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Sommario del 04/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Chi confida in Dio non teme il futuro. All’inizio del nuovo anno, il pensiero di Benedetto XVI sulla speranza cristiana
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Bomba contro il Tribunale di Reggio Calabria. L'arcivescovo Mondello: mafiosi, cambiate vita!
  • Washington, Londra, Parigi e Tokyo chiudono le ambasciate nello Yemen
  • Italia tra crisi, sprechi e rincorsa al superfluo: la riflessione del sociologo Garelli
  • Un mondo migliore è possibile: l’ultimo libro di Carl Anderson dedicato alla civiltà dell'amore
  • Chiesa e Società

  • Festa e dialogo interreligioso per l'arrivo dei Re Magi in Terra Santa
  • Visita in Terra Santa dei vescovi di Usa e Ue a sostegno della Chiesa locale
  • Messaggio alla nazione del primate della Comunione anglicana Rowan Williams
  • India e Pakistan insieme per promuovere la pace tra le due nazioni
  • I vescovi spagnoli: i cattolici non appoggino la nuova legge sull’aborto
  • Perù. Il cardinale Cipriani: più sostegno alla famiglia per una vera crescita sociale
  • Argentina. Mons. Casaretto: continuare a combattere la povertà
  • Germania: andrà ai bambini del Senegal il ricavato della Campagna dei "Cantori della Stella"
  • Congo: appello di un vescovo a non dimenticare i profughi
  • Raccolta di fondi in Congo per salvare i bambini dalla stregoneria
  • La Chiesa in Tanzania punta sull'agricoltura
  • Usa: iniziata la settimana nazionale delle migrazioni
  • Messa di suffragio del cardinale Bergoglio per le vittime del rogo di Cromañón
  • Brasile: alluvioni e smottamenti nello Stato di Rio
  • Malaysia: tolto il divieto per i cristiani di usare il termine Allah per riferirsi a Dio
  • Le Chiese d’Oceania e la “missione di ritorno”
  • In Francia al via la campagna a sostegno dei preti perseguitati
  • "La Chiesa è con voi": così mons. Romeo agli operai della Fiat di Termini Imerese
  • Epifania solidale di 45 Ong per il diritto di tutti all'acqua
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iran: rinviata la missione di europarlamentari a Teheran
  • Il Papa e la Santa Sede



    Chi confida in Dio non teme il futuro. All’inizio del nuovo anno, il pensiero di Benedetto XVI sulla speranza cristiana

    ◊   “La nostra speranza è in Dio”, “noi confidiamo nel Dio che in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e definitivo la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua storia”: è uno dei passaggi forti dell’Angelus di ieri di Benedetto XVI, il primo del 2010. Il Papa è dunque tornato a parlare della speranza, uno dei temi che contraddistinguono il suo Pontificato e al quale, come è noto, ha dedicato la sua seconda Enciclica, la “Spe salvi”. Ripercorriamo alcune riflessioni del Papa sulla speranza nel servizio di Alessandro Gisotti:

    Le piccole speranze e la grande Speranza. Effimere le prime, solida e affidabile la seconda. All’inizio del nuovo anno, rileva il Papa, è facile avventurarsi in previsioni e pronostici. Il cuore è inquieto, tra speranze e preoccupazioni:

     
    “Inizia un nuovo anno e tante sono le nostre attese e speranze. Non possiamo però nasconderci che all’orizzonte si profilano anche non poche ombre che preoccupano l’umanità. Non dobbiamo però scoraggiarci; anzi dobbiamo mantenere sempre accesa in noi la fiamma della speranza. Per noi cristiani, la vera speranza è Cristo, dono del Padre all’umanità”. (Discorso all’Ispettorato di Polizia, 15/1/2009)

     
    Un dono talmente affidabile “da farci dire che in essa noi abbiamo la salvezza”. Ma in che cosa consiste dunque questa Speranza, si chiede il Papa commentando la sua Enciclica “Spe salvi” ?

     
    “Consiste in sostanza nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine”. (Angelus, 2/12/2007)
    Il Papa constata che lo sviluppo della scienza moderna “ha confinato sempre più la fede e la speranza nella sfera privata e individuale”. Oggi, perciò, “appare in modo evidente, e talvolta drammatico, che l’uomo e il mondo hanno bisogno di Dio, del vero Dio!”. Altrimenti, avverte, gli uomini “restano privi di speranza”:

     
    “La scienza contribuisce molto al bene dell’umanità, - senza dubbio - ma non è in grado di redimerla. L’uomo viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale. Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio, dal Dio che è l’amore, che in Gesù ci ha visitati e ci ha donato la vita, e in Lui tornerà alla fine dei tempi. E’ in Cristo che speriamo, è Lui che attendiamo!” (Angelus, 2/12/2007)

     
    E se davvero speriamo in Cristo, ognuno di noi può “sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio”. Una grazia che cambia la nostra vita:

     
    “Alla luce di questa salda speranza, il nostro quotidiano lavoro, qualsiasi esso sia, assume un significato e valore diverso, perché lo ancoriamo a quei valori perenni umani e spirituali, che rendono la nostra esistenza più serena ed utile ai fratelli… Ed è compiendo bene il proprio dovere che ogni battezzato realizza la propria vocazione alla santità”. (Discorso all’Ispettorato di Polizia, 15/1/2009)
     
    La speranza evangelica, osserva ancora il Pontefice, non è ripiegata su se stessa.“La nostra speranza - spiega il Papa - è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri, e soltanto così essa è veramente speranza anche per ciascuno di noi".“Sperare è volare”, afferma ancora Benedetto XVI riecheggiando San Bonaventura. E aggiunge: “Chi spera deve alzare il capo rivolgendo verso l’alto i suoi pensieri, verso l’altezza della nostra esistenza, cioè verso Dio”:

     
    “Solo questa 'grande speranza-certezza' ci assicura che nonostante i fallimenti della vita personale e le contraddizioni della storia nel suo insieme ci custodisce sempre il 'potere indistruttibile dell’Amore'. Quando allora a sorreggerci è tale speranza non rischiamo mai di perdere il coraggio di contribuire, come hanno fatto i Santi, alla salvezza dell’umanità, aprendo noi stessi e il mondo all’ingresso di Dio: della verità dell’amore e della luce”. (Discorso a Bagnoregio, 7 settembre 2009)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La speranza in un Dio che condivide la storia dell'uomo: all'Angelus il Papa invita i fedeli a vivere il nuovo anno accogliendo nella propria vita il progetto d'amore del Padre.

    La Chiesa vera di cui non parlano i giornali: in prima pagina, un fondo di Lucetta Scaraffia sul dossier dell'agenzia Fides riguardante i missionari uccisi nel 2009.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, lo Yemen, dove Washington e Londra temono azioni terroristiche.

    Il farmacista domenicano che ha cambiato il nostro sguardo sull'islam: Jean-Jacques Perennes su Georges Anawati e il dialogo fra le civiltà.

    Re Davide? Una pop star: Gaetano Vallini recensisce un volume su Bono Vox, leader del gruppo rock "U2".

    Giulia Galeotti sull'ultimo saggio di Richard Holmes, che analizza il rapporto tra creazione artistica e scoperte all'epoca di Cook, Blake e Byron.

    Nell'informazione religiosa, intervista di Alberto Manzoni al vescovo di Como Diego Coletti sul corretto uso dei nuovi strumenti di comunicazione. 

    Nell'informazione vaticana, Mario Ponzi a colloquio con il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, sulle prospettive per il 2010.

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    Oggi in Primo Piano



    Bomba contro il Tribunale di Reggio Calabria. L'arcivescovo Mondello: mafiosi, cambiate vita!

    ◊   In Italia proseguono le indagini sull’attentato compiuto ieri a Reggio Calabria nei pressi della Procura generale della Repubblica. Secondo gli inquirenti l’azione, che fortunatamente non ha provocato vittime, ha una matrice mafiosa. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha ribadito, in un colloquio telefonico, il sostegno del governo al procuratore generale della città calabrese Salvatore Di Landro. Al microfono di Federico Piana ascoltiamo proprio il procuratore Di Landro che si sofferma sulle modalità dell’attentato:

    R. – Il fatto è di particolare gravità perché, tra l’altro, la bomba è stata collocata proprio in modo mirato davanti alla Procura generale. Questo, ovviamente, è un brutto segnale.

     
    D. – Come avete fatto a capire che era proprio la ‘ndrangheta?

     
    R. – Le modalità dell’attentato sono state di chiaro stile mafioso perché è arrivato uno scooter di notte, con a bordo due uomini con il casco. Quello seduto sul sedile posteriore è sceso, ha preso la bombola di almeno dieci kg di gas e ha messo del tritolo. La tecnica è di chiaro stampo mafioso.

     
    D. – In questo periodo ci sono in ballo dei processi molto interessanti, ci sono molti capi ‘ndrangheta imputati ma, soprattutto, avete sequestrato anche beni alle cosche …

     
    R. – Hanno alzato il tiro perché forse hanno colto un cambiamento, la maggior presenza nel corso dei processi d’appello, una maggiore volontà di fare le cose in modo serio e vigoroso. Evidentemente la ‘ndrangheta si sente anche più forte. C’è poco da fare: se hanno alzato il tiro al livello della Procura generale, un ufficio che una volta era assolutamente impensabile fosse coinvolto in simili fatti, è perché si sentono forti. Si sentono forti al punto da porsi come anti-Stato che detta regole alla società civile e alle istituzioni di giustizia. Naturalmente tutto questo preoccupa, sconcerta e amareggia.

    Per un commento sull’attentato, avvenuto a pochi passi dal Duomo, Amedeo Lomonaco ha sentito mons. Vittorio Luigi Mondello, arcivescovo di Reggio Calabria:

    R. – Qui siamo abituati agli attentati. Ogni notte ci sono incendi di macchine o una bomba verso questo o quell’altro negozio. Quindi non ci facciamo molto caso. Questo però ha impressionato molto non solo me ma anche la magistratura. Ha impressionato per il nuovo livello: non avevano mai attentato alla magistratura e questo è un segno forte proprio contro la magistratura. Allora le interpretazioni più logiche credo possano essere due: o qualcuno si è sentito in difficoltà per qualche processo e reagisce in questo modo oppure si ritiene vicina la cattura dei capi delle cosche. Allora reagiscono in questo modo. E' un episodio che impressiona soprattutto perché è la prima volta che viene colpita la magistratura.

     
    D. – La firma dell'attentato, inequivocabile, è della 'ndrangheta. Cosa possono e devono fare la società civile e la Chiesa contro la criminalità organizzata?

     
    R. – Durante tutto questo periodo di Natale abbiamo ribadito la necessità della pace e della non violenza. Ho cercato sempre di inculcare questa priorità della non violenza, però ritengo che questo sia un messaggio che non sempre giunge alle orecchie di chi dovrebbe ascoltare.

     
    D. – A Reggio Calabria sono dunque frequenti fenomeni intimidatori. Anche la Chiesa è vittima di intimidazioni di matrice mafiosa?

     
    R. – Purtroppo qualche caso si è già verificato. Casi lievi, come per esempio la rottura di copertoni della macchina. In questi casi i preti che vengono colpiti non ne capiscono le cause. Hanno anche fatto una regolare denuncia alla polizia ma queste sono indagini lente e, molto spesso, non arrivano a colpire nessuno.

     
    D. – La speranza è riposta nella cittadinanza ed anche nella comunità di credenti che possono realmente alimentare il cambiamento e la rinascita di tutto il territorio...

     
    R. – La speranza la poniamo in Cristo e la poniamo soprattutto nella nostra conversione personale. Noi come Chiesa dobbiamo essere portatori di pace, di non violenza, di fratellanza e di comunione. Sono questi i temi sui quali insistiamo quotidianamente. Dall’altro lato non dobbiamo però dimenticare che ci sono forze centrifughe che mirano soltanto al denaro, al possesso, al potere. E molto spesso questi messaggi di fratellanza non riescono a recepirli.

     
    D. – C’è un augurio, un auspicio che vorrebbe rivolgere per il nuovo anno a quanti fanno parte delle organizzazioni mafiose?

     
    R. – Certo. Per me l’augurio è che cambino la loro vita presente e abbiano anche uno sguardo verso futuro. Non pensare cioè a star bene soltanto domani o dopodomani, ma pensare che il Signore chiamerà a render conto delle proprie azioni. Si impegnino quindi, guardando al futuro, al futuro escatologico, alla fine della propria vita e si preparino sin da questo momento a quell’incontro rinnovandosi, chiedendo perdono e cercando di non essere antisociali ma al servizio dei fratelli.

     
    D. – C’è stato in questo senso qualche frutto che lei ha potuto constatare, qualche cambiamento che è diventato autentico?

     
    R. – No. Devo dire con sincerità che non ho constatato alcun frutto di questo genere da parte di nessuno. Non mi è stato mai rivelato di qualcuno che si sia convertito, che abbia cambiato vita.

     
    D. – Questo secondo lei perché?

     
    R. – Le cause vengono da lontano, da una storia di soprusi, di sopraffazioni, nelle quali questa popolazione si è trovata continuamente. Molti hanno saputo reagire onestamente e molti invece sono incappati in queste forme delinquenziali che addirittura, secondo la loro mentalità, sono il modo più giusto di vivere la vita e di farsi rispettare dagli altri. E’ una mentalità errata che io ritengo di dover continuamente combattere, puntando soprattutto sulla formazione, a cominciare dai più piccoli, quindi dalla famiglia e dalla scuola. Queste nuove generazioni si possono educare in modo da cambiare quella mentalità che le cosche ritengono essere onorabile, facendo comprendere che si tratta invece di una mentalità delinquenziale per poter creare una nuova società.

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    Washington, Londra, Parigi e Tokyo chiudono le ambasciate nello Yemen

    ◊   Gli Stati Uniti sono ripiombati nella psicosi degli attentati. L’ultimo episodio questa mattina all’aeroporto Newark, evacuato per qualche ora dopo che un uomo è riuscito ad entrare nell'area di imbarco eludendo i controlli. Intanto si apre un nuovo fronte nella lotta al terrorismo. E’ quello nello Yemen, Paese in cui si è addestrato l’attentatore che stava per far esplodere, il giorno di Natale, un aereo americano nei cieli di Detroit. Proprio a Sanaa, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Giappone hanno chiuso le loro sedi diplomatiche per rischio attentati, mentre dal nord del Paese giungono notizie di una battaglia con al-Qaeda, durante la quale due miliziani dell'organizzazione terrorista sono stati uccisi dalle forze governative. Salvatore Sabatino ha chiesto a Ferdinando Fasce, docente di Storia americana presso l’Università di Genova se lo Yemen rischia di diventare un nuovo Iraq:

    R. – C’è un pericolo reale, rappresentato da queste forze di al-Qaeda che stanno in Yemen – peraltro da tempo – e direi che c’è il pericolo che l’amministrazione Obama cada in una trappola: confermare - spostandola su un terreno inevitabilmente diverso, perché è diverso l’atteggiamento di Obama e diversa è la sua cultura come il suo orientamento politico di fondo - quell’idea che il terrorismo va combattuto con una logica di guerra che, di volta in volta, si incarna in uno Stato specifico.

     
    D. – Come ha detto lei, Washington era già al corrente dei rischi che potevano venire dallo Yemen. Perché non è intervenuta prima?

     
    R. – Credo che qui ci sia un problema davvero sistemico: il fatto che in primis c’è difficoltà di coordinamento nell’informazione – lo abbiamo visto anche rispetto alla questione del nigeriano fermato a Detroit - problemi di coordinamento tra la babele della struttura dei servizi statunitensi. Poi c’è un problema di coordinamento tra questi servizi, anche a livello internazionale. Infine c’è il fatto che in realtà l’investimento statunitense già da prima del 2001, ma con più forza dal 2001 in poi, è stato orientato a logiche di intervento militare con una conseguente riduzione ed un peggioramento dell’azione dei servizi.

     
    D. – A questo punto l’amministrazione Obama deve dare dimostrazione di efficacia nei confronti del pericolo terrorismo. Cosa possiamo attenderci per le prossime settimane?

     
    R. – Speriamo che siano assolutamente scongiurate ipotesi di intervento militare diretto. Speriamo che Obama riprenda il filo del discorso nel senso di accorgersi delle difficoltà che ci sono in Afghanistan rispetto all’azione cosiddetta di “controinsorgenza” e decida di rafforzare da un lato l’azione coordinata di intelligence e dall’altro un progetto di sostegno di quelle forze che nell’area del Golfo e nello Yemen guardano alla possibilità di sviluppo, perché il problema dello Yemen è prima di tutto un problema di un regime che vive di petrolio, ma queste risorse petrolifere sono destinate ad esaurirsi nei prossimi sette anni. Quindi il problema è quello di immaginare delle forme d’intervento - che possono essere tipo il ripresentarsi di progetti come quello del vecchio piano Marshall - per modificare l’assetto dell’area.

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    Italia tra crisi, sprechi e rincorsa al superfluo: la riflessione del sociologo Garelli

    ◊   Due notizie in questi primi giorni del 2010 - rilanciate dai media - invitano ad una riflessione sui modelli sociali, sugli stili di vita, sulle tendenze al consumo. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Franco Garelli, sociologo dell’Università di Torino.

    D. - Prof. Garelli iniziamo con la notizia del pane sprecato: solo a Milano ogni giorno 180 quintali ne finisce nella spazzatura, tra quello acquistato e quello invenduto. Ma è possibile che in una società evoluta non si riesca ad evitare uno spreco tanto evidente, con risvolti etici gravi se pensiamo che oltre un miliardo di persone nel mondo non ha da mangiare?

     
    R. – Certamente queste notizie sono sconcertanti, tornano di tanto in tanto sui mezzi di informazione e ci dicono che probabilmente la società italiana è meno povera di quello che ci immaginiamo, nel senso che i poveri ci sono ma c’è anche un’ampia quota di popolazione che sta sufficientemente bene e comunque non si pone problemi anche di sprechi o di parsimonia. Questo è un po’ il prodotto della società dei consumi che emerge anche in un momento di crisi generali come questa.

     
    D. – Quindi non c’è consapevolezza di questo modo dissennato di consumare. Un’altra notizia che ha richiamato l’attenzione è l’inizio anticipato dei saldi che ci ha mostrato, attraverso la tv e soprattutto attraverso internet, orde di persone riversarsi per le strade, già di primo mattino, soprattutto per raggiungere i centri commerciali. Li abbiamo visti in fila in auto per ore. Abbiamo visto migliaia di persone perfino prendere le scale mobili all’incontrario, sottoponendosi a sacrifici e rischi. Per che cosa, professore?

     
    R. - Io credo che qui ci sia questa rincorsa al mito dell’ultimo acquisto, dell’acquisto di moda, del colore dell’anno, insomma del non perdere il treno, di uno stile di vita emergente. Questo può essere anche un prodotto della crisi: cioè, per alcuni mesi, per un anno o più si è stati un po’ attenti, poi improvvisamente scatta questa corsa all’acquisto dei saldi, quindi pensando di risparmiare proprio per mantenere un legame con gli stili di vita emergenti. Questo mi sembra un elemento un po’ tipico di questa società, anche questo sconcertante, nel senso che magari molta gente compra delle cose ma ha comunque pieni gli armadi di tutta una seria di beni.. di vestiti, di cose per la casa. Quindi c’è questa esigenza di aggrapparsi a un mito di cose ultime per soddisfare dei bisogni che sono già mediamente e ampiamente soddisfatti.

     
    D. - Quindi emerge la cultura dell’avere, la cultura del risparmio per avere ancora più superfluo?

     
    R. - In questa rincorsa emerge un grosso investimento anche affettivo che è anche un indice di povertà culturale se ci si aggrappa a queste cose per rafforzare in modo significativo la propria identità, la propria idea di sé, invece di pensare che ci può essere un impiego migliore delle risorse che si hanno.

     
    D. – Tutto sommato queste due immagini del pane sprecato e della gente che corre a comprare il superfluo sono immagini di tristezza esistenziale…

     
    R. – Indubbiamente c’è da riflettere su questo grosso investimento sull’apparire, sugli stili di vita sganciati dai bisogni reali.

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    Un mondo migliore è possibile: l’ultimo libro di Carl Anderson dedicato alla civiltà dell'amore

    ◊   Riedificare la società attraverso l’amore, incoraggiare i cristiani ad assumere un ruolo attivo nella fede per diffondere il messaggio di speranza del Vangelo ed esprimere la presenza viva di Cristo. Queste le sfide contenute nel nuovo libro di Carl Anderson “Una civiltà dell’amore. Ciò che ogni cattolico può fare per trasformare il mondo”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. In occasione della presentazione del volume, avvenuta recentemente presso la Sala Marconi della nostra emittente, è giunto anche il messaggio di saluto del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. C’era per noi Cecilia Seppia.

    Parlare di civiltà dell’amore in un mondo che troppo spesso si pone come l’esatto contrario sembra quasi essere provocatorio, anzi per molti appare un’utopia, eppure - scriveva Giovanni Paolo II - la vocazione di ogni persona è l’amore e senza di esso la vita è priva di senso. Di ciò è convinto l’autore di questo volume Carl Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo, che traccia le linee di un mondo che egli definisce realmente possibile: civilizzato, trasformato, guarito dall’amore. Le sue parole:

    “Well, it is possible...
    Deve essere possibile, perché è il comandamento che nostro Signore ci ha dato. Quindi, anche se non è facilmente raggiungibile, deve essere la nostra ispirazione e dobbiamo continuare a provare. Deve essere un principio base per comunicare agli altri l’amore: amore non solo per la famiglia, ma da trasportare nel lavoro, nella società, nelle istituzioni pubbliche e, soprattutto, agli stranieri, a chi non conosciamo. Se riusciremo in questo, riusciremo a seguire i dettami di nostro Signore.”

    Scommettere sull’amore - sostiene il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laci - è oggi la sfida più grande, ma per far questo ciascuno di noi deve aderire a pieno alla vocazione di essere cristiano in questo nostro tempo, rispondendo al male con il bene, riconoscendo nell’altro il volto di Dio. Dunque lungi dall’essere un sogno irrealizzabile, la civiltà dell’amore non è altro che la concretizzazione della legge evangelica dell’amore. Il cardinale Rylko:

    “La civiltà dell’amore non è un’utopia, ma una realtà da edificare, un concreto progetto di vita personale e sociale, che tocca tutte le dimensioni dell’esistenza: la dignità della persona, i diritti inalienabili, primo fra tutti il diritto alla vita, il matrimonio e la famiglia, il lavoro, la piaga della povertà e perfino la globalizzazione. La lettura del libro di Anderson interpella la coscienza, provoca a fare una seria revisione di vita, sfida ad abbandonare la comoda nicchia di un cristianesimo tranquillo e soddisfatto di sé, per scendere in campo e operare scelte concrete”.

    Fortemente ancorato ai principi del magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, questo libro appare dunque come una lezione di speranza cristiana, che non può non chiamare in causa la responsabilità dei fedeli laici, parte integrante di quel 'cantiere' sempre aperto che è il disegno di Dio per tutti gli uomini.

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    Chiesa e Società



    Festa e dialogo interreligioso per l'arrivo dei Re Magi in Terra Santa

    ◊   I Re Magi hanno fatto visita ai bambini della Galilea, ai bambini ebrei e a quelli arabi: due incontri di festa, che si sono svolti per il quinto anno consecutivo alla Domus Galileae, centro internazionale gestito nei pressi di Korazim dal Cammino Neocatecumenale. Circa 800 gli ebrei riuniti sabato nell’Auditorium di questo centro, che sorge sul monte delle Beatitudini, accanto al luogo dove Giovanni Paolo II celebrò la Messa nel 2000 insieme a circa 100 mila fedeli: giovani e bambini, famiglie giunte dai kibbutz della zona di Tiberiade, ma anche da Tel Aviv, Gerusalemme, Ashkelon. Per loro una festa dal sapore natalizio, vissuta in un clima di gioia ed amicizia, a cui hanno partecipato anche due sindaci dell’Alta Galilea. Canti in ebraico ed arabo della tradizione giudaica e cristiana, una lettura dall’Antico Testamento, il brano messianico del profeta Isaia, ma anche la proclamazione del Vangelo dell’Epifania, e testimonianze dei giovani seminaristi della Terra Santa e di altre nazioni. Ieri pomeriggio, l’appuntamento era rivolto agli arabi cristiani, circa un migliaio i presenti, giunti dai villaggi del nord di Israele: dalle comunità di rito latino, greco-cattolico, ma anche ortodosse, di tutta la Galilea. Presenti tra la folla anche alcuni musulmani. L’incontro - che si è svolto in un clima di preghiera -, è stato presieduto da mons. Elias Chacour, arcivescovo di Akka dei greco melkiti cattolici, insieme ai parroci della zona, sul palco allestito di fronte al magnifico scenario del lago di Tiberiade. Per loro canti natalizi in arabo, eseguiti da coro e orchestra, e una breve liturgia della Parola. Poi il momento più atteso dai bambini: l’arrivo dei Re Magi, sui cammelli con i loro doni, giunti per portare una parola di incoraggiamento alla fede. Il parroco latino di Acri, padre Quirico Calella, ha sottolineato l’importanza di questi incontri, considerando che in alcuni villaggi la popolazione è coinvolta soprattutto in feste musulmane. Soprattutto nel tempo di Natale – ha detto – questi incontri offrono la possibilità ai fedeli di diverse denominazioni, di ritrovarsi per celebrare insieme le festività cristiane, e riviverne il senso. Don Rino Rossi, responsabile del Centro Domus Galilaeae, commentando i rapporti di amicizia che si creano grazie a queste occasioni, ha detto: "Siamo contenti che questo centro possa servire la chiesa locale, e contribuire a realizzare quello che fu il desiderio di Papa GPII: promuovere delle iniziative per un dialogo più profondo fra chiesa cattolica e il mondo ebraico". (Dalla Galilea, Sara Fornari)

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    Visita in Terra Santa dei vescovi di Usa e Ue a sostegno della Chiesa locale

    ◊   Si svolgerà dal 9 al 14 gennaio la tradizionale visita in Terra Santa dei vescovi del coordinamento delle Conferenze episcopali di Usa e Europa a sostegno della Chiesa cattolica e dei cristiani in Terra Santa. Il programma dei lavori, che avranno base a Gerusalemme, prevede incontri con il nunzio apostolico, mons. Antonio Franco, con il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, con i leader religiosi dei cristiani presenti in Terra Santa e con le comunità cristiane di Ramallah e Betlemme. Tra gli appuntamenti fissati, quelli con i responsabili di “Kairos”, progetto che intende riportare all’attenzione internazionale, dei leader politici della regione e delle Chiese nel mondo, il cammino dei palestinesi verso la libertà, e con esponenti e leader politici israeliani e palestinesi. Al termine dei lavori verrà emesso un comunicato. La delegazione è composta da vescovi di Canada, Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Italia, Svizzera ed Usa. Con loro anche rappresentanti del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) e della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece). Questa visita, che giunge ad un anno dal conflitto di Gaza, assume rilievo anche in vista del Sinodo per il Medio Oriente che si svolgerà dal 10 al 24 ottobre su ‘La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza’. (R.P.)

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    Messaggio alla nazione del primate della Comunione anglicana Rowan Williams

    ◊   “La sofferenza di chi ci è prossimo è la stessa sofferenza dell’intera umanità”. Così l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams nel tradizionale messaggio alla nazione diffuso in diretta televisiva dai due canali della BBC. Tracciando un bilancio della prima decade del ventunesimo secolo il primate della Comunione Anglicana, l’ha definita “terribile ed estenuante in tutti i versi, caratterizzata dal terrorismo, dalla guerra, dai disastri naturali e dal crollo finanziario”. “Questo periodo - ha detto - ha deluso le aspettative di coloro che ritenevano fosse possibile un mondo senza più crudeltà, senza più ingiustizia. Il presule ha inoltre spiegato come all'inizio molta fiducia era riposta nel documento “Millennium Development Goals”, a cui duecento nazioni hanno aderito, sottoscrivendo un programma in cui erano indicati 8 obiettivi-chiave per affrontare i problemi legati alla povertà e per costruire un mondo più giusto e più sicuro. “Prima di stringerci le spalle, prendendo atto dei fallimenti e delle speranze deluse – ha affermato l’arcivescovo Williams, dobbiamo tener conto di una importante lezione che abbiamo ricevuto in questi anni: diminuiscono sempre di più i problemi che possono essere risolti con soluzioni locali, aumentano drammaticamente i problemi che necessitano di soluzioni planetarie. Le sofferenze infatti attraversano le frontiere e travalicano il limite tra ricchezza e povertà, le crisi, non si fermano alle barriere tra le nazioni. Nessuno di noi è immune dal pericolo del terrorismo, dai problemi ambientali, dalle malattie epidemiche”. Occorre dunque, secondo le parole del presule, creare nuove possibilità di azione ed intervento, oltre che far nascere nuove speranze, moltiplicare gli sforzi per poter realizzare un mondo migliore. “Ogni anno – ha affermato il primate della Comunione Anglicana - circa nove milioni di bambini muoiono prima di aver compiuto 5 anni a causa di malattie, violenze, denutrizione. Ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità e far si che questo non accada. Possiamo fare di più per sostenere le associazioni che difendono i minori, possiamo fare di più esercitando pressioni su quanti hanno le responsabilità di governo”. Il presule ha infine esortato i fedeli a non perdere l’amore e il rispetto per la dignità di ognuno, ad agire verso gli altri come agiamo per noi stessi, solo così saremo sorpresi dal cambiamento, dalla differenza che possiamo determinare nella nostra e altrui realtà. (C.S.)

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    India e Pakistan insieme per promuovere la pace tra le due nazioni

    ◊   Ad un anno dall’attacco terroristico di Mumbai e dopo 62 anni di guerre e tensioni, due giornali in India e Pakistan chiedono ai loro lettori di superare i cliché sulla base di un forte messaggio di unità: “le persone al di là del confine sono uomini e donne come noi”. La campagna dal titolo Aman ki Asha (Speranza di Pace) prevede una serie di iniziative per la pace e la fratellanza con lo scopo di avvicinare la popolazione delle due nazioni dal punto di vista culturale, sentimentale e in modo pacifico. Protagonisti di questo appello i due principali gruppi mediatici dell’India e del Pakistan, The Times of India e dal Jang Group del Pakistan. Lo scorso 1° gennaio, Giornata internazionale per la pace nel mondo, il più diffuso giornale indiano, The Times of India, è uscito con un solo messaggio nella prima pagina: “Ama il Pakistan”, dando questa motivazione: “Sembra strano vedere quelle due parole una vicina all’altra. Terrore, odio, fanatismo vengono subito in mente quando pensiamo al di là del confine. Parole che ci sono state amministrate in dosi giornaliere negli ultimi sessanta anni ed in dosi maggiori nell’ultimo anno. Chiudendo così le nostre menti all’innegabile verità che la gente al di là del confine sono uomini e donne come noi. Perché? Perché dobbiamo fare questo? Perché abbiamo bisogno di farlo? Perché non cominciano loro a chiedere scusa per quello che hanno fatto? La risposta è semplice. E’ più facile dire 'Ciao' che dire 'Perdonateci' ”. In questi giorni e per tutto il mese di gennaio e febbraio sono previsti una serie di programmi interculturali al di qua e di là del confine, incontri commerciali, festival musicali e letterari, incontri tra cittadini per dare la possibilità di sviluppare relazioni umane al di là delle battaglie politiche, del terrorismo e del fondamentalismo. Migliaia di scolari indiani inoltre manderanno messaggi di pace, amore e concordia ai loro coetanei in Pakistan. Come premio, i vincitori dei 25 messaggi migliori andranno a visitare i vincitori dall’altra parte del confine. “La storia, si legge infine nell’editoriale, è quella che abbiamo ereditato, ma il futuro è quello che noi vogliamo fare. I nostri sforzi non potranno mai sostituire il dialogo tra governo e governo. Quello che noi vogliamo fare è creare un movimento che, gradualmente, dalla periferia faccia muovere il centro, un’ondata di buona volontà che toccherà il cuori della gente delle due parti”. (C.S.)

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    I vescovi spagnoli: i cattolici non appoggino la nuova legge sull’aborto

    ◊   “Un passo indietro per quanto riguarda la protezione della vita”: la Conferenza episcopale spagnola ribadisce quanto affermato, in merito alla riforma della legge sull'aborto, nella dichiarazione pubblicata il 17 giugno dalla Commissione permanente e fatta propria dall’Assemblea plenaria il 27 novembre. Secondo i vescovi spagnoli, la riforma inizia a trattare l’aborto come un diritto della donna, si impone nel sistema educativo la propaganda dell’aborto, e inoltre si definisce la salute della donna – che, posta in pericolo, sarebbe una delle ragioni per abortire - come “benessere sociale”, oltre che “fisico e psichico”. Per questi motivi i presuli - rispondendo alle dichiarazioni del presidente del Congresso dei Deputati, José Bono, rilasciate ad un quotidiano spagnolo - hanno ribadito che nessuno, che si attenga agli imperativi della ragione, può dare il suo appoggio a questa legge e ancor meno i cattolici per coerenza con la loro fede. In questo caso, inoltre, non è possibile per i cattolici appoggiare la legge come male minore, invocando l'Enciclica “l’Evangelium Vitae”. La Conferenza episcopale ha poi ribadito le norme della Congregazione per la Dottrina della Fede riguardo a questa materia, norme valide in tutto il mondo, per tutti i cattolici, indipendentemente dall’affiliazione politica. I vescovi ricordano anche il principio della non ammissione alla Santa Comunione di quanti pubblicamente diano il loro appoggio o il loro voto ad una legge che non protegga in modo adeguato il diritto alla vita di coloro che devono nascere. Dopo l’approvazione della nuova legge già sono in atto le prime mobilitazioni: tra queste anche quella della Confederazione cattolica dei genitori e degli alunni, che proporrà ai genitori e ai docenti l’obiezione di coscienza e/o la denuncia davanti ai tribunali se verranno costretti ad insegnare nelle scuole spagnole l’aborto come diritto. Dal canto suo la Federazione spagnola delle Associazioni Pro-Vita ha espresso il proprio rifiuto ad una legge che “nega il diritto alla vita dei più indifesi e trasforma in falso diritto l’omicidio, l’abbandono delle donne e il calpestare la libertà professionale”. (C.S.)

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    Perù. Il cardinale Cipriani: più sostegno alla famiglia per una vera crescita sociale

    ◊   L’arcivescovo di Lima, cardinale Juan Luis Cipriani, nel suo programma radiofonico “Dialoghi di fede”, rivolgendosi ai candidati delle prossime elezioni politiche ha chiesto loro, sabato scorso, di “pensare di più alle leggi e provvedimenti che possono rinforzare la famiglia”. Secondo il porporato i “politici devono essere più trasparenti non solo come persone, ma anche per quanto riguarda i progetti che propongono e presentano. “Dobbiamo chiedere ai nostri politici - ha precisato il presule - più trasparenza nella comunicazione dei piani che sostengono. Non basta limitarsi ad offrire acqua, luce, stipendi migliori, senza dire una sola parola sul focolare, su ciò che la gente desidera veramente: figli sani, più tempo per vivere in famiglia. Non bastano i buoni di produttività. Bisogna dare maggiore qualità della vita”. Queste riflessioni del cardinale Cipriani si allacciano a quelle della sua omelia del primo gennaio nel corso della quale, ancora una volta, insieme con l’intero episcopato peruviano - che sulla materia ha parlato a più riprese - è tornato a chiedere una maggiore attenzione per la famiglia. Secondo il porporato la famiglia è sotto attacco, in particolare quando si pretende di snaturare il matrimonio come unione sacra tra un uomo ed una donna. Per l’arcivescovo di Lima è urgente dunque “proteggere il santuario della famiglia” dando un sostegno importante necessario perché le famiglie possano vivere serenamente. “E’ difficile continuare a parlare di crescita sociale, di miglioramento del sistema educativo, di sicurezza cittadina, senza mettere al centro la famiglia”, ha concluso il porporato peruviano. (A cura di Luis Badilla)

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    Argentina. Mons. Casaretto: continuare a combattere la povertà

    ◊   Mons. Jorge Casaretto, vescovo di San Isidro in Argentina e responsabile episcopale della pastorale sociale valuta positivamente il varo di alcune misure in favore dell’infanzia colpita dalla povertà e dall’esclusione, ma ritiene che occorra “più dialogo” per accentuare “politiche pubbliche contro l’emarginazione sociale”. Lo stesso programma in favore dei bambini poveri a suo avviso deve essere allargato e integrato alle nuove politiche educazionali che, mons. Casaretto auspica possano raggiungere il maggior numero possibile di giovani. In un’intervista rilasciata al quotidiano “La Nacion”, il vescovo argentino ricorda come il contributo dato all’elaborazione dei provvedimenti in favore dell’infanzia, giunga sia da parte della Commissione Giustizia e pace sia dalla medesima Pastorale sociale dell’episcopato argentino. Riflettendo sulla grande questione dell’esclusione sociale, in buona parte determinata dalla povertà, mons. Casaretto sottolinea la gravità delle sue “diverse forme così come le dinamiche che la innescano”. “Quando un ragazzo finisce nel mondo della droga, spiega il presule, passa facilmente a quello della violenza e qui si gioca la propria vita poiché di essa e di quella degli altri non ha nessuna considerazione. Perde il senso dell’esistenza. In ciò si manifesta il suo problema affettivo e spirituale che richiama la nostra massima attenzione. Dunque la povertà è un problema integrale e non riguarda solo la mancanza di certi beni seppure necessari, ma la persona umana nella sua integrità. Ricordando che le nuove misure nell’ambito dell’educazione verranno applicate a 900mila giovani che non studiano e non lavorano, mons. Casaretto ha sottolineato l’importanza di pensare ad estendere questi provvedimenti a tutti tenendo presente il pianeta giovanile nella sua interezza e complicità. La Chiesa argentina è in prima linea contro la povertà e, in particolare contro una delle sue conseguenze più deleterie, e cioè l’esclusione sociale e al riguardo mons. Casaretto auspica che una “simile sensibilità si diffonda in tutti i settori del Paese e della classe dirigente argentina”, a cominciare da una riduzione dei consumi e soprattutto degli sprechi e dalla riduzione della disuguaglianza sociale, culturale ed economica. (L.B.) 

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    Germania: andrà ai bambini del Senegal il ricavato della Campagna dei "Cantori della Stella"

    ◊   Per la 52.ma volta, nei giorni che precedono e seguono l’Epifania, i “Cantori della Stella” (Sternsinger) dell’Infanzia Missionaria tedesca sono per le strade della Germania con i loro canti natalizi. “I bambini trovano nuove vie” è il motto della campagna di quest’anno che nelle diocesi tedesche vedrà nuovamente circa mezzo milione di ragazze e ragazzi tedeschi andare di porta in porta indossando i vestiti dei Re Magi, portando con sé la stella cometa. Il Paese simbolo della raccolta di quest’anno, che vede impegnati i bambini tedeschi per i loro coetanei che soffrono, è il Senegal. Con il motto “Utub yoon bu bees – I bambini trovano nuove vie”, la campagna 2010 vuole ricordare che soprattutto i bambini dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo devono trovare sempre nuove vie per il proprio sviluppo, per costruire il proprio futuro e per prendere in mano la loro vita. In molte parti del mondo, grazie all’impegno dei Cantori della Stella, - riferisce l'agenzia Fides - i bambini hanno la possibilità di trovare una via per la loro formazione scolastica e professionale. Ma anche in Senegal, Paese simbolo della campagna 2010, devono fare molta strada per arrivare dalla campagna alla città dove frequentare le scuole. Insieme ai partner locali, la Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria tedesca si impegna anche a garantire che i bambini dei Paesi dell’Africa occidentale abbiano accesso alle nuove forme di comunicazione, come internet ed e-mail. Per preparare il terreno alla campagna e sostenere l’iniziativa, dal 15 settembre 2009 fino al 17 gennaio 2010 un tipico pulmino-taxi senegalese multicolore è in giro per la Germania. Sostando nelle strade e nelle piazze di tante città tedesche, i collaboratori di Missio hanno potuto informare sulla vita dei bambini in Senegal. La raccolta dei “Cantori della Stella” tedeschi è diventata la più grande iniziativa di solidarietà in tutto il mondo, che vede i bambini impegnarsi per i loro coetanei bisognosi.

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    Congo: appello di un vescovo a non dimenticare i profughi

    ◊   “Grazie a Dio il Natale 2009 non è stato segnato dal sangue come quello del 2008, ma la nostra principale preoccupazione rimangono i circa 2mila sfollati di Tapili, sfuggiti agli attacchi dei guerriglieri dei primi di dicembre che hanno causato centinaia di morti” riferiscono all’agenzia Fides fonti della diocesi di Isiro-Niangara, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Mons. Julien Andavo Mbia, vescovo di Isiro-Niangara, aveva lanciato l’allarme sulla situazione di alcune località della diocesi che erano state attaccate dai ribelli ugandesi dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) nelle prime settimane di dicembre. Tra le località più colpite vi era Tapili, i cui abitanti sono stati costretti alla fuga. I guerriglieri avevano diffuso volantini che minacciavano di ripetere il massacro di Natale del 2008, che è costato la vita ad almeno 800 civili innocenti. Secondo un resoconto della diocesi sugli attacchi dell’Lra, inviato all’agenzia Fides, tra il 13 e il 14 dicembre una trentina di membri dell’Lra hanno attaccato una località nei pressi di Tapili, uccidendo un centinaio di persone e sequestrando circa 40 tra giovani e anziani. La parrocchia “San Paolo” di Tapili è stata interamente saccheggiata: solo il tabernacolo è stato risparmiato. I ribelli hanno poi attaccato il centro di Tapili dove hanno saccheggiato tutte le strutture sanitarie, dai dispensari alla farmacia, e hanno rapito altre 270 persone. Un falso allarme ha poi provocato la fuga della popolazione del vicino villaggio di Ndingba. “La popolazione non è assistita da nessuno, sia sul posto sia nelle aree, in particolare a Rungu, dove gran parte della popolazione di Tapili è fuggita. Non hanno alcune assistenza” ha denunciato mons. Mbia. “Ancora una volta i ribelli dell’Lra hanno seminato morte e distruzione nell’area di nord-est del distretto dell’Alto Uélé. Persone indifese muoiono senza alcuna colpa. Lancio un SOS a chiunque perché soccorra questi poveri. La Caritas d’Isiro-Niangara è pronta a collaborare” conclude il vescovo lanciando un appello alla solidarietà di tutti. (R.P.)

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    Raccolta di fondi in Congo per salvare i bambini dalla stregoneria

    ◊   Sono più di 100mila gli euro raccolti tramite la campagna “Magia nera”, promossa dall’associazione Aibi-Amici dei bambini per salvare i minori della Repubblica Democratica del Congo, bollati con il marchio della stregoneria. Nella sola Kinshasa sono 18mila i “bambini stregone”: minori accusati senza colpa di ospitare spiriti maligni e di causare disgrazie alla propria famiglia e per questo da essa abbandonati. Donando un Sms solidale, nel mese di dicembre almeno 50mila persone hanno inviato un messaggio per aiutare gli oltre 500 bambini ospiti dei sei Centri di assistenza di Kinshasa, con cui collabora lo staff locale di Aibi, a riappropriarsi della propria infanzia. Grazie agli oltre 100mila euro raccolti, spiega l’Aibi, “con il sostegno di educatori, medici, psicologi e animatori, i bambini potranno gradualmente imparare a non sentirsi più colpevoli e rifiutati”. Prevista anche la realizzazione di laboratori teatrali e di animazione per aiutare i bimbi a rielaborare il trauma vissuto. “Mettendo in scena, con l’aiuto di psicologi, le emozioni provate – affermano ancora i responsabili del progetto- i piccoli avranno la possibilità di superare il dolore vissuto e liberarsene così una volta per tutte”. L’iniziativa mira a restituire ai piccoli un’infanzia serena in attesa che vengano accolti da una nuova famiglia. (C.S.)

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    La Chiesa in Tanzania punta sull'agricoltura

    ◊   La Chiesa cattolica della Tanzania sta progettando la costruzione di un'università di agraria nella regione di Ruvuma, in collaborazione con le Figlie di Maria Immacolata. La struttura sorgerà su un'area di circa tremila ettari. L'annuncio del progetto è stato dato nei giorni scorsi dall'arcivescovo di Dar-es-Salaam, cardinale Polycarp Pengo, durante l'inaugurazione di un nuovo edificio di quattro piani presso il St. Joseph College of Engineering and Technology, intitolato proprio all'arcivescovo di Dar-es-Salaam. Si tratta di un ostello in grado di ospitare circa 1.300 studenti. La costruzione dell'università di agraria dovrebbe iniziare a marzo prossimo, mentre le prime iscrizioni sono previste per il mese di agosto. La realizzazione dell'ateneo mira a integrare gli sforzi compiuti negli ultimi anni dal Governo tanzaniano per modernizzare l'agricoltura del Paese. Il luogo scelto per l'edificazione del complesso — ha detto il cardinale Pengo — è una regione che, grazie alle sue condizioni climatiche, è propizia alle coltivazioni. La nuova università avrà cinque dipartimenti dedicati rispettivamente all'orticoltura, alla veterinaria, alla coltivazione, ai sistemi agrari integrati e all'acquacoltura». Il cardinale ha poi ribadito che il nuovo ateneo ha l'obiettivo di rendere l'agricoltura locale più produttiva e di incoraggiare le persone a ripopolare le aree rurali. Quindi, il porporato ha osservato che «per rilanciare l'agricoltura è necessario guardare al problema non in senso astratto, ma concentrandosi sugli agricoltori stessi, sui loro bisogni e sulle loro necessità. Solo fornendo loro le conoscenze adeguate e gli strumenti necessari — ha concluso l'arcivescovo di Dar-es-Salaam — gli agricoltori riusciranno a trasformare le proprie condizioni di vita. Valorizzando gli agricoltori, quindi, si valorizzerà anche l'agricoltura stessa». L'agricoltura è stata per anni e continua a essere la spina dorsale dell'economia della Tanzania. Il settore impiega la maggioranza della popolazione attiva e contribuisce per oltre la metà al prodotto interno lordo (C.S.)

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    Usa: iniziata la settimana nazionale delle migrazioni

    ◊   E’ iniziata ieri nelle diocesi degli Stati Uniti l’annuale “Settimana nazionale delle migrazioni”, che quest’anno si svolge sul tema “Rinnovare la speranza, ricercare la giustizia”. Nella Lettera diffusa alla vigilia della ricorrenza, il presidente del Comitato episcopale per le migrazioni, vescovo mons. John Wester, delinea il significato del tema e della ricorrenza stessa, che vuole esprimere la motivazione dell’azione pastorale della Chiesa con i migranti, i rifugiati e le vittime del traffico di esseri umani; il duplice richiamo alla speranza e alla giustizia esorta la comunità cristiana – prosegue la Lettera – a prestare aiuto ai sofferenti, agli abbandonati e ai disperati e ad operare instancabilmente contro l’oppressione e l’ingiustizia con la speranza di concorrere a creare condizioni di vita prospere per ogni persona. In attenzione al Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale dei Migranti – si legge ancora nel testo – la “Settimana” rivolgerà particolare importanza alla condizione dei bambini migranti, una fascia della popolazione particolarmente vulnerabile, spesso sfruttata e sottoposta ad abusi, soprattutto nel caso di minori privi di documenti e non accompagnati. Vengono inoltre ricordate le diverse iniziative lanciate in occasione dell’annuale ricorrenza. Realizzato in collaborazione con la Catholic University of America, un sito web a carattere educativo – www.usccb.org/mrs/nmw/index/shtml - focalizza, tra l’altro, l’importante ruolo svolto dalla Chiesa Cattolica nel dibattito migratorio che ha interessato gli Stati Uniti durante tutto il XX secolo. E’ inoltre da segnalare il dossier creato dal Jesuit Refugee Service, con il titolo “Accompagnare, servire, difendere”, che presenta una serie di schede volte ad illustrare le cause delle migrazioni forzate, le difficoltà sperimentate dai rifugiati nei diversi contesti geografici, il fenomeno migratorio nelle sue diverse epoche e le principali questioni concernenti la protezione e l’assistenza e dei rifugiati, sfollati e migranti in situazione di vulnerabilità. (A cura di Marina Vitalini)

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    Messa di suffragio del cardinale Bergoglio per le vittime del rogo di Cromañón

    ◊   “Una città frivola, orgogliosa, distratta, che rimuove le sue ferite per non soffrire”: queste le parole del cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, pronunciate durante la ricorrenza della tragedia di Cromañón, nel corso della messa di suffragio celebrata nella cattedrale. Il porporato ha ricordato la morte di 194 giovani e bambini nel rogo scoppiato durante un concerto, il 30 dicembre 2004, rimproverando alla città di non aver pianto abbastanza quei suoi figli. Il cardinale Bergoglio ha invitato ad adottare atti concreti di carità, per prendere maggiore coscienza del dolore di questa tragedia. “Un dolore” – ha sottolineato - “che non deve invecchiare nel nostro cuore”. L’atteggiamento peggiore, per l’arcivescovo, è anestetizzare il dolore e rimuoverlo con distrazioni e manipolazioni, senza farlo diventare “fertile seme di speranza”. Il cardinale ha poi fatto riferimento al luminoso esempio di molti giovani, morti nell’incendio per salvare altri loro coetanei. “Questi ragazzi” – ha detto - “ hanno dato grande testimonianza donando la propria vita per gli altri”. Infine, il cardinale ha esortato a guardare a Gesù Bambino “che nasce e che dà la vita di salvezza” e alla Madre santa, che “trasforma il dolore in amore e saggezza”. (F.C.)

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    Brasile: alluvioni e smottamenti nello Stato di Rio

    ◊   Sono almeno 76 le vittime e un centinaio le persone disperse a causa delle forti piogge e degli smottamenti che nei giorni scorsi hanno colpito lo Stato di Rio de Janeiro, il secondo Stato federato brasiliano per popolazione. A comunicare il bilancio ufficiale delle vittime è stato ieri il sindaco di Rio de Janeiro, Tuca Jordao, aggiungendo che le alluvioni e gli smottamenti di terreno dovuti alle piogge durate tre giorni hanno travolto baracche in molte favelas. Nella maggior parte dei casi, nelle città o sulla costa le frane hanno colpito costruzioni costruite abusivamente in zone proibite, ritenute pericolose perché rese instabili dal disboscamento. Un portavoce della locale protezione civile - riferisce l'agenzia Misna - ha inoltre annunciato la chiusura temporanea di due centrali nucleari vicine alle zone degli smottamenti, al fine di evitare ulteriori incidenti. Secondo i servizi meteorologici, tra il 30 dicembre e il 1 gennaio sono caduti 236 millimetri di pioggia sulla regione d’Angra, più della media di un mese intero, pari a circa 200 millimetri. (R.P.)

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    Malaysia: tolto il divieto per i cristiani di usare il termine Allah per riferirsi a Dio

    ◊   I cristiani potranno usare la parola “Allah”: lo ha deciso l’Alta Corte di Kuala Lumpur, in Malaysia, il 31 dicembre scorso. La Corte ha permesso al settimanale cattolico “Herald” di utilizzare la parola “Allah” per riferirsi a Dio e ha stabilito che il divieto imposto dal Ministero dell’Interno al suo utilizzo è illegale. Per la Corte infatti, “Allah” non è un termine esclusivo per i fedeli islamici. La sentenza si è avuta perché, nel 2007, il Governo malaysiano aveva vietato alle pubblicazioni non musulmane di ricorrere alla parola “Allah”. Così, nell’ottobre 2009, furono sequestrate dalla polizia oltre quindicimila Bibbie provenienti dall’Indonesia e indirizzate ai cristiani. “Accogliamo con favore la decisione della Corte” – ha affermato S. Selvarajah, uno dei legali ai quali l’arcivescovo di Kuala Lumpur, mons. Murphy Nicholas Xavier Pakiam, ha affidato il ricorso – “che in prospettiva sarà un bene per il dialogo interreligioso”. (F.C.)

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    Le Chiese d’Oceania e la “missione di ritorno”

    ◊   “La fede dei cattolici d’Oceania viene attaccata da consumismo, materialismo, edonismo: per questo oggi ci gioviamo in una ‘missione di ritorno’. Siamo infatti evangelizzati dai fedeli delle terre che hanno ricevuto da noi aiuti missionari”: è quanto afferma in un colloquio con l’agenzia Fides padre Paul Shannahan, missionario e direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Nuova Zelanda, tracciando un quadro delle sfide della missione in Oceania. “In Oceania il quadro è composito: vi sono nazioni del ‘primo mondo’, come Australia e Nuova Zelanda, e nazioni del ‘terzo mondo’, come gli arcipelaghi della Polinesia e la Papua Nuova Guinea, con differenti problemi e sfide”. Padre Paul spiega a Fides: “In Australia e Nuova Zelanda la fede cristiana è debole, attaccata dallo stile di vita consumistico e dal secolarismo, come nei paesi occidentali. C’è bisogno di una ‘nuova evangelizzazione’. Nella mia esperienza al ‘Catholic Enquiry Center’ di Wellington, nato negli anni ’60, in principio si conducevano inchieste sui non cristiani, oggi il focus si è spostato sulla popolazione cattolica, dato che i battesimi diminuiscono, i battezzati non frequentano la Chiesa, i praticanti sono pochi, i giovani tendono a una spiritualità disgiunta da impegno e responsabilità.” Urge allora una nuova “missione in casa”, perché “occorre risvegliare una fede vissuta autenticamente, una maggiore testimonianza pubblica, prendendo esempio dalle altre denominazioni cristiane. La questione centrale è far calare la fede nella vita delle persone e nella comunità” nota il direttore delle Pom. “Oggi – continua padre Paul – ci gioviamo della cosiddetta ‘missione di ritorno’: impariamo e siamo evangelizzati dagli immigrati, dai fedeli di quelle terre (come India, Filippine, Corea) che un tempo hanno ricevuto da noi aiuti missionari. E’ una sorta di ‘circolo virtuoso’ della missione che oggi si verifica in Oceania. I fedeli immigrati portano la forza della loro fede che risveglia il torpore delle nostre comunità”. Ad esempio, nota padre Shannahan, “nella diocesi di Auckland, il 10% del clero viene dalle isole del Pacifico, il 10% dalle Filippine, il 10% dall’India; il 70% è neozelandese, ma fatto di sacerdoti anziani”. Il calo delle vocazioni impone un ricambio dei sacerdoti che sempre più spesso giungono dall’estero. In Oceania, allora, le Chiese del ‘primo mondo’ si assicurano il futuro grazie ai contatti missionari con le Chiese più povere: “Manteniamo le relazioni ed aiutiamo le Chiese più povere con aiuto finanziario e con la formazione del personale ecclesiale locale. I vescovi chiedono soprattutto sostegno per l’opera di istruzione e di sviluppo umano che la Chiesa porta avanti. Oppure ci occupiamo del training e della specializzazione di sacerdoti e laici. Sappiamo che questo significa anche garantire il futuro delle stesse nostre comunità. La sfida più grande per noi – conclude – è rievangelizzare gli adulti e le famiglie. Poi, di conseguenza, cresceranno giovani e ragazzi entusiasti del Vangelo”. (R.P.)

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    In Francia al via la campagna a sostegno dei preti perseguitati

    ◊   Accendere idealmente un cero via internet per sostenere i sacerdoti perseguitati o minacciati nelle varie parti del mondo: è l’invito al centro della campagna di mobilitazione organizzata in Francia, nell’ambito dell’anno dedicato ai presbiteri dall’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, che da oltre sessanta anni porta soccorso ai preti laddove la mancanza di mezzi finanziari o la violazione della libertà religiosa rendano difficile la loro missione evangelizzatrice. La campagna dal titolo “Luce di Speranza” è partita il 25 dicembre e si svolgerà fino al 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore e Giornata Mondiale della Vita Consacrata. Tra le intenzioni di preghiera prioritaria quella di affidare i sacerdoti a Dio, come Maria presentò Gesù al tempio. Per questo al termine dell’iniziativa verranno accesi circa 4 mila ceri: per diffondere un messaggio di speranza, di riconciliazione e di pace. Anche attraverso internet sarà possibile aderire alla campagna, inviando una preghiera, facendo un dono ai preti che non hanno i più elementari mezzi di sussistenza o ancora indirizzando un messaggio di solidarietà ad un amico sacerdote sul sito di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. L’associazione denuncia tra l’altro come in numerosi Paesi del mondo la libertà religiosa venga costantemente minacciata e i cristiani continuano ad essere uccisi per la loro fede. (C.S.)

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    "La Chiesa è con voi": così mons. Romeo agli operai della Fiat di Termini Imerese

    ◊   La Chiesa è dalla parte degli operai della Fiat di Termini Imerese, nella vertenza contro la decisione del gruppo di Torino di non produrre piu' auto nella fabbrica siciliana a partire dal 2012. Così l'arcivescovo di Palermo, monsignor Paolo Romeo, presidente della Conferenza episcopale siciliana (Cesi), che ieri ha incontrato una delegazione di sindacalisti e lavoratori della fabbrica italiana. Hanno preso parte all’incontro anche il sindaco Salvatore Burrafato con i suoi assessori, l'arciprete Francesco Anfuso e tutti i sacerdoti di Termini Imerese. L'arcivescovo ha detto di conoscere bene la vicenda della Fiat e di averne discusso anche con il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. ''Non si puo' smatellare uno stabilimento con una storia così importante alle spalle e cancellare le professionalita' dei lavoratori'', ha detto mons. Romeo che ha sottolineato come ''la Chiesa e' collocata in maniera naturale dalla parte dei lavoratori''. Le parole dell'arcivescovo sono state accolte in modo positivo da Fiom e Uilm, presenti alla riunione. Proprio la Fiom nei giorni scorsi aveva lanciato un appello alla Chiesa chiedendo di prendere posizione sulla vicenda Fiat che coinvolge circa 3 mila famiglie nell'intero comprensorio di Termini Imerese. Gia' in piu' occasioni monsignor Paolo Romeo aveva manifestato vicinanza ai lavoratori della Fiat di Termini Imerese, usando parole di incoraggiamento e di conforto anche nell'omelia pronunciata durante la messa di Natale, nella cattedrale di Palermo. (C.S.)

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    Epifania solidale di 45 Ong per il diritto di tutti all'acqua

    ◊   Una borraccia ecologica o un documentario in dvd sul tema dell’acqua: sono i 'regali solidali' proposti, in occasione della festa dell’Epifania, dalle 45 associazioni e Ong che fanno parte del Cipsi, a sostegno della Campagna “Libera l’acqua”, per il “diritto all’acqua per tutti”. Una parte del ricavato di questi regali consentiranno di portare l’acqua a chi non ce l’ha in 15 Paesi del mondo (Camerun, Eritrea, Etiopia, Kenya, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo, Senegal, Uganda, Argentina, Brasile, El Salvador, Haiti, Cambogia, Palestina e Sri Lanka) attraverso 18 progetti per l’accesso all’acqua potabile e la tutela sanitaria e ambientale di oltre 400 mila persone. La borraccia in alluminio serve per portare sempre con sé l’acqua del rubinetto da bere. Il Dvd - riferisce l'agenzia Sir - contiene invece il documentario "Strade d'acqua" di Augusto Contento. Il documentario, presentato nell'ambito del Festival internazionale del Film di Roma, indaga sulla condizione sociale e psicologica di tutti i popoli a seconda dell’ambiente naturale, in particolare dell’acqua. Per ordinare i regali solidali: numero verde 800.341595, www.cipsi.it (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iran: rinviata la missione di europarlamentari a Teheran

    ◊   È stata “rinviata” una missione che un gruppo di parlamentari europei avrebbe dovuto effettuare in Iran dal 7 all'11 gennaio. Nei giorni scorsi diversi europarlamentari si erano detti contrari ad effettuare la missione dopo le repressioni delle proteste di piazza e mentre Teheran rischia sanzioni per il suo programma nucleare, sottolineando il rischio che l'iniziativa venisse strumentalizzata dal regime iraniano. La decisione si sarebbe dovuta prendere tra oggi e domani, ma stamane a bloccare la partenza dei deputati, vietando i visti, è stato il regime di Teheran. Intanto la televisione di Stato iraniana fa sapere che nelle manifestazioni dell'opposizione del 27 dicembre, represse con un bilancio di almeno otto morti, sono stati arrestati “alcuni stranieri” il cui obiettivo era quello di provocare una “guerra psicologica” contro il regime. Il ministro dell'Intelligence, Heidar Moslehi, citato dalla televisione, ha detto che gli arrestati sono stranieri che “erano arrivati a Teheran due giorni prima” delle manifestazioni e che “hanno diretto le iniziative di propaganda e la guerra psicologica” contro il sistema.

    Saccheggiato l’ufficio Onu nel Sud della Somalia
    Il gruppo "al Shabaab", considerato il braccio armato somalo di al Qaeda, ha saccheggiato ieri il quartier generale del Pam, Programma alimentare mondiale, nella città di Buaale, nel Sud del Paese, regione da loro controllata. Un mese fa gli Shabaab avevano ordinato all'agenzia delle Nazioni Unite per la lotta alla fame - come avevano già fatto con altre organizzazioni di aiuti internazionali - di chiudere tutti gli uffici che sorgono nel territorio da loro controllato, e da allora si sono moltiplicati gli attacchi. Intanto nella strategica città di Dhusamareb, 500 km a nord di Mogadiscio, è tornata una calma, seppur molto tesa. La città è stata teatro di scontri violenti tra gli Shabaab e il gruppo sufita Ahlu Sunna, indipendente, ma alleato del governo centrale, da venerdì fino a domenica. Molto pesante il bilancio: almeno 47 morti (quasi tutti combattenti), un centinaio di feriti, e migliaia di civili in fuga. Gli Shabaab puntano al controllo di Dusamareb poichè faciliterebbe loro l'avanzata verso il Puntland (regione semi indipendente del nord ovest della Somalia), che mirano a porre sotto il loro controllo.

    Almeno 24 morti in Kenya per le piogge torrenziali
    Il Kenya è sconvolto da una settimana da piogge torrenziali che hanno causato finora almeno 24 morti, molte centinaia di dispersi, animali travolti dalle acque e decine di migliaia di senzatetto. I danni maggiori nell'est e nel nord est del Paese. Secondo alcuni esperti, potrebbe essere il temuto arrivo di "el Nino", che però era atteso nella seconda metà di novembre. Il Kenya è stato anche sconvolto l'anno scorso, come in quelli precedenti, da una terribile siccità, che ha colpito la maggioranza dei Paesi del Corno d'Africa.

    Controlli sistematici sui voli per i cittadini di 14 Stati
    Riguarderanno i cittadini di 14 Paesi in tutto, secondo il "New York Times", i controlli sistematici sui voli a destinazione degli Stati Uniti e tra questi ci saranno i cittadini di Pakistan, Arabia Saudita, Nigeria e Yemen. Per tutti gli altri, in particolare gli americani e gli europei, i controlli non saranno automatici ma casuali, a meno che i viaggiatori non provengano da uno dei 14 Paesi in questione o che siano stati inseriti in una lista di persone giudicate pericolose. Ai quattro Paesi che gli Usa considerano sponsor del terrorismo (Cuba, Iran, Sudan e Siria), ne sono stati aggiunti dieci: Afghanistan, Algeria, Arabia Saudita, Iraq, Libano, Libia, Nigeria, Pakistan, Somalia e Yemen.

    Iraq: 3 morti a Kirkuk
    Diversi ordigni su strada hanno ucciso almeno 3 persone a Kirkuk, città del nord dell'Iraq. Attacchi come questi non si sono mai interrotti dopo il periodo di scontri accesi tra fazioni rivali nel periodo 2006-2007. La città è teatro di tensioni tra popolazione araba e popolazione curda.

    Afghanistan
    Il presidente afghano Hamid Karzai ha firmato un decreto con cui ha nominato un nuovo sindaco di Kabul, in sostituzione di Mir Abdul Ahad Sahibi, condannato in primo grado a quattro anni di carcere per malversazione di fondi. Il nuovo primo cittadino della capitale afghana è Mohammad Yunus Noandesh, in precedenza vice-ministro del ministero dell'Acqua e dell'Energia. In un breve saluto, Noandesh ha detto che sua ambizione è "lavorare sodo per trasformare Kabul in una città sviluppata”, aggiungendo che fornirà dettagli del suo piano dopo aver riunito i consiglieri comunali. Sahibi che ha sempre assicurato di non essere colpevole delle imputazioni che hanno portato alla sua condanna, è stato pubblicamente difeso da Karzai che lo ha definito “un uomo pulito”. Brevemente incarcerato dopo la condanna, è stato rimesso in libertà dietro cauzione in attesa del processo di secondo grado. Intanto, viene reso noto oggi che quattro soldati americani sono morti quando il veicolo su cui viaggiavano nell'Afghanistan meridionale è saltato ieri su un rudimentale ordigno (ied) attivato a distanza.

    A Sharm el Sheikh, incontro tra Mubarak e Abu Mazen
    Nel tentativo di riavviare in modo efficace il processo di pace israelo-palestinese, oggi a Sharm el Sheikh si sono incontrati il presidente egiziano, Hosni Mubarak, e quello palestinese, Abu Mazen. I due leader hanno discusso degli sforzi del Cairo per giungere al congelamento degli insediamenti israeliani e alla fine del blocco imposto alla Striscia di Gaza. L’iniziativa si aggiunge ai tentativi di mediazione portati avanti dai Paesi del cosiddetto “Quartetto”, formato da Onu, Unione Europea, Stati Uniti e Russia. Sulle possibilità che si giunga ad un positivo risultato, Giancarlo La Vella ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionale all’Università di Firenze, esperta di Medio Oriente.

    R. – Francamente tutto è assolutamente interlocutorio finché non si raggiunge la tappa decisiva delle elezioni palestinesi, parlamento e presidenza, previste alla fine di giugno. Fino a quel momento né Hamas né Fatah prenderanno alcun impegno, anche perché ogni concessione sarebbe vista dall’altro come eccessiva, e si può soltanto giocare sul piano internazionale con il rafforzamento di una possibilità di mediazione egiziana o anche saudita tanto più che il quadro regionale è complicato da vicende come la guerriglia in Yemen e i timori dell’Arabia Saudita, i timori della successione a Mubarak e così via. Da voci abbastanza autorevoli si sa che l’amministrazione Obama sta per proporre un preciso impegno alle due parti - palestinesi e israeliani - per arrivare a un vero accordo entro due anni. E’ chiaro che il Quartetto in qualche modo, con possibili movimenti della Russia, si dovrebbe allineare.

     
    D. – Alla base è chiaro che deve esserci la reale volontà di distensione e di pace da parte dei due protagonisti israeliani e palestinesi. Qual è il suo pensiero in merito?

     
    R. – Il governo Netanyahu accetta le proposte salvo poi interpretarle sul terreno. Per esempio l’assoluta insistenza sia americana, sia palestinese, sia araba in generale, su un vero congelamento degli insediamenti non soltanto nel West Bank ma anche a Gerusalemme Est - che Israele considera proprio la capitale e che i palestinesi vedono come propria capitale di un futuro Stato - è assolutamente determinante.

     
    Libano: cambio al vertice del comando di Unifil
    A fine gennaio il generale italiano Claudio Graziano, comandante dell’Unifil 2, le forze Onu schierate nel Sud del Libano, passerà il testimone al collega spagnolo, Alberto Asarta Cuevas. Dopo la cessazione delle ostilità tra Israele e Libano, ora si sta profilando la possibilità di passare al cessate il fuoco definitivo. Ma come è cambiato il Libano con la presenza di Unifil 2 dopo la guerra del 2006? Francesca Smacchia lo ha chiesto allo stesso generale Graziano:

    R. – Il Libano è cambiato moltissimo, non soltanto il Sud del Libano, ma direi tutto il Libano, e non soltanto dal punto di vista esteriore: dalla distruzione alla ricostruzione delle case, dalla rimozione delle “cluster munitions” alla ricostruzione generale dell’area, ma soprattutto in termini sostanziali: fino al 2006 l’esercito libanese non si era dispiegato nel Sud del Libano, era rimasto ai margini, e quindi quest’area non era sotto sovranità nazionale; di fatto nel 2006 – e questo è uno dei compiti principali di Unifil, quello di aiutare il dispiegamento delle forze libanesi – si sono dispiegate e dove prima c’erano le milizie, adesso c’è la legalità, ci sono le forze libanesi che stanno assumendo il controllo in generale della nazione, in particolare del Sud del Libano. Un altro cambiamento importante, evidente è che è stata mantenuta la cessazione delle ostilità fra Libano e Israele ed è possibile anche qualche progresso nel “confidence building”, nel creare fiducia tra le parti e quindi nell’aumentare la possibilità di muoversi dalla sensazione di ostilità, che è lo stato attuale, al cessate-il-fuoco. Quindi, cambiamenti importanti che devono essere consolidati.

     
    D. – C’è chi continua a considerare Hezbollah un’organizzazione terroristica, primi fra tutti gli Stati Uniti e anche parte dell’Unione Europea. Lei che li conosce da oltre tre anni, che idea si è fatto di Hezbollah?

     
    R. – Hezbollah è un elemento complicato. In Europa credo che ci sia soltanto la Gran Bretagna che considera terroristica la sua ala militare. Nessuno riconosce la legalità e la legittimità delle armi di Hezbollah: questo è un altro elemento. Sicuramente, Hezbollah è una cosa diversa, una cosa che richiede una soluzione interna politica libanese; sicuramente non può essere rimossa con altri mezzi che non siano il dialogo.

     
    In piena campagna elettorale ancora violenti scontri nello Sri Lanka
    Almeno otto persone sono rimaste ferite ieri nello Sri Lanka in violenze legate alla campagna elettorale in svolgimento per le elezioni presidenziali del 26 gennaio. I due più importanti incidenti sono avvenuti a Kiribathgoda, alla periferia della capitale, e Nawalapitiya (Sri Lanka centrale). Il primo scontro è avvenuto quando un gruppo di militanti del Janatha Vimukthi Peramuna (Jvp) e del Partito nazionale unito (Unp), entrambi all'opposizione, sono stati affrontati da un gruppo di aderenti al governativo Partito della libertà dello Sri Lanka (Srfp). Cinque i feriti. A Nawalapitiya invece le parti si sono affrontate duramente dopo che i sostenitori del governo hanno accusato quelli dell'opposizione di aver attaccato una loro sede elettorale, con un bilancio di tre persone finite all'ospedale. Nel voto anticipato si affrontano il presidente uscente Rajapaksa e l'ex comandante dell'esercito e vincitore della guerra con l'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte), Sarath Fonseka.

    Wall Street Journal: è allarme conti pubblici negli Usa
    “L'amministrazione Obama ha molto da sperare per il 2010, incluso un nuovo sistema sanitario e una ripresa economica sostenibile. Ma anche se questi due desideri divenissero realtà, la politica americana si troverà ad affrontare un problema ancora maggiore il prossimo anno e negli anni futuri: convincere il mondo che il governo statunitense può rimette i conti pubblici in ordine”. E questo perchè - secondo alcuni economisti - le finanze pubbliche sono vicine al precipizio. Lo afferma il "Wall Street Journal" citando alcuni analisti, secondo i quali i nodi del debito e del budget vanno affrontati e risolti, in seguito al peggioramento registrato con la crisi finanziaria e le misure di stimolo varate. “Ci stiamo avvicinando al precipizio”, sostiene in un’intervista al quotidiano Alan Auerbach, economista della University of California. Dello stesso avviso anche altri economisti, quali Robert Barro e Martin Feldstein dell'università di Harvard, e Tom Sargent della New York University. Il direttore del budget dell'amministrazione Obama, Peter Orszag, ha precisato che la Casa Bianca presenterà un piano concreto per riportare in ordine i conti pubblici in febbraio, in occasione della finanziaria. “Gli Stati Uniti non possono tagliare il deficit immediatamente, in quanto rischierebbero di rallentare la nascente ripresa economica. Ma anche i tentativi di ricondurlo a livello più sostenibile richiederanno sacrifici ampi. Gli economisti - osserva il "Wall Street Journal" - ritengono che per pagare il proprio debito nel lungo termine gli Usa dovranno o tagliare la spesa o alzare le tasse per un valore pari al 9% del Pil, circa il doppio di quanto spendono per la difesa nazionale”.

    Il presidente sudcoreano: nuovo capitolo nelle relazioni con la Corea del Nord
    Il presidente sudcoreano Lee Myung-bak vuole aprire nel 2010 “un nuovo capitolo” nelle relazioni con la Corea del Nord e chiede, a tal fine, l'avvio di una struttura “permanente per il dialogo”. In un discorso televisivo sui piani del governo per il 2010, Lee ha rimarcato la necessità “di aprire un nuovo capitolo quest'anno nei rapporti intercoreani”, prima di tutto grazie a “un organismo permanente per il dialogo tra Sud e Nord che dovrebbe essere istituito”. L'apertura di Lee, promotore di una politica di rigore verso Pyongyang da quando a inizio 2008 è salito alla carica politica e istituzionale più alta di Seul, è giunta a pochi giorni dall'inatteso messaggio di Capodanno con il quale il regime di Kim Jong-il ha lanciato un altro segnale di distensione nella crisi nucleare definendo “fondamentale” porre “fine all'ostile relazione” con gli Usa ed esprimendo la volontà di rendere “denuclearizzata” la penisola coreana. Lee, dopo un anno di crescenti tensioni con il Nord, autore di un secondo test nucleare, di lanci di missili e di minacce reiterate di “una pronta risposta militare”, ha spiegato che i due Paesi dovrebbero lavorare alla “svolta” dei rapporti. Per questo, il presidente sudcoreano si è augurato un pronto ritorno di Pyongyang al tavolo dei colloqui a Sei, che coinvolgono le due Coree, Usa, Russia, Cina e Giappone, per mettere fine ai suoi programmi di armamenti nucleari. Lee ha inoltre chiesto un progetto intercoreano per ritrovare i corpi dei soldati di Seul morti durante la guerra di Corea del 1950-53.

    Nepal
    La Corte suprema nepalese ha sospeso la promozione del generale Toran Jung Bahadur Singh a "numero due" dell'esercito nepalese al fine di approfondire una denuncia presentata contro di lui per violazione dei diritti umani. Lo riferisce oggi la stampa a Kathmandu. I giudici del massimo tribunale hanno fissato una nuova udienza per il 10 gennaio durante cui il governo dovrà spiegare le ragioni della promozione, decisa il 24 dicembre scorso, di Singh al prestigioso incarico. Tre esponenti del Partito comunista unificato nepalese (Upc, maoista) hanno denunciato presso la Corte suprema di essere stati duramente torturati da uomini del generale appena promosso durante gli anni della guerriglia. Anche l'Onu ed organizzazioni di difesa dei diritti umani hanno protestato per la decisione governativa, ricordando che durante la cosiddetta “Guerra del popolo” condotta dai maoisti, 49 prigionieri in una caserma comandata dal generale Singh scomparvero nel nulla. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 4

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