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Sommario del 06/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Messa del Papa per l’Epifania: troppa sicurezza di sé allontana da Dio, ammonisce, poi l’invito all’Angelus ad imitare i Magi, modello di unità tra intelligenza e fede
  • Nel giorno dell'Epifania Dio si manifesta all'umanità: intervista con don Giuseppe Busani
  • "I bambini aiutano i bambini": il motto della Giornata missionaria dei ragazzi
  • Oggi in Primo Piano

  • La Chiesa in Sicilia accanto agli operai della Fiat di Termini Imerese, a rischio disoccupazione
  • Oggi, Giornata in Italia del sostegno a distanza in aiuto all'infanzia povera e sofferente
  • Domani Natale del Signore per le Chiese che seguono il calendario giuliano
  • "Roma. La pittura di un Impero": ancora 10 giorni per visitare la Mostra alle Scuderie del Quirinale
  • Don Pasquale Silla: una vocazione nata nel santuario romano del Divino Amore
  • Chiesa e Società

  • Terra Santa: un’altra giornata di festa a Betlemme per l’Epifania cattolica e il Natale ortodosso
  • A Roma dal 14 gennaio il Festival internazionale degli itinerari dello Spirito
  • Vietnam: la Chiesa locale a sostegno dei migranti interni
  • In Laos sono in aumento le vocazioni giovanili
  • Assegnato ad un salesiano il premio Membro dell’Impero britannico
  • Colombia: a febbraio la Fiera internazionale cattolica 2010
  • Filippine: inaugurato nel Mindanao un nuovo centro diocesano multimediale
  • Rapporto ONU sull'Africa: crescono le aree urbane, ma in gran parte prive di servizi adeguati
  • 24 Ore nel Mondo

  • Obama al vertice sul terrorismo: “Mai più errori dell’intelligence”. Il presidente Usa rilancia l’impegno contro Al Qaeda
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messa del Papa per l’Epifania: troppa sicurezza di sé allontana da Dio, ammonisce, poi l’invito all’Angelus ad imitare i Magi, modello di unità tra intelligenza e fede

    ◊   La troppa sicurezza di sé, la pretesa di conoscere la realtà, la presunzione di giudicare ci allontana dalla strada di Dio: cosi Benedetto XVI nell’omelia della Santa Messa, celebrata nella Basilica Vaticana, nell’odierna solennità dell’Epifania del Signore. All’Angelus il Papa parla dei Magi, uomini di scienza, autentici cercatori della verità, modello di unità tra intelligenza e fede. Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    Giornata di preghiera con il Papa in San Pietro, di festa e di allegria in piazza e nelle vie adiacenti, affollate da migliaia di romani e di pellegrini di ogni parte d’Italia e del mondo.

     
    (canto)

     
    “La grande luce che irradia dalla Grotta di Betlemme, attraverso i Magi provenienti da Oriente, inonda l’intera umanità”. Si è soffermato Benedetto XVI sulle parole del profeta Isaia. “In un solo momento – ha spiegato – egli scorge una realtà destinata a segnare tutta la storia”. Così come i Magi di cui ci parla l’evangelista Matteo “sono i primi della grande processione di coloro che, attraverso tutte le epoche della storia, sanno riconoscere il messaggio della stella” e “trovare, così Colui, che apparentemente è debole e fragile”, ma “ha il potere di donare la gioia più grande e più profonda al cuore dell’uomo".

     
    “In Lui, infatti, si manifesta la realtà stupenda che Dio ci conosce e ci è vicino, che la sua grandezza e potenza non si esprimono nella logica del mondo, ma nella logica di un bambino inerme, la cui forza è solo quella dell’amore che si affida a noi.”

     
    Così i doni che i Magi portano, l’incenso, la mirra e l’oro “non rispondono a necessità primarie o quotidiane” della Sacra Famiglia, ma sono piuttosto “un atto di giustizia”, sono segno di “sottomissione”; “da quel momento i donatori appartengono al sovrano e riconoscono la sua autorità”, “come Dio e Re”. “I Magi non possono più proseguire per la loro strada, non possono più tornare da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e crudele”.

     
    “Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell'amore che solo può trasformare il mondo”.

     
    “E’ stata tracciata una nuova strada, è scesa una nuova luce che non si è spenta” “quella luce non può più essere ignorata”.

     
    “La luce di Betlemme continua a risplendere in tutto il mondo”.

     
    Quello che nel presepio cerchiamo di riprodurre – ha sottolineato il Santo Padre – “non è un sogno e neppure un vano gioco di sensazioni e di emozioni, prive di vigore e di realtà, ma è la Verità che s’irradia nel mondo, anche se Erode sembra essere sempre più forte e quel Bambino sembra poter essere ricacciato tra coloro che non hanno importanza o addirittura calpestato”.

     
    “Tuttavia, anche se i pochi di Betlemme sono diventati molti, i credenti in Gesù Cristo sembrano essere sempre pochi. Molti hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio”.

     
    “Qual è la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no? - si è chiesto allora il Papa - “Che cosa apre gli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro che restano indifferenti, a coloro che indicano la strada ma non si muovono?”.

     
    “Possiamo rispondere: la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio.

     
    “Alla fine, quello che manca – ha ammonito Benedetto XVI - è l'umiltà autentica, che sa sottomettersi a ciò che è più grande, ma anche il coraggio autentico, che porta a credere a ciò che è veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme".

     
    “Manca la capacità evangelica di essere bambini nel cuore, di stupirsi, e di uscire da sé per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada di Dio”.

     
    “Il Signore però ha il potere di renderci capaci di vedere e di salvarci, da qui l’invocazione a Dio di darci “un cuore saggio e innocente”.

     
    E’ tornato poi Benedetto XVI all’Angelus a parlare dei Magi “autentici cercatori della verità”, ricordando che “erano dei sapienti che scrutavano gli astri e conoscevano la storia dei popoli”, ma il loro sapere – ha sottolineato - lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto ad ulteriori rivelazioni ed appelli divini”.

     
    “Avrebbero potuto dire: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di nessuno, evitando, secondo la nostra mentalità odierna, ogni “contaminazione” tra la scienza e la Parola di Dio”.

     
    “I Magi ascoltano le profezie e le accolgono” realizzando “una perfetta armonia tra la ricerca umana e la Verità divina”, “da veri sapienti sono aperti al mistero che si manifesta in maniera sorprendente”, confermando “l’unità tra intelligenza e fede”. Quindi l’invocazione alla Madonna:

     
    “Ci aiuti la Vergine Maria, modello di vera sapienza, ad essere autentici ricercatori della verità di Dio, capaci di vivere sempre la profonda sintonia che c’è tra ragione e fede, scienza e rivelazione”.

     
    Dopo la recita mariana Benedetto XVI ha rivolto un augurio speciale ai fratelli e alle sorelle delle Chiese Orientali, che celebrano domani il Santo Natale.

     
    “Il mistero di luce sia fonte di gioia e di pace per ogni famiglia e comunità”.

     
    Il pensiero del Papa è poi andato ai più piccoli nella ricorrenza odierna della Giornata missionaria dei bambini, un’iniziativa che educa a formare una mentalità aperta al mondo e ad essere solidali con i coetanei più disagiati.

     
    Infine i saluti ai numerosissimi fedeli, in particolare ai giovani del movimento “Tra Noi” e i partecipanti al consueto corteo storico-folclorisitico, ispirato quest’anno alle città laziali di Alatri, Fiuggi e Vico, che ha sfilato per via della Conciliazione.

     
    “Auguro a tutti una buona festa dell’Epifania”.

     (canto)

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    Nel giorno dell'Epifania Dio si manifesta all'umanità: intervista con don Giuseppe Busani

    ◊   La solennità dell’Epifania del Signore, che la Chiesa celebra oggi, ha il prevalente significato di rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano. Nell'adorazione che i magi riservano a Gesù, infatti, come hanno fatto i Padri della Chiesa, al di là di ogni ricostruzione storica, è possibile riconoscere il simbolo e la manifestazione della chiamata alla salvezza dei popoli pagani. Lo spiega al microfono di Tiziana Campisi don Giuseppe Busani, liturgista:

    R. – E’ la festa della manifestazione di Dio nell’umanità; è il suo apparire, il suo visitarci nell’umanità, il suo fare ingresso nell’umanità, nell’umanità di Gesù. E’ la Festa della destinazione universale - cioè a tutti - del dono della vicinanza di Dio. Dio è proprio vicino ad ogni persona e quindi i Magi ci rappresentano.

     
    D. – La scrittura ci parla della manifestazione di Gesù legandola alle figure dei Magi. Come leggere tutto questo?R. – Le figure dei Magi sono persone lontane da Israele; sono ricchi, sapienti e saggi. In pratica c’è una manifestazione di Dio per ogni situazione; Dio raggiunge tutte le distanze: è in un luogo – Israele – ma non è fisso in un luogo, è destinato a tutti i luoghi; è in un tempo, ma è destinato a tutti i tempi. I Magi rappresentano proprio questa apertura, tanto che vengono da Oriente; hanno la sapienza, hanno la scienza e, in un certo senso, mettono in crisi la sapienza e la scienza dei giudei, che avevano in mano le Scritture. I Magi, infatti, con il loro sapere – che si riferisce ad una cultura più ampia - fanno percepire che non è sufficiente il libro e quindi la conoscenza della lettera, ma che occorre cercare una voce dentro le Scritture. Sembra che i giudei che avevano in mano le Scritture, cercassero solo la lettera, senza più cercare la voce: avevano una conoscenza della Scrittura senza attesa, senza speranza. Sono colti – potremmo dire – senza essere sapienti. I Magi, invece, che non hanno la Scrittura, hanno questo sapere che cerca una voce fuori campo, cerca cioè oltre. Hanno un’attesa, hanno una speranza. In un certo senso i Magi sono persone molto affascinanti, perché sono inquiete, sono dei sognatori, sono dei ricercatori, ma sono anche molto vicine a noi, perché sbagliano - vanno a Gerusalemme, invece di andare a Betlemme – ma ricominciano. Direi che si possono accostare all’uomo di oggi, che in un certo senso è sempre un inquieto cercatore di Dio; all’uomo di oggi, che ha tanta cultura e tanta scienza, ma che a volte rischia di essere come coloro che vivevano a Gerusalemme e cioè senza sapienza, senza la ricerca di una voce in più, senza uno sguardo in più, senza attesa e senza speranza.

     
    D. – Si può dire che la celebrazione dell’Epifania ci apre al dialogo interreligioso o al dialogo con la laicità?

     
    R. – Ci apre al dialogo con tutti i cercatori di Dio, che dentro di loro non possono accontentarsi di quello che sono, di quello che hanno, di quello che conoscono, ma che sono dei sognatori, che sono degli inquieti: come diceva Agostino il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in Dio. La rivelazione di Dio non è solo per Israele, ma è per tutti. Dio desidera vincere ogni distanza; Dio esclude ogni esclusione. Questa è la festa dei popoli, questa è la festa delle genti. E’ una rivelazione di Dio che vuole raggiungere la sensibilità di tanti e la sensibilità di tanti è una sensibilità di ricerca, d’inquieta e forse anche drammatica ricerca di qualcosa di più grande.

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    "I bambini aiutano i bambini": il motto della Giornata missionaria dei ragazzi

    ◊   “La buona notizia viaggia senza passaporto”: è questo il tema scelto per la giornata Missionaria dei Ragazzi che si celebra oggi in tutte le parrocchie d’Italia. L’evento, promosso dalla Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria (Poim), si rivolge agli oltre 6 mila giovani missionari e a tutti coloro che vogliono farsi testimoni del Vangelo tra i loro coetanei. Tra le iniziative anche una raccolta di fondi per finanziare progetti a sostegno dei ragazzi che vivono nei paesi più poveri del mondo. Quale l’obiettivo principale di questa giornata. Cecilia Seppia lo ha chiesto a padre Piero Pierobon, segretario generale della Poim:

    R. – Questa giornata missionaria ricorda appunto ai ragazzi che sono partecipi pienamente – naturalmente in maniera adatta alla loro età – alla missione della Chiesa, ricordando soprattutto quelle che erano le parole del fondatore dell’Infanzia Missionaria, mons. Charles de Forbin Janson. Il suo motto era: “I bambini aiutano i bambini”. Quindi aiutiamo i ragazzi ad essere missionari nel mondo dei ragazzi.

     
    D. – Più volte Benedetto XVI ha sottolineato l’importanza delle missioni giovanili ed ha incoraggiato i ragazzi ad essere testimoni e annunciatori del Vangelo. Ma quali sono gli elementi essenziali per diventare missionari nel mondo?

     
    R. – Proprio il 30 maggio abbiamo fatto un pellegrinaggio europeo dei ragazzi missionari ed i ragazzi si sono incontrati proprio con il Papa. Uno dei ragazzi aveva chiesto a Benedetto XVI: “Tu sei il primo missionario. Noi come possiamo aiutarti ad annunciare il Vangelo?”. Il Papa aveva ricordato quattro elementi essenziali di quello che può essere lo stile di vita di un ragazzo missionario – che era poi un invito a tutti i ragazzi -: l’importanza della parola di Dio, una parola che sia prima di tutto accolta dal ragazzo, meditata, per poi poterla annunciare agli altri; la preghiera; un altro aspetto molto importante era la conoscenza non solo dei problemi ma anche della bellezza della realtà delle altre culture per avere un cuore aperto anche sul mondo e naturalmente la dimensione della solidarietà, quindi la capacità di aprirsi anche alla condivisione con chi ha più bisogno di noi.

     
    D. – Il tema scelto per questa giornata è “La buona notizia viaggia senza passaporto”. Dietro si cela un messaggio non soltanto per chi partecipa alla missione ma anche per chi ne è destinatario …

     
    R. – E’ chiaro che questo messaggio tocca tutti. La buona notizia arriva dappertutto, nel mondo intero, senza aver bisogno di nessun visto per viaggiare. Questa buona notizia per noi è Gesù. Questa buona notizia tocca ogni persona nel mondo.

     
    D. – Tra le iniziative c’è anche una raccolta di fondi per sostenere e finanziare progetti a favore dei minori che vivono nei Paesi del terzo mondo …

     
    R. – Noi chiediamo ai ragazzi di essere in primis loro stessi aperti alla solidarietà. I progetti dico soprattutto come sono indirizzati: riguardano prima di tutto la tutela della vita dei bambini, la scolarizzazione. L’altro aspetto fondamentale è la salute e poi naturalmente la formazione sia umana che cristiana.

     
    D. – Non è sicuramente una casualità che questa giornata si celebrata nel giorno della solennità dell’Epifania, in cui si manifesta a tutti gli uomini …

     
    R. – Attraverso Gesù Cristo Dio vuol farsi conoscere all’umanità intera. Ora questa ricchezza l’ha posta nelle mani dei credenti, quindi nelle mani di ogni cristiano ed anche nelle mani dei ragazzi, dei giovani. Sono proprio questi i messaggeri che, attraverso la loro vita, le loro scelte, le loro parole ed il oro stile di vita sono invitati a comunicarlo ad ogni persona, abolendo tutte le barriere, senza più distinzione, perché come ci dice anche San Paolo: “In Cristo non c’è più né giudeo, né greco, né schiavo, né libero ma siamo tutti uno”.

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    Oggi in Primo Piano



    La Chiesa in Sicilia accanto agli operai della Fiat di Termini Imerese, a rischio disoccupazione

    ◊   La chiesa è vicina agli operai di Termini Imerese, che a partire dal 2012, quando secondo la decisione del gruppo Fiat lo stabilimento siciliano smetterà di produrre auto, potrebbero perdere il lavoro. E’ quanto ribadito dall’arcivescovo di Palermo e presidente della Conferenza episcopale siciliana, mons. Paolo Romeo, che domenica scorsa, presso la chiesa madre della cittadina, ha incontrato una delegazione di sindacalisti e lavoratori dello stabilimento. Il presule ha inteso assicurare ai presenti, una rappresentanza delle oltre 3mila famiglie coinvolte nella vicenda Fiat, il sostegno della Chiesa di Sicilia, ed ha espresso parole di conforto e incoraggiamento, come spiega al microfono di Claudia Di Lorenzi, padre Francesco Anfuso, arciprete del Duomo di Termini Imerese:

    R. – La presenza dell’arcivescovo, con la sua parola, è un messaggio di solidarietà ma nello stesso tempo di una ricerca di una soluzione ad un problematica che coinvolge le famiglie ed è stata veramente forte. I sindacati e anche la Chiesa di Termini Imerese come presente ha voluto esprimere non solo una solidarietà fatta di parole ma di fatti concreti, alla ricerca di una soluzione

     
    D. - Quali esigenze esprimono i portavoce dei lavoratori?

     
    R. – Che ci sia la stabilità del lavoro, perché in una zona come Termini, che ha dato per 40 anni il meglio di se stessa nel costruire macchine, c’è anche l’espressione di un territorio che così viene mortificato, perché appunto ha dato il meglio di se stesso con la professionalità.

     
    D. - A fronte di una possibile chiusura o di una riconversione dello stabilimento, come “non cedere alla sfiducia”?

     
    R. – Trovando appunto persone che si interessano concretamente a questo fatto, altrimenti c’è l’immigrazione immediata.

     
    D. - Quali iniziative la Chiesa locale ha messo in campo in favore degli operai di Termini Imerese?

     
    R. – Le iniziative sono quelle di una presenza costante al fianco degli operai e delle famiglie. Le famiglie ritrovano nella Chiesa un’ancora per poter trovare delle soluzioni. Quindi è una Chiesa che cammina con loro, momento per momento, attraverso i sacerdoti ma anche le altre persone presenti e che fanno parte dei vari consigli parrocchiali. C’è stata una marcia che si è poi conclusa dinanzi alla Chiesa del Duomo, dove sono intervenuto direttamente io nel proporre questa solidarietà a tutto l’ambiente operaio.

     
    D. - Nell’omelia del giorno di Natale, mons. Romeo ha fatto appello alle responsabilità di ciascuno, “sia a livello politico e amministrativo che a livello del singolo cittadino”. Quali sforzi sono richiesti a tutte le parti in campo?

     
    R. – Intanto, per quanto riguarda l’aspetto politico, che dia cose concrete, perché mancano le infrastrutture ed è quindi necessario agire in questo campo. Per quanto riguarda poi la Fiat, che si raccordi bene con il politico locale. Per quanto riguarda i sindacati, che siano vigili perché la corresponsabilità dell’operaio dev’essere evidente sia con il politico che con la Fiat. E’ questo raccordarsi insieme che viene a mancare, perché sembrano voci separate.

     
    D. – Vuole fare un appello?

     
    R. – Un appello lo faccio soprattutto alla regione Sicilia, nei suoi rappresentanti: che ritrovino una certa capacità di riordinarsi e rilanciare quello che è un territorio fortemente segnato dalla sfiducia. Non intendo solo il territorio di Termini ma anche quello di altre regioni industriali della Sicilia che si ritrovano nelle stesse condizioni e non possiamo dimenticarlo.

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    Oggi, Giornata in Italia del sostegno a distanza in aiuto all'infanzia povera e sofferente

    ◊   Garantire il diritto al cibo, alla salute, all’istruzione di bambini e famiglie che vivono nei Paesi più poveri del mondo in condizioni drammatiche, attraverso un contributo minimo ma continuo: è questo l’obiettivo al centro della Giornata Nazionale del Sostegno a distanza, che oggi, nel giorno dell’Epifania, si celebra, in numerose città italiane. A Roma in particolare una giornata di festa e solidarietà, organizzata dal Forum permanente del Sostegno a distanza. Cecilia Seppia, ne ha parlato con Vincenzo Curatola, presidente dell’associazione:

    R. – Noi abbiamo scelto questa data a livello nazionale per ricordare i bambini che sono in questa situazione. E’ una giornata in cui noi siamo abituati a comprare i giocattoli e dolcetti per i nostri figli, a portarli a manifestazioni, a portarli ai cinema per bambini, ai mercatini e via dicendo. Tutto questo non dovrebbe, però, allontanarci dal pensare che esistono milioni di altri bambini che non hanno queste possibilità. Un piccolo gesto da parte nostra potrebbe, invece, cambiare veramente loro la vita.

     
    D. – Vogliamo ribadire cosa significa “sostegno a distanza”?

     
    R. – Vuol dire dare la possibilità ai bambini, ma anche alle loro famiglie, di avere un futuro perché si trovano a vivere situazioni di estrema povertà. Significa dare un pasto al giorno, dare la possibilità di curarsi, di avere le medicine, di andare a scuola, di avere un’attività lavorativa. Ci sono tante persone in Italia che vogliono fare qualcosa e che danno un contributo minimo – si tratta infatti di meno di un euro al giorno – in maniera continuativa per diversi anni per permettere a queste persone di avere un futuro.

     
    D. – Molte le iniziative previste in numerosissime città italiane, volte a far festa con i bambini, ma anche a sensibilizzare ed educare proprio i più piccoli a ridurre quella distanza che intercorre tra loro, che sono più – come dire – fortunati, ed i loro coetanei che vivono nei Paesi più poveri e spesso in condizioni difficilissime…

     
    R. – Questo è quello che noi riceviamo dal sostegno a distanza. E’ vero che diamo un contributo economico, ma noi riceviamo soprattutto affetto ed amore da parte di queste persone ed anche informazioni sul loro tipo di società, sulle loro culture così diverse dalle nostre. In un mondo che negli anni a venire sarà sempre più globalizzato e sempre più intrecciato, riuscire ad educare i nostri figli alla mondialità, alla conoscenza delle differenze e al saper valorizzare il positivo e il bello che c’è in ognuno di noi, vuol dire porre le basi per un mondo veramente migliore.

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    Domani Natale del Signore per le Chiese che seguono il calendario giuliano

    ◊   Le Chiese orientali che seguono il calendario giuliano celebreranno domani il Natale. Tra queste le Chiese di Russia, Serbia, Georgia, Repubblica Ceca, e Polonia, a cui si aggiungono la Chiesa copta, etiopica e armena. Sul natale nei Paesi che seguono il calendario giuliano ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, don Stefano Caprio, docente di cultura russa al Pontificio Istituto Orientale raggiunto telefonicamente a Mosca:

    R. – Sono in Russia e c’è un clima totalmente natalizio. Ovunque Chiese e città sono addobbate per il Natale, che in Russia viene dopo l’anno nuovo e quindi è un clima già molto ricco di gioia.

     
    D. – Quali patrimoni liturgici convergono nelle celebrazioni delle Chiese che seguono il calendario giuliano?

     
    R. – Sostanzialmente non si differenzia molto da quello del rito latino: c’è la Messa notturna, ci sono le celebrazioni, un po’ più lunghe come nel rito bizantino. C’è soprattutto questa maggiore sottolineatura della luce che viene in un mondo, soprattutto quello nord-orientale, che attende il Natale proprio come inizio del nuovo anno, della nuova stagione.

     
    D. – Come si può rappresentare con un’icona il legame tra Chiese orientali e Natale?

     
    R. – Il Natale delle Chiese orientali è l’icona della Natività, un’icona analoga alle scene natalizie occidentali. C’è la grotta con la Madonna ed il Bambino, gli angeli, i pastori, la natura trasfigurata ed alcune scene di San Giuseppe tentato dal diavolo, delle donne che lavano il Bambino che vengono dalla tradizione apocrifa. Mentre in Occidente abbiamo la scena vivente del Natale, con tutti i personaggi. In realtà, l’icona già ricorda in modo ancora più netto la profezia della morte e della Resurrezione del Signore: il sepolcro di Gesù è raffigurato nella grotta della Natività per unificare tutto il mistero stesso del Signore.

     
    D. – Come quest’icona, questa scena si vive nelle famiglie, sia durante la vigilia sia nel giorno di Natale?

     
    R. – Per certi aspetti, almeno in Russia, molti orientali sono favoriti dal fatto che il calendario sposta il Natale dal 25 dicembre a dopo il Capodanno. Tutto l’aspetto più consumistico, più laico della festività viene già consumato prima, durante il cenone di Capodanno. Le feste del Natale hanno, da questo punto di vista, un aspetto ancor più spirituale e si protraggono fino al 19 gennaio, quando, secondo il calendario, c’è l’Epifania, la festa del Battesimo: Si fa addirittura la benedizione dell’acqua facendo un buco nel ghiaccio, andando sui fiumi dove si può prendere l’acqua della vita nuova.

     
    D. – A proposito di vita nuova, qual è oggi la vita delle Chiese orientali?

     
    R. – Parlando di Europa orientale, dopo 20 anni di ricostruzione, dopo tanti anni di persecuzione, oggi stanno vivendo proprio un periodo di rinascita. Cercano di andare ancora più in là della semplice ricostruzione, di ritrovare proprio le fonti vive della fede, del Vangelo. Non possiamo però dimenticare che ci sono Chiese orientali – soprattutto in Medio Oriente – che stanno vivendo un periodo di grande sofferenza.

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    "Roma. La pittura di un Impero": ancora 10 giorni per visitare la Mostra alle Scuderie del Quirinale

    ◊   Si concluderà il prossimo 17 gennaio la mostra Roma. La pittura di un Impero che ha festeggiato i dieci anni dell’inaugurazione delle Scuderie del Quirinale a Roma. L’esposizione, che ha riscosso grande successo, è stata curata - tra gli altri - da Eugenio La Rocca, con l’allestimento di Luca Ronconi e Margherita Palli; l’organizzazione è dell’Azienda speciale Palaexpo e di MondoMostre. L’ha visitata per noi Giada Aquilino:

    Un mondo colorato, capace di riprodurre eventi storici, mitologici, aspetti della natura e della vita quotidiana, usando realismo e poesia. E’ la Roma antica, quella ritratta nella pittura del periodo compreso tra il I secolo a.C. e il V d.C., e ospitata per la prima volta alle Scuderie del Quirinale nella mostra “Roma. La pittura di un Impero”. Cento le opere esposte, tra affreschi, ritratti su legno e vetro, decorazioni, provenienti da domus patrizie, abitazioni e botteghe popolari dei più importanti siti archeologici e dai musei di tutto il mondo. Ce ne parla uno dei curatori, Eugenio La Rocca:

     
    R. - Il mondo antico era un mondo colorato: gli edifici pubblici, quelli privati, i monumenti principali erano a colori. Noi abbiamo perso questa visione del mondo antico, proprio perché nella realtà dei fatti non è conservato il colore. La pittura, quindi, non è altro che uno dei tanti elementi del colore che invadeva l’intero centro urbano.

     
    D. – C’è un’opera che più rappresenta questa mostra?

     
    R. – Ci sono le pareti della Villa della Farnesina insieme ad una stanza della Villa di Boscotrecase, una a Roma e l’altra a Napoli. Metterle insieme - perché sono probabilmente opera di una medesima maestranza – è stato un elemento molto importante.

     
    D. – E’ stato sottolineato un collegamento anche con le opere del Rinascimento e dell’Impressionismo…

     
    R. – Perché in realtà le tecniche pittoriche degli antichi avevano raggiunto lo stesso livello - se non addirittura lo avevano superato – del Rinascimento e del mondo moderno. Alcune pitture disegnate a macchia o alcuni ritratti dell’oasi egiziana di El Fayyum, ospitati alla mostra, ricordano quadri di impressionisti: le tecniche pittoriche sono molto simili.

     
    Grazie anche ad un allestimento che dona ad ogni opera una luminosità naturale, l’esposizione mette in evidenza il ruolo centrale della pittura nella società civile romana, sottolineandone l'originalità e l’importanza soprattutto rispetto ad un’arte pittorica classica andata ormai perduta. Ascoltiamo il critico e storico dell’arte Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani:

     
    R. – L’antichità classica in pittura è andata totalmente dissolta. La conosciamo soltanto attraverso gli elogi dei trattatisti antichi – Pausania, Plinio, ecc. – ma non più in originale. Sarebbe come se noi oggi di Michelangelo e di Raffaello avessimo gli scritti dei critici che ne hanno parlato, ma non gli originali: avremmo soltanto delle copie, delle citazioni, delle rielaborazioni. La conoscenza della pittura romana, comunque, è la conseguenza degli scavi di Pompei della seconda metà del Settecento. E’ allora che scoppia la moda della pittura romana e addirittura dello stile romano. Lo stile impero, lo stile direttorio, i mobili e gli arredi sono ispirati ai colori e ai modelli che venivano fuori dagli scavi di Pompei, di Ercolano e di Stabia.

     
    D. – E’ stato detto che l’arte romana è “un’arte senza nomi”. Perché?

     
    R. – Perché era un’arte seriale: c’erano tante botteghe o, come diremmo oggi, “ditte” di decoratori che spesso non erano neanche romani. Sappiamo che c’erano alcune botteghe romane, ma molti erano artisti greci, siriaci, egizi, venivano dall’Oriente, parlavano greco. Infatti nelle pitture esposte alla mostra, quando ci sono delle scritte, sono in greco, perché gli archetipi ed i prototipi venivano da lì.

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    Don Pasquale Silla: una vocazione nata nel santuario romano del Divino Amore

    ◊   Pellegrini, fedeli, persone di passaggio: sono quanti giornalmente incontra don Pasquale Silla, parroco del Santuario della Madonna del Divino Amore di Roma. Formatosi nel seminario annesso allo stesso santuario, è cresciuto alla scuola del fondatore don Umberto Terenzi che gli è stato particolarmente vicino nel momento più importante della sua vita. Al microfono di Tiziana Campisi don Silla ricorda com’è maturata la sua vocazione sacerdotale:

    R. – E’ maturata durante gli anni di seminario, perché inizialmente non c’era effettivamente un’autentica vocazione, essendo entrato da piccolo nel seminario della Madonna del Divino Amore. Poi, però, con il passare del tempo, man mano ho così fatto questa scoperta meravigliosa, soprattutto affascinato dal primo rettore e parroco del Divino Amore, il servo di Dio don Umberto Terenzi, che mi accolse qui, in questo santuario stupendo. E lì, proprio insieme a lui, guardandolo come esercitava il suo sacerdozio, il suo ministero, sono rimasto coinvolto. Lui aveva un segreto, quello di affidarsi totalmente alla Madonna. Con la Madonna lui riuscì a capire meglio la sua vita, la sua missione, il suo sacerdozio, per viverlo in modo così fecondo, come poi effettivamente è successo. Quando raggiunsi il momento di decidere - perché sa in seminario ci sono tanti anni e si rimanda sempre la decisione definitiva - quando arrivai alla vigilia della decisione, fui preso veramente da una grandissima angoscia, una cosa mai provata. Poi don Umberto Terenzi venne a farci visita durante gli esercizi spirituali ed esposi a lui queste mie paure. Lui mi incoraggiò e quasi sentii dentro di me come una molla, mi sentii liberato da questa paura e provai un’immensa gioia, che grazie a Dio ancora cerco di conservare e custodire.

     
    D. – Un legame particolare il suo con il Santuario del Divino Amore, come lo sente oggi?

     
    R. – Oggi lo sento come un’unica cosa. Mi sembra di essere assorbito da questo evento che è il Santuario della Madonna del Divino Amore, dove ho vissuto sia in seminario che nei primi anni di sacerdozio e dove adesso ho la responsabilità di rettore e parroco. Quindi, sento tutta questa realtà come una parte di me stesso. Quindi, il Santuario è per me la mia vita. La parrocchia del Divino Amore è la mia vita. La gente, i fedeli, i pellegrini, sono loro che in qualche modo mi spingono a fare sempre di più e sempre meglio.

     
    D. – Fedeli e pellegrini, che cosa le hanno lasciato?

     
    R. – Mi insegnano sempre, mi stimolano. Più che lasciare, mi spingono verso un futuro sempre presente, perché le iniziative qui si susseguono. Il Santuario è un continuo cantiere di attività pastorali, culturali, promozionali, vocazionali e così via. E la parrocchia è una parrocchia viva: si estende per 14 km di lunghezza e abbiamo 15 zone pastorali. Quindi, è una parrocchia, grazie a Dio, molto vivace, con dei gruppi, delle persone, molti laici impegnati che, effettivamente, sentono la responsabilità di stare in questo luogo e di rappresentare la Madonna del Divino Amore anche nelle attività parrocchiali.

     
    D. – Personalmente a che cosa l’ha portata il sacerdozio?

     
    R. – Il desiderio di rendermi utile, di essere unito a Cristo, di poter spendere la mia vita in un modo disinteressato e totale al servizio della Chiesa. Questo Santuario è luogo anche di ascolto. Spesso ci sono casi difficilissimi, complicati, angosciati, per cui l’ascolto di queste persone fa capire anche cos’è il sacerdote, che deve dare la presenza di Cristo in qualche modo, e questo non è facile: proporre alla gente non la mia risposta, la mia presenza, ma la presenza del Signore, che è l’unico vero medico delle anime e dei corpi, è l’unico che dà salvezza.

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    Chiesa e Società



    Terra Santa: un’altra giornata di festa a Betlemme per l’Epifania cattolica e il Natale ortodosso

    ◊   Una splendida mattinata di sole, nella piazza della Mangiatoia, ha salutato l’arrivo a Betlemme di turisti e pellegrini, ma anche fedeli giunti da varie città della Terra Santa. Un clima unico, dovuto al sovrapporsi di tante liturgie e diversi riti, caratterizza questa particolare giornata a Betlemme. Nella prima mattina l’arcivescovo siro ortodosso, e poi il copto, accompagnati da clero e rispettivi fedeli, hanno fatto il loro ingresso ufficiale a Betlemme, secondo i turni stabiliti dallo status quo, e sono stati accolti nella piazza della Mangiatoia da personalità civili e politiche. Intanto nell’attigua chiesa parrocchiale di Santa Caterina, la comunità cattolica ha celebrato l’Epifania. La solenne Messa in lingua araba è stata presieduta dal Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, e concelebrata da sacerdoti della comunità francescana. “Una numerosa assemblea di fedeli locali ma anche di pellegrini perché oggi è festa per tutte le Chiese di Terra Santa – ha commentato il parroco, padre Samuel Fahim - tutti approfittano del permesso dato dal governo israeliano per andare a visitare i luoghi santi. Molti fedeli, circa un centinaio, sono venuti da Nazareth, altri da Gerusalemme, mentre i fedeli di Betlemme sono andati altrove”. “Nella sua omelia padre Fahim ha messo in rilievo il consiglio rivolto da Erode ai Re Magi, di andare in cerca del Bambino che è nato. Pur se rivolto da un nemico – ha proseguito il parroco - è un invito a tutti i cristiani a continuare a cercare Gesù continuamente, sempre, nelle vie della nostra vita. Specialmente in questi giorni di festeggiamenti in cui forse abbiamo dimenticato il Dio Bambino per la ricerca dell’apparenza, o nel chiasso delle nostre feste, qui così tradizionali. Mentre la Messa terminava in Santa Caterina, all’esterno tamburi e cornamuse hanno accompagnato l’ingresso del Patriarca greco ortodosso di Gerusalemme Teofilos III che, con la sua comunità, è entrato in Basilica passando per la porticina dell’umiltà. Il suo corteo è stato però scortato da un forte dispiegamento di polizia, mentre uno striscione ed alcuni manifestanti protestavano per presunti affari del Patriarcato che danneggerebbero le buone relazioni tra palestinesi e greci. Nell’abside della Basilica, inoltre, si è svolta la celebrazione dei greci ortodossi. Tanti fedeli in fila per entrare nella grotta della Natività: secondo i turni dello status quo, le varie liturgie continueranno nel primo pomeriggio, dai Vespri del Natale delle comunità ortodosse, alla tradizionale processione dell’Epifania del Custode di Terra Santa con la comunità francescana.(A cura di Sara Fornari)

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    A Roma dal 14 gennaio il Festival internazionale degli itinerari dello Spirito

    ◊   Si chiamano ‘Journeys of the Spirit’, gli Itinerari dello Spirito, le nuove proposte di viaggio che l’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp) proporrà alla seconda edizione del Festival omonimo, un appuntamento espositivo che avrà luogo alla Nuova Fiera di Roma dal 14 al 17 gennaio prossimi. In un pellegrinaggio si scoprono le bellezze che il mondo offre e ci si immerge nella spiritualità per andare alla ricerca del “volto di Dio” anche attraverso le culture di altri popoli. Quest’anno, in particolare, si punterà sulle esperienze che offre l’America Latina: “Un continente non molto conosciuto ma ricco di cultura e di storia – spiega all’Osservatore Romano l’amministratore delegato dell’Orp, padre Caesar Atuire – per questo costituisce una meta ideale”. Tra le proposte, Argentina, Brasile, Colombia, Haiti, Messico, Repubblica Dominicana e soprattutto il Perù, all’interno del quale si può viaggiare per 13 giorni fra templi e santuari, alla scoperta dell’incantevole terra degli Incas. (R.B.)

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    Vietnam: la Chiesa locale a sostegno dei migranti interni

    ◊   La Chiesa vietnamita è in prima linea nell’impegno in favore dell’integrazione dei migranti interni al Paese: coloro che si spostano dalle campagne in direzione delle città alla ricerca di un lavoro. Una realtà, riferisce Asianews, il flusso si accompagna spesso, purtroppo, a fenomeni come tossicodipendenza, discriminazioni sociali, alto tasso di aborti o di bambini costretti a crescere in ambienti malsani e coinvolge ogni anno circa un milione e mezzo di persone, stando ai dati dell’Ufficio generale di statistica. Tra i migranti, circa 800mila restano all’interno della propria provincia di origine; il resto va ad ingrossare la popolazione delle zone industriali intorno a Hanoi e Ho Chi Minh City, o si dirige nelle province di Binh Duong, Bien Hoa e Dong Nai; il 90 per cento, però, continua ad inviare a casa denaro e aiuti per la propria famiglia. Di loro si occupano associazioni e istituzioni ecclesiastiche come la Congregazione dei Fratelli delle Scuole cristiane di San Giovanni Battista de la Salle che, tra le altre iniziative, hanno recentemente promosso una serie di incontri per giovani studenti e lavoratori nella diocesi di Xuan Loc. “Ci ha sorpreso la presenza di 500 giovani anche non cattolici, – racconta Fratel Phi – non chiedono una risposta ai problemi materiali, ma emerge una grande domanda di spiritualità nella loro vita”. La diocesi in questione, negli ultimi 20 anni, è diventata una delle maggiori mete della migrazione interna al Vietnam, tanto che la Chiesa vi ha organizzato diverse iniziative pastorali e caritative e molti sono i missionari presenti. L’anno scorso padre Nguyen Van Uy, direttore della Caritas locale, ha tenuto qui cinque corsi di formazione per 81 fra insegnanti e catechisti che ora sono attivi in più di 200 parrocchie. (R.B.)

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    In Laos sono in aumento le vocazioni giovanili

    ◊   Un lento ma progressivo aumento si registra tra le vocazioni giovanili nel Laos: a raccontarlo all’agenzia UcaNews è padre Anthony Wiboon Limphanawooth, uno dei responsabili della formazione nel seminario Saint Teresa di Thakhek. Nella struttura, racconta il sacerdote, sono ospitati nove seminaristi tra i 19 e i 23 anni; altri 18 studiano, invece, al Saint John Vianney Major Seminary, l’unico seminario maggiore del Paese; mentre un ultimo si trova a Pakse. Ciò che colpisce l’educatore è l’entusiasmo dei giovani seminaristi verso gli studi: “c’è ancora un basso livello di educazione – spiega – i seminaristi provengono tutti da famiglie di contadini e non hanno una preparazione culturale adeguata, alcuni fanno fatica a leggere fluentemente nella propria lingua, ma si applicano al cento per cento”. Il religioso ricorda che nel Laos ci sono meno di 20 sacerdoti e che molti si trovano all’estero per motivi di studio. La popolazione del Paese è composta da sei milioni di abitanti, il 48 per cento dei quali di religione buddista; i cristiani sono meno del 2 per cento. (R.B.)

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    Assegnato ad un salesiano il premio Membro dell’Impero britannico

    ◊   È stato assegnato al salesiano George Robson il premio ‘Membro dell’Impero britannico’ che ogni anno viene consegnato a Buckingam Palace dalla Regina o dal principe di Galles per l’impegno nel campo sociale. Nella motivazione dell’assegnazione al religioso, riferisce l’agenzia Sir, si parla di “servizio svolto per la comunità di Merseyside” in cui don Robson opera dal 1991 nella parrocchia di San Domenico a Huyton. Nei dieci anni precedenti, inoltre, è stato il direttore del programma ‘New Deal for Communities’ nell’area di North Huyton a Knowsley, nei pressi di Liverpool. Il sacerdote non nasconde la propria soddisfazione per il riconoscimento ricevuto. “Sono entusiasta di accettare questo premio a nome della comunità – ha dichiarato – insieme abbiamo lavorato duramente per assicurare alla popolazione l’accesso a migliori case, scuole, centri di cura per malattie nervose, opportunità di formazione e impiego, ma ancora c’è molto lavoro da fare”. Il premio ha una lunga storia: venne istituito, infatti, da re Giorgio V nel 1917. (R.B.)

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    Colombia: a febbraio la Fiera internazionale cattolica 2010

    ◊   Un’edizione particolare quella del 2010, consacrato Anno sacerdotale, per la Fiera Internazionale cattolica che da tre anni si svolge in Colombia, a Medellín, e che si inserirà nella cornice del quarto Sinodo dell’arcidiocesi e della Missione continentale. L’appuntamento, ricorda l’agenzia Fides, è dal 18 al 21 febbraio, prima settimana di Quaresima, presso la sede dell’Orto botanico della città, così grande da consentire l’accesso di un maggior numero di visitatori ed ampliare il programma di attività pastorali previste. Il tema scelto dall’arcidiocesi guidata da mons. Alberto Giraldo Jaramillo è "La carità autentica, tutta una missione!". “Abbiamo due grandi novità quest’anno – anticipa l’arcivescovo – un giorno in più di fiera e un locale grande come l’Orto Botanico”. Nel corso della fiera i visitatori potranno acquistare articoli religiosi e di turismo religioso, libri, artigianato, software per la Pastorale, nuovi ausili per la comunicazione e molto altro, girando per gli oltre 200 stand di espositori nazionali e stranieri. La fiera è organizzata dall’arcidiocesi in collaborazione con la società ‘Signos Pastorales’ ed ha l’obiettivo di presentare al mondo Medellín come “città cattolica latinoamericana”. (R.B.)

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    Filippine: inaugurato nel Mindanao un nuovo centro diocesano multimediale

    ◊   Due emittenti radio, uno storico periodico della carta stampata e un modernissimo servizio multimediale hanno trovato sede nel nuovo centro media inaugurato nei giorni scorsi nella diocesi del Cotabato, nel sud delle Filippine. Ne dà notizia L’Osservatore Romano che specifica che il centro sarà condotto dai religiosi dell’ordine dei Missionari oblati di Maria Immacolata. Le due radio, la Dxms-Am e la Dxol-Fm, appartenenti al Notre Dame Broadcasting Corporation (Ndbc) sono affidate a padre Ignacio Rebellin e si avvalgono di un potente trasmettitore che consente ai programmi di essere ricevuti anche a Kidapawan City e a Koronadal City. Il periodico ‘Mindanao Cross’, diretto da padre Jonathan Domingo, è la più antica pubblicazione storica del Mindanao: dal 1948 ad oggi ha mancato solo tre numeri all’epoca del presidente Marcos a causa dell’imposizione della legge marziale ed è ritenuto molto autorevole grazie alle approfondite inchieste condotte sui temi legati alla pace nella regione. Il nuovo servizio ‘i-Watch’, infine, produce notizie audio e video diffuse anche via internet e nasce dall’esperienza della telecamera di padre Eduardo Vasquez jr., che ne è il responsabile, che l’anno scorso riprese a Datu Piang le testimonianze dei civili colpiti dalla violenza degli scontri tra esercito e guerriglieri. (R.B.)

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    Rapporto ONU sull'Africa: crescono le aree urbane, ma in gran parte prive di servizi adeguati

    ◊   È un’Africa sempre più fatta da metropoli infinite e meno da terra selvaggia, quella che fotografa oggi l’UN-Habitat, l’agenzia Onu che si occupa degli insediamenti urbani, a 50 anni dal cosiddetto ‘Anno dell’Africa’, il 1960, quando la maggior parte degli Stati ottenne l’indipendenza. Se allora - annota l’agenzia Fides - soltanto una grande città a sud del Sahara, la sudafricana Johannesburg, ospitava oltre un milione di abitanti, nel 2010 si stima che saranno 33 le città africane che supereranno la soglia del milione, mentre entro il 2030 la maggior parte della popolazione del continente avrà lasciato la campagna. Il problema sul quale, però, pone l’accento l’agenzia delle Nazioni Unite, che ha sede a Nairobi in Kenya, è che i due terzi degli ‘urbanizzati’ africani vivono in insediamenti ‘informali’ privi di corrente elettrica ed acqua potabile, senza fognature e sistemi di trasporto adeguati e in condizioni igieniche molto precarie. I rischi di questa situazione sono sia di natura ambientale sia per la salute delle persone: l’acqua contaminata, l’assenza di strutture sanitarie adeguate e l’uso copioso di fertilizzanti chimici stanno portando in Africa nuove patologie, tipiche dei Paesi industrializzati, come il cancro, l’asma e le malattie cardiovascolari. La struttura delle città, che hanno un centro ricco e civilizzato intorno al quale sorgono bidonville con ogni sorta di disagio, rappresentano una sfida da vincere anche per la Chiesa locale e per le missioni presenti in Africa. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Obama al vertice sul terrorismo: “Mai più errori dell’intelligence”. Il presidente Usa rilancia l’impegno contro Al Qaeda

    ◊   Dopo il fallito attentato di Natale ieri si è tenuto alla Casa Bianca l’atteso super vertice antiterrorismo. Presenti tutte le massime autorità Statunitensi. Nel discorso alla nazione tenuto al termine dell’incontro, il presidente Obama ha puntato il dito contro gli errori della sicurezza interna ed ha rilanciato con forza la lotta senza quartiere ad Al Qaida. Il servizio di Marco Guerra:

    “Avevamo abbastanza informazioni per fermarlo. La sicurezza ha fallito in maniera disastrosa”. Al termine del super vertice sul terrorismo, Barak Obama non nasconde la sua irritazione per gli errori commessi dall’intelligence Usa sulla mancata strage di Natale. Parlando alla nazione, Obama ha ammesso che “la sicurezza sapeva che il fallito attentatore era stato nello Yemen, che si era unito agli estremisti e che in quel Paese ci sono altri estremisti pronti a colpire”. Il presidente americano ha quindi rilanciato la lotta senza quartiere al terrorismo di matrice islamica. “Siamo determinati a smantellare le reti terroristiche una volta per tutte - ha detto - attaccheremo Al Qaida ovunque tenti di radicarsi e distruggeremo questa organizzazione”. L'inquilino della Casa Bianca ha inoltre riferito di avere chiesto ai responsabili delle varie agenzie una serie di rapporti: “Desidero che le analisi siano completate entro questa settimana e che le correzioni siano immediate per evitare il ripetersi di tali attacchi”. Tra i provvedimenti già adottati c'è il rafforzamento delle misure di sicurezza su tutti i voli in partenza per l'America, in particolare per quelli in partenza da 14 Paesi considerati a rischio. Sono stati inoltre fermati i trasferimenti di detenuti di Guantanamo verso lo Yemen. E proprio dal turbolento Paese della penisola araba arrivano i primi risultati di un’energica azione sul territorio. Le forze yemenite hanno arrestato oggi in un ospedale un presunto capo locale di Al Qaida. L'uomo sarebbe uno degli autori delle minacce che avevano costretto la chiusura di alcune ambasciate occidentali a Sanaa.

     
    Daghestan terrorismo
    Il terrorismo torna a colpire anche nelle turbolenti repubbliche del Caucaso russo. Questa mattina nella capitale del Daghestan, un kamikaze si è fatto esplodere all’ingresso di una caserma di polizia uccidendo sette agenti e ferendone altri 14. Poche ore dopo gli artificieri hanno disinnescato un ordigno di 10 chili di tritolo collocato sulla linea ferroviaria Baku-Mosca. Il treno che doveva transitare sul quel tratto è stato fermato in tempo. Il Daghestan, la più grande Repubblica della Federazione Russa del Caucaso settentrionale, è segnato da frequenti attacchi dei separatisti islamici che lottano contro il governo vicino al Cremlino.
     Holbrooke su Pakistan e Afghanistan
    Fanno discurere le parole dell’'inviato speciale di Barack Obama per l'Afghanistan e il Pakistan, Richard Holbrooke, secondo cui La guerra in Afghanistan sarà più lunga di quella in Vietnam e la più lunga in assoluto della storia americana. In un intervista al settimanale tedesco 'Die Zeit', l’inviato statunitense ha spiegato che le difficoltà sono dovute al fatto che “il Vietnam del Nord era il nemico e poteva essere bombardato, mentre il Pakistan è un alleato”.

    Pakistan
    Non si ferma la violenza in Pakistan. Un attentatore suicida si è fatto esplodere questa mattina di fronte ad una caserma nell'area di Tarar Khal, parte del Kashmir sotto giurisdizione pakistana, provocando la morte di quattro militari e ferendone almeno altri 14. L'attentatore si è fatto esplodere quando le guardie hanno provato a fermarlo all'ingresso di una struttura militare. Cinque feriti sarebbero in condizioni gravissime. Si segnala anche un nuovo raid condotto da un drone statunitense su un’abitazione dove presumibilmente era in corso una riunione di talebani a Datta Khel, nella regione del Nord Waziristan, vicino alla frontiera con l'Afghanistan. Almeno nove miliziani avrebbero perso la vita.

    Afghanistan
    Ennesima giornata di sangue in Afghanistan. Almeno 14 presunti miliziani talebani sono morti nel tentativo di mettere a segno una serie di attentati contro le truppe delle Nato. Altre cinque persone, tre agenti e due bambini, sono morti per l'esplosione di un ordigno al passaggio di un convoglio militare nella provincia di Nagarhar.

    Svizzera allarme terrorismo
    Paura e tensione questa mattina a Berna, in Svizzera, dove è scattato l’allarme bomba per l'ambasciata degli Stati Uniti dopo il ritrovamento di un oggetto lasciato incustodito. Sul posto sono arrivati gli artificieri che, intorno alle 11, hanno fatto brillare l'oggetto sospetto che poi si è rivelato inoffensivo.

    Nigeria-Usa contro le misure antiterrorismo
    Il governo cubano e quello nigeriano hanno protestato formalmente contro gli Stati Uniti per essere stati inseriti tra i 14 Paesi nei confronti dei quali Washington applicherà controlli sistematici sui passeggeri provenienti da quegli Stati e con destinazione Usa. Le autorità del Paese africano sostengono che sebbene il cittadino responsabile del mancato attentato sul volo per Detroit fosse nigeriano, non si può colpevolizzare un'intera nazione. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 6

    È possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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