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Sommario del 27/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ricorda le vittime della Shoah e quanti protessero i perseguitati a rischio della propria vita
  • L'udienza generale dedicata dal Papa a San Francesco: gigante della santità e uomo del dialogo, che insegna l'amore per Dio e il Creato
  • Mons. Lanfranchi nominato arcivescovo-abate di Modena-Nonantola
  • Il cardinale Ambrozic compie 80 anni
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Haiti: la terra continua a tremare
  • Giorno della memoria: per non dimenticare la follia omicida della Shoah
  • Sri Lanka: rieletto il presidente uscente Rajapaksa
  • La Caritas Europa lancia la lotta alla povertà nel Vecchio continente
  • Presentato un nuovo volume su Giovanni Paolo II: "Perchè è santo"
  • In libreria il saggio di Alessando Gisotti "Dio e Obama - fede e politica alla Casa Bianca"
  • Chiesa e Società

  • Sri Lanka: al presidente rieletto Rajapaksa la Chiesa chiede di consolidare pace e sviluppo
  • La Comece chiede interventi per le violenze contro le minoranze religiose
  • Iraq: ancora un nuovo attacco contro un cristiano di Mosul
  • Malaysia: a Kuala Lumpur, dopo le chiese, profanate anche tre moschee
  • Nigeria: per l'arcivescovo di Jos “la situazione è in via di miglioramento”
  • Congo: nuovi sfollati nella regione del Nord Kivu
  • A Davos la Caritas internationalis chiede di mettere i valori umani al centro dell'economia
  • Brasile: a Porto Alegre è entrato nel vivo il Forum sociale mondiale
  • Costa Rica: messaggio dei vescovi alla vigilia delle elezioni
  • Al via a Manila il Congresso nazionale dei preti filippini
  • Filippine: padre Sinnot ritorna a Mindanao, nella missione dove era stato rapito
  • Denuncia del cardinale Rodríguez Maradiaga contro il narcotraffico
  • Il cardinale Rylko invoca un nuovo stile di collaborazione tra sacerdoti e laici
  • La siccità, i parassiti e il debito estero mettono fine al “miracolo agricolo” del Malawi
  • Svizzera: appello della Commissione Giustizia e Pace contro la povertà
  • Il governo britannico elogia la Chiesa per il suo impegno contro la povertà
  • Consiglio Cei: i vescovi "rileggono" la prolusione del cardinale Bagnasco
  • Giornata del malato: l’impegno della Chiesa a sostegno dei sofferenti
  • Giornata della memoria: tra le vittime anche 500mila rom
  • Si apre l’Anno giubilare per il Centenario di fondazione delle Missionarie della Consolata
  • San Giovanni Rotondo: arriva da Betlemme la statua di Gesù Bambino
  • Spagna: i vescovi hanno assegnato i premi "Bravo 2009" ai media più meritevoli
  • 24 Ore nel Mondo

  • Al via la conferenza di Londra: Afghanistan e Yemen al centro dei colloqui
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ricorda le vittime della Shoah e quanti protessero i perseguitati a rischio della propria vita

    ◊   Il Papa stamani, al termine dell’udienza generale nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, ha ricordato con commozione le vittime della Shoah in occasione del Giorno della Memoria, celebrato oggi dall’Onu e in vari Paesi nel mondo, tra cui l’Italia. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Sono passati 65 anni da quel 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche aprirono i cancelli del campo di concentramento nazista di Auschwitz, in Polonia, liberando i pochi superstiti. Il Papa, che ad Auschwitz ha compiuto una storica visita nel maggio del 2006, ricorda così quella tragica vicenda:

     
    “Tale evento e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo l'orrore di crimini di inaudita efferatezza, commessi nei campi di sterminio creati dalla Germania nazista”.

     
    Il “Giorno della memoria” – sottolinea il Papa – viene celebrato, proprio il 27 gennaio, “in ricordo di tutte le vittime di quei crimini, specialmente dell’annientamento pianificato degli Ebrei, e in onore di quanti, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati, opponendosi alla follia omicida”:

     
    “Con animo commosso pensiamo alle innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in quei luoghi aberranti e disumani. La memoria di tali fatti, in particolare del dramma della Shoah che ha colpito il popolo ebraico, susciti un sempre più convinto rispetto della dignità di ogni persona, perché tutti gli uomini si percepiscano una sola grande famiglia. Dio onnipotente illumini i cuori e le menti, affinché non si ripetano più tali tragedie!”

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    L'udienza generale dedicata dal Papa a San Francesco: gigante della santità e uomo del dialogo, che insegna l'amore per Dio e il Creato

    ◊   “Un gigante della santità”: è una delle tante, ammirate, definizioni che Benedetto XVI ha dedicato a San Francesco. La vita e la straordinaria testimonianza di carità del Poverello di Assisi sono state al centro all’udienza generale di oggi in Aula Paolo VI. San Francesco, ha affermato il Papa, resta un affascinante modello di santità, di gioia cristiana, di dialogo interreligioso, di amore per la Chiesa e per il Creato. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Nacque al mondo un sole”. Le migliaia di persone presenti in Aula Paolo VI hanno sentito il Papa fare suo lo stupore di Dante Alighieri, che settecento anni fa, in una terzina della Divina Commedia, usò questa espressione per parlare della nascita di San Francesco. Un Santo di caratura universale, per il quale ci si è sforzati lungo i secoli di coniare appellativi che provassero a restituirne la grandezza. “Alter Christus”, “fratello di Gesù”. Benedetto XVI li ha ricordati e ripetuti - spesso alternando al testo scritto riflessioni spontanee permeate di genuino entusiasmo verso il Santo di Assisi - del quale ha sintetizzato così l’ideale più intimo dell’anima:

     
    “Essere come Gesù; contemplare il Cristo del Vangelo, amarlo intensamente, imitarne le virtù. In particolare, egli ha voluto dare un valore fondamentale alla povertà interiore ed esteriore, insegnandola anche ai suoi figli spirituali (...) La testimonianza di Francesco, che ha amato la povertà per seguire Cristo con dedizione e libertà totali, continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio, unendo anche uno stile di vita sobrio e un distacco dai beni materiali”.

     
    Ripercorrendo le fasi più importanti della sua vita - la conversione, la rinuncia ai beni materiali per il bene di Dio, il viaggio a Roma da Innocenzo III - il Papa si è soffermato con una digressione a braccio sul “forte simbolismo” che avvolge l’episodio avvenuto nella chiesa diroccata di San Damiano, quando per tre volte il Crocifisso chiede a Francesco di riparare la sua “Chiesa in rovina”:

     
    “Lo stato rovinoso di questo edificio è simbolo della situazione drammatica e inquietante della Chiesa stessa in quel tempo, con una fede superficiale che non forma e non trasforma la vita, con un clero poco zelante (...) Tuttavia, in questa Chiesa in rovina sta nel centro il Crocifisso e parla: chiama al rinnovamento, chiama Francesco ad un lavoro manuale per riparare concretamente la chiesetta di san Damiano, simbolo della chiamata più profonda a rinnovare la Chiesa stessa di Cristo, con la sua radicalità di fede e con il suo entusiasmo di amore per Cristo”.

     
    Connessa a ciò, ha proseguito Benedetto XVI, va considerata anche “la grande deferenza” che il Santo di Assisi nutrì verso i sacerdoti, anche quelli “poco degni”, per via del loro potere di rendere presente Cristo nell’Eucaristia, così come il rispetto nei riguardi del Pontefice di Roma. Francesco, ha osservato Benedetto XVI, non rinnovò la Chiesa “contro il Papa” ma assieme a lui poiché:

     
    “…il Poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo Mistico, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. Nella vita dei Santi non c’è contrasto tra carisma profetico e carisma di governo e, se qualche tensione viene a crearsi, essi sanno attendere con pazienza i tempi dello Spirito Santo”.

     
    Con l’approvazione pontificia, consolidata dai successori di Innocenzo III, l’Ordine francescano cresce e si ramifica arrivando a testimoniare il proprio carisma ben più in là dei villaggi dell’Italia centrale dov’era sorto. Ed emblematica diventa la missione che Francesco compie in Egitto per predicare il Vangelo al cospetto di un sultano musulmano:

     
    “In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il cristianesimo e l’islam, Francesco, armato solo della sua fede e della sua mitezza personale, percorse con efficacia la via del dialogo (...) È un modello al quale anche oggi dovrebbero ispirarsi i rapporti tra cristiani e musulmani: promuovere un dialogo nella verità, nel rispetto reciproco e nella mutua comprensione”.

     
    Francesco muore alla Porziuncola - “sulla nuda terra”, ha ricordato il Papa - la sera del 3 ottobre 1226. Nemmeno per un istante muore invece la sua eredità spirituale. Il suo essere un “uomo gioioso” semplice e umile, innamorato di Cristo, diventa uno stile che suscita un numero infinito di seguaci. E non muore quel “senso della fraternità universale” che si traduce per Francesco nel “Cantico delle creature” e per l’umanità di oggi, ha affermato Benedetto XVI, in un “messaggio molto attuale”:

     
    “Come ho ricordato nella mia recente Enciclica Caritas in veritate, è sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l’ambiente, e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno ho sottolineato che anche la costruzione di una pace solida è legata al rispetto dell’ambiente”.

     
    Resta, dunque, di San Francesco il tratto della “perfetta letizia”, che lo rese un uomo “lieto in ogni situazione”. Da questo, ha concluso il Papa, comprendiamo "il segreto della vera felicità: diventare santi, vicini a Dio”.

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    Mons. Lanfranchi nominato arcivescovo-abate di Modena-Nonantola

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Modena-Nonantola presentata da mons. Benito Cocchi, per raggiunti limiti di età, nominando nuovo arcivescovo-abate di Modena-Nonantola mons. Antonio Lanfranchi, finora vescovo di Cesena-Sarsina. Mons. Antonio Lanfranchi è nato a Grondone di Ferriere, in diocesi e provincia di Piacenza-Bobbio, il 17 maggio 1946. Dopo aver compiuto gli studi ginnasiali nel Seminario minore di Piacenza e quelli filosofici e teologici nel Collegio Alberoni della stessa città, ha frequentato a Roma la Pontificia Università Lateranense e il Pontificio Ateneo Salesiano, conseguendo i titoli accademici in Teologia Biblica e in Scienze dell'Educazione. È stato ordinato sacerdote il 4 novembre 1971 per la diocesi di Piacenza, attualmente Piacenza-Bobbio. I più importanti ministeri da lui ricoperti sono stati: assistente nel seminario vescovile di Piacenza, dal 1971 al 1972; dopo gli studi a Roma dal 1972 al 1977, docente nel seminario vescovile di Piacenza, dal 1977 al 1978; assistente spirituale dell'AIMC e segretario dell'ufficio catechistico diocesano, dal 1978 al 1984; assistente diocesano dell'Azione Cattolica Giovani, dal 1978 al 1986; direttore dell'Ufficio catechistico diocesano, dal 1984 al 1988; assistente diocesano dell'Azione Cattolica Adulti, dal 1986 al 1988; direttore dell'ufficio catechistico regionale, dal 1987 al 1988; assistente nazionale del settore giovani dell'Azione Cattolica Italiana, dal 1988 al 1996; docente di Pastorale giovanile presso la Pontificia Università Lateranense in Roma, dal 1988 al 1996; vicario generale di Piacenza-Bobbio, dal 1996 al 2003; canonico effettivo del Capitolo Cattedrale di Piacenza, dal 1999 al 2003. Eletto vescovo di Cesena-Sarsina il 3 dicembre 2003, ha ricevuto l'ordinazione episcopale l’11 gennaio 2004. Attualmente è membro della Commissione Episcopale per l'Evangelizzazione dei Popoli e la Cooperazione tra le Chiese della Conferenza Episcopale Italiana.

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    Il cardinale Ambrozic compie 80 anni

    ◊   Il cardinale Aloysius Matthew Ambrozic, arcivescovo emerito di Toronto, in Canada, compie oggi 80 anni: è nato infatti il 27 gennaio 1930 a Gabrje, in Slovenia, secondo di sette figli. Ordinato sacerdote il 4 giugno 1955 per l'arcidiocesi di Toronto, professore di Esegesi neotestamentaria presso la Toronto School of Theology negli anni ’70, è stato ordinato vescovo ausiliare di Toronto il 27 maggio 1976 e arcivescovo coadiutore di Toronto nel 1986 succedendo al cardinale Carter il 17 marzo 1990. Nel 1998 Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale. Con il compimento degli 80 anni il porporato passa tra i cardinali non elettori, che diventano 71, a fronte dei 111 cardinali elettori.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Mai più tragedie in nome dell'odio razziale e religioso: l'appello del Papa durante l'udienza generale nel Giorno della memoria.

    Alla ricerca della fiducia perduta: in rilievo, nell'informazione internazionale, il World Economic Forum di Davos.

    "Il piccolo Tommaso e l' 'appetito' per i libri", "Il liberatore dell'intelletto": in cultura, Sandra Isetta e Inos Biffi sul Dottore Angelico, del quale ricorre domani la memoria liturgica.

    Un articolo di Emilio Ranzato dal titolo "L'uomo giusto nel momento giusto": domenica e lunedì su Rai 1 la riuscita miniserie televisiva su sant'Agostino prodotta dalla Lux Vide.

    Guardo il nemico e vedo il fratello: Giulia Galeotti spiega come Etty Hillesum, deportata ad Auschwitz, imparò ad amare.

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    Oggi in Primo Piano



    Haiti: la terra continua a tremare

    ◊   Ad Haiti la terra continua a tremare: nella notte è stata registrata una scossa di 4.9 della scala Richter. Ieri, intanto, è stato salvato un uomo di 31 anni. Sembra sia rimasto sotto le macerie per almeno 12 giorni dopo una delle tante scosse di assestamento seguita al sisma del 12 gennaio. Nel Paese caraibico la priorità adesso è quella di avviare l’iter della ricostruzione, come ribadisce al microfono di Emanuela Campanile, il responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana, Paolo Beccegato:

    R. - La primissima emergenza è finita o comunque sta finendo. Passiamo adesso alla fase successiva in cui bisogna assistere migliaia di persone. Si parla di circa 800 mila persone che sono in questo momento senza casa, soprattutto a Port-au-Prince. Si parla poi di 250 mila persone che sono già scappate dalla capitale. Contemporaneamente, bisogna pensare anche a piani di più lungo periodo, come la ricostruzione delle case, delle strutture, con progetti anche generanti reddito.

     
    D. - Quali sono le incognite più grandi quando si organizza una macchina di aiuti di questo genere?

     
    R. - C’è un problema enorme che è quello dell’aumentare dell’inflazione. C’è una scarsità dell’offerta, soprattutto dei generi di prima necessità, dovuta a tutti i crolli e alle difficoltà interne al Paese. Poi è chiaro che in questo caso oltre a normali problemi di sicurezza, ad Haiti soprattutto il problema della violenza urbana è particolarmente grave. Gli operatori umanitari rischiano in alcuni casi saccheggi o comunque possono andare incontro a situazioni difficili. Poi il discorso della ricostruzione e dello sviluppo in un Paese già colpito dalla povertà pone tutta una serie di difficoltà e di sfide che ad Haiti diventano più complesse. Penso, ad esempio, al problema della deforestazione. Haiti resta un Paese molto a rischio dal punto di vista della prevenzione di uragani futuri. C’è dunque una serie di problemi che andranno considerati molto attentamente nelle fasi successive.

     
    D. - Il progetto della Caritas è pluriennale. Si parla della ricostruzione di Haiti in 10 anni…

     
    R. – Sono state fatte delle stime ancora molto approssimative. Secondo una del governo di Haiti sono necessari circa 3 miliardi di dollari per ricostruire solo la capitale. Noi come rete Caritas cercheremo di fare la nostra parte in coordinamento. Adesso, man mano che il tempo passa, sarà un po’ più facile sedersi attorno ad un tavolo e definire ogni aspetto degli interventi. Le difficoltà di coordinamento restano ma questo non vuol dire che non si stiano realizzando tanti progetti.

     
    Esperti delle Nazioni Unite inviati ad Haiti hanno espresso preoccupazione anche per gli ingenti danni al patrimonio storico e culturale del Paese caraibico. Per la ricostruzione del tessuto sociale occorre, secondo l’Onu, investire sull’istruzione. Ad Haiti, intanto, il terremoto ha lasciato drammatiche e laceranti ferite anche nelle comunità di religiosi e missionari. Ad essere colpiti sono stati, in particolare, i salesiani. Ascoltiamo, al microfono di Fabio Colagrande, la giornalista Alessandra D’Asaro, a seguito del Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis) raggiunta telefonicamente a Port-au-Prince:

    R. – I salesiani sono presenti ad Haiti già dagli anni Trenta. Avevano 9 case, di cui 6 sono state praticamente distrutte. In una di queste case, nella quale avevano una scuola che era anche un centro di accoglienza per bambini di strada, sono morti 300 ragazzi. Si deve poi sottolineare che i salesiani sono sempre stati per la popolazione di Haiti un punto di riferimento. Il fatto che queste case siano crollate a causa del terremoto rappresenta un problema non soltanto per i salesiani, ma anche per la popolazione stessa.

     
    D. – Come si sono organizzati i missionari sopravvissuti dopo il terremoto?

     
    R. – Continuano a vivere nelle case diroccate e dormono nelle tende. Nella comunità dei salesiani tre sacerdoti sono morti a causa del terremoto. Alcuni si sono salvati ed uno in particolare - padre Attilio - ora si trova all’ospedale di Santo Domingo. Ovviamente sono tutti sotto shock.

     
    D. – Stanno provando lo stesso ad offrire il loro aiuto alla popolazione?

     
    R. – Sì! Nella filosofia di Don Bosco c’è sempre un campo di calcio in ogni casa salesiana. In questi momenti il campo di calcio sta diventando un grande centro di accoglienza per tendopoli improvvisate. Ce ne è uno in particolare dove sono accolte circa 700 famiglie, alle quali viene dato anche da mangiare.

     
    D. – Quale è la situazione ad Haiti?

     
    R. – E’ drammatica. Gli haitiani sono diventati un popolo nomade. I cadaveri non ci sono più per le strade, ma si continua a sentire un odore forte. Questo fa pensare che sotto le macerie ci siano ancora migliaia di persone.

     
    D. – In Italia prosegue la polemica sulla disorganizzazione dei soccorsi. Quale è stata l’impressione che hai avuto sul campo?

     
    R. – Sicuramente si può dire che c’è stata una difficoltà nell’organizzazione. Chi arriva adesso ad Haiti, però, non ha idea della situazione dei primi giorni successivi alla scossa. C’erano cadaveri per le strade, non si riusciva a camminare a causa delle macerie ed era molto difficile soccorrere i sopravvissuti. A causa del terremoto sono morti molti dirigenti sia delle Nazioni Unite sia di tutto il governo haitiano. Era veramente complicato, quindi, coordinare tutto.

     
    D. – Di cosa c’è bisogno? Di denaro, di aiuti?

     
    R. – In questo momento c’è bisogno di denaro. Per quanto riguarda gli aiuti, invece, si è addirittura creato un “tappo” all’aeroporto di Port-au-Prince. Se si riuscisse a dare qualche somma di denaro anche proprio alle comunità di religiosi presenti ad Haiti, sarebbe certamente l’opera migliore che in questo momento si possa fare.

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    Giorno della memoria: per non dimenticare la follia omicida della Shoah

    ◊   Milioni le vite spezzate dalla Shoah di cui si fa memoria nell’odierna Giornata internazionale dedicata a tutte le vittime del Nazismo e dal Fascismo e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Oltre un milione di persone di ogni età, uomini, donne, bambini morirono senza colpa alcuna solo nel campo di Auschwitz-Birkenau, il più grande e più noto luogo della follia omicida nazista. Pure, il loro sacrificio non è stato vano se oggi li ricordiamo: “ognuno di loro – scrive in una nota per la Giornata il segretario dell’Onu Ban Ki-moon – è portatore di un messaggio fondamentale per tutti noi”, che indica “il trionfo dello spirito umano”; “sono una prova vivente del fatto che la tirannia, per quanto possa esistere, non avrà mai il sopravvento”. E poi ci sono i sopravvissuti, che hanno “un ruolo essenziale nel mantenere viva la lezione dell’Olocausto per le generazioni future”, non resteranno con noi sempre, ma i loro ricordi devono perdurare nel tempo”, sottolinea ancora il segretario generale dell’Onu. Per questo “dobbiamo preservare le loro storie con commemorazioni e con lo studio della storia, ma soprattutto con uno sforzo ingente prevenire qualunque forma di genocidio o altro crimine”:

     
    "The United Nations...
    “Le Nazioni Unite sono assolutamente votate a questa causa” - rassicura Ban Ki-moon - “insieme, impegniamoci a portare avanti come una missione il ricordo della Shoah e a sostenere fino in fondo il diritto di ciascuno alla dignità umana”.

     
    Innumerevoli le manifestazioni nel mondo: a partire dalla cerimonia iniziata alle 14 presso il memoriale di Auschwitz-Birkenau, presenti 150 sopravvissuti, autorità civili e religiose, tra cui il presidente polacco Kaczynski, il premier israeliano Netaniahu, il presidente del Parlamento europeo Buzek, accompagnato da cento europarlamentari e da 12 ex presidenti dell’assemblea di Strasburgo. In Italia stamane cerimonia al Quirinale e a Montecitorio, ospite lo scrittore ebreo Elie Wiesel, sopravvissuto alla Shoah, Premio Nobel per la pace. La Shoah “è una tragica esperienza ancora carica di insegnamenti e di valori”, ha ribadito il presidente Napolitano, che ieri aveva detto: “Peccheremmo di colpevole indifferenza”, venendo meno al dovere di “non dimenticare ciò che è stato, in una fosca stagione della nostra storia”.

     
    In questa Giornata si rende anche onore a quanti dissero ‘no’ alle persecuzioni del popolo ebreo, rischiando anche la vita, uomini e donne, laici e religiosi rimasti sovente nell’ombra della storia, e che qualcuno come Emanuele Pacifici, oggi scomparso - figlio del rabbino capo di Genova perito con gran parte della sua famiglia ad Auschwitz - ha voluto riportare alla luce, come racconta Ugo Pacifici Noja, autore - insieme alla moglie Silvia Maiocchi - del libro “Il cacciatore di giusti. Storia di non ebrei che salvarono i figli d’Israele dalla Shoah”. Ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande la signora Silvia:

    R. – Noi sapevamo quanto la sua vita fosse stata una testimonianza proprio di gratitudine e di ricerca di queste persone. Questo ci ha veramente aperto il cuore ed abbiamo sentito di doverne parlare, anche perché ci sono dei libri che parlano di giusti, che parlano delle loro biografie. Forse quello che non si sa è come poi sono stati cercati questi giusti, anche con forza e con pazienza, perché – come dice lo stesso Emanuele e lo abbiamo citato proprio testualmente nel libro – molti di loro non hanno neanche voluto lasciare traccia della loro opera, della loro bontà. Ci sono persone che hanno dovuto proprio cercarli, hanno dovuto proprio metterli in luce. Questa è stata l’opera di Emanuele.

     
    D. – Dottor Pacifici, nel libro si parla anche delle indimenticabili suore di Santa Marta, che nascosero nel convento di Fiesole Emanuele Pacifici e il fratellino, come, ricordato anche dal presidente della Comunità ebraica di Roma nel corso della recente visita del Papa alla Sinagoga. Le figure di queste religiose emergono, fra le tante, ricordate in questo volume…

     
    R. – Sono delle figure splendide. Si tratta veramente di persone che hanno incarnato quello che era il loro luogo spirituale ed hanno veramente realizzato nei fatti, con questa bontà del tutto disinteressata, la salvezza di questi due bambini, che poi resteranno loro legati per tutta la vita. Emanuele parla di queste suore con un affetto che va al di là dell’amicizia, ma si tratta proprio di un affetto quasi filiale. Emanuele si rivolge, infatti, ad una di queste suore chiamandola “mammina”, come continuerà a fare nel corso della sua vita e questo proprio per l’amore che questa suora ha dimostrato nei suoi confronti e nei confronti del fratellino.

     
    D. – Un amore che si traduceva anche in un grande rispetto della religione dei bambini che stavano aiutando. Non è vero?

     
    R. – Occorre dire un rispetto totale, assoluto. Il fatto di educare il bambino al rispetto dei valori morali, ma soprattutto al rispetto e alla continuazione dei valori dati dai suoi genitori. Questo è il rispetto, questo è l’affetto nei confronti della persona. E’ un affetto che Emanuele conserverà per tutta la vita. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Sri Lanka: rieletto il presidente uscente Rajapaksa

    ◊   Nello Sri Lanka il presidente uscente, Mahinda Rajapaksa, ha ottenuto la rielezione per un secondo mandato con quasi il 60% dei voti. Lo sfidante, l'ex capo di stato maggiore dell'esercito, generale Sarath Fonseka, non nasconde sospetti sull’esito del voto e teme per la sua sicurezza. Da Colombo, Maurizio Salvi:

    Il presidente Rajapaksa ha vinto con ampio margine la consultazione elettorale e resterà al potere ancora sei anni. La tensione non accenna a scemare a Colombo, dove il candidato di opposizione Sarak Fonseka, si è trincerato in un lussuoso hotel del centro, circondato da centinaia di militari. La vittoria del capo dello Stato appare molto netta e sorprendente, perché la maggior parte degli analisti aveva predetto un testa a testa fra i due candidati e non lo scarto di oltre 18 punti percentuali, che è invece emerso dallo spoglio. Fonseca e i leader dei partiti politici che lo hanno appoggiato si sono concentrati nelle ultime ore sulle denunce di presunti progetti autoritari governativi miranti all’arresto dell’ex generale, che a quanto pare vuole chiedere ad un Paese vicino – l’India – di garantire la sua incolumità. Il portavoce dell’esercito, generale Udaya Nayattara, ha però smentito che il governo abbia piani per arrestare Fonseka o altri leader politici che sono con lui. Ma lo farà – ha assicurato – nei confronti dei disertori che lo accompagnano in un progetto di attentato alla democrazia.

     
    Sullo sfondo delle vicende attuali dello Sri Lanka c’è ancora lo scontro con gli indipendentisti di etnia Tamil, risolto nel maggio dello scorso anno dal governo di Colombo con un sanguinoso conflitto che ha annientato la guerriglia. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Marzia Casolari, docente di Storia dell’Asia all’Università di Perugia:

    R. – La guerra è stata vinta militarmente, ma non politicamente. In realtà il problema Tamil non è stato risolto. I Tamil continuano a rappresentare una minoranza di oltre il 10 per cento della popolazione, senza che sia prospettata una soluzione per le province a maggioranza Tamil nel nord e nel nord-est del Paese. E’ chiaro che il governo ha l’impellenza di normalizzare il Paese e di risolvere la questione umanitaria. Poi avrà il compito di affrontare la soluzione politica della questione Tamil. Su questo terreno, quello cioè dell’individuazione di una soluzione accettabile ed equa per la minoranza Tamil, il governo si trova a guidare una coalizione composta da elementi che rifiutano qualsiasi possibilità che preveda l’autonomia o qualsiasi ipotesi di tipo federalistico. E’ una questione complessa.

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    La Caritas Europa lancia la lotta alla povertà nel Vecchio continente

    ◊   Sono circa 80 milioni le persone a rischio povertà nell’Unione Europea. E’ quanto emerso nella conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa della Caritas Europa “Zero poverty- Act now”, conclusasi proprio poco fa presso il Parlamento Europeo. L’ha seguita per noi la nostra inviata a Bruxelles Fausta Speranza che ha intervistato Paolo Pezzana, già responsabile delle Politiche Sociali per la Caritas, e presidente della Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora:

    R. - Il "Poverty paper" di Caritas Europa è per la prima volta un tentativo di tutte le 48 Caritas che ci sono nei 44 Paesi europei di dotarsi di strumenti comuni per leggere, capire la povertà e per meglio contrastarla a tutti i livelli, quindi da quello locale a quello europeo, e in tutti i contesti, coinvolgendo cioè tutte le persone. In apertura dell’anno europeo 2010 contro la povertà Caritas vuole contribuire allo sforzo di tutta Europa in questo senso, fornendo degli strumenti non dei dati: non si trovano dati nel nostro lavoro, ma degli strumenti che speriamo efficaci per aiutare tutti quelli che vogliono combattere la povertà a partecipare attivamente a questa lotta.

    D. - Quali sono questi strumenti?

     
    R. - Si tratta di tre modelli per analizzare la povertà. Il primo aiuta a leggere i cambiamenti che sono in corso nel nostro tempo, il secondo aiuta a valutare la multidimensionalità della povertà, cioè il modo in cui la povertà colpisce ciascuno di noi. Abbiamo individuato otto dimensioni: dall’alloggio al reddito, allo stato di salute, alla famiglia di origine, al grado di istruzione: valutando se stessi su questi punti, si capisce quanto si è inclusi, quanto si è esclusi, quanto si è poveri e non poveri. Ciascuno può farlo e abbiamo avuto molte sorprese quando sottoponendoli ad alcuni, questi si sono accorti che non erano così ricchi ed inclusi come pensavano di essere. Quindi è un modo anche per sensibilizzare le persone sul fatto che la povertà ci riguarda tutti. L’ultimo modello è un’analisi della povertà nel ciclo di vita, cioè nelle varie fasi che le persone hanno, che ci dice come sia importantissimo oggi assicurare le persone nelle transizioni da una situazione di vita all’altra: dall’infanzia all’adolescenza, dall’adolescenza alla vita lavorativa, dalla vita lavorativa alla pensione, e il momento soprattutto della creazione della famiglia perché la famiglia è il centro, è il filo conduttore di tutto questo lavoro.

     
    D. – Abbiamo parlato tanto di crisi economica e dunque anche di meccanismi dell’economia. Che cosa dire a questo proposito dal punto di vista cristiano?

     
    R. – Che mai come oggi è necessaria la responsabilità di tutti. Noi diciamo nel nostro "paper" che laddove l’amore e la solidarietà, la Caritas - che Deus est - e la solidarietà incontrano la giustizia e la dignità delle persone, si sviluppano percorsi che sono sia logici sia razionali, che vanno bene anche alla politica, che vanno bene anche al mercato. E’ il grande messaggio che Papa Benedetto dà nella “Deus caritas est”, che noi proviamo con forza a rilanciare in questo nostro "paper".

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    Presentato un nuovo volume su Giovanni Paolo II: "Perchè è santo"

    ◊   Un volume per comprendere da una nuova prospettiva Giovanni Paolo II. E’ quello scritto dal postulatore della causa di beatificazione di Papa Wojtyla, mons. Slawomir Oder, insieme al giornalista Saverio Gaeta. “Perché è santo”, edito da Rizzoli, è stato presentato ieri a Roma alla presenza del cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi. C’era per noi Benedetta Capelli:

    Centoquattordici testimonianze raccolte nelle inchieste diocesane sono i fili che disegnano l’immagine di Giovanni Paolo II, “icona di Dio”, ha detto mons. Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione. Un racconto dal “di dentro” scandito da numerosi episodi, aneddoti e documenti inediti che rivelano aspetti sconosciuti della vita umana, spirituale e ecclesiale di Karol Wojtyla. Ma chi era davvero Giovanni Paolo II? Mons. Slawomir Oder:

     
    “Un uomo assolutamente innamorato di Dio. Un uomo che ha impostato tutta la sua vita nella chiave dell’amicizia spirituale con il Signore. Un uomo che ha vissuto intensamente questa relazione spirituale, che forse è stata in qualche modo accentuata dal fatto che sin da ragazzo è stato privato dei riferimenti per gli affetti umani. Tutta l’intensità della sua ricchezza umana, proprio perché uomo vero, è da ricercare nel suo rapporto con Cristo”.

     
    Una fama di santità lo ha accompagnato nel suo pontificato: più volte durante i funerali si levò il grido spontaneo e ricorrente: “Santo subito!”. Ascoltiamo in proposito il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi:

     
    “La convinzione che Papa Wojtyla fosse un santo l’ho avuta sempre. Lo conoscevo benissimo e l’impressione che ho avuto sempre è che fosse veramente un santo e come tutti i santi fosse una persona umana, di un’umanità straordinaria e profonda. Tra santità ed umanesimo infatti non c’è alcuna distinzione: la santità in fondo non è altro che la pienezza dell’umanità. Il santo è colui che vive pienamente la sua umanità e Wojtyla era pienamente uomo e santo”.

     
    All’interno del volume ci sono documenti inediti come un testo risalente al 1994 nel quale Giovanni Paolo II parlava della “volontà di rinunciare” al suo incarico in “caso di infermità inguaribile” e “che impedisca di esercitare le funzioni del ministero petrino”. L’altro documento è la lettera aperta del Papa all’attentatore Ali Agca, datata 11 settembre 1981, scritta in polacco e incompleta, che venne poi barrata con una grande ics. Saverio Gaeta, curatore del libro, evidenzia soprattutto il senso del perdono del Papa:

     
    “Già nell'ambulanza aveva cominciato questa invocazione di perdono nei confronti del proprio attentatore e voleva riconfermarla – a cinque mesi di distanza – mostrando, quindi, che non era un atto istintivo ed emotivo quello fatto in ambulanza e poi qualche giorno dopo pronunciato pubblicamente dal Gemelli. Voleva essere un gesto meditato e convinto per documentare come il perdono cristiano faccia parte proprio dell’esperienza totale della fede e dell’amore, sottolineando come anche un gesto così terribile, qual era un attentato, non doveva scavare dei solchi fra uomo e uomo, nei rapporti fra una persona e l’altra, fosse pure fra l’attentatore e la sua vittima”.

     
    Poco prima dell’attentato, i servizi segreti italiani avevano segnalato alle autorità vaticane il progetto di un sequestro ai danni di Giovanni Paolo II da parte delle Brigate Rosse. Nel volume emerge molto forte l’aspetto mistico del Papa, dedito al digiuno nel periodo quaresimale e alla pratica della Via Crucis ogni venerdì. Il postulatore rivela anche che “era lui stesso a infliggere al proprio corpo disagi e mortificazioni” con “una particolare cintura”. La sua santità emergeva comunque nella quotidianità, nel suo abbraccio totale alla Croce e nel Totus tuus a Maria, segno del suo totale affidamento alla Madonna. Ancora Saverio Gaeta:

     
    “Per Giovanni Paolo II la santità era realmente qualcosa che scandiva qualsiasi momento della quotidianità, per cui la santità era fare la battuta giusta al momento giusto o mettersi in ginocchio in preghiera vicino ad un lavandino, dopo essersi lavato le mani prima di celebrare la Santa Messa, e cadere veramente nel misticismo più puro nella totale assenza del tempo e di quello che stava succedendo attorno a lui. Possiamo quasi dire con una battuta – che è poi quella che racconto proprio all’inizio del libro – di quando, rispondendo ad una suora dell’appartamento, che gli diceva vedendolo un po’ emaciato: “Sono preoccupata per vostra Santità…”, rispose con amabilità: “Anch’io sono preoccupato per la mia santità”. E’ una battuta, una battuta simpatica, che però detta così all’impronta fa comprendere quanto per il Papa questo fosse chiaro in ogni momento della giornata e in ogni situazione".

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    In libreria il saggio di Alessando Gisotti "Dio e Obama - fede e politica alla Casa Bianca"

    ◊   Agnostico fino ai venti anni, poi la scoperta di Dio. Con questo retroterra religioso – in un Paese in cui la religione ha un suo posto definito nell’agone politico – Barack Obama ha scalato le tappe che lo hanno portato un anno fa alla presidenza degli Stati Uniti. Nel suo libro “Dio e Obama – fede e politica alla Casa Bianca”, che esce oggi in libreria per i tipi della Effatà Editore, il nostro collega vaticanista, Alessandro Gisotti, documenta l’evoluzione delle convinzioni religiose dell’uomo Obama, divenute col tempo una parte fondamentale del programma politico dell’Obama senatore prima e poi presidente. Una biografia dal taglio particolare, che permette di comprendere più in profondità la personalità del primo presidente afroamericano della storia. Alessandro De Carolis ne ha parlato con l’autore:

    R. - Obama è un “melting pot” vivente che racchiude nella sua persona tante identità. Io, per esempio, nel libro, parafrasando Bauman, parlo di un Obama caratterizzato da un’identità “liquida”. Racchiude intanto una birazzialità - è nero "ma non così nero - come è stato detto - da spaventare i bianchi" - che si accompagna all’aspetto religioso dell'essere figlio di una donna bianca del Kansas, piuttosto agnostica e scettica nei confronti del fenomeno religioso, che poi a vent’anni incontra Cristo in una chiesa afroamericana. Questo, in qualche modo, gli permette di intercettare tanto le persone non così contraddistinte da una spiccata religiosità, quanto quelle che invece - pensiamo soprattutto agli evangelici, ai cattolici - sono particolarmente sensibili alla tematica della fede e della presenza della religione nel dibattito pubblico. Nonostante si possa vedere già, a un anno di distanza, come questo suo punto di forza si sia molto appannato: l'Obama che cercava di essere il promotore di una ricerca di un terreno comune - il "commmon ground" è una formula che ritroviamo spesso nei suoi discorsi e non solo sulla dimensione religiosa - oggi invece è paradossalmente una figura polarizzante. Un sondaggio Gallup del 25 gennaio ci dice che Obama è il personaggio, tra i presidenti degli Stati Uniti, che nel primo anno ha più polarizzato l’opinione pubblica. Ovvero: i democratici lo amano molto, i repubblicani lo avversano molto, più di quanto sia successo addirittura con George W. Bush nel primo anno di presidenza.

     
    D. – Il libro spiega bene come negli Stati Uniti l’aspetto religioso sia presente e connaturato a qualsiasi aspetto della vita sociale e dunque anche a una carriera politica. In che modo, a tuo avviso, questo si riflette nell’affermazione di Barack Obama?

     
    R. – Partiamo da alcuni dati. Nel 2000 e nel 2004 George W. Bush conquistò letteralmente il voto religioso, quello che negli Stati Uniti passa con il nome di “God vote” ovvero il voto di Dio, degli elettori osservanti. Quindi si può dire che nelle due elezioni presidenziali precedenti il Partito democratico avesse quasi ceduto questo elettorato religioso. Obama ha creduto fermamente nella possibilità di invertire questo trend e ha lavorato fin da quando era senatore dell’Illinois, ma soprattutto quando poi è stato eletto nel 2004 al Congresso, per riuscire ad attrarre i voti dell’elettorato religioso. Si può dire che ci sia riuscito; pensiamo che per esempio ha conquistato il 54 per cento del voto cattolico e addirittura oltre il 60 per cento del voto dei cattolici ispano-americani che sono oggi in assoluto la categoria più in ascesa come quantità numerica nell’ambito della popolazione americana. E’ riuscito, allo stesso tempo, ad ottenere percentuali altissime tra gli afroamericani, a prescindere dal loro credo religioso, ma anche degli islamici, oltre l’85 per cento. Non è riuscito a sfondare nella cosiddetta categoria degli evangelici bianchi: qui non ha ottenuto oltre il 25, 26 per cento. Però anche lì Obama ha cercato di intercettare anche il voto degli evangelici con un progetto vero e proprio, il “Joshua Generation Project”, e in parte è riuscito a conquistare questo elettorato soprattutto dei giovani, tra gli evangelici, che magari oltre al tema dell’aborto e delle unioni omosessuali erano interessati a tematiche di giustizia sociale, al surriscaldamento del globo, la crisi umanitaria in Darfur, etc.

     
    D. – Dalle pagine di “Dio e Obama” emergono le divergenze che oppongono il presidente all’episcopato americano sui temi etici cosiddetti non negoziabili, a partire dall’aborto. Quale posizione emerge di entrambi i fronti nel tuo libro?

     
    R. – Già nel 2004, peraltro con una istruzione indirizzata all’episcopato americano dall’allora cardinale Ratzinger, si sottolineava che l’aborto è un male intrinseco e che quindi non ci può essere accomodamento rispetto all’aborto. Ovviamente lo ha ribadito tantissime volte anche il presidente dei vescovi americani, il cardinale arcivescovo di Chicago, Francis George, non si possono fare sconti al presidente su questo punto ma questo non vuol dire che non ci sia un’apertura per esempio su altri temi come l’immigrazione o su tematiche di giustizia sociale.

     
    D. - Colpisce lo stile volutamente sobrio, anglosassone - diremmo - del tuo libro: moltissimi fatti, tutti documentati, e osservazioni personali ridotte al minimo...

     
    R. – Io un po’ mi sono ispirato a questa scuola di giornalismo, quindi nel cercare quanto più possibile di separare i fatti dalle opinioni. In Italia tra i tanti libri che sono usciti e che continuano a uscire mi sembrava che mancasse un approfondimento di questo tema che invece è fondamentale sia nella vita personale di Barack Obama ma soprattutto nella sua attività politica e quindi spero che chi avrà modo di leggere questo libro possa conoscere anche un aspetto non affatto irrilevante della presidenza degli Stati Uniti e del suo protagonista principale, Barack Obama. 

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    Chiesa e Società



    Sri Lanka: al presidente rieletto Rajapaksa la Chiesa chiede di consolidare pace e sviluppo

    ◊   “Auspichiamo che il presidente eletto operi per consolidare la pace e lo sviluppo della nazione: queste sono le priorità”: è quanto ha dichiarato all’agenzia Fides mons. Vianney Fernando, presidente della Conferenza episcopale dello Sri Lanka, mentre nel Paese si diffondevano i risultati delle elezioni presidenziali che hanno riconfermato il presidente in carica Mahinda Rajapaksa. “Auspichiamo un’evoluzione pacifica e democratica della situazione. - ha detto mons. Fernando - La democrazia fa il suo corso, la rispettiamo e speriamo in un futuro luminoso per il Paese. Soprattutto risolvendo le questioni relative alla minoranza tamil”. La popolazione tamil (il 13% della popolazione, per 75% singalese) si trova perlopiù nel Nord del Paese. Contattato sempre dall’agenzia Fides, il missionario degli Oblati di Maria Immacolata padre M. Prevwn, direttore del “Centro per la Pace e la Riconciliazione” a Jaffna, ha affermato che “la comunità tamil è sfiduciata. La gente dice che vi sono poche speranze per il futuro e teme che i tamil saranno comunque penalizzati. La sfiducia è evidente anche dal numero di quanti sono andati alle urne a Jaffna: solo il 20%”. Parole come “pace e riconciliazione”, nota il missionario, “funzionano qui soprattutto con i bambini e i giovani. Noi lavoriamo con loro, realizzando tanti programmi di integrazione etnica (fra singalesi e tamil) e religiosa (con credenti di tutte le religioni ). Puntando sulle nuove generazioni, e con l’aiuto di programmi governativi, - ha detto - si può costruire un futuro di pace e di riconciliazione per il Paese”. (R.P.)

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    La Comece chiede interventi per le violenze contro le minoranze religiose

    ◊   Il segretariato della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), accoglie con favore l’adozione da parte del Parlamento europeo, lo scorso 21 gennaio, di una risoluzione di condanna dei recenti attentati contro le comunità cristiane in Egitto e Malesia che “rappresentano gravi attentati ai diritti dell’uomo” e chiede all’Ue una “determinata ed efficace azione diplomatica”. In una nota diffusa ieri sera, il segretariato Comece afferma che l’Ue “deve aiutare le minoranza religiose – comprese le comunità cristiane – oggi perseguitate nel mondo” e rammenta che “dal 75 all’85% le persecuzioni religiose colpiscono i cristiani” e che “ogni anno 170mila di loro perdono la vita a causa della fede”. Questa risoluzione del Pe – sottolinea ancora la Comece – fa eco alla risoluzione adottata lo scorso 16 novembre dal Consiglio dei ministri Ue, nella quale si riaffermano “il fermo impegno dell’Unione europea a promuovere e proteggere la libertà di religione e di fede” e “l’intenzione di conferire priorità a tali questioni come parte integrante della politica comunitaria dei diritti dell’uomo”. Sulla base di queste ferme prese di posizione, la Comece invita l’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri, Catherine Ashton, a “tradurre questa priorità nell’azione del nuovo Servizio europeo d’azione esterna (Eeas) di cui è responsabile e che sta per essere istituito”. Per aiutare i decisori europei a prendere concrete misure per promuovere la libertà religiosa nelle relazioni esterne dell’Ue, i vescovi della Comece hanno creato un gruppo di esperti incaricato di redigere un Memorandum sulla promozione della libertà religiosa nel mondo. Il testo, che traccia la situazione delle violazioni di questo diritto fondamentale, ossia delle persecuzioni a sfondo religioso nel mondo, e propone una serie di raccomandazioni all’attenzione delle istituzioni europee, dovrebbe essere adottato nel corso della prossima assemblea plenaria Comece (14-16 aprile 2010), e successivamente presentato ai responsabili e agli eletti dell’Unione europea. (R.P.)

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    Iraq: ancora un nuovo attacco contro un cristiano di Mosul

    ◊   Non c’è pace per i cristiani di Mosul, in Iraq. Ieri pomeriggio è stato attaccato il negozio appartenente al giovane cristiano Raghid Sabah Tobia, che è rimasto gravemente ferito. Il negozio di Raghid non è lontano della chiesa caldea, nel quartiere di Dawassa. Fonti anonime di AsiaNews parlano di “una persecuzione che prosegue nell’indifferenza generale” ed aggiungono che “i cristiani vivono nel panico” e sono intenzionati a lasciare la città. I cristiani sono convinti che “non si tratta di criminali normali” e che dietro agli attacchi ci sono “precisi piani politici”, che il governo non riesce a contrastare. (F.C.)

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    Malaysia: a Kuala Lumpur, dopo le chiese, profanate anche tre moschee

    ◊   Alcune moschee a Kuala Lumpur sono state profanate con teste di maiale mozzate. I resti dell’animale – considerato “impuro” dai musulmani – erano sparsi nei terreni adiacenti i luoghi di culto. La polizia parla di un legame fra questo episodio e i recenti attacchi contro chiese cristiane, divampati in seguito alla controversia sull’uso della parola “Allah”. Fonti di AsiaNews in Malaysia confermano che è in atto un tentativo di “destabilizzare il Paese a livello politico”. “Alcuni individui – spiegano – sono scontenti della situazione politica e fomentano lo scontro per fini personali”. Essi vogliono spingere il governo “a colpire le minoranze”, per “conquistare consensi” all’interno dell’ala fondamentalista in Malaysia. Nelle ultime settimane sono state colpite 11 chiese cristiane e protestanti, un tempio sikh e luoghi di culto musulmani. Le tensioni interreligiose in Malaysia sono scoppiate dopo la sentenza del tribunale il 31 dicembre scorso, che ha autorizzato i cristiani a usare la parola “Allah” per riferirsi a Dio in lingua malay. Musa Hassan, capo della polizia, punta il dito contro “un gruppo” che fomenta l’odio confessionale in un Paese a maggioranza musulmana, ma che accoglie al suo interno larghe comunità cinesi e indiane. Una teoria sostenuta anche da Azmi Sharom, docente alla University of Malaya, secondo cui si tratterebbe di “una questione etnica e politica, più che religiosa”, perché il bando della parola Allah per i non-musulmani “non ha alcuna base a livello teologico”. (R.P.)

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    Nigeria: per l'arcivescovo di Jos “la situazione è in via di miglioramento”

    ◊   “La situazione è in via di progressivo miglioramento. Abbiamo avuto diversi incontri, molto fruttuosi, con i responsabili politici, religiosi e con gli anziani per cercare di riportare la calma e la pace nella nostra comunità” dice all’agenzia Fides mons. Ignatius Ayau Kaigama arcivescovo di Jos, il capoluogo dello Stato di Plateau (Nigeria centro-settentrionale) dove nei giorni scorsi in gravi scontri inter-comunitari sono morte, secondo un bilancio ufficiale, 326 persone. Ieri il vicepresidente nigeriano, Goodluck Jonathan, ha visitato la città, dove ha invitato la popolazione al dialogo. Nella sua visita, il vicepresidente federale era accompagnato dai governatori di sei Stati nigeriani (Osun, Kwara, Bauchi, Niger, Enugu, Rivers), scelti in modo da coprire tutte le diverse aree geopolitiche del vasto Paese. I governatori “sono stati scelti in modo che possano vedere direttamente la situazione e prevenire rappresaglie in altre parti del Paese” ha affermato il vicepresidente. “La sua visita è stata molto positiva perché ha incoraggiato la popolazione a superare la paura” afferma mons. Kaigama. L’arcivescovo di Jos sottolinea inoltre che “è diminuito anche il numero e l’intensità dei messaggi allarmanti che giungono sui cellulari”. “Non so se dietro vi sia una strategia volta a diffonderli. Mi ricordo del precedente del Kenya, nel 2008, quando le violenze furono alimentare anche dai messaggi che istillavano la paura e l’odio che giungevano sui cellulari. Anche a Natale in concomitanza con il diffondersi di voci su possibili assalti alle chiese cristiane, erano stati inviati messaggi che alimentavano la paura tra la gente” ricorda mons. Kaigama. Secondo l’arcivescovo, una parte di questi messaggi può essere spiegata in questo modo: “in diversi casi sono persone ordinarie le cui case sono state attaccate o che vedono bruciare quella del vicino ed inviano messaggi per avvertire amici e parenti di quello che sta succedendo. Questo avviene sia tra le comunità cristiane sia tra quelle musulmane”. Qualunque sia l’origine di questi messaggi, secondo mons. Kaigama, hanno “contribuito non poco a diffondere la paura e quindi ad alimentare odio e violenza”. (R.P.)

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    Congo: nuovi sfollati nella regione del Nord Kivu

    ◊   Costretti a lasciare le proprie case per fuggire dalle continue operazioni militari e dagli atti di banditismo ad opera di gruppi armati. È quello che hanno dovuto subire negli ultimi due mesi migliaia di civili della provincia del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Dal dicembre dello scorso anno, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha registrato 15.508 nuovi sfollati che hanno cercato rifugio e salvezza nei suoi numerosi campi profughi. L’UNHCR gestisce attualmente 47 campi per sfollati nella regione, offrendo protezione ed assistenza. Si stima, comunque, che molti altri profughi potrebbero aver trovato alloggio presso famiglie locali o essersi nascosti nei boschi per paura di tornare nelle proprie abitazioni. Questi sfollati interni non possono essere raggiunti per ragioni di sicurezza e di impraticabilità delle strade. Il governo congolese nel corso del 2009 ha lanciato diverse offensive contro la milizia ruandese Hutu (Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda). Di questa situazione hanno approfittato altri gruppi armati, che hanno aggredito i civili, depredato le proprietà, perpetrato stupri e bruciato case. Si ritiene vi siano 2 milioni e 100mila sfollati interni alla Repubblica Democratica del Congo orientale, dove le persecuzioni, la violazione dei diritti umani, gli stupri e le intimidazioni nei confronti dei civili sono all’ordine del giorno. (F.C.)

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    A Davos la Caritas internationalis chiede di mettere i valori umani al centro dell'economia

    ◊   Un appello perché “tornino i valori umani nell’economia”: sarà questa la posizione di Caritas internationalis, che partecipa al Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera, che si apre oggi e si concluderà il 31 gennaio. Saranno presenti capi di Stato, leader religiosi, rappresentanti di istituzioni internazionali, della società civile e numerosi esperti. Lesley-Anne Knight, segretaria generale di Caritas internationalis, in rappresentanza di 164 agenzie umanitarie cattoliche che lavorano in 200 Paesi, chiederà di “mettere l’etica, i valori e il rispetto della persona umana all’interno del sistema finanziario internazionale”. “La finanza è stata focalizzata finora solo sui meccanismi finanziari e sulla ricerca del profitto – afferma Knight -. La persona umana è stata messa ai margini, con gravissime conseguenze per tutti noi, soprattutto per i più poveri”. In un mondo segnato dalla globalizzazione e dall’interculturalità, ma spesso dall’assenza di una visione comune, un ampio spazio delle discussioni sarà dedicato al tema della cooperazione internazionale onde renderla più efficace e rispondente alle esigenze del momento. In primo piano sarà inoltre il futuro del popolo di Haiti, che la comunità internazionale è chiamata ad accompagnare e sostenere anche nel più lungo e impegnativo periodo della ricostruzione. All’arcivescovo di Canterbury, dr. Rowan Williams, è stato chiesto di presiedere la seduta conclusiva sul tema “Essere responsabili del futuro”, alla quale parteciperanno alcuni giovani selezionati dal programma “Global Changemaker” del British Council. (M.V.)

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    Brasile: a Porto Alegre è entrato nel vivo il Forum sociale mondiale

    ◊   “Dieci anni dopo: sfide e proposte per un altro mondo possibile”: è il titolo del dibattito più atteso nel contesto del decimo Forum sociale mondiale apertosi lunedì a Porto Alegre, nel sud del Brasile per ricordare i dieci anni dal primo vertice dei movimenti sociali. Il Forum, inaugurato da un corteo composto da più di 15.000 persone, si svolgerà durante l’intero anno con appuntamenti in diverse parti del mondo. In Brasile molte organizzazioni sono presenti all'evento che si conclude il 31 gennaio, fra cui, la Pastorale Giovanile brasiliana (che raduna le équipes di Pastorale Giovanile, Pastorale giovanile degli ambienti popolari, Pastorale della gioventù rurale e Pastorale della gioventù degli studenti). Il programma prevede seminari tematici, coinvolgendo diversi movimenti sociali e organizzazioni della società civile che partecipano da tempo al Forum, e discussioni sulla crisi economica che ha colpito il mondo lo scorso anno. La principale attività della Pastorale Giovanile in questa 10a edizione - riferisce l'agenzia Fides - consisterà nella diffusione della Campagna Nazionale contro la violenza e l'uccisione dei giovani. La Campagna infatti è il centro di tutta attività della Pastorale per il periodo 2010-2011 ed è stata lanciata nel novembre dello scorso anno, durante il 7° Meeting Nazionale del Movimento fede e politica nella città di Ipatinga (MG), contando sul sostegno di decine di organizzazioni della società civile, con l'obiettivo di mobilitare gruppi di giovani in tutto il Paese nella lotta per i diritti e la cittadinanza con lo slogan: "Giovani in marcia contro la violenza". Lo sterminio violento dei giovani è diventato una brutta ferita nella società brasiliana che la Chiesa cattolica si è proposto di guarire con la forza dell'annuncio del Vangelo fra gli stessi giovani. Questa missione ecclesiale, che diventa sempre più condivisa, ha avuto inizio nell'anno 2006. Nel 2008 i gruppi di Pastorale giovanile hanno partecipato all’Assemblea Nazionale per proporla come compito nazionale. A Ipatinga, nell'incontro nazionale di Fede e Politica, la Campagna è stata presentata ufficialmente. Per il 2011 si sta organizzando una grande marcia con la partecipazione di massa dei giovani convinti a lottare contro questo flagello. (F.C.)

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    Costa Rica: messaggio dei vescovi alla vigilia delle elezioni

    ◊   Con un pressante invito a votare “per decidere sulle persone che guideranno i destini della nazione” nei prossimi anni, i vescovi del Costa Rica in un breve documento analizzano le principali sfide che saranno affrontate nelle importanti elezioni presidenziali del prossimo 7 febbraio, competizione alla quale partecipano otto candidati fra cui una donna. La nota episcopale aggiorna un precedente documento, ampio e approfondito (“Sentieri verso una democrazia autentica”) nel quale i presuli ribadivano che “politica è una nobile attività quando è capace di orientarsi sui cammini della giustizia, del rispetto della vita umana, del matrimonio, della famiglia, della libertà religiosa e della ricerca del bene comune”. Gli otto vescovi costaricensi, con a capo l’attuale presidente dell’episcopato mons. Hugo Barrantes Ureña, arcivescovo di San José, ricordano agli elettori l’assoluto bisogno di “fare uso del discernimento, della retta ragione, pensando sempre il meglio per la patria” e dunque valutando adeguatamente quanto i candidati dicono su un “piano realistico di sviluppo integrale, ovvero un Progetto-Paese” e non dimenticando che, come afferma Benedetto XVI, “l’ordine giusto della società e dello Stato sono il compito principale della politica”. I presuli poi elencano diverse difficoltà che affronta la nazione centroamericana e che dovranno assumere come principali sfide le prossime nuove autorità. Tra questi ricordano al primo posto l’ordine e la sicurezza minacciati dalle “grandi differenze regionali, dalla violenza sociale, della mancanza di rispetto per la vita, la povertà persistente, l’instabilità del nucleo familiare, le disuguaglianze economiche, la corruzione, la mancanza di lavoro e i danni all’ambiente”. In particolare però i presuli sottolineano la diffusione di un clima di relativismo etico e morale e dunque chiedono ai politici, ai candidati, di dare risposte chiare, trasparenti ed oneste, pensando alla verità e profondità delle questioni e non alla conquista del voto o alla simpatia elettorale. I vescovi del Costa Rica, rivolgendosi in particolari ai cattolici, rammentano che la fede in Cristo comporta un'identità di discepoli e ciò “non è un dato secondario o marginale che si può sciogliere nell’esercizio dei diritti della cittadinanza poiché la “fede cristiana, ha delle implicanze ineludibili sul piano della morale politica e della vita pubblica”. “Esortiamo tutti - concludono i vescovi - ad analizzare e discernere con attenzione alla luce della ragione e dell’etica” i contenuti e i programmi ai quali dare il proprio consenso". (A cura di Luis Badilla)

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    Al via a Manila il Congresso nazionale dei preti filippini

    ◊   Affidarsi all’amore di Cristo, servire la Chiesa e rinnovare il proprio zelo pastorale. E’questo l’obiettivo degli oltre 5mila sacerdoti che partecipano al Secondo congresso nazionale dei preti filippini dal titolo: “Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote” in corso dal 25 gennaio al World Trade Center di Pasay City (Manila). L’incontro di 6 giorni è scandito da ritiri di preghiera, seminari e testimonianze. Esso è stato organizzato dalla Conferenza episcopale filippina in occasione dell’Anno sacerdotale e si concluderà il prossimo 29 gennaio. “Questo congresso è un’occasione per i sacerdoti di ricordare il loro bisogno di vivere e agire per Cristo “, afferma padre Fernando Caprio vicario della basilica del Nazareno di Quiapo (Manila). “Tutti i preti – continua – sono chiamati a riscoprire il mistero del sacerdozio, con amore, fede e carità per essere come Cristo. Non solo per celebrare i sacramenti nelle loro chiese”. Secondo padre Caprio l’incontro è soprattutto un modo per aiutare ciascun sacerdote a comprendere meglio la propria missione. Il primo Congresso nazionale dei sacerdoti era stato organizzato nel 2004. L’evento aveva coinvolto circa 3mila sacerdoti ed era incentrato sul tema: “Un clero rinnovato, una Chiesa rinnovata, un Paese rinnovato”. L’assemblea del 2010 ha invece superato le aspettative degli organizzatori con 5mila sacerdoti partecipanti su 7mila residenti nel Paese. Essa ha visto anche la partecipazione di p. Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia incaricato di guidare i momenti di ritiro spirituale e Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. Quest’ultima, in visita ufficiale nelle Filippine, interverrà domani all’assemblea. Intanto oggi i sacerdoti hanno donato oltre 20mila euro destinati alle vittime del terremoto di Haiti e invitato tutti i fedeli a continuare le collette nelle varie parrocchie del Paese. (R.P.)

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    Filippine: padre Sinnot ritorna a Mindanao, nella missione dove era stato rapito

    ◊   A due mesi dal suo rilascio padre Michael Sinnott ritorna a Pagadian (Zamboanga, Mindanao), luogo dove era stato rapito lo scorso 10 ottobre, per continuare il suo lavoro di missionario. Ad accoglierlo lunedì scorso i volontari e i bambini della Hangop Kabataan Foundation, opera di carità per i bambini disabili fondata e diretta dallo stesso padre Sinnott dal 1998. Il missionario di San Colombano era atterrato a Manila lo scorso 15 gennaio, dopo due mesi di riposo in Irlanda e finora era incerto un suo ritorno alla missione di Mindanao. “I miei familiari volevano convincermi a ritirarmi – afferma il sacerdote – ma la mia vita è qui a Pagadian, con i bambini di cui mi sono preso cura fino al giorno del mio rapimento”. Padre Sinnott aggiunge che l’incedente subito non gli impedirà in alcun modo di proseguire il suo operato di carità. Rapito l’11 ottobre da un commando di sei uomini armati - riferisce l'agenzia AsiaNews - padre Sinnott è stato rilasciato il 12 novembre dopo 31 giorni di prigionia . Per sfuggire all’esercito filippino i rapitori hanno costretto il missionario, anziano e malato di cuore, a vagare per un mese nella giungla della provincia di Lanao del Norte, distante 150 km da Zamboanga. Il suo rilascio è avvenuto grazie all’intervento congiunto di polizia, esercito e membri del Moro Islamic Liberation (Milf). Nonostante il milione di dollari chiesto dai rapitori non è stato pagato nessun riscatto per la liberazione. Durante il sequestro cristiani e musulmani di Zamboanga hanno allestito numerose veglie di preghiera per chiedere ai rapitori la sua liberazione. Negli ultimi anni 13 missionari stranieri sono stati rapiti o uccisi nel Paese. Padre Sinnott è il terzo sacerdote di origine irlandese a subire un sequestro. Nel 1997 padre Des Hartford è rapito da un gruppo di ribelli islamici e liberato dopo 12 giorni di prigionia. Pochi anni dopo nel 2001 un altro missionario, padre Rufus Hally di Waterford è ucciso durante un tentativo di rapimento. Nel 2007 padre Giancarlo Bossi del Pime è sequestrato a Zamboanga e liberato dopo 39 giorni di prigionia. Ciò grazie alla collaborazione del Milf che aveva mediato con i rapitori. (R.P.)

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    Denuncia del cardinale Rodríguez Maradiaga contro il narcotraffico

    ◊   Combattere frontalmente il problema della droga con una strategia congiunta che vada al di là del semplice uso della forza. Lo ha detto il cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, nel corso di una conferenza stampa al termine del Primo Congresso Nazionale messicano di sacerdoti celebrato ad Acapulco venerdì scorso. Come riferisce l’agenzia Zenit, il porporato ha dichiarato che il narcotraffico è il cancro dell’America latina ed ha sostenuto che la legalizzazione degli stupefacenti non è la soluzione per porre fine al flagello della droga. In effetti, il cardinale ha notato che nei Paesi in cui ne è stato legalizzato il consumo, “è aumentato considerevolmente il numero delle persone coinvolte”. “Il risultato – ha proseguito l’arcivescovo – è che si stroncano i giovani”. (F.C.)

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    Il cardinale Rylko invoca un nuovo stile di collaborazione tra sacerdoti e laici

    ◊   C’è bisogno di un “nuovo stile di collaborazione” tra sacerdoti e laici. Lo ha dichiarato il cardinale Stanislaw Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, intervenendo al V Colloquio di Roma, conclusosi oggi, organizzato dalla Comunità dell’Emmanuele e dall’Istituto Universitario Pierre Goursat, in collaborazione con il Pontificio Istituto “Redemptor Hominis”. Il tema dell’incontro, come riporta l'agenzia Zenit, è stato “Sacerdoti e laici nella missione”. “Il nuovo stile di collaborazione tra sacerdote e laici – ha spiegato il porporato – presuppone che i presbiteri riconoscano l’identità propria dei fedeli laici e ne valorizzino effettivamente la missione nella Chiesa e nel mondo, guardandosi sia dal nutrire diffidenza nei loro confronti e dall’assumere atteggiamenti paternalistici ed autoritari nel governo delle comunità parrocchiali, sia da quella falsa promozione del laicato che, non rispettandone la specificità della vocazione, rischia di tramutarsi in un alibi per il disimpegno e la rinuncia ai propri doveri pastorali verso la comunità cristiana”. D’altro canto i laici, secondo il cardinale polacco, devono sentire “un vivo senso di appartenenza ecclesiale”. “Ognuno deve fare la sua parte: sacerdoti e laici”, ha aggiunto il cardinale Rylko, che ha poi elogiato i tanti movimenti ecclesiali sorti dopo il Concilio vaticano II. Movimenti che rappresentano “una grande possibilità pastorale da cogliere” e che “possono costituire un nucleo vitale delle parrocchie in cui operano”. (F.C.)

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    La siccità, i parassiti e il debito estero mettono fine al “miracolo agricolo” del Malawi

    ◊   “Per quasi tre anni il Malawi ha predicato al mondo che aveva sconfitto la fame. La carta vincente di questa vittoria è stata la distribuzione massiccia di fertilizzante. Acquistato sul mercato internazionale ad alto prezzo, è stato distribuito quasi gratuitamente a un milione di persone. Non sempre la distribuzione ha raggiunto chi era più bisognoso, ma il miracolo c’è stato” dice all’agenzia Fides padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano che da più di 30 anni opera in Malawi. “Un miracolo parziale, perché se questa generosità ha fatto vincere al Presidente Bingu wa Mutharika le elezioni politiche, ha spinto il Paese alla deriva, senza valuta estera per far crescere l’economia, lasciandolo anche letteralmente a piedi, senza più soldi per comperare il diesel e la benzina” aggiunge il missionario. “Quest’anno poi il fertilizzante non basta. La mancanza di piogge sta distruggendo quanto era stato seminato in diverse aree del Paese. In alcuni posti hanno già ripiantato più volte il grano che è il cibo base dei 13 milioni di abitanti, ma ormai con poche speranze. Il calore del sole in questa estate africana senza pioggia ha fatto morire tutto quanto era spuntato”. Secondo le cifre fornite dal governo locale, la siccità e nugoli di bruchi hanno distrutto 35mila ettari di colture, mettendo a rischio la sicurezza alimentare di oltre 120mila persone. “Si attende il 10 febbraio la decisione del Fondo Monetario Internazionale di concedere un aiuto triennale al Malawi. Senza questa immissione di denaro nelle casse della Reserve Bank of Malawi, e peggio ancora senza gli aiuti da parte dell’Unione Europea e della comunità internazionale, sospesi in attesa della risposta da parte del Fondo, il Malawi da solo coprirebbe appena il 50% del bilancio statale 2010, che è stato approvato da poco dal Parlamento. Non si riesce ad immaginare cosa potrebbe succedere senza questi aiuti che vengono immessi, anno dopo anno, direttamente nelle casse dello Stato” conclude padre Gamba. (R.P.)

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    Svizzera: appello della Commissione Giustizia e Pace contro la povertà

    ◊   La povertà imperversa anche nelle società ricche, non solo nei Paesi del così detto “Terzo mondo”. E come tale, va combattuta sempre e ovunque. Questo, in sintesi, l’appello lanciato dalla Commissione Giustizia e Pace svizzera, l’organo della Conferenza episcopale (Ces) addetto alle questioni di carattere politico, sociale ed economico. In una nota diffusa oggi, i presuli sottolineano come in Svizzera “la povertà resti nascosta e poco percepita”, mentre “circa il 10% della popolazione è toccata dalla miseria”. Una piaga, quindi, contro la quale la Ces invita a condurre una “lotta decisa”, coadiuvata dalla Caritas e dalla Csias, la Conferenza svizzera delle istituzioni d’azione sociale. Tuttavia, si legge ancora nella nota, “questo grido d’allarme è stato sbeffeggiato da qualcuno. C’è chi dice, infatti, che la Svizzera non è praticamente colpita dalla povertà e che i poveri sono ben curati e non possono lamentare la mancanza dei beni di prima necessità. Al contrario, gli abitanti del Terzo mondo soffrono a causa della vera povertà”. Un paragone che la Commissione Giustizia e Pace bolla come “ingannevole”. “Non è accettabile – scrivono i vescovi – minimizzare lo sconforto dei poveri in Svizzera con la scusa che altrove, nel mondo, esistono persone ancora più povere”. Infatti, aggiunge la Ces, “la lotta contro la miseria, intesa come la mancanza di un’alimentazione sufficiente, delle cure sanitarie, del lavoro, del rispetto dello Stato di diritto, della considerazione personale e sociale, deve essere portata avanti, è vero, in maniera prioritaria in molti Paesi. Ma ciò non ci dispensa dal prendere seriamente in considerazione la crescita della povertà nel nostro Paese. Qui, essa si traduce in scarsità di reddito, disuguaglianza di fronte alla formazione e al lavoro, disoccupazione, carenza di assistenza sociale, mancanza di prospettive future, esclusione sociale”. Quindi, i presuli ricordano che “in un Paese ricco come la Svizzera, l’esclusione dovuta alla povertà provoca la disperazione” e “l’incomprensione e la condanna sociale contribuiscono a questa situazione”. Per questo, “a fianco della lotta contro la miseria nel mondo, combattere la povertà in Svizzera deve essere una priorità”. Infine, la Commissione Giustizia e Pace ha deciso di sostenere “la dichiarazione della Caritas per la lotta alla povertà, poiché essa ritiene che la coesione sociale in Svizzera abbia un grande valore”. In fondo, conclude la nota, “essa non fa che riprendere la convinzione espressa nel preambolo della Costituzione federale che afferma: “La forza della comunità si misura nel benessere dei suoi membri più deboli”. (I.P.)

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    Il governo britannico elogia la Chiesa per il suo impegno contro la povertà

    ◊   Apprezzamento per l’impegno messo in campo dalla Chiesa cattolica nel rispondere alla povertà globale. È quanto espresso da Douglas Alexander, Ministro per lo Sviluppo internazionale del governo britannico. Come riferisce l’agenzia Zenit, il ministro inglese ha iniziato una visita in Vaticano ed incontrerà Benedetto XVI. Nella sua pagina web, Alexander riconosce di essere onorato per l’invito e di volere evidenziare, durante la sua visita, il ruolo unico svolto dalla Chiesa cattolica romana all’interno dello scenario mondiale, in particolar modo a livello locale, nell’ambito dei servizi sanitari ed educativi. Il rappresentante britannico auspica di poter discutere con il Papa “sull’importanza rivestita dalla lotta alla povertà globale e sul ruolo che i gruppi religiosi possono svolgere nella loro capacità di creare consenso e mobilitare l’opinione pubblica all’interno del mondo sviluppato”. “L’Osservatore Romano” ha pubblicato oggi un articolo firmato da Alexander, che afferma come nella lotta alla povertà “la Santa Sede si trova in una posizione unica”. (F.C.)

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    Consiglio Cei: i vescovi "rileggono" la prolusione del cardinale Bagnasco

    ◊   Una rilettura collegiale della prolusione pronunciata dal cardinale Bagnasco. È stata l’attività svolta dai 23 vescovi membri del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (Cei) durante la seconda giornata dei lavori. Come riferisce l’agenzia Sir, nel resoconto di ieri si legge che l’intervento del cardinale Bagnasco “ha offerto un giro d’orizzonte ed insieme una prospettiva unificante dell’attuale stagione ecclesiale e sociale”. Mons. Domenico Pompili, portavoce della Cei, ha sottolineato che “l’individuazione del tema dell’educazione come tema portante della prossima Assemblea generale di maggio è parsa a molti la strada concreta in cui declinare la proposta cristiana nei prossimi anni”. I presuli hanno evidenziato che occorre superare, in tal campo, “ogni astrattismo ed ogni separazione tra la fede e la vita”. Secondo i vescovi è poi necessario “suscitare una cittadinanza responsabile che sappia farsi carico dei difficili processi di integrazione sociale ed economica, così come dei temi della vita e della famiglia, oggi particolarmente messi a rischio da una ricorrente deviazione antropologica”. Riguardo il “sogno” di una nuova generazione di politici cattolici rivelato dal cardinale Bagnasco, i presuli hanno sostenuto che si tratta di una “aspirazione condivisa e necessaria”. Uno speciale ringraziamento, infine, è stato espresso a tutti i sacerdoti, “che vivono in prima persona i segni del trapasso epocale in corso”. (F.C.)

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    Giornata del malato: l’impegno della Chiesa a sostegno dei sofferenti

    ◊   “La Chiesa al servizio dell’amore per i sofferenti”. È il titolo della mostra che verrà inaugurata il 9 febbraio nell’atrio dell’Aula Paolo VI, in Vaticano, in occasione della XVIII Giornata Mondiale del malato del prossimo 11 febbraio. L’esposizione ospiterà 28 quadri del pittore Francesco Guadagnolo e farà parte del calendario di celebrazioni messo a punto dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute per celebrare il 25.mo anniversario della propria istituzione. Il soggetto principale dei quadri della mostra è Giovanni Paolo II, visto nel suo rapporto con la sofferenza. Il 10 febbraio sarà inoltre organizzato, nell’Aula Paolo VI, un concerto di musica classica presentato dall’attrice Claudia Koll. Le celebrazioni per la Giornata Mondiale del Malato continueranno nell’Aula Nuova del Sinodo con il simposio internazionale che si terrà il 9 e 10 febbraio, incentrato sulla Lettera Apostolica “Salvifici Doloris” e sul Motu Proprio “Dolentium Hominum”, con cui Giovanni Paolo II istituì il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. L’11 febbraio giungeranno in Vaticano le reliquie di Santa Bernadette Soubirous e verrà celebrata la Messa da Benedetto XVI. Al termine, avranno luogo, come riferisce l’agenzia Zenit, una processione ed una preghiera con la statua della Madonna di Lourdes. Il Papa si affaccerà per salutare i malati ed i loro accompagnatori. Parteciperanno alle celebrazioni anche Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Ferruccio Fazio, Ministro italiano della Salute, Gianni Alemanno, Sindaco di Roma e Carl Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo. (F.C.)

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    Giornata della memoria: tra le vittime anche 500mila rom

    ◊   “Il 27 gennaio è anche il giorno della memoria della strage nazifascista dei rom e dei sinti nei campi di concentramento”. Lo ha ricordato, come riferisce l’agenzia Sir, mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes. “Si parla di 500.000 vittime”, ha aggiunto il sacerdote. Una circolare del 1942 del governo del Terzo Reich così affermava: “Gli zingari costituiscono in generale un fattore di insicurezza e quindi un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza. A motivo della loro indole interiore e del loro atteggiamento esteriore, uno zingaro non può essere un membro utile della società”. “Sono parole che spesso – ha spiegato mons. Pagano – ancora oggi, purtroppo, ritornano in alcuni pregiudizi dell’opinione pubblica e che sono sullo sfondo di alcune ordinanze, dimenticando i diritti di una minoranza dell’Europa cristiana”. (F.C.)

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    Si apre l’Anno giubilare per il Centenario di fondazione delle Missionarie della Consolata

    ◊   Le Suore Missionarie della Consolata celebrano venerdì prossimo, 29 gennaio, i cento anni di fondazione del loro Istituto missionario. Dieci anni dopo la fondazione dell’Istituto dei Missionari della Consolata, per rispondere alle esigenze di una collaborazione al femminile nel servizio apostolico in Africa, il canonico Giuseppe Allamano, rettore del santuario della Consolata a Torino, inaugurò, il 29 gennaio 1910, la nuova famiglia missionaria: le Suore Missionarie della Consolata. L’Istituto - riferisce l'agenzia Fides - è oggi presente in quattro continenti (Europa, Africa, America e Asia), con la finalità che era nel cuore dell’Allamano fin dalle origini: la gloria di Dio attraverso la santità della vita e l’evangelizzazione dei popoli. In preparazione a questo Anno Giubilare, da tre anni l’icona della SS.ma Vergine Consolata, partita dal Santuario della Consolata di Torino, sta peregrinando tra la gente, nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle comunità religiose, nelle parrocchie di 4 continenti. Nel messaggio augurale che la Superiora generale e il suo Consiglio hanno inviato a tutte le missionarie della Consolata, viene espressa la gioia e la gratitudine, facendo viva memoria dell’amore e della fedeltà di Dio lungo questi anni, e invitano ad intonare insieme il Magnificat – canto di benedizione e di lode – e a ripeterlo all’unisono ogni giorno, in questo Anno giubilare. La Celebrazione Eucaristica che darà inizio all’Anno Giubilare, si terrà nel Santuario della Consolata a Torino il 29 gennaio 2010, alle ore 18.15 e sarà presieduta dall’arcivescovo, cardinale Severino Poletto. (R.P.)

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    San Giovanni Rotondo: arriva da Betlemme la statua di Gesù Bambino

    ◊   Da Betlemme al santuario “Santa Maria delle Grazie” di San Giovanni Rotondo. È il percorso che farà la statua di Gesù Bambino, che per la prima volta lascerà il santuario della Terra Santa per arrivare domani nella città dove visse Padre Pio. L’idea di questa iniziativa – come hanno spiegato i frati cappuccini di san Giovanni Rotondo all’agenzia Sir – è nata durante un pellegrinaggio a Betlemme, guidato nello scorso ottobre da padre Francesco Dileo, rettore del santuario della città garganica, che ha ricordato la profonda devozione che San Pio aveva verso il “divino Infante”. Il programma prevede due uscite del Bambinello dalla chiesa di “Santa Maria delle Grazie”: la sera del 31 gennaio sarà portato al monastero delle clarisse cappuccine, mentre la sera del 3 febbraio alla Casa Sollievo della Sofferenza. La mattina del 4 febbraio la statua sarà trasportata nel reparto di oncologia pediatrica del poliambulatorio “Giovanni Paolo II”. Il 7 febbraio, l’immagine del Bambin Gesù sarà a Roma, prima di ripartire per Betlemme. (F.C.)

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    Spagna: i vescovi hanno assegnato i premi "Bravo 2009" ai media più meritevoli

    ◊   Si è tenuta oggi a Madrid la cerimonia di consegna dei premi “Bravo 2009”, assegnati dalla Commissione episcopale delle comunicazioni sociali della Chiesa di Spagna (Cemcs). I premi - riferisce l'agenzia Sir - hanno come fine di riconoscere da parte della Chiesa il lavoro meritorio di quei professionisti della comunicazione nei diversi mezzi, che si sono distinti per il servizio alla dignità dell'uomo, ai diritti umani e ai valori evangelici. Quest'anno il premio "Bravo" per la stampa è stato assegnato al settimanale “Alfa y Omega”. Un premio speciale è andato alla memoria di don José María Javierre Ortas, recentemente scomparso. Ad aggiudicarsi il premio "Bravo" per la radio: “Radio 5 todo noticias”, quello per la televisione a “Madrid opina”, il premio per il cinema al programma di attualità cinematografica di Popular Tv “Pantalla grande”. Ancora: per le nuove tecnologie il premio va alla Congregazione del clero e per il lavoro diocesano nei mezzi di comunicazione alla diocesi di Cordova. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Al via la conferenza di Londra: Afghanistan e Yemen al centro dei colloqui

    ◊   Londra per due giorni sarà al centro dell’attività diplomatica internazionale, con due vertici di primo piano. Il primo, oggi pomeriggio, dedicato allo Yemen, il secondo, domani, all’Afghanistan. In entrambi i casi, l’argomento su cui si discuterà sarà la lotta al terrorismo e la sicurezza internazionale. Eppure, in molti credono che non si giungerà ad alcun risultato concreto. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Antonio Varsori, docente di Relazioni internazionali presso l’Università di Padova:

    R. – Io credo che, come sempre in questi casi, l’importanza sia data dal fatto che si tratta di uno scambio di opinioni e quindi la possibilità di chiarire, di razionalizzare e probabilmente di trovare delle risposte che non siano di breve periodo, ma piuttosto di medio e lungo periodo. Faccio un esempio concreto: nel caso dello Yemen, dopo le prime reazioni, sembrava addirittura che si dovesse puntare ad un intervento militare diretto dagli Stati Uniti. In realtà, c’è un atteggiamento più cauto e più prudente. Credo, quindi, che questo incontro servirà soprattutto per dare una valutazione più attenta e più ponderata sia di una situazione, sia dell’altra.

     
    D. – I Paesi partecipanti hanno già ribadito il sostegno finanziario e politico alle autorità di Sana’a e Kabul. Quindi, professore, al Qaeda si combatte soprattutto attraverso lo sviluppo?

     
    R. – Io ritengo che questo sia uno degli aspetti fondamentali. La lotta nei confronti del terrorismo è una lotta molto complessa, che ha degli aspetti di carattere militare, degli altri di intelligence e poi – se vogliamo – gli aspetti che possono determinanti sono rappresentati dalle scelte di natura politica. In questo ambito è chiaro che, ad esempio, il sostegno economico a questi Paesi - con l'intento di risolvere alcune situazioni particolari, perché non è detto che alcune situazioni si risolvano soltanto con lo strumento di carattere militare - rappresenta un aspetto significativo, quasi fondamentale.

     
    D. – Secondo lei, l’Europa saprà finalmente esprimersi ad una sola voce su argomenti come la sicurezza internazionale?

     
    R. – Se dovessimo basarci sulle esperienze più recenti, non dovremmo essere molto ottimisti, anche perché nella lotta al terrorismo entrano in campo interessi di natura nazionale molto forte. Io sono sufficientemente pessimista. Spero di essere smentita dai fatti.

     
    Ali Khamenei torna a minacciare Israele: "verrà distrutto"
    Nel giorno delle celebrazioni in tutto il mondo della Giornata della Memoria per le vittime dell’Olocausto, la guida suprema dell'Iran, Ali Khamenei, ha di nuovo invocato la scomparsa di Israele. “Di sicuro verrà il giorno - ha dichiarato la guida suprema – in cui le nazioni della regione vedranno la distruzione del regime sionista”. Le frasi di Khamenei rilanciano l’appello del presidente, Mahmoud Ahmadinejad, a “cancellare Israele dalla mappa del mondo” e a interpretare l'Olocausto come un “mito”.

    Monito dell'Iran agli Stati del Golfo: non usate basi Usa contro di noi
    Nuovo monito di Teheran contro gli Stati Uniti questa volta con un avvertimento diretto ai Paesi del Golfo, “rei” di ospitare basi Usa sul proprio territorio. Il presidente del parlamento iraniano, Ali Larijani, in visita in Kuwait, ha esortato infatti gli Stati arabi del Golfo a vietare l’utilizzo delle basi americane nei loro territori in caso di attacco all’Iran. L’allusione di Larijani è a Kuwait, Bahrain e Qatar, tutti membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo.

    Iraq-Iran: le truppe di Teheran si ritirano dal campo petrolifero di Fakka
    I soldati iraniani che avevano assunto il controllo del pozzo di Fakka, lungo la frontiera fra Iraq e Iran, hanno abbandonato oggi la loro base e sono tornati alle loro posizioni iniziali, dopo oltre un mese dall'inizio della crisi. Lo scorso 18 dicembre, una decina di militari di Teheran era avanzata nel territorio conteso, erigendo una base provvisoria nel perimetro del campo petrolifero, il cui controllo è rivendicato anche da Baghdad. La crisi aveva inizialmente fatto schizzare il prezzo del petrolio nei mercati internazionali.

    Iraq: al Qaeda rivendica gli attentati contro gli alberghi a Baghdad
    Il ramo iracheno di Al Qaeda ha rivendicato oggi gli attentati di lunedì scorso contro tre hotel a Baghdad, che hanno causato la morte di almeno 36 persone. Sempre nella capitale, questa mattina un gruppo di uomini armati ha preso d’assalto un pullman di pellegrini iraniani provocando due vittime. L'attacco è avvenuto all'indomani di un altro grave attentato kamikaze contro l'Istituto di medicina legale del Ministero degli interni iracheno. La nuova scia di violenza, con un bilancio di oltre cinquanta vittime, coincide con l'approssimarsi delle elezioni legislative e presidenziali del prossimo 7 marzo.

    Scintille al confine tra le due Coree: colpi di artiglieria nel Mar Giallo
    Nuove pericolose tensioni fra Pyongyang e Seul. La Corea del Nord ha sparato diversi colpi di artiglieria dalla costa occidentale nelle acque del Mar Giallo, a sud della "Northern Limit Line" (Nll), la linea di confine fra i due Stati, tracciata dopo il conflitto del 1950-1953 e mai riconosciuta da Pyongyang. Seul avrebbe risposto al fuoco. Ieri, la Corea del Nord aveva dichiarato il bando alla navigazione in una vasta area nelle acque del Mar Giallo. Zona che, secondo fonti militari di Seul, verrà utilizzata per nuovi test missilistici.

    Usa: attesa per il primo discorso di Obama sullo stato dell’Unione
    Appuntamento storico, stasera, per il primo discorso sullo stato dell’Unione del presidente statunitense. Barack Obama dovrà convincere democratici, repubblicani e indipendenti a credere ancora in lui, a un anno dal suo ingresso alla Casa Bianca. “Preferisco essere un buon presidente per un solo mandato che uno mediocre per due mandati”, ha dichiarato all'emittente Usa AbcNews, alla vigilia. Secondo le previsioni, Obama parlerà di misure a sostegno di famiglie e lavoratori, ma anche di congelamento della spesa pubblica per tre anni così da ridurre il deficit federale.

    India: 60.mo anniversario della Repubblica
    L’India ha celebrato ieri il 60.mo anniversario della proclamazione della Repubblica e dell’entrata in vigore della Costituzione, avvenuti il 26 gennaio 1950. La più grande democrazia del mondo si avvia ad avere un peso economico e politico sempre più importante: quale sarà in questo scenario il ruolo della Chiesa cattolica? Emer Mc Carthy ha intervistato il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente dei vescovi indiani:

    R. – Io penso che l’India abbia fatto molto, nonostante ci sia ancora molto da fare. E penso che la Chiesa in India sia ancora viva e questa è una cosa bella. Anche il governo ha fatto molto per il popolo. Rispetto a 30 anni fa, la situazione è molto differente. Oggi, la gente ha la possibilità di un’educazione, di migliorare la propria salute. Anche la situazione socio-economica dell’India è molto differente: la povertà non è stata abolita, esiste, ma è diminuita, specialmente nelle città.

     
    D. – Eminenza, quali sfide lei pensa che la Chiesa e il governo debbano ancora affrontare nell’India di oggi?

     
    R. – Una sfida importante sta nel fatto che il governo deve prestare attenzione anche al popolo nei villaggi, perché ancora oggi ci sono località dove non c’è elettricità, non ci sono buone scuole e dunque la gente non ha la possibilità di avanzare economicamente, socialmente. La Chiesa deve aiutare il governo. La Chiesa è piccola - siamo il 2,3 per cento della popolazione, siamo una minoranza - ma anche se siamo in pochi facciamo tanto per la gente. Ci sono diverse culture e diverse religioni e noi facciamo uno sforzo per radunare tutti, per dialogare con tutte le religioni.

     
    D. – Sono passati sessant'anni dalla Costituzione indiana, dove è sancita la libertà religiosa. E’ facile predicare la Parola di Dio nell’India di oggi?

     
    R. – In diverse zone c’è questa possibilità, ma in altre la gente ha paura: tutti sanno quello che è accaduto in Orissa, l’anno scorso. Noi dobbiamo stare attenti. Direi che questa è una fase temporanea, che passerà. Spero che presto potremo predicare il Vangelo dappertutto.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

     
    Myanmar: gli Stati Uniti tornano a chiedere la liberazione di Aung San Suu Kyi
    Gli Stati Uniti insistono per la liberazione immediata di Aung San Suu Kyi, la leader dell'opposizione birmana agli arresti domiciliari per volontà della giunta militare che governa il Paese. Uno dei portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Philip Crowley, ha definito “infelice” l'ipotesi riportata dai media birmani secondo cui la donna potrebbe restare in stato d'arresto fino alla fine di novembre, “stranamente, fino a dopo le elezioni”, ha commentato Crowley. “Noi - ha concluso - continueremo a chiedere al governo birmano che le renda la libertà”.

    Honduras: insediamento del nuovo capo di Stato, Profirio Lobo
    Con l’insediamento previsto per oggi del nuovo capo dello Stato, Porfirio Lobo, eletto lo scorso novembre, sembra avviarsi alla conclusione la crisi politica dell’Honduras. Una crisi iniziata sette mesi fa, con un colpo di Stato dei vertici militari e delle massime istituzioni che avevano portato alla deposizione del presidente, Manuel Zelaya. L’elezione di Lobo - che ha sostituito il presidente ad interim, Roberto Micheletti, non riconosciuto dalla comunità internazionale - è stata accolta positivamente dagli Usa. Zelaya, lascia oggi l'Ambasciata brasiliana, dove si era rifugiato dopo il suo ritorno in Honduras, per recarsi nella Repubblica Dominicana.

    Medio Oriente: vertice a sorpresa tra Egitto e Israele
    Il presidente egiziano, Hosni Mubarak, incontra oggi il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, a Sharm El Sheikh. L’incontro è stato convocato a sorpresa ieri sera. Secondo indiscrezioni, i due parleranno di come far ripartire il processo di pace in Medio Oriente dopo i colloqui di Mubarak con l'inviato del presidente Usa Obama, George Mitchell ed esponenti palestinesi. Israele e Stati Uniti sperano che l'Egitto possa far pressione sul presidente palestinese, Abu Mazen, perchè torni al tavolo dei negoziati anche senza il congelamento totale dei nuovi insediamenti israeliani nei Territori palestinesi.

    Disarmo
    Entro alcune settimane, Russia e Stati Uniti potrebbero definire il nuovo accordo per la riduzione degli armamenti strategici, in sostituzione allo Start I scaduto lo scorso 5 dicembre. Ad affermarlo, è il portavoce del Ministero degli esteri russo, Igor Lyakin-Frolov. I negoziati si erano arenati a dicembre, anche se i presidenti dei due Paesi avevano assicurato la loro disponibilità a definire l'accordo entro il 2009. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Rizzo)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 27

     
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