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Sommario del 24/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • L’unità dei cristiani e la molteplicità dei carismi: al centro delle parole del Papa all’Angelus
  • A conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, domani il Papa presiederà la Celebrazione dei secondi Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura
  • La visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, grande contributo al dialogo tra ebrei e cattolici: così il rabbino David Rosen:
  • Dopo la presentazione, martedì scorso, dei Lineamenta, cresce l’attesa per il prossimo Sinodo sul Medio Oriente
  • Oggi in Primo Piano

  • Drammatico aggiornamento per il terremoto ad Haiti: sarebbero almeno 150mila i corpi finora sepolti
  • In Nigeria emergono nuovi eccidi: intervista con l'arcivescovo di Jos
  • A 400 anni dalla scomparsa di Matteo Ricci, la Compagnia di Gesù lo ricorda con una serie di iniziative
  • Anno Sacerdotale: la testimonianza di padre Domenico Bertogli, da oltre 40 anni in Turchia
  • Chiesa e Società

  • Le responsabilità dei media al centro dell'Omelia del cardinale Bagnasco alla Messa con il personale RAI, nel giorno di San Francesco di Sales
  • Riprende oggi la causa di Beatificazione di padre Matteo Ricci
  • L'Oms chiede adeguate cure in Asia per la lebbra, che si può curare e prevenire
  • Domenica prossima alla stazione centrale di Milano cerimonia di commemorazione della deportazione degli ebrei
  • Commemorato in Cina il missionario gesuita padre Martino Martini
  • Tre anni fa la morte dell’Abbé Pierre. Martedì una messa in suo ricordo nella Basilica di San Paolo a Roma
  • “Il Signore s(c)ia con voi”. A febbraio l’edizione numero 11 della manifestazione promossa dal Centro sportivo italiano
  • Al via a febbraio a Parigi la mostra itinerante dal titolo “La Bibbia, patrimonio dell’umanità”
  • Le offerte raccolte oggi nelle chiese italiane saranno devolute ai terremotati di Haiti
  • 24 Ore nel Mondo

  • In un audiomessaggio, Bin Laden si rivolge a Obama e minaccia nuovi attentati
  • Il Papa e la Santa Sede



    L’unità dei cristiani e la molteplicità dei carismi: al centro delle parole del Papa all’Angelus

    ◊   La preghiera per l’unità dei cristiani e la ricchezza dei carismi all’interno della Chiesa sono stati i temi della riflessione del Papa all’Angelus, recitato in piazza San Pietro. Inoltre, un pensiero a San Francesco di Sales e al sacerdote e martire catalano proclamato Beato ieri a Barcellona. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    La Chiesa non è un organismo uniforme: il Papa commentando la prima Lettera ai Corinzi, proposta dall’odierna liturgia, invita tutti a riflettere sulla specificità della Chiesa. San Paolo la paragona ad un corpo umano che “è uno solo ma ha molte membra”. E Benedetto XVI spiega che la Chiesa si presenta “come un organismo ricco e vitale, non uniforme, frutto dell’unico Spirito che conduce tutti ad unità profonda”. “La chiesa – aggiunge il Papa – assume le diversità senza abolirle e realizzando un insieme armonioso”. La Chiesa “prolunga nella storia la presenza del Signore risorto”. E’ qui la sua santità:

    “E’ proprio in Cristo e nello Spirito che la Chiesa è una e santa, cioè un’intima comunione che trascende le capacità umane e le sostiene”.

    Riflessioni che assumono particolare significato nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si concluderà domani ma che vivrà oggi pomeriggio la tradizionale celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, presieduta dal Papa con la partecipazione dei Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma. Occasione preziosa di preghiera:

    “Invocheremo da Dio il dono della piena unità di tutti i discepoli di Cristo e, in particolare, secondo il tema di quest’anno, rinnoveremo l’impegno di essere insieme testimoni del Signore crocifisso e risorto (cfr Lc 24,48). La comunione dei cristiani, infatti, rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo, come affermò lo stesso Gesù pregando il Padre alla vigilia della sua morte: “Che siano una sola cosa … perché il mondo creda”.

    Poi il Papa ricorda la figura di san Francesco di Sales, la cui memoria liturgica ricorre oggi:

    “Si dedicò con grande frutto alla predicazione e alla formazione spirituale dei fedeli, insegnando che la chiamata alla santità è per tutti e che ciascuno – come dice san Paolo con il paragone del corpo – ha il suo posto nella Chiesa”.

     
    San Francesco di Sales è patrono dei giornalisti e della stampa cattolica e dunque il Papa affida alla sua spirituale assistenza il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, presentato ieri in Vaticano.

     
    Dopo la preghiera mariana, un pensiero al sacerdote e martire catalano Josè Samso I Elias, ucciso durante la guerra civile, proclamato Beato ieri a Barcellona:

     
    “Da vero testimone di Cristo, morì perdonando i suoi persecutori. Per i sacerdoti, specialmente per i parroci, egli costituisce un modello di dedizione alla catechesi e alla carità verso i poveri”.

     
    Nei saluti nelle varie lingue, “l’invito alla preghiera per l’unità dei cristiani” e l’invito ad “essere generosi con i doni che Dio ci fa”, ricordando che “Dio vuole che lo serviamo nell’unità della fede”. Poi i saluti in italiano:

    “In particolare i ragazzi della Diocesi di Milano, che a Pentecoste faranno la professione di fede, e quelli della parrocchia di San Romano in Roma, che si preparano alla Cresima; come pure i fedeli di Avellino, Gubbio e Cecchina, e il gruppo della Banca di Piacenza. Rivolgo uno speciale saluto alle famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e a quanti questa notte hanno vegliato nella chiesa di San Gregorio VII pregando per soluzioni giuste e pacifiche dei problemi dell’immigrazione. A tutti auguro una buona domenica. Buona settimana”.

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    A conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, domani il Papa presiederà la Celebrazione dei secondi Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura

    ◊   A conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, domani il Papa presiederà la Celebrazione dei secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura alle ore 17.30. Dell’impegno per il dialogo Federico Piana ha parlato con padre Roberto Giraldo, preside dell’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino:

    R. – In questi anni si sono realizzate delle convergenze che lo stesso Primate della Comunione anglicana, Rowan Williams, ritiene siano impressionanti, ad esempio sulla natura della Chiesa. Io direi, quindi, di essere ottimisti e di accogliere l’invito del cardinale Kasper che ci dice: facciamolo questo dialogo, vale la pena farlo perché già anche il porre chiaramente le questioni è avere metà della soluzione che andremo a cercare.

     
    D. – Come possono venirsi incontro le varie Chiese e comunità ecclesiali?

     
    R. – E’ stabilito che i fondamenti della fede sono comuni: la Trinità, Gesù Cristo, i primi Concili che hanno affermato i primi dogmi, sono comuni a tutte le Chiese cristiane. Su questi fondamenti, c’è ora da vedere il valore delle varie differenze, che a volte possono essere culturali, a volte possono essere anche dettate da tradizioni o da un popolo che sta camminando. Non per niente il Concilio parlava della gerarchia delle verità, dicendo di concentrarsi su quelle fondamentali e di accettare le altre come diversità che possono essere anche una ricchezza o come un passo di un popolo che sta ancora camminando e che arriverà pian pianino.

     
    D. – Una ricchezza della diversità nell’unità…

     
    R. – Il dialogo con le culture e la cultura stessa ci ha aperto a dire che il cristianesimo si incarna nelle diverse culture, ma non tutte sono assorbite semplicemente dalla cultura latina. Importante è che il Signore parli con interezza nella verità, ma del resto può usare tutte le lingue e i colori di questo mondo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, grande contributo al dialogo tra ebrei e cattolici: così il rabbino David Rosen:

    ◊   Una strada “lunga”, che viene da un passato anche difficile, ma non lastricata di “ostacoli insormontabili”. E’ così che vede l’evoluzione del dialogo tra ebrei e cattolici il rabbino David Rosen, direttore dell'American Jewish Committee, che si sofferma con parole molto positive sulla recente visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma. L’intervista è di Philippa Hitchen:

    R. – We are involved in a process; people have forgotten that there were lots of …
    Siamo nel pieno di un processo evolutivo. La gente ha dimenticato che molte persone non erano nemmeno favorevoli alla visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga. Qui, in Italia, ci fu una grossa discussione su quella opportunità, molti dibattiti: la gente ha dimenticato tutto questo. Hanno dimenticato anche che tutto il lavoro fatto per riavvicinare i lefebvriani di fatto fu iniziato da Giovanni Paolo II, mentre oggi è Benedetto XVI che viene reso responsabile di tutto. Come ho già detto, io spero che questi eventi mettano a tacere tante paure e tanti sospetti. Non ci si riuscirà sempre. Ma noi continueremo a lavorare: alcuni riusciremo a convincerli, nel tempo, ed altri no. Ma questa evoluzione nei rapporti cattolico-ebraici è ormai troppo grande, troppo importante perché si possa consentire ad uno solo di questi sospetti di boicottarla o comunque di metterla in qualsiasi modo in seria difficoltà.

     
    D. – Eppure, l’ambasciatore d’Israele a Roma recentemente ha fatto notare che la maggioranza degli ebrei – forse si riferiva a Israele – non è interessata, non vede la necessità di un dialogo…

     
    R. – We all know the difference between the optimist and the pessimist. …
    Noi tutti conosciamo la differenza tra l’ottimista e il pessimista. Ma perché l’ottimista vede il bicchiere mezzo pieno e il pessimista lo vede mezzo vuoto? Dipende dal punto di vista. Il pessimista guarda dall’alto, e si aspetta di vedere un bicchiere pieno: per questo vede che manca qualcosa e se ne disturba molto. L’ottimista, invece, guarda da sotto e vede che, all’inizio, il bicchiere era vuoto e quindi ora vede tutto quello che c’è dentro e questo lo rende felice. Oggettivamente parlando, la strada da fare è ancora lunghissima perché le ferite della storia sono molto profonde, e perché, in definitiva, la Nostra Aetate ha solo 50 anni, che in termini relativi è un lasso di tempo molto breve. Il cambiamento veramente forte è avvenuto con la visita di Giovanni Paolo II in Israele. Quello che è importante comprendere in Israele - per quanto riguarda l’articolo dell’ambasciatore israeliano - è che la grande maggioranza di ebrei non ha mai incontrato un cristiano del mondo di oggi: anche se vanno all’estero, incontrano i “non-ebrei” come tali, appunto, e non come “cristiani”. Per questo, l’idea che hanno della cristianità è derivata soltanto dal passato, negativo e tragico. C’è una frase famosa di padre Edward Flannery, tratta dal suo libro “The Anguish of the Jews” (L’angoscia degli ebrei), che dice così: “Gli ebrei hanno imparato a memoria quelle pagine della storia che i cristiani hanno strappato”. Ecco: esiste una memoria profondamente traumatizzata, che viene potentemente lenita da un incontro positivo, quando questo avviene. Ma la grande maggioranza degli israeliani non ha l’occasione di un simile incontro positivo: questo è il potere delle immagini ed è per questo che è stata così importante la visita di Giovanni Paolo II in Terra Santa, che sia stato visto al Muro del Pianto in solidarietà orante con la tradizione ebraica, e così pure il testo della sua preghiera, che chiedeva perdono a Dio per i peccati commessi dai cristiani contro gli ebrei nel corso dei secoli; o anche la sua presenza allo Yad Vashem, al Memoriale dell’Olocausto, con lacrime di compassione per le sofferenze degli ebrei. Tutto questo ha profondamente commosso gli israeliani e ha fatto loro comprendere che c’è stato veramente un cambiamento. In modo similare, ci sono stati alcuni che - in funzione delle difficoltà che sono nate durante il Pontificato di Benedetto XVI - hanno sollevato questioni durante la sua visita in Israele: tuttavia, parlando in termini generali - e anche se non tutti i media lo hanno sottolineato – questa visita è stata un grande successo. E la visita, domenica scorsa, alla Sinagoga credo che sia un grande contributo. Quindi, rispetto al punto al quale ci trovavamo dieci anni fa abbiamo percorso molta strada in un importante processo di “riparazione”. La strada da fare è ancora molto lunga? Sì. E’ insormontabile? Certamente no.

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    Dopo la presentazione, martedì scorso, dei Lineamenta, cresce l’attesa per il prossimo Sinodo sul Medio Oriente

    ◊   C’è grande attesa per la prossima Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si terrà dal 10 al 24 ottobre, in particolare da quando, martedì scorso, sono stati presentati i Lineamenta, che focalizzano le tematiche. L’Assemblea ha per titolo: “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo ed un’anima sola”. Degli obiettivi Romilda Ferrauto ha parlato con mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi:

    R. – Vuole manifestare la vicinanza alle care comunità cattoliche del Medio Oriente e appoggiare il loro pellegrinaggio in questa situazione abbastanza delicata perché possano diventare sempre più coscienti della loro missione cristiana, della loro importanza nella vita delle loro Chiese in Medio Oriente.

     
    D. - Comunione e testimonianza, dunque, sono le due parole chiave di questo documento…

     
    R. – I cristiani che grazie a Dio vivono in questa terra che è la terra di Gesù vogliono continuare a vivere in uno spirito positivo, aperto al dialogo. Ma anche nelle nuove situazioni che si stanno sviluppando i cristiani hanno un ruolo fondamentale da giocare. Sia a livello della Chiesa universale ma anche dei Paesi singoli in cui vivono, sono chiamati ad essere testimoni sempre più autentici e maturi di Gesù Cristo per dare un loro contributo proprio all’edificazione di un mondo migliore, di una società sempre più rispettosa di tutti nella diversità dei doni, dei carismi, delle esperienze religiose per il bene comune.

     
    D. - Si può dire che la parola testimonianza esprima anche la volontà della Chiesa di spingere i fedeli a rimanere, malgrado le difficoltà. Perché c’è sempre il dilemma se aiutarli ad essere accolti in altri Paesi o se invece aiutarli a rimanere. Ma, forse, bisogna aiutarli a rimanere…

     
    R. – Ogni cristiano, con l’aiuto della Chiesa universale, va aiutato a scoprire la propria missione a rimanere nei luoghi d’origine. Ovviamente in una situazione che speriamo evolva in senso positivo, democratico, che ci sia la pace nella giustizia e che anche coloro che sono attualmente nella diaspora possano pian piano ritornare in queste terre così care a tutto il mondo cristiano.

     
    D. - Si sa già se esponenti di altre religioni saranno presenti a questo Sinodo?

     
    R. – Stiamo studiando i criteri anche per coinvolgere rappresentanti del mondo ebraico e musulmano al Sinodo. Credo che, con l’approvazione e l’incoraggiamento del Santo Padre, troveremo un modo appropriato per coinvolgere anche altre chiese cristiane. Naturalmente saranno presenti come delegati fraterni ma ci saranno anche rappresentanti del mondo ebraico e musulmano.

     
    D. - C’è già stato un rappresentante ebraico in un sinodo, ma i musulmani?

     
    R. – Ci sono stati musulmani anche nel Sinodo per il Libano e credo sia stata un’esperienza positiva. La Santa Sede, la Chiesa cattolica, promuove il dialogo, soprattutto il dialogo con rappresentanti delle grandi religioni monoteistiche per conoscersi meglio. E uno dei suggerimenti, anche dei nostri patriarchi e altri vescovi che hanno partecipato al Consiglio pre-sinodale, è stato di favorire una mutua conoscenza anche per mezzo dei mass media, di documenti, presentando oggettivamente sia il cristianesimo sia l’islam sia l’ebraismo. La gente dovrebbe avere un’idea autentica di ogni religione, conoscerla meglio, apprezzare e vedere non solo le differenze ma anche gli elementi comuni per accettarsi meglio, per rispettarsi e per collaborare in tanti campi soprattutto quello della promozione sociale, cominciando dal comune desiderio della pace nella giustizia.

     
    D. - Eccellenza, vuole lanciare un messaggio ai cristiani del Medio Oriente?

     
    R. - Credo che bisogna ringraziare la Divina Provvidenza per la presenza continua dei cristiani dal tempo di Gesù fino a oggi. A volte noi dimentichiamo il miracolo della bontà di Dio che ha voluto tale presenza continua nonostante i molti difficili periodi della storia. I cristiani hanno avuto la saggezza necessaria per vivere in vari regimi durante i secoli, di attraversare tutte le difficoltà e questo ci dà anche la speranza che potranno superare le attuali difficoltà. D’altra parte, esiste anche un fenomeno recente, per noi cristiani positivo, di una immigrazione di tanti operai che vengono in Paesi in forte sviluppo e dove la presenza cristiana prima era minima o quasi non esisteva. Noi, dunque, da una parte siamo anche grati a Dio perché dà alla sua Chiesa, al mondo cristiano, questa possibilità di testimoniare la fede cristiana là dove prima non era presente. Dunque è lo spirito che scrive, a modo suo, una nuova pagina della storia della Chiesa, della storia del Cristianesimo, della storia dell’umanità. Noi dovremmo essere attenti ai segni dei tempi e essere strumenti utili a questa grande opera di Dio che è cominciata in Terra Santa, che continua in Terra Santa e che si riflette su tutta la Chiesa e possiamo dire su tutto il mondo.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi in Primo Piano



    Drammatico aggiornamento per il terremoto ad Haiti: sarebbero almeno 150mila i corpi finora sepolti

    ◊   Ad oltre dieci giorni dal sisma che ha devastato Haiti, il numero dei morti sale ancora di ora in ora. Il Ministro della Cultura e della Comunicazione, Marie Laurence Jocelyn Lassegue, ha reso noto che i corpi senza vita recuperati e sepolti finora sono più di 150mila. Almeno 250mila le persone che hanno perso la casa. Intanto da Port-au-Prince la sorpprendente notizia di un ennesimo sopravvissuto. Il servizio è di Virginia Volpe

    Potrebbero esserci altre cinque persone vive sotto le macerie dell'albergo della capitale, da dove ieri è stato salvato un altro superstite del terremoto: un ragazzo di 24 anni. E’ quanto ha affermato il giovane, che è stato trovato in una sorta di sacca creatasi tra le rovine. A quanto sembra, era attigua a un magazzino dell'albergo e a un vicino supermercato, anch'esso crollato. E il ragazzo infatti ha inoltre raccontato di non essere disadrato grazie alle confezioni di Coca Cola che aveva vicino a sè. ''Ho avvertito la scossa il 12 gennaio ma poi sono svenuto - ha raccontato - quando mi sono ripreso ho chiamato Gerald (un suo collega), non ho mai pianto, ho solo pregato''. Da tutto il mondo si moltiplicano le raccolte fondi: la trasmissione tv organizzata dalle star dello show business americano a favore della popolazione di Haiti ha fruttato 58 milioni di dollari nelle prime 24 ore. Ma la situazione nel Paese è ancora critica: durante la distribuzione di generi di conforto questa mattina le truppe delle Nazioni Unite hanno sparato colpi d'avvertimento e lanciato gas lacrimogeni per riportare la calma. L’assegnazione di cibo, olio di soia, acqua e radio in un ex aeroporto militare era iniziata in tranquillità, con due lunghe file di haitiani ma ad un certo momento piccole schermaglie sono andate degenerando tra le persone in attesa, che per la maggior parte non avevano ancora ricevuto alcun aiuto dopo il sisma, e la folla ha cominciato a precipitarsi caoticamente verso gli aiuti. I caschi blu brasiliani hanno quindi sparato in aria e lanciato gas lacrimogeni. Sempre nella capitale Port-au-Prince, ieri ci sono stati i funerali dell'arcivescovo, monsignor Serge Miot, morto sotto la macerie della sua residenza, accanto alla cattedrale crollata per il terremoto. Migliaia di persone, tra le quali il presidente della Repubblica, Renè Preval, hanno assistito alla Messa. Accanto al feretro scoperto di mons. Miot è stata posta la bara del vicario generale di Port-au-Prince, mons.Charles Benoit, anche lui deceduto nel crollo della cattedrale.

    Dunque continua ad essere drammatica la situazione ad Haiti. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Marco Bertotto direttore dell’Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze, che raggruppa alcune tra le più importanti ed autorevoli Ong presenti sul territorio ed ora impegnate sull’isola di Haiti:

    R. – E’ una situazione ancora drammatica dal punto di vista umanitario. E’ una situazione, però, in cui i problemi di sicurezza non rendono impossibile la distribuzione degli aiuti e l’attivazione dei programmi di intervento. E’ sicuramente una corsa contro il tempo.

     
    D. – Da sabato sono sospese le ricerche dei sopravvissuti…

     
    R. – I nostri soccorritori hanno ancora la speranza di salvare persone, ma evidentemente tutti i segnali fanno pensare che non ci sono più possibilità di rintracciare dei superstiti e quindi si sospendono le ricerche per dare priorità ad altri interventi a sostegno dei sopravvissuti.

     
    D. – Che cosa state facendo sul territorio?

     
    R. – Noi abbiamo nove Ong concentrate sostanzialmente in interventi in 11 aeree di Haiti e stiamo raggiungendo una popolazione di circa 300 mila persone, con aiuti di prima emergenza, kit di tipo sanitario ed igienico, cibo ed acqua potabile.

     
    D. – Oltre al dramma del terremoto preoccupa la situazione dei bambini, possibili vittime di tratta. Si pensa anche all’accelerazione di pratiche per l’adozione internazionale?

     
    R. – In un Paese come Haiti, in cui anche prima del terremoto assistevamo a fenomeni di sfruttamento dei minori, è evidente che non è questa la situazione e non questo il momento per accelerare pratiche di adozione internazionale, laddove invece la priorità deve essere data ai programmi anzitutto di registrazione e poi di ricongiungimento con le reti familiari esistenti.

     
    D. – In uno scenario come quello haitiano, come si agevolano concretamente i ricongiungimenti?

     
    R. – Intanto si cercano di allestire degli spazi che siano sicuri e in cui ci siano misure di protezione e di assistenza per i minori. C’è poi un processo di censimento e di registrazione: si attivano una serie di canali con le autorità locali, con le associazioni, con le reti delle comunità per cercare di rintracciare i parenti che possano prendersi cura dei minori.

     
    D. – Da più parti arrivano appelli a non abbandonare la popolazione quando l’emergenza terremoto sarà finita. Vi state già organizzando?

     
    R. – Abbiamo in testa un programma di intervento che non si esaurirà in questa prima fase di emergenza, ma arriverà a fasi di post-emergenza e possibilmente anche di ricostruzione e di sviluppo. E’ evidente che questa è una fase molto delicata. Il coordinamento è la chiave dell’efficacia dell’azione umanitaria in queste circostanze ed è perciò indispensabile che ci sia un coordinamento ad Haiti, sul territorio. Ci sono già in piedi dei meccanismi di coordinamento istituiti dalle Nazioni Unite. Quando i riflettori si spegneranno, quando l’attenzione dell’opinione pubblica diminuirà, allora inizierà la vera sfida per ricostruire Haiti e per restituire un futuro, una dignità ed una prospettiva alle popolazioni.

     
    Ad Haiti è piena emergenza ma si dovrà presto parlare della fase di ricostruzione. La nostra collega del programma francese Claire Malapert ha parlato di rischi ed errori da evitare con Xavier Ricard, responsabile della direzione Partenariat international del Comité Catholique contre la Faim e pour le Development-Terre Solidaire, che segue più di 500 progetti in 70 Paesi del mondo:

    R. – La condition pour que cette reconstruction…
    La condizione fondamentale affinché questa ricostruzione funzioni è che ne venga investita direttamente la società haitiana e che le venga affidata non soltanto la gestione dei mezzi, ma anzitutto il controllo del proprio destino. Io ho la sensazione che la società haitiana non sia mai stata artefice del proprio destino e questo sia perché è stata presa in ostaggio da altri, sia perché la difficile situazione finanziaria ha portato il popolo haitiano ad adottare delle politiche che gli venivano dettate dall’esterno. Restituire quindi ad Haiti il controllo sul proprio destino è – a mio avviso – la prima cosa da fare. E’ poi necessario incoraggiare il popolo haitiano, con dispositivi adeguati, alla realizzazione di una struttura finanziaria locale che sia orientata verso i reali bisogni di Haiti e particolarmente nel settore agricolo. Se si riuscirà a fare tutto questo, allora si riuscirà a rispondere ai veri problemi della società haitiana.

     
    D. – Se voi fate un tale appello è perché credete che non sarà così?

     
    R. – Le période de crise, come celle que nous sommes en train de vivre…
    Un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo in Haiti e che ha portato ad una tale solidarietà mondiale può avere delle conseguenze “perverse” sul piano di sviluppo a lungo termine di un Paese. E questo perché evidentemente un afflusso così massiccio di fondi, che le società locali non sono preparate a gestire, può portare a degli squilibri, può portare a degli sconvolgimenti sociali ed economici, così come alla sostituzione degli “attori” locali nella gestione del futuro del Paese. Le terre interne già molto impoverite e il conseguente crollo della produzione agricola non sono più in grado di coprire le necessità di una popolazione così numerosa e il rischio è, evidentemente, quello dell’esodo rurale. Ora possono anche aumentare i problemi relativi alla deforestazione che l’isola già conosce in modo evidente. Le conseguenze devastatrici degli uragani che hanno colpito l’isola di Haiti sono state infatti ancora più forti proprio perché l’isola aveva subito una notevole deforestazione. Risulta quindi necessario anzitutto sviluppare dei progetti agricoli nel Paese. L’altra questione fondamentale è chiaramente quella relativa al governo e cioè all’azione e ai sistemi del governo locale e nazionale, sul quale è necessario fare un grande lavoro. Questo sisma ha fornito - in un certo modo - l’occasione affinché i coordinamenti che si metteranno in atto per gestire gli aiuti, siano essi nazionali che locali, ripensino i meccanismi di governo da applicare, appoggiandosi però su quelle esperienze consolidate e positive, che sono già sviluppate da anni e che sono spesso sostenute da associazioni della società civile. E’ assolutamente necessario non demolire e non smantellare tutto questo: si potrebbe avere questa tentazione perché sarebbe certamente più facile per noi gestire le cose tra organizzazioni governative e non governative di aiuto, anziché farlo insieme al popolo haitiano.

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    In Nigeria emergono nuovi eccidi: intervista con l'arcivescovo di Jos

    ◊   Cresce in Nigeria l'orrore per gli scontri: dopo le vittime dei giorni scorsi nella città di Jos, nel centro del Paese, si scoprono ora le stragi nel vicino villaggio di Kuru Karam. Centinaia di corpi di uomini, donne e bambini sono stati trovati nei pozzi e nei canali dei dintorni. Fattori più etnici e politici che religiosi: è quanto affermato all’agenzia Fides dall’arcivescovo nigeriano di Jos, mons. Ignatius Ayau Kaigama, a proposito dei sanguinosi scontri, che hanno avuto luogo nel territorio della sua diocesi. Emer McCarthy ha raggiunto telefonicamente a Jos lo stesso mons. Kaigama:

     
    R. – Right now, ...
    Al momento, riguardo alla crisi che si è sviluppata, direi che le cose si stanno calmando. I militari, la polizia, dispiegati dal governo federale, si trovano sul territorio. C’è un’atmosfera più calma. Si stanno però spargendo voci infondate. Le persone raccontano storie non vere e questo contribuisce alla paura, alla tensione, all’ansia. Nei villaggi circostanti hanno sentito la voce che a Jos i cristiani sono stati uccisi, le loro chiese sono state tutte bruciate e che pure i musulmani sono stati attaccati, le loro moschee sono state bruciate e sono stati uccisi. Questo ha contribuito ad infiammare la situazione e a creare una situazione di incertezza. Il risultato è che alcuni giovani, sentendo queste storie, cercano vendetta, senza essere a conoscenza dei fatti. Si vendicano a discapito della gente indifesa e innocente, che sia cristiana o musulmana. La paura si diffonde nei villaggi, dove queste voci continuano a circolare, causando molta ansia e tensione.

     
    D. – Quanto è importante la cooperazione, la collaborazione e il dialogo tra i capi religiosi per l’educazione delle comunità?

     
    R. – Yes, we try our best...
    Sì, noi facciamo del nostro meglio per incoraggiare il dialogo. Io sono a capo dell’Associazione cristiana della Nigeria, che rappresenta i cristiani dello Stato di Plateau e abbiamo anche il capo dell’associazione musulmana JNI, Jamatu Nasril Islam. Entrambi siamo i capi del Consiglio religioso per la pace e l’armonia dello Stato di Plateau. L’idea di questo Consiglio è di promuovere, ispirare e predicare l’unità, l’amore degli uni verso gli altri, la tolleranza. Non è un compito facile. Si trovano molte persone desiderose di ascoltare il messaggio di pace e di dialogo, ma ci sono molti poi che sono radicati nei loro modi di fare e di pensare e sono convinti che non possa fiorire nessun buon rapporto tra musulmani e cristiani. Questo è il mio messaggio continuo: dobbiamo dialogare, dobbiamo parlare! I musulmani, i nostri fratelli e sorelle, sono fatti come noi ad immagine e somiglianza di Dio, anche se non vedono le cose nella stessa maniera. Anche se loro istigano ad attacchi verso di noi, la nostra religione ci insegna a sconfiggere il male con il bene: Gesù è il modello e non dobbiamo allontanarci da ciò che ci ha insegnato. Il percorso continua e gradualmente ci sono sempre più persone che si convertono al bene, e che vogliono sedersi con i musulmani e con i cristiani, per dialogare invece che combattere.

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    A 400 anni dalla scomparsa di Matteo Ricci, la Compagnia di Gesù lo ricorda con una serie di iniziative

    ◊   Una serie di iniziative della Compagnia di Gesù per ricordare un suo illustre figlio: padre Matteo Ricci, a 400 anni dalla scomparsa. Ieri a Milano film, dibattiti, un concerto ed una mostra oltre alla rievocazione curata dal Superiore Generale padre Nicolàs. “Dell’Amicizia. Matteo Ricci: Oriente e Occidente in dialogo” il tema della giornata. Il servizio di Fabio Brenna:

    Nel 2010 si ricorda il quarto centenario della scomparsa di Padre Matteo Ricci, gesuita missionario in Cina, che ancora oggi rappresenta un modello per l'evangelizzazione e l'incontro con culture diverse. Il Centro S. Fedele di Milano ha dedicato un'intensa giornata a questa figura di fine umanista, matematico e astronomo che Benedetto XVI ha definito “proficuo modello di incontro tra la civiltà europea e quella cinese”. Il Padre Generale dei Gesuiti Adolfo Nicolàs, nell'incontro centrale della giornata, ha ricordato Matteo Ricci come esempio paradigmatico di come l'annuncio del Vangelo non possa prescindere dalla relazione e dall'incontro tra i popoli: solo facendosi congiunzione fra la cultura europea del Rinascimento e la civiltà cinese, egli riuscì nell'impresa di portare il Cristianesimo in Cina, così come il gesuita Roberto De Nobili in India. Una figura dunque straordinariamente attuale quella di Matteo Ricci come ci dice padre Adolfo Nicolàs:

    “Matteo Ricci ci dice che la visione che aveva Sant’Ignazio che Dio sta lavorando nel cuore degli uomini continua a essere vera e questo accade prima che arrivino i missionari, prima che arrivi un messaggio esplicito. Allora questa apertura mentale, culturale e spirituale alla vita degli uomini e delle donne è sommamente importante per trovare la propria missione. Questo messaggio continua a essere vivo anche oggi”.

    Padre Andrea Dell'Asta ha, quindi, parlato di missione ed arte nella Compagnia di Gesù, cui è seguita la proiezione di un docufilm, “Matteo Ricci, un gesuita nel regno del Drago”, presentato all'ultimo Festival di Venezia. Una tavola rotonda ha quindi cercato di individuare chi sono oggi gli eredi di Matteo Ricci, evidenziando lo stato delle relazioni fra l'Occidente ed il grande Paese asiatico. La giornata si è chiusa con un concerto dedicato a musicisti. Inaugurata infine la mostra “Hidetoshi Nagasawa: nel segno della Croce. Arte antica e contemporanea a confronto”. Una rassegna dedicata interamente alla Croce che, nello stile missionario di padre Ricci, non si deve tradurre in una strategia di conquista, ma in una relazione di reciproca accoglienza e di amicizia.

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    Anno Sacerdotale: la testimonianza di padre Domenico Bertogli, da oltre 40 anni in Turchia

    ◊   Per la nostra rubrica dedicata all’Anno Sacerdotale, ascoltiamo oggi la testimonianza di un religioso cappuccino italiano, padre Domenico Bertogli, che da oltre 40 anni vive in Turchia. La sua è un’esperienza singolare tra ortodossi e musulmani con i quali si sono sviluppati rapporti di amicizia e di collaborazione. Padre Bertogli vive ad Antiochia e la sua parrocchia è quella di San Pietro e San Paolo, ci racconta la sua storia al microfono di Tiziana Campisi:

    R. – Vivevo in un paesino di montagna; volevano farmi studiare e allora, per un po’ ho studiato alla statale poi i miei genitori hanno pensato di mandarmi in seminario. Io non volevo andare a studiare in seminario, ma dai frati cappuccini c’era la possibilità di studiare a buon mercato, non c’erano molte spese. E allora, sono andato al seminario dei Cappuccini di Parma. Quando sono arrivato al liceo, poi, ho deciso di diventare frate. In casa c’è stato un po’ un dramma, ma comunque avevo deciso così. In seguito, terminati gli studi e la formazione, il superiore mi ha detto che c’era bisogno di presenze in Turchia. ‘E va bene - ho detto - andiamo in Turchia!’.

     
    D. – Che cosa può dirci della sua esperienza in Turchia?

     
    R. – Sono già più di 40 anni che sono in Turchia: per me è stata un’esperienza fantastica! Un’altra cultura, un’altra maniera di vedere, anche i rapporti umani … Anche se, devo dire, per me è stato molto importante, negli anni ’76-’77, l’incontro con il Cammino Neocatecumenale che mi ha veramente fatto scoprire la mia vocazione francescana, la mia vocazione sacerdotale … Io non volevo essere prete secolare perché non mi piaceva l’idea di vivere da solo, ma praticamente ho capito che il Signore, attraverso i Cappuccini, voleva che diventassi sacerdote. E io vivo oggi questa realtà e vedo che il Signore mi ha preso per un’altra maniera, perché io ho scoperto veramente il ruolo del sacerdote nella semplicità, anche tra la gente più umile, più povera … Prima sono stato 20 anni a Smirne: anche lì è stata una bella esperienza. Qui ad Antiochia, invece, dove sono adesso, sono l’unico italiano. Nella maggioranza, qui, sono greco-ortodossi di lingua araba (circa un migliaio), mentre i cattolici sono una settantina. Ma abbiamo ottimi rapporti con gli ortodossi. Ho incominciato ad andare alla Chiesa ortodossa tutte le domeniche, abbiamo avuto un permesso particolare da Roma per poter celebrare la Pasqua nella stessa data degli ortodossi, abbiamo aperto un piccolo ufficio della Caritas. Il quartiere dove viviamo, dove c’è la chiesa cattolica di Antiochia, è un quartiere molto importante perché praticamente è il vecchio quartiere ebraico, dove è nata la Chiesa. Oggi è un quartiere musulmano, ma, assolutamente, qui non abbiamo mai avuto problemi! C’è molta amicizia, molta condivisione, molta simpatia anche da parte dei musulmani. E poi, noi abbiamo ristrutturato due vecchie case antiche del 1800 che sono diventate un po’ la meta di molta gente che viene a vedere come erano le vecchie case! E questo ha fatto sì che tanti musulmani vengano. Vengono soltanto a vedere, ma fanno anche domande sul cristianesimo! Addirittura, adesso portano anche gruppi di turisti interni! Poi, fanno sempre domande sul cristianesimo, quindi anche lì abbiamo la possibilità di dire la nostra fede, sempre nel rispetto dell’altro. Perché Giovanni Paolo II diceva – e io penso che sia vero e che dovrebbe essere una regola da osservare sempre – che il dialogo e il rispetto sono fonti di pace. E noi cerchiamo di dire la nostra fede senza discutere, senza dire. Questa è la nostra fede, rispettiamo anche la fede dell’altro.

     
    D. – La scelta del sacerdozio l’ha resa felice?

     
    R. – Sì! Perché per me il sacerdozio dev’essere proprio un servizio: un servizio nella Chiesa, alla comunità alla quale il Signore ti ha mandato, nel luogo in cui l’obbedienza ti ha mandato e lì il Signore opera!

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    Chiesa e Società



    Le responsabilità dei media al centro dell'Omelia del cardinale Bagnasco alla Messa con il personale RAI, nel giorno di San Francesco di Sales

    ◊   “Nella vostra attività, segnata da ritmi serrati e convulsi, lasciatevi guidare sempre e comunque dal desiderio di voler servire le persone e la società”. Così, in occasione dell’odierna memoria liturgica di San Francesco di Sales – patrono dei giornalisti e della stampa cattolica - il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, durante la Santa Messa celebrata stamattina presso il Teatro delle Vittorie di Roma alla presenza dei dirigenti e del personale della Rai. Il porporato, richiamando il discorso pronunciato da Benedetto XVI il giorno dell’Immacolata, ha invitato i presenti a non “perdere mai il gusto e la passione di costruire”. L’uomo – ha detto – oltre che della casa, “ha bisogno della “strada”, vale a dire di conoscere ciò che accade oltre di lui e che gli interessa e lo riguarda perché si riconosce dentro ad una storia più grande che è quella del mondo”. Per questo “la strada deve entrare nella sua casa – quasi diventare ambiente – ma non in modo selvaggio, sebbene il più possibile rispettoso, cercando con responsabilità di scegliere e di coniugare, tra ciò che è notiziabile, quanto è più necessario, utile, buono. Una responsabilità – ha affermato – “che è doverosa da parte del mondo mediale, e che si affianca a quella insostituibile di ogni persona, così da stabilire un circolo virtuoso per mantenere il più alto possibile il livello della domanda e dell’offerta”. Allora – ha spiegato il cardinale – “la casa non sarà ridotta a mercato, e la strada dell’informazione potrà umilmente gioire di partecipare alla costruzione di una dimora più umana”. Il cardinale Bagnasco ha poi richiamato un terzo elemento che è il Cielo, dunque la dimensione religiosa. Da qui l’invito agli operatori dei media a “non dimenticare i valori dell’anima”. “Senza la strada la casa dell’uomo è una prigione, senza il Cielo diventa soffocante”. Nella sua conclusione il porporato ha fatto nuovamente riferimento alle parole del Papa che – ha spiegato – “apre alle speranza e ricorda che i media possono incupire, ma possono anche illuminare; possono indurire, ma anche sciogliere; possono distruggere – e ne abbiamo frequenti esempi! – ma possono anche edificare”. (E. B.)

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    Riprende oggi la causa di Beatificazione di padre Matteo Ricci

    ◊   Al via oggi pomeriggio, alle ore 18, al termine della Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale di San Giuliano della Diocesi di Macerata–Tolentino–Recanati–Cingoli–Treia, la prima sessione del Tribunale Diocesano per la causa di Beatificazione di padre Matteo Ricci s.j. A dare notizia della ripresa del processo di Beatificazione del missionario gesuita maceratese, avviato nell’aprile del 1984, quando Matteo Ricci venne dichiarato “Servo di Dio”, è l’agenzia Fides. Il compito del Tribunale ecclesiastico sarà quello di ascoltare un certo numero di testimoni al fine di accertare l’attuale fama di santità del Servo di Dio. In concomitanza con l’inizio della causa, inoltre, è stata creata un’apposita commissione storica che avrà l’onere di raccogliere tutti gli scritti e i documenti attribuiti a padre Matteo Ricci, uniti a quelli che abbiano qualche rapporto con la sua figura. Il lavoro della commissione terminerà con uno studio critico sugli scritti del gesuita, assieme ad un giudizio circa l’autenticità e il valore dei documenti, sulla sua figura. Infine, sempre oggi, verrà inaugurata e benedetta la “Sala padre Matteo Ricci”, allestita nella sede di Palazzo Sarnari in occasione dei festeggiamenti in programma per il 2010. (E. B.)

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    L'Oms chiede adeguate cure in Asia per la lebbra, che si può curare e prevenire

    ◊   L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ritiene che la lebbra, causata dal batterio mycobacterium leprae, sia una malattia endemica nell’Asia nord occidentale e nei Paesi più poveri. Tuttavia, nonostante si continuino a registrare casi in tutto il mondo, solo in Brasile e a Timor est è considerato un problema di sanità pubblica. In queste zone attualmente 138 persone sono in cura, mentre dal 2004 sono stati riportati 1.300 casi, di cui 200 o 300 nuovi all’anno. “La lebbra non uccide nessuno” ha dichiarato Natalie Smith, responsabile del Leprosy Mission International di Timor est (TLMI), ripreso dall’agenzia Fides. Se lasciata senza cure, la malattia danneggia i nervi di piedi, mani e palpebre, rendendo i malati più vulnerabili a tagli ed infezioni che lacerano i tessuti. Tuttavia grandi passi avanti sono stati fatti dal ministero della Salute nel Paese asiatico. Secondo l’Oms, nel 2004 il tasso totale delle infezioni era di 4.7 per 10 mila persone, mentre nel 2009, il numero è sceso a 1.3 per 10 mila. Seguendo un programma di sensibilizzazione lanciato nel 2003, che ha coinvolto oltre 360 operatori esperti del Ministero della Salute, la lebbra è stata confinata in quattro paesi su 13 distretti: Bacau, Dili, Coval Lima e Oecusse, una zona isolata dell’Indonesia. Secondo gli esperti, la lebbra è abbastanza semplice da curare con una combinazione di farmaci antibatterici conosciuta come terapia multifarmacologica (MDT). Inoltre, se la cura viene avviata ai primi stadi la disabilità può essere prevenuta. Peraltro, dopo un mese di cura, i pazienti non sono più contagiosi, e dopo pochi mesi i danni della malattia si fermano. Nella zona rurale di Timor est, dove vive il 75% degli 1.1 milioni di abitanti, diagnosticare la malattia ed assicurare la cura rimane una sfida. Proprio la disinformazione può essere un pericoloso ostacolo al trattamento e alla diagnosi tempestiva. Mentre, per quanti riescono ad essere curati, la vita ritorna normale. Nel 2008, sono stati riportati 249.007 nuovi casi in tutto il mondo, meno rispetto ai 620.638 del 2002. (E. B.)

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    Domenica prossima alla stazione centrale di Milano cerimonia di commemorazione della deportazione degli ebrei

    ◊   Coloro che non hanno memoria del passato sono condannati a ripeterlo. Con questa profonda convinzione domenica 31 gennaio la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Ebraica di Milano, come ogni anno, si ritrovano per la memoria della deportazione degli ebrei partiti dalla Stazione Centrale il 30 gennaio 1944 e nei mesi successivi. Questa commemorazione – ricorda l’agenzia Sir - giunge nel 2010 alla sua quattordicesima edizione. Il programma prevede una prima sosta negli evocativi sotterranei della Stazione Centrale, gli stessi da cui partirono i convogli diretti ai campi di sterminio e dove sorgerà il Memoriale della Shoah di Milano. Proprio in questo luogo, dove ancora oggi si possono vedere i binari e i vecchi vagoni, è prevista la testimonianza di Liliana Segre, sopravvissuta, partita all’età di tredici anni per Auschwitz il 30 gennaio 1944. Alla commemorazione interverranno fra gli altri anche Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea dei rabbini d’Italia, Giovanna Massariello dell’ANED, l’associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti, e Giorgio Del Zanna della Comunità di Sant’Egidio. La cerimonia sarà accompagnata dal canto di un coro di bambini rom per fare memoria del Porrajmos, cioè lo sterminio dei Rom e dei Sinti. Il corteo salirà poi ai binari sostando davanti alla lapide commemorativa posta, presso il binario 21, per ricordare le vittime della Shoah e di tutti i genocidi del XX secolo. (E. B.)

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    Commemorato in Cina il missionario gesuita padre Martino Martini

    ◊   Il grande contributo del missionario gesuita p. Martino Martini per sostenere i riti cinesi, per seguire la linea missionaria di p. Matteo Ricci, per la diffusione della conoscenza del mondo cinese in Occidente e di quello occidente in Cina, sono stati commemorati in Cina durante una conferenza accademica che ha anche ricordato i 350 anni della costruzione della cattedrale di Hang Zhou, anch’essa opera sua. Nell’occasione - secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides - è stato anche sottolineato l’attualità della figura di p. Martini. Come confermato dai cattolici presenti, la sua eredità è “un impulso forte alla missione di oggi, perché prosegua il cammino con il suo senso di responsabilità missionaria, il suo coraggio e la sua dedizione”. Così la comunità cattolica di Hang Zhou, della provincia di Zhe Jiang, dove p. Martini trascorse gran parte della sua vita missionaria, ha voluto rendergli omaggio. Sei importanti accademici dell’Università cinese e di enti cattolici come Faith Institute for Cultural Studies (FICS), il Guang Qi Press della diocesi di Shang Hai, hanno inoltre presentato i loro studi sulla vita e la missione del gesuita, alla presenza del Console Italiano presso Shang Hai. P. Martino Martini (nome in cinese Wei Kuang-guo, Jitai), è nato a Trento, in Italia, il 20 settembre 1613, ed è morto a Hang Zhou in Cina il 6 giugno 1661. Ordinato sacerdote a Lisbona nel 1639, partì per l’Oriente insieme a 21 confratelli gesuiti nel 1640. Dopo 8 anni arrivò in Cina passando dall’India. Operò soprattutto a Hang Zhou, Lan Xi, Fen Shui nella provincia di Zhe Jiang, viaggiando in gran parte del Paese. Inestimabile il suo contributo per risolvere la questione dei riti cinesi: si è recato di persona a Roma per difenderli. Oltre che come grande missionario, è stato qualificato anche storico, cartografo, geografo, astrologo e matematico. Ha adottato il metodo missionario del confratello p. Matteo Ricci studiando la lingua locale e operando per l’inculturazione della fede. Divenne Delegato delle Missioni Superiori Cinesi dei Gesuiti. Nel 1658, costruì una chiesa a tre navate a Hang Zhou (1659-61), di cui è stato commemorato il 350.mo anniversario. Morì appena terminata la costruzione della chiesa. Scrisse inoltre diverse opere sulla Cina, compresa una grammatica. La sua opera più nota è l’Atlas Sinensis (1655). (E. B.)

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    Tre anni fa la morte dell’Abbé Pierre. Martedì una messa in suo ricordo nella Basilica di San Paolo a Roma

    ◊   Una Santa Messa nel terzo anniversario della morte dell’Abbé Pierre, fondatore del movimento Emmaus Internazionale. Sarà celebrata il 26 gennaio a Roma, nella Basilica di San Paolo fuori le mura alle ore 17.00. “Fare memoria della morte dell’Abbè Pierre – ha affermato all’agenzia Sir Renzo Fior, presidente di Emmaus Italia - significa ricordare e richiamare la sua vita in difesa degli ultimi, le sue parole forti per aiutarci a capire il senso e il significato profondo da dare alla nostra vita”. Una riflessione che acquista un particolare rilievo in questo momento in Italia. Secondo Fior “ormai non si contano più gli episodi di disprezzo che quotidianamente avvengono nei confronti dei più deboli: senza fissa dimora che vengono bruciati, gettati nel fiume, malmenati; persone di colore insultate, sfruttate nel lavoro, perseguitate”. Fior critica anche “una politica fatta di divieti, di paletti, di leggi e leggine che hanno il solo scopo di accanirsi contro chi cerca di una condizione di vita migliore dopo essere sfuggito a guerre, persecuzioni, situazioni di fame estrema”. “Se fosse ancora con noi l’Abbè Pierre – conclude – ‘tuonerebbe’ in maniera risoluta e forte contro queste politiche discriminatorie e persecutorie”. (E. B.)

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    “Il Signore s(c)ia con voi”. A febbraio l’edizione numero 11 della manifestazione promossa dal Centro sportivo italiano

    ◊   Si terrà il prossimo 8 e 9 febbraio a Sestola, nei pressi di Modena, l’undicesima “Festa nazionale sulla neve per sacerdoti sciatori”, manifestazione sportiva meglio conosciuta come “Il Signore s(c)ia con voi”, organizzata dal Centro sportivo italiano (Csi). L’evento, che vede la collaborazione dei comitati di Reggio Emilia, Modena e Carpi e della Scuola nazionale maestri di sci Sestola, rientra nel progetto Clericus Cup, rivolto a preti e seminaristi. Come riporta l’agenzia Sir, alle postazioni di partenza, tra gli altri, sono attesi mons. Nicolò Anselmi, responsabile nazionale della pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana, e mons. Claudio Paganini, consulente ecclesiastico nazionale del Csi. “La gara di sci che si svolgerà a Sestola non è un'Olimpiade, – ha spiegato - ma da undici anni rappresenta la possibilità di far emergere le passioni sportive e gli hobby di molti sacerdoti”. L’appuntamento – ha concluso - che si svolge in questo anno dedicato da Benedetto XVI, “offre anche la possibilità di far incontrare i sacerdoti offrendo un momento di preghiera, di comunione e amicizia”. (E. B.)

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    Al via a febbraio a Parigi la mostra itinerante dal titolo “La Bibbia, patrimonio dell’umanità”

    ◊   “La Bibbia, patrimonio dell’umanità”. Questo il titolo della mostra itinerante, proposta dall’Unesco e dall’Alleanza biblica francese, che verrà inaugurata il prossimo 8 febbraio a Parigi, presso la sede dell’agenzia Onu per l’educazione e la cultura. L’esposizione – riporta l’agenzia Sir – è articolata in si moduli: genesi della Bibbia; la Bibbia trasmessa; la Bibbia nella traduzioni; i mondi della Bibbia; Bibbia e culture; un libro di incontri. Fino al 12 febbraio rimarrà nella capitale francese per poi trasferirsi in diversi altri punti dell’area francofona. “Aperta alle culture ed alle religioni del mondo – spiegano gli organizzatori – la mostra intende porre in rilievo l’influenza della Bibbia sulla letteratura, la storia dei popoli e la storia dell’arte”. Secondo i promotori dell’iniziativa, “i francesi hanno un rapporto distaccato con la Bibbia. Nel 2001 il 72% affermava di non averla mai letta”; tuttavia “il recente inserimento di narrazioni bibliche nei programmi di francese o di storia dei licei” dimostra che “essa continua ad esercitare fascino ben al di là della sfera religiosa”. Secondo l’Unesco, invece, anche per i non credenti, “accanto agli altri grandi testi religiosi o filosofici, la Bibbia costituisce un bene comune dell’umanità”.

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    Le offerte raccolte oggi nelle chiese italiane saranno devolute ai terremotati di Haiti

    ◊   Raccolta straordinaria di fondi in tutte le chiese italiane oggi a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto di Haiti. L’iniziativa è stata lanciata dalla Conferenza episcopale italiana che, in un comunicato diffuso in questi giorni, ha ribadito che tutte le offerte raccolte nelle parrocchie del Paese nella giornata odierna saranno integralmente inviate alla Caritas italiana. I fondi serviranno soprattutto a fornire nei prossimi giorni aiuti alimentari, rifugi temporanei, indumenti e coperte, medicinali e servizi sanitari di prima necessità, acqua potabile, materiale igienico e sostegno psicologico. Il tutto nell’ambito del piano d’intervento bimestrale da oltre 30 milioni di euro lanciato da Caritas Internazionale, che, grazie all’aiuto delle parrocchie locali individuerà le persone più bisognose offrendo assistenza ad almeno 40 mila famiglie. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    In un audiomessaggio, Bin Laden si rivolge a Obama e minaccia nuovi attentati

    ◊   “E' triste vedere che lei vive in un posto sicuro, mentre i nostri fratelli soffrono a Gaza”. Questo uno dei passaggi del nuovo messaggio audio attribuito ad Osama Bin Laden trasmesso dalla tv satellitare araba Al Jazeera. Il leader della rete terroristica Al Qaeda ha rivendicato il fallito attentato del 25 dicembre scorso e si è rivolto direttamente al presidente americano, Barack Obama, minacciando nuove azioni contro gli Stati Uniti: “I nostri attacchi – ha detto - proseguiranno fino a quando sosterrete Israele”.

    Afghanistan: rinviate a settembre le elezioni previste a maggio
    Tre soldati americani sono rimasti uccisi nell'esplosione di bombe artigianali nel sud dell'Afghanistan. Salgono così a cinque i militari Usa morti nelle ultime 24 ore nel Paese. Dal canto suo, la Germania ha confermato il proprio impegno militare in Afghanistan. Il cancelliere Angela Merkel ha detto che saranno accelerati i tempi per l'addestramento delle forze di sicurezza locali. “Dobbiamo fare in modo che piano piano possano assumersi la responsabilità per la sicurezza del Paese, sia la polizia sia l'esercito”. Intanto la commissione elettorale afghana ha annunciato che le elezioni legislative previste per il 22 maggio, sono state rinviate al 18 settembre. Mancanza di fondi e “problemi di sicurezza e logistici” sono i motivi della decisione.

    Pakistan
    Miliziani talebani hanno ucciso sette pachistani nella regione settentrionale del Waziristan, al confine con l'Afghanistan, perché sospettati di fungere da spie per gli Stati Uniti. Cinque corpi crivellati da proiettili sono stati abbandonati sul ciglio della strada in un villaggio a 35 km a sud della principale città del nord Waziristan, Miranshah. Sembra che tutti siano stati uccisi la scorsa notte. Accanto ai corpi è stato trovato un biglietto con su scritto “spie americane”, chiunque abbia spiato per l'America subirà la stessa sorte. Due altri corpi sono stati trovati nella stessa regione con accanto una nota simile.

    Iraq
    I marine americani dopo sette anni hanno concluso la loro missione in Iraq lasciando la provincia di al Anbar. Lo annuncia un comunicato dell'esercito americano in cui si precisa che ciò implica la fine del dispiegamento dei marine in Iraq. “Oggi si scrive l'ultimo capitolo (della Forza dei marine) in Iraq e ad al Anbar”, ha detto il generale Terry Wolff comandante della provincia, ex roccaforte della ribellione. Le truppe da combattimento dovranno lasciare l'Iraq entro agosto 2010, passo verso il disimpegno totale americano nel Paese previsto per la fine del 2011. Attualmente in Iraq si trovano 115.000 soldati americani.

    Iran
    Sono quarantasei i passeggeri del volo Taban Airlines rimasti feriti nell'incendio divampato durante l'atterraggio nell'aeroporto di Mashhad, nell'Iran settentrionale. Alcuni versano in gravi condizioni, dicono i media locali. A bordo c'erano 170 persone, compreso l'equipaggio.

    Stati Uniti
    “E' un attacco alla nostra democrazia”. Il presidente Usa, Barack Obama, ha manifestato il suo dissenso contro la decisione della Corte Suprema di consentire alle grandi compagnie di spendere quanto vogliono nelle campagne elettorali per aiutare o per danneggiare un candidato. “Questa decisione metterà a disposizione dei lobbisti e degli interessi speciali quantità illimitate di denaro”, ha affermato Obama. “Non riesco a pensare ad un colpo più devastante per l'interesse pubblico”. La Corte Suprema ha deciso, con 5 voti favorevoli e 4 contrari, di abolire le restrizioni finora esistenti sulle quantità di denaro che le grandi compagnie possono usare nelle campagne elettorali.

     
    Sri Lanka
    Nonostante la campagna elettorale per le presidenziali in Sri Lanka sia chiusa dalla mezzanotte, la tensione è intensa a Colombo per le accuse rivolte dal candidato oppositore Sarath Fonseka al suo avversario e presidente uscente, Mahinda Rajapaksa, di meditare brogli e violenze, per restare alla guida del Paese. I brogli, scrivono i media di Colombo citando gli ultimi messaggi dell'ex generale dell'esercito, riguarderebbero anche la distribuzione di “un milione di carte d'identità false” in tutto il territorio nazionale. Le violenze sarebbero invece provocate nel nord e nell'est del Paese per scoraggiare a recarsi alle urne gli elettori della minoranza Tamil, il cui principale partito Tna, visto come ago della bilancia, è nella coalizione che appoggia Fonseka.

     
    Clima: summit Paesi emergenti
    I ministri dell'Ambiente dei Paesi del “gruppo di base” Brasile, Cina, India e Sudafrica si incontrano oggi a Nuova Delhi, in India, per discutere della strategia climatica comune da adottare all'interno dei negoziati delle Nazioni Unite. Il quartetto dei Paesi oltre a essere uno dei gruppi più influenti, come si è rivelato al vertice danese, riunisce il 41% della popolazione mondiale, l'11% del prodotto interno lordo (Pil) e il 30% delle emissioni globali di gas a effetto serra.

     
    Venezuela
    Il governo venezuelano ha oscurato le trasmissioni di sei emittenti televisive indipendenti via cavo. Si tratta di Ritmo Son, Momentum, America TV, American Network, TV Chile e Rctvi, che quasi tre anni fa si era vista ritirare l'autorizzazione per trasmettere in chiaro, a causa del suo appoggio al golpe anti-chavista del 2002. Rctvi nel 2007 era stata esclusa dalle trasmissioni in chiaro, per non aver diffuso un discorso ufficiale del presidente Hugo Chavez.

    Colombia
    Era stata rapita lo scorso 11 gennaio nella Colombia nordorientale da una banda che aveva chiesto un riscatto di 350mila dollari. Gli agenti della squadra antisequestri l'ha individuata e liberata nel villaggio di Palomino. Manuela Fankhauser, che ha 30 anni e fa la pubblicitaria, si era trasferita nel Paese sudamericano lasciando la sua Svizzera insieme al marito colombiano. In manette uno dei rapitori. Gli altri sono riusciti a fuggire dopo uno scontro a fuoco. (Panoramica internazionale a cura di Virginia Volpe)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 24

     
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