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Sommario del 07/07/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'ultima udienza generale, prima della pausa estiva a Castel Gandolfo: la fedeltà a Cristo può costare ostilità e persecuzioni
  • Benedetta dal Papa la nuova statua di sant’Annibale Maria di Francia
  • Altre udienze e nomine
  • Il cardinale Bertone festeggia 50 anni di sacerdozio: una missione unica per dare speranza alla gente
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Appello di Ban Ki-moon per Haiti: i Paesi donatori mantengano le promesse
  • Nuovo sciopero generale in Grecia contro il piano di austerità
  • Convegno sull'immigrazione: i media italiani non giovano all'integrazione
  • In un libro la speranza di una nuova vita per i ragazzi napoletani di Scampia
  • Chiesa e Società

  • Belgio: nota dei vescovi sul materiale ritrovato nell'arcivescovado di Malines
  • Venezuela: solidarietà della Chiesa al cardinale Urosa dopo le offese del presidente Chavez
  • Cuba: il ministro degli Esteri spagnolo incontra il cardinale Ortega
  • Assemblea dei vescovi colombiani su povertà, disoccupazione e violenza
  • Haiti: sostegno e preghiere per le Chiese locali dal Consiglio ecumenico delle Chiese
  • Rapporto Ocse: 17 milioni di disoccupati in più dal 2007
  • Il diabete potrebbe causare 24 milioni di morti nell’Africa subsahariana entro il 2030
  • Africa occidentale: 10 milioni di persone soffrono la fame nel Sahel
  • Il Pakistan annuncia task-force e Conferenza nazionale contro il terrorismo
  • Cristiano della Nord Corea torturato a morte: aveva Bibbie in casa
  • Tasmania: la Chiesa mette in guardia dal progetto di legge sull’eutanasia
  • Denuncia di Amnesty: donne senza sicurezza e dignità negli "slums" di Nairobi
  • In Kenya fa discutere la legge che prevede aumenti per gli stipendi dei deputati
  • Corte Europea: il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è un diritto
  • Repubblica Ceca: conclusi i lavori della plenaria dei vescovi
  • Messaggio del Patriarca Kirill a mons. Koch, neopresidente del dicastero per l'ecumenismo
  • Gmg 2011: al via la campagna per promuovere le iscrizioni
  • Terra Santa: in corso a Korazim il ritiro annuale interrituale
  • Nasce a Ramallah la prima emittente radiofonica palestinese dedicata alle donne
  • Iniziati a Roma i corsi intensivi di ebraico biblico
  • 24 Ore nel Mondo

  • Dal vertice Obama-Netanyahu, spiragli di speranza per il processo di pace in Medio Oriente
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'ultima udienza generale, prima della pausa estiva a Castel Gandolfo: la fedeltà a Cristo può costare ostilità e persecuzioni

    ◊   La storia cristiana ha sempre annoverato persone che sono rimaste fedeli alla Chiesa e al Papa nonostante le persecuzioni. Uno di questi testimoni è stato il famoso teologo medievale Giovanni Duns Scoto, al quale Benedetto XVI ha dedicato la catechesi dell’udienza generale di questa mattina, nell'Aula Paolo VI in Vaticano. Nel pomeriggio, alle 18, il Papa si trasferirà nella residenza estiva di Castel Gandolfo, dove per il resto del mese di luglio, ad eccezione degli Angelus domenicali, l’agenda pontificia resterà libera da impegni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il “grande sogno” dell’umanità di tutti i tempi si chiama libertà. Un valore cercato ed enfatizzato “particolarmente nell’epoca moderna”, ricordava un anno e mezzo fa il Papa ai seminaristi di Roma. Ma quali sono i confini di questo sogno, per inseguire e difendere il quale innumerevoli persone hanno sacrificato tutto di se stesse? Il Papa ha spiegato che il teologo scozzese del 13.mo secolo, Giovanni Duns Scoto, aveva chiarito un punto sul quale gli intellettuali del tempo si arrovellavano: la libertà, affermò, è una “qualità fondamentale della volontà” umana, che tuttavia resterebbe incompiuta se fosse assolutizzata e non si ponesse all’ascolto di Dio:

     
    "La storia moderna, oltre alla nostra esperienza quotidiana, ci insegna che la libertà è autentica, e aiuta alla costruzione di una civiltà veramente umana, solo quando è riconciliata con la verità. Se è sganciata dalla verità, la libertà diventa tragicamente principio di distruzione dell’armonia interiore della persona umana, fonte di prevaricazione dei più forti e dei violenti, e causa di sofferenze e di lutti".

     
    Invece, ha obiettato Benedetto XVI, “la libertà, come tutte le facoltà di cui l’uomo è dotato”...

     
    "...cresce e si perfeziona, afferma Duns Scoto, quando l’uomo si apre a Dio, valorizzando quella disposizione all’ascolto della Sua voce, che egli chiama potentia oboedientialis: quando noi ci mettiamo in ascolto della Rivelazione divina, della Parola di Dio, per accoglierla, allora siamo raggiunti da un messaggio che riempie di luce e di speranza la nostra vita e siamo veramente liberi".

     
    In precedenza, riflettendo su un episodio della vita di Duns Scoto – che preferì l’esilio volontario piuttosto che firmare un documento ostile al Papa, come avrebbe preteso il re Filippo il Bello – il Papa ha tratto questa considerazione:

     
    "Cari fratelli e sorelle, questo fatto ci invita a ricordare quante volte, nella storia della Chiesa, i credenti hanno incontrato ostilità e subito perfino persecuzioni a causa della loro fedeltà e della loro devozione a Cristo, alla Chiesa e al Papa. Noi tutti guardiamo con ammirazione a questi cristiani, che ci insegnano a custodire come un bene prezioso la fede in Cristo e la comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale".

     
    Benedetto XVI si è soffermato a lungo sulle qualità intellettuali di Duns Scoto, che gli valsero in tempi antichi l’appellativo di “Dottore Sottile”, per l’acume che lo distingueva in campo teologico, e in tempi più recenti l'ammirazione di Giovanni Paolo II, che beatificandolo nel 1993 lo definì “cantore del Verbo incarnato e difensore dell’Immacolata Concezione”. Nel primo caso, Duns Scoto avanzò un pensiero “sorprendente”: Cristo, disse, “si sarebbe fatto uomo anche se l’umanità non avesse peccato”. In altre parole, ha osservato Benedetto XVI...

     
    "Duns Scoto, pur consapevole che, in realtà, a causa del peccato originale, Cristo ci ha redenti con la sua Passione, Morte e Risurrezione, ribadisce che l’Incarnazione è l’opera più grande e più bella di tutta la storia della salvezza, e che essa non è condizionata da nessun fatto contingente".

     
    Ugualmente profondo l’argomento portato a sostegno dell’Immacolata Concezione di Maria, tanto che Pio IX lo adottò 500 anni dopo nel formularne il dogma. Per Maria, asserì Duns Scoto, agì la “Redenzione preventiva”: la Madre, cioè, fu il “capolavoro” della Redenzione operata dal Figlio e per questo fu “preservata dal peccato originale”. Questa intuizione, in realtà, sublimava – ha detto il Papa – ciò che la gente “credeva già spontaneamente sulla Beata Vergine” e questo fatto ha suggerito a Benedetto XVI una nuova riflessione sul lavoro dei teologi e sul rispetto che esso deve al comune sentire della fede:

     
    “Il Popolo di Dio precede i teologi e tutto questo grazie a quel soprannaturale sensus fidei, cioè a quella capacità infusa dallo Spirito Santo, che abilita ad abbracciare la realtà della fede, con l’umiltà del cuore e della mente. In questo senso, il Popolo di Dio è ‘magistero che precede’, e che poi deve essere approfondito e intellettualmente accolto dalla teologia. Possano sempre i teologi mettersi in ascolto di questa sorgente della fede e conservare l’umiltà e la semplicità dei piccoli”.

     
    Il Beato Duns Scoto, ha concluso il Papa ci insegna in definitiva “che nella nostra vita l’essenziale è credere che Dio ci è vicino e ci ama in Cristo Gesù, e coltivare, quindi, un profondo amore a Lui e alla sua Chiesa”:

     
    “Come a Manila il Papa Paolo VI, anch’io oggi vorrei gridare al mondo: ‘[Cristo] è il rivelatore di Dio invisibile, (…) è il fondamento di ogni cosa; Egli è il Maestro dell’umanità, è il Redentore (…) Egli è il centro della storia e del mondo; Egli è Colui che ci conosce e che ci ama; Egli è il compagno e l’amico della nostra vita... Io non finirei più di parlare di Lui”.

     
    Benedetto XVI, al termine dei saluti nelle varie lingue alle migliaia di fedeli nella piazza, ha rivolto un pensiero all’Istituto dei Figli dell’Immacolata Concezione, prossimo a celebrare il Capitolo generale e in modo analogo ha salutato le Piccole Apostole della Redenzione. Un augurio speciale, il Papa lo ha rivolto alla Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva, mentre in conclusione ha ricordato la memoria liturgica di ieri, dedicata a Santa Maria Goretti, “una ragazza – ha osservato – che, seppure giovanissima, seppe dimostrare forza e coraggio contro il male”. E accennando, infine, con i pellegrini polacchi al suo trasferimento, nel pomeriggio, alla sua residenza estiva ha concluso:

     
    “Serdecznie was pozdrawiam, błogosławi...
    Vi saluto di cuore, vi benedico e chiedo la vostra preghiera nei giorni del mio soggiorno a Castel Gandolfo”. (applausi)

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    Benedetta dal Papa la nuova statua di sant’Annibale Maria di Francia

    ◊   Inaugurata stamane con la benedizione del Papa la nuova statua di sant’Annibale Maria Di Francia, posta in una delle grandi nicchie esterne della Basilica Vaticana, oltre l’Atrio delle Campane nella piazza dei Protomartiri Romani. Presenti alla cerimonia i Padri rogazionisti del Sacro Cuore e le Figlie del Divino Zelo, che hanno reso omaggio alla memoria del loro fondatore, “padre degli orfani e dei poveri”, “apostolo della preghiera per le vocazioni”, partecipando quindi alla Messa in San Pietro celebrata dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, in occasione del loro Capitolo generale. “In un'epoca come la nostra, segnata da una preoccupante cultura del vuoto e del non senso, - ha sottolineato il porporato nell’omelia - il luminoso esempio e la limpida testimonianza di sant'Annibale Maria Di Francia costituiscono un invito rivolto alla Chiesa, e soprattutto ai membri delle Famiglie religiose da lui fondate, ad annunciare senza compromessi il primato di Dio”. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Al termine dell’udienza generale, Benedetto XVI ha ricevuto il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Viana (Brasile), presentata da mons. Xavier Gilles de Maupeou d’Ableiges per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Sebastião Lima Duarte, finora vicario generale della diocesi di Zé Doca. Mons. Sebastião Lima Duarte è nato il 3 aprile 1964 a Carutapera, nella diocesi di Zé Doca, nello Stato di Maranhão. Ha compiuto gli studi ecclesiastici nell’Istituto di Studi superiori del Maranhão (1985-1991) e poi, a Roma, ha ottenuto la Licenza in Patristica presso l’Istituto Patristico "Augustinianum" (1995-1998). È stato ordinato sacerdote il 30 novembre 1991 e si è incardinato nel clero della diocesi di Zé Doca.

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    Il cardinale Bertone festeggia 50 anni di sacerdozio: una missione unica per dare speranza alla gente

    ◊   Cinquant'anni di sacerdozio per il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. L’anniversario è stato suggellato con una Messa celebrata dal porporato, ieri pomeriggio, nella Basilica Vaticana. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Sono stato scelto per un ministero incomparabilmente bello: il sacerdozio”, “al servizio della Chiesa”, “in intima amicizia con Gesù”: così il cardinale Bertone, nell’omelia della Messa, ha riassunto i tre motivi fondamentali per rendere grazie al Signore:

     
    “Come sacerdote e come vescovo, ho sperimentato tante volte la bellezza e la forza del Vangelo di Gesù, che davvero è capace di cambiare la vita delle persone”.

     
    Una missione unica quella del sacerdote, ma in che cosa consiste?

     
    “Consiste nel dare speranza alla gente, nell’annunciare che Dio è buono, nell’alleviare le pene di chi è afflitto, nel richiamare il pensiero del Cielo a chi è rattristato dalle tribolazioni della terra”.

     
    Ha ricordato il segretario di Stato, quando 50 anni fa, salesiano di don Bosco, era pronto ad intraprendere la sua missione tra i giovani e questo avvenne all’Università Pontificia Salesiana, “nella quale ho speso – ha sottolineato - con passione le mie energie”. Poi l’arrivo di altre responsabilità, “che mi hanno indotto ad amare – ha spiegato - le Chiese particolari” a cui era stato mandato e “sempre di più la Chiesa universale”, come membro del Collegio episcopale e nei diversi incarichi assunti “a totale e devoto servizio del Santo Padre”:

    "Per capire la vita di un prete occorre chiedersi non tanto: 'Che cosa fa il sacerdote?'; quanto piuttosto: 'Chi è il sacerdote?'. E la risposta è sempre e solo una: il prete è un innamorato di Gesù Cristo, è il suo amico – l’Amico amato, atteso, incontrato, lodato ed implorato”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il popolo di Dio è magistero che precede la teologia: all'udienza generale il Papa parla di Giovanni Duns Scoto.

    Maggiore impegno per sostenere i diritti delle donne: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede a New York.

    Nell'identikit di Paolo occhi inquieti e volto ascetico: in cultura, Fabrizio Bisconti sull'iconografia dell'Apostolo delle Genti.

    Stralci dal primo capitolo del volume di Maurizio Carlo Alberto Gorra "La conchiglia in araldica. Dal simbolo arcaico all'emblema di Santiago di Compostella" e la prefazione del cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete emerito della Basilica di San Paolo fuori le Mura.

    Centocinquant'anni dalla nascita di un grande musicista: stralci dal saggio - contenuto nel libro "Gustav Mahler. Il mio tempo verrà" - scritto nel 1936 dal direttore d'orchestra, pianista e compositore tedesco Bruno Walter.

    Musica andina su Spagna-Germania: Marcello Filotei intervista José Carreras sulla "Misa Criolla" in programma sulle terrazze del Duomo di Milano.

    Nella casa del linguaggio attenti alle termiti della chiacchiera: Andrea Monda recensisce il nuovo libro del gesuita Antonio Spadaro "Svolta di respiro. Spiritualità della vita contemporanea".

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    Oggi in Primo Piano



    Appello di Ban Ki-moon per Haiti: i Paesi donatori mantengano le promesse

    ◊   Troppa lentezza nell’invio degli aiuti ai terremotati di Haiti: la denuncia è del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha lanciato un accorato appello ai Paesi donatori a mantenere le promesse fatte sull’onda dell’emozione di fronte al devastante sisma che sei mesi fa causò oltre 200 mila morti e centinaia di migliaia di sfollati. Promesse che sono ancora lontane dall’essere realizzate. E la situazione appare in continuo peggioramento, come ci riferisce da Port-au-Prince Alessandra D’Asaro, portavoce del Vis, il Volontariato internazionale per lo sviluppo, organismo legato al mondo salesiano. L’intervista è di Fabio Colagrande:

    R. - La situazione è drammatica, esattamente come nei primi giorni. Non ci sono più i cadaveri per terra, che era la cosa che a me personalmente aveva più scioccato; le macerie sono state spostate e dico soltanto spostate ai lati della strada e negli spartitraffico. Ancora non si è intervenuti in alcun modo sulla ricostruzione e mi dicono che addirittura non c’è nemmeno un progetto di ricostruzione. Qui le Ong fanno quello che possono e ce ne sono mille. Devo dire che il lavoro che stanno facendo i salesiani, insieme con il Vis, è un po’ particolare.

     
    D. - Come prosegue l’intervento del Vis a fianco della popolazione in questa fase?

     
    R. - Considerate che qui ci sono ancora le tendopoli e gli spazi dove erano le scuole dei salesiani sono state tutte offerte agli sfollati, con delle tende. Viene distribuito il cibo, ma tenete conto che il governo - il 31 marzo scorso - ha vietato la distribuzione quotidiana di cibo per non - e qui il termine è bruttissimo, ma è quello che usa il governo - "viziare" la popolazione. La cosa che vorrei dire è che qui oltre all’emergenza, bisogna pensare ad una situazione preesistente al terremoto e cioè alla povertà. Tutti i progetti sono sì di emergenza, ma vanno anche inseriti in un lavoro a lungo termine, malgrado non si sappia quantificare il tempo che ci vorrà.

     
    D. - Quindi centinaia di migliaia di persone vivono ancora nelle baracche a Port-au-Prince?

     
    R. - Quasi tutta la popolazione vive ancora nelle baracche, perché le case sono crollate praticamente tutte e non c’è l’idea di ricostruire! La cosa che fa più impressione è che la normalità della vita degli abitanti di Port-au-Prince è all’interno delle macerie. Voglio dire soltanto questo: qui gli haitiani tifavano Brasile o Argentina e all’interno delle macerie si vedevano persone con una piccola televisione che seguivano la loro squadra del cuore. Venerdì sera sono stata a Pétionville, una delle zone residenziali, dove quelli che un tempo erano i tetti sono ora diventati delle piste da ballo per i Mondiali di calcio.

     
    D. - In questa situazione quali sono le emergenze umanitarie più gravi?

     
    R. - Sicuramente l’acqua, cosa per la quale molte Ong si stanno preoccupando di aiutare la popolazione sia con delle cisterne, sia anche con delle latrine: il problema è riuscire a costruire delle condizioni igieniche, che non è che non ci sono ora, ma che in realtà non ci sono mai state!

     
    D. - La domanda che sorge spontanea è che fine hanno fatto tutti i fondi arrivati con la solidarietà internazionale? Perché non vengono investiti nella ricostruzione questi fondi? Tu sei riuscita a capire qualcosa?

     
    R. - Da quello che ho capito io, la situazione è complicata. I fondi sono arrivati, ma ora chiunque voglia fare qualunque cosa deve aspettare un permesso particolare da parte del governo, che non c’è. Allora le carte che dovrebbero essere firmate per la ricostruzione vengono rimandate di settimana in settimane. I soldi ci sono, ma non si sa come investirli, anche perché il governo non firma e non dà delle direttive. Ricordiamo che gran parte del governo è andato perduto proprio a causa del terremoto. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Nuovo sciopero generale in Grecia contro il piano di austerità

    ◊   Un nuovo sciopero generale, il sesto, contro il piano di austerità voluto dal premier Papandreu paralizzerà domani la Grecia, fermando trasporti aerei, marittimi e terrestri e chiudendo uffici, ospedali e attività commerciali. Oggi ad Atene, intanto, il primo ministro illustra la riforma delle pensioni, sulla quale domani si dovrà esprimere il Parlamento. Sul ruolo dei sindacati, che hanno chiamato in piazza i lavoratori, sentiamo l’economista Francesco Carlà, intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. – I sindacati mettono pressione al governo perché i tagli, i sacrifici, siano il più possibile equilibrati. Un altro sciopero non è il massimo per la Grecia, nel momento in cui si sta cominciando a vedere qualche beneficio delle misure che sono state messe in campo. Per esempio, la Banca Centrale della Grecia ha segnalato che lo sbilancio di cassa, nel periodo di gennaio-giugno, si è ridotto del 42 per cento. Quindi cominciano a vedersi i frutti delle manovre.

     
    D. – Nonostante questi primi frutti delle manovre, adesso si interverrà sulle pensioni. E’ un po’ una costante nei Paesi colpiti dalla crisi in Europa...

     
    R. – Perché le pensioni sono un costo ricorrente, che continua negli anni e che quindi aggrava la condizione finanziaria, dove è già compromessa, come, appunto, nel caso della Grecia.

     
    D. – Quando si pensa ad un debito come quello della Grecia, superiore ai 110 miliardi di euro, si può provare a immaginare quanto tempo ci vorrà per tornare ad una situazione di normalità?

     
    R. – La Grecia ha sicuramente una situazione molto delicata per due ragioni. La prima è che il debito in sé è piuttosto massiccio per le possibilità del Paese. L’altra è che le manovre per risparmiare avranno sicuramente un effetto depressivo nei prossimi mesi, anni, sull’economica greca.

     
    D. – Anche gli Stati che non erano in una situazione disastrosa come la Grecia hanno adottato delle misure molto dure...

     
    R. – Lo shock dei mercati ha avuto sicuramente un risultato positivo, che è quello di convincere i politici che sono di solito molto recalcitranti, quando si tratta di scontentare gli elettori, a mettere in campo tutta una serie di riforme sui costi. Allora in questo momento queste riforme e queste manovre sono per la maggior parte alla discussione dei Parlamenti e questo nonostante lo shock dei mercati dei mesi scorsi. Da questo punto di vista ha avuto sicuramente un effetto di stimolo a vedere di poter risparmiare e migliorare l’efficienza dove è possibile.

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    Convegno sull'immigrazione: i media italiani non giovano all'integrazione

    ◊   Clandestini: una parola che comunica allarme sociale e che pure è sempre più usata dai media italiani, che ormai vi identificano tutta la vasta galassia dell’immigrazione. Un linguaggio giornalistico che certo non giova all’integrazione. Se ne è parlato ieri a Roma, in un convegno organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dall’Associazione Stampa Romana e dall'Unione Stampa Cattolica Lazio. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    Gli immigrati in Italia, circa 4 milioni e mezzo di persone, non corrispondono affatto a quelli presentati negli ultimi anni dalle migliaia di servizi televisivi, che li collegano solo al problema di sicurezza. Ci sarebbe da raccontare molto altro della loro vita italiana, ad esempio, della loro capacità imprenditoriale. L’immagine degli immigrati la danno i giornalisti, spesso imprigionati in un linguaggio che sempre più vive sull’equazione immigrazione-sicurezza e che continua a fare su di loro solo titoli di cronaca. I media avrebbero potuto giovare all’integrazione, ma ciò non sta accadendo: questo l’allarme lanciato ieri a Sant’Egidio. Mario Marazziti, portavoce della Comunità:

     
    “I media devono sapere anzitutto che c’è una pigrizia mentale, dove si usa sempre uno stesso linguaggio. Si usa ormai solo una parola 'clandestino', che rischia di dare allarme sociale, anche quando si parla di profughi, di rifugiati, di richiedenti asilo, e devono sapere che questo può essere recepito male dalla popolazione, perché in fondo crea ansia, paura e quindi c’è anche una responsabilità degli operatori dell’informazione. Io credo e mi auguro che ci sia una reazione, perché si aiuti quello che è la necessità dell’Italia e cioè di favorire l’integrazione sociale. O cambiamo il modo di parlare sugli immigrati o questo diventa un danno per l’Italia”.

     
    Nel 2008 le associazione di categoria redassero la Carta di Roma, un Protocollo deontologico sui richiedenti asilo, sui rifugiati, vittime della tratta e migranti. Un documento importante per gli strumenti che offre, compreso un glossario, che però non prevede sanzioni. Paolo Butturini dell’Associazione Stampa Romana:

     
    “Non sono previste pene e questo è certamente un aspetto che la dice lunga. Con l’immigrazione è anche più facile: tu sei al riparo dal fatto che il cittadino venga a chiederti conto di quello che hai scritto. Questo da un certo punto di vista dovrebbe indurre ad essere anche più attenti, proprio perché si ha a che fare - come nel caso dei minori - con persone che hanno diritti deboli e quindi dovrebbero essere ancor più tutelati”.

     
    E’ importante, quindi, per i giornalisti - è stato ripetuto - cercare, trovare e rendere nota la positività legata al fenomeno dell’immigrazione e smetterla di cedere, così come si è fatto negli ultimi anni, alla cornice interpretativa dell’emergenza.

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    In un libro la speranza di una nuova vita per i ragazzi napoletani di Scampia

    ◊   Giovanissimi pusher che spacciano droga invece di andare a scuola; soldi sporchi che girano nell'ignoranza dei valori della convivenza civile, sostituiti dal violento tirocinio offerto dalla malavita. E’ questa, spesso, la realtà nella quale crescono e sono coinvolti tanti ragazzi di Scampìa, il quartiere della periferia napoletana dove 80 mila persone vivono stipate in palazzi fatiscenti e in preda a una illegalità diffusa. Ma la speranza non è del tutto soffocata, come racconta Davide Cerullo nel suo libro-testimonianza intitolato “Ali bruciate. I bambini di Scampia”, scritto con il sacerdote, Alessandro Pronzato. E un altro sacerdote, il gesuita padre Fabrizio Valletti, parroco della chiesa di Santa Maria della Speranza a Scampia, lavora anche lui per offrire alternative ai giovani del quartiere. Fabio Colagrande li ha intervistati entrambi, a cominciare dal religioso:

    R. – In questi ultimi anni, sono cresciute tante attività che non si sperava potessero nascere e crescere: associazioni come “Il Mammuth”, “Centro territoriale”. Ci sono esperienze attraverso le scuole, c’è la storica sede del “Gridas”, che ora è in crisi perché il Comune, l’Istituto delle Case popolari, lo vuole abbandonare, e che però è sempre viva e sempre partecipe. Ci sono i Fratelli delle Scuole Cristiane, suor Edoarda con la ludoteca… davvero una costellazione di iniziative, sviluppate negli anni. Anche se, purtroppo, la camorra rimane l’unica impresa che gestisce il territorio e che controlla l’economia.

     
    D. – Davide, tutte queste iniziative della società civile e anche del mondo ecclesiale riescono a fare qualcosa. Ma, come diceva padre Fabrizio, la situazione resta durissima...

     
    R. – Io credo che resti durissima: a vederla com’è, sei tentato a indietreggiare. Ma non si può. Non si può e non ce lo possiamo permettere, proprio perché c’è tanta gente, tante associazioni – come diceva padre Fabrizio – che non si vogliono arrendere. Quella è la Scampia che vince. Che vince contro un male che domina, che è la camorra. Però loro, come padre Fabrizio, sono le segnaletiche della speranza e lì devono rimanere, proprio per vegliare sulla libertà e sui diritti dei bambini.

     
    D. – Padre Fabrizio, c’è dunque una società civile molto attiva: molti uomini di fede, uomini di Chiesa si danno da fare a Scampia, come in altre realtà difficili. Eppure, non si riesce a fare il salto di qualità. Forse ci vorrebbe maggiore collaborazione tra mondo ecclesiale e mondo laico?

     
    R. – In effetti, il mondo ecclesiale è quello più presente nel quartiere. Proprio in questi giorni, don Vittorio Siciliani celebra 50 anni di sacerdozio e 40 da parroco a Scampia: veramente, un record, un servizio meraviglioso. Ecco: forse una spinta missionaria potrebbe dare a Scampia una maggiore credibilità come terreno di annuncio, un terreno dove le persone possono rendere un servizio disinteressato, gratuito, sereno e accogliente.

     
    D. – Padre Fabrizio, il libro di Davide Cerullo scritto con don Alessandro Pronzato, le sue fotografie, invitano in qualche modo a fare un viaggio a Scampia. E’ un viaggio che lei consiglierebbe a qualcuno dei nostri ascoltatori?

     
    R. – Da quando è stato fondato il Centro – e anche da prima – abbiamo un’esperienza molto bella durante l’estate. Le persone vengono. L’importante è che non vengano con la curiosità e con quella certa morbosa attenzione, ma che scoprano che bisogna costruire dei ponti di cultura e di comprensione. E che bisogna investire: bisogna che anche chi ha potere economico investa in una terra che non ha risorse di lavoro, che non ha risorse commerciali.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Belgio: nota dei vescovi sul materiale ritrovato nell'arcivescovado di Malines

    ◊   In merito alla notizia diffusa dal quotidiano belga “Het Laatste Nieuws” sul ritrovamento, tra i documenti sequestrati lo scorso 24 giugno nell’arcivescovado di Malines, di materiale relativo all'inchiesta sul caso Dutroux - noto come “il mostro di Marcinelle” - il servizio stampa dei vescovi belgi “Cathobel” ha espresso il suo stupore, non sapendo su quali elementi si basino queste informazioni. Il legale dell’arcivescovado, Fernand Keuleneer, ha provveduto a trasmettere al tribunale una richiesta di chiarimenti. In particolare si vuole sapere se le informazioni pubblicate da “Het Laatste Nieuws” provengano dagli inquirenti e, se la risposta è affermativa, come mai siano state rese pubbliche. Si vuole anche sapere se tali informazioni sono corrette e, in questo caso, se i documenti in questione siano stati effettivamente trovati negli archivi, dato che l’arcivescovado non ha ancora ricevuto un inventario dei documenti in possesso della Giustizia. L’arcivescovado chiede quindi di conoscere l’identità della persona da cui provengono questi documenti e di conoscere le modalità con cui sono stati ritrovati. Finora l'arcidiocesi non ha ricevuto alcuna risposta. “In seguito ad una ricerca interna – informa una nota - sono stati ritrovati non dei dossier cartacei, ma due Cd-Rom inviati da terzi molto conosciuti sia dalla stampa che dall’arcivescovado”. “Questi Cd-Rom – si legge ancora – furono ugualmente inviati, durante il caso Dutroux, ai giornalisti giudiziari, ai politici e ad altre personalità del Paese. Non si tratta dunque di un ritrovamento eccezionale”. Quindi, i vescovi belgi ribadiscono che “sarebbe veramente riprovevole se un’informazione coperta dal segreto professionale ed istruttorio fosse stata volontariamente comunicata alla stampa da persone coinvolte nell’inchiesta, a scopo di provocare reazioni sensazionalistiche”. Infine la Conferenza episcopale belga manifesta il desiderio di “collaborare correttamente con la giustizia” ed esprime l’auspicio di “collaborare rispondendo alle domande degli investigatori, piuttosto che reagendo agli articoli della stampa”. (I.P. e L.Z.)

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    Venezuela: solidarietà della Chiesa al cardinale Urosa dopo le offese del presidente Chavez

    ◊   L'Ufficio informazione dell’arcidiocesi di Caracas ha pubblicato un comunicato di solidarietà e sostegno al cardinale Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, dopo le offese pronunciate contro di lui dal Presidente Chavez nel contesto della celebrazione per l’inizio dell’anno del bicentenario dell’indipendenza della nazione. Richiamando il Vangelo delle Beatitudini, in particolare quella che riguarda gli operatori di pace (Mt. 5,9), tutto il clero di Caracas esprime sentimenti di dolore e respinge categoricamente il modo in cui il Presidente del Venezuela ha usato i mass-media per offendere l'arcivescovo di Caracas e un cardinale della Chiesa cattolica. “Come arcivescovo ha il diritto, anzi, il sacro dovere di orientare i cattolici sui principi e sui valori religiosi e morali che riguardano la situazione sociale e politica del nostro Paese”, si legge nel comunicato. E continua il testo: “Rifiutiamo la pretesa del primo mandatario sulle decisioni interne della Chiesa. Il Santo Padre gode di totale autonomia per nominare i vescovi nelle diverse sedi diocesane in tutto il mondo.” Il testo, che si conclude rinnovando la fedeltà e la comunione dei sacerdoti al loro Pastore, viene firmato da padre Miguel Acevedo, segretario del Consiglio presbiterale, a nome di tutti i sacerdoti dell’arcidiocesi. Il vice-presidente della Conferenza episcopale, mons. Baltazar Porras, - riferisce l'agenzia Fides - ha detto in un'intervista ad una radio locale che “le parole del Capo dello Stato meritano di essere riviste attentamente: bisogna vedere la situazione reale del Paese, dove c'è povertà, la violenza subita dal popolo venezuelano a tutti i livelli, e vedere anche tutti i tipi di corruzione che stanno venendo alla luce, e che si vogliono coprire i problemi reali. Il cardinale non ha detto altro se non quanto abbiamo già scritto in diversi documenti della Conferenza episcopale. Adesso ha solo fatto appello alla popolazione del Venezuela per costruire una società aperta a tutti.” Il vice-presidente della Conferenza episcopale ha sottolineato che non devono essere l'odio né gli insulti, ma la fratellanza, a permetterci di vivere con serenità e gioia, ed ha aggiunto che la migliore risposta è quella che dà ancora una volta il popolo venezuelano con la "credibilità e la fiducia" che manifesta nella Chiesa cattolica e nelle sue autorità. (R.P.)

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    Cuba: il ministro degli Esteri spagnolo incontra il cardinale Ortega

    ◊   La visita del ministro degli esteri spagnolo Miguel Ángel Moratinos a Cuba conferma la speranza di una possibile soluzione del problema dei detenuti politici, oggetto di un inedito dialogo avviato tra il governo e la Chiesa cattolica locale. Dopo un incontro ieri, con Moratinos all’Avana, il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo della capitale, ha detto ai giornalisti di apprezzare la sua attitudine di “comunicazione e ponte” con l’isola e i suoi sforzi per normalizzare le relazioni tra Cuba e l’Unione Europea, rette dal 1996 dalla cosiddetta “posizione comune” che le condiziona a progressi nel campo dei diritti umani e al rilascio dei prigionieri politici. “Apprezzo Moratinos – ha detto il porporato - come cubano, come arcivescovo dell’Avana e membro di questa Chiesa che ha avuto questa speciale opportunità di portare avanti un momento molto propizio per compiere alcuni passi positivi”. Il ministro Moratinos ha espresso a sua volta soddisfazione a nome di Madrid per il lavoro congiunto con la Chiesa cubana “nel dialogo con le autorità”, precisando che il suo governo “sta accompagnando tutte le attività e le azioni del cardinale Ortega e della Chiesa cattolica”. “Speriamo – ha aggiunto – che questo lavoro dia risultati”. La visita di Moratinos – sottolinea l’agenzia Misna – ha alimentato le aspettative che il governo del generale Raùl Castro liberi alcuni prigionieri e dissidenti politici proprio grazie ai colloqui di maggio con la Chiesa. I primi frutti sono stati la liberazione di un detenuto gravemente malato, Ariel Sigler, e il trasferimento di altri 12 in penitenziari situati nelle loro province di residenza. (A.L.)

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    Assemblea dei vescovi colombiani su povertà, disoccupazione e violenza

    ◊   Nel contesto delle celebrazioni del Bicentenario dell’indipendenza, 78 vescovi colombiani riuniti in Assemblea plenaria discutono dal 6 luglio sul tema: “La missione evangelizzatrice della Chiesa nella costruzione della società a due secoli della nascita della nazione”. Al centro di queste riflessioni i presuli hanno messo i problemi più pressanti proprio nel momento in cui sta per insidiarsi il nuovo presidente della Repubblica Juan Manuel Santos. Tra i temi analizzati figurano la povertà, la disoccupazione e la violenza. Sono sfide da vincere, ha osservato il presidente dell’episcopato nella sua relazione introduttiva, mons. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Barranquilla. Il presule ha ricordato le cifre ufficiali: 2,6 milioni di colombiani senza lavoro (12%) e 52,7% di lavoratori impiegati nell’economia “in nero” o informale, tutti con un salario molto al di sotto del minimo legale. “Viviamo in un Paese immensamente ricco, eppure la metà della popolazione vive nella povertà”, ha aggiunto il presule. “ Oggi più che mai – ha aggiunto - occorre rivedere le politiche contro la povertà, consapevoli del fatto che siamo di fronte ad un processo endemico e molto complesso”. Il segretario dell’episcopato, mons. Juan Vicente Córdoba Villota, vescovo ausiliare di Bucaramanga, ha poi insistito sul bisogno di aggredire con efficacia “la breccia tra ricchi e poveri così come le cause recenti che hanno impoverito i ceti medi”. L’altro ieri, i vescovi hanno ricevuto la visita del presidente uscente, Alvaro Uribe, che ha voluto ringraziare la Chiesa per il contributo alla “costruzione di una nazione più unita e più giusta con tutti”. Ha anche ringraziato la Chiesa per saper essere “una forza critica che guarda al futuro con speranza e fiducia in tempi non facili”. D’altra parte, i vescovi hanno rinnovato la loro disponibilità a moltiplicare gli sforzi in favore della pacificazione e, in particolare, del dialogo con i gruppi armati. Sulle gestioni intraprese negli ultimi due anni per quanto riguarda il gruppo guerrigliero delle Farc, la Chiesa colombiana ha fatto sapere di ritenere opportuno di “sospendere” momentaneamente questa sua opera in attesa delle decisioni che dovrà prendere il nuovo presidente. I presuli hanno quindi auspicato una ripresa di queste conversazione convinti che il nuovo presidente sia consapevole dell’importanza di arrivare ad una totale e duratura pacificazione del Paese, unico modo di risparmiare “ai colombiani altre sofferenze, lutti e distruzioni”. Infine, il presidente dell’episcopato, mons. Rubén Salazar Gómez, ha affrontato i casi di sacerdoti coinvolti in abusi di minorenni e ha ribadito che “la Chiesa farà di tutto, e sempre di più, per evitare che questo si possa ripetere”. Al riguardo ha aggiunto che non può essere coperto nulla e “in comunione con il volere di Benedetto XVI – ha ribadito - chiediamo ancora una volta perdono alle vittime. Faremo di tutto affinché queste situazioni non si ripresentino mai più e la giustizia possa punire i colpevoli”. “Dal punto di vista ecclesiastico – ha concluso mons. Rubén Salazar Gómez - i processi e le conseguenti sanzioni continueranno regolarmente”. (A cura di Luis Badilla)

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    Haiti: sostegno e preghiere per le Chiese locali dal Consiglio ecumenico delle Chiese

    ◊   “La comunione è la risposta alle difficoltà”: ha rassicurato con queste parole il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Coe), padre Ogé Beauvoir, sacerdote che svolge il proprio ministero della cattedrale della Santa Trinità di Port-au-Prince ad Haiti. In visita nei giorni scorsi nell’isola scossa dal violento sisma del 12 gennaio, il segretario generale del Coe ha incontrato la comunità haitiana assicurando l’aiuto da parte del movimento ecumenico per la ricostruzione della nuova Haiti. Il pastore Tveit ha espresso la solidarietà delle Chiese del Coe e ha offerto anche un accompagnamento pastorale alle Chiese che stanno partecipando alla riedificazione dell’isola. Il segretario generale della Conferenza delle Chiese dei Caraibi, Gerard Granado ha spiegato alla delegazione ecumenica del Coe che nonostante i diversi aiuti giunti, manca la cooperazione fra le diverse agenzie che si stanno impegnando ad Haiti. “Le Chiese giocano un ruolo importante ed hanno una influenza enorme” ha detto il pastore Carlos Ham, direttore del programma del Coe per la regione America latina e Caraibi, sottolineando che ruolo delle Chiese è quello di sensibilizzare le persone circa lo stato delle cose e di pregare per gli haitiani. “Senza le Chiese, i progressi non hanno un impatto a lungo termine” ha affermato il pastore Nilton Giese, segretario generale del Consiglio delle Chiese dell’America latina. Ad Haiti sta operando attualmente l’Allenza delle Chiese (Act), presente nell’isola già dal 2000. Il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese ha dichiarato che le Chiese devono essere capaci di dire ciò che deve essere cambiato e di interpretare il modo in cui devono essere attuati i cambiamenti. “Ciò che le Chiese e l’Allenza Act possono fare insieme – ha aggiunto il pastore Tveit – è contribuire a far giungere a vari livelli la voce della gente”. Infine agli haitiani il segretario generale del Coe ha assicurato la preghiera di tutte le Chiese che fanno parte del movimento ecumenico. (T.C.)

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    Rapporto Ocse: 17 milioni di disoccupati in più dal 2007

    ◊   Nei Paesi aderenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), il tasso di disoccupazione è cresciuto nel primo trimestre del 2010 fino all'8,7%. Si tratta della percentuale più alta del dopoguerra che, tradotta in numeri, porta i disoccupati ad un aumento di 17 milioni di persone. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Employment outlook 2010’ presentato oggi a Parigi dall’Ocse. “La ripresa – si legge nel dossier - non sembra essere abbastanza vigorosa per riassorbire rapidamente gli attuali alti livelli” di disoccupazione. Il tasso di disoccupazione dei Paesi Ocse, tra cui Stati Uniti, Australia, Italia e Germania, dovrebbe ancora essere “al di sopra dell'8% alla fine del 2011”. Il tasso di disoccupazione è cresciuto in media del 2,9% da dicembre 2007 a marzo 2010, ma l’impatto è stato disomogeneo nei diversi Stati. Agli aumenti considerevoli di Irlanda (+8%) e Spagna (+10%), si contrappongono gli incrementi inferiori di Germania, Austria, Belgio, Norvegia e Polonia. La perdita di posti di lavoro, rileva ancora l’Ocse, è stata “sproporzionatamente ampia per alcuni tipi di impiego e settori”. Tra questi vengono indicati “l’edilizia, i lavoratori a termine e quelli con competenze basse, i giovani”. Inoltre, cosa “inusuale”, “l'occupazione è diminuita più tra gli uomini che tra le donne, probabilmente a causa della natura settoriale della recessione”. Si è dimostrata poi “molto ampia” la differenza nel rischio di perdere il lavoro tra assunti a tempo determinato e indeterminato, mentre “l'occupazione per gli autonomi è calata quasi quanto quella dei dipendenti”. Presentando il rapporto il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, ha dichiarato infine che la priorità per i governi è “di creare nuovi posti di lavoro”. “Ridurre la disoccupazione e il deficit pubblico allo stesso tempo - ha aggiunto - è una sfida notevole ma deve essere affrontata fin da ora”. “Nonostante i segni di ripresa nella maggior parte dei Paesi – ha concluso Angel Gurria - rimane il rischio che milioni di persone possano perdere contatto con il mondo del lavoro”. (A.L.)

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    Il diabete potrebbe causare 24 milioni di morti nell’Africa subsahariana entro il 2030

    ◊   Da uno studio recente - Diabetes in sub-Saharan Africa - effettuato dall’Università di Yaoundé in Camerun e pubblicato nella rivista medica britannica, The Lancet, è emerso che gli inadeguati programmi nazionali sulla prevenzione e cura del diabete stanno creando una bomba ad orologeria sanitaria e socioeconomica globale. Secondo l’International Diabetes Federation (Idf), con sede a Bruxelles, - riferisce l'agenzia Fides - se non si fanno importanti passi avanti nel trattamento della malattia, nell’Africa subsahariana il numero dei casi raddoppierà, raggiungendo 24 milioni entro il 2030. Nei 34 Paesi più poveri dell’Africa, il costo a persona della cura per il diabete è più del doppio rispetto alla media del reddito. Nel 2010 circa il 6% delle morti nell’Africa subsahariana sarà probabilmente causato da questa malattia, triplicandosi rispetto agli ultimi 10 anni. Il diabete è stato sempre erroneamente considerato come un problema dei Paesi ricchi, nonostante i dati medici compilati dall’Idf mostrino che il 70% dei casi sono registrati nei Paesi a basso e medio reddito. In Africa non ci sono dati sufficienti e molta gente non sa di averlo contratto. Il diabete è provocato da fattori genetici ereditari e dallo stile di vita. Si manifesta quando il sangue non produce abbastanza insulina, o non riesce ad eliminare lo zucchero nel sangue. In genere richiede cure a lungo termine è può portare a complicazioni sanitarie molto serie, compreso l’infarto. Gli autori dello studio hanno richiesto che si prestino le stesse attenzioni date alle cure e ai farmaci per l’Hiv/Aids, oltre ad una adeguata campagna di promozione sanitaria socio-culturale principalmente nelle zone rurali. Secondo l’Unaids, nel 2008 il 6% dei pazienti è morto a causa dell’HIV, più o meno la stessa percentuale dei decessi per diabete che si registreranno nel 2010 secondo l’Idf. (R.P.)

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    Africa occidentale: 10 milioni di persone soffrono la fame nel Sahel

    ◊   Nella regione del Sahel, nell’Africa occidentale, sono almeno 10 milioni le persone colpite dal dramma della fame. E’ quanto denuncia la Caritas Internationalis aggiungendo che non si potrà evitare la tragedia umanitaria se la comunità internazionale non risponderà adeguatamente alla crisi. Il Paese più colpito è il Niger con oltre 8 milioni di persone segnate, non solo nel copro, dalla malnutrizione. Situazioni critiche si registrano anche in Ciad, Mali e Burkina Faso. In Niger in particolare la drastica riduzione degli aiuti, scesi a 50 milioni di dollari, lascia il Paese con appena le metà delle risorse di cui necessita per far fronte all’emergenza. Il sistema sanitario, inoltre, è quasi alla bancarotta e la carenza di cibo è più grave di quella dell’ultima grande crisi del 2005. Non è però troppo tardi per evitare la tragedia: “I donatori – avverte Raymond Yoro, segretario generale di Caritas Niger – devono offrire subito le risorse di cui hanno bisogno i governi della regione del Sahel”. Servono anche “programmi di adattamento ai cambiamenti climatici per evitare future crisi alimentari”. Tra i fattori che hanno determinato quest’anno l’attuale critica situazione ci sono precipitazioni irregolari, scarsi raccolti, aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e la povertà cronica delle popolazioni locali. A maggio – ricorda infine l’agenzia Zenit – la Caritas ha lanciato un appello per raccogliere 2,9 milioni di euro per fornire aiuti alimentari ad oltre 246 mila famiglie. Adesso è necessario moltiplicare gli sforzi per rispondere alla crisi. (A.L.)

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    Il Pakistan annuncia task-force e Conferenza nazionale contro il terrorismo

    ◊   Dopo l’ultimo tragico attentato a un tempio musulmano sufi a Lahore lo scorso primo luglio, il governo del Pakistan ha annunciato la creazione di una task-force per affrontare l'emergenza terrorismo e la convocazione di una Conferenza nazionale di partiti politici, organizzazioni civili e religiose per affrontare la lotta al terrorismo. La decisione di affrontare con maggiore fermezza questa emergenza è stata presa in un vertice sulla sicurezza nazionale convocato dal premier Raza Yusuf Gilani. Il governo spera di trovare un consenso nazionale tra le forze politiche e religiose, ha sottolineato il ministro dell'Informazione, Qaman Zaman Kaira. Intanto sono 23 i gruppi terroristi messi al bando dalle autorità del Punjab, provincia del Pakistan orientale dove si annidano e agiscono cellule terroriste. Le comunità cristiane del paese hanno deciso di sostenere questi sforzi del governo con la preghiera. Fonti locali contattate dall’agenzia Fides affermano che le minoranze religiose hanno accolto con favore l’iniziativa del governo. Per sconfiggere l’ideologia e i gruppi terroristi “occorre un’opera massiccia di educazione e informazione da parte delle istituzioni e dei mass-media, nonché il sostegno dei Paesi esteri, dato che il fenomeno oltrepassa i confini nazionali”. (A.L.)

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    Cristiano della Nord Corea torturato a morte: aveva Bibbie in casa

    ◊   Un cristiano evangelico nordcoreano, Son Jong-nam, è stato torturato e poi ucciso in un carcere di Pyongyang. La denuncia è stata fatta dalla Corea del Sud, dal fratello della vittima. Pyongyang dichiara di garantire la libertà religiosa alla popolazione, ma in realtà porta avanti una feroce persecuzione contro i fedeli di ogni credo. I cristiani sono particolarmente colpiti, perché ritenuti seguaci di una religione “occidentale” e collegata in qualche modo con gli Stati Uniti. Nel Paese è permesso soltanto il culto del dittatore Kim Jong-il e del padre, il “presidente eterno” Kim Il-sung. A Pyongyang ci sono tre chiese – due protestanti e una cattolica – ma non esiste clero: per molti analisti, gli edifici sono soltanto uno specchietto per le allodole destinato ai rari turisti che entrano nella capitale. Dopo l’armistizio della guerra civile, nel 1953, il regime ha infatti spazzato via i fedeli e i loro pastori: in Corea del Nord, dicono fonti di AsiaNews, sopravvivono meno di 200 cattolici originari, tutti molto anziani. A causa di questa persecuzione, è impossibile pensare di evangelizzare il Paese. Alcune denominazioni cristiane usano per questo scopo proprio i rifugiati dal Nord, che vengono educati e rimandati a casa. A casa di Son, la polizia nordcoreana ha trovato 20 Bibbie e del materiale religioso; per questo è stato arrestato e rinchiuso in un lager. Qui viene torturato, “confessa” le sue colpe e viene messo a morte nel novembre 2008. Il fratello Son Jung-hun lo ha scoperto soltanto alcune settimane fa, grazie a un altro dissidente: “Credo che la religione abbia cambiato del tutto la sua vita. Sognava di aprire una chiesa libera a Pyongyang, - ha detto - dove poter insegnare il Vangelo”. (R.P.)

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    Tasmania: la Chiesa mette in guardia dal progetto di legge sull’eutanasia

    ◊   “L’eutanasia non è affatto una morte dignitosa”: sono le parole di mons. Adrian Doyle, arcivescovo di Hobart, in Tasmania, Stato federale dell’Australia. Ultimamente, alcuni esponenti politici hanno lanciato un progetto di legge intitolato “Morire con dignità” che vedrebbe favorevole, secondo alcuni sondaggi, circa l’80% della popolazione. Ma in una dichiarazione rilasciata al settimanale cattolico australiano “Catholic Weekly”, mons. Doyle replica: “L’opinione pubblica può certamente essere a favore dell’eutanasia, ma ciò non la rende automaticamente una cosa giusta”. “Come società civile – continua il presule – dobbiamo rispettare la sacralità della vita umana e provare questo errato senso di compassione non è certo un segno di rispetto per la dignità della persona”. Mons. Dyole deplora, poi, il fatto che “l’eutanasia venga percepita come una morte dignitosa, lasciando intendere che ogni altro tipo di decesso sia indegno e che solo il suicidio medico assistito sia un metodo decente per morire”. Ricordando come lo stesso progetto di legge sia stato respinto dalla Camera bassa del Parlamento già nel novembre scorso, il vescovo di Hobart si dice preoccupato del fatto che “le risorse dello Stato vengano spese per questo progetto di legge, quando altri temi, come il welfare, la sanità e l’educazione, meritano una priorità più alta”. (I.P.)

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    Denuncia di Amnesty: donne senza sicurezza e dignità negli "slums" di Nairobi

    ◊   Negli slum di Nairobi, la paura di essere aggredite rende le donne prigioniere nelle loro case. Per il timore di subire violenze rinunciano spesso ad uscire dalle loro case anche per recarsi ai servizi igienici e ai bagni pubblici. E’ quanto denuncia Amnesty International nel rapporto intitolato “Sicurezza e dignità negate: la vita delle donne negli insediamenti abitativi precari di Nairobi”. Nel dossier si sottolinea come il mancato inserimento di queste aree nei progetti e nei finanziamenti di sviluppo urbano abbia significato un accesso inadeguato ai servizi igienici. “Il fatto che non siano in grado neanche di accedere ai pochi servizi pubblici esistenti - dichiara Godfrey Odongo, ricercatore di Amnesty International per l’Africa orientale – espone le donne anche al rischio di malattie”. La situazione è aggravata dall’assenza di forze di polizia e dagli elevati costi sanitari. I bagni pubblici in questi insediamenti precari sono scarsi e molto lontani. Secondo fonti ufficiali, solo il 24% degli abitanti degli insediamenti informali di Nairobi ha accesso a servizi igienici in casa. Amnesty International chiede al governo del Kenya di rendere più vincolanti le norme che impongono di costruire servizi igienici e bagni negli insediamenti, anche attraverso contributi economici a chi non è in grado di sostenerne i costi. Il governo – aggiunge Amnesty - deve inoltre adottare misure immediate per migliorare la sicurezza, l’illuminazione e le attività di polizia e garantire che le autorità competenti agiscano in modo coordinato per migliorare la fornitura di acqua e di servizi igienici negli insediamenti. Il rapporto ‘Sicurezza e dignità negate’ è disponibile in inglese all’indirizzo: http://www.amnesty.it/Kenya-donne-prigioniere-nelle-loro-case (A.L.)

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    In Kenya fa discutere la legge che prevede aumenti per gli stipendi dei deputati

    ◊   In Kenya è sempre più acceso il dibattito su una controversa legge che prevede l’aumento degli stipendi dei deputati del 18%. Il presidente Emilio Mwai Kibaki potrebbe essere spinto dalle critiche e dalle proteste di questi giorni a non promulgare il testo e a rinviarlo in Parlamento. Secondo Michael O’Maera - direttore a Nairobi dell’agenzia di stampa “Catholic Information Service for Africa” - la legge si scontra con la realtà di un Paese che sta ancora affrontando le conseguenze della crisi economica internazionale. C’è poi la dolorosa eredità delle violenze che hanno scosso il Kenya dopo le elezioni legislative e presidenziali del dicembre 2007. Nella regione occidentale della Rift Valley, sono ancora migliaia gli sfollati. “Il governo – aggiunge Michael O’Maera – sostiene che non ci sono fondi per dare loro una sistemazione e dimentica che i deputati del Kenya sono già tra i più pagati al mondo”. Anche la Chiesa – ricorda l’agenzia Misna – si è espressa sulla controversa legge. L’arcivescovo di Nairobi, cardinale John Njue, ha affermato che i parlamentari devono rinunciare agli aumenti e impegnarsi per il bene comune e i più deboli. Netta anche la condanna della principale confederazione dei sindacati, la “Central Organization of Trade Unions” (Cotu), che minaccia uno sciopero nazionale di cinque giorni se la legge sarà promulgata. Con gli aumenti previsti dalla legge, i deputati percepirebbero al netto delle tasse fino all’equivalente di 100.000 euro l’anno. (A.L.)

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    Corte Europea: il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è un diritto

    ◊   Non esiste un diritto di matrimonio per persone dello stesso sesso in base alla Convenzione Europea dei Diritti Umani. E’ quanto sottolinea il Centro europeo per la legge e la giustizia confermando il contenuto della sentenza della Corte Europea dei diritti umani. La sentenza si riferisce al pronunciamento della Corte, lo scorso 24 giugno, sul caso di due uomini austriaci che avevano chiesto di contrarre matrimonio. In quell’occasione si è ribadito che il diritto di sposarsi è garantito solo a “uomini e donne”, come ricordato nell’articolo 12 della Convenzione. La Corte - riferisce l'agenzia Zenit - ha anche osservato che tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa “non c’è ancora una maggioranza di Paesi per fornire un riconoscimento legale delle coppie dello stesso sesso”. Dopo aver sottolineato che “il matrimonio ha connotazioni sociali e culturali profondamente radicate che possono differire ampiamente da una società all’altra”, la Corte ha anche aggiunto che “gli Stati sono ancora liberi di restringere l’accesso al matrimonio alle coppie di sesso diverso”. Gli Stati – ha detto infine Gregor Puppinck , direttore del Centro europeo per la legge e la giustizia – non possono essere vincolati ad accettare obblighi che non si trovino nella Convenzione e siano inoltre contrari ad essa”. (A.L.)

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    Repubblica Ceca: conclusi i lavori della plenaria dei vescovi

    ◊   Si è conclusa a Vehlerad l'assemblea plenaria della Conferenza episcopale ceca. La formazione dei sacerdoti, la Bibbia per i giovani e i preparativi per diversi eventi che si svolgeranno nei prossimi anni sono stati al centro dei lavori. L'assemblea si è aperta il 2 luglio con una riflessione del vescovo ausiliare di Praga, mons. Václav Malý ed è proseguita con un intervento dell'arcivescovo della capitale, mons. Dominik Duka, presidente della Conferenza episcopale, il quale ha sottolineato il forte impatto esercitato dalla visita del Papa in Cechia nel 2009. Duka ha inoltre menzionato la dichiarazione sulla gestione congiunta della cattedrale dei Santi Vito, Venceslao e Adalberto, ora affidata a Stato e Chiesa. Mons. Duka ha ribadito la disponibilità della Chiesa ceca a trovare una soluzione giusta, conveniente per entrambe le parti. L'arcivescovo ha inoltre presentato il progetto "Bibbia per i giovani", in collaborazione con una Casa editrice carmelitana. I vescovi hanno inoltre approvato la bozza della direttiva sulla preparazione al matrimonio, che entro sei mesi sarà integrata da un manuale sulla sua realizzazione. I vescovi sono stati aggiornati sui preparativi dell'incontro internazionale dei diaconi permanenti, che si svolgerà a Vehlerad nel 2013, nonché su quelli del 1150° anniversario dell'arrivo dei Santi Cirillo e Metodio in Moravia, che verrà celebrato nel 2013. A tale riguardo verrà istituita una commissione che include anche l'esarca apostolico della Chiesa greco-cattolica, il vescovo Ladislav Huèko. Il culmine dei festeggiamenti in onore dei Santi Cirillo e Metodio sarà rappresentato dal congresso eucaristico nel 2013. (L.Z.)

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    Messaggio del Patriarca Kirill a mons. Koch, neopresidente del dicastero per l'ecumenismo

    ◊   Dialogo e cooperazione: sono i temi centrali sottolineati dal Patriarcato di Mosca in un messaggio a mons. Kurt Koch, nominato dal Papa, il 1° luglio, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, al posto del cardinale Walter Kasper, che ha lasciato l’incarico per raggiunti limiti di età. “Spero – si legge nel messaggio a firma del metropolita Hilarion, presidente del dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca – che nuove prospettive di cooperazione siano state aperte a beneficio di entrambe le Chiese”. Ricordando come il dicastero vaticano giochi, da mezzo secolo, “un ruolo importante nel definire le vie di dialogo tra la Chiesa cattolica romana e le altre Chiese e comunità cristiane”, Hilarion ribadisce come “rapporti costruttivi tra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica romana siano state sviluppati” nel corso degli anni. Quindi, il messaggio sottolinea che mons. Koch, membro della Conferenza episcopale svizzera, è noto per essere “un pastore zelando ed un teologo serio, impegnato per l’unità dei cristiani”. E a questo proposito, il metropolita Hilarion esprime l’auspicio che “il ministero pastorale portato avanti dal presule in Svizzera nell’ambito del dialogo intercristiano, lo aiuti a portare a compimento il nuovo incarico”. (I.P.)

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    Gmg 2011: al via la campagna per promuovere le iscrizioni

    ◊   Iscriversi alla Gmg di Madrid è un gesto di solidarietà perché aiuterà i ragazzi con meno possibilità economiche a partecipare all’appuntamento del 2011. Questo è il messaggio della campagna pubblicitaria, iniziata ieri, per promuovere le iscrizioni alla Giornata mondiale della gioventù. Alla campagna hanno partecipato circa 300 giovani di differenti Paesi. La campagna sarà multilingue (spagnolo e inglese), con diffusione su Internet (reti sociali), stampa, radio e televisione. La campagna spiega che una parte dei soldi pagati per l’iscrizione andrà ad alimentare il fondo di solidarietà, che sostiene la partecipazione dei giovani provenienti da Paesi in via di sviluppo. In particolare, saranno aiutati i giovani dell’America latina. Dato che la partecipazione agli eventi principali della Gmg è libera e gratuita, la campagna vuole aumentare il numero dei ragazzi che si iscrive e contribuisce economicamente all’organizzazione e al fondo di solidarietà. I circa 300 volontari che hanno preso parte alla campagna sono stati convocati attraverso Facebook, Twitter e Tuenti. La ripresa della pubblicità è stata fatta nello stadio Santiago Bernabéu. La campagna sarà trasmessa durante tutta l’estate e sarà gratuita grazie al contributo soprattutto di gruppi di comunicazione dentro e fuori la Spagna. (R.P.)

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    Terra Santa: in corso a Korazim il ritiro annuale interrituale

    ◊   La comunione ecclesiale e l’essere con Gesù: su questi temi hanno riflettuto, meditato e pregato ieri vescovi e sacerdoti della Terra Santa, riuniti da lunedì a Korazim, alla Domus Galilaeae, per l’annuale ritiro interrituale. Tema dell’incontro, che si protrarrà fino al 9 luglio e durante il quale predicherà padre Fadel Sidarous, gesuita egiziano, è: “In che modo i santi hanno vissuto ‘l’essere con Gesù’? Quale insegnamento trarne oggi?”. Ad animare la mattina della seconda giornata è stato mons. William Shomali, neo vicario del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che ha proposto un questionario su “La Comunione ecclesiale nell’Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi e nella pratica quotidiana delle nostre Chiese”. È seguito uno scambio assai vivace che ha evidenziato come il bisogno di una comunione ecclesiale profonda sia assai sentito. Vescovi e sacerdoti sono giunti alla conclusione che il modo migliore per prepararsi al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente è tornare al piano pastorale comune del Sinodo inter-diocesano del 2000 e di adattarlo alle sfide di oggi. Padre Sidarous, nel suo intervento sulla vocazione personale e comunitaria dell’essere con Gesù, ha sottolineato che Dio chiama ciascuno nel concreto della propria vita, del proprio tempo, della propria cultura, della propria famiglia e del proprio temperamento e da aggiunto che la risposta pronta e totale alla chiamata di Gesù e del suo Vangelo - che è una vocazione personale - deve rivoluzionare l’esistenza; esistenza che vissuta all’interno di una comunità cui ciascuno contribuisce a costruire. Il ritiro interrituale, organizzato dalla Conferenza episcopale interrituale di Terra Santa e dal Consiglio presbiterale interrituale di Galilea, prevede ogni giorno la celebrazione della Messa secondo un rito diverso. I sacerdoti giunti a Korazim per l’incontro sono una cinquantina; ancora attesi i dodici sacerdoti provenienti dalla Giordania che stanno incontrando alcuni ostacoli dalle autorità israeliane, per arrivare alla Domus Galilaeae. (T.C.)

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    Nasce a Ramallah la prima emittente radiofonica palestinese dedicata alle donne

    ◊   Si chiama Nisaa 96 Fm la prima radio palestinese dedicata alle donne. E «Donne» è la traduzione del nome arabo della nuova emittente scelto da un gruppo di imprenditrici della Cisgiordania per dar voce all’universo femminile in ascolto. Nisaa trasmette da Ramallah ed è stata lanciata il 20 giugno scorso e propone temi sociali, musica e programmi d’intrattenimento in lingua araba e inglese, per parlare delle donne arabe, dei loro problemi e dei loro sogni. Ma non manca anche uno sguardo al mondo maschile, cui sono indirizzate le richieste di cambiamento che animano i dibattiti sui diritti e l’uguaglianza tra uomini e donne. “Le trasmissioni si concentreranno su temi femminili, ma hanno anche come obiettivo quello di coinvolgere gli uomini in modo da influenzarli e ottenere così dei benefici per le donne”, spiega la fondatrice dell’emittente Maysoun Odeh Gangat. Ci si può sintonizzare su Nisaa e ascoltare live musica e programmi anche su internet, sul sito www.radionisaa.net/english.html. A sostenere la radio è stata la fondazione svizzera no profit Smiling Children, attiva nella valorizzazione della figura della donna e dell’imprenditoria femminile, insieme a Rabeha Diab, ministro delle Pari Opportunità palestinese. “È una buona notizia per la società palestinese e per le donne in particolare – ha dichiarato il ministro all’inaugurazione –. È l’opportunità per discutere dei cambiamenti in atto nei tradizionali modelli culturali”. (T.C.)

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    Iniziati a Roma i corsi intensivi di ebraico biblico

    ◊   “Scoprire la bellezza letteraria e la profondità teologica della Scrittura”. E’ la finalità della XIII edizione delle “Settimane intensive di ebraico biblico”. I corsi organizzati dal Centro internazionale Bibbia e Storia si terranno fino al 28 agosto nei locali della Casa di Spiritualità delle Ancelle del Sacro Cuore, a Roma. Le settimane – spiega il biblista padre Giovanni Odasso – saranno tutte dedicate “a una graduale comprensione della mentalità, della cultura e della ricchezza della Scrittura”. Gli incontri – rende noto la rivista diocesana RomaSette - sono divisi in due momenti: la mattina, a partire dalle 9.30, hanno luogo le lezioni. Nel pomeriggio è previsto un momento di confronto e scambio tra docente e studenti. La prima sessione, fino al 10 luglio, è rivolta a coloro che si accostano per la prima volta alla lingua ebraica. “Non è richiesta la conoscenza di un’altra lingua, né antica, né moderna”. “L’idea di fondo di queste lezioni – sottolinea padre Odasso - è che la Parola di Dio sia accessibile a tutti”. Nel secondo ciclo, dal 12 al 17 luglio, invece, ci si addentra nello studio dell’ebraico attraverso la lettura esegetica del salmo 23 (“Il Signore è il mio pastore”) e del capitolo 13 del Libro dei Giudici. Dal 23 al 28 agosto, infine, l’ultima tappa delle settimane intensive è dedicata all’approfondimento della sintassi delle proposizioni ebraiche attraverso la lettura interpretativa del salmo 27 ( “Il Signore è mia luce e mia salvezza”) e del capitolo 42 di Isaia (“Ecco il mio servo che io sostengo”). A concludere ogni sessione sarà una liturgia eucaristica celebrata in ebraico che, “negli anni precedenti – afferma infine padre Odasso - ha destato grande interesse tra i partecipanti”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Dal vertice Obama-Netanyahu, spiragli di speranza per il processo di pace in Medio Oriente

    ◊   Dal vertice tra Obama e Netanyahu, ieri alla Casa Bianca, sembra emergere la prospettiva a breve di colloqui diretti che rilancino il processo di pace israelo-palestinese. Il presidente americano si dice fiducioso che i cosiddetti “proximity talks”, i negoziati indiretti coordinati dall'emissario Usa George Mitchell, si trasformeranno in “negoziati diretti”. E parla di settembre, ricordando lo scadere della moratoria sui nuovi insediamenti nei Territori palestinesi. Il premier israeliano, chiedendo “una pace sicura”, afferma che Israele è “pronto a fare molto” per raggiungerla. Tuttavia, il portavoce del presidente dell'Anp, Mahmud Abbas (Abu Mazen), fa sapere che “la direzione palestinese attende risposte sulle questioni delle frontiere e della sicurezza per decidere se impegnarsi in negoziati diretti”. Bastano ueste effettivaqueste mente aperture effettivamente per miglior,are il clima generale tenendo conto del freno posto dall’Anp? Gabriella Ceraso lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale e editorialista del Corriere della Sera:

    R. – Diciamo subito che l’incontro di Washington si è concluso positivamente. D’altronde, se fosse continuato quel clima di gelo, le conseguenze sarebbero state sempre più, pesanti. Francamente, non credo che ci siano delle novità così clamorose, che possano far pensare e produrre risultati eccezionali a breve, perché non esistono le condizioni, al di là della volontà di ricucire i rapporti e la volontà di non lasciar deteriorare di più il processo di pace.

     
    D. – Tra i nodi insoluti c’è la questione delle frontiere, della sicurezza. L’Anp attende risposte su questo fronte prima di decidere se impegnarsi o meno in negoziati diretti. Cosa prevedi sotto questo profilo?

     
    R. – Questa è una cosa che riguarda altri attori, della regione. Prima bisognerà vedere come funziona questo tentativo di riavvicinamento tra l’Autorità nazionale palestinese e Hamas. Se ci fosse un passo avanti, allora sì che si potrebbe parlare dei confini e, in particolare, dei confini della Striscia di Gaza. Ma non soltanto con Israele, anche con l’Egitto, perché uno sforzo dovrebbe essere coniugato tra i due grandi vicini, per cercare di evitare che Gaza continui a essere ghetto, evitando pure che ci possano essere attacchi nei confronti di Israele.

     
    D. – Altro tema affrontato è il dossier nucleare iraniano. Stati Uniti e Israele ribadiscono la linea dura. Questo che influenza potrà avere sulla ripresa dei negoziati, promessi dall’Iran a settembre?

     
    R. – E’ importante, perché si è acquetata o, in qualche misura, si è raffreddata quell’ipotesi di un attacco israeliano contro l’Iran, che non è stato più evocato. E d’altra parte, mi è parso di capire che Netanyahu si sia abbastanza raccordato con la volontà americana di arrivare a questo passaggio chiave di fine estate.

     
    Allarme suicidi nelle Forze armate israeliane
    È allarme ai vertici delle Forze armate israeliane per l'aumento del numero dei suicidi tra i militari. Lo riferisce oggi il sito Ynet, secondo il quale - dopo qualche anno di rallentamento – il fenomeno ha toccato un nuovo picco nei primi sei mesi del 2010. In base agli ultimi dati disponibili, sono 19 i militari israeliani che fra gennaio e fine giugno si sono tolti la vita. Una cifra vicina al totale dei suicidi registrati nell'intero 2009 e tale da far temere in proiezione una statistica più grave di quella record del 2005, anno funestato da 35 morti. Fonti militari sostengono che indagini compiute in passato su ogni singolo caso di suicido tenderebbero a escludere – in maggioranza – connessioni dirette con la vita di caserma o le attività belliche. Resta tuttavia la singolare incidenza del fenomeno fra i ranghi degli uomini (e delle donne) in divisa.

    Sei soldati afghani uccisi per errore da raid Nato nel sud dell'Afghanistan
    Almeno sei soldati dell'esercito afghano sono morti in un raid aereo della Nato nella provincia meridionale di Ghazni. L'incidente è avvenuto ieri sera, mentre l'esercito afghano stava affrontando un commando di talebani a Rashidkhel. I velivoli hanno bombardato i soldati scambiandoli per errore per insorti. La Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) ha annunciato oggi di avere aperto un'inchiesta.

    Fuga dalle zone orientali del Pakistan
    Oltre 200 persone sono fuggite dalla zona di Bajwat, nel Pakistan orientale, dopo che l'esercito indiano ha sparato con mortai e armi automatiche da oltre confine. I due Paesi confinanti in passato si sono scontrati duramente per la cosiddetta "Linea di controllo", che dal 1949 divide il Kashmir in zona sotto controllo indiano e zona sotto controllo pakistano.

    India
    In riferimento ai violenti scontri tra dimostranti separatisti e forze dell'ordine nella vallata himalayana contesa tra India e Pakistan, il governo indiano ha deciso di schierare l'esercito nelle strade di Srinagar. Ieri, nella città erano state uccise tre persone. L'emergenza sarà discussa oggi a New Delhi in un vertice del governo sulla sicurezza. Intanto, i ribelli maoisti indiani hanno proclamato da oggi un nuovo sciopero generale di due giorni nel nord est del Paese, per protestare contro l'uccisione del loro leader e portavoce, Cherukuri Rajkumar, avvenuta nello Stato meridionale dell'Andhra Pradesh.

    Sri Lanka
    Centinaia di persone manifestano da ieri a Colombo, capitale dello Sri Lanka, davanti al palazzo dell'Onu. Appoggiano la protesta del governo locale contro il segretario generale, Ban Ki-moon, che ha nominato una commissione d’indagine su presunti crimini di guerra contro la minoranza tamil. Circa 7.500 persone sarebbero state uccise negli ultimi cinque mesi della guerra civile, che per 26 anni ha visto le forze governative impegnate contro i ribelli separatisti e si è conclusa nel maggio del 2009. La commissione è ritenuta una violazione alla sovranità del governo, che afferma di averne già nominato una propria. In ogni caso, è particolarmente critica la situazione degli sfollati tamil e dei prigionieri politici in Sri Lanka. l'opinione del prof. Emilio Asti, esperto di culture orientali, intervistato da Giada Aquilino:
     
    R. - La situazione dei rifugiati tamil, purtroppo, rimane grave. Per queste persone, varie organizzazioni hanno chiesto un intervento urgente, in quanto - anche se la guerra è finita da oltre un anno - le autorità non hanno ancora preso provvedimenti per cercare di risolvere questa grave situazione. Molti prigionieri politici tamil si trovano ancora oggi nell’impossibilità di far valere i propri diritti. Questi prigionieri sono stati detenuti in base all’atto di prevenzione del terrorismo e non dobbiamo dimenticarci che sono migliaia.

     
    D. - L’Onu stima che l’ultimo assalto dell’esercito alle Tigri tamil abbia provocato settemila morti tra i civili, lo scorso anno. Qual è la linea delle autorità di Colombo e del presidente Rajapakse a proposito dell’inchiesta Onu sull’ultima parte dell’offensiva dell’esercito?

     
    R. - Il governo dello Sri Lanka ritiene che la cifra sia inferiore, mentre altre fonti tamil ritengono che la cifra sia superiore ed alcuni parlano addirittura di 12-13 mila morti. La vittoria dell’esercito governativo non ha portato alla soluzione del grave problema dei profughi tamil. Problema, questo, che esisteva già da tempo.

     
    D. - Proprio in base ad una inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Sri Lanka, l’Unione Europea ha minacciato di sospendere da metà agosto il canale preferenziale di esportazioni dallo Sri Lanka verso i 27. Che Paese è, anche a livello economico e a livello di relazioni internazionali, lo Sri Lanka?

     
    R. - L’Unione Europea ha affermato che nello Sri Lanka le convenzioni dell’Onu sulla tortura e sui diritti dell’infanzia sono state violate. Quindi, la commissione ha deciso di bloccare il canale preferenziale di esportazioni verso l’Unione Europea e ciò verrebbe a costare 150 milioni di dollari all’anno allo Sri Lanka. La situazione economica è veramente tragica e si è aggrava a motivo della mancata soluzione alla questione umanitaria. Le zone che sono state devastate dal conflitto, le province del nord e quelle orientali, portano ancora oggi i segni dei combattimenti.

     
    Stretta del parlamento europeo sui "bonus" di dirigenti bancari
    Via libera del parlamento europeo oggi a Strasburgo, sulla stretta da attuare al "bonus" dei manager delle banche. A partire dal primo gennaio del prossimo anno, l'attuale remunerazione dei dirigenti del settore finanziario subirà un netto taglio. Il servizio di Michela Altoviti:
     
    Il parlamento europeo approva un piano di riforme concrete sulla supervisione finanziaria. L’obiettivo è di assistere in futuro a una migliore gestione del rischio da parte degli Istituti di credito e a una revisione delle pratiche relative alla retribuzione, in modo che siano forniti incentivi più equilibrati. Secondo le novità introdotte, ciascuna banca dovrà stabilire dei limiti per i "bonus" in base agli stipendi e solo il 30% del "bonus" previsto per i manager e i dirigenti potrà essere pagato in contanti. In caso il "bonus" sia particolarmente elevato, questa percentuale sarà ridotta al 20%. Mentre almeno il 50% del totale della cifra dovrà essere pagato con azioni e capitali. E ancora, gran parte del "bonus" potrà essere scaglionata lungo un periodo di 3-5 anni, con la possibilità di doverlo rendere se la performance della banca non avrà rispettato le aspettative. Infine, anche i bonus-pensione saranno inclusi nel regolamento: infatti, il pagamento delle pensioni straordinarie dovrà essere limitato. Ciò consentirà di evitare situazioni verificatesi di recente, in cui alcuni manager hanno beneficiato di pensioni molto elevate, nonostante la crisi che stava attraversando la loro banca. La proposta è stata approvata con 625 voti a favore, 28 contrari e 37 astenuti e dovrà ora essere appoggiata dai ministri delle Finanze della Ue, martedì prossimo a Bruxelles. Da parte sua, la vicepresidente del parlamento europeo, Roberta Angelilli, ha dichiarato: “Il voto di oggi dell’aula di Strasburgo a favore del tetto sui pagamenti dei dirigenti bancari e sui relativi bonus è espressione della volontà del parlamento europeo di rispondere alla crisi economica attraverso azioni concrete".
     
    Manifestazione di cittadini delle zone terremotate di Abruzzo a Roma
    Hanno riempito Piazza Venezia e la vicina Via dei Fori Imperiali, a Roma, gli aquilani che hanno marciato su Roma lanciando un ''S.O.S. L'Aquila'' e chiedendo sospensione delle tasse, occupazione e sostegno all'economia. Sono circa cinquemila le persone arrivate dalle zone colpite dal terremoto di circa un anno fa: oltre al Comune de L'Aquila, quelli di Paesi limitrofi come San Demetrio, Fossa, Torre dei Passeri, in provincia di Pescara, e Sulmona, che pur non essendo stata inserita nell'area dell'epicentro del sisma del 6 aprile 2009 ha subito danni. I manifestanti, arrivati con 40 autobus e in auto, hanno sfilato lungo via del Corso diretti a Montecitorio e nel pomeriggio si concentreranno in piazza Navona.
     
    Cinque anni fa l’attentato a Londra
    Londra oggi si ferma e ricorda gli attentati di cinque anni fa, il 7 luglio 2005, quando una serie di esplosioni causate da attentatori suicidi colpì il sistema dei trasporti pubblici della capitale britannica durante l’ora di punta: presi di mira contemporaneamente treni della metropolitana e autobus, con un bilancio di oltre 50 vittime e circa 700 feriti. Il servizio di Sagida Syed:

    Il 7 luglio di 5 anni fa Londra si svegliava euforica per aver vinto la candidatura per ospitare le Olimpiadi del 2012, ma alle 8.50 una serie di esplosioni in quattro punti focali della città avrebbe scosso l’intera nazione, che da allora vive sotto la minaccia terroristica. I cinque kamikaze, cittadini britannici di origine orientale e legati alla rete Al Quaeda, uccisero 52 persone e ne ferirono altre 700 che stavano recandosi al lavoro sui mezzi pubblici. I familiari delle vittime, che finora hanno ricevuto 11 milioni di sterline di risarcimento, hanno organizzato alcune cerimonie private per ricordare i propri cari ed hanno manifestato disappunto contro il premier, Cameron, che si è limitato a depositare una corona di fiori in Hyde Park. L’ex sindaco di Londra, Ken Livingstone, ha dichiarato che “oggi i londinesi ricordano non solo chi ha perso la vita, ma anche la capacità di saper reagire propria di questa città”. Intanto, ad ottobre verrà pubblicata l’inchiesta ufficiale sull’attacco terroristico alle metropolitane e al quotidiano Times un commissario di Scotland Yard annuncia che “il Paese è al massimo livello di allerta e che un nuovo attacco sarebbe imminente”.

     
    Belgrado ribadisce: no all’indipendenza del Kosovo
    Il presidente serbo, Boris Tadic, ha ribadito il suo "no" all'indipendenza del Kosovo. Lo ha fatto con un discorso pronunciato ieri sera al Consiglio di sicurezza dell'Onu, riunitosi su richiesta di Belgrado dopo gli ultimi episodi di violenza registratisi a Kosovska Mitrovica. Nella città a nord del Kosovo, divisa in un settore serbo e uno albanese, venerdì scorso una bomba a mano ha provocato la morte di un manifestante serbo e il ferimento di altri undici. Atteso a breve il verdetto - non vincolante - della Corte internazionale di giustizia dell'Aja, chiamata da Belgrado a pronunciarsi sulla legittimità dell'indipendenza del Kosovo.

    Uccisi in Cina un sacerdote e una suora
    Padre Zhang Shulai, 55 anni, e suor Wei Yanhui, 32 anni, entrambi religiosi della Chiesa cattolica sono stati uccisi nella provincia settentrionale della Mongolia interna. Sono stati uccisi a coltellate nella casa per anziani in cui lavoravano e risiedevano e di cui la religiosa era direttrice nella cittadina di Wuhai. La polizia sta indagando ma al momento non è possibile stabilire se si tratti di uno o più assassini e non c’è indicazione sulle possibili motivazioni.

    In Cina eseguita la condanna a morte dell'ex capo della magistratura
    È stata eseguita a Chongqing, città sud occidentale cinese, la condanna a morte dell'ex capo della magistratura, Wen Qiang. Aveva 55 anni ed era stato dichiarato colpevole di aver accettato tangenti per proteggere le cinque principali organizzazioni criminali della città. Wen era stato condannato anche per violenza sessuale ed altri reati finanziari.

    Violento scontro tra bus in Corea del Nord: morti 10 operai
    Dieci operai nordcoreani sono morti e altri 40 sono rimasti feriti in un violento scontro tra due bus presso il distretto di Kaesong, in Corea del Nord, accanto alla frontiera con il Sud. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e di Michela Altoviti)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 188

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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