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Sommario del 28/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa all'Angelus per i cristiani in Iraq e per i terremotati del Cile. Per la Quaresima, l'invito a meditare assiduamente il Vangelo
  • Cristiani iracheni in Piazza San Pietro: "grati al Papa e a quanti pregano per noi"
  • Gli auguri del Papa a Bartolomeo I per i suoi 70 anni: fiducia fervente nel cammino verso la piena unità
  • Oggi in Primo Piano

  • Terremoto in Cile: oltre 300 morti. Cessato l'allarme tsunami
  • I vescovi cileni: "è una catastrofe!"
  • Il vescovo di Chişinău: rispettare le minoranze cattoliche del Sud-est Europa
  • Giornata delle malattie rare: 30 milioni di pazienti solo in Europa, l'80% bambini
  • Un testo di denuncia e speranza: così il presidente delle Acli sul documento della Cei sul Sud
  • Le Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo rinnovano l’impegno per i bambini del Congo
  • Anno Sacerdotale: la testimonianza di padre Langford, Missionario della Carità
  • Nuovo libro sulla Sindone a poche settimane dall'Ostensione
  • Chiesa e Società

  • Marcia pacifica dei cristiani a Mossul: fermate il massacro!
  • Giovedì a Bruxelles il seminario della Comece su “Islam, cristianesimo ed Europa”
  • Simposio in Germania per rilanciare la nuova evangelizzazione
  • A Kiev un seminario sulla comunicazione religiosa
  • Polonia: nei pressi di Auschwitz la nona edizione delle Giornate Kolbiane
  • Si apre domani a Ancona il Convegno nazionale dei delegati diocesani per l’ecumenismo
  • In un sobborgo di Auckland la prima presenza salesiana in Nuova Zelanda
  • Firenze: ospedale punisce dipendente che espone un'immagine di Maria
  • 24 Ore nel Mondo

  • Allarme nelle Filippine per i nuovi attacchi dei miliziani islamici di Abu Sayyaf
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa all'Angelus per i cristiani in Iraq e per i terremotati del Cile. Per la Quaresima, l'invito a meditare assiduamente il Vangelo

    ◊   Il Papa oggi all’Angelus, cui hanno partecipato alcune migliaia di fedeli in Piazza San Pietro, ha lanciato due accorati appelli: per la sicurezza dei cristiani in Iraq, dopo i numerosi attentati di questi giorni, e alla solidarietà per le popolazioni terremotate del Cile. Quindi ha parlato del Vangelo di questa seconda Domenica di Quaresima che racconta l’evento della Trasfigurazione di Gesù invitando tutti ad una meditazione assidua del Vangelo, specialmente in questo periodo Quaresimale. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Benedetto XVI esprime “profonda tristezza” per “le tragiche notizie delle recenti uccisioni di alcuni Cristiani nella città di Mossul” manifestando la sua “viva preoccupazione” anche per “gli altri episodi di violenza, perpetrati nella martoriata terra irachena ai danni di persone inermi di diversa appartenenza religiosa”. Notizie che il Papa ha seguito costantemente anche durante la settimana di esercizi spirituali conclusa ieri in Vaticano:

     
    “In questi giorni di intenso raccoglimento ho pregato spesso per tutte le vittime di quegli attentati ed oggi desidero unirmi spiritualmente alla preghiera per la pace e per il ripristino della sicurezza, promossa dal Consiglio dei Vescovi di Ninive. Sono affettuosamente vicino alle comunità cristiane dell’intero Paese. Non stancatevi di essere fermento di bene per la patria a cui, da secoli, appartenete a pieno titolo!”.

     
    In questa “delicata fase politica che sta attraversando l’Iraq” il Papa rivolge il suo appello alle Autorità civili, “perché compiano ogni sforzo per ridare sicurezza alla popolazione e, in particolare, alle minoranze religiose più vulnerabili”:

     
    “Mi auguro che non si ceda alla tentazione di far prevalere gli interessi temporanei e di parte sull’incolumità e sui diritti fondamentali di ogni cittadino. Infine, mentre saluto gli iracheni presenti qui in Piazza, esorto la comunità internazionale a prodigarsi per dare agli Iracheni un futuro di riconciliazione e di giustizia, mentre invoco con fiducia da Dio onnipotente il dono prezioso della pace”.

     
    Quindi, Benedetto XVI ha rivolto il suo pensiero alle popolazioni del Cile colpite dal terremoto nella notte tra venerdì e sabato, che “ha causato numerose perdite in vite umane e ingenti danni”:

     
    “Prego per le vittime e sono spiritualmente vicino alle persone provate da così grave calamità; per esse imploro da Dio sollievo nella sofferenza e coraggio in queste avversità. Sono sicuro che non verrà a mancare la solidarietà di tanti, in particolare delle organizzazioni ecclesiali”.

     
    Nella sua catechesi il Papa ha parlato del Vangelo della seconda Domenica di Quaresima che racconta l’episodio della Trasfigurazione, un “evento straordinario” – ha spiegato – che si pone come “un incoraggiamento nella sequela di Gesù” che comporta il rinnegamento di se stessi e il prendere ogni giorno la propria croce. “I tre discepoli che assistono alla scena sono oppressi dal sonno”, rileva il Pontefice: “è l’atteggiamento di chi, pur essendo spettatore dei prodigi divini, non comprende. Solo la lotta contro il torpore che li assale permette a Pietro, Giacomo e Giovanni di ‘vedere’ la gloria di Gesù”. Ma l’evento straordinario finisce e davanti agli occhi degli apostoli c’è “Gesù solo”: “è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo – afferma il Papa - è ciò che deve bastare nel cammino. È lui l’unica voce da ascoltare” fino a quando “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”. Benedetto XVI ricorda anche la richiesta di Pietro che vorrebbe restare sul Tabor perché “è bello”: “espressione … che assomiglia spesso al nostro desiderio di fronte alle consolazioni del Signore”:

     
    “Ma la Trasfigurazione ci ricorda che le gioie seminate da Dio nella vita non sono punti di arrivo, ma sono luci che Egli ci dona nel pellegrinaggio terreno, perché ‘Gesù solo’ sia la nostra Legge e la sua Parola sia il criterio che guida la nostra esistenza”.

     
    Infine, il Papa invita tutti, in questo periodo quaresimale, a meditare assiduamente il Vangelo e si rivolge in particolare ai sacerdoti:

     
    “Auspico, inoltre, che in quest’Anno Sacerdotale i Pastori ‘siano veramente pervasi dalla Parola di Dio, la conoscano davvero, la amino al punto che essa realmente dia loro vita e formi il loro pensiero”.

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    Cristiani iracheni in Piazza San Pietro: "grati al Papa e a quanti pregano per noi"

    ◊   In Piazza San Pietro, dunque, era presente un gruppo di cristiani iracheni: hanno portato al Papa il loro dolore per quanto sta accadendo in Iraq. Ascoltiamo alcune testimonianze raccolte da Virginia Volpe:

    R. – Ringraziamo veramente il Papa per queste parole e per questo sentimento di vicinanza ai cristiani iracheni.

     
    D. – Come vivono i cristiani in Iraq?

     
    R. – La situazione è veramente difficile. Se le famiglie irachene escono dalle loro case, non sanno se potranno rientrare. Ci sono poi, allo stesso tempo, gli studenti dell’Università di Mossul che non possono frequentare l’Università e studiare. Certamente preghiamo per tutto il popolo iracheno; preghiamo per la pace: questo è il nostro messaggio.

     
    D. – Il Papa, questa mattina, vi ha salutato: qual è il sentimento della vostra comunità?

     
    R. – Per noi la preghiera della Via Crucis è, purtroppo, diventata una preghiera reale e viene vissuta da noi cristiani in Iraq ogni giorno. Portiamo la nostra croce e seguiamo Gesù. Siamo grati al Papa e a tutti i cristiani che pregano per noi. Li sentiamo tutti vicini nella preghiera e sentiamo di non essere soli in Iraq.

     D. – Questo saluto del Papa come vi ha fatto sentire?

     R. – Ci ha dato una forza in più. In uno degli striscioni c’era scritto che noi non ce la facciamo più. Questo è stato un modo per esprimere la nostra stanchezza. Noi speriamo, ma quando la realtà si fa drammatica, allora ci si stanca. Noi avevamo bisogno di questo intervento del Papa che ci ha dato nuova forza.

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    Gli auguri del Papa a Bartolomeo I per i suoi 70 anni: fiducia fervente nel cammino verso la piena unità

    ◊   “Lo Spirito di Dio continui a illuminare e a indicare il nostro comune cammino verso la piena comunione voluta da Cristo per tutti i suoi discepoli”: è quanto scrive Benedetto XVI nel messaggio augurale indirizzato al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I in occasione del suo settantesimo compleanno. Questo gioioso evento – afferma il Papa – “mi offre la gradita opportunità di rendere grazie a Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo e Datore di ogni buon dono, per le abbondanti benedizioni che ha riversato su di Lei, Santità, e, nello stesso tempo, di trasmetterle i miei affettuosi buoni auguri. Questi auspici ferventi e fraterni – aggiunge - sono accompagnati dalle mie preghiere affinché il nostro unico Signore La sostenga con la sua forza e la sua grazia mentre svolge il suo alto ministero di Pastore, Predicatore del Vangelo e Maestro di vita spirituale”. Benedetto XVI conclude il messaggio ricordando i suoi incontri col Patriarca – con cui scambia “un santo abbraccio - e la sua visita al Fanar, esprimendo infine la sua “fiducia fervente” nel proseguimento del cammino ecumenico. (S.C.)

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    Oggi in Primo Piano



    Terremoto in Cile: oltre 300 morti. Cessato l'allarme tsunami

    ◊   All’indomani del sisma di 8.8 gradi sulla scala Richter che ha colpito il Cile nelal notte tra venerdì e sabato, il bilancio parla di oltre 300 morti e di un milione e mezzo di senzatetto. E mentre prosegue la corsa contro il tempo per salvare eventuali superstiti sotto le macerie, la terra continua tremare e a provocare crolli. Circa altre 100 scosse di notevole entità si sono registrate in poco più di 24 ore. Intanto il Pacific Tsunami Warning Center ha cancellato l'allarme tsunami diramato ieri per tutti Paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico. Il punto della situazione nel servizio di Marco Guerra:

     
    È salito ad almeno 300 morti il bilancio delle vittime accertate per il sisma di 8.8 gradi sulla scala Richter, il quinto più forte mai registrato, che nella notte tra venerdì e sabato alle ore 3.34 locali ha colpito la costa del Cile provocando devastazioni e crolli. Una cifra che purtroppo è destinata a salire: nella sola Concepcion, la città maggiormente colpita dal terremoto, circa 100 persone sono ancora intrappolate sotto le macerie di un palazzo di 14 piani raso al suolo. Sul posto sono al lavoro le squadre di soccorso che hanno tratto sinora in salvo una quindicina di persone. In questa città si sono verificati anche i primi saccheggi nei supermercati e in alcuni casi la polizia ha usato i lacrimogeni. Anche la capitale Santiago, che si trova 300 chilometri a nord dell'epicentro, è stata duramente colpita. L'aeroporto internazionale, per il crollo di un terminal, rimarrà chiuso per almeno tre giorni. Così come la metropolitana. Mentre le strade sono interrotte da enormi voragini. Migliaia di persone hanno passato la prima notte all’aperto. Secondo i dati ufficiali, forniti da presidente uscente Bachelet, circa un milione e mezzo di persone sono state colpite dal terremoto, e cinquecentomila abitazioni appaiono “gravemente danneggiate”. Epicentro del sisma nel mare a largo di Conception: da qui l’allarme tsunami in tutto il Pacifico, che tuttavia è stato fatto rientrare questa mattina dal centro di controllo americano. Onde anomale sono state comunque avvertite in molti arcipelaghi dell’Oceano e le autorità nipponiche hanno disposto l'evacuazione di oltre 320 mila persone nel nord del Paese. Pronti gli aiuti per 3 milioni di euro dall’Ue; disponibilità anche dalla Casa Bianca, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. E questa fase iniziale dell’emergenza vede già in prima linea le Caritas di tutto il mondo. Ascoltiamo Paolo Beccegato, responsabile dell'area internazionale della Caritas Italiana:

     
    R. – Caritas Cile ha già diramato una nota, anche scritta, chiedendo aiuto a tutta la rete delle Caritas del mondo. La Caritas italiana ha già risposto, dando la piena disponibilità ad attivarsi e ha indicato anche un conto corrente per la raccolta fondi in loco, a cui anche noi siamo chiamati a contribuire. Si sta seguendo quella che è la procedura normale degli aiuti, laddove si ha una presenza capillare sul territorio. Così come è il caso in Cile, dove si sono attivati sul posto. C’è una prima fase, quella del salvataggio delle vite umane, per la quale le Caritas dell’America Latina sono già giunte a soccorrere e ad aiutare gli esperti di Caritas Cile, insieme anche ad alcune persone che erano presenti anche ad Haiti. Si sta, quindi, componendo un primo quadro degli aiuti soprattutto incentrato sulle vite che si possono salvare in queste primissime ore. Contemporaneamente si sta anche valutando l’entità dei danni: si parla di oltre un milione di persone che hanno perso la casa, come prima stima. Questo dà il segnale di quello che potrà essere la fase immediatamente successiva: l’accoglienza di persone senza tetto.

     
    D. – Questo nuovo evento tragico arriva mentre la Comunità internazionale è ancora nel pieno dell’impegno ad Haiti. Qual è la situazione rispetto al Paese caraibico?

     
    R. – Occorrerà fare certamente tesoro delle esperienze precedenti e soprattutto delle ultime di Haiti e cioè la necessità di uno stretto coordinamento con le autorità locali. In questo caso prevedo, però, una situazione nettamente più semplice, perché non è stata colpita la capitale e non è successo quel disastro che è successo ad Haiti con il crollo anche del centro del governo, delle telecomunicazioni. In ogni caso non bisogna sottovalutare la situazione. Tutte queste analisi andranno fatte con grande attenzione e – ripeto – con un grande coordinamento con le altre realtà che interverranno per evitare ogni forma di disattenzione verso le zone più periferiche.

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    I vescovi cileni: "è una catastrofe!"

    ◊   La Chiesa in Cile, anch’essa colpita dal sisma nei suoi luoghi di culto e nelle sue strutture, si è subito mobilitata a favore dei terremotati. A nome dei vescovi cileni, il presidente della Conferenza episcopale del Paese, mons. Alejandro Goić, vescovo di Rancagua, ha inviato un messaggio a tutta la nazione. Ce ne parla Luis Badilla:

    “E' una catastrofe”, afferma a nome di tutto l’episcopato mons. Alejandro Goić. “Siamo pieni di dolore per i nostri fratelli e le nostre sorelle che hanno perso la vita. Esprimiamo la nostra vicinanza e offriamo le nostre preghiere ai parenti e amici e a tutti coloro che hanno perduto i loro beni acquisiti con le fatiche di una vita. Fedele alla sua missione, la Chiesa cilena – prosegue mons. Goić - s'impegna con il suo sostegno spirituale e con la sua azione solidale in quest'ora così tragica. Con la forza del Vangelo siamo portatori di speranza nei momenti di angoscia, dolore e devastazione. Alle autorità pubbliche, ai servitori dello Stato e ai volontari offriamo il nostro aiuto. La Caritas ha aperto un conto speciale per ricevere aiuti in denaro che saranno prontamente portati alle popolazioni nelle località più colpite dal terremoto”. Il presidente dell’episcopato cileno conclude con questa preghiera: “Che il Signore ci dia la sua pace e la Madonna del Carmine ci protegga con il suo manto per poterci così rialzare tutti in quest'ora così amara. Coraggio caro Cile! Che il Dio della Vita ci benedica tutti".

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    Il vescovo di Chişinău: rispettare le minoranze cattoliche del Sud-est Europa

    ◊   I presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa concludono oggi a Chişinău, in Moldova, il loro 10.mo incontro dedicato alle difficili sfide che si trovano ad affrontare le minoranze cattoliche nell’area europea sud-orientale. Domani sarà pubblicato il comunicato finale. Partecipa ai lavori anche il vescovo di Chişinău, mons. Anton Coşa. Marta Vertse lo ha intervistato:

    R. – Vedo che i vescovi si sono aperti, portando la testimonianza dei loro problemi che, a dire la verità, sono parzialmente simili, ma hanno delle specificità. Comunque, quello che noi abbiamo voluto fare qui non è risolvere i problemi, ma metterci insieme e condividerli, pregare insieme e far sapere all’opinione pubblica che esistiamo e che vogliamo fare del nostro meglio. Un vescovo ha detto che noi non dovremmo sentirci più in minoranza, dovremmo sentirci normali cittadini e, a partire da qui, chiedere a tutti di essere rispettati come tali.

     
    D. – Con quali passi concreti le Chiese locali possono aiutare l’integrazione della Moldavia in Europa?

     
    R. – Qui i politici vedono nella Chiesa cattolica non una realtà da strumentalizzare, ma una realtà che diventa strumento che facilita il dialogo, che fa capire persino la mentalità europea. Noi vogliamo prima di tutto fare il nostro dovere e il nostro dovere è quello di poter predicare Gesù Cristo, portare i principi del Vangelo nella società, perché ci siano valori moralmente corretti e perché siano veramente rispettati i diritti di tutti e così via.

     
    D. – Eccellenza, lei in un’intervista ha parlato dei problemi della Moldavia e ha menzionato fra i più importanti il fenomeno del traffico degli esseri umani. Come si potrebbe arginare questo fenomeno preoccupante?

     
    R. – Questa realtà qui in Moldavia ormai è molto ben conosciuta. Devo dire che i politici e il governo ci chiedono sempre un parere, ci chiedono anche una collaborazione per fare prevenzione in questo campo. Le nostre strutture poi sono sempre aperte ad ogni caso in cui si richiede di dare una mano. Oltre al fenomeno della tratta, c’è anche quello della povertà; perché dove nasce questa realtà della tratta? Dalla povertà. Dobbiamo stare anche molto attenti alle famiglie e per questo come Chiesa collaboriamo per aiutare a risolvere i problemi. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Giornata delle malattie rare: 30 milioni di pazienti solo in Europa, l'80% bambini

    ◊   Il Papa oggi all'Angelus ha salutato i rappresentanti della "Federazione italiana malattie rare", presenti in Piazza San Pietro in occasione dell'odierna Giornata mondiale dedicata a queste patologie. La Giornata quest’anno si svolge sul tema dell’alleanza tra pazienti e ricercatori e il suo obiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità competenti affinché le malattie rare siano inserite tra le priorità della sanità pubblica. Solo in Europa sono circa 30 milioni le persone interessate: l’80% sono bambini. Ma cosa sono le malattie rare? Eliana Astorri lo ha chiesto al prof. Giuseppe Zampino, pediatra e genetista, responsabile del Servizio di clinica dei difetti congeniti al Policlinico Gemelli di Roma:

    R. – La rarità è un numero, è una frazione: uno su duemila. In realtà se noi consideriamo questa frazione della malattia rara - uno su duemila – rappresentiamo soltanto una parte del problema proprio perché le malattie rare sono numerosissime: se ne calcolano almeno 3.000 ed alcuni siti ne danno addirittura 5.000. Si calcola, inoltre, che ogni settimana ci siano almeno 5 condizioni rare nuove che vengono descritte. Se noi andiamo, quindi, a mettere la somma di tutte queste condizioni, la probabilità di avere un bambino con una malattia rara e con una disabilità congenita è molto alta ed arriva ad almeno uno su duecento.

     
    D. – E’ più comune che una malattia rara colpisca un bambino, piuttosto che insorga in età adulta?

     
    R. – Insorge anche in età adulta, ma il punto è che le stime di incidenza o meglio di prevalenza sono state più facili da formulare nella popolazione pediatrica.

     
    D. – L’essere degenerativa, cronica o progressiva sono caratteristiche comuni a tutte le malattie rare?

     
    R. – Non necessariamente. Alcune condizioni sono croniche, ma non sono progressive e non sono degenerative. Le condizioni degenerative sono principalmente quelle metaboliche.

     
    D. – Che ruolo hanno la genetica e la familiarità?

     
    R. – La maggior parte delle malattie rare ha un’eziologia genetica. Questo significa per la famiglia un grosso impatto emotivo, perché c’è sempre la colpa riproduttiva. Anche l’accettazione stessa della malattia può essere difficile. La tubercolosi, per esempio, è una malattia e un qualcosa che ti viene dall’esterno e che devi combattere; quando invece si tratta di un qualcosa che ti coinvolge direttamente, è necessario fare un’operazione non di combattimento, ma di accettazione della malattia, facendo in modo che ci siano delle strategie che rendano meglio accettabile questa condizione.

     
    D. – Perché mancano i farmaci che possono curare queste malattie?

     
    R. – Mancano i farmaci proprio perché le condizioni sono rare e, quindi, se sono rare non si conoscono i meccanismi e laddove si conoscono i meccanismi è difficile impostare una ricerca farmacologica per un piccolo numero di pazienti, perché una ricerca ha degli alti costi. Se l’industria non ha un pagamento di questo sforzo economico, difficilmente investe e se deve investire su una terapia che coinvolge 200-300 pazienti in tutto il mondo, i costi diventano troppo alti per poterli affrontare. Forse un grande sforzo dovrebbe essere fatto per una ricerca socio-sanitaria: quando mi trovo di fronte ad una condizione cronica disabilitante, mi rendo conto che vengono coinvolti moltissimi sistemi. Prendiamo, ad esempio, un bambino con una sindrome qualsiasi, dove c’è un coinvolgimento di cuore, di polmoni, di orecchio, di occhio e di sistema nervoso centrale: la prima cosa che devo fare è quella di cercare di attuare una strategia di trattamento integrato e devo cioè coordinare gli interventi di tanti specialisti. Prima di tutto devo avere dei centri che facciano una assistenza integrata multispecialistica e dove soprattutto tutti gli specialisti sappiano cosa fare. Noi parliamo di condizioni croniche disabilitanti che investono tutto il vissuto del bambino e della famiglia e che quindi non possono essere limitate solamente alle pareti dell’ambulatorio. Bisogna aprire le porte dell’ambulatorio ed arrivare sul territorio. Il medico deve lasciare il camice e vestirsi di una nuova veste, che è quella di un operatore che svolge funzioni di raccordo non solo sanitarie, ma anche socio-sanitarie e, quindi, deve diventare – diciamo – un coordinatore multisettoriale, oltre che multidisciplinare. L’unico modo per aiutare una famiglia è avere un atteggiamento nuovo, integrato, di forte collaborazione che permetta alle strutture specialistiche e alle strutture di territorio - che sono conoscitrici della malattia e sono conoscitrici delle risorse che sono sul territorio, dove tutto il giorno il bambino vive - una integrazione di conoscenza. Questa integrazione di conoscenza permette poi di far star bene il bambino e la famiglia. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Un testo di denuncia e speranza: così il presidente delle Acli sul documento della Cei sul Sud

    ◊   E’ un testo forte, ha smosso le coscienze di molti, anche non cattolici: stiamo parlando del documento pubblicato in questi giorni dalla Conferenza episcopale italiana intitolato: “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno". Tratta con coraggio di povertà, mafia, politica, economia, immigrazione. Vuole rilanciare la questione meridionale richiamando la responsabilità di tutti gli italiani, ma facendo leva sul protagonismo di quanti vivono nel Sud. Ascoltiamo in proposito del presidente delle Acli, Andrea Olivero, al microfono di Luca Collodi:

    R. – Io credo davvero che sia una durissima denuncia di quei meccanismi malsani che hanno, in qualche modo, anche costretto il Mezzogiorno a rimanere indietro e a ritrovarsi in una situazione che, in molti casi, fatica a presentare elementi di speranza. Al contempo è un documento che attacca, che è duro, che è pesante, ma che stimola, che non chiude, che non si mette in un’ottica pessimistica, che è invece un po’ il sentire comune di questi giorni del Paese.

     
    D. – I vescovi affermano che la questione meridionale in Italia non è chiusa e la questione meridionale in Italia è un tema che riporta alla storia di questo Paese…

     
    R. – Sì, perché in realtà, la ricchissima tradizione ed anche le riflessioni che sono state fatte a più riprese nel nostro Paese non hanno portato poi a degli atti conseguenti: non si è riusciti cioè a trovare una via meridionale per lo sviluppo. E’ questo il punto essenziale. Il documento fa rilevare che ci sono stati tanti tentativi di andare ad affrontare le questioni, ma questi non hanno mai visto un vero coinvolgimento del Sud, con tutte le sue potenzialità. Se noi guardiamo a com’è stata sollevata la questione meridionale nel tempo, ci accorgiamo che ci sono stati due diversi approcci: il primo – diciamo - strumentale da parte di chi aveva interesse semplicemente a far arrivare risorse e poi in molti casi a portare queste risorse nelle proprie tasche o perfino in altri luoghi rispetto al Sud; e il secondo da parte di chi ha invece dato delle indicazioni e delle ricette nella storia - e il pensiero meridionalista è stato molte volte un pensiero soprattutto cattolico – utilissime, ma che non sono state poi seguite e in particolare non è stata colta l’opportunità dell’andare a coinvolgere le società del Sud nel suo percorso di crescita e di sviluppo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Le Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo rinnovano l’impegno per i bambini del Congo

    ◊   “Basta 1 euro al giorno per accendere una luce, per salvare la vista e la vita ad un bambino”: è lo slogan della nuova campagna lanciata da Cbm, le Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo. L’Ong mette l’accento in particolare sulla difficile situazione nella Repubblica Democratica del Congo e sottolinea che bastano 30 euro per curare il tracoma in sei famiglie. Per una testimonianza sulle principali emergenze in Congo, Alessandro Gisotti ha intervistato Giusy Laganà, portavoce di Cbm Italia:

    R. – La grande emergenza riguarda i bambini, i bambini soldato. Sono bambini portati via alle loro famiglie e costretti a fare la guerra, bambini che, privati dei genitori che vengono uccisi dai guerriglieri, sono provati dalla fame, rimasti orfani o all’interno di famiglie estremamente povere. Sono spesso malati, soprattutto vittime di malattie che colpiscono gli occhi, di cui Cbm si occupa. E un bambino che non vede, un bambino che diventa cieco a causa della cataratta, un bambino che diventa cieco a causa di un glaucoma, di patologie, di infezioni, vuol dire un uomo che non potrà nel futuro essere utile al proprio Paese, alla propria società.

     
    D. – Peraltro, chiaramente, stiamo parlando di Paesi, in particolare il Congo, in cui un bambino senza vista sarà un uomo senza sostegno, un uomo forse molto spesso, purtroppo, destinato alla morte...

     
    R. – Sì, perché già nella nostra società, cosiddetta avanzata, una persona disabile è spesso una persona che non riesce a vivere serenamente, in maniera indipendente, nella propria società. In una cultura come la nostra c’è già poca attenzione al disabile, poca attenzione all’altro che ha bisogno. In un Paese sottosviluppato, in un Paese così povero come il Congo, Cbm fa il doppio del lavoro, perché deve educare le persone, deve educare la società ad accogliere il disabile, a non pensare che il disabile sia malvagio, il diavolo che si manifesta, e chissà cosa abbia compiuto in una vita precedente per diventare così. Essere disabile per un bambino vuol dire davvero essere un peso per la sua famiglia, quindi significa venire allontanato o significa spesso che la madre viene allontanata con il bambino, perché ipoteticamente si pensa che sia lei la causa di quella disabilità e che quindi abbia commesso chissà quale colpa.

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    Anno Sacerdotale: la testimonianza di padre Langford, Missionario della Carità

    ◊   Una chiamata al sacerdozio avvertita in tenera età: è quella di padre Joseph Langford, il primo sacerdote che si è accostato a Madre Teresa di Calcutta per poter dar vita ad un ramo maschile della Missione di Carità. Un percorso davvero singolare il suo, al fianco della “piccola matita di Dio” e che lo scorso anno lo ha spinto a trascrivere le memorie di Madre Teresa. “Il fuoco segreto di Madre Teresa”: questo il titolo del libro in cui padre Langford rivela quanto gli ha confidato la religiosa che ha consacrato la sua vita per gli ultimi. Al microfono di Tiziana Campisi padre Langford racconta la sua storia:

    R. – La mia strada verso il sacerdozio è stata un po’ unica, nel senso che all’età di 5-6 anni già sapevo dentro di me che dovevo e volevo essere sacerdote e che questa era una cosa tra la mia persona, il mio cuore di bambino, e il mio Dio, perché era una certezza, che a volte ho anche respinto, non ne volevo sapere più niente, ma Dio non mi ha mollato…Grazie a Dio!

     
    D. – Com’è arrivato ai Missionari della Carità?

     
    R. – Studiavo Teologia a Roma e un giorno entrando dalle Paoline mi sono trovato davanti ad un libro: il primo uscito su Madre Teresa, con il suo volto a colori sulla copertina. Io non la conoscevo, ma quel volto mi ha scosso: ho visto la luce di Cristo che brillava attraverso questo volto sereno, pieno di luce e di amore. Ho comprato il libro, ho cominciato a sfogliarne le pagine e ho “letto” le foto prima di leggere il testo. Ho sentito che questo era quello che il Signore voleva da me, sin da quando avevo sei anni, anche se allora sapevo e non sapevo. Questa è stata la chiamata concreta. Un ramo sacerdotale non c’era e io ho sentito una incredibile tensione; mi sono chiesto: “Signore, come puoi chiamarmi con tanta forza e durante tutta la mia vita verso qualcosa che ora finalmente mi riveli e, al contempo, mi fai vedere che è impossibile?". Stando a Roma nel mio tempo libero mi misi allora a lavorare con le suore di Madre Teresa di Calcutta a San Gregorio, poi in altri luoghi. Quando Madre Teresa passava per Roma, sono arrivato a conoscerla. Dopo la mia ordinazione sacerdotale, ho condiviso con lei il mio grande desiderio di dedicare il mio sacerdozio alla sua opera. Così, dopo cinque anni di discernimento, insieme ad altri due seminaristi, ho cominciato quello che poi sarebbe diventato il ramo dei Missionari della Carità.

     
    D. – Da allora come è cambiata la sua vita?

     
    R. – E’ cambiata radicalmente, perché cercare di vivere la missione di Madre Teresa è una cosa molto esigente, però che ti riempie. Per me lei irradiava Dio, era Dio che vive nell’uomo, Dio che irradia la sua luce sul mondo per mezzo dell’uomo. E’ una cosa gioiosa, è una cosa piena di luce, è una cosa che dà ed esige tutto l’amore di cui sei capace. Il nostro stile di vita evidentemente è cambiato, il ministero è cambiato, perché si è volto particolarmente alla gente bisognosa. C’era una nuova percezione dell’essere sacerdote.

     
    D. – Come missionario della carità è stato molto a contatto con tanti poveri e bisognosi. Che cosa può raccontarci in proposito?

     
    R. – Ci invitano a vivere una dimensione letteralmente evangelica. Quello che cercano non è tanto un sostegno e un sollievo fisico e materiale – anche se tutto questo è necessario ed è quello per cui vengono in un primo momento – ma quello che mi tocca profondamente stando a contatto con la gente bisognosa è questa grande fame di Dio. Tutto si riduce all’essenziale: “Incontrasi con un Dio che ha sete infinita di me, di amarmi ed essere amato da me”, diceva Madre Teresa. E’ sempre festa. Sono segni di risurrezione.

     
    D. – Che bilancio può fare del suo sacerdozio?

     
    R. – Il sacerdozio mi ha dato tutto; mi ha dato una immediatezza di contatto con Gesù Sacramentale, che non è una cosa, non è qualcosa, ma è Qualcuno, nell’Eucaristia. Poter assolvere, poter predicare con l’autorità, con l’unzione, nella voce di Gesù stesso, perché è la Chiesa che predica e non il sacerdote; agire “in persona Christi”; avere una famiglia che si estende su tutta la faccia della terra; l’intimità della preghiera di intercessione. E’ un dono per me che va al di là di ogni capacità descrittiva ed è la gioia più grande della mia vita.

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    Nuovo libro sulla Sindone a poche settimane dall'Ostensione

    ◊   C’è chi l’ha definita uno ‘straccio sporco’, chi un ‘falso realizzato per ingannare i fedeli’. Eppure la Sindone, protagonista della prossima Ostensione a Torino, dal 10 aprile al 23 maggio, continua ad attrarre l’attenzione di scienziati e storici. Secondo la sindonologa Emanuela Marinelli un approccio informato e rigoroso conduce a una certezza: il ‘Sacro Lino’, oltre a essere uno strumento di evangelizzazione, non è un falso. La studiosa italiana ne parla nel suo ultimo libro ‘La Sindone, testimone di una presenza’ edito dalla San Paolo. L’autrice, al microfono di Fabio Colagrande, spiega il significato di questo titolo:

    R. – Ho scelto questo titolo – Testimone di una presenza – mettendo insieme le parole di Giovanni Paolo II, che ha definito la Sindone testimone muto ma singolarmente eloquente della passione, morte e risurrezione di Cristo e allo stesso tempo quelle di Paul Claudel che disse: “Più che un’immagine, è una presenza”. Ecco, quindi: testimone di una presenza. E’ qualcosa che resta vicino a noi e ci fa meditare.

     
    D. – Perché la Sindone attira l’interesse di numerosi scienziati?

     
    R. – Certamente, per il fatto che l’immagine non è usuale; il fatto che ci sia sangue sulla Sindone non è strano: il telo ha avvolto un cadavere! Ma come ha fatto questo cadavere ad imprimere su di esso la sua immagine in negativo, come una specie di fotografia? Ecco, questo ancora non è del tutto spiegato e quindi gli scienziati sono affascinati.

     
    D. – Di solito, il primo approccio di una persona colta alla Sindone è abbastanza scettico, non è vero?

     
    R. – Certo, a molti sembra strano che ancora possa essere conservato il lenzuolo funebre di Gesù: sembra quasi incredibile! Diciamo che la Sindone parla linguaggi diversi a seconda della propria sensibilità, di come uno si avvicina alla Sindone. Però, bisogna conoscerla. Non a caso, tutti i negatori della sua autenticità non l’hanno mai vista, e lo dicono. Come si fa a dire che non è necessario conoscere un oggetto per pronunciarsi? Ci sono affermazioni di questo tipo da parte di chi pretende di dire che è falsa. D’altra parte, chi si è avvicinato alla Sindone in modo scettico ma l’ha esaminata, l’ha studiata, ha cambiato parere: forse c’è anche un po’ la paura di confrontarsi con un oggetto così straordinario. Quel volto così tumefatto, pesto, insanguinato ma sereno, trasfonde pace, trasfonde un messaggio che va al di là delle nostre povere e misere metodologie umane. Forse è proprio questo, il punto chiave della Sindone. Lì c’è stato un cadavere e la sua storia è proprio quella narrata nei Vangeli, ma non è rimasto lì e ha lasciato un’immagine che ci dà un messaggio che va al di là della morte. E anche di fronte a un approccio diciamo sanamente dubbioso, perché è ovvio che bisogna porsi delle domande, la Sindone dà delle risposte! Bisogna interrogarla, e lei risponde.

     
    D. – Dal suo volume, professoressa, emerge anche un altro aspetto: che si tratta di un oggetto che stimola un approccio multidisciplinare, perché parlando della Sindone parliamo anche di letteratura, parliamo di arte … è un oggetto, al di là dell’approccio scientifico, sicuramente stimolante da molti punti di vista …

     
    R. – Certamente è un messaggio che ci invita ad essere umili, cioè a non ritenere la propria scienza la più importante. Se il chimico dicesse che non è importante lo storico dell’arte, o l’archeologo dicesse che non è importante il matematico, andremmo fuori strada. Quindi ci vuole umiltà e collaborazione. E’ una lezione anche in questo senso, la Sindone! Nessuno, da solo, può arrivare alla chiave del mistero. Solo l’insieme di almeno 30 diverse discipline può incominciare a far luce su questo mistero.

     
    D. – Lei ha dedicato la sua vita proprio allo studio della Sindone. Come guarda a questa prossima Ostensione?

     
    R. – Tutte le volte che se ne parla, anche criticandola, anche cercando di demolirla, ci stimola comunque a conoscerla. L’Ostensione diventa l’occasione propizia per fare un salto di qualità: dalla curiosità, passare alla venerazione. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Marcia pacifica dei cristiani a Mossul: fermate il massacro!

    ◊   Alcune migliaia di cristiani hanno manifestato oggi a Mossul, in Iraq, contro le violenze e gli attacchi che la minoranza subisce quotidianamente. Lo riferisce l'Afp. Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici hanno marciato pacificamente esprimendo la loro esasperazione: “fermate l’eccidio di cristiani a Mossul”, recitava uno dei cartelli esposti durante la manifestazione. Dal 14 febbraio sono stati uccisi otto cristiani in questa città. I dimostranti hanno chiesto un intervento deciso del governo iracheno che finora – hanno affermato – non ha fatto nulla”. E’ stata ipotizzata anche la costituzione di unità di protezione della comunità cristiana locale.

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    Giovedì a Bruxelles il seminario della Comece su “Islam, cristianesimo ed Europa”

    ◊   “Il ruolo degli attori religiosi nel rafforzamento della società civile e della democratizzazione nel vicinato europeo” è il tema del seminario che la Comece (Commissione episcopati Comunità europea), la Fondazione Konrad Adenauer e la Chiesa evangelica di Germania promuovono giovedì 4 marzo a Bruxelles, il secondo nell’ambito del ciclo “Islam, cristianesimo ed Europa”. L’Ue “riconosce sempre più l’importanza degli attori della società civile come agenti di cambiamento politico dalla base” spiegano al Sir i promotori dell’iniziativa. “Pur non essendo propriamente parte della società civile – proseguono – le Chiese e le comunità religiose interagiscono strettamente con essa” e avvertono di avere “una responsabilità sociale e politica nei confronti della sfera pubblica”. Di qui il richiamo al “ruolo cruciale” di “motore di cambiamento” svolto “dagli attori religiosi” nel “processo di trasformazione nell’Europa centrale ed orientale”. Che lezione si può trarre da questa esperienza? Cristiani e musulmani appartenenti ai cosiddetti “Paesi di prossimità europea” (Africa del Nord, Medio Oriente, Europa orientale, Caucaso del Sud), possono oggi svolgere un ruolo simile? Quali ambiti costituiscono un valore aggiunto per gli attori religiosi e come può l’Unione Europea trovare partner religiosi adeguati e promuoverne al meglio il coinvolgimento? Questi alcuni degli interrogativi cui il seminario tenterà di offrire risposta. (V.V.)

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    Simposio in Germania per rilanciare la nuova evangelizzazione

    ◊   Dal 15 al 18 marzo si svolgerà a Vallendar (Germania), nella sede dell’Accademia di Filosofia e Teologia, il simposio intitolato “Il Vangelo di Gesù Cristo – Impulsi per la nuova evangelizzazione nell’area linguistica tedesca” organizzato dall’Istituto Cardinal Kasper in collaborazione con le Pontificie Opere Missionarie – Missio – della Germania. Scopo dei giorni di studio è la ricerca di nuove vie e approcci per l’urgente impegno di rinnovare la fede e l’evangelizzazione. “Le Chiese in Europa, e in particolar modo nell’area linguistica tedesca, si trovano di fronte a grandi sfide: il numero dei fedeli è in diminuzione, sempre meno credenti frequentano regolarmente la Messa della domenica e anche per quanto riguarda il volontariato nelle parrocchie le cifre sono in calo” dichiarano all’agenzia Fides gli organizzatori del simposio, che si chiedono pertanto: con quale tipo di testimonianza si riesce a trasmettere la fede e a rinforzare le comunità cristiane? La risposta a tale domanda, sotto l’aspetto teologico e pastorale, sarà illustrata da molti oratori, tra i quali il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, cardinale Ivan Dias, che illustrerà il tema “L’evangelizzazione nella prospettiva della Chiesa universale”, quindi il presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, cardinale Walter Kasper, parlerà della “Nuova evangelizzazione come compito teologico, pastorale e spirituale”. (V.V.)

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    A Kiev un seminario sulla comunicazione religiosa

    ◊   Aiutare le Chiese e le organizzazioni religiose a stabilire una fruttuosa collaborazione con i media laici e religiosi, insegnando loro a creare prodotti mediatici di qualità e a presentarli al pubblico. Questo l’obiettivo del seminario “Comunicazione esterna per le organizzazioni religiose” che il Servizio di informazione religiosa dell’Ucraina (Risu) promuove il 5 e 6 marzo presso l’Università cattolica di Kiev. Il corso si inserisce nella cornice della Scuola di pubbliche relazioni dell’agenzia Risu che per un anno ha collaborato con le Chiese cattolica e protestante e con i loro uffici stampa. Il seminario ne segue altri analoghi che si sono già svolti nella stessa Kiev, a Donetsk, Dnipropetrovsk, Ternopil, Khmelnytskyi, e nella regione di Zaporizhzhia, Zhytomyr, e Kherson Oblasts. Lezioni, laboratori, discussioni su temi quali gli stereotipi religiosi nella società, l’immagine della Chiesa nei mass media e le tecniche di pubbliche relazioni utilizzate dalle organizzazioni religiose in Ucraina e nel mondo scandiranno la due giorni. La parte pratica del corso, spiegano gli organizzatori, “consentirà ai partecipanti di familiarizzare con il mondo del giornalismo ucraino, giacché senza la conoscenza e la comprensione dei principali aspetti del lavoro editoriale è impossibile un’efficace cooperazione con i mass media”. Di qui la necessità di imparare a “comunicare in modo corretto con i giornalisti, a preparare un comunicato stampa da pubblicare sui giornali, a organizzare incontri con i professionisti dell’informazione e verificarne i risultati, a studiare il target del pubblico, a capire la pubblicità”. A condurre le lezioni teorico-pratiche saranno giornalisti ed esperti di comunicazione religiosa e laica. Tra questi Svitlana Babynska, responsabile delle pubbliche relazioni dell’Istituto di studi ecumenici dell’Università Cattolica; Yulia Zavadska, vicedirettore della rivista cattolica socio-religiosa “Credo”; Olena Kulyhina, responsabile della versione in lingua russa di Risu; Otar Dovzhenko, esperto di media e critico televisivo dell’emittente Telekrytyka. (L.Z.)

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    Polonia: nei pressi di Auschwitz la nona edizione delle Giornate Kolbiane

    ◊   “Sono un sacerdote cattolico. San Massimiliano, una vocazione sacerdotale oggi”. Questo il titolo della nona edizione delle Giornate Kolbiane che dal 19 al 21 marzo si svolgeranno ad Harmeze, vicino Auschwitz, in Polonia. L’appuntamento è organizzato presso il Centro internazionale di spiritualità “San Massimiliano Kolbe” delle Missionarie dell’Immacolata. I numerosi interventi, di francescani e studiosi di università cattoliche polacche sulla testimonianza del religioso martire e sulla sua spiritualità mariana, sulla collaborazione con i laici e sul suo essere uomo di preghiera e azione. Sarà anche presentato, rende noto il Sir, un volume della serie di fumetti “Episodi di Auschwitz” dedicato a padre Kolbe. A patrocinare l’iniziativa sono la Pontificia Facoltà teologica San Bonaventura-Seraphicum e il vescovo di Bielsko-Zywiec, mons. Tadeusz Rakoczy. La famiglia religiosa delle Missionarie dell’Immacolata è nata a Bologna nel 1954 sotto la guida del minore conventuale, padre Luigi Faccenda. Questi ha ripreso il lascito spirituale del confratello morto ad Auschwitz nel 1941, offrendosi al posto di un altro prigioniero. In particolare, Kolbe aveva dato impulso alla devozione mariana, fondando nel 1917 la Milizia dell’Immacolata. (V.V.)

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    Si apre domani a Ancona il Convegno nazionale dei delegati diocesani per l’ecumenismo

    ◊   “L’Ortodossia in Italia: nuove sfide pastorali, nuovi incontri spirituali”. Sarà dedicato alla presenza degli ortodossi in Italia il prossimo Convegno nazionale dei delegati diocesani per l’ecumenismo e il dialogo, organizzato ad Ancona da domani, primo marzo, fino al 3 marzo, dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei. “La presenza ortodossa in Italia, soprattutto a causa dell’immigrazione di fedeli orientali non cattolici – ha dichiarato al Sir don Gino Battaglia, direttore dell’ufficio Cei -, si va sviluppando grandemente in questi ultimi anni, suscitando nuove domande e nuove sfide pastorali”. “In questa prospettiva, - ha continuato - l’incontro sarà occasione per un quadro storico dell’ortodossia e per un esame delle questioni teologiche ed ecclesiologiche ancora aperte”. Nel corso del convegno saranno presentati i risultati di una rilevazione nazionale sui matrimoni misti promossa dall’Ufficio e il Vademecum per la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali non cattolici, predisposto dagli Uffici Cei e per l´ecumenismo e il dialogo e dall’ufficio per i problemi giuridici. L’incontro si aprirà con una relazione del cardinale Dionigi Tettamanzi e di mons. Siluan Span, vescovo romeno ortodosso d’Italia. (V.V.)

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    In un sobborgo di Auckland la prima presenza salesiana in Nuova Zelanda

    ◊   Dal 7 febbraio i Salesiani di Don Bosco sono anche in Nuova Zelanda. Si tratta di una parrocchia nella località di Massey, un sobborgo periferico di Auckland, che appartiene territorialmente all’Ispettoria Salesiana “Maria Ausiliatrice” dell’Australia (Aul). Il territorio parrocchiale comprende due chiese: una si trova all’interno di Massey, ed è dedicata a san Paolo, l’altra è nel vicino paese di Ranui, ed è intitolata a san Malachia. La popolazione parrocchiale, rende noto l’agenzia Fides, è variegata nella sua origine ed è composta per la maggior parte da oriundi di Samoa ed altre isole del Pacifico, dall’India e dall’Asia. Il primo compito dei tre missionari salesiani incaricati consiste soprattutto nello stabilire contatti con tutte le realtà locali già presenti. Tra le prime attività svolte, all’indomani dell’arrivo ufficiale, una festa in onore di Don Bosco celebrata il 13 febbraio. All’evento hanno partecipato circa 50 persone, fra ex allievi, amici e simpatizzanti dei salesiani, arrivati dall’Australia, Hong, Kong, India e Filippine. La comunità neozelandese appare già interessata a conoscere Don Bosco, il carisma e il metodo operativo dei salesiani, e i missionari presenti sanno quanto è importante ora la loro opera. (V.V.)

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    Firenze: ospedale punisce dipendente che espone un'immagine di Maria

    ◊   Niente santini sulla bacheca. Una dipendente amministrativa dell’ospedale di Careggi, a Firenze ha ricevuto un rimprovero scritto per aver affisso in ufficio un’immagine della Madonna di Fatima. La donna ha avuto un provvedimento disciplinare, si legge sulle pagine di Avvenire, per non aver rispettato una circolare inviata dal direttore del dipartimento alcuni giorni fa con la disposizione di non affiggere “altro che informazioni-disposizioni di lavoro” nelle bacheche o lavagne magnetiche degli uffici. Nessun dipendente però, denuncia il rappresentante della Cisl a Careggi, Franco Pietrangeli, ha rispettato la circolare lasciando affisse foto personali e cartoline di vario genere, ma solo quella dipendente è stata censurata in forma scritta per non aver tolto l’immagine mariana. “Pretendiamo il ritiro del provvedimento e le scuse formali dell’azienda” ha detto Pietrangeli. La direzione di Careggi ha replicato che la bacheca in questione è un luogo pubblico dove devono essere affisse soltanto informazioni lavorative, ribadendo che nell’ospedale non c’è alcun pregiudizio religioso. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Allarme nelle Filippine per i nuovi attacchi dei miliziani islamici di Abu Sayyaf

    ◊   Rabbia e costernazione nelle Filippine all’indomani dell’ennesima azione del gruppo islamico di Abu Sayyaf contro un villaggio nella provincia meridionale di Basilan, in cui sono morte 13 persone. L'attacco è avvenuto a poche ore dalla liberazione, ad opera delle forze di sicurezza del governo di Manila, di due cittadini cinesi sequestrati da Abu Sayyaf il 10 novembre. C’è possibilità che i due episodi siano legati? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Vecchia, esperto di questioni asiatiche:

    R. - Possono essere collegati nell’ottica una crescente tensione sul terreno. Le truppe di Manila hanno colpito abbastanza duramente Abu Sayyaf in queste ultime settimane. Hanno arrestato diversi esponenti e la settimana scorsa hanno ucciso Albader Parad, che era uno dei capi più in vista dell’area militare di Abu Sayyaf. Questo ha portato ad innalzare la soglia di attenzione in obiettivi possibili e in particolare nella capitale Manila. Nell’estremo sud filippino, di cui Basilan fa parte, le regole valgono sempre fino ad un certo punto: molto è giocato sul terreno e sulla situazione del momento.

     
    D. – Questi colpi inflitti all’organizzazione terroristica da parte dell’esercito di Manila, di fatto, la indeboliscono o la rinforzano?

     
    R. – In questo momento la indeboliscono. In altre situazioni, le azioni del governo di Manila, dell’esercito di Manila, sono state di militarizzare il territorio al punto tale che la stessa popolazione fosse insofferente di questa situazione. In questo momento il governo ha buon gioco ed ha soprattutto aumentato la pressione sul territorio nel sud in vista anche delle elezioni. In questo momento, quindi, pare che il governo stia facendo sul serio nel combattere la guerriglia sul suo stesso territorio e in parte con le sue stesse armi.

     
    D. – Il gruppo Abu Sayyaf è nella lista nera americana, è legato ad al Qaeda, da anni preme per l’instaurazione di uno Stato musulmano nel Paese asiatico. Oggi come può essere definito questo gruppo?

     
    R. – Per le azioni che compie, per la sua strategia e in parte per la sua ideologia di fatto è un gruppo terroristico, le cui azioni sono in buona parte azioni di carattere criminale. Si autosostiene in particolare con i rapimenti e con le razzie: che poi dietro e soprattutto all’inizio vi fosse anche il tentativo di creare una situazione di indipendenza nel sud filippino, questo è ora non è più così, certamente.

     
    Afghanistan
    Non si ferma la violenza in Afghanistan, dove almeno 11 civili sono morti nella provincia meridionale di Helmand per lo scoppio di un ordigno al passaggio del veicolo sul quale viaggiavano. Vittime anche tra le truppe internazionali: un soldato della Nato è stato ucciso nell'ovest. Si tratta del 101.mo militare straniero morto in Afghanistan dall'inizio del 2010.

    Iran
    Nuova ondata di esecuzioni capitali in Iran: negli ultimi giorni sono stati impiccati otto condannati per omicidio e traffico di droga. Intanto la guida suprema iraniana Khamenei ha accusato l'Aiea di non essere indipendente e di agire sotto l'influenza degli Usa e altri Paesi. Certe “misure unilaterali” dell'organismo dell'Onu “porteranno discredito all'Aiea”, ha aggiunto riferendosi a un nuovo rapporto secondo cui esistono serie “preoccupazioni” per un possibile fine militare del programma nucleare di Teheran.

    Arrestato capo militare dell’Eta
    Uno dei capi militari dell’organizzazione terroristica basca dell’Eta è stato arrestato nel nordovest della Francia, in Bassa Normandia. Lo ha annunciato il ministero dell'Interno spagnolo con un comunicato. Ibon Gogeascoechea Arronategui, era latitante dal 1997 e ricercato per aver preparato un attacco contro il 'Guggenheim Museum' di Bilbao. Negli ultimi mesi sono stati numerosi gli arresti di responsabili dell'organizzazione separatista basca, che ha ucciso più di 800 persone.

    Mali, ostaggi italiani
    "Il premier Silvio Berlusconi è noto per la sua generosità. Spero che possa aiutare me e mia moglie". Così Sergio Cicala, l'italiano rapito in Mali e attualmente nelle mani di Al Qaeda nel Maghreb, nel messaggio audio diffuso questa mattina su internet in cui si rivolge anche al presidente Napolitano. L'ultimatum per Cicala scade domani. Per il suo rilascio, i terroristi chiedono la liberazione degli estremisti detenuti in Mauritania.
     
    Maltempo in Francia
    Almeno 12 persone sono morte per il maltempo che ha colpito il nord ovest della Francia. Tra le vittime della tempesta Xynthia anche un bambino di 10 anni. Da ieri un milione di persone sono senza elettricità. Colpita anche la Spagna dove la tempesta ha causato tre morti. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 59

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