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Sommario del 12/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • E' la dignità dell’uomo il baluardo della pace e del creato: il commento di Ernesto Olivero e del prof. Antonio Papisca al discorso del Papa al Corpo diplomatico
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mons. Casmoussa denuncia la serie di violenze per scacciare i cristiani dall'Iraq e ringrazia il Papa per le sue parole in loro difesa
  • I vescovi europei e americani del Coordinamento per la Terra Santa in visita al muro di Gerusalemme Est. Intervista con mons. Franco
  • I minori immigrati protagonisti della Giornata mondiale delle migrazioni del 17 gennaio. Intervista con mons. Giancarlo Perego
  • L'esigenza di nuove politiche familiari di fronte alle difficoltà indotte dalla crisi economica. L'opinione di Gian Carlo Blangiardo
  • Scosse di terremoto nelle Marche. Il vulcanologo: nessun collegamento col sisma abruzzese
  • La morte del regista Eric Rohmer, autore di storie e personaggi di inimitabile grazia narrativa e visiva
  • I 50 anni di "Tutto il calcio minuto per minuto": quando la parola fa "vedere" l'emozione di un gol. Intervista con Alfredo Provenzali
  • Chiesa e Società

  • Malaysia: musulmani difendono le chiese da attacchi degli integralisti
  • Vietnam: a Dong Chiem cattolici picchiati, un giornalista ferito e un prete minacciato
  • Filippine: "collaborazione critica" nei rapporti vescovi-governo
  • El Salvador: la Chiesa invita lo Stato a chiedere perdono per i crimini della guerra civile
  • Anno europeo di lotta alla povertà: i vescovi del continente chiedono un "gesto simbolico"
  • L’Unione Africana inaugura l’Anno della pace e della sicurezza
  • RD Congo: i profughi di Dongo hanno bisogno di aiuti umanitari
  • Allarme in Uganda per la pratica di sacrifici umani e il traffico di organi
  • Diritti umani: tour europeo affinchè gli Stati accolgano i detenuti di Guantanamo
  • Visita in Libano di una delegazione di vescovi Usa nell'anno del Sinodo per il Medio Oriente
  • Soddisfazione dei vescovi Usa per il no alla legge sui matrimoni omosessuali nel New Jersey
  • Portogallo: la reazione della Chiesa all’approvazione in parlamento del matrimonio omosessuale
  • Spagna: aperto dal cardinale Rouco Varela l'Anno Santo di Caravaca
  • Cina: oltre 2 mila fedeli alla riapertura della parrocchia di Qi Bao nella diocesi di Shang Hai
  • Convegno Unitalsi: il cardinale Ruini e mons. Crociata invitano i preti ad essere veri credenti
  • Al Josp Fest il primo libro sul pellegrinaggio dedicato ai bambini
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iran: una bomba uccide uno scienziato nucleare. Teheran accusa Israele e Stati Uniti
  • Il Papa e la Santa Sede



    E' la dignità dell’uomo il baluardo della pace e del creato: il commento di Ernesto Olivero e del prof. Antonio Papisca al discorso del Papa al Corpo diplomatico

    ◊   La difesa della vita è il presupposto per la salvaguardia del Creato e della pace: questo, in sintesi, il messaggio che il Papa ha consegnato ieri alla comunità internazionale, nel suo tradizionale discorso d’inizio anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Proprio su questa relazione tra ecologia umana e protezione dell’ambiente, Alessandro Gisotti ha intervistato Ernesto Olivero, fondatore del Sermig - Arsenale della Pace:

    R. - L’aria che io respiro è buona, mi dà vita. Ma se l’aria che io respiro la violento, prima o poi qualche cosa capita anche al mio respiro. E il mio respiro incomincia dagli alberi, comincia dal rispettare il verde, comincia dal non sprecare nulla…

     
    D. - Dunque: l’uomo e il creato in sintonia?

     
    R. - Facciamo parte della stessa avventura di Dio che ci ha messo su pascoli erbosi e noi, a volte, il pascolo erboso lo riempiamo di cemento, lo riempiamo di speculazione… Quindi è sempre un inno ad amare l’uomo, e se qualcuno prende troppo, lo toglie a qualcun altro.

     
    D. - E infatti, alla base delle crisi economiche come dello sfruttamento dell’ambiente, ha detto il Papa, c’è l’egoismo, il non riconoscersi fratelli. Il Papa richiama tutti alla centralità della dignità della persona umana…

     
    R. - Certo. E’ l’avidità che ha accecato tante situazioni. E questa crisi, quando è iniziata, mi faceva dire ai miei giovani: “C’è una bellezza che bussa alla porta dell’uomo; se noi non sappiamo riconoscere che questa crisi è dovuta all’avidità, al pensare soltanto a noi stessi, noi saremo raggirati all’ennesima potenza”. Il Papa ci ricorda che questa crisi può essere un’opportunità per cambiare registro.

     
    D. - Chiaramente, il Papa si rivolge a tutti…

     
    R. - Esatto. Il Papa ha la forza, perché il cristiano quando parla non parla soltanto a se stesso, parla all’umanità: il cristiano ha conosciuto una Buona novella, una bella storia vera, quindi non è una favola. E la vuole raccontare con le parole, con i gesti, con la testimonianza, a tutto il mondo.

     
    D. - La Chiesa, maestra di umanità…

     
    R. - Sì, la Chiesa, poi, deve diventare maestra e testimone. Questo, però, dipende da ciascuno di noi che si dice cristiano di esserlo veramente e di testimoniarlo con il silenzio, con la propria vita, con il proprio impegno là dove vive. Non sempre accade, e quindi questo è un esame di coscienza che io come cristiano devo fare.

     
    D. - Nel discorso al Corpo diplomatico, il Papa ha anche esortato a rispettare la libertà religiosa. Il pensiero, ovviamente, va ai tanti cristiani - pensiamo all’Egitto, alla Malesia - che anche in questo periodo di Natale sono stati vittime della violenza…

     
    R. - Noi, in Europa, avremmo una grande possibilità - e non la stiamo sfruttando bene - di far capire che la libertà religiosa dev’essere in ogni angolo del mondo. Noi giriamo il mondo per la nostra solidarietà e ci accorgiamo che non è così: deve diventare veramente una libertà, e quindi l’Europa dovrebbe essere maestra di indicazione.

     
    D. - Il Papa ribadisce ancora una volta l’urgenza di liberare il mondo dalle armi: un obiettivo profetico che è proprio all’origine dell’istituzione del Sermig, dell’Arsenale della pace...

     
    R. - La pace è il bene più prezioso che possa esistere nella vita di ogni donna e di ogni uomo, e la guerra quindi è la cosa peggiore che possa esistere per ogni donna e per ogni uomo. Noi ci siamo ritrovati, grazie alla Parola di Dio, grazie ad Isaia, ad incontrare il sogno di Dio, cioè che le armi bisogna tramutarle in strumenti di lavoro. Quindi, le parole del Papa sono un inno a Isaia che ci preannuncia che la vera pace è lì.

     
    Sempre nel discorso al Corpo diplomatico, Benedetto XVI ha esortato la comunità internazionale a mettere la dignità della persona umana alla base delle relazioni internazionali. Un appello quanto mai opportuno ed attuale: a sottolinearlo è il prof. Antonio Papisca, docente di Relazioni internazionali dell'Università di Padova, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. - Dalla parte del Pontefice sta il nuovo diritto internazionale, che si radica nella Carta delle Nazioni Unite e nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Qui c’è un nuovo diritto internazionale: bisogna essere obbligati, dobbiamo sentirci obbligati al rispetto della persona umana, tutti gli Stati e tutti i governi. Questo tema e, quindi, il valore della dignità umana che si incarna nella persona è un principio che fa parte di quel superiore grado dell’ordinamento di cui parla il Papa nella Caritas in veritate, riprendendo un tema caro a Papa Wojtyla.

     
    D. - L’orizzonte della Santa Sede, del Papa è davvero universale? Ecco, peraltro, recentemente la Santa Sede ha anche allacciato relazioni piene con la Russia…

     
    R. - Possiamo parlare di un multilateralismo virtuoso e fecondo. Secondo me, bisogna insistere molto sul tema, anche questo molto caro all’attuale Pontefice, della famiglia umana e che lui sviluppa - per così dire - “a cerchi concentrici”: parte dalla persona nelle sue relazioni con altri per arrivare poi alla famiglia, per arrivare poi alla famiglia umana. Bisogna allora anche rinnovare nel linguaggio ed aggiornare anche il significato di certe espressioni come ad esempio “comunità internazionale”: cos’è? E’ il club degli Stati? La comunità internazionale è l’insieme delle persone umane, membri dell’unica famiglia umana e i cui diritti fondamentali sono riconosciuti dal vigente diritto internazionale.

     
    D. - Un tema particolarmente caro al Pontefice è quello della salvaguardia del creato, sottolineando ancora una volta l’importanza della fraternità e della famiglia umana…

     
    R. - Nel messaggio per il primo gennaio, Giornata mondiale per la pace, si riprendono dei temi che ritroviamo ancora una volta nella Caritas in veritate, e cioè il tema del governo di un mondo sempre più interdipendente, sempre più globalizzato. L’ambiente naturale creato - che è un dono - deve essere gestito, deve essere governato: ma con quale legge? Ancora una volta, ritorna un dato di fatto: noi abbiamo già una legge buona e giusta ed è il diritto internazionale per i diritti umani.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La città dell’incontro inevitabile: in prima pagina, una corrispondenza di Franco La Cecla su Istanbul capitale europea della cultura.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'economia: Obama si prepara a tassare le banche per ridurre il deficit pubblico americano e ridare fiducia ai mercati.

    Quanti ecclesiastici a lezione da Galileo: in cultura, Giancarlo Rocchiccioli su san Giuseppe Calasanzio, gli scolopi e la scuola pensata per tutti.

    I rischi dell'autosufficienza: l'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, spiega perché per molti ebrei ortodossi il dialogo con i cattolici è ancora difficile.

    Un articolo di Marco Beck dal titolo “Un’umanità color sabbia, seppia e fango”: riappare in libreria “Therese Desqueyroux” di Francois Mauriac.

    Il senso profondo della vita così com’è: Emilio Ranzato ricorda il regista e critico francese Eric Rohmer, esponente rigoroso della Nouvelle Vague.

    L'uomo libero insegue la verità e non il successo: la prefazione di Angelo Paoluzi al libro di Giuseppe Merola “Angelo Narducci e ‘Avvenire’”, scritto per i venticinque anni dalla morte del giornalista abruzzese.

    Nell’informazione vaticana, Mario Ponzi intervista il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero.

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    Oggi in Primo Piano



    Mons. Casmoussa denuncia la serie di violenze per scacciare i cristiani dall'Iraq e ringrazia il Papa per le sue parole in loro difesa

    ◊   In Iraq, proseguono gli attacchi contro la comunità cristiana di Mossul. Ieri sera, è stato ucciso un uomo di 75 anni, proprietario di un piccolo negozio di verdura e legumi di fronte al convento dei Padri domenicani. E non si hanno poi più notizie di una studentessa cristiana rapita lo scorso 31 dicembre da un gruppo islamico. Si tratta di azioni terroristiche che alimentano una spirale di violenza caratterizzata da attacchi a chiese, da sequestri e omicidi per costringere i cristiani a fuggire dal Paese. E’ quanto sottolinea l’arcivescovo siro-cattolico di Mossul, mons. Georges Casmoussa, raggiunto telefonicamente in Iraq da Amedeo Lomonaco:

    R. - The situation of Christians in Mossul...
    La situazione dei cristiani in Mossul non è molto buona. Molti episodi, brutti episodi, si sono verificati nel mese di dicembre: molte chiese sono state bombardate o attaccate e alcuni cristiani sono stati uccisi a Mossul. Cinque o sei persone sono state uccise nel mese di dicembre. A Natale e Capodanno, le nostre chiese erano vuote, perché molte delle strade per raggiungere le nostre chiese sono state chiuse. Non è una situazione normale, non c’è sicurezza e sentiamo che le autorità centrali o locali non riescono ad avere il pieno controllo soprattutto ora, prima delle elezioni.

     
    D - Ieri, il Papa nel discorso al Corpo diplomatico ha esortato governanti e cittadini iracheni ad oltrepassare la divisione, la tentazione della violenza e l’intolleranza per costruire insieme l’avvenire del Paese. Quale significato hanno per la comunità cristiana irachena le parole del Santo Padre?

     
    R. - We know that the Holy Father...
    Sappiamo che il Santo Padre parla spesso della Chiesa irachena. Noi abbiamo molte, molte difficoltà nel restare in città - a Baghdad, a Mossul, a Bassora - e molte famiglie lasciano queste città per altri luoghi in Iraq. Apprezziamo, con molta gratitudine, il Santo Padre per i suoi appelli. Ogni volta che il Papa parla dell’Iraq, per noi è molto importante.

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    I vescovi europei e americani del Coordinamento per la Terra Santa in visita al muro di Gerusalemme Est. Intervista con mons. Franco

    ◊   Giornata intensa quella di oggi per i vescovi del Coordinamento Usa-Ue per la Terra Santa, che fino al 14 gennaio saranno a Gerusalemme per la tradizionale visita alle comunità locali. Oggi, i presuli che prendono parte al 10.mo Incontro di coordinamento hanno toccato con mano i gravi disagi della popolazione nella zona est della Città santa. Il servizio di Daniele Rocchi, inviato dell’Agenzia Sir:

    Il programma ha avuto inizio con una sessione tenuta da Daniel Seideman, fondatore dell’Associazione no-profit "Ir Amim", che da anni lavora per uno sviluppo di Gerusalemme sostenibile e giusto sia per i palestinesi che per gli israeliani. Al termine, Seiderman ha accompagnato la delegazione a Gerusalemme Est, dove ha mostrato case palestinesi demolite e soprattutto il muro di separazione, che ha tagliato la città e che ha creato problemi drammatici alla popolazione palestinese locale, che in breve tempo si è vista privata di ospedali, scuole, posti di lavoro divenuti irraggiungibili proprio a causa di quella barriera. Successivamente, i vescovi si sono recati a Beit Safafa, dove vivono alcune giovani coppie cristiane che hanno avuto dalle abitazioni in locazione vantaggiosa dal Patriarcato Latino. Nel frattempo, una piccola rappresentanza del Coordinamento dei vescovi veniva ricevuto da Denni Ayalon, viceministro degli esteri israeliano. Nel pomeriggio, il Coordinamento incontrerà a Betlemme gli studenti della locale università cattolica, fondata nel 1973 - la prima in assoluto dei Territori palestinesi - e successivamente esponenti della comunità ecclesiale.

    La Chiesa in Terra Santa non vuole particolari privilegi, ma la possibilità di poter esercitare liberamente la propria missione. Il concetto è stato ribadito dal nunzio apostolico in Israele, l’arcivescovo Antonio Franco, presente all’incontro di Gerusalemme. Le parole del presule ai microfoni di Daniele Rocchi e Sara Fornari:

    R. - Noi riaffermiamo quella che è la nostra posizione di fondo e cioè che su alcune cose non possiamo rinunciare e non perché vogliamo dei privilegi eccezionali, ma perché vogliamo consentire alla Chiesa di poter vivere e di poter continuare la sua missione, la sua funzione sociale qui in Israele. Su alcuni punti, quindi, noi non possiamo cedere. Se riusciremo a comprenderci e a vedere le ragioni gli uni degli altri, capendo il perché noi chiediamo alcune cose, allora forse riusciremo a fare dei progressi. Se non riusciamo in questo, dobbiamo insistere ancora e dobbiamo avere ancora pazienza.

     
    D. - Le parlava della fiducia…

     
    R. - La fiducia cresce quanto più ci si conosce e quanto più si vede cosa veramente si vuole. Noi possiamo continuare a parlare, a spiegare, a precisare meglio. Noi siamo fiduciosi che alla fine le cose si potranno capire bene.

     
    D. - Lei diceva che un punto importante è costruire la fiducia reciproca…

     
    R. - Questo è basilare in ogni rapporto umano e lo è ancor più quando si fanno dei negoziati per un qualcosa di concreto, e non soltanto quando si discute accademicamente. Bisogna che ci sia la fiducia reciproca, perché altrimenti si rimane sulle difensive, cercando di capire come poterci difendere da qualcuno. Noi, invece, vogliamo costruire qualcosa e per farlo abbiamo bisogno della fiducia.

     
    D. - Ci sono passi positivi circa la restituzione del Cenacolo?

     
    R. - Questo è un punto che noi stiamo trattando e dove forse non siamo ancora riusciti a capire bene le rispettive posizioni, ma che speriamo possano essere considerate anche in futuro, quando tratteremo più specificatamente di questi argomenti riguardanti il Cenacolo, così come anche altre proprietà della Chiesa che sono state prese per altri scopi da altri enti statali o meno. Noi speriamo di poter chiarire bene il valore di queste cose e il perché insistiamo su uno o l’altro aspetto.

     
    D. - Quali sono i frutti che si aspetta da questa visita e dall’incontro con questi vescovi e Conferenze episcopali?

     
    R. - E’ un’iniziativa che, anno dopo anno, si ripete. Quello che mi aspetto è che anche in questo caso ci sia una consapevolezza migliore, più chiara, più precisa della realtà e di quello che interessa alla Chiesa universale della vita della Chiesa qui in questa terra, perché questa è certamente una terra particolare e la presenza della Chiesa ha un riflesso ed una ripercussione su tutta la Chiesa universale e su tutta la cristianità. Qui, ci sentiamo tutti un po’ coinvolti: i cristiani sono una minoranza e dobbiamo quindi cercare di lavorare sempre di più in collaborazione, perché ciò che succede qui ha un interesse ed un valore per tutta la cristianità. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    I minori immigrati protagonisti della Giornata mondiale delle migrazioni del 17 gennaio. Intervista con mons. Giancarlo Perego

    ◊   I fatti di Rosarno, in Calabria, hanno evidenziato la debolezza del sistema di accoglienza e di integrazione. E' stata una lotta tra poveri e chi maggiormente è stato sconfitto è stato il più povero: l’immigrato. Occorre superare le tentazioni di xefonobia, ricreare un clima di maggiore e migliore accoglienza. Così oggi si è espresso mons. Bruno Schettino, presidente della Fondazione Migrantes e arcivescovo di Capua, presentando la Giornata mondiale delle migrazioni del prossimo 17 gennaio, sul tema “Il minore migrante rifugiato, una speranza per il futuro”. Celebrazioni che quest’anno saranno ospitate dalla Campania e in cui si parlerà di minori nati in Italia da famiglie straniere, di minori non accompagnati o separati, di minori rifugiati, attorno ai quali occorre costruire casa e città, ha spiegato mons. Giancarlo Perego, direttore generale della fondazione Migrantes. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. - Il primo percorso certamente importante è quello di un accompagnamento di questi bambini e dei diritti fondamentali: il diritto di avere una famiglia per chi non ce l’ha, il diritto alla scuola - perché, mediamente, un bambino immigrato perde un anno di scuola, non essendoci immediatamente una scuola che lo accolga - il diritto allo sport, al gioco. Il diritto, nel caso in cui un bambino nasca in Italia, ad essere da subito cittadino italiano. Quindi, credo che alcune leggi da fare e che si stanno facendo siano da guardare con molta attenzione, perché tante volte promuovono alcuni diritti fondamentali che hanno al centro i bambini, quindi il futuro della nostra società.

     
    D. - Questa attenzione, ad esempio, si riferisce all’ultimo provvedimento, al non superamento del tetto del 30 per cento per quanto riguarda i bambini stranieri nelle classi italiane...

     
    R. - Questo provvedimento nasce da un’esigenza giusta, cioè che la scuola sta cambiando. La risposta è parziale, ha bisogno di una serie di altri elementi che sono importanti da considerare. Nella nota che è stata mandata ai dirigenti è discrezione del dirigente diminuire o aumentare la quota, e questo va contro il diritto fondamentale. Prima c’è il diritto dei bambini ad andare a scuola e poi c’è il dovere della scuola di fare in modo che la classe sia adeguata per l’insegnamento, e così via. In ogni caso, noi non possiamo lasciare fuori i bambini dalla scuola. Secondo, non si tiene presente il fatto che - mediamente - un bambino immigrato perde un anno di scuola. Quindi, bisogna facilitare da subito, nel ricongiungimento familiare, l’accesso alla scuola. Abbiamo la questione dei bambini rom, che sono la metà di tutti i rom presenti in Italia - 70 mila su 140 mila - e per i quali l’abbandono scolastico è grave perché manca tutto un accompagnamento sociale. Noi dobbiamo fare in modo che il tema della scuola vada connesso fortemente a tutta una serie di problematiche sociali e in questo la nota è ancora molto debole. Scuola, famiglia, lavoro stanno cambiando su un fenomeno che per noi è nuovo, che è il fenomeno dell’immigrazione. Al tempo stesso, occorre che una serie di diritti, di doveri, una serie di modelli sociali e culturali cambino alla luce di un fenomeno - il Papa ha parlato di "segno dei tempi" - che ci invita a riconsiderare questa realtà.

     
    D. - A suo giudizio, può essere che l’Italia abbia paura di queste seconde generazioni in gran parte di famiglia islamica?

     
    R. - Il tema della paura si accompagna sempre nella storia al tema dell’immigrazione, all’incontro tra popoli diversi. Il problema è fare in modo che ci sia un incontro, una conoscenza. Tutte le volte che noi creiamo distanza, creiamo necessariamente discriminazione.

     
    D. - Quindi, lei è più orientato su un’Italia xenofoba, che ha paura del diverso, piuttosto che di un’Italia razzista della quale si sta invece parlando oggi, soprattutto dopo Rosarno?

     
    R. - Certamente, io ritengo che l’Italia non sia più o meno razzista di tanti altri Paesi. Il problema è che l’Italia, come il Papa stesso ha detto, ha bisogno di riflettere sulla relazione, cioè sul tema dell’alterità, della diversità e di abituarsi a questa realtà. Che un figlio sposi o abbia come fidanzata una ragazza islamica, che il proprio bambino sia a scuola con dieci altri bambini di otto nazionalità diverse, sono fenomeni nuovi che hanno bisogno di essere accompagnati anche sul piano culturale, sul piano sociale.

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    L'esigenza di nuove politiche familiari di fronte alle difficoltà indotte dalla crisi economica. L'opinione di Gian Carlo Blangiardo

    ◊   Nel 2009, il potere d’acquisto delle famiglie è calato dell’1,6%. La stima è stata resa nota ieri dall’Istat che spiega come il dato sia riferito al reddito reale. Cresce invece la propensione al risparmio con un aumento di 0,4%. Le associazioni dei consumatori puntano il dito contro la crisi economica. Ma quanto pesa la penalizzazione da un punto di vista fiscale, che le famiglie italiane vivono? Debora Donnini lo ha chiesto a Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia all’università di Milano Bicocca:

    R. - Pesa in maniera abbastanza consistente, nel senso che non viene riconosciuto in un costo di produzione. La famiglia produce il capitale umano, i cittadini del futuro, e sostanzialmente è un elemento di utilità per la società. Ma questo tipo di costi non le vengono riconosciuti fiscalmente. Quindi, di fatto, su ciò che si spende per allevare i figli, in realtà deve pagarci su anche le tasse.

     
    D. - In questi giorni, si sta parlando di una riforma del fisco con l’introduzione del quoziente familiare, cioè di una tassazione che tenga conto del numero dei figli per famiglia, che dunque non penalizzi troppo una famiglia. Quanto, secondo lei, per il sistema Paese, sarebbe utile questa riforma?

     
    R. - Assolutamente avrebbe due elementi a favore. Uno, sarebbe un discorso di equità: è comunque giusto, per quanto si è detto prima, riconoscere i costi di produzione del capitale sociale. Secondariamente, potrebbe essere anche un modo per far sì che le famiglie abbiano una maggiore capacità anche di spesa. Quindi, potrebbe essere un elemento forse anche per sostenere gli stessi consumi e soprattutto poi per dare la possibilità di poter realizzare una serie di bisogni, senza necessariamente davvero faticosamente tirare fino alla fine del mese.

     
    D. - Secondo lei, sarebbe importante anche adottare delle misure come assegni familiari, sgravi nei trasporti e nei servizi, anche a prescindere dal reddito, per dare un segnale culturale?

     
    R. - Sì, io ho sempre sostenuto che questa doveva essere la linea, perché un conto era la pura e semplice assistenza: giustamente, si deve contrastare l’esclusione sociale e la povertà - e questo è un discorso. Ma altra cosa è il riconoscimento dell’investimento nel capitale umano, e questo ovviamente vale da parte di tutti, a prescindere dal reddito. Sarebbe, quindi, dare un segnale forte di riconoscimento da parte della società nel suo complesso e nei riguardi di coloro che contribuiscono alla continuazione della società in quanto tale: un elemento importante. Questo riconoscimento può avvenire sia in termini economici, sia in termini di clima sociale in genere, quindi in una maggiore disponibilità ad andare incontro alle famiglie per alcuni servizi: i trasporti, piuttosto che le stesse vacanze, cosa che ad esempio succede in Francia.

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    Scosse di terremoto nelle Marche. Il vulcanologo: nessun collegamento col sisma abruzzese

    ◊   Quattro nuove scosse di terremoto sono state avvertire questa mattina nelle Marche, in un territorio compreso tra le province di Macerata e Ascoli Piceno. La scossa più forte è stata registrata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia alle 9.25, di magnitudo 4, con epicentro nel paese di Loro Piceno (Macerata), dove il sindaco ha predisposto a livello precauzionale la chiusura delle scuole. Nessun danno è stato segnalato a cose e persone. Nella zona è in atto da domenica scorsa uno sciame sismico. Luca Collodi ha chiesto a Valerio De Rubeis, geologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma, se le scosse siano da collegarsi a quanto avvenuto nei mesi scorsi in Abruzzo, teatro di mesi di sciame sismico prima e dopo la disastrosa scossa del 6 aprile:

    R. - C’è una certa distanza. Il terremoto principale de L’Aquila ha dato luogo ad una sequenza che è durata dei mesi e che adesso sta scemando. Questo terremoto ha visto circa 10 eventi nell’ultima settimana, che non hanno un collegamento diretto con la zona de L’Aquila, ovvero non fanno parte di quella sequenza. Comunque, essendo una zona vicina - l’Italia centrale è sostanzialmente una zona sismica - le zone si possono influenzare. Questi eventi, però, sicuramente non fanno parte della sequenza del terremoto de L’Aquila.

     
    D. - Ci sono delle analogie tra i tre mesi aquilani e questa settimana delle Marche?

     
    R. - Non lo possiamo dire, per via dell’incertezza e dell’impossibilità di prevedere i terremoti. Noi non sappiamo quanto stress si debba dissipare di quello accumulato nella crosta. Il terremoto è un effetto di uno stress accumulato. Se adesso, in questa settimana, è stato dissipato tutto ciò che era accumulato, la cosa finisce qui. Se invece si tratta di uno stress accumulato in misura maggiore, allora ci sarà bisogno di altri eventi. Ma noi, lo ripeto, non sappiamo quanto stress sia stato accumulato. Le posso dire che dal punto di vista storico - ad esempio, nella città di Macerata - dal 1700 non si è riegistrata un’intensità macrosismica maggiore del 7.mo grado della scala Mercalli. Quindi, storicamente, effetti catastrofici dal 1700 in qua non si sono verificati. Questo ci può dare un’idea. Ciò che possiamo dire è che osserviamo in questa settimana un’attività sismica articolata, con eventi di cui quello di oggi è il maggiore, con magnitudo 4.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La morte del regista Eric Rohmer, autore di storie e personaggi di inimitabile grazia narrativa e visiva

    ◊   Si è spento ieri a Parigi all’età di ottantanove anni il regista francese Eric Rohmer. Autore di numerosi capolavori, si congeda dal mondo del cinema e dell’arte con quella sobrietà e leggerezza che ha contraddistinto tutta la sua vita e caratterizzato tutta la sua opera, nella quale personaggi semplici e pieni di grazia sono divenuti protagonisti di un cinema inimitabile. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Un cinema per pochi. Un cinema per le persone che sanno ricordare e raccontare con un sorriso, con riservatezza, che sanno nella vita anche nascondere, non per sottrarre verità e luce e bene, ma per lasciare che siano la natura, il gesto, l’esistenza, le cose, il destino, i giorni a far affiorare storie, sentimenti, memorie, amori. Lui, Eric Rohmer, questo lo sapeva fare benissimo, scrivendo e dirigendo film che sono tutti, nessuno escluso, degli eleganti, dei puri capolavori. Eric Rohmer non va pianto, per la sua morte che crea davvero un vuoto immenso nella storia del cinema e della cultura. Eric Rohmer va ricordato con un lieve sospiro, con un silenzio profondo, magari facendo una passeggiata sulla spiaggia come la sua giovane Pauline, protagonista nel 1983 del terzo episodio della serie “Commedie e proverbi”, o come l’inquieta e timida Delphine de "Il raggio verde", titolo che nel 1986 gli fece vincere il Leone d’oro a Venezia, replicato con quello alla carriera ricevuto nel 2001. Discreto e riservato, come lo sono soltanto i grandi maestri e i grandi artisti, Rohmer è stato uno dei padri fondatori della Nouvelle Vague, ma intraprendendo poi un cammino molto personale, spesso non condiviso e di raffinata semplicità. Opere sempre regolari, suddivise regolarmente in cicli, come i suoi "Racconti morali" realizzati negli anni ’60 o quelli delle "Quattro Stagioni" compiuti negli anni ’90, trasparenti e leggeri, la parola e i volti illuminati dallo sguardo distaccato della cinepresa, quasi occultata, mimetizzata nelle oasi della natura e nelle pieghe dell’anima, perché tutto ciò che nel cinema è finzione possa rimanere lontano e nascosto e non si sovrapponga mai a quello che conta veramente, ossia la vita degli uomini e delle donne nel tempo, il loro amore, le loro scoperte.

     
    Ogni nuovo film di Rohmer è stato un avvenimento che ha riempito di gioia e di stupore chi già lo conosceva o chi lo scopriva per la prima volta. Un pittore di atmosfere, come nel singolare "La nobildonna e il duca", con vicende rivoluzionarie francesi stemperate su quinte dipinte, sfondo su cui si muovono i protagonisti recitando un francese sublime; un poeta capace di trasformare la stessa poesia in un “fatto” cinematografico, come accadde con "Perceval le gallois", tratto dal romanzo medievale di Chrétien de Troyes, rigorosa e squisita opera del 1978 nella quale il teatro è trasformato a uso del cinema, spogliato di tutto tranne che dell’attore e della sua recitazione, stile che sarà poi imitato da altri negli anni a venire. Rohmer si è congedato dallo schermo nel 2007 con un’altra opera emblematica, "Les amours d’Astrée et Céladon", anch’essa tratta da un capolavoro letterario scritto nel XVII secolo da Honoré d’Urfé. Un testamento d’incomparabile nobiltà artistica in cui il soffiare del vento si alterna alla nobiltà del verso poetico, un sospiro languido segue un cenno di mano, un bacio e una carezza sono gioiosamente nascosti, così come una lacrima e un sospiro. Un cinema che si lascia cullare dalla parola, dal gusto sublime dell’arte, con il tocco del maestro disseminato in ogni inquadratura, lo spericolato rincorrersi di figure anacronistiche in un prato verde e selvaggio, il baciarsi in un letto immacolato, il giurarsi fedeltà e amore nel brillare del sole, nel rimpianto per una stagione che ormai abbiamo, hélas, con la morte di Rohmer, forse irrimediabilmente perduta.

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    I 50 anni di "Tutto il calcio minuto per minuto": quando la parola fa "vedere" l'emozione di un gol. Intervista con Alfredo Provenzali

    ◊   Era il 10 gennaio 1960 quando gli appassionati di calcio italiani furono spettatori di una “rivoluzione” radiofonica destinata a restare nel tempo e a incidere nel costume del Paese. Per la prima volta - in un’epoca in cui erano le radio a transistor a trasmettere le emozioni di una sola partita della domenica - una trasmissione proponeva le radiocronache da più campi collegati contemporaneamente in diretta. Per 50 anni, festeggiati con passione in questi giorni, inalterata è rimasta la filosofia di “Tutto il calcio minuto per minuto”, che l’avvento della diretta in pay tv non ha scalfito né ha condizionato lo stile che ha reso il programma enormemente popolare. Luca Collodi ne ha parlato con una delle voci “storiche” e attuale conduttore della trasmissione, Alfredo Provenzali:

    (Sigla: “Tutto il calcio minuto per minuto”)

     
    R. - All'epoca, lo sport più importante in Italia, quello più seguito e più popolare, era il ciclismo. Ci fu poi il passaggio di staffetta dal ciclismo al calcio, perché il 10 gennaio nasceva la trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto” e praticamente il calcio negli usi e nei costumi degli italiani prese il posto del ciclismo, diventando un sport popolare, con tutte le implicazioni che poi ha comportato.

     
    D. - Come è cambiato il calcio dal 1960 ad oggi?

     
    R. - Ahimè, è cambiato moltissimo, perché allora era un fatto prettamente ed unicamente sportivo. E’ diventato oggi un qualcosa di estremamente commerciale, con molti quattrini in ballo, con interessi di diversa natura e quindi con tutte le implicazioni che lo hanno portato ad essere quello che è oggi.

     
    D. - In questi giorni è partita la Coppa d’Africa, con le vicende legate al Togo. La violenza nel calcio oggi sembrerebbe una costante, anche con implicazioni politiche internazionali. Lei cosa ne pensa?

     
    R. - E’ una cosa che mi colpisce e che mi fa molto male. Mi fa molto male il pensiero che uno sport - che dovrebbe essere in fin dei conti un divertimento, che dovrebbe rappresentare il massimo del comportamento etico - sia stato portato a livelli tali che francamente non sono più sopportabili e che hanno portato agli esempi che abbiamo sotto gli occhi continuamente: non solo l’ultimo recentissimo, ma anche altri che accadono praticamente ogni domenica sui campi di calcio.

     
    D. - Il 2010 è l’anno anche dei Mondiali in Sudafrica e quindi l’Africa - un continente complesso - è ancora protagonista questa volta nello sport. Lei pensa che questo incontro tra grandi nazionali del mondo possa rappresentare un momento, diciamo, "pre-politico", di dialogo, per risolvere i tanti problemi che ci sono oggi nel mondo? Il calcio può contribuire a questo dialogo?

     
    R. - Lo spero ardentemente, perché ogni volta che riusciamo a creare qualcosa di positivo, ad aprire delle porte e ad aprire soprattutto delle menti, l’occasione c’è: un’occasione da non lasciarsi scappare. Saranno, però, davvero in grado i protagonisti di approfittarne? Saranno veramente in grado di guardare un po' al di là dei propri occhi e di capire che in questo mondo ci vuole tanta serenità, ci vuole tanto amore? Bisogna cercare di bandire l’odio, bisogna cercare di considerare gli altri soltanto come competitori in una gara e questo non soltanto nel calcio, ma in tutti gli aspetti della vita. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Malaysia: musulmani difendono le chiese da attacchi degli integralisti

    ◊   Gruppi di musulmani in Malaysia hanno organizzato in segno di solidarietà con i cristiani turni di sorveglianza presso le chiese per evitare il ripetersi di episodi di violenza, registrati nei giorni scorsi. Lo ha riferito all’agenzia Fides, mons. Murphy Pakiam, arcivescovo di Kuala Lumpur, sottolineando che “gesti di tal genere sono una rarità in Malaysia” e condannando “ogni forma di violenza e tutti coloro che mirano a creare disordini nella società e conflittualità fra le comunità religiose”. Le aggressioni, che hanno seminato grande allarme nel Paese asiatico, sono giunte all’indomani di una sentenza dell’Alta Corte che, nella nazione multietnica e multireligiosa benché a maggioranza islamica (60%), ha autorizzato i cristiani ad usare la parola ‘Allah’. La questione era emersa dopo il divieto - sulla base di una ‘fatwa’ (sentenza islamica) del 2008 - imposto al quotidiano cattolico The Herald, di usare il termine arabo adottato anche nella lingua malese per riferirsi a Dio. Tanto è bastato per fomentare proteste di stampo radicale e contro un presunto abuso della parola allo scopo di proselitismo. Il governo, sulla spinta delle agitazioni, ha annunciato che si appellerà alla Corte Suprema. Ma contro le proteste e le violenze e a sostegno dell’uso in comune della parola ‘Allah’ si è espresso l’Islam Se-Malaysia party, influente partito islamico malese, che ha sottolineato come la parola appartenga alla tradizione teologica degli appartenenti alle tre religioni monoteiste - ebrei, cristiani e musulmani - che hanno in comune il capostipite Abramo. “Attualmente la situazione è sotto controllo – ha detto l’arcivescovo Pakiam, a Fides - il Governo e la Polizia hanno agito con prontezza per sedare qualsiasi forma di protesta violenta, che è stata molto contenuta. Le aggressioni, con bombe rudimentali, sono gesti di piccole bande isolate”. (R.G.)

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    Vietnam: a Dong Chiem cattolici picchiati, un giornalista ferito e un prete minacciato

    ◊   Cattolici picchiati, un giornalista aggredito e ferito, un sacerdote minacciato e messo sotto accusa. E’ il bilancio provvisorio della tensione creata a Dong Hoi, 70 chilometri a sud di Hanoi, dalla distruzione del crocefisso del cimitero parrocchiale da parte delle autorità locali e dal loro violento intervento per reprimere la protesta contro il gesto sacrilego. Un atto condannato dai vescovi della parte settentrionale del Vietnam. L’attacco contro il sacerdote e gli altri cattolici - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha provocato una marcia di protesta di migliaia di cattolici per le vie di Dong Hoi. I manifestanti hanno chiesto anche il rilascio delle cinque persone, tra i più poveri parrocchiani di Dong Chiem, detenute dal 7 gennaio. Quel giorno, i cinque erano stati convocati al centro di servizio del governo per “riempire i moduli per l’aiuto alimentare”. A fine giornata gli altoparlanti hanno annunciato che i cinque “avevano chinato il capo, dichiarandosi colpevoli” di aver eretto la croce di bambù, collocata nel luogo ove era il grande crocefisso distrutto con l’esplosivo, il giorno prima, dalle autorità. Sabato scorso, il presidente del Comitato popolare distrettuale, Le Cong Sang, ha firmato una dichiarazione nella quale accusa padre Joseph Nguyen Van Huu di “non rispettare i suoi doveri di pastore e invece di incoraggiare i suoi fedeli a commettere crimini”, di “sostenere attività antigovernative”, “minare il grande blocco di unità nazionale” e “condurre propaganda contro il governo del popolo”. Sang ha anche ordinato al sacerdote di rimuovere la croce di bambù e di presentarsi personalmente al Comitato del popolo del distretto di My Duc. Padre Van Huu ha affisso un giornale murale per rendere noti ai suoi fedeli gli ultimi avvenimenti a assicurarli che non sono soli: messe e veglie di preghiera a loro sostegno sono celebrate in tutto il Paese e anche all’estero, negli Stati Uniti, in Inghilterra, Irlanda, Giappone. Sostegno al sacerdote e ai suoi fedeli è stato espresso da numerosi vescovi del Vietnam. Mons. Joseph Nguyen Van Yen, di Phat Diem, è andato di persona, malgrado il rischio di essere aggredito dai soliti picchiatori. (R.P.)

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    Filippine: "collaborazione critica" nei rapporti vescovi-governo

    ◊   “I rapporti della Conferenza episcopale filippina con il governo sono sempre stati e continueranno ad essere improntati ad una collaborazione critica: essa sosterrà le cose buone fatte per la gente comune e criticherà quelle che meritano biasimo”. Lo ha dichiarato, in un’intervista al “Cbcp News Service” il Servizio di informazione dei vescovi filippini, mons. Nereo Odchimar, vescovo di Tandag, eletto alla guida della Conferenza episcopale lo scorso mese di luglio. Nell’intervista il presule, noto per il suo attivismo nella campagna anti-mine e per il suo impegno contro il disboscamento illegale nel Paese, parla degli impegni e delle sfide che lo attendono nel suo nuovo incarico. Riferendosi alle elezioni politiche e locali del prossimo mese di maggio, il neo-presidente della Cbcp sottolinea l’importanza di un ricambio nelle istituzioni: “Anche nella Chiesa - dice - , quando Papa Giovanni XXIII convocò il Concilio Vaticano II, disse che la Chiesa era in una fase di cambiamento. Dovremmo conservare ciò che è buono, migliorare quello che deve essere migliorato e scartare ciò che è cattivo e corrotto ". Secondo mons. Odchimar, tutti i cittadini sono chiamati a guidare questo processo di trasformazione della società filippina, cominciando da se stessi. Il presule invita quindi l’elettorato ad essere lungimirante e a non farsi sedurre e condizionare da minacce o promesse di minore povertà e più lavoro, esortando altresì tutti i fedeli a lavorare insieme “per realizzare i nostri sogni e aspirazioni per un Paese migliore”. “La gente – conclude quindi l’intervista, disponibile nella sezione podcast del sito www.cbcnews.com - dovrebbe fare bene attenzione a che siano elette persone meritevoli della nostra fiducia”. In vista del voto – lo ricordiamo – i vescovi filippini hanno recentemente pubblicato uno speciale ‘Catechismo sulla vita e la famiglia’, proprio per richiamare l’elettorato cattolico al dovere di scegliere candidati fedeli agli insegnamenti della Chiesa, a cominciare da quello sulla difesa della vita dal suo concepimento fino alla morte naturale. (L.Z.)

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    El Salvador: la Chiesa invita lo Stato a chiedere perdono per i crimini della guerra civile

    ◊   Nell'anniversario della firma degli accordi di pace che posero fine alla guerra civile nel Paese, l'arcivescovo di San Salvador mons. José Luis Escobar Alas, ha definito “positivo” tutto quello che è stato fatto durante questo tempo, “con tutti gli errori e tutte le difficoltà che devono essere superate”, e ha esortato a proseguire il cammino della riconciliazione. La Chiesa cattolica, che ha sofferto la repressione degli "squadroni della morte" in quegli anni, è dell'opinione che lo Stato salvadoregno presenti la sua richiesta di perdono, anche se si tratta di una questione molto delicata. "Valutiamo in forma positiva tutti questi atti di richiesta di scuse", ha detto mons. José Luis Escobar. Secondo l'arcivescovo, “un atto pubblico di espiazione nazionale è una cosa buona”, allo stesso tempo “tutti coloro che sono stati coinvolti nella guerra dovrebbero chiedere scusa.” Pochi giorni fa - riferisce l'agenzia Fides - l’arcivescovo aveva ripreso le parole di Benedetto XVI all’Angelus del 1° gennaio, quando chiese a tutti i gruppi armati di “abbandonare il cammino della violenza”, riferendole alla situazione nazionale: “Considerando i 4.365 omicidi che abbiamo avuto nel 2009 nel nostro paese, le parole del Papa hanno una risonanza particolarmente forte per noi. E sono particolarmente valide per coloro che, purtroppo, sono coinvolti in situazioni di violenza.” Quest’anno si celebra il 18° anniversario della firma degli accordi di pace. Sotto la mediazione delle Nazioni Unite, il 16 gennaio 1992, l'allora Presidente Alfredo Cristiani ed i ribelli di sinistra del Fronte Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln), firmarono la pace dopo 12 anni di scontri che hanno causato oltre 75.000 morti e più di 7.000 dispersi. Nel contesto della guerra civile (1980-1992), le agenzie umanitarie hanno attribuito migliaia di crimini per motivazioni politiche ai militari e alle tre forze di sicurezza. Questi gruppi, alla fine del conflitto, sono stati dichiarati illegittimi per le molteplici violazioni dei diritti umani commesse. Sabato prossimo, per celebrare l'anniversario dell'accordo di pace, il Presidente Funes parteciperà ad un atto ufficiale con i firmatari dell'accordo storico, e pronuncerà un discorso alla nazione. Per questa circostanza, mons. Escobar ha chiesto al Presidente di promuovere la firma del “Acuerdo Nacional”, un piano a livello nazionale che garantisca l’interesse del Paese al di sopra degli interessi di partito. (R.P.)

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    Anno europeo di lotta alla povertà: i vescovi del continente chiedono un "gesto simbolico"

    ◊   Un invito a tutte le diocesi europee a compiere “un gesto significativo e simbolico” il 14 febbraio prossimo, o nel corso della stessa settimana, quando il Papa visiterà alcune opere della Caritas di Roma e in occasione della celebrazione dell’Anno che l’Unione europea dedica alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Lo hanno rivolto mons. Adriano H. van Luyn, vescovo di Rotterdam e presidente della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea) e padre Erny Gillen, presidente di Caritas Europa, in una lettera indirizzata ai vari vescovi e referenti europei. L’Ue sta promuovendo infatti una campagna di sensibilizzazione a livello europeo e tutte le Caritas in Europa “si stanno mobilitando, in continuità con il loro servizio quotidiano – si legge nella lettera ripresa dall'agenzia Sir -, per cogliere quest’occasione preziosa e ricordare l’irrinunciabile dovere morale di essere tutti responsabili di tutti, in particolare dei più poveri e deboli”. “La lotta alla povertà – sottolineano – è un impegno decisivo per le Chiese e i cristiani. Amando i poveri, questi sanno di amare Cristo presente in essi”. La visita di Benedetto XVI all’ostello della Caritas di Roma dimostra dunque l’intenzione di “incontrare idealmente tutti i poveri d’Europa, inginocchiandosi davanti a loro e dando l’esempio a tutti noi”. In Italia l’invito della Comece è stato raccolto da mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, che ha inviato in questi giorni una lettera a tutti i vescovi italiani, chiedendo che “nel corso della stessa giornata o settimana, un gesto analogo sia compiuto in ciascuna diocesi europea dai rispettivi vescovi, come segno concreto di vicinanza e adesione al gesto del Papa, in sintonia con la campagna europea di lotta alla povertà”. Mons. Crociata ha anche auspicato che “cresca nelle nostre Chiese l’attenzione fattiva ai bisogni dei fratelli e delle sorelle in stato di necessità”. (R.P.)

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    L’Unione Africana inaugura l’Anno della pace e della sicurezza

    ◊   L’Unione Africana (UA) ha ufficialmente inaugurato l’Anno della pace e della sicurezza in Africa. La decisione di dedicare a questo tema il 2010 - riferisce l’agenzia Misna - risale all’ultimo vertice dell’UA, tenutosi lo scorso agosto nella capitale libica, inserita nella cosiddetta Dichiarazione di Tripoli. “Nonostante passi avanti significativi compiuti per risolvere alcuni conflitti in Africa permangono numerose situazioni di insicurezza e instabilità con gravi conseguenze umanitarie e socio-economiche”, spiega una nota dell’UA diffusa ad Addis Abeba, sede dell’organismo continentale. La scelta della tematica della pace e della sicurezza viene valutata come un’occasione per “dare un nuovo slancio agli sforzi in corso sul continente” e “conferire maggiore visibilità alle iniziative dell’Unione Africana sul campo”. Infine, viene formulata la necessità di un maggior confronto tra dirigenti, istituzioni e popoli africani, in collaborazione con la comunità internazionale, per “valutare le iniziative in corso, rafforzarle e idearne nuove in chiave di promozione della pace e la sicurezza continentali” conclude la nota. In questa prospettiva, l’UA – come reso noto venerdì scorso - ha deciso di prorogare di sei mesi il mandato della propria forza di pace in Somalia (Amisom), dispiegata dal 2007 nel Paese del Corno d’Africa, una delle maggiori sfide per la pace del continente, sollecitando un ulteriore sostegno della comunità internazionale. La situazione somala così come altri scenari instabili sono in agenda del prossimo vertice dell’Unione Africana, che si terrà ad Addis Abeba dal 25 Gennaio al 2 Febbraio sul tema “Tecnologie dell’informazione e della comunicazione in Africa: sfide e prospettive per lo sviluppo”. (R.G.)

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    RD Congo: i profughi di Dongo hanno bisogno di aiuti umanitari

    ◊   Sono 107 mila i profughi della Repubblica Democratica del Congo, soprattutto donne e bambini, che in due mesi sono fuggiti dalla provincia dell’Equatore, attraversando il fiume Ubangi, per rifugiarsi nella vicina Repubblica del Congo. Lo riferisce l'Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), aggiungendo che altri 15 mila congolesi sarebbero riparati nella vicina Repubblica Centrafricana mentre altri 60.000 hanno abbandonato il proprio villaggio rimanendo dentro il territorio nazionale. Se l’afflusso dei rifugiati sembra essersi interrotto da una settimana, la situazione umanitaria nella Repubblica del Congo rimane critica: gli operatori riferiscono la difficoltà di raggiungere i profughi, stabilitisi in condizioni molto precarie in diversi siti isolati, lungo 500 chilometri di rive del fiume Ubangi. “A breve lanceremo un appello alla comunità internazionale: mancano medicinali, cibo, alloggi, sostegno finanziario e logistico” ha detto il rappresentante dell’Unhcr nella Repubblica del Congo, Stephan Grieb, sottolineando la necessità di registrare tutti i rifugiati e di avviare campagne di vaccinazione. Il prossimo arrivo della stagione secca provocherà l’abbassamento del livello del fiume e complicherà ulteriormente gli interventi umanitari, impedendo la navigazione delle imbarcazioni, unico mezzo per prestare assistenza ai rifugiati. Gli scontri intercomunitari - tra gli Enyelé e i Monzaya - verificatisi in particolare nell’area di Dongo a più riprese dalla fine di Ottobre hanno provocato 270 morti, di cui 180 civili. Nonostante il dispiegamento di circa 500 caschi blu a sostegno delle truppe di governative di Kinshasa, la situazione rimane instabile nel distretto del Sud-Ubangi e i rifugiati non sembrano intenzionati a rientrare in patria. (R.G.)

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    Allarme in Uganda per la pratica di sacrifici umani e il traffico di organi

    ◊   Si indaga in Uganda sul terribile fenomeno dei sacrifici umani. Come riferisce un reportage di Matteo Fraschini Koffi da Nairobi, pubblicato ieri sull’Avvenire, nel 2009 dieci persone sono state accusate di omicidio nel Paese africano in relazione alla crudele pratica ed è per questo che il Governo ugandese ha nominato lo scorso anno un’unità di crisi che si occupa dei sacrifici umani: 15 casi di omicidio e 200 sequestri di persona sono al momento sotto indagine. Inoltre 2 mila agenti di polizia, con il supporto degli Stati Uniti, sono stati addestrati per combattere il traffico di minori. Non sono rari gli arresti di genitori e parenti - riporta il quotidiano Avvenire - accusati di vendere i bambini a scopo di sacrificio. Attraverso i media, gli stregoni pubblicizzano infatti le loro attività e richiedono ingenti somme di denaro per sacrificare esseri umani ed animali. Le persone che pagano per questi servizi credono che il sangue aiuti ad acquisire ricchezza. “Casi di sacrifici umani sono sempre esistiti, soprattutto nella regione centrale dell’Uganda” - spiega Elena Lomeli, volontaria di una Ong locale “Anppcan”, promotrice dei diritti del bambino - “ma da qualche tempo – aggiunge – c’è un nuovo filone di guaritori tradizionali che hanno particolare ‘successo’ dovuto all’aumento della disoccupazione e della povertà. Casi di questo genere sono da collegarsi anche alla vendita di organi. I cadaveri trovati dalla Polizia negli ultimi mesi erano privi di reni, fegato, e altre parti del corpo che di solito non vengono associate ai riti tradizionali. A maggio dell’anno scorso un rapporto pubblicato dal Dipartimento di Stato americano dichiarava l’Uganda un centro internazionale per il traffico di esseri umani e denunciava il sempre più preoccupante scenario nell’est del Paese in cui vengono “commercializzate” le parti del corpo. “Stiamo investigando sulla possibilità che alcuni di questi omicidi siano il lavoro di una rete internazionale responsabile del traffico di organi”, afferma Moses Binoga, del Dipartimento investigativo. “È probabile che tentino di far passare le loro uccisioni per l’opera di guaritori tradizionali intenti a fare sacrifici umani”. Ultimamente però, la battaglia contro le cruenti pratiche degli stregoni ha avuto qualche successo. Alcuni guaritori pentiti, per esempio, hanno deciso di aiutare la Polizia a cercare i responsabili dei sacrifici umani. In altre occasioni, invece, si sono tenute cerimonie pubbliche in cui i vari arnesi usati dagli stregoni sono stati bruciati davanti alla popolazione e agli ufficiali governativi. (R.G.)

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    Diritti umani: tour europeo affinchè gli Stati accolgano i detenuti di Guantanamo

    ◊   In occasione dell’ottavo anniversario del primo trasferimento a Guantánamo - riferisce l'agenzia Sir - le organizzazioni di tutela dei diritti umani Reprieve, il Centro per i diritti costituzionali e Amnesty International hanno chiesto a tutti gli Stati europei di accogliere i detenuti che non possono tornare nei Paesi di origine per il timore di subire torture o ulteriori abusi. Le tre organizzazioni hanno sollecitato in particolare Finlandia, Germania, Lussemburgo e Svezia, ad impegnarsi di più per contribuire al trasferimento di una cinquantina di prigionieri incarcerati illegalmente dopo anni. Tra i Paesi che hanno già deciso di offrire un rifugio sicuro a questi detenuti sono Belgio, Francia, Irlanda, Portogallo e Ungheria. “E' spiacevole constatare come pochi Stati europei abbiano fatto passi avanti per aiutare coloro che necessitano di protezione", ha detto Sharon Critoph, della sezione statunitense di Amnesty International. E, tra i governi - ha aggiunto - che ancora non hanno fornito protezione vi sono quelli che in passato avevano maggiormente invocato la chiusura di Guantánamo”. Per questo da ieri è partito un tour europeo per sensibilizzare le opinioni pubbliche, al quale partecipa l’ex detenuto di Guantánamo Moazzam Begg, dell’organizzazione "Prigionieri in gabbia". (R.G.)

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    Visita in Libano di una delegazione di vescovi Usa nell'anno del Sinodo per il Medio Oriente

    ◊   “Una missione per indagare sui fatti”. È un semplice viaggio esplorativo quello effettuato in questi giorni dal vice-presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti in Libano e nella regione mediorientale, accompagnato dai responsabili di Catholic relief services (Crs), la Caritas americana. Di origini libanesi, mons. Gerard Kicanas, ha trascorso cinque giorni nella sua terra natale prima di spostarsi in Israele, Cisgiordania e Giordania, nel quadro della medesima missione, legata al prossimo Sinodo delle Chiese del Medio oriente in programma a Roma nell’ottobre 2010. Nel corso della sua missione in Libano - riferisce l'agenzia AsiaNews - il presule ha potuto potuto rendersi conto delle difficoltà con le quali si scontrano le comunità cristiane nel 'Paese dei cedri'. Alcune si sono ripetute così di frequente che hanno finito per perdere il loro impatto, trasformandosi in luoghi comuni: la guerra, i palestinesi armati, l’arsenale di Hezbollah, le divisioni fra cristiani, la precarietà economica, la disoccupazione e il sotto-impiego, la crescita continua dell’islam nell’amministrazione e nell’esercito, la mancanza di una politica degli alloggi, l’emigrazione, il basso tasso di natalità. Il nunzio apostolico che giovedì 7 gennaio ha assistito all’incontro tra la delegazione americana e il sinodo dei vescovi maroniti, si diceva impressionato dalle cifre che emergevano dai documenti della Fondazione maronita nel mondo pubblicati il giorno prima dal quotidiano libanese L’Orient-Le Jour e che sono indicativi della diminuzione del numero delle comunità cristiane. Un compendio consegnato dai vescovi maroniti alla delegazione Usa mostra che dal 52% della popolazione totale, oggi i cristiani in Libano non superano il 35% e una parte lavora all’estero. Quanto al tasso di natalità delle famiglie cristiane, esso si attesta attorno all’1,8%. Nel documento consegnato a mons. Kicanas, i vescovi maroniti parlano di “società indebolita a livello morale”, senza definirne con precisione le cause, e di “divisioni interne e di dispute, nonostante tutti gli sforzi volti alla riconciliazione”. L’indebolimento morale delle comunità cristiane sarà al centro del messaggio per la quaresima del 2010, afferma il documento, il quale ricorda che questo tema è stato il cuore dell’Assemblea generale dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano, che si è tenuto dal 9 al 14 dicembre scorso. (R.P.)

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    Soddisfazione dei vescovi Usa per il no alla legge sui matrimoni omosessuali nel New Jersey

    ◊   “Un segnale di speranza e un motivo di incoraggiamento”. Con queste parole il presidente della speciale Commissione episcopale per il matrimonio, mons. Joseph E. Kurtz, ha espresso la soddisfazione dei vescovi statunitensi per la recente bocciatura, nel New Jersey, del nuovo disegno sui matrimoni omosessuali. Il “Marriage Equality Act” è stato bocciato dal Senato dello Stato il 7 gennaio con 20 voti contro 14. Il Senato “ha difeso la verità del matrimonio come baluardo del bene comune", afferma mons. Kurtz in una nota diffusa ieri. "Salvaguardare il matrimonio tra un uomo e una donna – sottolinea il testo - è una questione di giustizia, anzi è una delle principali questioni di giustizia sociale del nostro tempo. Questo non significa negare, ma al contrario tutelare i diritti umani fondamentali, a cominciare da quelli dei bambini", precisa la nota. Se la legge fosse stata approvata, il New Jersey sarebbe stato il sesto Stato dell’Unione a riconoscere i matrimoni omosessuali dopo il Connecticut, l’Iowa, il Massachusetts, il New Hampshire e il Vermont. Provvedimenti analoghi sono stati invece bocciati recentemente negli Stati di New York e del Maine. Il voto nel New Jersey è dunque per mons. Kurtz un ulteriore motivo di incoraggiamento: “Il dibattito sul matrimonio in questo Paese è giunto a una fase cruciale e sempre più gente riconosce che la tutela dei diritti fondamentali delle persone non deve andare a scapito della verità e del valore unico del matrimonio. Il bene dell’amore tra marito e moglie, le responsabilità fondamentali delle madri e dei padri e i diritti dei bambini meritano tutti una specifica tutela giuridica, sono tutti indispensabili per una società giusta che tuteli la dignità di ogni persona e il bene comune", conclude il presule. Intanto, in questi stessi giorni il giudice del tribunale distrettuale di San Francisco ha cominciato ad esaminare il ricorso contro la cosiddetta “Proposition 8”, il referendum che nel novembre 2008 ha introdotto nella costituzione dello Stato della California la definizione del matrimonio come unione tra un uomo e una donna. La sentenza è attesa tra due o tre settimane. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Portogallo: la reazione della Chiesa all’approvazione in parlamento del matrimonio omosessuale

    ◊   Protesta la Chiesa in Portogallo dopo l’approvazione in Parlamento venerdì scorso del disegno di legge governativo che introduce nell’ordinamento il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso, escludendo per ora la possibilità per queste coppie di adottare bambini. La nuova legge - riferisce l’agenzia Zenit - è stata approvata con il sostegno del Partito socialista (Ps), del Partito Comunista (Pcp), del Blocco di Sinistra e dei Verdi. L'agenzia dell'episcopato portoghese, Ecclesia, ha ricordato che vari membri della gerarchia cattolica si sono pronunciati su questo tema nelle ultime settimane. Mons. Ilídio Leandro, vescovo di Viseu, ha lamentato il fatto che il governo legiferi “contro istituzioni che sono basi naturali e fondamentali” della società. Mentre il cardinale José Policarpo, Patriarca di Lisbona, ha sottolineato che “il problema in questione non è l'omosessualità. Il discorso ha altri parametri. In questo momento, è in gioco la natura del matrimonio, che non è una questione religiosa, ma innanzitutto culturale”. “Le culture millenarie - ha ricodato il porporato - considerano il matrimonio un contratto tra un uomo e una donna, che dà luogo a un'istituzione, la famiglia. Cambiare questa comprensione millenaria di ciò che è la famiglia nell'umanità può avere conseguenze gravissime in futuro”. Mons. Manuel Clemente, vescovo di Porto, ha ribadito dal canto suo che il matrimonio è “basato sull'alterità uomo/donna, che è alla base della costruzione della società”. “Dico questo da cittadino: c'è qui un valore strutturante della società, istituzionale, relativo a qualcosa che la società ha riconosciuto come molto importante e per questo - ha concluso il presule - aveva bisogno di essere salvaguardato e promosso”. (R.G.)

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    Spagna: aperto dal cardinale Rouco Varela l'Anno Santo di Caravaca

    ◊   Con una solenne cerimonia, presieduta dall’arcivescovo di Madrid cardinale Antonio Maria Rouco Varela è iniziato domenica scorsa, nel Santuario di Caravaca de la Vera Cruz, l’anno santo. Caravaca è una città di 21.000 abitanti nella regione spagnola di Murcia. Secondo la tradizione risale al 3 maggio del 1232 l’apparizione di un Lignum Crucis, portato da due angeli, mentre il sacerdote celebrante manifestava la sua incapacità per celebrare l’eucaristia in mancanza di una croce sull’altare. Caravaca era allora una città sotto la dominazione arabo-musulmana. Il fatto ha suscitato la conversione delle autorità musulmane che erano presenti in chiesa. Secondo la tradizione, il Lignum Crucis apparteneva al patriara Roberto di Gerusalemme. Undici anni dopo l’apparizione del Lignum Crucis, la città di Caravaca è stata integrata nei territori dominati dal Re di Castiglia. Da allora il santuario è diventato il segno della presenza cristiana di fronte ai territori occupati dai musulmani. La croce di Caravaca ha anche ispirato la creazione di Ordini militari che avevano come obiettivo la lotta per la difesa e la ricostituzione dei territori cristiani. Per molti secoli la croce di Caravaca ha avuto un forte significato simbolico nella difesa e diffusione del cristianesimo in Europa e in America. Un fatto tragico ha segnato nel 1934 la storia del Santuario di Caravaca: era il Mercoledi delle ceneri quando la reliquia del lignum Crucis è stata rubata. Durante la guerra civile dal 1936 al 1939 il santuario è stato utilizzato, tra l’altro, come carcere ed è stato poi abbandonato. Piú tardi è stato ricostruito e nel 1945 il Papa Pio XII ha inviato da Roma un altra reliquia del Lignum Crucis chè da allora è oggetto di venerazione. Quindi Giovanni Paolo II ha concesso al Santuario la facoltà di celebrare l’Anno Santo ogni sette anni. La prima celebrazione, nel 2003 ha attirato al santuario circa un millione e mezzo di pellegrini. Nella cerimonia di apertura di quest’Anno Santo 2010 il cardinale Rouco Varela ha accennato all’attuale tendenza, in certi ambienti, di togliere la croce in alcuni luoghi pubblici, in contrasto con tutta una cultura secolare, come dimostra il caso di Caravaca. Il porporato si è riferito poi all’attuale crisi economica mondiale ricordando le parole di Benedetto XVI il quale ha ribadito che l’attuale crisi richiede soluzioni di carattere etico e spirituale. Ed ha denunciato la prepotenza dell’uomo moderno che come un altro "Superman" crede di essere il salvatore della società. (Dalla Spagna, Ignazio Arregui)

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    Cina: oltre 2 mila fedeli alla riapertura della parrocchia di Qi Bao nella diocesi di Shang Hai

    ◊   Dodici bambini sono stati battezzati durante la solenne celebrazione per la riapertura della parrocchia di Qi Bao dedicata all’Assunzione di Maria, della diocesi di Shang Hai, dopo il lavoro di restauro durato un anno. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, oltre 2.000 fedeli hanno presso parte alla solenne Eucaristia celebrata il 9 gennaio, che è stata presieduta dal vicario diocesano, mons. Ai Zu Zhang e concelebrata da 26 sacerdoti, assistiti da 5 diaconi. Erano presenti inoltre una ventina di religiose. Il vicario insieme al parroco hanno regalato libri e dolci alle famiglie dei piccoli neo battezzati. La parrocchia di Qi Bao, dedicata all’Assunzione di Maria, è una della più antiche chiese della diocesi di Shang Hai ed anche il luogo che ha accolto per primo il cristianesimo: durante la dinastia di Kang Xi (nel seicento) i missionari hanno infatti portato il Vangelo nella zona di Qi Bao. Nel 1867 fu costruita la parrocchia dell’Assunzione, che può contenere più di mille fedeli. Il tempio venne restaurato ed ampliato nel 1912 e nel 1929, venne costruito anche il campanile alto una trentina di metri. Il 15 agosto 1982, festa patronale dell’Assunta e 115° anniversario della fondazione, la parrocchia venne riaperta ai fedeli dopo la rivoluzione culturale. Qui si trova anche il noviziato della Congregazione della Presentazione di Nostra Signora. (R.P.)

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    Convegno Unitalsi: il cardinale Ruini e mons. Crociata invitano i preti ad essere veri credenti

    ◊   “Il fenomeno della secolarizzazione è indubbiamente presente e negli ultimi 50 anni ha prodotto anche una certa crisi del sacerdozio ministeriale, ma la stessa secolarizzazione non è tutto. Anzi oggi si può dire che la religione non solo non è tramontata, ma anzi conta forse più che in passato”: lo ha detto oggi a Roma, intervenendo al convegno nazionale degli assistenti dell’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) il cardinale Camillo Ruini, che ha proposto agli oltre 100 assistenti presenti una relazione su “Gesù Cristo, sorgente e centro della vita sacerdotale”. Il porporato ha affermato che “da 150 anni si è assistito a un notevole cambiamento nell’atteggiamento religioso, e tra queste trasformazioni bisogna ammettere anche una crisi della visione del sacerdozio ministeriale, le cui radici sono sia remote, legate alla riforma luterana, sia più prossime, connesse a una inadeguata assunzione del messaggio conciliare”. “Tuttavia – ha proseguito – una risposta a tale crisi deve partire dagli stessi presbiteri, che sono chiamati ad essere loro per primi dei ‘credenti sul serio’. A differenza che in passato dove il trend di massa era credere in Dio come un dato assodato, in realtà oggi il credere e il non credere è possibile a tutti. Quindi la missione del prete consiste nell’annunciare con serietà e fiducia senza farsi prendere dal pessimismo. Per affrontare con entusiasmo e convinzione il proprio compito di inviati e annunciatori del Vangelo - ha osservato - i preti oggi debbono essere uomini di preghiera e anche essere molto preparati sul piano teologico e culturale”. Il cardinale Ruini ha sviluppato la sua riflessione partendo dalla radici teologiche della figura e missione del prete, sottolineando che il “suo (del prete) è un mandato che viene da Dio e non da se stessi o dalla comunità. Ma proprio in virtù di questa natura sacramentale della sua missione, il prete deve sentirsi in piena comunione con la Chiesa e con i successori degli Apostoli, assumendo responsabilmente i tratti della sua ineliminabile identità”. Dal canto suo il Segretario generale della Cei mons. Mariano Crociata ha affermato che “Il prete oggi deve puntare su tre esigenze, a volte trascurate: la prima è quella di condurre i fedeli ad un incontro personale con Cristo, cioè ad una capacità di fede personale e autonoma, di profonda comunione con lui. L’esperienza ecclesiale - ha osservato - dovrebbe essere sempre più vissuta come luogo in cui questo incontro personale viene preparato, sostenuto, realizzato. La seconda esigenza - ha aggiunto - è quella del coraggio e della forza di convinzione nel proporre la prospettiva escatologica come propria di un vero credente e della Chiesa”, ha poi detto, richiamando la terza esigenza che ha così definito: “non c’è un modo mediocre e rilassato di tendere alla conquista di Cristo; conquista dice sforzo, tensione, fatica e dedizione ostinata, abnegazione. Tutto ciò – ha concluso – non è possibile senza una fede appassionata, senza un cuore innamorato, senza un desiderio vivo di unione con Cristo”. (R.P.)

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    Al Josp Fest il primo libro sul pellegrinaggio dedicato ai bambini

    ◊   Sarà presentato il 15 gennaio, al JOSP Fest - il Festival degli itinerari dello spirito, promosso dall'Opera romana pellegrinaggi (Orp) - “I Viaggi di Giacomo & Gigi a Roma”, il primo libro sul pellegrinaggio “formato” bambino. Il testo, scritto da Rosamaria Mancini e Isabella Mancini-Marziliano - riferisce l’agenzia Sir - introduce i bambini dai 5 agli 8 anni all’esperienza del pellegrinaggio. Meta di questo viaggio speciale è Roma. Tappa dopo tappa i piccoli lettori vengono “accompagnati” alla scoperta della Città eterna. L’avventura di Giacomo & Gigi inizia dal viaggio in aereo verso Roma. Dalla basilica di San Pietro fino al Colosseo, dal Pantheon fino a Santa Maria Maggiore, Giacomo e Gigi apprendono cose nuove, si divertono, pregano. In una parola: vivono con semplicità e spensieratezza il loro pellegrinaggio. Pubblicato da ItaliaNova, una casa editrice che ha sede a Milano e a San Paolo del Brasile, il libro nasce dalla storia vera di Giacomo Marziliano, bimbo di quattro anni, che in pellegrinaggio a Roma è andato proprio con Gigi, il suo miglior amico. Il libro di venti pagine, illustrato da John Panessa, insegna ai bambini un nuovo vocabolario ed è anche una guida per i genitori che sono intenzionati a fare un viaggio religioso-culturale con i propri figli. Leggendo questo libro i bambini capiscono che un viaggio religioso-culturale, ossia un pellegrinaggio, è un’esperienza divertente e gioiosa. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iran: una bomba uccide uno scienziato nucleare. Teheran accusa Israele e Stati Uniti

    ◊   In Iran, l’esplosione di un ordigno ha provocato la morte di un docente universitario, che secondo la tv di Stato era uno scienziato nucleare vicino al governo e con responsabilità politiche. L'attentato è avvenuto mentre cresce la tensione con la comunità internazionale sul programma nucleare iraniano. Teheran ha accusato apertamente dell’accaduto gli israeliani e gli occidentali. Tesi che non convince Nàriman Ardalàni, presidente dell’Associazione medici iraniani in Italia, intervistato da Eugenio Bonanata:

    R. – Francamente anche noi lo abbiamo appreso dalle notizie dei vari giornali radio e tv della regione. Probabilmente questo professore universitario o è partecipe o ha partecipato attivamente a queste ultime manifestazioni degli studenti, appoggiandoli per un verso o per l’altro, anche perché ultimamente abbiamo visto una serie di comunicati firmati da più docenti universitari delle diverse università iraniane, condannando l’arresto di massa e l’arresto degli studenti universitari e la represssione che è in atto in Iran, soprattutto negli ambienti universitari.

     
    D. – Nei prossimi giorni la comunità internazionale tornerà a riunirsi per discutere di nuove possibilità sanzioni contro l’Iran, che non vuole rinunciare al suo programma nucleare. Quali le speranze al riguardo?

     
    R. – Il governo iraniano con i proventi del petrolio e le sue relazioni commerciali con l’estero, e soprattutto con l’Occidente, finanzia il progetto nucleare e il terrorismo. Quindi speriamo che sia questo un passo decisivo: è quasi un anno che il governo Obama ha concesso tempo al governo iraniano per stringere la mano tesa degli Stati Uniti. D’altro canto, però, bisognerebbe anche considerare che questo anno è servito al governo iraniano per portare avanti il suo progetto nucleare. L’embargo colpisce puntualmente e precisamente il braccio finanziario del governo iraniano e, quindi, noi andremo a bloccare e a colpire il progetto nucleare del regime iraniano, la repressione all’interno perché anche la repressione comporta una spesa ed un dispendio monetario non indifferente, che viene comunque alimentato dai proventi delle relazioni commerciali con l’estero.
      
    Yemen, negoziati per rilascio degli ostaggi tedeschi e del britannico
    In Yemen, sono cominciati i negoziati per il rilascio dei cinque ostaggi tedeschi (tra cui tre bambini) e un britannico, sequestrati a giugno. Secondo le autorità, sono stati localizzati a Saada, un'antica città nel nord del Paese. La zona è stata teatro nelle ultime ore di un'intensa operazione militare delle forze yemenite, che hanno setacciato la zona, perquisendo casa per casa. Secondo il governo di Sanaa, nell'operazione per “ripulire la città dai ribelli sciiti Houti”, sono morte 19 persone.

    Afghanistan, raid della Nato nel sud: 13 civili uccisi
    Le truppe della Nato avrebbero provocato la morte di almeno 13 civili in un'operazione del distretto di Germsir, nella provincia meridionale di Helmand, nel sud dell’Afghanistan. Lo hanno rivelato alcuni testimoni, secondo cui oltre una ventina di persone sarebbero rimaste ferite. Tutto è cominciato con un raid contro un'abitazione, seguita da una protesta della popolazione locale, che ha lanciato pietre contro una base militare americana. Secondo il racconto dei testimoni, i soldati della Nato hanno risposto aprendo il fuoco e uccidendo 13 civili.

    Iraq, riaperte vie d’accesso dopo allarme autobomba
    Sono state riaperte le vie d'accesso a Baghdad ed è ripresa la circolazione lungo le arterie principali della città dopo che questa mattina le forze di sicurezza irachene avevano bloccato la circolazione per un allarme attentati con un'autobomba. Secondo quanto ha annunciato la sicurezza irachena, il provvedimento di questa mattina è stato preso per permettere ai militari di effettuare una serie di perquisizioni che hanno portato all'arresto di 25 terroristi. Nel corso delle perquisizioni, che hanno interessato diversi quartieri della città, sono stati rinvenuti 200 chili di esplosivo Tnt, 200 litri di materiale chimico C4 e grosse quantità di nitrato e ammoniaca, tutte utili per realizzare ordigni ad alto potenziale esplosivo.

    Corea del Nord, pronta a riaprire il tavolo a sei sulla denuclearizzazione del Paese
    La Corea del Nord chiede la revoca immediata delle sanzioni e si dice pronta a riprendere subito il tavolo a sei sul processo di denuclearizzazione. Lo afferma l'ambasciatore nordcoreano in Cina, Choe Jin-su, nel corso di un incontro con la stampa a Pechino. Pyongyang, inoltre, intende avere colloqui con Stati Uniti e Cina per sostituire l'armistizio della Guerra di Corea (1950-53) con un trattato di pace.

    Medio Oriente, domani a Bruxelles incontro Usa-Russia-Onu-Ue
    Il Medio Oriente rimane al centro degli sforzi della diplomazia internazionale per far ripartire il processo di pace israelo-palestinese. Domani, a Bruxelles riunione dei Paesi mediatori del cosiddetto Quartetto: Onu-Unione Europea-Stati Uniti e Russia, mentre è atteso nella regione l’inviato della Casa Bianca, George Mitchell. Il servizio di Roberta Rizzo:

    L’inviato di Barack Obama per il Medio Oriente, George Mitchell, si prepara a una nuova missione in Israele e nei Territori occupati per tentare di sbloccare l’impasse nella regione e riavviare un negoziato di pace. Prima di partire, Mitchell parteciperà a Bruxelles a una riunione dei membri del Quartetto per il Medio Oriente composto da Usa, Russia, Unione europea e Onu. Si tratta del primo incontro del Quartetto dall'Assemblea generale dell'Onu a settembre a New York. Mitchell dovrebbe fare il punto sulla nuova iniziativa di pace americana. “Lavoriamo con le parti per riprendere i negoziati il più presto possibile - ha dichiarato il senatore Usa - con un calendario determinato per arrivare a una conclusione positiva”. Segnali poco incoraggianti, intanto, sono giunti dall’incontro, di pochi giorni fa, a Sharm el-Sheikh tra il presidente palestinese Abu Mazen e l’egiziano Hosni Mubarak. Abu Mazen ha ribadito che non sarà possibile avviare un negoziato di pace finché Israele non bloccherà definitivamente la costruzione di nuovi edifici in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Obiettivo difficile dal momento che, domenica scorsa, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, aveva avvertito che non avrebbe più tollerato le violazioni palestinesi del cessate il fuoco e avrebbe reagito con la forza. Intanto, a un anno dal termine del conflitto, è tornata alta la tensione nella Striscia di Gaza, dopo che miliziani palestinesi hanno sparato colpi di mortaio sul territorio dello Stato ebraico. Un miliziano di Hamas è rimasto ucciso da un missile nel nord della Striscia.

     
    Nigeria, rapiti tre britannici e un colombiano
    Tre britannici e un colombiano sono stati rapiti stamani nel sud della Nigeria, zona petrolifera del Paese. Lo hanno reso noto fonti della sicurezza. I quattro uomini sequestrati lavoravano in una struttura per l'estrazione del gas della Shell. Sono stati rapiti intorno alle 7:30 locali nei pressi della città di Port Harcourt, capitale dello stato di Rivers. Il sequestro al momento non è stato rivendicato.

    Morta all’età di 100 anni Miep Gies: salvò il diario di Anna Frank
    Si è spenta all’età 100 anni Miep Gies, la donna che scoprì e custodì il diario di Anna Frank, la ragazza ebrea diventata uno dei simboli della Shoah. Nata il 15 febbraio 1909 a Vienna, la Gies era un'impiegata di Otto Frank, ebreo tedesco trasferitosi in Olanda nel 1933 poco dopo la salita al potere di Adolf Hitler in Germania. Tra il 1942 e il 1944, assieme ad altri cinque colleghi, aiutò i Frank e altre quattro persone a vivere nascosti al numero 263 di Prisengracht, ad Amsterdam, nella casa che oggi è stata trasformata in un museo.

    Maltempo, l’Europa ancora nella morsa del gelo
    Il maltempo continua a colpire l'Europa e l'Italia. Numerose le vittime del freddo: in Polonia oltre cento persone morte per ipotermia, più di venti in Gran Bretagna. Neve anche nella penisola iberica: imbiancata persino Siviglia, nell'estremo Sud, per la prima volta da 50 anni a questa parte. Senza corrente elettrica diversi paesi nella Polonia meridionale mentre a Praga si registra la nevicata più intensa degli ultimi 17 anni. Ancora limitati i collegamenti Eurostar tra Londra, Parigi e Bruxelles. Dall'altra parte del mondo, Melbourne ha vissuto la notte più calda da 108 anni: 34 gradi. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Rizzo)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 12

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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