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Sommario del 11/07/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • In tempo di vacanze Benedetto XVI invita a farsi prossimo di chi ha bisogno di aiuto. Il Papa rende omaggio a San Benedetto ‘grande patrono’ del suo pontificato
  • Festa di san Benedetto: in tempi di degrado, seppe vivificare la cultura cristiana anteponendo Dio ad ogni desiderio
  • Oggi, Domenica del mare, Giornata di preghiera per oltre un milione e mezzo di marittimi
  • Oggi in Primo Piano

  • Commemorato oggi nel cimitero di Potocari, a Srebenica, il terribile eccidio di 15 anni fa
  • “Tutti contano”: slogan dell’odierna Giornata mondiale della Popolazione
  • Le diverse tradizioni ecclesiali al centro del III Congresso “Orientale Lumen Europa-Oriente”
  • Progetto dell'Istituto Regina Elena e del San Gallicano per migliorare la qualità dell'assistenza
  • In dirittura d'arrivo in Africa gli "Altri Mondiali": ragazzi italiani e africani in tour nel continente uniti dal calcio
  • Chiesa e Società

  • “Crisi e rinnovamento della famiglia in Europa”, tema del Congresso ecumenico in Francia
  • L’impegno delle Missionarie eucaristiche di Nazareth, in Spagna, a 90 anni dalla fondazione
  • Il bilancio di “Save the Children” a sei mesi dal sisma che il 12 gennaio scorso ha distrutto Haiti
  • “The Eucharistic Crusade” festeggia a Shang Hai mezzo secolo di vita
  • Spettacolo di beneficienza a Sydney per costruire il Mary MacKillop College nel Sudan meridionale
  • Le Chiese siano capaci di combattere le paure e i falsi pregiudizi su migranti e rifugiati
  • Nasce il sito ufficiale tedesco dedicato alla Giornata mondiale della gioventù
  • Costa d'Avorio: i vescovi esortano i fedeli ad accogliere i presuli della Cerao e della Recowa
  • 24 Ore nel Mondo

  • A Cuba, ieri sera, le prime liberazioni tra i 52 detenuti politici scarcerati dal governo
  • Il Papa e la Santa Sede



    In tempo di vacanze Benedetto XVI invita a farsi prossimo di chi ha bisogno di aiuto. Il Papa rende omaggio a San Benedetto ‘grande patrono’ del suo pontificato

    ◊   Benedetto XVI, che da pochi giorni si trova nella residenza estiva di Castel Gandolfo, ha rivolto stamane all’Angelus un pensiero particolare, in questo tempo di vacanze, alle persone in difficoltà. Nell’odierna festa il Papa ha reso omaggio a San Benedetto “grande patrono – ha detto - del mio pontificato”. Il servizio di Roberta Gisotti.
     
    Calorosa accoglienza per Benedetto XVI dai “cari abitanti” della “bella cittadina” laziale “dove torno sempre volentieri”, ha detto il Papa, prima di recitare l’Angelus insieme ai numerosi pellegrini assiepati nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Ispirato dal Vangelo odierno, il Papa si è soffermato sulla risposta che Gesu dà ad un dottore della Legge che gli chiede: “Maestro che cosa devo fare per ereditare la vita eterna? “Amare Dio con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze, e amare il prossimo come se stessi”, risponde il figlio di Dio. Ma chi è il mio prossimo? Chiede ancora il dottore della Legge e Gesù risponde con la parabola del ‘buon Samaritano’, “per indicare – ha spiegato Benedetto XVI - che sta a noi farci ‘prossimo’ di chiunque abbia bisogno di aiuto.”
     
    “La parabola, pertanto, deve indurci a trasformare la nostra mentalità secondo la logica di Cristo, che è la logica della carità: Dio è amore, e rendergli culto significa servire i fratelli con amore sincero e generoso”.

     
    “Questo racconto evangelico – ha osservato il Papa - offre il ‘criterio di misura’, cioè “l’universalità dell’amore che si volge verso il bisognoso incontrato ‘per caso’, chiunque egli sia.”
     
    “Accanto a questa regola universale, vi è anche un’esigenza specificamente ecclesiale: che “nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno.”

     
    Il cristiano dunque ha “‘un cuore che vede’ dove c’è bisogno di amore, e agisce in modo conseguente”. Da qui l’invocazione alla Madonna
     
    “Affidiamo alla Vergine Maria il nostro cammino di fede e, in particolare, questo tempo di vacanze, affinché i nostri cuori non perdano mai di vista la Parola di Dio e i fratelli in difficoltà”.

     
    Il Papa ha quindi ricordato l’odierna festa di San Benedetto da Norcia, “padre e legislatore del monachesimo occidentale”, proclamato da Paolo VI nel 1964 patrono d’Europa “riconoscendone l’opera meravigliosa svolta per la formazione della civiltà europea.
     
    “..come narra san Gregorio Magno, ‘fu un uomo di vita santa … di nome e per grazia’. ‘Scrisse una Regola per i monaci … specchio di un magistero incarnato nella sua persona: infatti il santo non poté nel modo più assoluto insegnare diversamente da come visse’.”

     
    Nei saluti finali ai fedeli nelle varie lingue, il Santo Padre ha rivolto un incoraggiamento particolare alle Suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù, riunite per il Capitolo Generale, perché siano testimoni dell’amore divino nei vari campi in cui operano l’educazione, la sanità, la pastorale giovanile e familiare, le opere sociali per i migranti e i poveri.

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    Festa di san Benedetto: in tempi di degrado, seppe vivificare la cultura cristiana anteponendo Dio ad ogni desiderio

    ◊   La famiglia benedettina festeggia oggi in modo solenne il santo patrono d’Europa. Ma qual è il cuore del messaggio di san Benedetto? Federico Piana lo ha chiesto al padre benedettino Cipriano Carini, presidente nazionale del Dim, il Dialogo interreligioso monastico:
     
    R. - Un mesaggio che vorrei mettere in relazione al momento storico in cui viveva: di fronte ad una cultura e ad una società in degrado, ha saputo fare delle scelte che non sono soltanto personali, ma che diventano poi un modo per rifondare la cultura cristiana.

     
    D. - Possiamo dire che san Benedetto è strettamente legato alla nascita e alla diffusione del monachesimo in Italia e in Europa?

     
    R. - Per l’Occidente certamente sì. Fa anche meraviglia il vedere come di fatto abbia una conoscenza molto grande di tutti i testi che sono dell’Oriente e quindi del monachesimo nato prima - specialmente in Egitto - e di alcuni passi di quello che è l’insieme della spiritualità, specialmente di San Basilio. Potrebbe essere considerato come un eremita che non conosce niente, mentre invece dalla sua Regola e dalla sua vita risalta che è un uomo anche di grande cultura in campo biblico - la sua Regola è un continuo citare la Bibbia - e in campo spirituale, perché si fa sempre riferimento ai padri del monachesimo dell’Oriente.

     
    D. - Parliamo della vita di san Benedetto: che vita è stata?

     
    R. - E’ un continuo cercare. Non trovando mai una risposta adeguata alla sua ricerca, lascia Norcia. Direi che la sua è stata una vita movimenta nonostante fosse un monaco. E’ sempre in ricerca di qualcosa di più libero, per poter essere solo di Dio, così come dice proprio nella sua Regola: “il monaco è colui che cerca veramente Dio e niente antepone all’amore di Cristo”.

     
    D. - Quindi cercava Dio: la ricerca di Dio e dell’Assoluto…

     
    R. - Comprendendo la sua spiritualità e leggendo la sua Regola si può notare come davvero inciti la persona ad avere davanti a sé l’Assoluto, che è Dio. Tutte le altre cose - compresa l’economia - diventano secondarie. Bisogna, quindi, essere disponibili a lasciare tutto, perché l’essenziale è quello che non finisce mai: è l’amore di Dio!

     
    D. – Cosa insegna la Regola di san Benedetto?

     
    R. - Forse dobbiamo dire che prima di tutto regola la vita dell’uomo: non gli lascia quella libertà assoluta che gli permette cioè di fare quello che vuole, ma lo mette di fronte al Vangelo. La Regola è solamente un modo per vivere il Vangelo, è un’educazione non solo spirituale, ma anche psicologica della crescita umana. Allo stesso tempo, però, non si tratta soltanto di un sussidio per la persona singola, ma soprattutto di un saper vivere insieme, volendosi bene, pur provenendo - come era allora e come sarà sempre di più anche tra di noi oggi - da culture e da etnie diverse. Ma è poi anche una formazione per avere una presenza viva nella Chiesa e nella società. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi, Domenica del mare, Giornata di preghiera per oltre un milione e mezzo di marittimi

    ◊   Oggi la Chiesa celebra la “Domenica del Mare”, una giornata dedicata alla preghiera per i lavoratori marittimi, per le loro famiglie e per coloro che li assistono. Nell’occasione, il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti ha pubblicato un messaggio che ricorda come il 2010 sia stato proclamato dall’Organizzazione Marittima Internazionale “Anno del Marittimo” proprio per sensibilizzare la comunità internazionale sulle condizioni lavorative di circa un milione e mezzo di lavoratori del mare. Il presidente di questo dicastero, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, ricorda al microfono di Fabio Colagrande il significato di questa ricorrenza.
     
    R. - La “Domenica del Mare” è una tradizione iniziata in Inghilterra nel 1975 quando l’Apostolato del Mare (della Chiesa Cattolica), la “Mission to Seafarers” (Anglicana) e la “Sailors’ Society” (Free Church) decisero che ci dovesse essere un giorno nel calendario delle Chiese per ricordare i marittimi, pregare per le loro famiglie e per coloro che li assistono. Da allora la celebrazione, allargatasi fino a diventare internazionale, si celebra abitualmente la seconda domenica di luglio, e con essa si riconosce l’importante contributo lavorativo dei marittimi all’economia di tutti i Paesi del mondo. Questa ricorrenza ha anche un’importanza ecumenica perché in molti porti le celebrazioni e le diverse attività di sensibilizzazione riguardo la situazione umano-lavorativa dei marittimi vengono fatte congiuntamente con altre denominazioni cristiane, dando testimonianza così di unità di intenti e cooperazione nel tutelare i diritti di queste persone.

     
    D. - Quali sono i temi affrontati quest’anno nel messaggio del Pontificio Consiglio per la “Domenica del Mare”?

     
    R. - Sono due. Il primo riguarda il 90mo anniversario di fondazione dell’Apostolato del mare, iniziato a Glasgow il 4 ottobre 1920 ad opera di un piccolo gruppo di laici e sacerdoti che volevano porre rimedio alla situazione di abbandono in cui versavano i marittimi cattolici di quel tempo. Attraverso gli anni quest’opera è cresciuta e con il contributo di tanti cappellani e volontari svolge un lavoro prezioso di assistenza materiale e spirituale ai marittimi di ogni nazionalità e credo religioso, con visite a bordo e accoglienza nei Centri Stella Maris. Quest’anno non celebriamo solo un anniversario, ma vogliamo ritrovare lo spirito originale e l’entusiasmo che ha guidato i fondatori. Il secondo tema si riferisce proprio al 2010 che l’Organizzazione Marittima Internazionale ha proclamato “Anno del Marittimo”, per dare alla comunità internazionale l’occasione di prendere maggiormente coscienza dell’importanza del lavoro svolto da un milione e mezzo di marittimi, ma anche dei rischi connessi con la loro professione.

     
    D. - Potrebbe accennare ai principali problemi che i marittimi devono affrontare?

     
    R. - Vale ricordare la pirateria in generale, ma specialmente nel golfo di Aden, un problema emergente. A tutt’oggi ci sono circa 20 navi sequestrate con un totale di oltre 400 membri di equipaggio. I marittimi e le loro famiglie pagano a questo riguardo un alto prezzo quanto a stress psicologico, che a lungo termine può avere conseguenze traumatiche. L’Apostolato del mare e altre organizzazioni cristiane si preoccupano del loro benessere dopo il rilascio da parte dei pirati. Inoltre esiste il problema delle navi battenti bandiera ombra, registrate in Stati che non esercitano alcun controllo sulla loro sicurezza e sulle condizioni di vita e lavoro dell’equipaggio, per lo più proveniente da Paesi in via di sviluppo e che, per paura di perdere il posto, soffre in silenzio sfruttamento e abusi. Un altro fenomeno in ascesa è la criminalizzazione dei marittimi, causata dall’incremento degli incidenti, in cui prevale il fattore umano. I marittimi vengono colpevolizzati e criminalizzati e usati come capro espiatorio dai loro datori di lavoro. Infine, la crisi economica ha accentuato un problema scandaloso e ricorrente nel panorama del mondo marittimo, cioè l’abbandono delle navi e del loro equipaggio da parte dell’armatore. In questi casi è molto spesso l’Apostolato del mare ad intervenire ed agire come forza catalizzatrice per risolvere questo problema che richiede l’intervento della Capitaneria di porto, della polizia di frontiera e di altri organismi statali. A questo riguardo, nei mesi scorsi sia l’Apostolato del Mare spagnolo che quello italiano hanno presentato un dossier in cui si affrontano i diversi aspetti di questo fenomeno nei rispettivi Paesi.

     
    D. - Quali sono le priorità in cui l’Apostolato del mare si deve impegnare nel futuro?

     
    R. - Provvedere alla cura pastorale dei marittimi e dei pescatori attraverso la visita alle navi rimane certamente la nostra priorità, insieme con lo sforzo di sollecitare la sensibilità delle Conferenze episcopali e coinvolgere maggiormente le Chiese locali nella cura pastorale della gente di mare e delle loro famiglie. In questi ultimi anni il varo di navi da crociera sempre più grandi e capienti, che possono arrivare ad ospitare duemila o tremila passeggeri e almeno mille o millecinquecento membri di equipaggio, ha evidenziato la necessità della presenza di cappellani di bordo, cioè sacerdoti che, imbarcandosi, diventano marittimi con i marittimi e sono così presenza viva della Chiesa. Infine, sarebbe auspicabile che in questo anno dedicato al marittimo si arrivasse alla ratifica, da parte degli Stati membri dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, della Convenzione 2006 sul lavoro dei marittimi, che porterebbe maggiore protezione e benefici a questa categoria di lavoratori che provvedono ogni giorno ai bisogni quotidiani della nostra umanità, ma che in realtà sono spesso dimenticati e ignorati.

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    Oggi in Primo Piano



    Commemorato oggi nel cimitero di Potocari, a Srebenica, il terribile eccidio di 15 anni fa

    ◊   Quindici anni fa a Srebrenica, città nella parte orientale della Bosnia Erzegovina, si consumava una delle pagine più drammatiche del Novecento, un grande omicidio di massa, definito genocidio dalla giustizia internazionale. Oltre 8 mila tra uomini e ragazzi di etnia musulmana, per il 78 per cento civili, furono uccisi dalle truppe dell’Esercito serbo-bosniaco del generale Ratko Mladic. Almeno 60 mila persone hanno raggiunto oggi il cimitero di Potocari, alla periferia di Srebrenica, per assistere alla cerimonia di commemorazione e alla tumulazione di 775 vittime di quel massacro. Un appello alla riconciliazione fra tutti i Paesi dell’ex Jugoslavia è giunto per l’occasione dal presidente serbo Boris Tadic. "L'orrore di Srebrenica è una macchia sulla nostra coscienza collettiva", è stato il commento del presidente americano Barack Obama. Il massacro di Srebrenica rappresenta una delle pagine più controverse della recente storia europea, tutt'ora irrisolta sotto tanti punti di vista. E’ quanto sottolinea al microfono di Gabriella Ceraso, il professor Francesco Strazzeri, docente di Relazioni internazionali alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

     
    R. - Il massacro di Srebrenica fu voluto da pochi, perpetrato da più e tollerato da quasi tutti. Ciò premesso, sicuramente la cosa che spicca di più tra gli aspetti irrisolti, è il fatto che Ratko Mladic, che disponeva di un potere di fatto di vita e di morte, è il grande nome che manca alla giustizia. Mladic rappresenta da questo punto di vista un’eccezione perché gli ufficiali che lo supportarono in quei giorni sono stati condannati con delle pene all'ergastolo, che riportano in calce la scritta concorso in genocidio. Il fatto stesso che si parli apertamente e ufficialmente di genocidio io lo ritengo personalmente una novità storica.

     
    D. – Altro aspetto dolente, ma significativo, sono le mancate sepolture. Altri corpi mancano all’appello di quegli oltre 8 mila.

     
    R. - Sicuramente, però c’è un lavoro paziente, meticoloso, che ha portato a ridare un nome a tutti coloro che morirono. Ed è un fatto importante e quasi unico direi.

     
    D. – Si è discusso anche molto sul non intervento dell’Onu. Erano truppe olandesi in quell’occasione. Una pagina su cui ancora rimane secondo lei qualcosa da dire?

     
    R. – Fu una partita difficilissima che creò instabilità anche politica all’interno dell’Olanda, che proprio in virtù di questa vicenda storica è oggi il Paese in Europa più intransigente rispetto ai passi avanti che i Paesi balcanici fanno nella prospettiva di avvicinamento all’Unione europea. Dall’altra parte, alle Nazioni Unite, vengono ancora oggi rivolte le critiche. Gli occhi sono puntati alla scena ultima, alla tragedia. Io credo che ci sia ancora molto da fare, perché non si ripetano quelle condizioni. Sul come se ne è usciti, cioè sulla nascita di una serie di iniziative che hanno mosso la giustizia internazionale, su questo versante si sono fatti dei passi avanti almeno sul piano storico.

     
    D. – Le chiedo in che modo questa pagina di storia a 15 anni di distanza interroga oggi la comunità internazionale?

     
    R. – Interroga, io credo, come tutti i massacri cui abbiamo assistito. Forse un po’ di più perché l’Occidente aveva reporter, aveva giornalisti in ogni angolo e quindi non ci si può trincerare dietro al “non abbiamo visto”. L’insegnamento che ne esce fuori è quello che è importante operare, affinché, la memoria, la giustizia sanciscano un'ipotesi di riconciliazione e di verità e non invece un momento che ravviva l’avvitarsi perverso degli odi e degli egoismi.

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    “Tutti contano”: slogan dell’odierna Giornata mondiale della Popolazione

    ◊   “Tutti contano”: è lo slogan scelto per la Giornata mondiale della Popolazione che ricorre oggi. Si vuole sottolineare che ciascuno è importante e nello stesso tempo che disporre di dati demografici affidabili è cruciale nella pianificazione di scuole, sistemi sanitari e trasporti pubblici, e nella creazione di politiche che tengano in considerazione le proiezioni sulla popolazione. Oggi la popolazione mondiale conta circa 6 miliardi e 790 milioni di persone. In Asia vivono poco più del 60% degli abitanti del pianeta, in Africa il 14,5%, in America il 13,6, in Europa poco meno dell’11%, lo 0,5% in Oceania. Ma, dopo tante teorie del passato, che cosa dire oggi del rapporto tra demografia e sviluppo? Fausta Speranza lo ha chiesto all’economista Mario Deaglio:
     
    R. – Sicuramente esiste un collegamento tra spinta demografica e crescita economica. Quando la spinta demografica è troppo forte, la crescita economica poi tende a diminuire e si può entrare in un circolo vizioso. Però, in via normale, noi vediamo che Paesi che adesso hanno delle classi lavorative piuttosto ampie e che se si possono fornire di istruzione sul mercato mondiale possono avere maggiori possibilità di essere competitivi. Naturalmente l’esempio principale è la Cina, la quale, peraltro, ha una demografia che ormai è stazionaria e comincerà ad invecchiare molto rapidamente tra poco. Ma poi soprattutto il Brasile e l’India, dove la combinazione salute migliore e istruzione comincia ad essere diffusa, la popolazione giovane di una grossa consistenza è importante. Dall’altro lato, abbiamo invece la difficoltà a veder crescere dei Paesi come quelli europei, in cui la forza lavoro non cresce più, ma cresce invece il peso delle pensioni e della salute degli anziani.

     
    D. – In passato la demografia è stata al centro dei dibattiti internazionali perché si temeva la famosa “bomba demografica”, che non c’è stata. Al momento, qual è la riflessione su questi temi?

     
    R. – E’ vero quello che lei dice, che la bomba demografica, come veniva chiamata, era considerata una minaccia venti o trenta anni fa. E’ successo che i tassi di natalità sono diminuiti molto più rapidamente delle attese e oggi si ragiona su proiezioni che parlano di una stabilizzazione della popolazione mondiale tra 9 miliardi e mezzo e forse 10 miliardi, ma sembra che non ci arriviamo, entro il 2050, 2060. Peraltro, questa stabilizzazione porta dei problemi, perché è una stabilizzazione legata ad un forte invecchiamento, un chiaro indice di invecchiamento generale. A questo invecchiamento generale sfuggono alcune aree, in particolare buona parte del mondo islamico e l’India, che hanno ancora delle popolazioni giovani molto forti. La cosa ha cessato di essere considerata un problema mondiale e l’attenzione si è spostata su come si fa a quadrare il bilancio generale con le spese e le potenzialità degli anziani. Persone che adesso non sono ancora anziani lo saranno nei prossimi 20 o 30 anni e non saranno sostituiti da uno stesso numero di giovani.

    Di fronte a tutto ciò, qual è il punto di vista della Chiesa? Fausta Speranza lo ha chiesto a mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:

     
    R. – Dal punto di vista della nostra tradizione cattolica, della tradizione cristiana, prima di tutto bisogna sottolineare il valore della vita e l’importanza delle nuove generazioni. Le nuove generazioni portano sempre innovazioni, speranza, portano un senso di impegno, di voglia di scoprire qualcosa di nuovo. Secondo, oltre al rispetto della vita, vediamo che con la continuità demografica, la continuità attraverso la famiglia della vita umana, si vengono a rafforzare e a trasmettere quei valori fondamentali su cui si regge la convivenza. Quindi, il punto su cui bisogna, secondo me, insistere è che il valore della vita è quello che porta benefici sia ad un livello sociale che ad un livello economico e culturale, come pure al sostegno di quei principi e di quei valori su cui costruiamo continuamente il rapporto umano.

     
    D. – Mons. Tomasi, lo slogan della Giornata mondiale della popolazione 2010 è “tutti contano”. Perché davvero non sia solo uno slogan, che cosa ci vuole?

     
    R. – Se davvero tutti contano, non possiamo escludere le persone handicappate, non possiamo escludere gli anziani, non possiamo avviare un discorso di eutanasia o limitare il diritto alla vita, prima della nascita o prima della fine naturale della vita. Se tutti contano dobbiamo essere inclusivi, cioè adottare un approccio che è quello sempre adottato dalla tradizione cattolica: nella società non solo contano tutti, ma si comincia a far valere i diritti delle persone più vulnerabili e più deboli. Per cui c’è sempre stata l’attenzione storica della Chiesa verso le persone ammalate, verso le persone che hanno dei problemi personali, persone che sono più deboli nella società e appunto perché più deboli, come in una famiglia, vengono protette e assistite in maniera più attenta. Contano tutti, quindi tutte le persone umane, e quindi è una vera maniera di riaffermare il diritto alla vita e il principio della vita, che deve essere difesa in tutte le circostanze, appunto perché crediamo nella dignità di ogni persona. E questo è il centro su cui si deve focalizzare l’attenzione sia della società cristiana, come della comunità internazionale in genere: a sostegno della dignità di ogni persona si deve partire dalla difesa della vita di queste persone e dalla loro inclusione nella protezione che offre la società.

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    Le diverse tradizioni ecclesiali al centro del III Congresso “Orientale Lumen Europa-Oriente”

    ◊   Le diverse tradizioni ecclesiali nella comune ricerca dell'unità tra tutti i seguaci di Cristo sono state al centro, dal 5 all'8 luglio scorsi, del terzo Congresso "Orientale Lumen Europa - Oriente", promosso da organizazzioni ecumeniche statunitensi con il sostegno del Patriarca ecumenico di Costantinopoli. Il tema scelto, "I Concili della Chiesa", è stato trattato con relazioni e dibattiti. Ma quale obiettivo ha animato questo Congresso tenutosi ad Istanbul? Padre Teodosio Hren, del programma ucraino della nostra emittente, lo ha chiesto all'arcivescovo Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali:

    R. - Lo scopo di questo III Congresso è stato quello di offrire un’occasione per gli scienziati, gli specialisti ed i vescovi rappresentanti le singole chiese, cattoliche ed ortodosse, insieme ad un pubblico specializzato ed interessato a questo tipo di argomenti, per approfondire insieme le tematiche comuni, così come quelle controverse che talvolta ancora esistono tra la teologia, la storia, la spiritualità e quindi comprendere come vengono percepite dal punto di vista cattolico, specialmente orientale, e dal punto di vista ortodosso.

     
    D. - Il tema scelto per l’incontro di quest’anno era “I Concili della Chiesa”. Quanto è importante questa tematica?

     
    R. - La tematica relativa ai Concilii ecumenici è certamente molto importante proprio perché accomuna le Chiese - la cattolica e l’ortodossa - poiché rappresenta un patrimonio comune a tutta la cristianità. La Conferenza si è tenuta a Istanbul - Costantinopoli e quindi è stata ospitata e salutata dal Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, che ha dato il suo benvenuto ai partecipanti alla Congresso già la prima sera. Insieme ai partecipanti alla Conferenza ha poi celebrato una Liturgia nella Chiesa di Santa Khiakla ed ha pregato sulla tomba del Patriarca Atenagora, di cui proprio in questi giorni ricorre il 28.mo anniversario della morte. I partecipanti hanno visitato la sede del Patriarcato ecumenico, durante la quale hanno potuto anche ricordare le storiche visite dei Romani Pontefici in questa sede. La Conferenza è certamente un segno, una continuazione e rappresenta un piccolo tassello del grande mosaico che costruisce il dialogo ecumenico: non è certo una conferenza che può cambiare la storia, ma certamente fa parte della storia della comune ricerca della rinnovata unione fra le Chiese. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Progetto dell'Istituto Regina Elena e del San Gallicano per migliorare la qualità dell'assistenza

    ◊   Privilegiare la centralità della persona, migliorando la qualità dell’assistenza. E’ il progetto Vales, proposto dall’Istituto nazionale tumori Regina Elena e dall’Istituto dermatologico San Gallicano, che focalizza l’attenzione su un momento delicato della permanenza dei pazienti in ospedale: il passaggio dal reparto di degenza al blocco operatorio, dove si svolgerà l’intervento chirurgico. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Francesco Bevere, direttore generale dei due Istituti:
     
    R. – Noi siamo sempre più convinti che l’eccellenza delle cure non consista soltanto nell’assicurare una buona pratica clinica o una tecnologia, le più avanzate possibili. Noi abbiamo voluto anche dare la garanzia, un rifarsi carico a 360 gradi dei disagi delle persone, che non vengono mai lasciate sole, a maggior ragione in momenti particolarmente delicati. Abbiamo voluto scegliere proprio l’intervento chirurgico, perché si sa che poi in un momento così particolare: quando la persona si è già orientata ed è già inserita bene nel contesto ospedaliero, nella sua organizzazione, il momento difficile può essere quello di lasciare la stanza, i propri familiari e così via, per recarsi in un ambiente completamente estraneo alla persona, supertecnologico, in cui sa di dover subire un’operazione, che può essere anche la risoluzione definitiva del suo problema di malattia.

     
    D. – Quali sono le principali paure che hanno?

     
    R. – Molte delle persone che abbiamo intervistato, per esempio, soffrono del fatto di lasciare i propri cari e gradiscono essere accompagnati fin dove è possibile da queste persone. Noi lo abbiamo concesso e lo faremo sempre più facilmente. Ma accanto a tutte queste cose, che riguardano l’aspetto specifico della persona, poi ovviamente c’è un lavoro molto forte che si sta facendo sul personale, che è all’interno del blocco operatorio e nei reparti di degenza. Abbiamo migliorato moltissimo l’elemento “formazione continua” di carattere tecnico-specialistico; abbiamo aderito alla Carta della qualità in chirurgia, che pone una serie di vincoli molto precisi a chi vuole aderirvi. Quindi, una combinazione tra l’elevato livello di qualità tecnico-specialistica, in maniera tale che la persona si senta al sicuro, in un posto sicuro, quando si addormenta soprattutto e quando viene effettuata l’operazione chirurgica, ed anche questo accostamento parallelo ai suoi bisogni più intimi.

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    In dirittura d'arrivo in Africa gli "Altri Mondiali": ragazzi italiani e africani in tour nel continente uniti dal calcio

    ◊   Stanno per concludersi in Sudafrica i Mondiali di calcio. Questa sera, a Johannesburg, Spagna e Olanda si contenderanno la Coppa del Mondo. In dirittura d'arrivo anche gli “Altri Mondiali”, l'iniziativa che, in concomitanza al più prestigioso torneo calcistico, ha portato ragazzi italiani e africani a bordo di un tipico pulmino africano attraverso diversi Paesi del Continente. Sono state organizzate, contemporaneamente a quelle dei Mondiali, partite di calcio che hanno coinvolto giovani di varie nazionalità. Luca Marchina, volontario bresciano da alcuni anni a Nairobi, ripercorre alcune tappe di questo singolare itinerario al microfono di Amedeo Lomonaco:

     
    R. - Il primo numero che mi viene in mente sono i chilometri percorsi attraverso Kenya, Tanzania, Malawi, Zambia, Zimbabwe, Swaziland e Sudafrica. Sono più di 7.500. In questo mese - più o meno - di viaggio ogni giorno sono stati organizzati tornei, alcuni improvvisati altri più organizzati. Il bilancio più positivo l’ho sentito l’altro giorno nelle parole di un ragazzo keniano che mi ha detto come era stato impressionato dal fatto che ovunque il calcio è stato veramente un veicolo per attirare le persone giovani, bambini ma anche persone più grandi. Tante lingue diverse sono passate in questo viaggio eppure il calcio è diventato un po’ il linguaggio universale con il quale ci si è relazionati con questi ragazzi.

     
    D. – Quale impressione hanno avuto questi ragazzi sull’Africa che per la prima volta ha ospitato un Mondiale di calcio? Un’allegria di fondo che si aggiunge a che cosa?

     
    R. - C’èra una grande aspettativa, c’è tuttora sull’onda lunga che potranno avere questi Mondiali. C’erano anche tante speranze legate al Ghana che si sperava andasse avanti. Una delle serate più divertenti alle quali abbiamo partecipato è stata a Maputo. Siamo andati in un bar a vedere la partita e il Ghana ha vinto con gli Stati Uniti. I festeggiamenti e le vuvuzelas sono andati avanti fino alla mattina ed eravamo in Mozambico. Dopo è chiaro che quando si parla, magari più approfonditamente con persone culturalmente più preparate, si pensa che tutto ciò non porterà niente nell’immediato. Quello che più mi è piaciuto riscontrare è il fatto di dire: anche l’Africa è riuscita a organizzare i Mondiali, c’erano grossissimi dubbi eppure ce l’ha fatta e adesso - perché no – si può pensare alle Olimpiadi…

     
    D. – Mancano poche ore alla finale tra Spagna e Olanda, come vive il popolo africano questa attesa?

     
    R. – C’è grande esaltazione, si aspetta l’ultimo evento. Forse tifano un pochino di più per la Spagna che riscuote più simpatia per il gioco espresso in campo.

     
    D. – Facendo questo singolare viaggio con il pulmino, oltre al fattore aggregante del calcio si nota pure negli africani un forte senso di aggregazione, una voglia di fare comunità…

     
    R. – A parte un’aggregazione sportiva che è un richiamo molto forte, qualsiasi cosa è possibile. Questo è quello che abbiamo riscontrato in questo viaggio. La cosa più interessante è come lo sport possa essere veicolo per tantissime altre cose che vanno oltre lo sport.

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    Chiesa e Società



    “Crisi e rinnovamento della famiglia in Europa”, tema del Congresso ecumenico in Francia

    ◊   Il prossimo Congresso ecumenico si svolgerà in Francia, presso il santuario de La Salette, dal 25 al 29 luglio, sul tema della crisi e del rinnovamento della famiglia in Europa, sovente oggetto di incomprensioni di tipo culturale, sociale e religioso. “Rafforzare e rinnovare l’istituzione familiare per la rinascita del continente europeo”, questo il messaggio del vescovo Jean Laffitte, segretario del Pontificio Consiglio per la famiglia rivolto all'Associazione incontri europei de La Salette (Aser) che organizza il Congresso. “La famiglia – scrive il presule – è il luogo naturale in cui, da una parte, si esprimono i legami fondamentali tra l’uomo e la donna e, dall’altra, si trasmette e si riceve la vita. Proteggere l’istituzione familiare e il matrimonio significa salvaguardare le fondamenta della società umana”. Tra i partecipanti dell’incontro, aperto ai cristiani di tutta Europa, saranno il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lyon; mons. Guy de Kerimel, vescovo di Grenoble-Vienne; mons. Jacques Suaudeau, membro della Pontificia accademia per la vita. La Salette, piccolo centro francese dove si svolgerà l’evento - di cui riferisce L’Osservatore Romano - fu anche il luogo in cui il 19 settembre 1846 apparve la Vergine Maria a Maximin Giraud e a Mélanie Calvat, rispettivamente un ragazzo di 11 anni e una ragazza di 16, che avevano portato delle pecore al pascolo su un monte nei pressi del villaggio. L’apparizione fu ufficialmente approvata in una lettera pastorale dal vescovo diocesano con il titolo di "Nostra Signora de La Salette”. (C.F.)

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    L’impegno delle Missionarie eucaristiche di Nazareth, in Spagna, a 90 anni dalla fondazione

    ◊   In Spagna, le Missionarie eucaristiche di Nazareth si apprestano a festeggiare i 90 anni dalla fondazione della loro Congregazione. Suor Antonia Moreno, superiora della casa a Marqués Valdecañas descrive all’agenzia Fides alcuni aspetti della vita e del lavoro del loro fondatore, don Manuel Gonzalez Garcia, vescovo di Malaga e di Palencia, figura significativa e rilevante della Chiesa spagnola durante la prima metà del XX secolo. “Il 2 febbraio 1902, don Manuel Gonzalez, nella sua prima esperienza pastorale a Palomares del Rio, un paesino di Siviglia, si ritrova davanti alla realtà dell'Eucaristia” e l’intento suo è proprio quello di fondare una Congregazione per "riparare le offese degli uomini al cuore di Gesù nel mistero eucaristico". Il luogo di nascita della Congregazione è Malaga, città spagnola dove don Manuel svolgeva il ministero episcopale, e dove le prime suore hanno cominciato a vivere in comunità. Dal 1921 sono vissute nella “casa del Monte”, Villa Nazaret, ai piedi del seminario che lo stesso fondatore costruì. Per varie circostanze storiche, le Missionarie eucaristiche dovettero poi lasciare questa casa. Nell'aprile 1994 la Congregazione è stata in grado di riprendere possesso della casa a Malaga che, ristrutturata, venne offerta alla diocesi come luogo di spiritualità, ora conosciuta come "Villa Nazaret". La Congregazione ha anche una seconda comunità a Valdecañas. Le religiose visitano le parrocchie della città e dei piccoli paesini; in coordinamento con i parroci, realizzano settimane di spiritualità, ritiri, catechesi e la formazione dei catechisti, l'animazione della liturgia, missioni parrocchiali, sempre animate dal desiderio di "eucaristizzare", cosa che, secondo il fondatore, significa: "Tornare al popolo follemente innamorato di Gesù Cristo Sacramento". Le “Misioneras Eucaristicas de Nazaret”, fondate dal beato Manuel Gonzalez nel 1921 a Malaga, oggi lavorano in Europa e America. La loro presenza è particolarmente importante in America Latina: Argentina, Ecuador, Messico, Perù e Venezuela. (C.F.)

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    Il bilancio di “Save the Children” a sei mesi dal sisma che il 12 gennaio scorso ha distrutto Haiti

    ◊   A sei mesi dal devastante sisma che ha messo in ginocchio Haiti e in particolar modo la capitale Port-au-Prince, la più grande organizzazione internazionale indipendente, Save the Children, ha diffuso in un comunicato il bilancio degli aiuti offerti e di quanto sia ancora necessario fare. Emerge che è stata fornita assistenza a 682 mila persone, tra cui 340 mila bambini, per una media di circa 4 mila persone al giorno. La situazione dei bambini resta però ancora molto critica. “È soprattutto ora nella fase di ricostruzione che hanno bisogno di tutto il nostro supporto, per poter far nascere dalle macerie un Paese migliore”, afferma Gary Shaye, direttore di Save the Children per Haiti. Nel 2010, 36 milioni di dollari sono stati stanziati in programmi di educazione, salute, nutrizione. Fino ad oggi, 45 mila bambini hanno frequentato in tre mesi le 270 scuole temporanee dell’organizzazione e gli operatori hanno lavorato con loro per fargli superare il trauma del sisma in 50 spazi costruiti a misura di bambino, dove possono riacquistare un senso di normalità attraverso attività ludico-educative, da svolgere insieme ai propri coetanei in un ambiente sicuro, protetto e con il supporto di operatori specializzati. “Save the Children è impegnata nella costruzione di nuove scuole che rispettino gli standard di sicurezza e che siano in grado di accogliere i bambini haitiani anche dopo la fase post emergenziale”, sottolinea Gary Shaye. Questo è soltanto l’inizio di un duro lavoro di ricostruzione, che va seguito attraverso una serie di interventi strutturali e mediante una proficua collaborazione tra tutti i soggetti presenti sul campo ed il governo locale. Sono ancora migliaia i bambini che rischiano di ammalarsi a causa delle pessime condizioni in cui vivono nei campi sfollati, soprattutto con l’intensificarsi delle piogge e degli uragani. E nonostante i risultati raggiunti siano stati parecchi, Save the Children sottolinea che i bambini sono ancora molto vulnerabili e devono rimanere la priorità principale nella ricostruzione di Haiti. L’organizzazione entro il 2010 prevede di raggiungere oltre 800 mila persone, tra cui 470 mila bambini, stanziando per l’anno in corso un totale di 36 milioni di dollari per il popolo haitiano. Inoltre, per far fronte ad una delle più gravi emergenze degli ultimi anni, Save the Children si è dotata di un programma quinquennale che prevede numerosi interventi in diversi ambiti: dall’educazione alla distribuzione di beni di prima necessità, dalla protezione alla nutrizione, dalla salute alla fornitura di acqua potabile e servizi igienico-sanitari, oltre a fornire mezzi di sostentamento ad 11 mila persone, per aiutarli a ricostruire le proprie vite. Un’altra strategia interessante messa in atto è stata quella della creazione di opportunità lavorative, impegnando gli haitiani nella rimozione di macerie dalle strade, o nell’irrigazione e nel drenaggio dei canali in quelle aree interessate dall’apertura di spazi educativi per bambini. Nei prossimi mesi, l’organizzazione finanzierà piccole e medie imprese attraverso programmi di microcredito in modo da contribuire al rilancio dell’economia locale, dedicandosi in particolare al settore agricolo. In questi sei mesi, Save the Children ha fornito rifugi temporanei ad oltre 31 mila nuclei familiari, mentre 11 mila famiglie hanno ricevuto kit completi per migliorare le proprie condizioni di vita e costruire autonomamente rifugi temporanei. Infine, l’organizzazione ha creato il “Fondo emergenze per i bambini” per portare soccorso immediatamente e dove serve. Save the Children fondata nel 1919 all'indomani della prima guerra mondiale per migliorare concretamente la vita dei bambini, opera oggi in 120 Paesi nel mondo ed è presente ad Haiti dal 1978. (C.F.)

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    “The Eucharistic Crusade” festeggia a Shang Hai mezzo secolo di vita

    ◊   Ben 50 anni fa un sacerdote proveniente dalla diocesi di Shang Hai, lanciò il primo “Campeggio eucaristico” sullo stile del Movimento eucaristico, ottenendo subito grande successo. L'anniversario sarà celebrato in occasione del 40.mo Campeggio eucaristico che si terrà il 24 luglio nella parrocchia di Guan Xi della diocesi di Hsin Chu, dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, mons. John B. Lee presiederà la solenne cerimonia giubilare. Le iscrizioni per la partecipazione termineranno il 17 luglio. Il Campeggio eucaristico, organizzato annualmente da The Eucharistic Crusade – la nuova denominazione del movimento adottata nel 2000 – è un appuntamento destinato ai bambini che hanno già ricevuto la prima comunione, in modo da offrire loro un ambiente di fede che faciliti l’avvicinamento all’altare del Signore e che li renda capaci di sperimentare l’amore di Dio, stabilendo un rapporto intimo con Gesù attraverso la parola di Dio e l’Eucaristia. Mediante la testimonianza dell’amore di Dio, questi piccoli testimoni potranno divenire discepoli ed evangelizzatori di Gesù. Secondo il direttore spirituale del Campeggio, la fase della scuola elementare è un periodo importante per la formazione della fede. (C.F.)

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    Spettacolo di beneficienza a Sydney per costruire il Mary MacKillop College nel Sudan meridionale

    ◊   Una riproposizione di “Ben Hur”, il grande classico dello schermo cinematografico, verrà allestita a Sydney nel prossimo ottobre, con l’obiettivo raccogliere fondi per la costruzione del “Mary MacKillop College” nel Sudan meridionale. Lo rende noto l’agenzia Fides, che riprende un articolo della storica rivista cattolica australiana “Catholic Weekly”. Per due giorni, 22 e 23 ottobre, lo stadio Anz si trasformerà in un grande anfiteatro romano con centinaia di attori, una galea romana con 100 schiavi ai remi, e una corsa delle bighe con 32 cavalli. La rappresentazione si basa sul colossal “Ben Hur: a tale of the Christ” e sarà diretta da Frenchman Robert Hossein, conosciuto per essere entrato nel libro dei Guinnes nel 1983-84 per le 700 mila persone che assisterono al suo show “Un uomo di nome Gesù”. La raccolta fondi per la costruzione del college si terrà in entrambe le serate della rappresentazione. I lavori per la scuola saranno supervisionati dall’organizzazione “South Sudan educates girls” (Sseg), che si pone l’obiettivo di avviare classi per ragazze tra i 7 e 10 anni entro il 2012. La struttura educativa verrà dedicata a suor Mary MacKillop (1842-1909), che sarà canonizzata il prossimo 17 ottobre in Vaticano, e sarà la prima santa australiana. Suor Mary ha dedicato la vita a dare un’istruzione cristiana ai bambini poveri. La Congregazione delle Suore di san Giuseppe, da lei fondata, è presente in Australia, Nuova Zelanda, Perù, Brasile, Thailandia, Uganda. È stata beatificata da Giovanni Paolo II il 19 gennaio 1995 a Sydney. (C.F.)

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    Le Chiese siano capaci di combattere le paure e i falsi pregiudizi su migranti e rifugiati

    ◊   Si è svolto a Ginevra l’incontro annuale del Gem (Global ecumenical network on migration), la rete di organizzazioni che si occupano di migrazione, collegate al Concilio ecumenico delle Chiese. Uno degli aspetti evidenziati è stato il tema della paura come “elemento che domina la società contemporanea”, anche in merito ai rapporti con gli immigrati. Franca Di Lecce, direttrice del Servizio per i rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, ha rilevato come i governi siano in grado di costruire pregiudizi per nascondere i loro “fallimenti” in materia di sicurezza, lavoro e giustizia. "I migranti vengono infatti utilizzati come capri espiatori della crisi sociale e per frenare il loro ingresso o quello dei rifugiati, si fa ricorso allo slogan della sicurezza”. "Altro pregiudizio usato ad arte dai governi è quello della presunta crisi generata dal flusso di rifugiati, quando i dati dimostrano che negli ultimi 10 anni c’è stato un costante calo di domande di asilo nei Paesi europei”. Questi alcuni degli aspetti emersi dall'incontro e riportati dall’agenzia Misna. Inoltre, la gran parte dei convenuti all’assemblea del Gem ritiene che certe emergenze sono solo finalizzate ad allarmare i cittadini, “mentre le misure di legge e organizzative improntate alla detenzione e controllo creano un’immagine del migrante come potenziale criminale o un criminale di fatto”. Le Chiese, di contro, devono essere capaci di riavvicinare le persone. Tale impegno può realizzarsi attraverso iniziative sociali, di studio e conviviali, che rientrano nella Campagna sulla migrazione per il 2010 del Consiglio europeo delle Chiese. Tra gli appuntamenti, la “Giornata del migrante” prevista per il prossimo 18 ottobre. “Tutti gli esseri umani sono portatori di doni; i migranti e i rifugiati ci portano in dono lo spirito di sopportazione e di resistenza davanti a tutte le difficoltà”. È quanto ha ricordato, nella riflessione teologica conclusiva, mons. Francis S. Nabieu, vescovo della Chiesa metodista in Sierra leone e rappresentante della Conferenza delle Chiese dell’intera Africa. (C.F.)

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    Nasce il sito ufficiale tedesco dedicato alla Giornata mondiale della gioventù

    ◊   È on line il sito ufficiale tedesco dedicato alla Giornata mondiale della gioventù (Gmg), che si svolgerà l’anno prossimo a Madrid dal 16 al 21 agosto 2011. Lo ha reso noto a Bonn la Conferenza episcopale tedesca (Dbk), riferisce l’agenzia Sir. All’indirizzo www.wjt.de, realizzato dall’Ufficio per la pastorale della Dbk (afj), i giovani delle diocesi potranno informarsi sulla Gmg, reperire dettagli relativi all’iscrizione, al pernottamento e informazioni sulla storia delle Giornate della gioventù precedenti, o anche consigli per il viaggio in Spagna e su un’iniziativa di preghiera che verrà realizzata in Germania. Possono inoltre essere consultati i testi di Giovanni Paolo II, ideatore della Gmg, e di Benedetto XVI in modo da prepararsi all'evento spirituale. La Gmg di Madrid sarà preceduta dalle "Giornate nelle diocesi" spagnole dal 12 al 14 agosto. Si tratterà del XXVI incontro dei giovani, l'ultimo dei quali è stato ospitato nel 2008 in Australia dalla città di Sydney. (C.F.)

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    Costa d'Avorio: i vescovi esortano i fedeli ad accogliere i presuli della Cerao e della Recowa

    ◊   “I vescovi invitano tutto il popolo di Dio, donne e uomini di buona volontà, a mobilitare le risorse necessarie perché il soggiorno dei cardinali, arcivescovi e presuli dell’Africa occidentale nel nostro Paese possa essere gradevole”: è l’esortazione che la Conferenza episcopale della Costa d’Avorio rivolge agli ivoriani nel comunicato finale della 90.ma Assemblea plenaria - conclusasi il 27 giugno scorso ad Agboville - ricordando che dal 7 al 13 dicembre a Yamoussoukro si svolgerà la plenaria dei vescovi africani dell’ovest (Cerao) e di quelli di lingua anglofona (Recowa). Nella nota i presuli ivoriani esprimono anche la loro solidarietà ai parenti delle vittime delle inondazioni che si sono verificate ad Abidjan. Infine, chiedono l’intercessione di Maria perché Dio faccia discendere in abbondanza le sue grazie sulla diocesi di Agboville, sulla provincia ecclesiastica di Abidjan e su tutta la Costa d’Avorio. Alla celebrazione di chiusura della 90.ma plenaria, nella cattedrale di San Giovanni Maria Vianney, sono stati annunciati i festeggiamenti per il ventesimo anniversario della basilica di Nostra Signora della Pace di Yamoussoukro. La prossima assemblea della Conferenza episcopale della Costa d’Avorio si terrà dal 17 al 23 gennaio 2011 nella provincia ecclesiastica di Bouaké.

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    24 Ore nel Mondo



    A Cuba, ieri sera, le prime liberazioni tra i 52 detenuti politici scarcerati dal governo

    ◊   E' iniziato ieri a L'Avana il processo di liberazione di un primo gruppo di 17 dei 52 detenuti politici scarcerati dal governo cubano anche grazie al ruolo giocato dalla Chiesa dell'isola. A partire da lunedì i dissidenti inizieranno ad arrivare in aereo in Spagna, in alcuni casi accompagnati dai familiari, con lo status di rifugiati politici. Altri prigionieri potrebbero andare in Cile, in Francia e in altri Paesi europei. Il rilascio degli ultimi detenuti avverrà nell'arco di quattro mesi. Intanto, sono apparse su Internet le prime immagini di Fidel Castro tra la gente da quando ha lasciato la presidenza al fratello Raul, quattro anni fa.
     
    Cina - inondazioniI
    Inondazioni e frane hanno ucciso oltre 50 persone nel sud della Cina. Almeno altre 15 risultano ancora disperse dopo giorni di piogge torrenziali. Lo ha reso noto il ministero degli Affari civili. Sono più di 17 milioni le persone rimaste colpite dalle piogge dall'inizio di luglio. Circa 42 mila le abitazioni crollate.
     
    Cina – Google
    Il governo cinese ha confermato oggi di aver rinnovato la licenza a Google, come annunciato venerdì scorso dai vertici dell'azienda. Lo riferisce l'agenzia Nuova Cina. La Guxiang, operatore del sito cinese di Google, ha assicurato “di obbedire alla legge cinese” ed ha accettato che tutti i contenuti messi in rete siano supervisionati dal governo.
     
    Giappone
    Seggi chiusi in Giappone, dove si è votato oggi per il rinnovo della camera alta del Senato, un test cruciale per il Partito democratico al governo. Secondo i primi exit poll della Tv pubblica, il Partito Democratico giapponese del premier Naoto Kan - subentrato da un mese a Yukio Hatoyama - avrebbe perso la maggioranza al Senato. I democratici avrebbero conquistato solo 47 seggi e i loro alleati del Nuovo Partito del Popolo neppure uno. I 47 seggi, che si aggiungono ai 62 di cui già disponevano i democratici, non garantiscono la maggioranza nel Senato, che ha in totale 242 seggi.
     
    Afghanistan
    Nuova giornata di sangue in Afghanistan, dove almeno 14 poliziotti sono rimasti uccisi in tre distinti attacchi compiuti dai talebani nel nord del Paese, secondo fonti del governo e della sicurezza locali. Ancora nel Paese truppe afghane e della Nato hanno ucciso 13 combattenti talebani, fra cui il loro comandante Mullah Shahabudin nella provincia meridionale afghana di Zabul. Lo ha riferito il portavoce dell’amministrazione della provincia.
     
    Pakistan
    E' salito a 105 morti il bilancio del grave attentato che venerdì scorso ha colpito e devastato un mercato nel nord-ovest del Pakistan, in uno degli attacchi più sanguinosi mai compiuti nel Paese. Responsabili locali hanno reso noto oggi che due feriti gravi hanno perso la vita in ospedale nella notte mentre un altro corpo è stato trovato tra le macerie nel villaggio di Yakaghund, dove a due giorni dalla strage proseguono le ricerche.
     
    Nave umanitaria libica
    E' partita ieri sera la nave Amalthea, carica di aiuti umanitari destinati a Gaza raccolti dalla fondazione del figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Seif al-Islam. L'imbarcazione ha lasciato il porto greco di Lavrio ed è diretta a El Arish, in Egitto, aggirando il blocco israeliano. La nave trasporta 2 mila tonnellate di aiuti e a bordo ci sono alcuni attivisti libici. Le autorità israeliane hanno ribadito che alla nave non sarà consentito forzare il blocco e raggiungere Gaza. In caso contrario, ha avvertito Israele, sarà ordinato alla Marina militare di condurla al porto israeliano di Ashdod.
     
    Medio Oriente: Netanyahu-Obama
    Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha annunciato durante la riunione domenicale del Consiglio dei ministri di aver chiesto al presidente americano Barack Obama "di usare tutti i mezzi a sua disposizione" per giungere alla liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, prigioniero nella Striscia di Gaza dal 2006. Secondo l'agenzia stampa palestinese Maan, Netanyahu avrebbe chiesto anche all'ex presidente statunitense Bill Clinton di avviare una mediazione per liberare Shalit.
     
    Marea nera
    Ci vorranno tra i 4 e i 7 giorni alla Bp per completare l'installazione del nuovo “tappo” sul pozzo petrolifero del Golfo del Messico, che sta provocando la peggiore catastrofe ambientale degli Stati Uniti. Il nuovo sistema – fa sapere la compagnia - dovrebbe bloccare 80 mila barili di greggio al giorno, contro i 25mila intercettati fino ad ora. Intanto, però, in attesa di coperture, il greggio ha ripreso a sgorgare al ritmo di circa 60mila barili giornalieri. Dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon sono finiti in mare tra i 2,9 e i 4,9 milioni di barili di petrolio.
     
    Iran - esecuzione
    Le autorità iraniane hanno rivisto la sentenza di condanna a morte per lapidazione inflitta a Sakineh Mohammedie Ashtiani, riconosciuta colpevole nel 2006 di adulterio. “Condanne come quella alla lapidazione probabilmente verranno cambiate”, ha annunciato all'agenzia Irna il responsabile dei diritti umani di Teheran. La donna, madre di due bambini, venne condannata sulla base di una confessione estortale dopo 99 frustate, ha riferito il suo avvocato, una confessione in seguito ritrattata.
     
    Tunisia - condanne
    Otto condanne per terrorismo in Tunisia. Un tribunale della capitale ha inflitto pene fino a 12 anni di carcere a un gruppo di tunisini accusati di incitamento al terrorismo e di far parte di un gruppo militante. A riferirlo è stato l'avvocato dei condannati, che ha denunciato come le confessioni siano state estorte sotto tortura. In base ai dati delle organizzazioni per i diritti umani, negli ultimi anni sono 2 mila i tunisini messi sotto processo o condannati per "terrorismo".
     
    Manovra – Italia
    E’ ancora polemica in Italia da parte delle regioni sui tagli previsti dalla manovra economica. Dopo la lettera inviata ieri dal presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani al capo dello Stato Giorgio Napolitano, il fronte dei governatori si divide: “Restituire le deleghe al governo non è una minaccia, ma un fatto che si realizzerà se questa manovra resterà com’è”, ribadisce il lombardo Formigoni. Contrari alla restituzione delle deleghe, invece, i governatori di Piemonte e Veneto, Cota e Zaia.
     
    Italia – Camorra
    Nuovo colpo messo a segno in Italia contro la camorra. Gli agenti della squadra mobile di Napoli hanno arrestato oggi Elio Amato, esponente di vertice del clan camorristico degli Amato-Pagano. Elio, cognato di Cesare Pagano, arrestato dalla polizia giovedì scorso, era ricercato perché ritenuto responsabile dei reati di associazione camorristica e traffico di stupefacenti. Il suo nome compariva nell'elenco dei cento latitanti più pericolosi.
     
    Italia - immigrazione
    Diciotto immigrati sono stati fermati la scorsa notte dalla Guardia Costiera nelle campagne di Porto Palo, nella provincia siciliana di Siracusa. Secondo quanto riferito da alcuni dei migranti, sarebbero sbarcati da un'imbarcazione che trasportava 246 migranti. Arrestati anche 4 scafisti, presumibilmente di nazionalità libica. (Panoramica Internazionale a cura di Linda Giannattasio)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 192

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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