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Sommario del 26/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Magnificat di Maria, tema della sesta giornata di Esercizi Spirituali quaresimali predicati al Papa e alla Curia
  • Nomine
  • Annunciare Cristo in Asia: intervista con mons. Celli
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • India: Chiesa scossa dalle violenze anticristiane
  • Mons. Agostino Superbo: politici nuovi e seri per rilanciare il Paese
  • Si è fermata a Isola Serafini l'onda nera nel Lambro
  • Google condannata per un video: critiche da Reporter sans Frontières
  • Sugli schermi in Italia "Codice genesi" dei fratelli Hughes
  • Chiesa e Società

  • La Chiesa pachistana: governo in letargo mentre i talebani eliminano le minoranze
  • Iraq: il patriarca siro-cattolico chiede al premier al-Maliki di difendere i cristiani
  • Germania: i vescovi nominano un coordinatore per accertare i casi di abusi su minori
  • Cuba: Amnesty International sollecita il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza
  • Il dolore dei vescovi cubani per la morte del detenuto politico Zapata Tamayo
  • Appello dei vescovi Usa per un'approvazione bipartisan della riforma sanitaria
  • Costa d'Avorio: intervento dei vescovi sulla situazione politica nel Paese
  • Congo: per la Quaresima i vescovi invitano alla solidarietà per haitiani e rifugiati di Likouala
  • In Ghana la riunione del Comitato permanente del Simposio dei vescovi africani
  • Ginevra: esperti ed ex condannati lanciano la campagna contro la pena di morte
  • I vescovi del sud-est Europa a colloquio col premier moldavo sul ruolo della Chiesa
  • La Chiesa filippina contro la distribuzione di preservativi: non frena l'Aids
  • L'Unione Europea invia nuovi aiuti per 100mila rifugiati a Mindanao
  • Cina: consacrate due chiese nel distretto di Wei Xian
  • Messico: 100mila fedeli a Guadalupe per il pellegrinaggio più numeroso della storia
  • Agorà dei giovani del Mediterraneo: in nord Africa per costruire ponti di dialogo
  • La Caritas portoghese in prima linea contro la povertà
  • Convegno a Trento sull’insegnamento di Chiara Lubich
  • Ad Ostia un Parco dedicato alla memoria del vescovo Clemente Riva
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuovo duro attacco dei talebani nel cuore di Kabul: almeno 17 morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Magnificat di Maria, tema della sesta giornata di Esercizi Spirituali quaresimali predicati al Papa e alla Curia

    ◊   Penultima giornata di Esercizi spirituali per la Quaresima, in Vaticano. Oggi il Papa e i suoi collaboratori della Curia vivono una Giornata mariana. Temi delle meditazioni, proposte dal predicatore don Enrico Dal Covolo, sono infatti Il “Magnificat di Maria” e “Il racconto dell’Annunciazione”. Il teologo salesiano proporrà anche una meditazione sul Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II. Sul profondo significato del Magnificat, Alessandro Gisotti ripropone alcune riflessioni di Benedetto XVI:

    Il Magnificat di Maria, sottolinea Benedetto XVI, ci insegna che Dio “si schiera dalla parte degli ultimi”. Duemila anni fa come oggi, il mondo sembra dire che “i superbi, i potenti e i ricchi” trionfano sui piccoli. Ma, avverte il Papa, il progetto di Dio capovolge i riferimenti sui quali l’umanità preferisce edificare il suo futuro.

     
    “L’umile è percepito come un rinunciatario, uno sconfitto, uno che non ha nulla da dire al mondo. Invece questa è la via maestra, e non solo perché l’umiltà è una grande virtù umana, ma perché, in primo luogo, rappresenta il modo di agire di Dio stesso”. (Messa dell’Agorà di Loreto, 2 settembre 2007)

     
    “La sua forza segreta – ci rassicura il Papa – è destinata alla fine a svelarsi, per mostrare chi sono i veri eletti di Dio”:

     
    “Coloro che lo temono’, fedeli alla sua parola; ‘gli umili, gli affamati, Israele suo servo’, ossia la comunità del popolo di Dio che, come Maria, è costituita da coloro che sono ‘poveri’, puri e semplici di cuore”. (Udienza generale, 15 febbraio 2006)

     
    Maria canta la sua umiltà e con essa la grandezza di Dio. Le parole della cugina Elisabetta, “Benedetta tu fra le donne, benedetto il frutto del tuo grembo”, accendono nel suo spirito un cantico di lode al Signore che ha guardato l’umiltà della sua serva:

     
    “L’anima mia magnifica il Signore'. Maria riconosce la grandezza di Dio. Questo è il primo indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà sicurezza all’umana creatura e la libertà dalla paura, pur in mezzo alle bufere della storia". (Celebrazione per la fine del Mese Mariano, 31 maggio 2008)

     
    Il cantico di lode del Magnificat, è la riflessione del Pontefice, è “un’autentica e profonda lettura teologica della storia”. Una lettura, ribadisce, “che noi dobbiamo continuamente imparare” da Maria la cui fede “è senza ombre e senza incrinature”. Maria, con la sua umiltà, ci indica la relazione inscindibile tra la grandezza del Creatore e della sua creatura:

     
    “Dove scompare Dio, l’uomo non diventa più grande;  perde anzi la dignità divina, perde lo splendore di Dio sul suo volto. (…) Solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande. Con Maria dobbiamo cominciare a capire che è così. Non dobbiamo allontanarci da Dio, ma rendere presente Dio”. (Messa dell’Assunta, 15 agosto 2005)

     
    Questa sesta giornata di Esercizi Spirituali, incentrata sulla spiritualità mariana, è dedicata anche a Giovanni Paolo II, il Papa del “Totus tuus” a Maria. “La Vergine Madre - scrive nella 'Redemptoris Mater' - è costantemente presente” nel “cammino di fede del popolo di Dio verso la luce”. “Lo dimostra in modo speciale – prosegue Papa Wojtyla – il cantico del «Magnificat», che, sgorgato dal profondo della fede di Maria nella visitazione, non cessa nei secoli di vibrare nel cuore della Chiesa”. In questo Anno Sacerdotale, risuona poi quanto mai attuale il richiamo alla Vergine nella “Pastores Dabo Vobis” “Ogni aspetto della formazione sacerdotale – si legge nell’Esortazione post-sinodale – può essere riferito a Maria come alla persona umana che più di ogni altra ha corrisposto alla vocazione di Dio”. Maria, ci ricorda Karol Wojtyla, “si è fatta serva e discepola della Parola sino a concepire nel suo cuore e nella sua carne il Verbo fatto uomo per donarlo all'umanità”.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Uijongbu (Corea), presentata da mons. Joseph Lee Han-taek, gesuita, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Peter Lee Ki-heon, finora vescovo dell’Ordinariato Militare in Corea.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Morondava (Madagascar), presentata da mons. Donald Pelletier, dei Missionari di Nostra Signora di ‘La Salette’, per raggiunti limiti di età. Gli succede ipadre Marie Fabien Raharilamboniaina, superiore provinciale dei Padri Carmelitani per il Madagascar e l’Oceano Indiano. Padre Marie Fabien Raharilamboniaina è nato il 20 gennaio 1968 a Ambohijanahary, diocesi di Ambatondrazaka. E’ entrato da piccolo tra i Carmelitani Scalzi. Ha emesso i voti della sua professione religiosa l’8 settembre 1990, ed è stato ordinato sacerdote il 5 luglio 1997.

    Il Santo Padre ha eretto la Provincia Ecclesiastica di Toamasina (Madagascar), elevando a Chiesa Metropolitana la omonima sede vescovile, assegnandole come Chiese suffraganee le diocesi di Ambatondrazaka, Moramanga e Fenoarivo-Atsinana, e ha nominato primo arcivescovo metropolita di Toamasina mons Désiré Tsarahazana, finora vescovo della medesima diocesi. La nuova provincia ecclesiastica di Toamasina è così formata: due diocesi suffraganee vengono distaccate dalla Provincia Ecclesiastica del Nord (Antsiranana): Toamasina e Fenoarivo-Atsinanana. Altre due, Ambatondrazaka e Moramanga, vengono staccate dalla provincia ecclesiastica del Centro (Antananarivo). La diocesi di Toamasina, creata il 14 settembre 1955, ha una superficie di 23.690 kmq., e conta una popolazione di circa 2 milioni di abitanti. I cattolici sono oltre 600.000 (31%); i cristiani non cattolici sono 500.000 (25%); i non cristiani sono 850.000 (43%). Toamasina ha 18 parrocchie, 8 delle quali in città; 42 sacerdoti, di cui 19 diocesani e 23 religiosi; 88 suore, provenienti da 9 congregazioni religiose; 1.250 catechisti.

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    Annunciare Cristo in Asia: intervista con mons. Celli

    ◊   Mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, è tornato da un viaggio in India e Bangladesh. Tanti gli incontri con le piccole comunità cattoliche locali - impegnate nell'annuncio del Vangelo e in tante opere sociali ed educative - ma anche con i rappresentanti delle altre religioni. Tra le occasioni di questo viaggio in Asia, la pubblicazione di un’opera in tre volumi sulla formazione dei seminaristi nel settore dei mass media. Ce ne parla lo stesso mons. Claudio Maria Celli al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – Non è un manuale per preparare tecnologicamente i giovani alla comunicazione, ma è un processo anche teologico per riscoprire che cosa significa, oggi, comunicare nella Chiesa utilizzando ‘anche’ le nuove tecnologie, ma non ‘unicamente’ parlando di nuove tecnologie. E’ il primo tentativo e io ritengo che sia una iniziativa positiva. Perché? Perché, come già il Santo Padre nel suo ultimo messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali faceva cenno, dobbiamo preparare i futuri sacerdoti a giocare un ruolo positivo nel campo della comunicazione, riscoprendo il senso profondo di questa Parola che hanno nel proprio cuore e che dev’essere comunicata agli uomini di oggi.

     
    D. – Di che tipo deve essere questa comunicazione?

     
    R. - Certamente, non una comunicazione astratta ma una Parola che si incarna nella vita di oggi, nella quotidianità, con tutti quegli aspetti difficili o positivi che la vita di oggi riserva a ogni uomo e donna che cammina nella propria esistenza.

     
    D. – Lei dopo l’India si è recato anche in Bangladesh. Per quale ragione?

     
    R. - Ho portato questi tre volumi in Bangladesh perché mi sembrava opportuno che anche la comunità cattolica in Bangladesh ritrovasse anche qui un punto di ispirazione per una opportuna formazione dei seminaristi a questo prezioso lavoro, che è quello della comunicazione.

     
    D. – In India, lei ha visitato un importante Centro dei vescovi per la formazione nella comunicazione sociale, che include studenti anche non cristiani. Quindi si può parlare di dialogo intereligioso…

     
    R. – Ho visitato questo Centro, voluto dalla Conferenza episcopale indiana per la formazione di giovani che possono essere cristiani e non cristiani; ho incontrato 56 studenti, qualcuno di loro non cristiano. E’ un Centro di preparazione all’uso della comunicazione a vasto raggio, e quello che mi è sembrato opportuno è questa visione ad ampio respiro religioso dove giovani credenti di diverse fedi hanno trovato un momento di dialogo, di ascolto reciproco, di grande rispetto; una convivenza che si fa sempre più responsabile, solidale e trova proprio nella vita religiosa una sua profonda ispirazione.

     
    D. – In Bangladesh lei ha constatato che ci sono delle difficoltà – anche finanziarie - che la Chiesa locale deve affrontare e per quanto riguarda le comunicazioni sociali si parla di “digital divide”…

     
    R. – Il Bangladesh vive una situazione completamente diversa dall’India. C’è una contestualità musulmana; la Chiesa sta operando in maniera significativa. Io sono rimasto stupito della generosità, della serenità, dell’impegno di questi sacerdoti, dei vescovi e dei missionari, perché la Chiesa in Bangladesh ha ancora bisogno di un grande appoggio operativo dei missionari. Però, è innegabile: anche la Chiesa risente della situazione economica del Paese e quindi emerge, con tutta chiarezza, il “digital divide”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il business della libertà: in prima pagina, Luca Possati sul perché sono necessarie delle regole per la rete.

    Nell’informazione internazionale, Francesco Citterich sulla situazione politica nello Sri Lanka.

    Armonia nella diversità come tra un basso e un soprano: in cultura, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi su multiculturalità e interculturalità.

    Riguardo all’emergenza educativa un articolo di Rocco Buttiglione dal titolo “Senza divieti non c'è libertà”.

    Quando un quadro rompe gli schemi: sulla “Deposizione della croce” di Federico Barocci in mostra a Perugia dopo il restauro, un contributo del curatore dell'esposizione Federico Mancini.

    La controfigura dell'amore: Silvia Guidi su un convegno internazionale dedicato a Chiara Lubich.

    Ripensiamo il legame tra spirito e corpo: Marco Tibaldi analizza il rapporto tra pensiero estetico e teologia cristiana.
     Nell’informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi al cardinale Fiorenzo Angelini.

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    Oggi in Primo Piano



    India: Chiesa scossa dalle violenze anticristiane

    ◊   In India, la Chiesa è stata scossa, in questi giorni, dalle violenze seguite alla pubblicazione di un’immagine blasfema di Gesù su un testo scolastico. Alle proteste pacifiche della comunità cristiana sono seguiti gravi attacchi compiuti da fondamentalisti indù. Due chiese sono state date alle fiamme e decine di persone sono rimaste ferite a causa degli scontri. Federico Piana ha parlato di questa preoccupante vicenda con Paolo Affatato, giornalista dell’agenzia Fides, don Scaria Thuruthiyil, docente di Storia della filosofia contemporanea alla Pontificia Università Salesiana e Guido Impellizzeri, docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia:

    D. - Paolo Affatato, lei, come redattore dell’Agenzia Fides, si è occupato sin dall’inizio di questa vicenda. Com’è andata la questione?

     
    R. – Alcune religiose, che si trovano nello Stato di Meghalaya, si erano accorte di questo libro. Un libro di calligrafia con cui i bambini imparano a scrivere. Gesù veniva qualificato come idolo. Poi quest’immagine ha fatto il giro dell’intero Paese. Nel nord-ovest dell’India alcuni gruppi fondamentalisti hanno preso questa immagine e l’hanno stampata su alcuni manifesti. Hanno tappezzato alcune città con questa immagine blasfema, in modo naturalmente molto provocatorio. Alcuni cristiani hanno protestato civilmente e pacificamente e hanno cercato di rimuovere questi manifesti. Quando alcuni giovani indù si sono opposti a questa rimozione sono scoppiati i primi tafferugli e poi una violenza estesa e generalizzata da parte di questi gruppi fondamentalisti, diffusi in modo capillare in alcune zone del Paese. Hanno richiamato tutti i militanti alla violenza, hanno attaccato dei quartieri cristiani, hanno attaccato delle chiese. Gli attacchi sono sempre molto gravi.

     
    D. – Don Scaria Thuruthiyil, perché capitano queste cose e poi in un Paese dove i cristiani sono appena il 2,5 per cento?

     
    R. – Questa situazione è un evento recente, soprattutto dopo la nascita del movimento fondamentalista "Hindutva". E’ un movimento che ha l’obiettivo di “induizzare” il Paese. Lo scopo è di rendere tutti indù. Sin tratta di un tipo di nazionalismo estremo. Questo "Hindutva" è un movimento gestito dai brahmani, i sacerdoti che formano la prima casta. I brahmani vogliono ottenere un controllo su tutti gli altri. La Chiesa è impegnata soprattutto nell’evangelizzazione dell’ultima casta, quella dei Dalit. I brahmani, che controllano sia politicamente che socialmente ma soprattutto economicamente la società, non vogliono che altri arrivino al loro stesso livello. Purtroppo, coloro che appartengono all’ultima casta, i Dalit, non si accorgono di questa politica nascosta dei brahmani.

     
    D. – Prof. Vito Impellizzeri, quale idea si è fatto di questa immagine?

     
    R. – Quella di un disorientamento culturale perché si tratta, come hanno già espresso i vescovi della Conferenza episcopale indiana, di un attacco contro i valori e i simboli di una fede, che, seppur in minoranza, dovrebbe essere rispettata, anche in una diversità culturale, in una sorta di reciprocità. Credo che la paura della minoranza sorga in un Paese quando non si ha una capacità di dialogare e di interagire secondo le logiche del bene comune e, usando l’espressione di Papa Benedetto XVI, “di una sana ricostruzione morale e civile”.

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    Mons. Agostino Superbo: politici nuovi e seri per rilanciare il Paese

    ◊   Rilanciare la speranza in Italia rilanciando lo sviluppo nel Sud del Paese: è lo scopo del documento pubblicato dalla Conferenza episcopale italiana intitolato: “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno". Ce ne parla mons. Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza e vicepresidente della Cei per il Sud, al microfono di Luca Collodi:

    R. – Lo scopo è anzitutto pastorale ed è per questo che l’idea centrale è quella – come spesso anche il Santo Padre ci dice – della centralità eucaristica. E’ un discorso che facciamo a noi e alle nostre comunità, affinché si riprenda vigore, si riprenda speranza e senza adattarci alla situazione presente e con grande fiducia. Si tratta, quindi, di un discorso di tipo pastorale. Questo tipo di pastorale, però, non può non avere dei riflessi nel dialogo con il mondo che ci circonda e soprattutto con la realtà italiana e quindi con i politici, con gli economisti, con gli uomini di cultura e con la gente semplice, che qui da noi è la prima a soffrire le conseguenze negative di una situazione di difficoltà economica. La disoccupazione avanza, la povertà ha raggiunto proporzioni mai raggiunte dagli ultimi 20 anni. Tutto questo ci allarma.

     
    D. – Mons. Superbo, voi fate un accenno nel documento anche alla tenuta della democrazia di questo Paese e auspicate una nuova classe politica, guardando anche ai cattolici impegnati nel sociale...

     
    R. – E’ chiaro che l’impegno educativo nell’azione pastorale della Chiesa viene prima di ogni altra cosa. I politici non si improvvisano dall’oggi al domani, ma si tratta di una coscienza profondamente cristiana, radicata nella comunità, che si affaccia sul mondo civile e sente sua responsabilità la costruzione di una città terrena a misura d’uomo, che crea poi – secondo le vocazioni del Signore e le qualità di ognuno – uomini politici seri e nuovi nel modo di porsi, che è un modo di porsi unico: servizio umile al bene comune e senza altre prospettive né di gruppo né di parte né di interesse personale. Voglio, però, anche aggiungere che il Sud ha le risorse per andare avanti, le possiede e il Signore gliele ha date sia ecclesiali che umane, sia culturali che economiche e vanno prese in mano con gratitudine e con amore e fatte esplodere benevolmente e a beneficio dell’Italia. Noi desideriamo che l’Italia non solo si preoccupi per il Sud, ma che accolga anche quanto di bene il Sud può dare a tutta l’Italia.

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    Si è fermata a Isola Serafini l'onda nera nel Lambro

    ◊   La massa oleosa che dal Lambro si è riversata nel Po si è fermata a Isola Serafini. La notizia arriva dal capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, convinto che dalle barriere predisposte lungo il fiume sia sfuggito al massimo il 5-10 per cento. Per Bertolaso è anche molto difficile che gli idrocarburi possano arrivare alla falda acquifera. Nel pomeriggio, comunque, vertice in Prefettura a Milano per fare il punto della situazione. Alessandro Guarasci ha intervistato Gianni Tartari dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr che ha sede a Brugherio, vicino a Monza.

    R. – Di fatto questa emissione, qui a Monza, nella posizione nord-occidentale, ha determinato poi attraverso il reticolo idrografico tutta una situazione negativa, che si spinge addirittura fino al mare Adriatico.

     
    D. – Secondo lei è possibile, come dice Bertolaso, che entro 24 ore gran parte degli idrocarburi, potrebbero essere recuperati?

     
    R. – Il problema è quello che non è visibile, cioè quello che si è depositato, quello che si è disperso. Desta preoccupazione perché le migliaia di sostanze organiche di cui queste miscele di petrolio e di gasolio sono costituite è chiaro che non possono essere recuperate e devono essere assorbite dall’ambiente stesso. Il grande dilemma è quanto tempo ci vorrà e quali saranno le conseguenze sulla fauna e sulla flora del fiume.

     
    D. – Per l’attività umana quali sono i rischi?

     
    R. – L’unico problema è che nella parte terminale del Po, l’acqua viene utilizzata a scopo potabile. Pensi soltanto a Ferrara e a tutto il ferrarese, che adesso si sta attrezzando per vedere l’arrivo dell’onda, chiudere gli impianti per il periodo del passaggio e poi mettere in atto tutti quelli che sono gli strumenti necessari, per riprendere a pescare acqua da distribuire.

     
    D. – Forse, però, servono normative più stringenti per alcuni settori industriali che poi sono a ridosso di grossi bacini...

     
    R. – Credo che abbiamo tutto già disponibile. D’altronde questo, purtroppo, è un atto vandalico. E’ veramente una cosa inammissibile sul piano culturale.

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    Google condannata per un video: critiche da Reporter sans Frontières

    ◊   Ha fatto il giro del mondo la notizia della condanna da parte dei giudici di Milano di tre dirigenti di Google accusati di aver violato la legge sul trattamento dei dati personali pubblicando il video di un bambino disabile oggetto di violenza. “Accuse ridicole” si commenta dagli Usa ricordando che il video è stato immediatamente oscurato. Critiche da Reporter sans Frontières che definisce la sentenza “un grave colpo alla libertà di espressione”. Da più parti si sottolinea che sarebbe stato più opportuno colpire direttamente gli autori del filmato. Ma questo è sempre possibile? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Paolo Mazzà, docente di diritto della comunicazione all’Università Lumsa di Roma:

    R. – Diciamo che questa, più che un’impossibilità astratta, è semmai un’impossibilità concreta. Cioè, ci possono essere difficoltà obiettive di individuazione del responsabile – immaginiamo anche le varie truffe telematiche – e soprattutto di applicazioni di sanzioni nei loro confronti. Quando il video-shock fosse arrivato da una regione sperduta del continente, probabilmente sarebbe stato impossibile andare ad individuare chi lo aveva immesso in rete.

     
    D. – Si pone comunque all’attenzione il problema dei limiti che devono essere posti ai provider, alla rete, a internet …

     
    R. – Nel nostro ordinamento – parlo della legge italiana – tutte le testate giornalistiche cartacee hanno un direttore responsabile. Il direttore responsabile è colui che deve sorvegliare sulla singola testata affinché non vengano commessi reati a suo mezzo. Qui però si pone il problema: non possiamo materialmente immaginare un soggetto che si svegli ogni mattina e clicchi tutte le pagine che passano nelle maglie anche soltanto di un singolo provider.

     
    D. – Qualora ci fosse, questo garante, a livello nazionale, certo il suo intervento non riguarderebbe l’ambito globale della rete, ma solo quello dell’Italia, nel caso specifico …

     
    R. – Non sarebbe possibile – e non sarebbe neanche concepibile – che l’Italia dettasse regole mondiali, cioè che si applicassero fuori dei confini nazionali; e d’altra parte, non esiste ancora oggi una autorità che possa imporre regole che valgano per tutti i provider, indipendentemente dalla loro localizzazione.

     
    D. – Questa sentenza offre comunque l’occasione di ripensare, forse, la rete? C’è chi sostiene che la rete è uno strumento eccezionale di libertà ma la rete è spesso accusata anche di essere un far-west, perché manca una norma …

     
    R. – La rete è un po’ come la piazza. Io ho l’impressione che dobbiamo accontentarci necessariamente e obbligatoriamente di quelle disposizioni che puniscono colui che immette in rete un certo messaggio, colui che manifesta un pensiero illecito o riprovevole; ma non pensare di chiudere la piazza, sottoporla ad una sorta di controllo di polizia …

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    Sugli schermi in Italia "Codice genesi" dei fratelli Hughes

    ◊   L’ultima copia della Bibbia sopravvissuta alla catastrofe è la speranza per l’umanità rimasta in vita. In Codice genesi, da oggi sugli schermi italiani, Eli è il guerriero che difende il testo sacro da chi lo vorrebbe usare per il proprio potere e non per il bene di tutti. Con i tratti del videogame e uno schema piuttosto semplice il film tenta la nuova strada del film apocalittico solcato da venature spirituali. Servizio di Luca Pellegrini:

    (Trailer)
    "Trenta inverni fa la guerra aprì un buco nel cielo, furono in pochi a sopravvivere. La nostra unica speranza è nelle mie mani"...

     
    Le mani sono quelle di un misterioso guerriero sopravvissuto ad una terribile catastrofe, scampolo di umanità alla deriva tra violenze e oscure minacce. Questa speranza è un libro. Molte volte nel cinema i libri hanno fatto una brutta fine: Ermanno Olmi ne inchiodava cento sul pavimento, venivano bruciati in Fharheneit 451, che François Truffaut trasse dal famoso romanzo di Ray Bradbury, mentre chi legge, nella spietata distopia di Orwell, 1984, viene condannato a morte. In Codice Genesi, invece, per salvare quel prezioso volume, si rischia la vita e molti fanno una brutta fine. Un’apocalisse ha devastato il pianeta. Eli, interpretato da Denzel Washington, il cui nome richiama quello del profeta e l’intensità del verbo inglese da cui le tre lettere sono estratte, to believe, credere - porta nel suo zaino l’ultima copia rimasta di quel prezioso volume. Una voce dal cielo tanti anni prima gli ha affidato una missione e una mano dal cielo ora lo guida nel suo cammino verso l’Ovest. Il panorama desertico e polveroso è simile a tante precedenti apocalissi del grande schermo, ma questa volta venature spirituali l’attraversano, perché quel libro è la Bibbia e Eli ne difende l’ultima copia rimasta, nella versione di Re Giacomo del 1611. Le parole contenute in quelle pagine sembrano essere l’unico mezzo possibile per rifondare l’umanità, per ricostruire un barlume di civiltà andata perduta. Eli rappresenta il bene, l’impegno morale, il valore della memoria, costretto a fronteggiare l’utilitarismo totalitario di Carnagie, una sorta di piccolo despota che si diletta a leggere la storia di Mussolini. I due rappresentano i diversi modi di leggere e utilizzare il testo sacro: quest’ultimo vede, infatti, nel possesso della Bibbia, lo strumento di un dominio personale, cui si sottoporranno le menti deboli nell’ascolto delle carismatiche sentenze. Eli spiegherà, invece, nel finale inaspettato che richiama una cultura antica e un futuro più luminoso, che proprio le parole del testo sacro sono la nostra ultima possibilità, pena il crollo definitivo dei valori che ci sostengono e la scomparsa totale della civiltà. In questo schema piuttosto semplice e comune del millenario confronto tra bene e male, il fantawestern diretto dai gemelli Albert e Allen Hughes, solcato da venature spirituali, qualche allusiva ironia e una massiccia dose di violenza, cerca di inventarsi una teologia biblica venandola di profezie e adattandola ai gusti giovanili ispirati dai videogame. Non ne raggiunge lo scopo, ma nemmeno è un pericolo per la sacralità della Bibbia e la purezza della fede. E’ soltanto un film, che a tratti diverte e a tratti annoia.

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    Chiesa e Società



    La Chiesa pachistana: governo in letargo mentre i talebani eliminano le minoranze

    ◊   Profonda indignazione della Chiesa cattolica in Pakistan per le condizioni delle minoranze religiose, sottoposte alla pressione dei talebani: l’arcivescovo mons. Lawrence Saldanha, presidente della Conferenza episcopale, ha firmato e inviato all’agenzia Fides un comunicato della “Commissione Giustizia e Pace” in cui si condanna “il letargo del governo” che lascia mano libera ai talebani “incoraggiando in tal modo l’imposizione della jazia (la tassa islamica richiesta ai non musulmani) da parte dei militanti integralisti”, nonchè “i sequestri a scopo di estorsione, gli omicidi mirati e il fenomeno degli sfollati interni”, che le minoranze religiose non musulmane subiscono in province come Punjab, Sindh, Provincia della Frontiera di Nordovest e Baluchistan. La Chiesa è intervenuta in seguito alle recenti violenze che hanno colpito le comunità sikh, ma che coinvolgono ampiamente i cristiani e gli indù: “Si tratta di violenze, crimini e gravi minacce alla libertà e ai diritti di proprietà, subite dalle minoranze religiose”, spiega l’arcivescovo. “Quelli avvenuti contro i sikh non sono episodi di violenza isolati, bensì frequenti ai danni dei credenti non musulmani. I governi locali delle province e il governo federale del Pakistan dovrebbero trattare questi incidenti come campanelli di allarme e adottare misure urgenti per prevenirli, assicurando la legalità e il pieno controllo della situazione”, nota l’arcivescovo. Se nella Provincia della Frontiera di Nordovest il bersaglio preferito dei talebani sono i sikh, “nelle province di Sindh e Baluchistan centinaia di credenti indù hanno perso le proprietà e anche la vita”, osserva mons. Saldanha, ricordando poi le vessazioni contro i cristiani nella valle di Swat e in molte altre aree. “La Chiesa cattolica chiede che la protezione delle minoranze diventi una priorità nell’agenda di governo”, dato che tali gruppi sono i più esposti alla violenza organizzata. Per questo, conclude l’arcivescovo “occorre agire per tutelare la sicurezza, eliminando anche “tutte le leggi discriminatorie” esistenti, come la legge sulla blasfemia, “per promuovere tolleranza armonia sociale in Pakistan”. (R.P.)

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    Iraq: il patriarca siro-cattolico chiede al premier al-Maliki di difendere i cristiani

    ◊   “Mettere fine alle operazioni criminali contro i cristiani di Mosul oppure fornire loro mezzi o armi per difendersi. Non è più tollerabile che vengano uccisi come pecore”. A dichiaralo all'agenzia Sir è il patriarca siro-cattolico di Antiochia, Ignatius Joseph III Younan, riferendo del contenuto di una sua lettera inviata al premier iracheno Nuri al-Maliki per perorare la causa dei cristiani locali. “Non intendo in nessun modo istigare all’insurrezione armata – precisa il patriarca – i cristiani, infatti, sono gente pacifica, non hanno armi né milizie, ma sollevare il problema della difesa e della protezione della comunità cristiana. Adesso entrano anche nelle case per commettere omicidi. Nella mia lettera chiedo al Governo locale e nazionale di adoperarsi in questa direzione, mettendo a disposizione guardie e soldati armati a difesa delle case e dei luoghi cristiani. Tutto sotto l’ombrello governativo. Non si tratta di una cosa impossibile. A Mosul sono note le zone abitate da cristiani e le chiese vicino le quali ci sono famiglie di fedeli”. “Come cristiani – aggiunge – siamo chiamati alla speranza e a costruire la pace, ma non possiamo tacere le ingiustizie. Se vogliono che i cristiani lascino Mosul, ce lo dicano”. Nella mia lettera al premier chiedo anche l’istituzione di una commissione di inchiesta per fare luce su queste stragi. So che ci sono state riunioni anche con capi tribali, - osserva il patriarca - tutte le parti hanno promesso impegno nel trovare gli assassini e nell’impedire questi atti criminali”. Circa il movente degli attacchi ai cristiani Joseph III Younan afferma che “non è solo politico. I cristiani, infatti, non possiedono pozzi petroliferi, non hanno milizie e non hanno mai minacciato nessuno e soprattutto non hanno grande influenza politica. Queste sono solo scuse che non hanno attinenza con la realtà. Ci sono anche motivi di fanatismo religioso. La realtà - precisa il patriarca - che non si può più nascondere: i cristiani vengono uccisi come pecore, come agnellini, in ogni luogo, in strada, nelle scuole, nelle chiese, ed ora anche nelle loro case. E tutto senza conoscere ed arrestare gli autori di questi crimini. Come è possibile?”. “Chiediamo all’Europa – conclude - di difendere i diritti umani e non chiudere gli occhi davanti a questa strage intollerabile di gente innocente e disarmata. L’Ue siede all’Onu e parla di diritti ma deve sapere come si vive minacciati per la fede religiosa”. Intanto, informa il patriarcato siro-cattolico, che ha sede in Libano, “a Beirut il 13 marzo avremo una giornata di preghiera che si concluderà con una marcia di protesta nel quartiere delle Nazioni Unite della capitale”. (R.P.)

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    Germania: i vescovi nominano un coordinatore per accertare i casi di abusi su minori

    ◊   Per far luce sui casi di abusi su minori verificatisi in Germania negli anni ‘70-‘80 e di cui sarebbero responsabili religiosi, docenti e laici di diversi collegi, istituti e parrocchie, la Conferenza episcopale tedesca ha nominato come responsabile centrale per gli accertamenti il vescovo di Treviri mons. Stephan Ackermann. L’annuncio è stato dato ieri al termine dell’Assemblea plenaria dei vescovi dal presidente della Conferenza episcopale mons. Robert Zollitsch. “Noi vescovi tedeschi accettiamo le nostre responsabilità e condanniamo i reati compiuti da religiosi, sacerdoti e collaboratori laici nelle nostre diocesi – scrivono i presuli nel comunicato finale della plenaria - mortificati e scioccati, chiediamo a tutte le vittime di questi orribili gesti di essere perdonati e scusati”. Per collaborare ai procedimenti giudiziari, la segreteria della Conferenza episcopale ha aperto a Bonn un ufficio di coordinamento e presto sarà attivato un 'telefono amico' al quale potranno rivolgersi le vittime. Entro agosto, poi, saranno riviste e aggiornate le norme ecclesiastiche del 2002 in tema di accertamenti nei casi di abusi sessuali su minorenni da parte di religiosi.” Vogliamo che tutto venga chiarito in modo leale, senza falsi ritegni – ha detto mons. Zollitsch – le vittime hanno diritto a ciò”. Per una “prevenzione completa”, ha auspicato il presule, occorre “una cultura dell'attenzione” da parte di responsabili delle scuole e della pastorale per i giovani e una formazione accorta dei futuri sacerdoti. Intanto nella scuola benedettina di Ettal, nella Baviera, si è dimesso l’abate Barnabas Boegle che si è assunto la responsabilità di avere trasgredito le regole della Chiesa cattolica sull’obbligo di segnalare ogni caso di abuso su minorenni. Finora sono circa 120 gli abusi denunciati. (A cura di Tiziana Campisi)

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    Cuba: Amnesty International sollecita il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza

    ◊   All'indomani della morte di Orlando Zapata Tamayo a seguito di uno sciopero della fame, Amnesty International ha sollecitato il presidente cubano Raúl Castro a rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutti i prigionieri di coscienza. Questa tragica morte illustra in modo terribile la disperazione dei prigionieri di coscienza di Cuba, che non hanno la speranza di vedere la fine di un'iniqua e prolungata detenzione" ha dichiarato in una nota diffusa alla stampa Gerardo Ducos, ricercatore di Amnesty International sui Caraibi. "È necessario che siano condotte piene indagini per chiarire se i maltrattamenti siano stati una concausa della morte di Zapata Tamayo" ha poi aggiunto l’esponente dell’organizzazione umanitaria. Orlando Zapata Tamayo aveva trascorso diverse settimane in sciopero della fame per protestare contro le condizioni detentive. L’uomo  era stato arrestato nel marzo 2003. Nel maggio 2004 era stato condannato a tre anni di carcere per "mancanza di rispetto", "disordini pubblici" e "resistenza". Aveva subito altri processi per "disobbedienza" e "disordini in un istituto di pena", l'ultimo dei quali nel maggio 2009, totalizzando complessivamente 36 anni di carcere. "Di fronte a una sentenza così lunga, il fatto che Orlando Zapata Tamayo non vedesse altra forma di protesta se non lasciarsi morire di fame è un terribile segnale della costante repressione nei confronti dei dissidenti politici cubani", si legge ancora nel comunicato che cita Ducos. "La sua morte evidenzia l'urgente necessità che Cuba inviti esperti internazionali sui diritti umani, affinché verifichino il rispetto delle norme in materia, in particolare il Patto internazionale sui diritti civili e politici". Orlando Zapata Tamayo era solo uno dei 55 prigionieri di coscienza adottati da Amnesty International a Cuba. La maggior parte di essi faceva parte di un gruppo di 75 attivisti arrestati nel corso della massiccia repressione del marzo 2003. In assenza di un potere giudiziario indipendente, i processi celebrati a Cuba risultano spesso sommari e privi delle garanzie previste dal diritto internazionale. Una volta emessa una condanna, le possibilità di modificarla in appello sono praticamente nulle. (M.G.)

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    Il dolore dei vescovi cubani per la morte del detenuto politico Zapata Tamayo

    ◊   Dolore, sconcerto: con questi sentimenti i vescovi cubani hanno “appreso dalla stampa internazionale” la notizia della morte - dopo 85 giorni di sciopero della fame - di Orlando Zapata Tamayo, operaio 42enne, condannato a 36 anni di carcere per le sue idee politiche. Il Comitato permanente della Conferenza dei vescovi cattolici cubani, esprime, in una nota, il proprio cordoglio per la fine definita “tragica” di questo “prigioniero di coscienza” che – aggiunge - “con lo sciopero della fame cercava di far ascoltare le sue richieste” contro le dure condizioni cui era sottoposto in carcere. Invitano, tra l’altro, a non utilizzare questo metodo di protesta perché “la vita di una persona è sempre il bene maggiore da proteggere”. I presuli ricordano di aver chiesto a più riprese alle autorità cubane di poter far visita a Zapata, ma questo non è stato permesso. Lanciano quindi un nuovo appello al governo dell’Avana da cui dipende la vita e la salute dei prigionieri affinché siano prese le misure adeguate perché “situazioni del genere non si ripetano”. D’altra parte l’episcopato cubano osserva che occorre urgentemente “creare adeguate condizioni di dialogo per evitare di arrivare a situazioni così tragiche che non portano beneficio a nessuno e provocano invece dolore a molti”. I presuli cubani esprimono le loro condoglianze alla madre del dissidente che ha definito la morte del figlio “un omicidio premeditato”. “Chiediamo a Dio – scrivono i vescovi - perché ci aiuti ad ascoltare la chiamata di Gesù Cristo” che ci invita a “lavorare per il bene comune”. Chiediamo alla Madonna della “Caridad del Cobre”, è l’ultima esortazione dei presuli, perché “con la sua presenza aiuti tutti i cubani a sentirsi ed essere fratelli”. (A cura di Luis Badilla)

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    Appello dei vescovi Usa per un'approvazione bipartisan della riforma sanitaria

    ◊   Superare le divisioni per approvare la riforma sanitaria attraverso una collaborazione bipartisan. Così suona l’appello dei vescovi statunitensi indirizzato al Congresso americano impegnato nella discussione del nuovo testo presentato dal presidente Obama il 22 febbraio scorso. “E’ tempo – si legge nel messaggio dei presuli - di mettere da parte le divisioni e di lavorare per una politica coraggiosa e di lunga prospettiva”. Nella lettera la Conferenza episcopale ribadisce inoltre il suo appoggio a una riforma che garantisca a tutti l’assistenza sanitaria e che sia orientata alla difesa della vita. Al documento firmato dai vertici della Commissione episcopale sulla Giustizia e lo sviluppo umano hanno fatto eco le associazioni cattoliche sanitarie. Suor Carol, presidente della Catholic Health Association, afferma che gli americani sono stanchi della partigianeria ed ha esortato i parlamentari a passare dalle discussioni alla collaborazione. In una lettera aperta ad Obama e al Congresso, il presidente della Catholic Medical Association, Leonard Ryback, ha chiesto di cominciare da capo il processo legislativo lavorando in modo trasversale. Intanto si è registrato un nulla di fatto al vertice di ieri alla Casa Bianca a cui hanno preso parte i parlamentari di entrambi gli schieramenti per discutere la modifica del Patient Protection and Affordable Care Act - il progetto di riforma già approvato dal senato - al fine di riflettere le tendenze emerse nella bozza approvata alla camera e le “priorità presidenziali”. Sebbene il progetto passato al Senato sia stato emendato in modo da evitare finanziamenti pubblici all’aborto, quello alla Camera non porta lo stesso risultato. Nessuno dei due menziona invece l’assistenza sanitaria agli immigrati. E come confermano i sondaggi la riforma continua a dividere anche l’opinione pubblica. Secondo le ultime rilevazioni contrari e favorevoli si attestano a pari merito al 43%. (M.G.)

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    Costa d'Avorio: intervento dei vescovi sulla situazione politica nel Paese

    ◊   Si è insediata la nuova Commissione Elettorale Indipendente (Cei) della Costa d’Avorio, la cui presidenza è stata affidata all’opposizione. Sembra quindi avviarsi a conclusione la grave crisi politica scoppiata all’indomani dello scioglimento del governo di unione nazionale e della precedente Commissione elettorale, decisa dal Presidente Laurent Gbagbo. L’opposizione aveva indetto una serie di manifestazioni di protesta, alcune delle quali represse duramente con morti e feriti. La creazione della nuova Cei è stata accolta favorevolmente dai partiti di opposizione che hanno annullato nuove manifestazioni di protesta. Le violenze seguite allo scioglimento del governo e della Cei sono state condannate dai vescovi della Costa d’Avorio che hanno espresso le condoglianza alle famiglie delle vittime e si sono dichiarati preoccupati per la “situazione di contrasto e di violenza che da settimane attraversa il Paese”. In un messaggio, inviato all’agenzia Fides, pubblicato al termine dell’Assemblea generale straordinaria della Conferenza episcopale, viene ribadito il concetto che la “Chiesa non ha una finalità politica. Ma quando le condizioni per la realizzazione di una comunità politica serena sono minacciate, la Chiesa, in quanto madre ed educatrice, si sente in dovere di ricordare ai cattolici e agli uomini di buona volontà la necessità di orientarsi sui valori trascendentali capaci di fondare una vera fratellanza tra gli uomini”. I vescovi rivolgono un pressante appello ai leader politici: “Abbiate il senso di responsabilità, di abnegazione e di amore per il popolo nel vostro desiderio di servire il Paese. Non è attaccandovi ai vostri interessi particolari che contribuirete a far uscire il Paese dal sotto-sviluppo e dalla miseria. Non avete il diritto, quale che sia il pretesto, di prendere in ostaggio il popolo della Costa d’Avorio e il suo avvenire. Nella situazione attuale, dovete dare prova di coraggio e di volontà politica per trovare insieme una soluzione rapida alla crisi”. Il messaggio inoltre invita i giovani “a rifiutare la logica della violenza, perché il futuro del Paese dipende da voi. Non lasciatevi manipolare e trascinare nella cultura dell’odio”. I vescovi lanciano infine un appello agli “abitanti della Costa d’Avorio” perché ricerchino l’unità e coltivino lo spirito di vera fratellanza, e ricordano “a tutti i credenti in generale e ai cattolici in particolare che la fede in Dio Onnipotente e Misericordioso ci vieta l’uso della violenza sotto tutte le forme: né con la parola, né con le azioni”. (R.P.)

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    Congo: per la Quaresima i vescovi invitano alla solidarietà per haitiani e rifugiati di Likouala

    ◊   “La giustizia di Dio si è manifestata attraverso la fede in Cristo”: è questo il titolo del messaggio dei vescovi del Congo per la Quaresima pubblicato al termine dell’incontro annuale della Conferenza episcopale svoltosi a Brazzaville dal 9 all’11 febbraio. Il messaggio, specificano i presuli, vuole essere in particolare un appello ad un'offerta di Quaresima per le popolazioni di Haiti e per i rifugiati del dipartimento di Likouala. Riprendendo la riflessione di Benedetto XVI per questo periodo di preparazione alla Pasqua i vescovi del Congo scrivono che “per vivere la giustizia è necessario uscire dall’illusione che è l’autosufficienza, da questo profondo ripiegamento su se stessi che è all’origine dell’ingiustizia. In altri termini, convertirsi a Cristo, credere nel Vangelo, implica abbandonare il chiudersi in se stessi, scoprire e accettare la propria indigenza, la propria interdipendenza con gli altri – proseguono i presuli – e così anche la propria dipendenza radicale faccia a faccia con Dio e infine sentire la necessità del perdono di Dio e l’esigenza della solidarietà”. Da qui l’invito ad impegnarsi nella costruzione di una società giusta in cui tutti possano beneficiare di condizioni di vita rispettando la dignità umana e in cui la giustizia fiorisca attraverso l’amore”. “Che questo tempo di penitenza sia per ogni cristiano un tempo di vera conversione e di intima conoscenza del mistero di Cristo” proseguono i vescovi che esortano i fedeli alla solidarietà verso gli haitiani e i rifugiati di Likouala come offerta per questa Quaresima. Per quanto riguarda i rifugiati si tratta di circa 25 mila persone in fuga dal nord-ovest della Repubblica Democratica del Congo - teatro di violenze interetniche - e che stanno ricevendo aiuti dalla Caritas. L’appello ai fedeli è alla generosità per queste persone bisognose. (T.C.)

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    In Ghana la riunione del Comitato permanente del Simposio dei vescovi africani

    ◊   Si terrà da domani al 3 marzo ad Accra, in Ghana, la riunione del Comitato permanente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam). Secondo un comunicato inviato all’agenzia Fides, i lavori della riunione saranno incentrati su: valutazione dell’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi che si è tenuta in Vaticano lo scorso ottobre e preparazione della prossima Assemblea plenaria del Secam, che si terrà ad Accra dal 26 luglio e al 2 agosto. L’Assemblea plenaria del Secam avrà per titolo “Il Secam 40 anni dopo: autonomia e prospettiva per la Chiesa in Africa”. L’incontro verrà preceduto da una Messa nella cattedrale dello Spirito Santo di Accra, domenica prossima, con la quale si inizieranno le celebrazioni per i 40 anni del Secam. Il Simposio venne costituito nel 1969 nella capitale dell’Uganda, Kampala. Il Comitato permanente dovrà anche decidere il futuro del progetto per la buona governance del Simposio, che è stato adottato tre anni fa. Il progetto della durata di tre anni e dal costo di un milione di euro, è stato aiutato da "Misereor", l’agenzia per lo sviluppo della Conferenza episcopale della Germania. Il Comitato permanente del Secam comprende il cardinale Policarpe Pengo, arcivescovo di Dar- Es-Salaam, in Tanzania, presidente del Simposio, il Tesoriere del Simposio e un rappresentate per ognuna delle nove regioni del Secam. (R.P.)

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    Ginevra: esperti ed ex condannati lanciano la campagna contro la pena di morte

    ◊   Una moratoria universale della pena di morte; la proposta è emersa con forza nel corso del IV Congresso mondiale contro la pena capitale, che si chiude oggi a Ginevra. Al termine dei lavori sarà infatti adottata una “dichiarazione” che verrà consegnata all’Alto commissario Onu per i Diritti umani, Navi Pillay. Per l’occasione, diversi esperti hanno messo a punto strategie per convincere i 58 Paesi che applicano ancora la pena capitale ad accettare una moratoria: per molti bisogna affidare questo compito alle persone giuste e soprattutto è necessario diffondere più immagini e informazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica. Ma nel corso della tre giorni animata da dibattiti e tavole rotonde sono emerse soprattutto le testimonianze di ex-condannati scampati al “braccio della morte”. “La pressione internazionale sta crescendo, possiamo essere ottimisti su una moratoria universale come prima tappa verso l’abolizione” ha detto alla Misna, Joaquim José Martinez, condannato nel 1997 in Florida ma in seguito riconosciuto innocente e liberato nel 2001. “La nostra battaglia va fatta Paese dopo Paese” ha poi sottolineato l’ex-ministro della Giustizia francese, Robert Badinter, secondo il quale in nessun posto al mondo la pena di morte rappresenta davvero un deterrente contro la criminalità. Diversi attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani hanno invece dato voce alle “categorie più vulnerabili, i minorenni e i malati mentali”: dal Sudan all’Iran, dove la maggiore età è fissata a nove anni per le femmine e a 15 per i maschi, le esecuzioni di minorenni sono frequenti anche per chi è coinvolto nel traffico di droga. Altre categorie vulnerabili sono gli immigrati e i gruppi sociali più poveri. “Nei Paesi del Golfo gli immigrati giunti dall’Asia e dall’Africa per lavorare rappresentano ormai il 30% della popolazione e il 50% dei condannati a morte” ha ricordato Nabeel Rajab, presidente del “Centro per la difesa dei diritti umani” del Bahrein, sottolineando “la loro vulnerabilità in mancanza di assistenza diplomatica da parte del Paese di origine, di sostegno politico, economico e giuridico”. Dagli Stati-Uniti al Pakistan, l’origine etnica e la mancanza di risorse economiche per difendersi sono indicati da avvocati e rappresentanti della società civile come “aggravanti che avvicinano la condanna a morte”. (M.G.)

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    I vescovi del sud-est Europa a colloquio col premier moldavo sul ruolo della Chiesa

    ◊   “Come un Paese per il fatto di essere piccolo o grande non è più o meno importante, così una Chiesa minoritaria non è meno importante”, con questa espressione il Primo Ministro moldavo Vlad Filat ha introdotto, questa mattina, il colloquio con i rappresentanti delle Conferenze Episcopali del Sud Est Europa, riunitesi da oggi e fino a domenica a Chisinau in Moldova. Il Primo Ministro - riferisce l'agenzia Sir - ha accolto nella sede del Governo la rappresentanza cattolica ed ha espresso chiara manifestazione di intenti e collaborazione: ”Siamo coscienti del lavoro che dobbiamo fare e speriamo che la Chiesa si impegni nel sostegno alla formazione di un popolo che abbia alla sua base i migliori principi morali sui quali costruire la nuova società”. “I problemi in Moldova sono numerosi - ha continuato il Primo Ministro – però all’origine di tutti questi problemi c’è la crisi morale. Per questo dobbiamo tornare alla radice dei problemi. Soltanto sapendo da dove veniamo, sapremo dove andremo. La Chiesa deve giocare un ruolo decisivo nel cammino della Moldova verso l’Europa”. Il vescovo di Chisinau, mons. Anton Cosa, ha rivolto un saluto al primo ministro presentando i partecipanti e ribadendo l’impegno della Chiesa al servizio del popolo moldavo: “ci sentiamo parte viva di questa terra per la quale ogni giorno spendiamo le nostre risorse di fede e di carità perché il popolo moldavo possa crescere e ritrovare, nella solidarietà del mondo cattolico, motivo di grande speranza. La Chiesa, attraverso le sue strutture, continuerà a realizzare quanto necessario perché si superi ogni situazione di disagio sociale”. Il nunzio apostolico nella Repubblica Moldova, mons. Francisco-Javier Lozano, ha portato il saluto del Santo Padre, assicurando la vicinanza della Chiesa cattolica al popolo moldavo e auspicando il sostegno della Santa Sede nel cammino della Moldavia verso la piena integrazione in Europa. Infine il cardinale Vinko Puljic ha richiamato l’importanza della libertà religiosa e della libertà di coscienza dicendo che “là dove i politici hanno una strategia per promuovere questa libertà, la Chiesa appoggerà tutte le buone iniziative”. “Diritti e doveri delle minoranze cattoliche nei Paesi del Sud-Est Europa”: questo il filo conduttore dell’Incontro al quale sono presenti rappresentanti di: Albania, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Cipro, Grecia, Moldavia, Romania, la Conferenza Episcopale Internazionale Ss. Cirillo e Metodio e la Turchia. (R.P.)

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    La Chiesa filippina contro la distribuzione di preservativi: non frena l'Aids

    ◊   “Per contrastare l’aumento dei casi di Aids nel Paese occorre bandire la prostituzione e il sesso libero e non sponsorizzare l’utilizzo dei preservativi”, così mons. Oscar Cruz, arcivescovo di Lingayen-Dagupan commenta l’ultima provocazione del governo che incurante delle proteste di vescovi e cattolici, il 14 febbraio ha distribuito gratis preservativi nei quartieri di Manila. Secondo quanto riferisce Asia News, Esperanza Cabral, responsabile del dipartimento di salute, vede nell’opposizione della Chiesa al condom la causa principale della diffusione della malattia e dice che non fermerà il programma di distribuzione. Dal canto loro i vescovi, che da tempo criticano la promozione del preservativo tra la popolazione, chiedono le sue dimissioni. A differenza del governo, i cattolici propongono l’astinenza dei rapporti e la sacralità della sessualità come soluzione più efficace al contagio da Aids.  “La Cabral – afferma ancora mons. Cruz - sta costringendo la Chiesa al silenzio ed è curioso che il governo consenta l’apertura di alberghi a ore e case di appuntamenti che sono uno dei principali luoghi di diffusione della malattia”.   Nel 2007 il tasso di riconoscimento dell’Aids è stato di una persona al giorno e nel 2009 la media giornaliera aumentata a due. Negli ultimi due mesi la malattia è stata riscontrata in quattro individui ogni giorno. Nonostante l’incremento, le Filippine sono però il Paese dell’Asia con il minor numero di malati di Aids. A tutt’oggi risiedono nel Paese circa 4.400 malati di Aids-Hiv a fronte di una popolazione di 90 milioni di persone. Antonio Rymundo, direttore del dipartimento di patologie cliniche presso l’ospedale dell’Università cattolica di Santo Tomas, afferma: “L’aumento dei malati non è indice di un’epidemia di Aids e la distribuzione del preservativo non può risolvere il problema”. (M.G.)

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    L'Unione Europea invia nuovi aiuti per 100mila rifugiati a Mindanao

    ◊   Nella regione di Mindanao a maggioranza musulmana, oltre 100mila persone vivono ancora in campi profughi, centri di raccolta e famiglie. Ciò a due anni dalla ripresa del conflitto tra Moro Islamic Liberation Front (Milf) ed esercito filippino. È quanto afferma in un rapporto la delegazione dell’Unione europea (Ue) nelle Filippine, che ieri ha stanziato circa 5milioni di euro in aiuti umanitari per la popolazione rifugiata. “Questa nuova assistenza continuerà il nostro aiuto ai profughi con cibo, vestiti, beni di prima necessità e assistenza alle comunità che hanno accolto i rifugiati”, afferma Alistair MacDonald , ambasciatore dell’Ue nelle Filippine. Il programma includerà anche corsi scolastici e aiuto psicologico per bambini e giovani vittime della guerra. MacDonald - riferisce l'agenzia AsiaNews - sottolinea che lo scopo del finanziamento è aiutare la popolazione a fare ritorno nelle proprie case e ricreare una vita normale, quando le condizioni di sicurezza lo permetteranno. Le prime province a ricevere i nuovi finanziamenti saranno: Maguindanao, North Cotabato, Lanao del Sur e Lanao del Norte. Dal 2008 a oggi l’Unione europea ha donato oltre 17,5 milioni di euro in aiuti destinati ai profughi vittime delle guerra. La regione a maggioranza musulmana di Mindanao è da oltre 40 anni teatro di un conflitto tra esercito filippino e gruppi estremisti islamici. Essi reclamano da secoli il dominio dell’isola per istituire uno Stato islamico indipendente. Dopo circa 10 anni di tregua gli scontri sono ripresi nell’agosto 2008, causando oltre 750mila profughi tra cristiani e musulmani. In questi anni Chiesa cattolica e organizzazioni islamiche, quali il Forum dei vescovi e degli ulema ( Bishop Ulema Forum), continuano a proporre da anni una via per il dialogo. Nel settembre 2009 a Kuala Lumpur in Malaysia, Milf e governo filippino hanno riaperto le trattative per la fine del conflitto. Il prossimo incontro tre le parti è previsto per domani a Cotabato. (R.P.)

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    Cina: consacrate due chiese nel distretto di Wei Xian

    ◊   “Abbiamo consacrato la chiesa fatta con il materiale da costruzione, che è tempio di Dio. Ora dobbiamo costruire il tempio di Dio anche nel nostro cuore, per poter testimoniare Gesù”. Sono le parole del delegato del vescovo che ha presieduto la consacrazione della nuova chiesa del distretto di Wei Xian, nella diocesi di Han Dan, nella provincia dell’He Bei, celebrata il 23 febbraio scorso. Secondo le notizie inviate all’agenzia Fides, una trentina di sacerdoti, tante religiose della Congregazione di Madre di Dio di Da Ming e della Congregazione dello Spirito Santo Consolatore hanno condiviso questo momento di preghiera e di gioia insieme a centinaia di fedeli locali. Due giorni prima, il 20 febbraio, la comunità cattolica della diocesi di Han Dan aveva potuto rallegrarsi per la consacrazione di un’altra chiesa, a servizio della comunità del villaggio di Jian Zhuang. Questa chiesa era in costruzione da 10 anni, ma per mancanza di fondi non si riuscivano a terminare gli ultimi lavori e a realizzare la decorazione. Oggi i fedeli locali hanno raccolto i fondi e finalmente hanno potuto vedere la nuova casa del Signore nella sua bellezza. Quindici sacerdoti hanno concelebrato la Messa per la solenne consacrazione presieduta dal vescovo, decine di religiose e centinaia di fedeli vi hanno preso parte. (R.P.)

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    Messico: 100mila fedeli a Guadalupe per il pellegrinaggio più numeroso della storia

    ◊   Circa 100mila fedeli della diocesi di Toluca, in Messico, hanno raggiunto la Basilica di Guadalupe. Quello che viene considerato il più numeroso pellegrinaggio della storia è arrivato al colle del Tepeyac, dopo tre giorni intensi di cammino, all’alba di mercoledì 24 febbraio. Fede, devozione e amore hanno animato i pellegrini giunti anche da molte comunità della diocesi di Atlacomulco e, per la prima volta, dalla nuova arcidiocesi di Tenancingo. Secondo quanto riferisce la Fides, l'ultima parte del percorso ha avuto come punto di partenza la comunità di Cuajimalpa: la marcia è iniziata verso le ore 22 di martedì 23 febbraio per giungere alle porte della Basilica alle 6 del mattino di mercoledì 23. Durante la giornata di arrivo, i pellegrini si sono riposati nelle vicinanze del Santuario di Guadalupe per partecipare poi l’indomani mattina alla Santa Messa presieduta dal vescovo della diocesi di Toluca, mons. Francisco Javier Chavolla Ramos. In questa celebrazione, i pellegrini hanno chiesto l'intercessione della Vergine di Guadalupe per ottenere la benedizione di Dio sulle opere diocesane, sulla missione permanente e sulla vita dei singoli fedeli. (M.G.)

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    Agorà dei giovani del Mediterraneo: in nord Africa per costruire ponti di dialogo

    ◊   E’ cominciato ieri, con l’arrivo a Tunisi, il viaggio della delegazione dell'Agorá dei giovani del Mediterraneo in Tunisia ed Egitto. Scopo dell’iniziativa, spiega all'agenzia Sir, don Francesco Pierpaoli, direttore del centro "Giovanni Paolo II" di Loreto, e capo della delegazione composta da 8 persone, “è creare un incontro tra i cristiani dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, per incrementare il dialogo ecumenico e interreligioso e creare opportunità di scambio. In Tunisia ed Egitto, la presenza della Chiesa, per quanto minoritaria, é significativa e vivace. Il nostro obiettivo è, dunque, costruire ponti ed aprire nuove finestre di dialogo”. Ad accogliere la delegazione, a Tunisi, è stato padre Jawad Alamat, direttore nazionale delle Pontificie opere missionarie tunisine: “i musulmani di qui – ha dichiarato al Sir padre Alamat - ci dimostrano tolleranza e solidarietà. Purtroppo si registra anche un certo fondamentalismo, emerso specialmente dopo la Guerra nel Golfo, conseguente agli attacchi dell’11 settembre 2001”. Oggi la delegazione si recherà a Cartagine, sui passi di sant’Agostino: “non possiamo dimenticare che il cristianesimo del Nord Africa ha dato molto alla Chiesa antica – conclude don Pierpaoli - e le nostre radici arrivano anche da questi luoghi, nonostante oggi siano abitati da una popolazione a maggioranza musulmana". Il viaggio si concluderà il 6 marzo prossimo. (R.P.)

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    La Caritas portoghese in prima linea contro la povertà

    ◊   Scoprire nuove forme d’intervento per mettere a fuoco e sradicare i fattori che maggiormente hanno contribuito all'estensione e alla complessità della povertà. È questo l’obiettivo delle giornate nazionali dalla Caritas portoghese, dedicate all’Anno europeo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, tenutesi il 24 e 25 febbraio a Setúbal. Nel corso della due giorni gli organizzatori hanno riflettuto in particolare sulla responsabilità individuale e collettiva dei cittadini, per dare impulso ad azioni concrete e nuovo vigore al fronte che si batte per avere più giustizia sociale e più solidarietà. "Al di là dell'indispensabile volontà politica e dell'adempimento responsabile dei doveri della cittadinanza - si legge in un comunicato della Caritas ripreso dall’Osservatore Romano - la complessità che, sempre di più, riveste qualsiasi strategia di lotta alla povertà e all'esclusione sociale esige molta creatività". Le due giornate di riflessione organizzate a Setúbal, intitolate “Lotta alla povertà e all'esclusione sociale attraverso cammini di innovazione sociale”, vogliono essere “un contributo che rafforzi il contrasto alle ingiustizie e alle disuguaglianze sociali che avrà quest'anno in ambito europeo una particolare rilevanza”. In Portogallo il 18% della popolazione è a rischio povertà, una cifra certamente elevata che impone uno sforzo collettivo per ridurne i livelli. La crisi economica scoppiata nel 2009 ha allargato la platea delle persone bisognose di aiuto coinvolgendo anche il ceto medio. La Caritas diocesana di Setúbal segnala di aver risposto, solo l'anno scorso, a oltre mille richieste di assistenza fornendo in molti casi un sostegno economico per pagare le bollette o comprare le medicine. “Dobbiamo essere capaci - spiega infine Edmundo Martinho, presidente dell'Istituto di sicurezza sociale e coordinatore nazionale dell'Anno europeo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale - di assicurare che i nostri bambini crescano in ambienti familiari liberi da privazioni, di garantire ai nostri anziani condizioni di vita degne, di rendere possibile l'accesso ai servizi sociali di qualità a tutti i cittadini, soprattutto ai più vulnerabili, di dimostrare che la povertà e l'esclusione sociale non sono compatibili con un Paese libero e democratico”. (M.G.)

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    Convegno a Trento sull’insegnamento di Chiara Lubich

    ◊   “Chiara Lubich da Trento al mondo: l’impatto di una storia”, è titolo del convegno, che si chiude oggi a Trento, dedicato alla fondatrice del Movimento dei Focolari a due anni dalla sua scomparsa. L’evento, organizzato dall’Università di Trento, vede la partecipazione di studiosi di vari Paesi che hanno tratteggiato la figura di Chiara Lubich prendendo in esame i suoi aspetti spirituali, sociali e culturali. “La spiritualità del Movimento dei Focolari si snoda a partire dalla scoperta di Dio come amore, che spinge all’amore verso tutti - rivela la sociologa brasiliana, Vera Araujo - e genera l’unità, che dà come frutto la pace”. Non una pace che è assenza di conflitti, ma il loro superamento attraverso un’azione positiva, creatrice di armonia, ispiratrice di rispetto della dignità altrui, della diversità e molteplicità. E’ la cosiddetta arte di amare, un impegno che richiede l’assunzione delle sofferenze e delle fatiche del vivere umano sul modello cristiano di Gesù abbandonato e crocifisso. “Il primato di tale dono di sé – continua Luigi Alice, professore di Filosofia ordinaria dell’Università di Macerata – esprime il mistero della comunione trinitaria, che riqualifica l’amore umano”. “Formata nella scuola cristiano-sociale ed influenzata dall’ambiente socialista umanitario e familiare, la Lubich ha forgiato un impegno a promuovere – conferma Andrea Leonardi, storico dell’Università di Trento – la felicità di ogni persona che non può essere disgiunta dalla giustizia sociale”. In campo massmediatico – attesta il giornalista Giancarlo Zizzola – ecco l’adozione delle nuove tecniche comunicative come strumento di comunicazione costante di tutto a tutti e di condivisione del bene. In campo pedagogico, la proposta di un’educazione che promuova l’individuo e la comunità; in campo economico ecco come l’economia di comunione rappresenti – secondo Luigi Bruni, economista dell’Università di Milano Bicocca – un paradigma in controtendenza dell’agire economico, in grado di porre al centro le relazioni interpersonali. Insomma emerge in tutti i campi, compreso quello politico, artistico, interreligioso ed interculturale, oltre che scientifico, l’insistente necessaria realizzazione della formazione di uomini nuovi, forgiati dall’amore e capace di trasformare ogni ambito dell’umano. (Da Trento, Mariangela Brunet)

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    Ad Ostia un Parco dedicato alla memoria del vescovo Clemente Riva

    ◊   Un’area verde di Ostia è stata intitolata alla memoria del vescovo rosminiano Clemente Riva, apostolo del dialogo ecumenico e interreligioso. E’ quanto stabilito dal Comune di Roma, che ha accolto la proposta lanciata il 28 marzo del 2009 nell’ambito del Convegno organizzato a dieci anni dalla morte di Mons. Riva nella parrocchia lidense di Santa Monica. Il Parco “Clemente Riva” avrà sede fra via delle Baleniere, via delle Molucche e via Isole Salomone ad Ostia. Mons. Riva fu l’inventore dell’annuale “Giornata di riflessione” giudaico-cristiana e il tessitore che condusse nel 1986 allo storico abbraccio tra il rabbino capo Elio Toaff e Giovanni Paolo II nella Sinagoga di Roma. A lungo vescovo ausiliare di Roma per il settore sud, mons. Riva è stato curatore delle opere rosminiane. In occasione della morte del presule, avvenuta il , inviò al cardinale vicario Ruini un messaggio in cui sottolineava “la profonda spiritualità, animata dal carisma rosminiano, lo slancio nell’evangelizzazione ed il generoso impegno pastorale profuso, particolarmente nel dialogo inter-religioso e con il mondo della cultura, che hanno contraddistinto il ministero episcopale” di mons. Riva. Anche la comunità di Roma espresse il suo profondo cordoglio: l'ex di Roma, , si recò alla camera ardente per rendergli l’ultimo omaggio. (A.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuovo duro attacco dei talebani nel cuore di Kabul: almeno 17 morti

    ◊   Nuovo attacco dei talebani nel cuore della capitale afghana Kabul: un commando di almeno otto assalitori - cinque i kamikaze secondo i talebani, tre per la polizia - ha preso di mira un'area frequentata da stranieri che ospita diversi hotel, tra cui il Safi Landmark Hotel, la Park Residence Guesthouse, dove si trovava l'italiano Pietro Antonio Colazzo, e l'Hamid Hotel. Si parla di almeno 17 morti: tra questi, dieci indiani, un francese e appunto un funzionario italiano della presidenza del Consiglio. La dinamica dell'assalto resta incerta: il commando è entrato in azione verso le 6.30 (le 3 italiane) quando le strade erano deserte anche per la festività islamica del venerdì, che quest'anno coincide con le celebrazioni del Mulud, il genetliaco del profeta Maometto. I talebani avevano sferrato un poderoso attacco il 18 gennaio scorso, mentre il presidente Karzai si apprestava ad officiare il giuramento di 14 dei 25 ministri del futuro governo. Sui motivi che hanno spinto i kamikaze a colpire stamane una zona frequentata da stranieri, Giada Aquilino ha intervistato il prof. Marco Lombardi, coordinatore delle attività in Afghanistan dell’Università Cattolica di Milano, appena rientrato da Herat:

    R. – Sicuramente possiamo fare una prima ipotesi che riguarda l’interesse a colpire gli stranieri che sempre di più partecipano ad attività di cooperazione in Afghanistan. Dall’altra è, però, opportuno chiarire rispetto a questo specifico attentato che il target indiano sembra emergere con una certa decisione per quanto riguardo almeno i feriti ed i morti. Dobbiamo ricordare che l’Afghanistan sta diventando un teatro particolare di un vecchio scontro, quello cioè tra Pakistan e India. Queste sono giornate in cui stanno ricominciando alcuni colloqui; c'è una situazione in cui Afghanistan e Kashmir trovano nuove connessioni, in cui i territori del nord pachistano ed el Fatah sono sempre più vicini agli insorti afghani.

     
    D. – Quindi, da una parte collegamenti con gli equilibri dell’area asiatica, dall’altra si parla anche di sparatorie sul terreno a Kabul con un italiano ucciso. Qual è la linea dei ribelli?

     
    R. – Sicuramente l’interesse dei ribelli è quello di avere un Afghanistan destabilizzato e lo è in questo momento. Questo riconduce alle tensioni dell’area perché ho citato l’India e il Pakistan come probabilmente attori di scontro in quest’area, ma se ci spostiamo ad est e quindi andiamo ad Herat, forse un'eguale instabilità è favorita dal vicino iraniano, che teme il collegamento ad est degli americani, che stanno per aprire un consolato.

     
    D. – Lei è appena tornato da Herat, che progetti ha l’Università Cattolica di Milano in Afghanistan?

     
    R. – Abbiamo sottoscritto un Protocollo di intesa tra Università Cattolica ed Herat University, avviando un corso annuale sullo sviluppo e mettendo al centro donne e famiglie come motori di sviluppo nel nuovo Afghanistan. Accanto a questo partiranno poi alcuni interventi richiesti dalla Provincia di Herat, che sono di supporto alla Facoltà di giornalismo ad Herat e alle insegnanti donne nel mondo della scuola pubblica afghana.

     
    Siria - Ahmadinejad
    Il leader del movimento sciita libanese anti-israeliano Hezbollah, Hassan Nasrallah, si è recato a Damasco per incontrare il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. Lo riferisce stamani l'agenzia di stampa ufficiale siriana Sana. L'agenzia, che pubblica una foto di Nasrallah mentre conversa con Ahmadinejad e il presidente siriano Bashar al Assad, precisa che Nasrallah, a capo di una folta delegazione del suo partito, è stato invitato ieri sera alla cena d'onore organizzata dallo stesso Assad in occasione della visita ufficiale di Ahmadinejad a Damasco. All'incontro hanno partecipato anche i ministri degli esteri di Siria, Walid al Muallim, e di Iran, Manuchehr Mottaki. Sin dalla sua nascita nella metà degli anni '80, Hezbollah mantiene strettissimi legami politici, economici e ideologici con la Repubblica islamica. Secondo fonti di stampa straniere, durante la sua breve visita a Damasco, Ahmadinejad ha ieri incontrato anche i leader in esilio in Siria di Hamas e Jihad islamica.

    Turchia - arresti presunto golpe
    Il premier turco Tayyip Erdogan ha lanciato oggi un monito alle forze armate affermando che “nessuno è al di sopra della legge”. La dichiarazione di Erdogan è venuta a poche ore dall'annuncio dell'arresto, stamani, di altri 18 alti gradi militari accusati di complotto contro lo Stato. Diventano così 31 i militari arrestati con l’accusa di aver complottato nel 2003 per rovesciare il governo turco del partito di radici islamiche "Giustizia e Sviluppo" (Akp).

    Italia - evasione fiscale
    Nuova operazione in Italia dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza per recuperare grosse somme di danaro scovate nei cosiddetti “paradisi fiscali” e sottratte alle tasche degli italiani. L'operazione degli investigatori del Fisco sta interessando oltre 2.000 contribuenti italiani che hanno trasferito all'estero tra il 2007 ed il 2008 oltre 2 miliardi di euro. “Le persone sotto inchiesta sono fortemente sospettate - riferiscono le Fiamme Gialle e l'Agenzia delle Entrate - di aver evaso e trasferito l'ingente bottino: pesanti le conseguenze per coloro che non saranno in grado di dimostrare la regolarità delle operazioni scoperte”. Le indagini in corso nei confronti dei soggetti che risultano più pericolosi per il fisco sono condotte - riferisce una nota - congiuntamente dai Reparti Speciali della Guardia di Finanza e dalla nuova Task Force contro l'evasione fiscale internazionale dell'Agenzia delle Entrate. La maggior parte dei soggetti sottoposti ad accertamenti sono residenti in Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. Unica Regione virtuosa, secondo quanto risulta dalle indagini in corso da parte dell'amministrazione fiscale, è la Val d'Aosta.

    Italia - inchiesta riciclaggio
    L'operazione del Ros è scattata nelle prime ore di questa mattina, nel quartiere Collina Fleming, dove i carabinieri hanno trovato il magazzino all'interno del quale era custodito quello che si ritiene sia solo “un primo tesoretto” dell'organizzazione capeggiata da Mokbel e responsabile, secondo l'accusa, del riciclaggio di ingentissimi capitali illegali. Si tratta, spiegano gli investigatori, di migliaia di dipinti di alto valore, serigrafie, litografie e decine di sculture: opere d'arte nelle quali la presunta associazione per delinquere reimpiegava parte degli enormi cespiti illegalmente acquisiti. Sono opere di importanti artisti contemporanei e moderni tra cui spiccano i nomi di De Chirico, Capogrossi, Tamburri, Schifano, Borghese, Palma, Clerici e Messina. Le opere d'arte sono ora all'esame degli specialisti del Comando Tutela patrimonio culturale dell'Arma.

    Processo Mills - prescrizione del reato
    La prescrizione del reato ha salvato l'avvocato inglese David Mills dalla condanna a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari. Lo hanno deciso ieri - dopo quattro ore e mezzo di intensa camera di consiglio – le Sezioni Unite penali della Cassazione. Ma l'annullamento senza rinvio del verdetto emesso dalla Corte di Appello di Milano, lo scorso 27 ottobre, non ha travolto la condanna al risarcimento in favore di Palazzo Chigi, liquidato in 250 mila euro. Mills, infatti, non è stato prosciolto nel merito - così come chiesto dal sostituto procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani - e, per questo, dovrà rifondere “il danno all'immagine” subito dalla Presidenza del Consiglio per l'intralcio al corretto funzionamento della giustizia prodotto dalle testimonianze reticenti fornite nei processi "All Iberian" e "Tangenti alla Guardia di Finanza". Il processo 'gemello' nel quale è imputato, per la stessa vicenda, il premier Silvio Berlusconi, riprenderà sabato innanzi al Tribunale di Milano.

    A marzo, Papandreu alla Casa Bianca
    Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha chiamato il premier greco Giorgio Papandreou invitandolo alla Casa Bianca, e il governo di Atene giudica “importante” l'iniziativa di Washington “nella difficile congiuntura in cui si trova la Grecia”. Secondo quanto rendono noto fonti governative, il programma della visita, che si svolgerà il 9 marzo, avrà al centro temi di politica internazionale, dalla Turchia a Cipro sino alla Macedonia. Ma le fonti sottolineano soprattutto “l'appoggio politico” che l'invito sottintende. Appoggio in un momento in cui la Grecia è travolta dalla crisi. Il portavoce del governo Giorgio Petalotis ha detto che “nella difficile congiuntura in cui si trova la Grecia, questo contatto internazionale è molto importante”. E il quotidiano socialista Ethnos titola “Appoggio politico di Obama a Papandreou e al suo governo”.

    Strage alla moschea di Timbuctu
    È salito a 24 morti il bilancio di una ressa nei dintorni della moschea di Djinbereguer, a Timbuctu, nel Mali. Lo affermano fonti della polizia e dell'ospedale, che hanno anche parlato di almeno 55 feriti. La strage è avvenuta su uno stretto sentiero che portava nella moschea più grande della città. I fedeli si erano riuniti in quella zona per la festa del Mouloud, l'annuale anniversario della nascita alla Mecca, nel 570, del profeta Maometto. “Qualcuno ha gridato: 'c'è un morto', ed è scoppiato il panico”, ha detto un responsabile del Comune che ha chiesto l'anonimato.

    Obama - riforma sanitaria
    Sono pronto ad andare avanti anche da solo: sono parole del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a conclusione del vertice bipartisan sulla Sanità, convocato da lui e svoltosi ieri alla Casa Bianca. Un dibattito intenso, con tanti momenti di tensione, seguito in diretta tv da milioni di americani. Il servizio è di Elena Molinari:

    Non so se le nostre differenze potranno essere colmate: Barack Obama ha chiuso così, con una nota di pessimismo, l’incontro, convocato ieri, per cercare un compromesso con i repubblicani sulla riforma sanitaria. Negli animati scambi di battute, democratici e repubblicani sono apparsi inamovibili nelle loro posizioni, nonostante la richiesta di Obama di cercare un terreno comune. “Sulla sanità abbiamo un’idea migliore della vostra”, ha esordito Lamar Alexander, senatore conservatore del Tennessee, che è stato protagonista di un vero e proprio battibecco con Obama. Il presidente ha avuto un intenso scambio di opinioni anche con John McCain, suo ex rivale alle presidenziali, e di fronte al muro dell’opposizione il presidente Usa starebbe già pensando a ridimensionare drasticamente la sua riforma della sanità, pur di non vederla fallire. Il "piano B" di Obama estenderebbe copertura assicurativa a soli altri 15 milioni di cittadini, un terzo rispetto ai 46 milioni del testo originario ormai abbandonato, insieme all’idea di creare una sorta di assicurazione sanitaria pubblica.

     
    Nuova condanna agli arresti domiciliari per Aung San Suu Kyi
    La corte suprema del Myanmar ha confermato la condanna a 18 mesi di arresti domiciliari per la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, accusata di aver ospitato illegalmente un cittadino americano. Per questo motivo, il premio Nobel per la pace non potrà partecipare alle elezioni annunciate dal regime per il prossimo mese di ottobre. La comunità internazionale guarda con preoccupazione all’appuntamento elettorale, ma proseguirà nella mediazione con la giunta militare al potere. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Piero Fassino, inviato speciale dell’Unione Europea per la Birmania:

    R. – In questi ultimi mesi c’è stato una forte accelerazione dell’iniziativa della Comunità internazionale. Gli americani hanno messo in campo una strategia di colloqui con Paesi asiatici importanti come l’Indonesia, la Thailandia, il Vietnam, che è il presidente dell’Asean, la stessa Cina. Hanno rafforzato l'iniziativa in questa direzione. L’Unione Europea si muove nello stesso senso e io stesso sto preparando la mia visita in Myanmar nei prossimi mesi, così da avere in loco tutti i colloqui e gli incontri necessari per verificare se sia praticabile una strategia, che consenta alle elezioni del 2010 di essere il passaggio ad una nuova fase. La stessa Aung San Suu Kyi ha assunto negli ultimi mesi un atteggiamento molto pragmatico, reso esplicito dalla lettera che Aung San Suu Kyi ha inviato a Than Shwe, il generale che guida la Giunta birmana, dicendosi disposta a collaborare con le autorità al potere affinché si apra un dialogo vero, effettivo, concreto e si possa andare ad elezioni che siano credibili, trasparenti ed effettivamente democratiche. È questo, quindi, il fronte sui cui bisogna continuare a lavorare. Naturalmente la sentenza di oggi, che – ripeto – era scontata, non aiuta e non facilita questo lavoro.

     
    Nucleare nord coreano - missione Usa nella regione
    Stati Uniti e Corea del Sud sono convinti che i colloqui a Sei sul nucleare nordcoreano “alla fine riprenderanno”, anche se al momento non è possibile fissare una scadenza precisa. È quanto ha detto a Seul Steven Bosworth, il responsabile statunitense per le questioni nordcoreane, al termine della visita in Corea del Sud, seconda tappa dopo Pechino della missione asiatica che lo porterà nel pomeriggio a Tokyo. L'inviato americano ha ribadito la posizione di Washington in merito alla questione del trattato di pace tra le due Coree, tecnicamente ancora in stato di guerra dopo il conflitto del 1950-53, sul quale si potrà discutere “solo dopo il ritorno di Pyongyang al tavolo dei negoziati per la denuclearizzazione della penisola”. Nella tappa in terra cinese, Bosworth ha incontrato il rappresentante di Pechino per gli affari della penisola coreana, Wu Dawei, con il quale ha convenuto sulla necessità di rafforzare l'impegno in vista della ripresa dei colloqui a Sei (che coinvolgono le due Coree, Cina, Russia, Usa e Giappone), fermi dalla fine del 2008. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 57

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