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Sommario del 08/07/2010
Il Papa ai Rogazionisti: rinnovare modi e linguaggi per annunciare il Vangelo
◊ Nuovi linguaggi e modi per annunciare il Vangelo agli uomini: li auspica Benedetto XVI nel Messaggio rivolto all'XI Capitolo generale dei Rogazionisti del Cuore di Gesù, ospitato in questi giorni nel Centro di spiritualità Rogate di Morlupo nei pressi di Roma. Tema di riflessione: “La regola di vita, garanzia dell’identità carismatica, espressione della consacrazione, sostegno della comunione fraterna, progetto di missione”. Il servizio di Roberta Gisotti:
Benedetto XVI chiede ai Padri rogazionisti “di annunciare la Buona Novella con linguaggi e modi comprensibili agli uomini del nostro tempo, coinvolti in processi sociali e culturali in rapida trasformazione”. Questo esige oggi “la grande sfida dell'inculturazione”, sottolinea il Papa. 53 i confratelli rogazionisti, convenuti a Morlupo da Europa, Asia, Africa, America per dibattere su importanti questioni che andranno ad incidere sulla Costituzione e sulle Norme dell’Istituto per adeguarle ai tempi odierni, in linea con la nuova sensibilità ecclesiale – osserva il Santo Padre - “scaturita dal Concilio Vaticano II e codificata nel vigente Codice di Diritto Canonico”. Un processo di aggiornamento già avviato nel capitolo precedente, che i Padri rogazionisti intendono portare a compimento.
“I vasti orizzonti dell'evangelizzazione e l'urgente necessità di testimoniare il messaggio evangelico a tutti, senza distinzioni, costituiscono il campo del vostro apostolato”, ribadisce Benedetto XVI nel suo messaggio, sottolineando che “tanti attendono ancora di conoscere Gesù, unico Redentore dell'uomo, e non poche situazioni di ingiustizia e di disagio morale e materiale interpellano i credenti”. “Una così urgente missione richiede” dunque “incessante conversione personale e comunitaria. Solo cuori totalmente aperti all'azione della Grazia – scrive il Papa - sono in grado di interpretare i segni dei tempi e di cogliere gli appelli dell'umanità bisognosa di speranza e di pace”. Il Santo Padre raccomanda quindi ai rogazionisti di conservare “fedelmente il patrimonio spirituale” del loro fondatore sant’Annibale Maria Di Francia, proseguendone “con gioia la missione valida ancor oggi, pur se sono mutate le condizioni sociali in cui viviamo”. Sant’Annibale seppe infatti attuare “un provvido apostolato vocazionale come pure una coraggiosa opera in favore del prossimo bisognoso”. Da qui il mandato di Benedetto XVI ai Rogazionisti del Terzo millennio: “Coltivate un’autentica passione educativa soprattutto per i giovani, spendetevi con una generosa attività pastorale a favore di quanti soffrono nel corpo e nella mente".
Benedetto XVI a Castel Gandolfo, per vivere il riposo del corpo e la contemplazione dell'anima
◊ Benedetto XVI ha trascorso la prima mattinata nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo, dopo il trasferimento di ieri pomeriggio dal Vaticano. Il Papa vivrà le prossime settimane di luglio dedicandosi al riposo, lontano da impegni ufficiali, se si eccettua la celebrazione degli Angelus domenicali. Il periodo delle ferie estive come parentesi privilegiata, non solo per il riposo dalle fatiche dell’anno, ma anche come momento di introspezione spirituale è stato più volte evocato da Benedetto XVI in questi anni. Alessandro De Carolis ricorda alcune delle parole dedicate dal Papa a questo argomento:
Staccare la spina, buttare l’orologio, dimenticare i colleghi e magari pure i familiari. E soprattutto divertirsi, perché del domani c’è una certezza: che di lì a una-due settimane, la routine del lavoro ricomincerà inesorabile. Al di là delle sensibilità personali, per chiunque il concetto di vacanza è con tutta evidenza un processo di spoliazione. Quando per una persona arriva il sospirato momento in cui interrompere la sequenza delle responsabilità quotidiane, subentra prepotente la volontà di scrollarsi di dosso ciò che a quelle responsabilità la tiene avvinta. Via i luoghi, i mezzi, le persone della vita ordinaria, per creare uno spazio, un vuoto da riempire con ciò che piace, rilassa, diverte. In questo umano e legittimo desiderio di temporanea evasione, il cristiano – ricorda il Papa – è chiamato a riempire quello spazio non solo con lo svago del corpo ma anche e soprattutto con il riposo dello spirito. Quel vuoto – vacuum direbbero i latini, da cui la parola “vacanza” – deve diventare, ha ricordato molte volte Benedetto XVI, un vacare Deo, cioè un fare vuoto dentro di sé per riempirlo di Dio:
"Ogni buon cristiano sa che le vacanze sono tempo opportuno per distendere il fisico ed anche per nutrire lo spirito attraverso spazi più ampi di preghiera e di meditazione, per crescere nel rapporto personale con Cristo e conformarsi sempre più ai suoi insegnamenti". (15 luglio 2007)
“Non dimenticare Dio durante le vacanze”, ribadiva Benedetto XVI nell’ultimo Angelus del luglio 2009. Vale ritagliarsi uno spazio, insisteva, per una riflessione che scavi a un livello più profondo della classica inerzia mentale prediletta dal vacanziero medio, per scoprire che è così che riposa l’anima:
“Disponendo di più tempo libero ci si può dedicare con maggiore agio al colloquio con Dio, alla meditazione della Sacra Scrittura e alla lettura di qualche utile libro formativo. Chi fa l’esperienza di questo riposo dello spirito, sa quanto esso sia utile per non ridurre le vacanze a mero svago e divertimento”. (13 agosto 2006)
Che la montagna, con i suoi silenzi fatti di boschi o di rocce, induca e aiuti più di altri scenari naturali in questo processo di spoliazione dello spirito, il Papa lo ha sempre testimoniato ritirandosi spesso durante l’estate in località alpine o dolomitiche. Nel 2005, durante il suo primo soggiorno a Les Combes, trovò parole ispirate per descrivere come “a contatto con la natura la persona – disse – ritrovi la sua giusta dimensione”:
“Sospinta dalla domanda di senso che le urge nel cuore, essa percepisce nel mondo circostante l’impronta della bontà e della provvidenza divina e quasi naturalmente si apre alla lode e alla preghiera, vedendo realmente il riflesso della bellezza e della bontà del Creatore”. (17 luglio 2005)
E poi i rapporti umani. Per un numero crescente di persone, vacanza fa rima con avventura, intesa come fuga, talvolta solitaria e “separata”, dai vincoli usuali e logori alla ricerca, invero un po’ rapace, di contatti intriganti, che accendano il cuore con un po’ di fuoco prima di tornare alle ceneri di sempre. Per un cristiano è tutto il contrario, afferma Benedetto XVI:
“Le ferie costituiscono (…) una preziosa opportunità per stare più a lungo con i familiari, per ritrovare parenti e amici, in una parola per dare più spazio a quei contatti umani che il ritmo degli impegni di ogni giorno impedisce di coltivare come si desidererebbe”. (13 agosto 2006)
E tra i tanti, osserva il Papa, che ci sono vicini e con i quali possiamo fare vacanza cerchiamo di avere un pensiero per chi non si crea una sua solitudine da riempire con chiunque incontrerà, ma chi purtroppo alla solitudine è inchiodato suo malgrado dalla malattia o dal semplice essere anziano e cerca un volto e un sorriso per avere il suo attimo di vacanza. O ancora per chi, semplicemente, non può permettersi nemmeno di pensare a niente che somigli a una vacanza, a un relax, a un divertimento:
“Ma ci sono anche molti che, per diverse ragioni, non potranno usufruire delle ferie. Giunga a voi, cari fratelli e sorelle, il mio affettuoso saluto con l’auspicio che non vi manchino la solidarietà e la vicinanza delle persone care”. (1 luglio 2009)
Il Papa nomina i nuovi vescovi di Bogotá e Augsburg
◊ In Colombia il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Bogotá presentata dal cardinale Pedro Rubiano Sáenz, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Rubén Salazar Gómez, finora arcivescovo di Barranquilla e attualmente presidente della Conferenza episcopale colombiana. Mons. Rubén Salazar Gómez è nato a Bogotá il 22 settembre 1942. Ha compiuto gli studi liceali e filosofici nel Seminario di Ibagué. Presso l’Università Gregoriana di Roma ha seguito il corso teologico, ottenendo la Licenza in Teologia dogmatica. Ha ottenuto la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. E’ stato ordinato sacerdote il 20 maggio 1967, e ha svolto successivamente diversi incarichi, tra i quali: parroco, professore nel Seminario, direttore del Dipartimento di Pastorale Sociale della Conferenza episcopale Colombiana, e vicario per la Pastorale. E’ stato nominato vescovo di Cúcuta l’11 febbraio 1992 ed è stato consacrato il 25 marzo successivo. Il 18 marzo 1999 è stato nominato arcivescovo metropolita di Barranquilla.
In Germania il Papa ha nominato vescovo di Augsburg mons. Konrad Zdarsa, finora vescovo di Görlitz. Mons. Zdarsa è nato a Hainichen (diocesi di Dresden-Meißen) il 7 giugno 1944. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso lo Studio filosofico-teologico di Erfurt. E’ stato ordinato sacerdote il 16 marzo 1974 per la diocesi di Dresden-Meißen. Dal 1974 al 1976 è stato vice-parroco nella parrocchia di Dresden-Neustadt e dal 1976 al 1977 vicario del Duomo e segretario del vescovo di Dresden-Meißen. Dal 1977 al 1982 ha proseguito gli studi presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo il dottorato in Diritto Canonico. Durante tale periodo ha dimorato presso il Collegio Teutonico di S. Maria in Camposanto. Dal 1982 ha collaborato nella Curia diocesana di Dresden-Meißen, essendo nominato nel 1983 consigliere dell’Ordinariato e cancelliere della Curia. Dal 1985 al 1991 è stato parrocco di Freital e dal 1990, allo stesso tempo, presidente della Caritas della diocesi di Dresden-Meißen. Dal 1991 al 2001 ha svolto il ministero di prevosto di Chemnitz e dal 1993, in pari tempo, quello di amministratore parrocchiale di “Chemnitz – Maria Hilf”. Dal 2001 al 2004 è stato responsabile per il Dipartimento del personale della Curia diocesana e per il diaconato permanente, nonché direttore diocesano dell’Opera Pontificia per le vocazioni. Dal 2004 è vicario generale di Dresden-Meißen, continuando l’ufficio di responsabile del Dipartimento del personale. Il 24 aprile 2007 è stato nominato vescovo di Görlitz. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 23 giugno successivo.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Quando l’arte parla alla gente: in prima pagina, un fondo di Lucetta Scaraffia sulla statua di Sant’Annibale Maria Di Francia benedetta ieri dal Papa all’esterno della Basilica Vaticana.
Nell’informazione vaticana, la lettera di Benedetto XVI al cardinale Giovanni Battista Re inviato speciale in Perù per il quarto centenario dell’arcidiocesi di Arequipa.
Una mossa contro il disegno di Dio: nell’informazione religiosa, il cardinale Jorge Mario Bergoglio e il “matrimonio omosessuale”.
Nord Kivu senza pace: in rilievo, nell’informazione internazionale, lo stillicidio di violenze nella Repubblica Democratica del Congo.
In cultura, un articolo di Antonio Paolucci dal titolo “Azienda Tiziano”: nella bottega dell’artista veneto una vera e propria industria delle figure.
Quali regole per la finanza: Giuseppe Fiorentino sul seminario organizzato - nel primo anniversario della “Caritas in veritate” – dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede e dalla Pontificia università lateranense.
Suoni da un altrove cosmico: Ennio Morricone sul concerto finale, a Rovereto, del concorso internazionale di composizione “Strumenti di pace”. Con un articolo del direttore artistico, Marcello Filotei, compositore, critico musicale e redattore de “L’Osservatore Romano”.
Come si fa un bel film: Gaetano Vallini recensisce “Toy Story 3”.
E Pio XII disse: “Sii fiero di essere ebreo”: a proposito delle dichiarazioni di Elliot Hershberg, a capo di Pave The Way, fondazione apolitica che si prefigge di promuovere il dialogo tra le religioni.
Olanda e Spagna si contenderanno la Coppa del Mondo di calcio: gli articoli di Gianni Rivera “In finale con merito (senza troppa fantasia)” e Damiano Tommasi “Quando le vigilie esaltano i comprimari”.
La Chiesa cubana: presto liberi 52 dissidenti politici
◊ L'arcivescovo dell'Avana, cardinale Jaime Ortega, ha annunciato la liberazione di 52 dissidenti politici a Cuba e il trasferimento in carceri più vicine ai loro luoghi d'origine di altri sei: l’annuncio è giunto ieri, dopo l’incontro del porporato con il presidente cubano Raúl Castro, presenti anche i ministri degli Affari esteri di Spagna e Cuba, Miguel Ángel Moratinos e Bruno Rodríguez Parrilla. In un comunicato dell'arcivescovado, con riferimento al primo incontro tra le autorità della Chiesa dell'isola e il presidente, si legge: "In continuità con il processo" avviato lo scorso 19 maggio, giorno della conversazione di quattro ore tra Raúl Castro, il cardinale Ortega e mons. Dionisio García, presidente dell'episcopato, "il cardinale Ortega è stato informato che nelle prossime ore altri sei detenuti saranno trasferiti alle loro province di residenza e cinque saranno liberati subito e potranno raggiungere la Spagna in compagnia dei loro parenti". Inoltre, prosegue il comunicato, i 47 detenuti ancora in carcere dopo l'ondata di arresti del 2003 saranno liberati e potranno anche loro lasciare il Paese "nei prossimi tre o quattro mesi a partire di questo momento. Questo processo, precisa il comunicato, ha preso in considerazione le proposte avanzate al cardinale dai familiari dei prigionieri". "Sono molto soddisfatto per il lavoro che sta portando avanti la Chiesa nel suo dialogo con le autorità. Speriamo, ovviamente, che dia risultati", aveva detto ieri l'altro il ministro Moratinos al termine della riunione con il cardinal Ortega. Per ora resta aperta - e la situazione preoccupa sia il governo cubano sia la Chiesa e l'opinione pubblica - la vicenda dell'altro dissidente, Guillermo Fariñas, giornalista, in sciopero della fame da oltre tre mesi e in condizioni di salute definite molto gravi. Lo scorso 28 giugno il giornalista era stato visitato ancora una volta dal vescovo di Santa Clara, mons. Marcelo Arturo Gonzalez. Da parte del dissenso per ora le prime reazioni sono improntate a cautela e molti si mostrano scettici. Certo, si registrano reazioni positive ma tutti, inclusi alcuni parenti e amici di Fariñas, affermano di "voler attendere e vedere poiché già in passato siamo stati ingannati". Laura Pollan, portavoce delle "Dame in bianco", familiari e mogli dei dissidenti in carcere, ha dichiarato: "Vogliamo una libertà che sia vera. Se ci sono deportazioni forzate non si può certo parlare di passi avanti sul fronte dei diritti umani". In questi giorni, la quasi totalità dei governi del continente americano, e lo stesso Dipartimento di Stato a Washington, hanno espresso pubblicamente la loro soddisfazione per il processo in corso a Cuba con il contributo della Chiesa cubana e hanno salutato come "positive e incoraggianti" le misure del governo del presidente Raúl Castro. (A cura di Luis Badilla)
Accordo raggiunto sulla questione dei rifugiati eritrei in Libia
◊ E' stato raggiunto un accordo, ieri a Tripoli, sulla drammatica vicenda dei circa 250 rifugiati eritrei rinchiusi nel carcere libico di Brak. L’intesa prevede la liberazione e la residenza in Libia degli eritrei in cambio di “lavoro socialmente utile”. Tripoli, intanto, nega le accuse di maltrattamenti contro i rifugiati. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Sarà impiegata nei lavori socialmente utili quella parte dei 250 rifugiati eritrei che sarà in condizione di farlo. Visto che tra loro si parla anche di molti minori. Per il momento sembrano non correre più il rischio di essere rispediti nel loro Paese, dove per molti di loro non ci sarebbe stato scampo. Cosa ne sarebbe stato di loro se fossero stati rimpatriati? Padre Ambroise Tiné è il presidente di Caritas Senegal, il suo Paese è dall’altra parte dell’Africa rispetto all’Eritrea, ma a parlare è la sua esperienza di sostegno ai rifugiati:
“La situazione in Eritrea è difficile; tutta la gente cerca di fuggire verso l’Etiopia, l’Italia, la Libia, l’Egitto. Se vengono presi, vengono mandati in prigione; se riescono invece a scappare ci sono le famiglie che restano che sono in pericolo. Penso che per il rispetto dei diritti umani e tutto quello in cui noi crediamo come cristiani non possiamo permetterci di accettare che queste persone, sia in Italia, in Egitto o in Libia, vengano nuovamente rimandate in Eritrea”.
Nella settimana di detenzione nel centro di Brak, nel deserto libico, queste persone hanno denunciato di aver subito maltrattamenti e torture. Secondo le autorità libiche si starebbe ora completando la raccolta dei dati personali per poi affidare queste persone a diverse Shabie, sorta di prefetture, che dovranno avviarle al lavoro.
Sulla vicenda Fabio Colagrande ha chiesto un commento a Christopher Hein, direttore del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati:
R. – Davvero c’è una possibilità ora che queste persone finalmente possano uscire dall’inferno del centro di Brak, nel sud della Libia: certamente ne siamo molto felici. Però, non conoscendo i dettagli di questo accordo, ci preoccupa innanzitutto una cosa: l’identificazione delle persone e la trasmissione dei loro dati alle autorità eritree del Paese di appartenenza. Conoscendo la situazione in Eritrea e le storie di rappresaglie contro i familiari di persone che sono andate via illegalmente dall’Eritrea, se questi dati vengono trasmessi all’ambasciata eritrea di Tripoli ai fini del rilascio di un documento di identità, come condizione del “lavoro socialmente utile” in Libia, questo ci preoccupa assai. Vorrei precisare una cosa sulla dicitura “lavoro socialmente utile”: abbiamo cercato di capirlo un po’ meglio. Si tratta di lavori certamente umili, non in situazione di libertà, presso i vari comuni, in Libia. Comunque, non c’è alcun riconoscimento per loro come rifugiati e questo naturalmente contribuisce ad una tutela molto debole, molto incerta. Magari vengono rilasciati adesso e poi, tra due settimane c’è una retata e si trovano di nuovo dentro, ma questa volta con la dichiarazione di aver illegalmente lasciato il proprio Paese. Per noi, rimane in piedi che la vera soluzione è un trasferimento o un re-insediamento in Italia e magari in altri Paesi europei. Proprio questa mattina abbiamo saputo dai nostri colleghi in Germania che si sono già rivolti anche al Ministero degli interni di Berlino per vedere se una quota sia pur piccola possa essere accolta dalla Germania.
D. – Quindi, lei ricorda che il governo di Tripoli non riconosce lo status di rifugiato politico: questo è un dato da sottolineare …
R. – Questo è il nodo di fondo; anche il Trattato di amicizia tra Italia e Libia non menziona in assoluto il diritto di asilo e la presenza di rifugiati. Questa è una mancanza, perché non si tratta di migranti che possono entrare ed uscire liberamente dalle loro ambasciate, dai loro Paesi, andare in vacanza ad Asmara e ritornare. Non sono migranti: sono rifugiati! Non possono ritornare nel loro Paese e non possono avere contatti con il proprio consolato.
D. – Il governo di Tripoli, però, ha smentito che i profughi eritrei e somali siano stati sottoposti a un trattamento disumano nelle carceri nel sud del Paese …
R. – Nessuna istanza indipendente nazionale o internazionale è stata nel centro di Brak, e quindi le informazioni che abbiamo sono informazioni avute direttamente da molti degli eritrei detenuti. E quindi, non abbiamo assolutamente motivo per dubitare, perché non sono persone che si svegliano per fare dichiarazioni false sul trattamento ricevuto …
Sciopero generale e proteste di piazza in Grecia contro la riforma delle pensioni
◊ Migliaia di greci sono scesi in piazza oggi ad Atene per denunciare la riforma delle pensioni. Uno sciopero generale – quello indetto dai principali sindacati dei lavoratori per la sesta volta dall’inizio della crisi - che ha letteralmente paralizzato il Paese. Il premier Giorgio Papandreou, consapevole di una fronda in seno al suo stesso partito, il Pasok, intervenendo in Parlamento ha preso un pubblico e solenne impegno a migliorare le condizioni dei pensionati "quando la situazione lo permetterà”. Intanto, dal ministero delle Finanze greco arrivano i primi dati sul piano di austerity che indicano un leggero miglioramento in atto. Nonostante tutto, la società greca continua a reagire con disorientamento e rabbia a una situazione che ha abbassato il livello di vita della classe media, colpendo duramente i lavoratori. Stefano Leszczynski ha raggiunto telefonicamente ad Atene il giornalista, Nicola Nellas:
R. - Il problema è che da molti anni i greci si sono abituati ad avere un certo modello di pensioni e di lavoro. Quando il governo - ora eletto - stava in campagna elettorale diceva esattamente tutto il contrario: che avrebbe risolto tutti i problemi, senza fare grandi cambiamenti; che non si sarebbero taccate le pensioni, che non si sarebbe toccata l’Iva. E’, invece, avvenuto tutto il contrario. Ci sono anche voci all’interno della stessa maggioranza che sono contrarie a questa legge e che la vedono come antisociale, contro i poveri e contro la classe media.
D. - Lo stesso Papandreu, tuttavia, ha cercato di mostrare ottimismo…
R. - Tutti ritengono che quando verranno prese queste misure, non ci sarà più la possibilità di tornare al vecchio. Anche se migliorerà l’economia della Grecia, non credo che un datore di lavoro abbia poi un motivo per dare più soldi ai suoi dipendenti.
D. - Un miglioramento dell’andamento dell’economia è stato riscontrato sia dal ministero delle Finanze greco, sia dall’Unione Europea. Di questo si ha qualche segnale visibile in Grecia oppure no?
R. - No, ancora no. Credo che, con tutte queste misure che sono state prese finora, il risultato si potrà vedere forse a settembre: quando ci saranno le tasse da pagare, si vedrà allora quanti soldi in più si dovranno pagare. E poi si vedrà anche quando si dovrà fare la nuova legge di bilancio.
D. - La Chiesa greca si è espressa su questa situazione sociale del Paese? Ha detto qualcosa?
R. - La Chiesa ufficiale - come si sa - in Grecia è la Chiesa ortodossa. L’arcivescovo di Atene, che presiede il concilio dei vescovi greci, è stato invitato il 13 luglio dal presidente della Commissione Europea, Barroso, per discutere e confrontarsi su queste riforme e su come riuscire ad aiutare la gente e, soprattutto, i più poveri.
D. - E’ ipotizzabile che comunque anche dall’Europa possano arrivare ulteriori aiuti, questa volta destinati a fini sociali, oltre a quelli già stanziati per il risanamento finanziario del Paese?
R. - E’ molto probabile. Si dice che in questo incontro si parlerà anche su come potrà la Comunità Europea, insieme alla Chiesa ortodossa e credo anche alla Chiesa cattolica, aiutare i più poveri e i più bisognosi.
Bambini sahrawi in Italia per ridare voce e dignità a un popolo dimenticato
◊ Bambini sahrawi in Italia per far conoscere la loro storia, usufruire di assistenza medica e beneficiare di programmi educativi. Sono circa 300 i minori giunti dall’Algeria - dove dal 1975 il popolo sahrawi è rifugiato – ospitati in una decina di regioni. Il loro soggiorno coinvolge anche famiglie in iniziative di interscambio e a Roma, per il quinto anno consecutivo, è l’associazione “Bambini più diritti” ad offrire ad alcuni di loro check-up medici, escursioni e momenti di socializzazione. Tiziana Campisi ha chiesto al suo presidente, Matteo Mennini, com’è articolato il progetto riservato ai bambini a Roma, una delle tante iniziative pensate in tutto il territorio nazionale per aiutare i circa 200 mila profughi che da anni, tra notevoli difficoltà, vivono di aiuti umanitari:
R. – Il progetto di accoglienza ai bambini dei campi profughi sahrawi nasce 5, 6 anni fa, con un’attenzione per la situazione dei campi profughi e con una doppia linea di intervento. Da una parte, l’accoglienza dei bambini, qui in Italia, nel periodo estivo. Dall’altra parte, un intervento forte di rafforzamento del sistema scolastico nei campi profughi sahrawi. Noi ci occupiamo della realtà romana e accogliamo qui una ventina di bambini. Sul nazionale, c’è un’accoglienza che riguarda circa 300 bambini in un’area ed è molto importante. E sostanzialmente l’attività di assistenza riguarda i controlli e quindi un’attenzione medico-sanitaria forte, considerando alcune problematiche specifiche del popolo sahrawi, come per esempio la celiachia. E’ il popolo con il più alto tasso di celiachia al mondo. E poi altra linea forte di intervento è quella educativa. L’obiettivo fortissimo del progetto è anche quello di sensibilizzazione politica. Della causa sahrawi non se ne parla e le ragioni per cui 200 mila persone vivono da 35 anni nei campi profughi non vengono mai ospitate sulle colonne dei nostri quotidiani e tantomeno quello che sta avvenendo nel Sahara occidentale occupato dal Marocco. Quindi, è un progetto che vuole dare voce a chi appunto voce non ce l’ha.
D. – Come avete pensato questo soggiorno per questi bambini? In che modo avete programmato le loro giornate? In quali attività li impegnate?
R. – L’organizzazione viene pensata anche in funzione della partecipazione cittadina, partecipazione cittadina che si esprime anche nella preparazione. Nei mesi precedenti c’è tutto un lavoro con la gente di sensibilizzazione, ma anche di organizzazione pratica. Per quanto riguarda il mese di luglio, i primi venti giorni se ne vanno per i controlli medici, più che per altre attività. Il mercoledì sera, per esempio, lo apriamo alla gente, organizziamo delle serate per stare insieme con i bambini e via dicendo. La seconda parte del mese di luglio ci leghiamo ad altre realtà, che ci ospitano: comuni, altre associazioni, a volte banche che vogliono organizzare degli eventi interni, dove noi portiamo i bambini e facciamo conoscere la loro situazione, ma i bambini hanno anche l’opportunità di vivere delle bellissime esperienze. I primi dieci giorni di agosto siamo ospiti del comune di Pian Castagnaio, in provincia di Siena, sul Monte Amiata, che da alcuni anni collabora con noi nell’accoglienza, e visiteremo alcuni comuni nella seconda parte del mese di agosto, vicino Roma – Morlupo e Tivoli – e il 21 agosto i bambini ripartiranno.
D. – Come accolgono i bambini italiani questi bambini?
R. – I bambini italiani, posso dire, che li accolgono innanzitutto con una certa curiosità. Si rendono conto, grazie alla presenza dei bambini sahrawi nelle loro case, quando li vanno a trovare, o nelle cose che organizziamo, che chiudere l’acqua mentre ci si lava i denti con lo spazzolino è segno di rispetto per chi l’acqua non ce l’ha, cosa che i bambini saharawi fanno sistematicamente quando vengono da noi; o l’attesa che tutti abbiano il piatto pieno a tavola, prima di iniziare. Sono dei gesti che appartengono, non solo ad una cultura diversa dalla nostra, ma anche all’attenzione, alle poche cose che si hanno a casa loro. E questo credo che sia molto importante per i nostri bambini, perché entrano a contatto con una realtà che, altrimenti, rischiano di vedere confinata nei documentari in televisione.
Cina: liberato mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo della diocesi di Zhengding
◊ Ieri, è stato liberato mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo legittimo non ufficiale della diocesi di Zhengding, nella provincia dell’He Bei della Cina continentale. Settantacinquenne, mons. Giulio Jia Zhiguo - riferisce l'agenzia Fides - è molto conosciuto ed è una figura-chiave della Chiesa cinese per la sua fermezza nella fede e per la sua chiara posizione riguardo alla vita di fede e alla politica. Il suo sequestro era avvenuto il 31 marzo 2009, in concomitanza con l’incontro che si teneva in Vaticano della Commissione plenaria sulla Chiesa in Cina. Mons. Giulio Jia Zhiguo - nato il 1° maggio 1935 e ordinato sacerdote il 7 giugno 1980 - è stato consacrato vescovo della diocesi di Zhengding l’8 febbraio 1981. (R.P.)
Fondazione "Pave the way": Pio XII favorì l'esodo di 200mila ebrei dalla Germania
◊ Pio XII avrebbe organizzato l’esodo dalla Germania di circa 200 mila ebrei appena tre settimane dopo la Notte dei Cristalli (9-10 novembre 1938). È quanto emerge da una ricerca citata dal Daily Telegraph martedì e riportata ancora ieri dal quotidiano israeliano Haaretz. La ricerca è curata dallo storico tedesco Michael Hesemann che sta vagliando gli archivi vaticani per la “Pave the way foundation”. “Pio XII – scrive Haaretz – è stato ampiamente criticato per il suo silenzio durante l’Olocausto e per non averlo esplicitamente denunciato e per non aver scomunicato Hitler. Ora questa nuova ricerca potrebbe dimostrare che la percezione di Pio XII come il Papa di Hitler non e corretta”. Secondo lo storico Hesemann, il cardinale Eugenio Pacelli, futuro Pio XII, il 30 novembre 1938 scrisse una lettera chiedendo ai vescovi di tutto il mondo di richiedere dei visti per i ‘cattolici non ariani’ e per gli ‘ebrei convertiti al Cristianesimo’ che volevano lasciare la Germania. Per Hesemann è la prova che i visti sarebbero stati dati ad ebrei e che i termini ‘cattolici non ariani’ e ‘ebrei convertiti’ servivano a dare loro copertura e ad evitare che i nazisti scoprissero il vero motivo dei visti. Parlando della ricerca il presidente della Fondazione “Pave the Way” ha affermato di credere che “tanti ebrei che con successo riuscirono a lasciare l’Europa, non avevano idea che i loro visti erano stati ottenuti attraverso il Vaticano. Ogni cosa emersa fino ad oggi sembra indicare che la visione negativa su Pio XII sia errata”. Interpellata dall'agenzia Sir, suor Grazia Lo Parco, vicepresidente del Coordinamento degli storici religiosi e docente di Storia della Chiesa nella Pontificia Facoltà Auxilium, ha affermato che “si tratta di una notizia che sarà un ulteriore stimolo a proseguire nell’opera di studio su papa Pio XII. Qualcosa si sta muovendo in questo ambito e verso una diversa e positiva percezione della figura di papa Pacelli. Appare significativo il fatto che a rilanciare questa notizia sia anche un noto giornale israeliano”. (R.P.)
L’arcivescovo di Caracas risponde alle accuse del presidente Chavez
◊ L’arcivescovo di Caracas, cardinale Jorge Urosa, ha risposto in una nota alle accuse rivoltegli dal Presidente venezuelano Chavez, che, lo scorso 5 luglio, lo ha definito un oppositore politico contrario alla rivoluzione bolivariana. Cogliendo l’occasione per denunciare il “pericolo che assedia” il Paese, il porporato – che ha ricevuto ampia solidarietà dal mondo ecclesiastico e dalla società civile – afferma di essere stato “aggredito ingiustamente” per il solo fatto di aver parlato “seguendo la propria coscienza”. Il cardinale a più riprese ha richiamato l’attenzione sulla grave crisi che colpisce il Paese anche sul versante del clima sociale e dei metodi di governo e si è scontrato con il Presidente che – si legge – “al posto di riflettere e misurare gli argomenti esposti e dunque rettificare la sua condotta, si limita a fare uso delle offese e della squalifica” delle persone che fanno legittimo uso del diritto alla critica. “Calpestando la Costituzione – prosegue - il presidente e il governo desiderano portare il Paese verso la strada del socialismo marxista”. Una strada, che, alla fine, contrariamente alla volontà popolare espressa nel referendum del 2007 che ha bocciato la proposta statalista e socialista, conduce a una dittatura che non sarà neanche del proletariato bensì della sola cupola che governa. Si tratta di una condotta “illegale” che – afferma ancora la nota – mira anche a colpire “i diritti umani, civili e politici dei venezuelani". Tra le recenti misure che destano viva preoccupazione sul futuro della libertà in Venezuela, l'arcivescovo ricorda il "progressivo controllo dell'importazione, distribuzione e commercializzazione degli alimenti con lo scopo di far dipendere dal governo addirittura il diritto al cibo”, definendolo un attentato "alla sovranità alimentare del Paese". Intanto, mentre il governo trascura questioni urgenti come la sicurezza, la salute, le infrastrutture e i trasporti, il cardinale Urosa risponde anche a certe affermazioni del Presidente ricordando che la nomina dei vescovi è una “prerogativa esclusiva del Santo Padre” e non “una facoltà nelle mani dei politici”. Il porporato ricorda dunque che i vescovi “non aspirano ad avere quote di potere né tantomeno a diventare operatori politici”. I vescovi – precisa – “rivendicano il loro diritto a pronunciarsi su tutto ciò che riguarda la vita e il futuro del popolo venezuelano” con l’obiettivo del bene comune e delle opportunità per tutti “senza esclusioni, ingiustizie e intolleranza”. In conclusione il cardinale ricorda dunque che “dal punto di vista sociale la nostra è sempre una mano tesa in favore del dialogo e l'incontro”. (A cura di Luis Badilla)
Argentina: vescovi e associazioni familiari contro la legge sui matrimoni gay
◊ Solidarietà ai senatori argentini che hanno votato contro la proposta di legalizzare le unioni fra persone dello stesso sesso. Questo l’obiettivo della marcia verso la sede del Congresso di Buenos Aires che numerose organizzazioni familiari locali hanno indetto per il prossimo 13 luglio. Il progetto di legge, approvato in prima lettura alla Camera, martedì scorso presso la Commissione per la legislazione generale dell’alta Camera, è stato bocciato con 9 voti contro e 6 a favore. Il dibattito nella plenaria del parlamento potrebbe partire il 14 luglio con due pareri contraddittori che rendono incerto l’esito finale. Secondo la stampa locale si potrebbe far strada un’ipotesi legislativa diversa, che, in nome di un compromesso, potrebbe portare consensi sull’idea di una “unione civile ma senza possibilità di adozione”. Una proposta alternativa, dunque, che ha già raccolto il favore di buona parte dei parlamentari contrari al cosiddetto “matrimonio” fra persone dello stesso sesso. I sostenitori di questo tipo di “matrimonio” ripongono le loro ultime speranza nella possibilità di raccogliere una quantità sufficiente di voti per annullare il verdetto della Commissione del Senato, cosa che però non sembra facile. La Chiesa cattolica argentina, a più riprese, negli ultimi mesi, ha espresso chiaramente la sua posizione sottolineando soprattutto la non-naturalità antropologica e giuridica, ma anche sociale ed esistenziale, del cosiddetto “matrimonio gay”. Secondo i presuli argentini - si legge nei loro documenti - “l’unione di persone dello stesso sesso non possiede elementi biologici e antropologici che sono propri del matrimonio e della famiglia”. In questo tipo di unione – proseguono - “manca la dimensione coniugale e l’apertura alla trasmissione della vita”. Il matrimonio e la famiglia, invece, si fondano proprio su questi elementi e perciò - osservano - si costituiscono in “focolare per le nuove generazioni”. “Sin dal concepimento – aggiungono - i bambini hanno il diritto inalienabile a svilupparsi nel grembo delle loro mamme e a crescere nell’ambito naturale del matrimonio”. I vescovi argentini ribadiscono poi che “spetta alle autorità politiche tutelare il matrimonio tra un uomo e donna con delle leggi che assicurino la sua funzione insostituibile e il suo contributo al bene comune della società”. Per tutte queste ragioni i vescovi locali ribadiscono che, in caso di riconoscimento legale del matrimonio fra persone dello stesso sesso, “lo Stato commetterebbe un errore” alterando “i principi della legge naturale e dell’ordinamento pubblico della società argentina”. (L.B.)
India: a Bophal un sacerdote minacciato di morte dagli estremisti indù
◊ Padre Anand Muttungal, sacerdote della diocesi di Bhopal e portavoce della Chiesa cattolica dello Stato del Madhya Pradesh è stato minacciato di morte da estremisti indù. “La situazione è preoccupante: la parte centrale dell’India, da Est a Ovest, è in mano ai gruppi estremisti indù che agiscono violentemente, in un clima di impunità”: commenta all’Agenzia Fides, Mons. Chacko Thottumarickal, Vescovo di Indore, in Madhya Pradesh, lanciando un allarme sul proliferare dei gruppi indù, fautori di una ideologia purista che vorrebbe escludere il carattere pluralistico della nazione indiana. “Nell’India centrale, in Stati come Orissa, Madhya Pradesh, Chhattisgarh, le minoranze cristiane soffrono per l’azione di gruppi estremisti indù, anche perché, a livello poltico, questi hanno la copertura dei nazionalisti del Baratiya Janata Party, che li protegge e spesso ne garantisce l’impunità”, rimarca il vescovo. Padre Anand, dopo l’ennesima telefonata anonima che lo minacciava di morte, ha sporto denuncia alla polizia di Bhopal, che ha assicurato protezione. L’anonimo interlocutore gli ha intimato di abbandonare le sue attività sociali. Il sacerdote è impegnato anche nel campo dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Come reagire e vivere da cristiani in tale delicato contesto? Per il vescovo : “Prima di tutto confidiamo in Dio e nella sua misericordia. Poi cerchiamo di promuovere buone relazioni con i leader religiosi indù e di unire tutte le forze positive. Inoltre abbiamo buone relazioni con i mass media, per far emergere la verità: così abbiamo l’opportunità di far sentire la nostra voce e la nostra versione dei fatti. Accanto a questo, promuoviamo un’opera di sensibilizzazione delle coscienze sul tema dei diritti, a tutti i livelli. Infine intratteniamo buone relazioni con le autorità civili e politiche”. Mons. Thottumarickal ricorda, poi, un’altra questione sensibile: “In Madhya Pradesh è in vigore fin dal 1967 una legge anti-conversioni denominata ‘Freedom of Relgion Bill’, che vieta le conversioni operate con l’inganno, la frode o tramite il denaro. Anche noi crediamo nella conversione come moto del cuore, operato dallo Spirito, altrimenti non è vera conversione. Ma la legge viene utilizzata per limitare la libertà di religione e di cambiare religione”. In tale contesto “l’evangelizzazione è davvero una grande sfida, per tali evidenti ostacoli e difficoltà. Da parte nostra, però, occorre risvegliare lo spirito missionario nei fedeli, attraverso una formazione permanente”, conclude il vescovo. (R.P.)
Chiesa cattolica e governo indiano insieme per aiutare 60mila studenti poveri
◊ Oltre 60mila studenti poveri di diversi Stati dell’India potranno trovare lavoro grazie a un progetto dei sacerdoti salesiani e del Ministero indiano per l’agricoltura e lo sviluppo. L’iniziativa consiste in tre mesi di corsi formazione gratuiti in gestione alberghiera, ingegneria, costruzione di automobili, sartoria e artigianato. Questo è il più importante programma intrapreso dal governo in collaborazione con la Chiesa cattolica indiana, riporta l'agenzia AsiaNews. Padre Robin Gomes, missionario salesiano di Calcutta, afferma: “Negli ultimi tre anni abbiamo discusso con il ministero su come educare quei giovani che sono al di sotto della soglia di povertà. Così abbiamo visto la possibilità di realizzare corsi di formazione in un settore specifico di apprendimento finanziato dal ministero sfruttando gli oltre 100 istituti tecnici salesiani in India”. Padre Gomes dice che il programma è già attivo dal 20 giugno nello Stato del West Bengal. Ad esso partecipano studenti tre i 18 e i 30 anni suddivisi in classi da 60 persone. “Siamo contenti – continua – di aiutare e servire gli studenti poveri e il Paese attraverso questo progetto. Spero che questa collaborazione tra Chiesa e governo possa continuare anche in futuro”. (R.P.)
Indonesia: l'islam moderato conferma il suo volto aperto al dialogo
◊ L’islam indonesiano si rinnova e conferma il suo volto moderato, dialogico, aperto, pluralista: è quanto emerge dalle intenzioni e dalla volontà dei nuovi vertici delle due maggiori organizzazioni islamiche indonesiane: “Nahdlatul Ulama” (Nu) e “Muhammadiyah”. La Muhammadiyah – che gestisce scuole, università e attività sociali e conta circa 40 milioni di seguaci, soprattutto nelle aree urbanizzate e nei ceti medi – ha concluso oggi il suo 46° Congresso, festeggiando anche il centenario della sua nascita (1912). Al vertice dell’organizzazione è stato rieletto, per un secondo mandato quinquennale, Din Syamsuddin, leader che ha confermato, a livello nazionale e internazionale, una chiara volontà, suffragata da scelte concrete, orientata alla moderazione e al dialogo con altre comunità religiose, con la società, con il mondo politico. Nel marzo 2010 è stata invece la Nu a scegliere come nuovo presidente Sais Agil Siradj, che ha subito dichiarato di voler seguire la linea tracciata dall’ex leader Nu ed ex presidente indonesiano Abdurrahman Wahid, l’amato “Gus Dur”. La Nu, fondata nel 1926, è espressione di un islam tradizionale, radicato soprattutto nelle zone rurali, ed è un’organizzazione storicamente sempre aperta e tollerante verso le altre minoranze religiose. Le due organizzazioni, tramite la nuova leadership, concordano nel condannare e isolare le sparute frange islamiche estremiste (come il Fronte Islamico di Difesa, Fpi) presenti nel panorama indonesiano, che di tanto in tanto alzano la voce e giungono agli onori della cronaca per qualche episodio di intimidazione o di violenza. Valeria Martano, responsabile della Comunità di Sant’Egigio per l’Indonesia, raggiunta dall’agenzia Fides a Giacarta, dove ha incontrato i vertici delle due organizzazioni islamiche, ha rimarcato: “Questo rinnovo - nella continuità infonde buone speranze per un futuro di armonia e pace. La Muhammadiyah ha scelto di far precedere il Congresso da un ‘Forum di Pace’, invitando esponenti di culture e religioni diverse da tutto il mondo, che hanno presenziato anche all’apertura del Congresso: è un chiaro segnale di apertura. La Nu sta organizzando, per l’autunno 2010, un incontro interreligioso intitolato ‘Famiglia di Dio, Famiglia di popoli’, con gli stessi obiettivi. Il cuore e la sostanza dell’islam indonesiano camminano sulla via del dialogo”. Martano aggiunge a Fides. “Gruppi estremisti come il Fpi sono pochi ma rumorosi. A volte trovano terreno fertile nelle fasce povere ed emarginate della popolazione. Infatti nell’Indonesia odierna, dietro una forte crescita economica (+ 5,7% del Pil nel primo quadrimestre 2010) si cela un aumento del divario fra ricchi e poveri, foriero di tensioni sociali, nelle quali a volte può rientrare anche il fattore dell’identità etnica o religiosa”. Secondo un rapporto dell’International Crisis Group del 6 luglio, in Indonesia “il progetto jihadista è fallito”, e “i gruppi terroristi-jihadisti sono deboli e disgregati”, sebbene riescano ancora a mettere in atto azioni terroristiche. (R.P.)
Africa: il continente nella morsa di piogge e siccità
◊ In base a un bilancio diffuso dall'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha), sono 42 le vittime, di cui 31 nel solo Ghana, e più di 35.000 le persone sinistrate a causa della stagione delle piogge iniziata a maggio in Africa occidentale. Secondo la sede regionale dell’Ocha a Dakar, dal 5 giugno al 7 luglio, le precipitazioni si sono manifestate abbondanti e violente provocando inondazioni letali anche in Costa d'Avorio, che ha registrato otto vittime, e in Togo dove nella capitale Lomé tre persone hanno perso la vita. Laddove, come alla periferia della capitale liberiana Monrovia, le alluvioni non hanno fatto vittime, migliaia di persone sono rimaste senza casa; scuole, strade e altre infrastrutture sono state distrutte. Mentre da una parte forti piogge stanno mettendo in ginocchio alcune regioni, in altre la mancanza di acqua sta aggravando l'insicurezza alimentare delle popolazioni. A rischio carestia a causa della siccità prolungata - riferisce l'agenzia Misna - sono 10 milioni di persone nella regione del Sahel, di cui otto per il solo Niger e altre in Ciad, Mali e Burkina Faso. Situazioni climatiche 'paradossali' che si stanno manifestando con maggior forza negli ultimi anni, entrambe riconducibili secondo gli esperti ai cambiamenti climatici. Che si tratti di piogge forti o troppo scarse, in entrambi i casi ne paga la produzione agricola con conseguenze dirette sulla sicurezza alimentare e sui prezzi di vendita dei generi alimentari sempre alti dalla crisi del 2008. (R.P.)
Kenya: ridotto il tasso di malnutrizione infantile tra gli sfollati del campo di Kakuma
◊ Gli operatori umanitari impegnati nel campo profughi di Kakuma, che ospita 80 mila persone nella zona nord occidentale del Kenya, in sei mesi hanno drasticamente ridotto i tassi di malnutrizione infantile raddoppiando la distribuzione di supporti nutrizionali e adottando programmi alimentari comunitari. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), il numero dei bambini gravemente malnutriti a Kakuma è diminuito dal 17% al 7.9%, dai 1.800 del mese di novembre 2009 a meno di 1.200 a giugno 2010. Secondo l’Unità medica di Kakuma, - riferisce l'agenzia Fides - il 70% dei casi di malnutrizione acuta riportati a dicembre 2009 erano registrati tra i 13 mila rifugiati somali nella zona nord occidentale del Kenya, all’inizio dello stesso mese. Con i nuovi programmi alimentari proposti, ogni mattina ai bambini viene dato cibo terapeutico sotto la supervisione di infermiere nutrizioniste. Inoltre le mamme sono informate ed aggiornate sul tipo di alimentazione da proporre ai propri figli e riunite in gruppi di sostegno. Appena il bambino inizia a migliorare e la madre è in grado di continuare da sola, le visite al centro nutrizionale si riducono ad una alla settimana e alla mamma viene data una razione di cibo terapeutico da usare a casa, per una settimana. (R.P.)
Il cardinale Njue sulle obiezioni dei vescovi del Kenya alla nuova Costituzione
◊ ‘‘La Chiesa in Kenya continuerà a respingere la nuova costituzione fintanto che le questioni che dividono i keniani, segnatamente quella della terra, l’aborto, la famiglia, il rispetto della vita e quella dei khadi (i tribunali islamici), non saranno risolte”. È quanto ha ribadito il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, in un’intervista all’agenzia Apic in cui spiega le obiezioni delle Chiese del Kenya all’attuale testo di revisione costituzionale sul quale i cittadini keniani dovranno pronunciarsi in un referendum il prossimo agosto. Il testo è stata presentato ufficialmente il 6 maggio scorso senza alcuna modifica rispetto alla bozza originale, sulla quale – lo ricordiamo - le Chiese cristiane keniane avevano già espresso forti riserve. Tra i nodi principali resta, in primo luogo, la tutela del diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale. Nella sua attuale formulazione esso rischia infatti di aprire la strada alla liberalizzazione dell’aborto. Altre importanti questioni su cui si appuntano le riserve delle Chiese cristiane locali sono poi il riconoscimento costituzionale dei tribunali musulmani, i cosiddetti Kadhi, che rischia di alimentare i conflitti religiosi nel Paese, la tutela della famiglia, il recepimento nell’ordinamento kenyano delle normative internazionali e la salute riproduttiva. “Quello che ci preoccupa maggiormente - afferma il cardinale Njue nell’intervista – è che i nodi problematici non sono opera di kenyani, quanto piuttosto di forze esterne”. Secondo il porporato, non è in discussione la necessità di aggiornare l’attuale costituzione, “ma il rispetto dei valori umani della società”. Su questi punti - sottolinea - le Chiese cristiane nel Paese sono compatte: “Abbiamo sempre lavorato insieme in seno al Consiglio Nazionale delle Chiese del Kenya su questa costituzione. Abbiamo anche dialogato con i musulmani sin dal primo referendum costituzionale del 2005. Un dialogo che si è sfortunatamente interrotto quando è subentrata la questione dell’inserimento dei khadi nella Costituzione”. Nell’intervista l’arcivescovo di Nairobi parla anche del Sinodo Speciale per l’Africa e della questione del celibato dei preti che sta diventando un problema molto serio per la Chiesa in Kenya. Su quest’ultimo punto il porporato ha ricordato che “nessuno è costretto al sacerdozio. Se una persona non è in grado di continuare a vivere nel celibato, esistono delle procedure specifiche per questo. (L.Z.)
Sudafrica: le Chiese si mobilitano su possibili attacchi xenofobi dopo la fine dei Mondiali
◊ Con l’avvicinarsi dell’ormai imminente finale della Coppa del mondo di calcio in Sudafrica cresce il timore che la fine della competizione possa segnare l’inizio di una nuova ondata di violenze xenofobe contro le comunità immigrate che vivono nel Paese. La questione è stata sollevata nei giorni scorsi in un incontro di una delegazione di leader religiosi sudafricani con il Presidente Jacob Zuma. A guidare la delegazione mons. Buti Tahagale, arcivescovo di Johannesburg, nonché presidente della Conferenza episcopale sudafricana. “Siamo certi che i servizi di sicurezza interverranno tempestivamente nel caso dovessero verificarsi violenze”, ha dichiarato all’agenzia Cns il portavoce dell’episcopato padre Chris Townsend. “Si tratta di voci e speriamo che si rivelino false”. Intanto la Chiesa si sta mobilitando per prepararsi a questa eventualità. Tra le varie iniziative vi è quella del dipartimento della Giustizia e della Pace della Conferenza episcopale che sta organizzando una serie di incontri nelle diocesi su come rispondere alla xenofobia. “Dobbiamo capire chi c’è dietro a queste minacce e coinvolgere la polizia”, ha detto il responsabile di Giustizia e Pace padre Mike Deeb , esprimendo l’auspicio che i recenti Mondiali della Pace promossi nelle parrocchie sudafricane dalla Caritas in concomitanza con la Coppa del mondo abbiano contribuito a favorire un clima di maggiore tolleranza tra le varie comunità. Un ruolo in questo senso è stato svolto dagli stessi Mondiali. Secondo padre Thulani Manan, parroco a Soweto, essi sono stati stato un importante “fattore di unità nazionale”. Un giudizio condiviso dal quotidiano cattolico “The Southern Cross”. Per il cardinale Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, anche la sconfitta del Sudafrica e l’arrivo del Ghana ai quarti di finale ha avuto un effetto salutare sul Paese: “Credo che abbia allontanato i sudafricani dalla tentazione del nazionalismo, aiutandoli a vedere le partite come una competizione africana e non solo sudafricana”, ha detto il porporato al quotidiano. Dal 2008 in Sudafrica più di 60 persone sono rimaste uccise e 30mila costrette a fuggire da attacchi xenofobi. All’origine dell’escalation l’accresciuta presenza di immigrati, soprattutto dal vicino Zimbabwe, che sono anche le principali vittime. Si calcola che siano 10milioni le persone immigrate nel Paese dalla fine dell’ apartheid nel 1994. (A cura di Lisa Zengarini)
Messico: dopo le elezioni il vescovo di Durango invita al dialogo
◊ Dopo le elezioni che si sono svolte in diversi Stati del Messico, la Chiesa di Durango, nella persona del suo arcivescovo, mons. Héctor González Martínez, ha chiesto a tutti i politici di accettare i risultati e di avere la calma necessaria per ricominciare la vita sociale della comunità. In un comunicato inviato all’agenzia Fides dall’arcidiocesi di Durango, l’arcivescovo si congratula con la comunità per aver esercitato il dovere civico andando a votare, a Durango infatti ha votato quasi il 60% degli aventi diritto. “La Chiesa locale ha adempiuto al suo ruolo sociale cercando di risvegliare le coscienze, in particolare con il messaggio pasquale dei vescovi e la Giornata di preghiera. Il nostro compito è di formare le coscienze e lasciare che i laici assumano liberamente le loro scelte di partito” è scritto nella nota. “Purtroppo notiamo che da entrambe le parti vi sono ancora vizi come lo spreco di denaro, disuguaglianza e pregiudizi, bugie, attacchi personali, insulti, orgoglio e arroganza, per intimidire si arriva addirittura a sparare colpi in aria, si acquistano i voti offrendo in cambio merce e denaro, sia nelle campagne che nelle città. Abbiamo già i risultati del voto - osserva il presule - ma entrambe le parti si aggiudicano la vittoria. Esorto quindi vivamente - dice Mons. González Martínez - tutti coloro che sono coinvolti, al momento di adire i passi legali per interpretare la verità, a mantenere la serenità e la calma, anzi, di avere la disponibilità di ascoltare e dialogare, per evitare liti viscerali. Siamo una società e una sola Chiesa e dopo questa divergenza, avremo bisogno della cooperazione reciproca per il bene di Durango.” Il Messico ha sofferto molti episodi di violenza negli ultimi mesi, e perfino durante la campagna elettorale si sono verificati eventi tragici. (R.P.)
Filippine: tribunale respinge ricorso della Chiesa contro l’educazione sessuale nelle scuole
◊ Un tribunale di Quezon City, nelle Filippine, ha respinto il ricorso presentato da un gruppo di genitori con il sostegno della Conferenza episcopale per chiedere la sospensione provvisoria di un controverso progetto-pilota del Ministero dell’Educazione che vuole introdurre l’educazione sessuale nelle scuole. Il progetto – riferisce Eglises d’Asie, citata dall’agenzia Apic - prevede di introdurre un programma di salute riproduttiva tra gli adolescenti in 80 scuole pubbliche elementari e 79 scuole superiori, con l’intenzione di estenderlo a tutto il Paese. L’obiettivo sarebbe di ridurre il tasso di crescita della popolazione e le maternità indesiderate tra le adolescenti. Sull’iniziativa è in atto un vero e proprio braccio di ferro tra l’Esecutivo e i vescovi filippini, secondo i quali l’educazione sessuale è un compito che spetta alle famiglie e non dovrebbe essere discussa pubblicamente. Il giudice ha respinto la richiesta dei genitori ricorrenti sostenendo che essi non subirebbero alcuna violazione personale dei loro diritti e non possono dimostrare che i loro figli studiano nelle scuole in cui saranno esperimentati i nuovi moduli. La rappresentante legale della Conferenza episcopale Jo Aurea Imbonì, ha annunciato dai microfoni di Radio Veritas che la battaglia è tutt’altro che finita. La decisione del tribunale – ha spiegato – riguarda solo la petizione d’urgenza presentata dai genitori per la sospensione provvisoria e non il provvedimento in sé contro il quale presenterà un’istanza di incostituzionalità. L’obiettivo – ha detto - è di mostrare che l’iniziativa del Ministero dell’Educazione è contro la famiglia e contro la vita che sono diritti costituzionalmente garantiti. La prima udienza è stata fissata per il 29 luglio. Il nuovo presidente della Filippine Benigno Aquino non ha ancora espresso una posizione ufficiale in merito sulla questione. (L.Z.)
Haiti: la Chiesa giapponese ricostruirà la radio della diocesi di Port-au-Prince
◊ La diocesi di Osaka ha deciso di inviare a Port-au-Prince - capitale dell’isola di Haiti, devastata dal recente terremoto – un team di esperti per mettere in piedi una nuova radio, che trasmetta programmi educativi e religiosi. Lo scopo, spiega uno dei responsabili, ripreso dall’agenzia Asianews, “è quello di innalzare il livello di alfabetizzazione della popolazione, fermo da tempo al 50%”. L’idea è stata del direttore della stazione radio Waiwai della prefettura di Kyoto, Junichi Hino, che è membro della “Chiesa itinerante” di Takatori. Le “Chiese itineranti” - tipiche del Giappone – consistono in un gruppo di fedeli che si unisce per visitare Paesi colpiti da calamità naturali al fine di portare aiuto. Lo scorso aprile, quella di Takatori si è recata proprio ad Haiti scoprendo, tra le altre cose, che il sisma ha distrutto la gran parte delle radio del Paese. “Delle 15 radio che esistevano ad Haiti - racconta Hino - ne sono rimaste in piedi soltanto 3”. Fra quelle distrutte - prosegue – “c’è anche quella della diocesi di Port-au-Prince, Radio Soleil. Lanciata dalla Conferenza episcopale locale, trasmetteva 24 ore al giorno: messaggi di Vangelo, educativi e di alfabetizzazione. Lo studio è stato completamente distrutto, una disgrazia”. Nonostante tutto, però, un sacerdote di Haiti ha continuato la sua missione trasmettendo con materiali di fortuna anche se per pochi minuti al giorno. Così, tornato dal viaggio, Hino ha parlato con i membri della diocesi di Osaka i quali hanno deciso di sostenere la ricostruzione dello studio e quindi la ripresa delle trasmissioni. Uno dei responsabili locali, padre Hiroshi Kanda, commentando la decisione ha affermato che sulla scia del terremoto giapponese di Hanshin del 1995, “abbiamo capito l’importanza di sentire tutti i giorni una voce di speranza, che aiuti anche la popolazione a crescere a livello culturale”. (E. B.)
Allarme Onu: quasi 50 mila morti all’anno nel mondo a causa dei rifiuti tossici
◊ Ogni anno circa 47.000 persone muoiono a causa di avvelenamento da prodotti chimici pericolosi. Ad affermarlo Okechukwu Ibeanu, relatore speciale dell’Onu per gli effetti dei rifiuti tossici sui diritti umani, nel corso di una riunione di gruppo di esperti sull’argomento che si è svolta a Ginevra in Svizzera. A darne notizia è l’agenzia Misna secondo la quale il professore nigeriano, in una dichiarazione scritta, ha sottolineato che le aziende preferiscono sempre di più inviare questi rifiuti nei Paesi poveri dove il ‘riciclaggio’ costa meno. Secondo la sua relazione, nei Paesi industrializzati, a partire dagli anni settanta, il costo del trattamento di tali rifiuti è salito parallelamente all’aumento della consapevolezza dei pericoli provocati di queste sostanze sulla salute e sull’ambiente e alla definizione di nuove regole da osservare nella fase di smaltimento. Oggi la situazione è ancora più complessa. “I rifiuti tossici pericolosi – ha aggiunto Ibeanu –continuano ad essere prodotti nel Nord del mondo e scaricati illegalmente nei Paesi in via di sviluppo da società senza scrupoli. Dobbiamo renderci conto dell’evidenza: i prodotti e rifiuti tossici non conoscono frontiere, e sono trasferiti non soltanto da Nord a Sud del mondo, ma anche, e sempre di più, tra Paesi sviluppati o tra Paesi in via di sviluppo”. Il tutto malgrado l’esistenza di almeno tre trattati internazionali in materia: la Convenzione di Basilea, che regola il trasporto e l’eliminazione dei rifiuti pericolosi, in vigore dal 1992; la Convenzione di Bamako, adottata nel 1996 sotto l’egida dell’Unione Africana per proibire l’importazione in Africa di tali rifiuti; e la Convenzione di Londra, sulla prevenzione dell’inquinamento dei mari dovuto all’immersione di rifiuti. (E. B.)
Usa: sostegno della Chiesa per le donne che hanno fatto ricorso all'aborto
◊ “Non vi lasciate prendere dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza”, diceva Giovanni Paolo II nell'Enciclica "Evangelium vitae", rivolgendosi alle donne che avevano fatto ricorso all'aborto. “A questo stesso Padre ed alla sua misericordia voi potete affidare con speranza il vostro bambino”, scriveva il Pontefice in questo testo che oggi, a 15 anni di distanza, ha un'attualità ancor maggiore. “Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita”, esortava. Per riconciliare un "lutto" che spesso resta nascosto per anni, è nato negli Stati Uniti un programma chiamato Rachel's Vineyard (La Vigna di Rachele), che attraverso riunioni, accompagnamento e ritiri spirituali, cerca di aiutare le donne che hanno abortito e le persone che si sono viste coinvolte in eventi di questo tipo (partner, medici o genitori) a elaborarne il lutto e a curare la ferita provocata da questa decisione. Il nome “La Vigna di Rachele” deriva dalla citazione di Geremia (31, 15- 17) che parla del lamento di Rachele e del dolore che elabora dopo che i suoi figli sono morti in guerra. Il programma è oggi presente in più di 20 Paesi. Dal 23 al 25 luglio si realizzerà un ritiro a Bologna. L'iniziativa - riferisce l'agenzia Zenit - è nata negli Stati Uniti nel 1984. Dal 1975 i vescovi statunitensi hanno avviato un programma pastorale a favore della vita, dopo che l'aborto era stato legalizzato (gennaio 1973). Hanno detto: “Vogliamo sviluppare iniziative per accompagnare le donne cattoliche, le coppie, visto che ora l'aborto è legale e la gente pensa che forse va bene”. Hanno capito che queste donne avevano bisogno di un invito visibile e concreto per riconciliarsi. La fondatrice si chiama Vicki Thorn e viene dall'arcidiocesi di Milwaukee, nel Wisconsin. Fin dall'inizio i vescovi statunitensi hanno sostenuto fortemente questa iniziativa perché ne hanno visto i frutti nelle parrocchie, dove queste donne si sono convertite e si sono impegnate molto nell'essere testimoni per altre donne. (R.P.)
Bruxelles: la lotta alla povertà al centro dell’incontro Ue-Chiese europee
◊ “Combattere la povertà e l’esclusione sociale nella cornice della strategia Ue 2020”: Questo il tema del seminario di dialogo che la Commissione europea ospita domani a Bruxelles. A promuoverlo, nell’ambito dell’ “Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale”, sono il Bureau of European Policy Advisors della stessa Commissione, la Commissione Chiesa e Società della Conferenza delle Chiese europee (Kek), e il segretariato della Commissione episcopati della Comunità europea (Comece). Tra gli obiettivi fissati lo scorso 17 giugno dal Consiglio europeo – riporta l’agenzia Sir riprendendo una nota della Comece - c’è quello di promuovere l'inclusione sociale, liberando “almeno 20 milioni di persone dal rischio povertà ed esclusione” entro il 2020. Per questo, nel corso dell’incontro che si svolgerà a porte chiuse alla presenza del commissario Ue per l'occupazione, gli affari sociali e l’inclusione, Lázló Andor, i rappresentanti delle Chiese “rivolgeranno un appello per un impegno politico più forte da parte dell’Unione europea e dei suoi Stati membri in vista di una società che consenta a ciascuno di vivere con dignità”. A prendere la parola saranno l’arcivescovo Jukka Paarma della Chiesa evangelica luterana di Finlandia; mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente di Caritas Italia; e Philippe Courard, segretario di Stato del Belgio per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà. (E. B.)
Accordo Custodia-H2onews per la trasmissione di videonotizie sulla Chiesa in Terra Santa
◊ Accordo fra il Franciscan Multimedia Center (FMC) - centro di produzione televisiva promosso dalla Custodia di Terra Santa (http://www.custodia.org) – e l’agenzia informativa cattolica H2onews (www.h2onews.org), per la pubblicazione di videonotizie sull'attività della Chiesa in Terra Santa. A darne notizia è l’agenzia Zenit precisando che H2onews distribuirà le videonotizie - in spagnolo, italiano, inglese, francese, arabo, cinese, portoghese e tedesco – attraverso i siti Internet e le televisioni che fanno parte della sua piattaforma. I prodotti potranno essere visionati direttamente sulla pagina web di H2onews, www.h2onews.org, e su quella della Custodia, http://www.youtube.com/user/videocustodia. Il sacerdote francescano Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, esprimendo il suo sostegno a questo accordo ha sottolineato l'importanza del servizio per dare una voce ai cristiani nei luoghi in cui è vissuto Gesù. “La collaborazione con H2onews - ha dichiarato - in questo momento, è strategica, è fondamentale perché risponde esattamente a quella che era la nostra visione iniziale”. “Noi – ha proseguito - abbiamo un centro di produzione però abbiamo bisogno di trasmettere, di far conoscere queste notizie nel mondo. Ed H2onews rappresenta questo canale, che ci consente di portare nel mondo cattolico le notizie dalla Terra Santa”. (E. B.)
Al via il Cartoon club. Un premio anche per il fumetto cristiano
◊ La manifestazione è promossa dall’Unasp Acli di Rimini, in collaborazione con il Comune e la Provincia di Rimini, la Regione Emilia Romagna ed Emilia Romagna Film Commission. Il festival si articolerà in diversi punti della città con mostre, proiezioni di lungo e cortometraggi di animazione, sfilate a tema e spettacoli. Il 12 luglio – rende noto il Sir - è prevista una serata nel segno della solidarietà con lo spettacolo della Compagnia dei Ciarlatani, che hanno dato vita al progetto “Ciarlatani senza frontiere” nell’intento di proporre il teatro di strada con la sua carica gioiosa in luoghi di povertà o di disagio, operando nei campi profughi Sahrawi, a Mukondo in Congo e in Palestina nella Striscia di Gaza. Anche quest’anno Cartoon Club assegnerà riconoscimenti come il XIV Premio “Signor Rossi” per le scuole di cinema d’animazione italiane ed estere, ed il XIV Premio “Franco Fossati” per le opere italiane di storia, critica e saggistica sul fumetto. Saranno anche assegnati il VI Premio “Fede a Strisce, Fumetto Cristiano – Roberto Ramberti” e il II Premio Cartoon Baby, con una giuria di bambini della scuola primaria di primo e secondo grado, per assegnare il premio al miglior film d’animazione fruibile da un pubblico di bambini. (A.L.)
Turchia: la Corte costituzionale annulla alcuni articoli della riforma della Costituzione
◊ La Corte costituzionale turca ha annullato alcuni degli articoli del pacchetto di riforma della Costituzione presentato dal Partito Giustizia e Sviluppo (Akp) del premier Erdogan. Gli articoli riguardavano in particolare la limitazione del potere della magistratura e la riduzione dell’influenza delle Forze armate, riforme necessarie, secondo il governo, per adeguarsi ai requisiti di adesione all’Unione Europea. Gli articoli annullati dovrebbero essere oggetto di referendum popolare il 12 settembre prossimo. Anche questo appuntamento, però, potrebbe essere cancellato: i partiti d’opposizione, infatti, il 14 maggio hanno presentato un ricorso per bloccarlo. Intanto, il presidente Usa, Barack Obama, in un’intervista alla stampa italiana ha affermato che “sarebbe saggio accettare la Turchia nell’Unione”.
Usa-Russia
Le undici spie russe, dieci delle quali sono state arrestate la settimana scorsa a New York (l’undicesima, fermata a Cipro, è poi riuscita a scappare), sono state incriminate da un tribunale federale americano. Nove di loro sono accusate di complotto e riciclaggio di denaro e rischiano fino a 20 anni di carcere, oltre al sequestro di tutti i loro beni. Sarebbero, inoltre, in corso, negoziati segreti tra Mosca e Washington per lo scambio di agenti.
Usa-marea nera
Il colosso energetico Bp non pensa di riuscire a fermare la fuoriuscita nel Golfo del Messico prima di agosto. Lo ha detto oggi una portavoce, in risposta alle ipotesi dei media secondo cui l'intervento finale sarebbe potuto realizzarsi entro poche settimane.
Italia – arresto boss Pagano
Il boss della camorra, Cesare Pagano, considerato uno dei 30 latitanti più pericolosi al mondo, è stato arrestato stamattina dalla squadra mobile di Napoli in una villetta a Licola, sul litorale flegreo. L’uomo, 42 anni, del quale nessuna immagine era mai apparsa negli schedari della polizia, era a capo del clan cosiddetto degli "scissionisti" ed è accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio e traffico internazionale di droga. Al momento dell’arresto, il boss era in compagnia della moglie, del genero e del nipote, anch’egli arrestato. Già nel marzo scorso, Pagano era sfuggito di poco all’arresto in un’altra villetta a Quarto.
Italia - intercettazioni
Slitterà alle ore 15 di martedì 13 luglio il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti al ddl intercettazioni del governo. Lo ha annunciato il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, che ha preso atto della richiesta del capogruppo del Pdl, Enrico Costa, secondo il quale lo slittamento consentirà di approfondire gli emendamenti al testo e di accogliere le osservazioni del Quirinale.
Norvegia
Sono stati arrestati oggi tre uomini sospettati di preparare bombe per attentati terroristici. I tre, secondo la polizia, sarebbero legati ad al Qaeda e coinvolti nei piani per colpire la metropolitana di New York e quella di Londra, sventati nel 2009. Si tratta di un cittadino norvegese di origini uighure, di un iracheno e un uzbeko, seguiti dalla polizia già da un anno.
Francia – caso Bettancourt
La Procura di Nanterre ha aperto un nuovo fascicolo per finanziamento illecito ai partiti, nell'ambito del caso Bettencourt. La polizia francese ha rintracciato un prelievo in contanti da 50 mila euro, che avvalorerebbe le dichiarazioni dell'ex commercialista degli azionisti di riferimento di L'Oréal. Intanto, Claire Thibout, rintracciata nel sud del Paese, ha in parte ritrattato le sue dichiarazioni che chiamavano in causa il presidente francese, Sarkozy, per una tangente. Il capo dell'Eliseo ha detto che spiegherà tutto il 13 luglio, in un discorso pubblico.
Serbia
Il presidente serbo, Boris Tadic, è giunto oggi in Montenegro per una visita ufficiale. L’incontro ha lo scopo di migliorare i rapporti tra i due Paesi balcanici, piuttosto tesi soprattutto a motivo del riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte del Montenegro.
Ue – Portogallo
Una sentenza della Corte di giustizia europea ha stabilito oggi che la detenzione di "golden share" nella Portugal telecom da parte dello Stato portoghese costituisce “una restrizione ingiustificata alla libera circolazione dei capitali”. La sentenza arriva in risposta al ricorso presentato dalla Commissione, secondo la quale la posizione dello Stato portoghese può scoraggiare gli investimenti degli operatori di altri Stati membri. Il Portogallo ha fatto sapere che terrà conto della sentenza.
Ue-Medio Oriente
L’alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, ha annunciato che il 17 e 18 luglio prossimi si recherà in Israele e a Gaza, in vista delle imminenti missioni nella regione dei ministri degli Esteri spagnolo, italiano e francese.
Iraq
Sale di ora in ora il bilancio delle vittime degli attacchi che da martedì scorso hanno per oggetto pellegrini sciiti: finora i morti accertati sono 68 e oltre 400 i feriti. L'attacco più sanguinoso ha avuto luogo nel quartiere sunnita di Azamiya, nel nord della capitale, dove un kamikaze si è fatto esplodere. Violenze ed esplosioni di ordigni anche nei quartieri di al-Jadida e Fudailia a est.
Pakistan
Almeno 15 militanti filotalebani sono morti nell'operazione delle forze di sicurezza pakistane in corso in diverse zone dell'Orakzai, regione tribale del Pakistan nordoccidentale. Intanto, la polizia ha arrestato sospetti terroristi che puntavano a uccidere il presidente, Asif Ali Zardari, durante una sua prossima visita a Lahore, capoluogo della provincia del Punjab.
Afghanistan
Tre addetti alla sicurezza dell'Onu sono morti nella provincia centrale di Parwan, in Afghanistan: l'auto su cui viaggiavano ha urtato un rudimentale ordigno esplosivo. Mentre tre soldati dell'Esercito nazionale afghano (Ana) sono morti e nove sono rimasti feriti in seguito a un attacco dei talebani nella provincia meridionale di Kandahar. Una forte esplosione è avvenuta a Herat, capoluogo della provincia afghana sotto il controllo delle truppe italiane. Non ci sono vittime.
India
Continua lo sciopero generale dei ribelli maoisti indiani che protestano in seguito all’uccisione del loro leader Azad. Le violenze nel nordest del Paese hanno causato almeno cinque vittime. I ribelli hanno attaccato l'abitazione di un dirigente del Congresso, due caserme della polizia e bloccato la circolazione ferroviaria con esplosioni.
Thailandia
È stato rilasciato e sarà espulso dalla Thailandia il cittadino britannico che si era unito alla protesta delle “camicie rosse” antigovernative. Jeff Savage, arrestato perché giudicato colpevole di avere violato lo stato di emergenza decretato durante la protesta dei rossi, sarà rimpatriato nei prossimi giorni. Lo ha deciso oggi un tribunale di Bangkok.
Cina
L'esercitazione navale annunciata da Stati Uniti e Corea del Sud nel Pacifico al largo delle coste della Corea del Nord preoccupa la Cina. Secondo il portavoce del Ministero degli esteri, Qin Gang, le manovre congiunte Usa-Corea del Sud nelle acque che collegano la Cina alla penisola coreana mettono in pericolo ''la sicurezza e gli interessi'' del Paese.
Panama
L’ex leader militare di Panama, Manuel Noriega, è stato condannato a sette anni di carcere in Francia, ma potrebbe scontare la pena nel suo Paese. Noriega, che ha già trascorso 17 anni in prigione a Miami per narcotraffico e riciclaggio, in caso di rientro a Panama dovrebbe rispondere di una serie di altre accuse, tra cui l’omicidio del medico Hugo Spadafora.
Africa occidentale
La stagione delle forti piogge che dal marzo scorso si abbattono sui Paesi dell’Africa occidentale, ha causato finora la morte di 42 persone. La maggior parte delle vittime appartiene al Ghana, con 31 morti, seguito da otto decessi in Costa d’Avorio e tre in Togo. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio regionale di coordinamento degli affari umanitari, le persone colpite sono circa 35 mila. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi e Michela Altoviti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 189
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