'Indonesia. La popolazione è di 2,2 milioni di abitanti, suddivisi in 312 tribù indigene, di tipo melanesiano, molto distanti dagli altri indonesiani Il movimento “Organisasi Papua Merdeka” (Organizzazione Papua Libera) si oppose già nel 1969 all'occupazione indonesiana e ha continuato negli anni successivi la lotta per l’indipendenza, rivendicando la proprietà della terra. I gruppi per i diritti umani denunciano abusi della polizia sulle popolazioni indigene, la deforestazione e lo sfruttamento della regione. (R.P.)

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    I vescovi di El Salvador: il presidente ponga il veto alla lettura obbligatoria della Bibbia nelle scuole

    ◊   L’episcopato del Salvador ha chiesto formalmente al presidente della Repubblica, Mauricio Funes, di opporsi al decreto legislativo (441) che rende obbligatoria la lettura della Bibbia nelle scuole. In una dichiarazione - letta ieri in tutte le chiese durante la Messa domenicale - i vescovi salvadoregni, che già una settimana fa avevano espresso il loro disaccordo, scrivono che questo provvedimento “colpisce la libertà di culto sancita nella Costituzione. In nome della Chiesa cattolica nel Salvador e della società in generale - dichiarano - chiediamo a lei, signor Presidente di fare uso della sua facoltà esecutiva e dunque di porre il veto a questo decreto legislativo in difesa dello Stato di diritto e della democrazia salvadoregna”. I presuli riconoscono che il provvedimento, che era stato adottato “per aiutare a combattere la violenza”, è un’iniziativa che nasce da sane e “buone intenzioni”. Ma dovendo applicarsi “in ambienti in cui non sempre si vive un adeguato clima di fede – osservano i presuli - e senza che dopo la lettura dei brani biblici si possano fornire le dovute e necessarie spiegazioni”, risulterebbe infine “controproducente” e non aiuterebbe a rafforzare quei valori che si desiderano promuovere. Al tempo stesso i presuli ricordano che la prima responsabile all’educazione nella fede è la famiglia, in particolare i genitori, che devono invece avere tutte le opportunità “per esercitare questo diritto/dovere”. I vescovi, si dicono dunque “molto interessati all’idea che si renda possibile la lettura della Bibbia nelle scuole” ma non credono che ciò “debba essere obbligatorio”. D’altra parte, “ciò che più ci preme - spiegano i presuli - è che la Bibbia sia capita e praticata” e non solo letta senza poter andare oltre a questo gesto. I presuli concludono proponendo la creazione nei programmi scolastici di una materia sulla morale con “un contenuto accettato da tutti”, che prima c’era ma fu tolto senza motivazione nel lontano 1970. (A cura di Luis Badilla)

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    Uruguay: cordoglio degli operatori pastorali dopo la morte di 12 detenuti in un incendio

    ◊   Lo scorso 8 luglio, alle prime ore dell’alba, in località Rocha, distante 200 chilometri dalla capitale dell’Uruguay, Asunciòn, in un incendio di un Centro penitenziario, sono morti 12 reclusi e altri 8 sono rimasti gravemente ustionati e intossicati. Su questa triste vicenda, che ha provocato nel Paese sudamericano un grande dolore, l’Ufficio di pastorale penitenziaria della Conferenza episcopale ha espresso “una profonda e sentita solidarietà a tutti i parenti delle vittime”. Gli operatori pastorali nelle carceri del Paese dichiarano inoltre di “voler rinnovare, in un’ora triste come questa, il proprio impegno in favore della protezione di ogni vita umana, denunciando tutte le volte che sia necessario le ingiustizie” e le condotte “che favoriscono la cultura della morte”. L’Ufficio di pastorale penitenziaria ricorda il proprio impegno in favore della “difesa della dignità degli esseri umani, in particolare degli incarcerati”, persone sottoposte a condizioni di vita difficili e senza gli strumenti adeguati per un’efficace difesa dei loro diritti. “Il fuoco che ha bruciate vive 12 persone” – prosegue il comunicato - appare una disgrazia ancora più atroce “poiché le vittime, private della loro libertà, non hanno avuto nessuna possibilità di sfuggire o trovare scampo alla morte”. Gli operatori della pastorale carceraria uruguayana sentono il bisogno di chiedere “perdono per quanto è accaduto” e per negligenze che possono essere alla base di questa tragedia e, a conclusione, il comunicato rinnova la promessa di “continuare sempre a stare accanto alle persone incarcerate senza smettere mai di lottare affinché le autorità del Paese e del sistema penitenziario nazionale adottino tutte le misure tese a garantire il rispetto e la dignità delle persone”. Intanto le autorità hanno dichiarato ieri di aver intensificato le indagini per capire quanto è successo e soprattutto, oltre ad individuare le cause della tragedia, determinare se i soccorsi sono stati tempestivi e, se in particolare, c’era un piano di fuga per la popolazione carceraria in caso di incendio. Le autorità cercano di dare una prima risposta convincente all’opinione pubblica che non sembra disposta a far passare la vicenda come una semplice e ineluttabile tragedia. (L.B.)

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    Colombia: mons. Salazar Gómez, neo arcivescovo di Bogotà, conclude la Plenaria episcopale

    ◊   Con una concelebrazione eucaristica nella cattedrale di Bogotà, i vescovi della Colombia hanno concluso ieri la loro Assemblea plenaria. Il presidente dell’episcopato, mons. Rubén Salazar Gómez, nominato pochi giorni fa nuovo arcivescovo della capitale, nella sua omelia, per primo ha voluto ringraziare il cardinale Pedro Rubiano Sáenz, che per oltre 15 anni ha guidato la principale diocesi del Paese e ora “si ritira a meritato riposo”, dopo “aver dato alla Chiesa colombiana e al Paese un contributo inestimabile e impossibile da dimenticare”. Citando alcune riflessioni dei vescovi durante la Plenaria, mons. Salazar Gómez ha parlato ampiamente sul significato delle celebrazioni del Bicentenario dell’indipendenza percorrendo le diverse e più importanti tappe di questo due secoli e quindi il contributo della Chiesa cattolica. Secondo il presule l’elenco di questi doni che la Chiesa ha saputo donare al popolo è lungo ma, nella sostanza, può essere riassunto in poche parole: pace, giustizia, dialogo e salvezza. E ciò che la “Chiesa fa oggi, ma che faceva anche ieri”, ha ricordato il presidente dell’episcopato, sottolineando che il modello è Cristo, le cui verità non hanno tempo. “Nel corso delle celebrazioni dal 2010 al 2019 sarà ricordato” questo contributo della Chiesa, dal giorno dell’indipendenza due secoli fa, ma anche prima, “con il solo proposito di progettare un futuro fedele alle radici cristiane della nazione”. In quest’ora, ha sottolineato l’arcivescovo Gomez, “possiamo alzare i nostri occhi verso l’Altissimo per ringraziarlo giacché ci ha concesso un cammino pieno di frutti, ma al tempo stesso chiedere ancora il suo aiuto per il sentiero che dobbiamo percorrere nel futuro; consapevoli che dobbiamo agire insieme, assistiti dalla sua luce e dalla sua forza”. Per il presule, l’unità del Paese è oggi una priorità centrale: tutti i colombiani devono agire, ha detto, “senza distinzioni etniche e culturali oppure politiche; devono saper lasciare da parte ciò che causa divisione, per cercare insieme la giustizia, la fratellanza e la solidarietà, basi imprescindibili di una vera pace, stabile e duratura”. (L.B.)

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    Brasile: messaggio finale del Congresso Missionario dei seminaristi

    ◊   Si è chiuso sabato scorso, a Brasilia, il 1° Congresso Missionario nazionale dei seminaristi, che ha trattato il tema della formazione missionaria dei futuri sacerdoti. Nel Messaggio finale i partecipanti propongono che il tema della missione sia maggiormente studiato nei seminari. “Illuminati dallo Spirito di Dio e guidati dallo spirito di Aparecida – è scritto nel testo riportato dall'agenzia Fides - vogliamo che questa realtà della vocazione sacerdotale missionaria, sia trasformata e trasfigurata secondo la volontà di Dio per il nostro tempo, nella Chiesa in Brasile. Vogliamo migliorare l'ambiente dei rapporti strutturali del seminario perché, come autentica comunità cristiana, formatori e formati si uniscano a vantaggio della vocazione primaria della Chiesa: la missione, a servizio del Regno di Dio. Vogliamo essere missionari sacerdoti e non sacerdoti missionari. Consapevoli della necessità di formare nei Seminari vocazioni veramente missionarie, - prosegue il Messaggio - per mezzo di questa lettera chiediamo ufficialmente ai vescovi, ai formatori e ai seminaristi, di organizzare e sviluppare nei seminari e negli istituti una formazione mirata alla missione (aldilà delle frontiere), oltre i confini. Crediamo che se riusciremo a realizzare questo investimento, germoglieranno numerose vocazioni missionarie all'interno dei seminari, a partire da noi che abbiamo partecipato a questo primo Congresso Missionario” si legge nel Messaggio. Il Congresso, che si è svolto dal 4 al 10 luglio, è stato organizzato dalle Pontificie Opere Missionarie del Brasile, dal Centro Culturale Missionario (Ccm), dalla Commissione episcopale per l'animazione missionaria e la cooperazione interecclesiale e dalla Commissione episcopale per il ministero ordinato e la vita consacrata della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb). L'evento ha riunito circa 160 seminaristi provenienti da tutto il Brasile, insieme a tre vescovi ed alcuni sacerdoti che lavorano nella formazione dei seminaristi. (R.P.)

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    Alluvioni nel sud della Cina: a rischio la diga del Wenquan

    ◊   Piogge torrenziali frane e alluvioni stanno colpendo da settimane il sud della Cina. Secondo quanto riferisce il Centro meteorologico nazionale, nei prossimi giorni sono attese ancora nuove pesanti inondazioni. In questi giorni, come riferisce l’agenzia Asianews, il maltempo ha già bloccato e distrutto strade e ponti provocando gravi danni nelle province di Chongqing, Fujian, Jiangxi, Hunan, Anhui e Qinghai. In quest’ultima provincia centinaia di operai e soldati lavorano per diminuire il livello dell’acqua della diga di Wenquan, situata nei pressi della città di Golmud. L’impianto studiato per contenere 70 milioni di metri cubi d’acqua, ne contiene ad oggi 230 milioni, tre volte più del suo livello normale. Ieri quasi 10 mila abitanti di Golmud sono stati sfollati e portati in campi di rifugio. Secondo il Ministero degli Affari civili cinese, ad oggi il numero delle persone colpite dalle piogge è di circa 17 milioni, mentre 600 mila sono state evacuate. Il costo economico del disastro si calcola sui 8,9 miliardi di yuan, oltre 1 miliardo di euro. Secondo diversi esperti cinesi i cambiamenti climatici della Cina - con piogge torrenziali in zone un tempo aride - dipendono dall’inquinamento del Paese, causato dalla veloce e selvaggia industrializzazione. (E.C.)

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    Cambogia: l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Takeo diventa ente dello Stato

    ◊   Al quinto anno di attività, l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Takeo ha ricevuto formale riconoscimento da parte del governo cambogiano. Nei giorni scorsi a Phnom Penh – riferisce l’agenzia Sir - è stato sottoscritto l’accordo con una cerimonia ufficiale alla presenza del nunzio apostolico mons. Salvatore Pennacchio, del segretario di Stato cambogiano e ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Ouch Borith e del duca Forese Salviati in rappresentanza del Centro clinico-chirurgico. L’Ospedale pediatrico Bambin Gesù acquisisce così i diritti legali di operare con totale autonomia, nel rispetto delle leggi locali, in qualità di organizzazione internazionale non-profit. Dopo la firma dell’intesa, la delegazione è stata ricevuta dal re di Cambogia, Sihamouni Norodom, cui è stato esposto il programma delle attività che il Bambino Gesù conduce nel Paese dal 2006: più di 7 mila bambini ricoverati e curati, 1.550 interventi chirurgici di alto livello, 8.500 pazienti che hanno usufruito di visite e cure ambulatoriali e progetti sul territorio a favore delle comunità rurali. Oggi la struttura del Bambin Gesù è l’unico polo pediatrico in Cambogia qualificato come ospedale governativo provinciale. (R.G.)

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    Sinodo anglicano di York: lontano l’accordo sulla nomina di donne vescovo

    ◊   Il vescovo di York, John Sentamu, ha invitato i partecipanti al Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra a moderare i commenti sulla mancata nomina del decano di St Albans di Jeffry John - religioso pubblicamente omosessuale - alla carica di vescovo di Southwark. Nel suo intervento sabato scorso, davanti ai rappresentanti delle tre Camere, Sentamu – riferisce L’Osservatore Romano - ha inoltre riconfermato la sua grande stima all’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunità anglicana definendolo un "caro amico" e un "collega degno di fede", aggiungendo che "questo è il momento per interrompere le illazioni che indicano Williams come l'ispiratore della bocciatura nei confronti della candidatura di Jeffrey John alla carica episcopale.” Sentamu ha tuttavia precisato che la decisione sulla bocciatura della candidatura del religioso è stata presa dalla Crown Nomination Commission (Cnc) e che il reverendo Williams non ha mai espresso alcuna opinione che potesse influenzare l’Inghilterra. I partecipanti al Sinodo generale di York stanno esaminando quanto Rowan Williams e Sentamu hanno proposto per superare le divisioni sulle future nomine di donne vescovo e dare la possibilità ai gruppi di credenti anglicani fedeli alla tradizione religiosa di rimanere nella Chiesa d’Inghilterra. Salvaguardando la piena autorità episcopale delle donne vescovo, i due leader religiosi chiedono che esse si astengano volontariamente dall’esercitare alcuni dei loro incarichi nelle parrocchie dove la maggioranza dei membri è contraria alla loro nomina per motivi di attaccamento alla tradizione. La proposta di compromesso avanzata dai due presuli ha finora raccolto commenti molto critici sia da parte dei credenti che si dichiarano devoti alla tradizione religiosa, sia da parte di quelli che si definiscono progressisti e vorrebbero che la Chiesa d’Inghilterra si adeguasse alle regole già in vigore tra gli anglicani degli Stati Uniti, del Canada e dell’Australia, dove l’accesso alla carica vescovile è consentito sia alle donne che agli omosessuali di entrambi i sessi. Steve Jekins, portavoce della “Chiesa di Inghilterra” ridimensiona all’agenzia Sir i titoli di alcuni giornali britannici che riguardo i lavori del Sinodo anglicano hanno parlato di “sconfitta umiliante di Williams”. Jekins sostiene che “la legislazione preparata dal Comitato di revisione prevede un Codice di comportamento speciale per i vescovi diocesani che tenga conto delle parrocchie contrarie.” Secondo il portavoce potrebbe essere ancora possibile che a queste parrocchie spetti un vescovo uomo, ma la decisione sarà del vescovo diocesano. Se fosse passato l’emendamento dei vescovi di Canterbury, Williams e di York, Sentamu, sarebbe stata la Chiesa stessa a decidere per un vescovo uomo in queste parrocchie. Una scelta che dal punto di vista della legislazione ecclesiastica avrebbe soddisfatto i dissenzienti che ora dovranno attendere che venga definito il Codice al quale dovranno attenersi i vescovi diocesani. (E.C.)

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    Spagna: inizia a Burgos la Settimana di Missiologia

    ◊   Si apre oggi a Burgos la 63.ma Settimana spagnola di Missiologia, presso la Facoltà di Teologia. Dopo le parole di saluto da parte dell'arcivescovo di Burgos, mons. Francisco Gil Hellin, si terrà la prima conferenza, che vedrà come oratore il vescovo di Astorga, mons. Camilo Lorenzo Iglesias, membro della Commissione episcopale per le missioni, che illustrerà il tema "Sacerdoti per la missione". Seguirà la Messa concelebrata. Dalla nota arrivata all’Agenzia Fides si apprende che la conferenza di apertura presenta uno dei due temi principali della Settimana, che mira a mostrare la dimensione missionaria e universale del sacerdozio, anche se questo impegno deve essere effettuato all'interno della comunità cristiana perché, come dice il tema della Settimana, “la missione dobbiamo farla insieme”, non può essere un compito di alcuni specialisti che operano per conto proprio in modo isolato, ma deve essere il lavoro e l'impegno di tutti i cristiani. L'altro tema principale della Settimana è la dimensione ecumenica: la missione dobbiamo farla insieme, vale a dire, in comunione con tutti i cristiani di varie denominazioni, in modo da non ripetere le divisioni che ci sono state nel Cristianesimo lungo la storia. Questa idea è la stessa lanciata dall'ecumenismo moderno, le cui origini si fanno risalire alla Conferenza Missionaria Internazionale svoltasi a Edimburgo nel 1910. Per questo motivo, la Settimana di Burgos vuole anche celebrare il centenario di questa pietra miliare nella storia del cristianesimo nel ventesimo secolo. (R.P.)

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    Costa d'Avorio: l'Alleanza biblica cerca fondi per stampare la Bibbia nelle lingue locali

    ◊   “Che la Costa d’Avorio sia inondata di Bibbie”: è l’auspicio espresso da mons. Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo della diocesi di Abidjan, in Costa d’Avorio, che ha salutato positivamente “La maratona della Bibbia”, la tre giorni organizzata dall’Alleanza biblica dal 7 al 9 luglio a Yamoussoukro, nella piazza Giovanni Paolo II. Per il presule l’iniziativa è stata un modo per far conoscere Dio alla gente e può far crescere l’amore per il prossimo oltre che produrre altri buoni frutti. “Dinanzi al finanziamento dei partenariati esterni che da più di 5 anni è insufficiente, e allo scopo di perseguire le sue attività, la nostra società ha deciso di programmare questo incontro che ci permetterà di raccogliere fondi per finanziare la traduzione della Bibbia, dalle lingue originali alle nostre lingue nazionali” ha detto Jean Kouassi, direttore dell’Alleanza biblica della Costa d’Avorio (Abci). L’obiettivo è quello di diffondere nella maniera più larga possibile la Sacra Scrittura, attraverso la pubblicazione integrale o parziale, data la crescita di richieste del testo. Per il presidente del Collettivo dei pastori della regione dei Grandi Laghi, il reverendo Hili Nestor, “la maratona” è stata un incontro importante; solo la Bibbia, ha commentato, può apportare la soluzione ai mali che il mondo sta vivendo in questo periodo di incertezza; dunque per il pastore ciascuno dovrebbe procurarsela per leggerla quotidianamente. (T.C.)

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    Etiopia: in crescita tra i giovani il movimento carismatico

    ◊   “Il rinnovamento carismatico sta crescendo tra i giovani cattolici, soprattutto nella capitale etiope”. È quanto ha dichiarato il vescovo Lesane-Christos Matheos, ausiliare di Addis Abeba, all’associazione cattolica internazionale “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs), che offre un prezioso sostegno per mantenere i giovani carismatici etiopi nella Chiesa cattolica. “Lo stile di adorazione pentecostale – riferisce l’agenzia Zenit – attira sempre più ragazzi, spesso insoddisfatti della liturgia tradizionale in uso in Etiopia da oltre 1.500 anni. Per questo c'è stato anche un notevole calo di coloro che frequentano la Chiesa ortodossa etiope, finora la maggiore denominazione del Paese, che ha resistito alla chiamata ad abbracciare il movimento carismatico. In passato, infatti, i sacerdoti ortodossi etiopi si avvicinavano ai carismatici, ma recentemente i loro vescovi hanno posto un freno al coinvolgimento con i nuovi movimenti. I cattolici d'Etiopia, circa 800 mila, cercano di raggiungere i giovani carismatici con una serie di nuove iniziative”. Parole di sostegno ha espresso inoltre il presule nei confronti di Acs per il sostegno ai programmi per la gioventù dell'arcidiocesi di Addis Abeba, i cui “progetti sostenuti dall'associazione mirano al rafforzamento della pratica carismatica con l'insegnamento cattolico classico, inclusi la devozione mariana e l'enfasi su Eucaristia e Confessione. Con il sostegno di Acs, la Chiesa implementerà un programma di formazione per i leader del Rinnovamento carismatico e darà ai gruppi una migliore comprensione dell'insegnamento cattolico. Alcuni presbiteri sono sospettosi nei confronti del rinnovamento carismatico a causa delle somiglianze con i gruppi pentecostali", ha riferito il vescovo ponendo in evidenza la necessità di offrire basi profonde nell'insegnamento cattolico. “Come parte del progetto pastorale quinquennale nella diocesi di Addis Abeba, si invieranno dei leader laici in Uganda o in India per vedere l'autentico movimento carismatico e invitare i gruppi carismatici a insegnare ai leader a ridurre parte della spiritualità non sana che per il vescovo può esistere nel movimento”. Il presule invita inoltre ad accompagnare le emozioni all’uso dell’intelletto. "Alcuni pensano che solo i carismatici vengano salvati - è un modo di pensare estremo", ha aggiunto. "Il movimento di rinnovamento carismatico non deve diventare un ghetto, deve essere inclusivo", ha concluso. (C.F.)

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    Gerusalemme: nuove nomine al Capitolo della Custodia di Terra Santa

    ◊   Apertosi una settimana fa al Cenacolo, a Gerusalemme, il Capitolo della Custodia di Terra Santa ha confermato vicario custodiale fra Atemio Vitores, che quest’anno celebra quarant’anni di presenza nei luoghi in cui è vissuto Gesù, del nuovo Discretorio invece fanno parte fra Noel Muscat, fra Peter Vasko, fra Amjad Sabbara, fra Seweryn Lubecki, fra Martín Rafael Zavaletta e fra Stéphane Milovitch. Il Discretorio che forma, insieme al Custode, il governo della Custodia, si riunisce a scadenza mensile lungo l’arco dell’anno per vagliare se gli orientamenti del Capitolo sono applicati, e decide in che modo far fronte alle necessità che si possono verificare. Alla chiusura del Capitolo in corso, presiederà alla nomina per il servizio della Custodia, dei conventi e dei Luoghi santi. Il capitolo è stato aperto con una celebrazione presieduta dal Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, accompagnato dal Presidente del capitolo, fra Francesco Bravi, e dal nunzio e delegato apostolico, mons. Antonio Franco. Il Custode di Terra Santa ha invitato i suoi confratelli a ritornare alle origini della loro vocazione, e alle origini di ciò che la Chiesa nascente ha vissuto nel Cenacolo ricevendo il dono dell’Eucarestia, in spirito di servizio umile e gratuito, con il dono dello Spirito che rinnova tutte le cose in ciascuno. Come segno forte della celebrazione, il Custode ha lavato i piedi a sei frati, rappresentanti di sei diversi tipi di servizio nella Custodia, e a sei laici, impegnati in vari modi a servizio della Terra Santa tramite la Custodia. Sono circa 60 i frati riuniti a rappresentare i quasi 300 della Custodia che raggruppa in totale religiosi di 33 nazionalità diverse. (T.C.)

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    Corea del Sud: il settimanale dell’arcidiocesi di Seul scaricabile sull’iPhone

    ◊   49 milioni di abbonati all’iPhone su 50 milioni di abitanti: i numeri della Corea del Sud dimostrano chiaramente l’avanzata conoscenza tecnologica del Paese. Di fronte a questa realtà, la Chiesa non resta indietro : l’arcidiocesi di Seul ha infatti deciso di lanciare un’applicazione speciale per l’iPhone. Dalla metà di luglio, il settimanale diocesano sarà scaricabile e consultabile sugli smartphone. L’applicazione è gratuita e permetterà di leggere il giornale prima della sua spedizione in formato cartaceo agli abbonati. Tramite il touch screen, inoltre, il lettore potrà selezionare facilmente le rubriche e le pagine più interessanti. E non finisce qui: lo staff tecnico dell’arcidiocesi sta approntando anche un’applicazione per l’iPad, il computer tascabile dell’Apple, che permetterà la consultazione della Liturgia delle Ore. « La Chiesa si adatta ai cambiamenti », spiega l’Ufficio delle Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi, ricordando che passi avanti in questa direzione sono già stati compiuti in passato. Alcuni servizi permettono di ricevere direttamente sul telefono cellulare le pagine della Bibbia, il Santo del giorno e le riflessioni sui salmi. Altri ancora garantiscono l’ascolto dei programmi radiofonici cattolici tramite podcast. Ma la Chiesa cattolica della Corea del Sud è sempre stata all’avanguardia nel campo informatico: quasi tutte le 1.400 parrocchie del Paese hanno il proprio sito Internet che offre corsi di catechismo on line. E nel marzo scorso, una parrocchia ha lanciato la « Woori Parish TV », la prima televisione indipendente su Internet. D’altronde, per il Messaggio della 44.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, reso noto il 23 gennaio scorso, Benedetto XVI ha scelto il tema “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”, lanciando così un appello forte ai sacerdoti perché annuncino il Vangelo anche nel continente digitale. (I.P.)

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    I bambini delle parrocchie di Hong Kong alla scoperta del seminario

    ◊   I 400 bambini delle “Sunday Schools” delle 13 parrocchie della diocesi di Hong Kong hanno visitato nei giorni scorsi il Seminario dell’Holy Spirit, per conoscere da vicino la vita di quanti si preparano al sacerdozio rispondendo così alla vocazione ricevuta. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), la giornata si è divisa in 5 tappe: esplorare la vita del sacerdote, esplorare la vita dei seminaristi, esplorare la vocazione, esplorare l’evangelizzazione e raccogliere i frutti. Durante l’incontro i seminaristi si sono impegnati a spiegare ai bambini la loro vita, lo studio, l’ambiente di vita e di preghiera. Infine i bambini hanno avuto anche la gioia di essere ricevuti dal vescovo diocesano, mons. John Tong, all’ora di pranzo. Don Benedict Lam Cho Ming, rettore del seminario, ha confermato che “l’iniziativa di presentare la vita del seminario con gioia aiuta a seminare il seme della vocazione tra i bambini. Quest’anno, in concomitanza con l’Anno diocesano della vocazione sacerdotale, abbiamo già organizzato due Giornate di apertura del Seminario a cui hanno partecipato oltre 1.200 bambini con grande successo. A gennaio abbiamo accolto oltre 800 bambini di 20 parrocchie”. Secondo i seminaristi, “portare i bambini a visitare il seminario aiuta anche noi a vivere meglio la nostra vocazione”. E i bambini sono ancora più entusiasti: uno di loro ha detto “pensavo che la vita del seminario fosse dura e noiosa, a qui ho visto allegria e serenità, sono felice. Penso di voler provare anch’io”. (R.P.)

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    Corso di studi cristiani alla Cittadella di Assisi su "Passione laica e profezia"

    ◊   Di “Passione laica e profezia” nel campo della famiglia, della politica e della fede si parlerà al 68mo Corso di studi cristiani organizzato dalla Cittadella di Assisi, in collaborazione con la comunità di Bose e l’editrice Queriniana. Il corso – di cui riferisce l’agenzia Sir - si aprirà il 20 agosto con l’intervento del filosofo Roberto Mancini dal titolo “Laicità come metodo”. Sabato 21 il giornalista Raffaele Luise coordinerà il confronto tra il giurista Stefano Rodotà, il sociologo algerino Khaled Fouad Allam e mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso, sul tema “Religioni, laicità, profezia”. Il 22 la giornata vede la relazione del priore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi, la Liturgia presieduta dal vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino e nel pomeriggio discussione sulla famiglia con la sociologa Chiara Saraceno e il filosofo morale Paolo Mirabella. Lunedì 23 sarà la volta della pastora battista Lidia Maggi, di Arthenagoras Fasiolo, archimandrita greco-ortodosso, Dario Vivian, antropologo e Lidia Sebastiani teologa morale che parleranno del matrimonio. L’ultima giornata sarà all’insegna della passione politica con Rita Borsellino, Flavio Lotti, coordinatore della “Tavola della Pace” e di Gian Enrico Rusconi, sociologo politico. Tutte le informazioni sull’evento sono reperibili sul sito (R.G.)

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    Roma: incontro internazionale per religiose all’Ateneo Regina Apostolorum

    ◊   Un incontro internazionale di animazione vocazionale, riservato alle religiose: questa l’iniziativa promossa dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, dal 19 al 24 luglio prossimi. Tra i temi trattati – riferisce l’agenzia Sir – molti sono collegati all’attualità della vita delle giovani: “Da Internet al convento”; “Promotori vocazionali tra i cosmetici e i pub”; “Le qualità essenziali dell’animatrice vocazionale”; “Capire la ragazza dei nostri giorni”; “Ridare la speranza; natura, finalità e ostacoli nella pastorale vocazionale”; “La direzione spirituale”; “I sacramenti e la preghiera”. L’équipe dell’Istituto aggiunge che “La proposta di organizzare un Incontro internazionale di animazione vocazionale – informa in una nota l’Istituto universitario - nasce dal grande senso di fiducia che abbiamo in Dio. Tuttavia è necessario pregare e lavorare bene”. Per questo conclude la nota “L’opera della pastorale vocazionale deve essere svolta dalle congregazioni religiose con cura minuziosa, in particolare nelle situazioni odierne, in cui lo scoraggiamento ha fatto strada e la sfiducia ha sostituito la speranza”. (R.G.)

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    Messa nelle grotte di Gubbio per la festa di san Benedetto, patrono degli speleologi

    ◊   A Gubbio, nella grotta di monte Cucco, un appuntamento speciale per speleologi, fedeli e amanti della montagna. Per la festa di san Benedetto da Norcia, ieri, nella spettacolare cavità sotterranea della «sala Cattedrale», è stata celebrata la messa dal vescovo di Gubbio, monsignor Mario Ceccobelli. Insieme con il presule hanno concelebrato il vescovo emerito monsignor Pietro Bottaccioli e il parroco di Costacciaro, don Nando Dormi. L'evento, nato da un'idea dell'attuale vescovo di Gubbio, è stato organizzato dal Comune di Costacciaro. Soltanto un centinaio di persone hanno potuto vivere quest'originale esperienza tra natura e fede, fissata per ieri mattina, ma un maxi-schermo a Pian delle Macinare ha permesso a tutti di seguirla in differita nel pomeriggio. «Sono rimasto letteralmente affascinato dalle grotte - commenta il vescovo - quando sono sceso per la visita delle istituzioni prima dell'apertura al pubblico dello scorso anno. La discesa e la preghiera in grotta sono un'esperienza di spiritualità molto particolare e intensa, che molti sacerdoti della nostra diocesi, e non solo, hanno sperimentato in passato soprattutto con i giovani». La volontà è quella di creare un evento fisso, che si ripeta annualmente nel giorno dedicato a san Benedetto da Norcia, proclamato protettore degli speleologi da Paolo VI nel 1968. Lo stesso Pontefice - scrive l'Osservatore Romano - proclamando nel 24 ottobre 1964 san Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale, Patrono d'Europa, intese riconoscere l'opera meravigliosa svolta dal santo mediante la «Regola» per la formazione della civiltà e della cultura europea. (R.P.)

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    La reliquia del cuore di San Camillo da Roma è giunta in Irlanda

    ◊   L’Ordine dei Ministri degli Infermi - Camilliani ha dato inizio alle celebrazioni per i 400 anni della morte di San Camillo (1614 – 2014). Tra le varie attività è anche prevista l'ostensione pubblica e la peregrinazione della Sacra Reliquia del Cuore di San Camillo, normalmente conservata a Roma nella Casa Generalizia, nelle Province che compongono l’Ordine. Venerdì scorso la reliquia del "Cuore di San Camillo" è volato da Roma per l'Irlanda dove sosterà per l’intero mese. Una serie di procedure burocratiche, oltre ai preparativi all'interno della Casa Generalizia, hanno caratterizzato la giornata di venerdì scorso quando, la Reliquia, ha lasciato il ‘Cubiculum’ diretta all'aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino per essere poi imbarcata sul volo per l'Irlanda. Sabato scorso si è svolta la prima Celebrazione Eucaristica nella Cappella del “St. Camillus Nursing Centre” di Killucan, in Irlanda. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Stasera in Spagna i primi prigionieri politici rilasciati da Cuba con la mediazione della Chiesa

    ◊   Arriverà stasera a Madrid un primo gruppo di ex detenuti politici cubani- insieme alle proprie famiglie - liberati dalle autorità de L'Avana, dopo la mediazione condotta dalla Chiesa cattolica. In tutto si tratta di 52 oppositori al governo castrista per il rilascio dei quali anche l’intellettuale cubano Guillermo Farinas aveva portato avanti uno sciopero della fame. Un evento dunque di portata storica come ci conferma Ugo Draetta, docente di diritto internazionale all’Università cattolica di Milano al microfono di Stefano Leszczynski:
     
    R. - I commenti non possono che essere positivi, ovviamente. Questo potrebbe essere un movimento che poi si accelera - motus in fine velocior - potrebbe essere l’inizio di aperture anche maggiori ed è quello che noi speriamo. E' certamente una vittoria del diritto internazionale e delle norme riguardanti il diritto di asilo: sono stati espulsi ed immediatamente è scattata la rete normativa del diritto internazionale sul diritto di asilo, che è stata appunto applicata dalla Spagna. Direi che di fronte a questo quadro positivo l’unica nota, un po’ stonata, che vorrei introdurre - senza sembrare un guastafeste - è l’assenza dell’Europa.

     
    D. - Quanto sta accadendo con questi oppositori politici è comunque un po’ anomalo: non sono persone che sono scappate clandestinamente da un Paese e cercano rifugio in un altro Paese, ma vengono espulse…

     
    R. - E’ un po’ particolare. La verità è che non è che l’espulsione avviene verso un Paese. L’espulsione è espulsione è basta. Questi si trovano, in effetti, fuori dal Paese, soltanto che non ci sono andati per propria volontà, non sono dei rifugiati, ma sono stati “espulsi”, il che, però, alla fine è la stessa cosa: questi debbono lasciare il loro Paese!

     
    D. - Professore, anche il Cile si è dichiarato pronto ad accogliere eventualmente altri oppositori. Questi due Paesi - il Cile e la Spagna - si sono inseriti tra l’altro in un contesto di mediazione con la Chiesa cattolica e quindi in un clima di rapporti piuttosto concilianti. Questo è indice che c’è una certa apertura anche nei confronti del governo cubano: è una buona strada?

     
    R. - Senz’altro. E’ chiaro che è il collante costituito anche dall’azione della Chiesa cattolica. Diciamo che l’idea di fondo, del tutto condivisibile, è quella di aperture che consentano l’evoluzione in senso positivo a Cuba, rispetto a chiusure che non farebbero altro che estremizzare le posizioni e allontanare una soluzione del “problema cubano”.
     
    Marea nera
    Proseguono a pieno ritmo nel Golfo del Messico i lavori della British Petroleum per l’installazione del nuovo sistema di contenimento che nel giro di una settimana dovrebbe riuscire a bloccare il greggio che inquina la costa statunitense meridionale dall’aprile scorso. Fiducia è stata espressa dalla Casa Bianca, mentre il colosso petrolifero britannico, in difficoltà economiche a fronte dei 3,5 miliardi di dollari spesi nel tentativo di contenere la marea nera, starebbe negoziando la cessione delle sue attività oltreoceano.
     
    Panama
    Ancora disordini a Panama, dove i lavoratori delle piantagioni di banane in sciopero nella parte ovest del Paese si sono scontrati con la polizia. Una persona è rimasta uccisa, la seconda nel giro di pochi giorni, mentre la polizia cercava di rimuovere barricate stradali poste dai manifestanti. I dimostranti protestano contro una nuova legge che permette alle società di licenziare i dipendenti in sciopero.
     
    Medio Oriente
    Sale la tensione in Medio Oriente, dove una nave libica carica di aiuti umanitari per le popolazioni della Striscia di Gaza è salpata sabato sera dalla Grecia. Destinazione finale: il porto di Gaza nonostante i numerosi avvertimenti delle autorità israeliane. Il timore è che ci possa essere un altro blitz armato.
     
    Afghanistan
    Il primo semestre del 2010 ha mostrato un lieve incremento delle vittime civili e un generale peggioramento nelle condizioni di sicurezza dovuto ad una crescita dell'attività dei talebani, nonostante l’aumento delle truppe statunitensi voluto dall’amministrazione Obama. È quanto sostiene l’Ong afghana 'Afghanistan Right Monitor' (Arm) in un rapporto diffuso oggi a Kabul. Secondo il documento, circa 1.074 civili sono morti e altri 1.500 sono rimasti feriti nel periodo gennaio-giugno 2010. E per accelerare il processo di riconciliazione nazionale il presidente afghano Karzai avrebbe intenzione di chiedere alle Nazioni Unite la rimozione di circa 50 leader talebani dalla sua lista nera dei terroristi. Lo scrive il Washington Post, citando fonti ufficiali afghane. Per ora il tentativo di Karzai si sarebbe tuttavia scontrato con la resistenza dell'Onu che chiederebbe maggiori garanzie sui nomi proposti dal capo dello Stato. Intanto sul terreno non si fermano le violenze: almeno 21 civili sono rimasti feriti a seguito dell’esplosione di una bomba in un bazar nella provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan.
     
    Giappone
    Il premier nipponico, Naoto Kan, esclude le dimissioni dopo il risultato delle elezioni di ieri per il rinnovo parziale del Senato che ha evidenziato la sconfitta del centro sinistra. Il leader dell’esecutivo ha spiegato alla stampa di voler continuare il suo lavoro di “riassetto dei conti”. Il servizio di Marco Guerra:
     
    I dati definitivi delle elezioni sul rinnovo parziale del Senato evidenziano un vero e proprio tracollo per i democratici al potere dal settembre 2009. Il partito del premier Naoto Kan si è aggiudicato 44 seggi sui 121 in palio, dieci in meno della consultazione precedente. Kan perde quindi la maggioranza nella Camera alta e potrebbe, malgrado le abbia subito escluse, essere costretto alle dimissioni, in funzione di un ampliamento della coalizione di governo. Per l’esecutivo si profila, infatti, una fase d'instabilità con lotte intestine a meno di un mese dall'investitura dell’ex attivista dei diritti civili, Naoto Kan, ricevuta a seguito del fallimento di Yukio Hatoyama, vincitore delle elezioni politiche della scorsa estate. Dal canto suo, il primo ministro ha ammesso la sconfitta e ha riconosciuto i tanti equivoci sulla proposta di rialzo dell’Iva. Kan ha quindi spiegato di voler continuare il suo lavoro di ''riassetto dei conti'' coinvolgendo l’opposizione sulle scelte di politica fiscale. Ma i rivali Liberaldemocratici hanno preso vigore con i 52 seggi conquistati, al punto che il leader Tanigaki ha chiesto ''elezioni generali anticipate''.
     
    Commemorazione della strage di Srebrenica
    Grande commozione ieri in Bosnia tra gli oltre 50mila presenti alla commemorazione del 15.mo anniversario della strage di Srebrenica, dove più di 8000 bosniaci musulmani furono trucidati dalle truppe serbo-bosniache del generale Ratko Mladic, ancora latitante. La folla ha inoltre assistito alla tumulazione nel memoriale di Potocari di 775 salme identificate solo di recente. “Srebrenica è una macchia sulla nostra coscienza collettiva”, ha sottolineato la Casa Bianca in un messaggio letto per l’occasione, mentre tra le autorità balcaniche ed europee presenti, il presidente Serbo Tadic ha ribadito l’impegno a catturare tutti i responsabili per chiudere “questa pagina tragica per tutta la ex Jugoslavia”. La cattura di Mladic, ricercato dal tribunale dell'Aja per i crimini di guerra, è uno dei principali ostacoli sulla strada dell’ingresso della Serbia nella Comunità Europea.
     
    Belgio
    Il presidente del partito socialista belga, Elio Di Rupo, che la settimana scorsa ha ricevuto dal re un incarico esplorativo per la formazione del nuovo governo, avvia oggi le consultazioni con i partiti politici. I colloqui avverranno assieme a Bart De Wever, leader dei separatisti fiamminghi, vincitore con i socialisti francofoni delle elezioni del 13 giugno scorso. Di Rupo ha fatto appello ''ad un compromesso che consenta la formazione di un nuovo esecutivo''.
     
    Irlanda del nord
    Nuove violenze nella notte a Belfast, in Irlanda del Nord, tra manifestanti repubblicani e polizia: 27 agenti sono rimasti feriti. Le forze dell’ordine erano in allerta perchè nella notte tra l'11 e il 12 luglio la comunità unionista del Paese commemora la battaglia del Boyne, che nel 1660 sancì la vittoria di Guglielmo d'Orange sul re Giacomo II. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 193

     
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