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Sommario del 24/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il dolore del Papa per i cristiani uccisi a Mossul. L'arcivescovo Casmoussa: fallite le promesse sulla sicurezza
  • Giornata della penitenza agli esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano: la lotta della preghiera per vincere i dubbi della fede
  • La schiavitù del denaro ha origine nel cuore: così Benedetto XVI nel Messaggio per la Campagna di fraternità in Brasile
  • Mons. Migliore: le potenze nucleari abbiano il coraggio del disarmo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I vescovi della Costa d'Avorio: popolazione presa in ostaggio dai politici
  • Documento Cei per un Paese solidale: spezzare il legame tra mafia e politica che paralizza il Sud
  • L'Onu: in aumento la vendita sul web e l'uso tra i giovani di stimolanti e tranquillanti
  • Da 90 anni la Vergine di Loreto Patrona dell'aviazione civile e dell'aeronautica militare
  • Chiesa e Società

  • India: "I giovani per la pace e l'armonia" al centro dell'Assemblea dei vescovi
  • India: per i cristiani non c'è ancora giustizia in Orissa. Chiesto l'intervento del governo
  • Violenze sui cristiani a Karachi: si lavora per riportare serenità
  • Indonesia: grazie al dialogo, la comunità cattolica ottiene nuove chiese, ospedali e centri sociali
  • Vietnam: ricordato il cardinale Pham Dinh Tung, pietra fondamentale della Chiesa
  • Il cardinale Dziwisz in visita all'Avana
  • In Colombia aumentano gli attacchi contro le popolazioni indigene
  • La Chiesa moldava ospita l'incontro degli episcopati europei
  • La Quaresima, tempo di penitenza e rinnovamento per la Chiesa irlandese
  • Al via a Ginevra la Conferenza mondiale contro la pena di morte
  • Nelle Filippine, siccità e black-out energetici causati dal fenomeno climatico "El Niño"
  • Premio Niwano per la pace all'indiana Bhatt per la sua opera in favore delle lavoratrici povere
  • Oggi l’ultimo saluto a padre Vito Misuraca, missionario tra gli orfani del Rwanda
  • Omelia del cardinale Bagnasco nel quinto anniversario della morte di don Giussani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Grecia paralizzata da uno sciopero generale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il dolore del Papa per i cristiani uccisi a Mossul. L'arcivescovo Casmoussa: fallite le promesse sulla sicurezza

    ◊   Il Papa, impegnato negli esercizi spirituali insieme ai suoi collaboratori della Curia romana, ha appreso con profondo dolore che nella zona di Mossul continuano le uccisioni di cristiani: le ultime risalgono alla giornata di ieri, con l'assassinio di tre membri di una famiglia siro-cattolica. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Benedetto XVI è vicino a quanti soffrono le conseguenze della violenza con la preghiera e l'affetto. Sulle violenze contro le minoranze e in particolare contro i cristiani, il cardinale segretario di Stato aveva richiamato l'attenzione del primo ministro Nouri Kamil Mohammed al-Maliki in una lettera inviata all'inizio dello scorso gennaio e pubblicata oggi dall’Osservatore Romano. Il porporato ricorda nella lettera l’importante visita compiuta dal premier in Vaticano nel 2008 e il suo incontro col Papa. In quell’occasione era stata espressa “la speranza comune che, attraverso il dialogo e la cooperazione fra i gruppi etnici e religiosi del suo Paese, incluse le sue minoranze, la Repubblica dell'Iraq sarebbe stata in grado di effettuare una ricostruzione morale e civile, nel pieno rispetto dell'identità propria di quei gruppi, in uno spirito di riconciliazione e alla ricerca del bene comune”. Benedetto XVI aveva esortato “al rispetto in Iraq per il diritto alla libertà di culto” chiedendo “la tutela dei cristiani e delle loro chiese”. Il premier aveva assicurato al cardinale Bertone che il Governo iracheno avrebbe considerato “molto seriamente la situazione della minoranza cristiana che vive da così tanti secoli accanto alla maggioranza musulmana, contribuendo in modo ingente al benessere economico, culturale e sociale della nazione”. Il Papa, successivamente, aveva invitato il porporato a scrivere al premier iracheno per trasmettere la sua sincera solidarietà per quanti vengono uccisi o feriti in attacchi a edifici governativi e luoghi di culto in Iraq, sia islamici sia cristiani. Il Pontefice – concludeva la lettera - “prega con fervore per la fine della violenza e chiede al Governo di fare tutto il possibile per aumentare la sicurezza intorno ai luoghi di culto in tutto il Paese”.

    Intanto, si sono svolti questa mattina in Iraq i funerali dei tre cristiani uccisi ieri a Mossul da alcuni uomini armati. Le esequie sono state celebrate, alla presenza di alcuni vescovi, sacerdoti delle diocesi irachene e tantissimi fedeli, dall’arcivescovo siro-cattolico di Mossul, Georges Casmoussa. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Per la prima volta uomini armati hanno ucciso dei cristiani nella loro casa. Le vittime sono tre uomini, il padre e due fratelli di Mazen Ishoa, sacerdote siro cattolico di Mossul rapito e poi rilasciato nel 2005. Questo triplice omicidio rappresenta il fallimento di tutte le misure promesse per garantire la sicurezza in vista delle elezioni del prossimo 7 marzo, come sottolinea ai nostri microfoni, poco dopo la conclusione del rito funebre, l’arcivescovo siro-cattolico di Mossul, Georges Casmoussa:

    R. – In every election there are some troubles ...
    In tutte le elezioni ci sono problemi, ma non al punto di uccidere la gente e in particolare i cristiani: i cristiani sono uccisi non dal punto di vista politico, ma in quanto cristiani. Noi abbiamo parlato con il governatore e ha promesso di indagare. Ieri mi ha chiamato e ha promesso che le sue forze militari sarebbero state impiegate per cercare i responsabili dell’assassinio. Ma non abbiamo ricevuto nessun riscontro.

    Dopo l’uccisione dei tre cristiani molte famiglie di Mossul stanno pensando di lasciare la città. In questa situazione drammatica, la Chiesa irachena ha annunciato diverse iniziative, come riferisce l'arcivescovo Georges Casmoussa:

    R. – We have a meeting ...
    C’è stato un incontro del Consiglio dei Vescovi di Ninive, composto da vescovi cattolici ed ortodossi, durante il quale abbiamo deciso che la prossima domenica di marzo organizzeremo nella nostra città cristiana momenti di preghiera. La domenica seguente, per protesta, non celebreremo la Messa nelle chiese della città di Mossul e daremo in questo modo un messaggio al governo.

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    Giornata della penitenza agli esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano: la lotta della preghiera per vincere i dubbi della fede

    ◊   Agli esercizi spirituali della Quaresima, che il Papa e la Curia Romana stanno vivendo in questa settimana in Vaticano, oggi è la giornata penitenziale. Il teologo salesiano, don Enrico Dal Covolo, affronta nella doppia meditazione il tema del dubbio e della tentazione e propone, simbolicamente, la figura del curato di campagna protagonista del celebre romanzo di George Bernanos. Alla lotta contro la tentazione e alle risposte che a essa sa opporre la fede, Benedetto XVI ha dedicato ampie pagine del suo Magistero. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio:00:04:09:98

    “Non fosse per la vigilante pietà di Dio, mi sembra che al primo prender coscienza di se stesso l'uomo ricadrebbe in polvere”. E’ il 1936 quando il mondo conosce i tormenti interiori del parroco d’Ambricourt, il curato di campagna partorito dalla profonda sensibilità di Bernanos. Nelle parole di questo personaggio di fiction – oggi proposto all’attenzione del Papa e dei suoi collaboratori – si percepisce l’eco della lotta interiore, del senso del limite, del bisogno di una forza più “forte” che ogni cristiano, specie se consacrato, avverte davanti alle prove che costellano l’esistenza. Sentimenti, questi, in piena sintonia col tempo della Quaresima, descritto da Benedetto XVI, all’ultimo Angelus, esattamente come un tempo di ‘agonismo’ spirituale”, da vivere imitando lo stile di Gesù nel deserto:

     
    “Cristo è venuto nel mondo per liberarci dal peccato e dal fascino ambiguo di progettare la nostra vita a prescindere da Dio. Egli l’ha fatto non con proclami altisonanti, ma lottando in prima persona contro il Tentatore, fino alla Croce. Questo esempio vale per tutti: il mondo si migliora incominciando da se stessi, cambiando, con la grazia di Dio, ciò che non va nella propria vita”. (21 febbraio 2010)

     
    E’ soprattutto in Quaresima, dunque, che la fibra cristiana comprende in che modo ritemprarsi. Le armi da impugnare, ha insistito ogni volta il Papa, sono quelle della fede: preghiera, penitenza, ascolto della Parola che salva. Sapendo, direbbe il curato di Bernanos, che anche solo “il desiderio della preghiera è già una preghiera":

     
    “La Quaresima sia, inoltre, un tempo di digiuno, di penitenza e di vigilanza su noi stessi, persuasi che la lotta al peccato non termina mai, poiché la tentazione è realtà d’ogni giorno e la fragilità e l’illusione sono esperienze di tutti. La Quaresima sia, infine, attraverso l’elemosina, occasione di sincera condivisione dei doni ricevuti con i fratelli e di attenzione ai bisogni dei più poveri e abbandonati”. (1 marzo 2006)
     
    In questa lotta quotidiana contro la fragilità, nell’aprire il cuore a chi soffre chiudendolo così agli egoismi, l’uomo intravede la strada per la redenzione alla stregua di Cristo che – spiega Benedetto XVI – passa dalle tentazioni del deserto di Giuda alla trasfigurazione del monte Tabor, come racconterà il Vangelo di domenica prossima:

     
    “La lotta di Gesù col tentatore prelude al grande duello finale della Passione, mentre la luce del suo Corpo trasfigurato anticipa la gloria della Risurrezione. Da una parte vediamo Gesù pienamente uomo, che condivide con noi persino la tentazione; dall’altra lo contempliamo Figlio di Dio, che divinizza la nostra umanità. In tal modo, potremmo dire che queste due domeniche fungono da pilastri su cui poggia tutto l’edificio della Quaresima fino alla Pasqua, ed anzi l’intera struttura della vita cristiana, che consiste essenzialmente nel dinamismo pasquale: dalla morte alla vita”. (17 febbraio 2008)

     
    E nell’orizzonte della lotta contro tutto ciò che allontana da Dio va inserita la consapevolezza del perdono. Giuda Iscariota, osservò il Papa in un’udienza generale del 2006, si autodistrusse perché disperò non credendo alla possibilità della misericordia. Scrive nel suo diario il curato di campagna: “Il peccato contro la speranza: il più mortale di tutti, e forse quello accolto meglio, il più carezzato”. Invece, afferma il Pontefice, non può sussistere dubbio sull’amore infinito di Dio per ogni persona:
     
    “E’ per noi un invito a tener sempre presente quanto dice San Benedetto: ‘Non disperare mai della misericordia divina’. (…) Gesù rispetta la nostra libertà; Gesù aspetta la nostra disponibilità al pentimento e alla conversione: è ricco di misericordia e di perdono”. (18 ottobre 2006)

     
    Una coscienza che si farà strada anche nel cuore provato del parroco di Bernanos. Accade alla fine del romanzo, quando il curato di campagna ormai morente chiede l’assoluzione all'amico sacerdote che ha perso la fede e al turbamento di questi gli replica con le parole di Santa Teresina: “Che cosa importa? Tutto è grazia".

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    La schiavitù del denaro ha origine nel cuore: così Benedetto XVI nel Messaggio per la Campagna di fraternità in Brasile

    ◊   Messaggio di Benedetto XV a sostegno della Campagna di fraternità promossa dalla Chiesa cattolica brasiliana, nel periodo quaresimale, insieme al Consiglio nazionale delle Chiese cristiane del Paese latinoamericano. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Non potete servire Dio e il denaro”, è il motto della Campagna ecumenica di fraternità 2010, in Brasile, incentrata sul tema “Economia e vita”. Apprezzamento da Benedetto XVI, nel suo Messaggio, per le Chiese e le comunità ecclesiali brasiliane, che hanno deciso quest’anno “di unire i loro sforzi per riconciliare le persone con Dio, aiutandole a liberarsi dalla schiavitù del denaro”. Quindi l’augurio di riscuotere lo stesso successo del Curato d’Ars, figura esemplare preso a modello dell’Anno Sacerdotale in corso, “che nel suo tempo seppe trasformare il cuore e la vita di tante persone, facendo sentire loro l’amore misericordioso del Signore”. Ricorda il Papa “che la schiavitù del denaro e l’ingiustizia ‘hanno origine nel cuore dell’uomo, dove si trovano i germi di una misteriosa connivenza col male”. Per questo vi incoraggio – scrive il Santo Padre - a perseverare nel testimoniare l’amore di Dio, affrontando quel ‘deserto interiore’, di cui aveva già parlato all’inizio del suo Pontificato, invitando “la Chiesa nel suo insieme…a mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza”. Conclude il Papa il suo messaggio: “noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini”, perché dove “si vede Dio, comincia veramente la vita”.

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    Mons. Migliore: le potenze nucleari abbiano il coraggio del disarmo

    ◊   L’appuntamento con il riesame del Trattato di non proliferazione nucleare (Ntp) è per il 3 maggio, all’Onu di New York, dove il segretario generale Ban Ki-moon discuterà con i grandi del mondo. Nel frattempo, in queste ore, si riunirà il Comitato per il disarmo, organo consultivo delle Nazioni Unite, presieduto dall’italiano Carlo Trezza, con il compito di elaborare le raccomandazioni in vista dell’incontro di maggio. Occorre evitare, ha sottolineato lo stesso Trezza, che si fallisca come nell’ultima Conferenza di riesame Ntp del 2005. Importante, spiega mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, è che proprio i grandi dimostrino buona volontà. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato.

    R. - Dopo tanti anni di stagnazione, dove il discorso del disarmo nucleare non ha fatto nessun progresso, abbiamo delle buone ragioni per sperare. Ragioni che provengono anche da quei Paesi che hanno più le mani in pasta in questo campo. Ovviamente il problema non è solo la non proliferazione ma anche il disarmo nucleare, perché l’arma nucleare non può essere un’arma difensiva. E’ solo un’arma distruttiva. C’è, in questo processo di negoziati, un articolo che parla dell’impegno che gli Stati nucleari, cioè i cinque Stati membri del Consiglio di sicurezza che si sono dati essi stessi il diritto di possedere l’arma nucleare. In quest’articolo loro si sono anche impegnati ad iniziare dei negoziati seri e in buona fede per arrivare al disarmo ed è importante che questo accada. Se non si mette in pratica quest’impegno tutti gli altri discorsi sulla non proliferazione, sui nuovi Stati che diventano Stati nucleari di contrabbando, diventano inefficaci. I cinque Stati nucleari, se vogliono essere credibili devono dire: “Bene, noi abbiamo promesso di cominciare questi negoziati in buona fede. Cominciamoli”. Su questa base abbiamo anche l’autorità morale di dire ad altri Paesi: “No, tu non puoi avere l'arma atomica, e imporre sanzioni”. Senza questo non c’è autorità morale.
     
    D. – Le emergenze legate alla crisi economica, le ricadute sui Paesi più poveri sono temi dei quali si sarebbe dovuto dibattere ampiamente all’Onu, eppure è mancato un approccio concreto. I governi hanno sì messo mano ai portafogli, ma per salvare le banche e non i Paesi più vulnerabili. Lei cosa ne pensa?

     
    R. – Quando parliamo all’Onu di queste cose, in questi ultimi tempi si avverte sempre di più una frammentazione culturale tale che tutti parlano di sviluppo, ma ci sono mille concetti di sviluppo. Sulle questioni di povertà e di diritti umani c’è chi non lo dice direttamente ma implicitamente: “I diritti umani li do io come Stato, sono io a determinare il contenuto, a dire a chi applicarli e a chi non applicarli”. Altri, come noi, dicono che ci sono dei diritti umani basici, che sono inerenti alla persona e che non si possono sottoporre a questo voto o a quell'altro. Ecco, c’è questa grossa frammentazione, per cui indubbiamente è vero che all’Onu si lavora alacremente su questi aspetti, però poi il risultato è la montagna che partorisce il topolino, perché c’è questa grande frammentazione culturale. Ed è proprio qui l’importanza dell’enciclica “Caritas in veritate”. Io ho visto, tra moltissimi ambasciatori di moltissime delegazioni all’Onu, come un respiro nel leggere questo documento come anche il messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale della Pace sul Creato. Parole che danno la giusta prospettiva sulla quale poter discutere, perché, come dicevo prima, c’è questo spirito che richiama alla Torre di Babele che divide invece di unire.

     
    D. – Ultimamente in un suo discorso alle Nazioni Unite lei ha sottolineato come l’eliminazione della povertà ed un dignitoso lavoro per tutti siano alla base dell’integrazione sociale. Le sembra che ci sia la giusta sensibilità da parte di chi dovrebbe favorirla?

     
    R. – Io sono partito da una constatazione che il Papa fa nell’enciclica “Caritas in veritate”: dice che la globalizzazione ci aiuta a coabitare civilmente ma non ci rende fratelli. Questo mi è sembrato un punto molto importante proprio in vista dell’integrazione, della coesione sociale di cui abbiamo bisogno oggi. Se vogliamo ottenere l’integrazione, dobbiamo mirare a diventare fratelli. “Fraternità” ha un significato molto particolare per noi cristiani ed è proprio questo il contributo che dobbiamo dare.

     
    D. – Sono annose e sempre più evidenti le difficoltà a trovare il consenso necessario alla riforma del Consiglio di sicurezza. A che punto è il dibattito?

     
    R. – In questo momento si vede che si ripetono le posizioni dei diversi Paesi, dei diversi gruppi ma non c’è ancora un vero negoziato su una formula o su due formule da mettere insieme. Una cosa è certa: che se veramente l’Onu non si affretta a riformare seriamente alcune questioni e modalità – soprattutto del Consiglio di Sicurezza – continuerà a perdere di rilevanza.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, la lettera del cardinale Tarcisio Bertone al primo ministro iracheno Nouri Al Maliki sulle violenze contro i cristiani a Mossul, e un articolo di Francesco Ricupero.

    Nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede, alle Nazioni Unite, sul tema dell’integrazione sociale.

    E la Chiesa di Pio X si sbarazzò dell’“ancien régime”: Gianpaolo Romanato sulla Santa Sede tra la fine del diritto di veto e del gallicanesimo e la nascita del Codice di diritto canonico.

    Michele Madonna recensisce il volume, a cura di Isabella Bolgiani, “La Chiesa cattolica in Italia. Normativa pattizia”.

    In meta contro l’apartheid: Gaetano Vallini sul film di Clint Eastwood “Invictus”, dedicato a Mandela e alla riconciliazione nazionale in Sud Africa.

    La rivincita dei poeti: Simonetta Bassi ricorda Papini, Garin e le inquietudini del ventesimo secolo.

    Un articolo di Roberto Genovesi dal titolo “Superman rinchiuso nella busta di un collezionista”: venduto all'asta per un milione di dollari il numero uno di “Action Comics” dedicato al supereroe.

    Liberi dalla schiavitù del denaro per riconciliarsi con Dio: nell’informazione vaticana, il messaggio del Papa per la campagna della fraternità ecumenica 2010 in Brasile.

    Intervista di Nicola Gori a padre Bernard Ardura, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura.

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    Oggi in Primo Piano



    I vescovi della Costa d'Avorio: popolazione presa in ostaggio dai politici

    ◊   I vescovi della Costa d’Avorio hanno lanciato un accorato appello al “senso di responsabilità” per porre fine alla grave crisi politica che ha colpito il Paese. I presuli hanno sottolineato con forza che i politici “non hanno il diritto di prendere in ostaggio la popolazione” e hanno chiesto ai giovani di rifiutare la “logica della violenza” non facendosi “manipolare o strumentalizzare” dai partiti. Il continuo rinvio delle elezioni, che dovevano tenersi già nel 2005, sta provocando scontri e vittime. L’opposizione denuncia frodi e brogli nella formazione delle liste elettorali. Bernard Decottignies ha intervistato il presidente della Conferenza episcopale della Costa d’Avorio, Joseph Aké:

    R. – Les leaders politiques ont le devoir d’aider à apaiser la tension. …
    I leader politici hanno il dovere di contribuire ad attenuare le tensioni affinché in Costa d’Avorio regni la fratellanza; se invece si incita la gente al disordine e alla vendetta, questo distruggerà il Paese. Noi vescovi chiediamo che i partiti diano prova di saggezza e moderazione. Come abbiamo denunciato nel nostro appello i cittadini sono presi in ostaggio, non hanno possibilità di scampo. Siamo tutti intrappolati in questa crisi. Noi diciamo ai giovani di non lasciarsi ingannare e manipolare dai partiti: li abbiamo invitati a valutare in maniera oggettiva le parole d’ordine delle varie formazioni politiche. Abbiamo chiesto loro di esaminare in maniera obiettiva ed attenta il loro impegno nei partiti, insieme alla loro opzione ideologica. In realtà, quello che manca è la formazione politica. Tutti vogliono fare politica. Ma hanno poi veramente le risorse per farlo? Hanno le capacità di lasciare da parte gli interessi particolari a vantaggio degli interessi del Paese? La situazione, oggi, è veramente confusa: solo se ci sarà un accordo potremo giungere alla pace. Allora finalmente il Paese potrà conoscere il suo sviluppo.

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    Documento Cei per un Paese solidale: spezzare il legame tra mafia e politica che paralizza il Sud

    ◊   “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” è il documento diffuso oggi dalla Conferenza Episcopale Italiana. I vescovi passano in rassegna i problemi che affliggono il Sud a partire dalla mafia, la povertà e l’immigrazione. L’appello della Cei è di rilanciare politiche di intervento soprattutto per il Mezzogiorno attraverso un’ottica solidale, spezzando il legame tra mafia e politica. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    “Il bene comune è molto più della somma del bene delle singole parti” è da questa affermazione che i vescovi italiani rilanciano la questione meridionale che continua a perdurare nonostante siano passati 20 anni dal documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno”. “La questione in sé è in realtà un modo – evidenzia il documento della Cei - per dire una parola incisiva sull’Italia di oggi” attraversata da una crisi economica che i vescovi definiscono “travagliata”. Tutti “fattori”, questi, che per la Cei “si coniugano con una trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico”. Ma attenzione, il federalismo – se non è solidale, realistico e unitario - potrebbe costituire una sconfitta per tutti perché accentuerebbe le distanze tra le diverse parti d'Italia. Urgente è l’invito a “superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti” e rilanciare “la sempre valida visione regionalistica di don Luigi Sturzo e di Aldo Moro”. Critiche arrivano dai presuli verso ogni riduzione economicistica specie se intesa unicamente come “politica delle opere pubbliche”. Di qui la necessità di “ripensare e rilanciare le politiche di intervento” a favore del Sud, per generare “iniziative di sviluppo”.

     
    Il fenomeno delle “ecomafie” e la “questione ecologica”, la “fragilità del territorio” e la “massiccia immigrazione” che ne ha fatto il “primo approdo della speranza per migliaia di immigrati”: queste le “vecchie e nuove emergenze” del Mezzogiorno, che per i vescovi può diventare un “laboratorio ecclesiale” in materia di “accoglienza, soccorso e ospitalità”, ma anche di dialogo interreligioso con immigrati e profughi. La mafia è un punto nodale di questo documento, viene definita una delle “piaghe più profonde e durature” del Sud. Un vero e proprio “cancro” che ha ramificazioni in tutto il Paese. Veleno per la vita sociale, la mente e il cuore dei giovani, “struttura di peccato”. “La criminalità organizzata – il monito dei vescovi – non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali”. "Non è possibile – aggiungono - mobilitare il Sud senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di sprigionare le proprie energie". Si denuncia così anche l’esclusione dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici, che favoriscono l'incremento della corruzione, della collusione e della concussione e il condizionamento del mercato del lavoro. Don Pino Puglisi, don Giuseppe Diana e il giudice Rosario Livatino sono gli esempi citati dai vescovi – “luminose testimonianze” per dimostrare che una strada nuova è possibile. “Bisogna osare il coraggio della speranza!” è l’invito finale del documento, caratterizzato “nonostante tutto” da “uno sguardo fiducioso”, che sappia “ricercare il bene comune senza cedere a paure ed egoismi”.

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    L'Onu: in aumento la vendita sul web e l'uso tra i giovani di stimolanti e tranquillanti

    ◊   Cyberfarmacie e droghe di sintesi, questi i due elementi centrali del rapporto 2009 pubblicato dall’Organismo internazionale per il controllo dei narcotici (Incb) dell’Onu. Di qui l’appello ai governi nazionali affinché mettano in pratica misure specifiche per arginare la pericolosa diffusione delle nuove sostanze di sintesi, come la cosiddetta droga dello stupro. Tra i dati più allarmanti: in Francia, Italia e Polonia tra il 10 e il 18% degli studenti consuma abitualmente eccitanti e tranquillanti senza alcun controllo medico. Ma quanto è esteso il fenomeno dello smercio di sostanze psicotrope su Internet? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento delle politiche antidroga della Presidenza del Consiglio.

    R. - Il fenomeno è effettivamente esteso e comporta una certa gravità non solo per le cyberfarmacie ma anche per tutta una serie di altri siti e portali che distribuiscono addirittura sostanze stupefacenti. Ormai è un business enorme.

     
    D. – Un dato anche molto preoccupante è quello del consumo di tranquillanti da parte degli studenti, addirittura si stima tra il 10 e il 18 per cento…

     
    R. – Purtroppo è così, i tranquillanti, i sedativi ipnotici, questa classe di farmaci che in qualche modo sedano le persone sono tra i più venduti al mondo in assoluto. Il ricorso, ultimamente, anche di giovani a questi farmaci spesso tra l’altro avviene in associazione, per esempio, con sostanze alcooliche o addirittura con sostanze stupefacenti.

     
    D. – Uno dei problemi è quello che riguarda le sostanze che non sono previste dalle convenzioni internazionali…

     
    R. – Intanto bisogna individuarle e non è semplicissimo perché appunto molte di queste sostanze vengono vendute sotto mentite spoglie, nel senso che vengono vendute e reclamizzate come deodoranti ambientali o come alcuni detersivi o cose di questo genere però in realtà poi l’uso che se ne fa è un uso inalatorio, respiratorio: quindi vengono fumate o addirittura vengono mangiate o vengono assunte per altre vie. Questo tipo di sostanze, che sono di sintesi e sono a volte simili ai cannabinoidi, sono di difficile individuazione perché non risultano nei cosiddetti cataloghi, negli archivi delle sostanze già censite.

     
    D. - Quali sono le motivazioni che spingono i consumatori ad acquistare questo tipo di prodotti?

     
    R. – Le motivazioni sono le più disparate. La maggior parte delle sostanze utilizzate e comprate in internet sono di tipo stimolante. Diventa difficile capire esattamente la motivazione perché comunque sono persone che hanno bisogno di utilizzare farmaci per affrontare problemi normali della vita, del lavoro, delle relazioni, con i pari, con la famiglia, piuttosto che altro tipo di relazioni sociali.

     
    D. – Diventa a questo punto molto importante agire sulla domanda?

     
    R. – Le nostre risposte devono essere multidimensionali: cioè, si agisce sicuramente sulla domanda con delle azioni di prevenzione, con delle azioni sociali che devono essere molto precoci. La prevenzione va cominciata con i ragazzi ma soprattutto con i genitori dei ragazzi quando questi bambini hanno 6, 8 anni perché quando noi arriviamo all’appuntamento col primo spinello a 12, 13 anni e questi non hanno le 'armi' o - come diciamo noi – 'lo zaino di autodifesa' sulle spalle per poter dire 'no' è già tardi. Il ruolo del Dipartimento è proprio questo. Noi come Dipartimento delle politiche antidroga, in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri, abbiamo anche il cosiddetto compito di coordinamento interministeriale: cioè, vuol dire che si tenta di mettere d’accordo e di coordinare le politiche che vanno dalla prevenzione, quella che si fa nelle scuole piuttosto che nelle famiglie, fino alla repressione che si fa invece con le Forze dell’ordine.

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    Da 90 anni la Vergine di Loreto Patrona dell'aviazione civile e dell'aeronautica militare

    ◊   Secondo la tradizione la casa di Maria di Nazareth venne trasportata dagli angeli a Loreto, nelle Marche. In ricordo di questo volo angelico, da 90 anni la protezione degli aviatori è affidata alla Madonna di Loreto, Patrona dell’aviazione civile e dell’aeronautica militare. Luca Collodi ne ha parlato con l’arcivescovo prelato di Loreto, mons. Giovanni Tonucci:

    R. – Parliamo del 1920, il fenomeno dell’aviazione era ancora qualcosa di nuovo. In quel contesto, anche in base a quanto richiesto da aviatori, il Papa decide di affidare chi vola alla Madonna di Loreto, proprio nel ricordo del volo angelico che trasportò la Casa da Nazareth a Loreto. Pensiamo ora, a novant’anni di distanza, a cosa è accaduto: quello che era allora un fenomeno molto marginale, è diventato oggi un qualcosa di cosmico.

     
    D. – Mons. Tonucci, qual è la caratteristica di un pellegrinaggio a Loreto?

     
    R. – Il riscoprire il valore dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Loreto è un santuario naturalmente mariano, ma è un santuario anche profondamente cristologico. I santuari nascono attorno ad un fenomeno straordinario, un’apparizione o una rivelazione, oppure attorno ad una immagine. Ma Loreto è diverso perché nasce attorno ad una casa. E’ vero che l’immagine della Madonna di Loreto, così tipica, ci è cara ed è molto popolare e molto ben conosciuta, ma non è la Madonna di Loreto il centro del santuario. Il centro del santuario sono queste tre pareti, che ci portano il ricordo di quell’incontro tra l’Angelo e Maria.

     
    D. – Cosa ci dicono gli storici di queste pietre che si trovano all’interno?

     
    R. – Sia storici sia archeologici, nelle ricerche degli anni Settanta ed Ottanta, hanno in pratica sgomberato il campo da ogni dubbio riguardo l’autenticità della Santa Casa. Si tratta di pietre tagliate nella maniera tipica nabatea, caratteristica del nord della Galilea e delle regioni vicine. Hanno delle iscrizioni e dei graffiti in greco ed aramaico. Sono simili ad altri graffiti che sono ancora a Nazareth. Abbiamo la certezza scientifica, per quanto sia umanamente possibile dirlo, che quel luogo è stato testimone del dialogo tra Maria e l’Angelo e che ha cambiato la storia dell’umanità. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    India: "I giovani per la pace e l'armonia" al centro dell'Assemblea dei vescovi

    ◊   L’arcivescovo Thomas Menamparampil è raggiante, in questi giorni. La sua diocesi di Guwahati infatti – in un territorio periferico, lo Stato di Assam, nel nord-est dell'India, travagliato da difficoltà interne e da conflitti – per la prima volta nella storia ospita l’Assemblea della Conferenza episcopale dell’India (Cbci) che si è aperta oggi, con una solenne Eucarestia, e si concluderà il 3 marzo. L’episodio della pubblicazione del ritratto blasfemo di Cristo e la violenza esplosa in Punjab hanno turbato la sua serenità, ma l’arcivescovo “confida in una soluzione pacifica”, come afferma in un colloquio con l’agenzia Fides: “I cristiani hanno protestato pacificamente a livello politico e pensano alla via giudiziaria. Inoltre bisogna pregare e dialogare. Questo è il nostro modo di vivere questa situazione”. Mons. Menamparampil aggiunge: “Occorre sempre estrema sensibilità quando si toccano i simboli religiosi. E’ accaduto con le vignette del profeta Maometto in Europa, e questo è un altro caso simile. Credo che la maggioranza dei fedeli indù non condivida tale atto. La civiltà indù è molto rispettosa dei simboli religiosi propri e altrui. A fianco dei cristiani, molti leader religiosi indù hanno condannato l’immagine blasfema e a loro si sono uniti i leader musulmani in India. Non credo che questa vicenda avrà conseguenze più gravi”. I vescovi, nell’assembla di Guwahati, “non si soffermeranno più di tanto su questo incidente, che sembra già rientrato”, spiega l’arcivescovo. “L’Assemblea – continua – toccherà indirettamente il tema, in quanto sarà incentrata sui giovani che spesso sono preda degli estremismi e del materialismo: il tema dell’Assemblea è infatti 'I giovani per la pace e l'armonia'. Discuteremo su come aiutarli a vivere i valori cristiani in questa cultura, in questa società, nelle sfide che presentano le nuove tecnologie. Rifletteremo su come possono essere strumenti di pace e agenti di evangelizzazione”. Non a caso, nota il presule, i recenti scontri in Punjab sono iniziati per tafferugli fra giovani cristiani e indù: “I giovani hanno forti motivazioni, entusiasmo, passione, anche per i contenuti della fede. Spesso vengono manipolati e strumentalizzati da gruppi integralisti”, nota. “Ma, nel complesso, siamo davvero ottimisti per il futuro dell’India, che è una nazione molto giovane”. Il messaggio con cui l’arcivescovo conclude l’intervista con l’agenzia Fides è questo: “Voglio ribadire ai giovani e a tutti i cristiani in India il messaggio che Gesù porta nel Vangelo: amate i vostri nemici. Anche quando vi sentite perseguitati, umiliati, oppressi. Non è facile farlo, ma è possibile: l’amore riesce a disarmare il nemico. La nostra vocazione è costruire ponti e aprire porte di dialogo e di speranza per la nostra nazione”. (R.P.)

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    India: per i cristiani non c'è ancora giustizia in Orissa. Chiesto l'intervento del governo

    ◊   I cristiani del distretto di Kandhamal “sono ancora vittime innocenti di intimidazioni e violenze. Il governo non fa nulla per aiutare la loro riabilitazione, dopo le violenze religiose del 2008, e continuano a vivere nella paura. D’altra parte, le migliaia di denunce che hanno sporto contro i loro assalitori non sono servite a nulla: i colpevoli di quel massacro sono ancora in circolazione per lo Stato dell’Orissa”. È la denuncia - riferisce l'agenzia AsiaNews - del presidente del Consiglio globale dei cristiani indiani, Sajan K. George, che segue da anni la situazione dei cristiani perseguitati in India. Il Consiglio, che unisce cattolici e protestanti, fornisce aiuto legale e materiale alla popolazione colpita dalla persecuzione. Parlando ieri davanti ai media locali, George ha aggiunto: “C’è bisogno di un sistema che aiuti i fedeli a tornare alla vita normale. Hanno bisogno di un lavoro e di una casa, dato che per evitare la morte i cittadini di 14 villaggi sono scappati e ora vivono nelle tende. Deve intervenire il governo, anche per fare giustizia”. Le violenze, esplose nel distretto di Kandhamal nell’estate del 2008, hanno provocato vittime sia nel clero che fra i fedeli. Sono state distrutte, con false accuse di proselitismo, chiese e scuole gestite dai cristiani locali, che sono poi stati costretti dalla comunità indù ad abbandonare le proprie terre per cercare rifugio altrove. Nel corso degli scontri sono state distrutte 5.347 case e 75 persone hanno perso la vita in nome della loro religione o etnia. Oltre 50mila persone sono state costrette a emigrare, diventando rifugiati in patria. Subito dopo gli scontri, le vittime hanno presentato 3.232 denunce in diverse stazioni di polizia del distretto. Di queste, soltanto 832 sono state accettate: 89 persone sono state condannate a pene lievi, mentre altre 251 sono state rilasciate immediatamente. (R.P.)

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    Violenze sui cristiani a Karachi: si lavora per riportare serenità

    ◊   C’è calma per le strade ma la tensione resta alta nella città di Karachi, nel Sud del Pakistan, dove domenica 21 febbraio un gruppo di 150 musulmani ha assalito chiese, negozi e case cristiane nell’area di Pahar Ganj, un quartiere a prevalenza cristiana della città. E’ quanto riferiscono fonti locali di Fides, sottolineando che i leader religiosi locali si sono attivati e stanno organizzando diverse iniziative per riportare un clima sereno e disteso fra la popolazione, soprattutto nei rapporti islamo-cristiani. “C’è stata tanta paura, ma ora tutto è tranquillo. Certo, in città il clima è piuttosto teso soprattutto per il conflitto fra musulmani sunniti e sciiti, che ha punte di violenza estrema. A volte le minoranze religiose come i cristiani restano vittime di questa latente tensione, pronta a esplodere per futili motivi. Dopo i disordini di domenica, la polizia ha ripreso il controllo della situazione e pattuglia le strade del quartiere. Anche le chiese sono protette dalle guardie”, racconta in un colloquio con l’Agenzia Fides p. Edward Joseph, parroco della cattedrale di San Patrizio a Karachi. “Speriamo non vi siano ulteriori violenze. Tutti i sacerdoti della diocesi, riuniti in un ritiro spirituale quaresimale con l’arcivescovo, mons. Evarist Pinto, pregano per la pace e l’armonia”, nota il sacerdote. La violenza si è scatenata il 21 febbraio. I disordini sono iniziati per una banale lite fra un commerciante di frutta musulmano e un giovane acquirente cristiano. Il piccolo litigio è degenerato in violenza diffusa quando il commerciante ha chiamato a raccolta altri musulmani per “dare una lezione” ai cristiani. Gli aggressori hanno sparato contro le case e percosso alcuni cristiani per le strade, hanno devastato negozi e incendiato automobili, danneggiando anche due chiese protestanti (la St. Mary Church of Pakistan e la Interdenominational Calvary Church). Alcune istituzioni cattoliche, come la Scuola di St. Jude, hanno chiuso i battenti per timore di attacchi. I leader religiosi cristiani e musulmani di Karachi si stanno adoperando per il dialogo, per scongiurare incomprensioni, fraintendimenti e nuovi episodi di violenza: urge che i fedeli cristiani e musulmani non trasformino in “conflitto di religione” le piccole controversie che possono avvenire nella vita quotidiana.


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    Indonesia: grazie al dialogo, la comunità cattolica ottiene nuove chiese, ospedali e centri sociali

    ◊   Governa una diocesi che si estende su oltre mille piccole isole: mons. Hilarius Moa Nurak, missionario del Verbo Divino, è vescovo della diocesi di Pangkal Pinang, nel Mar cinese meridionale. La sede principale della diocesi è sull’isola di Bangka, situata fra le due grandi isole di Sumatra e del Borneo. Mons. Moa Nurak, a Roma per un corso di formazione tenutosi presso il Ciam (Centro Internazionale di Animazione Missionaria) ha parlato con l’Agenzia Fides dei rapporti islamo-cristiani in Indonesia e della vita della Chiesa locale. “Il dialogo è la chiave di volta per permettere alle Chiese locali , nella vasta nazione indonesiana, di vivere e svolgere le proprie attività pastorali ed apostoliche con tranquillità e in sicurezza”, spiega il vescovo. “A Pangkal Pinang abbiamo costruito progressivamente un buon rapporto personale con le autorità civili e con i leader musulmani locali: questo è fondamentale per la vita della nostra comunità. In tal modo i permessi per la costruzione di scuole, ospedali, centri sociali, strutture pastorali, ci vengono concessi senza difficoltà. Anche per la costruzione di nuove chiese non abbiamo mai avuto problemi: chiediamo l’autorizzazione, seguiamo l’iter burocratico fino ad ottenere la licenza per l’edificazione”, racconta il presule, notando che la sua diocesi non vive le difficoltà che attualmente si registrano in altre aree del Paese, come Giava Occidentale. Questa differenza dipende, naturalmente, anche dall’assenza di gruppi musulmani integralisti nel territorio e dal fatto che Pangkal Pinang è una diocesi più piccola e periferica, che non è sotto i riflettori dei mass-media. “Anche per la diffusione di materiale apostolico, le autorità locali non ci hanno mai imposto restrizioni. Manteniamo, poi, rapporti cordiali, di rispetto e amicizia, con i leader musulmani locali: li invitiamo ai nostri eventi e partecipiamo alle loro feste”, continua mons. Hilarius. Il dialogo funziona fra i leader, ma anche fra la gente comune: “Vi è stata una integrazione pacifica fra componenti sociali di diversa cultura e religione: la tribù locale dei malayus, in prevalenza musulmana, si è incontrata e vive in armonia con le comunità cinesi, emigrati dalla Cina continentale. I fedeli cattolici sono sparsi in tutte le componenti etniche della società, senza alcuna conflittualità. E continuiamo ad operare per il dialogo e per la pace”. Sulla missionarietà il vescovo rimarca: “Proclamare il Vangelo per noi significa testimoniare e dare un annuncio di fraternità, di amore, di unità e di convivenza pacifica”.

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    Vietnam: ricordato il cardinale Pham Dinh Tung, pietra fondamentale della Chiesa

    ◊   Una “pietra fondamentale” per la costruzione della Chiesa del Vietnam e un esempio per tutti coloro che vivono nel Paese. Il cardinale Joseph Pham Dinh Tung è stato ricordato così il 22 febbraio ad Hanoi, nel corso della messa celebrata nell’anniversario della morte dall’arcivescovo Joseph Ngo Quang Kiet. A concelebrare - riferisce l'agenzia AsiaNews - tutti i vescovi dell’arcidiocesi. Al rito sono stati presenti circa 5mila fedeli, tra i quali numerosi seminaristi. Il cardinale, che ha servito la Chiesa con grande coraggio e fedeltà in un periodo difficile, era nato il 20 maggio 1919 a Cau Me, distretto di Yen Mo, provincia di Ninh Binh. Ordinato sacerdote nel 1949, era stato vicario nella parrocchia di Ham Long, a Hanoi, e direttore del seminario. Nel 1963 fu nominato vescovo di Bac Ninh, dove rimase per 31 anni, fino al 1994, quando venne chiamato a guidare l’arcidiocesi di Hanoi. Il 26 novembre 1994, Giovanni Paolo II lo creò cardinale. Dal 1995 era stato presidente dell’episcopato vietnamita. Il 19 febbraio 2005, quando aveva 86 anni, la Santa Sede accettò ufficialmente le sue dimissioni. La sua morte è stata una grande perdita per la Chiesa di Hanoi e di tutto il Vietnam, ha scritto Benedetto XVI nelle sue condoglianze. “Il cardinale Joseph Pham Dinh Tung – ha detto all’inizio della messa l’attuale arcivescovo di Hanoi – è morto nel giorno significativo della Cattedra di San Pietro. Dio ha certamente voluto che fosse una pietra di fondazione della Chiesa del Vietnam. Per questo oggi tutti i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli dell’arcidiocesi sono qui riuniti. Noi - ha proseguito – stiamo costruendo l’amore dell’unità. Stiamo vivendo il mistero della comunione nella Chiesa. Noi abbiamo solide fondamenta: Gesù è la pietra d’angolo, San Pietro è il fondatore della Chiesa e il cardinale Paul Joseph Pham Dinh Tung una delle pietre importanti della Chiesa del Vietnam, per noi creatore di solidarietà e unità”. Nel 2009, ricevendo i vescovi vietnamiti in visita “ad limina”, Benedetto XVI aveva ricordato il porporato, ringraziando Dio “per il suo entusiasmo e la sua pastoralità. Ha mostrato un carattere semplice e un grande amore per tutte le persone, i sacerdoti ed i religiosi” disse il Papa in quell'occasione. (R.P.)

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    Il cardinale Dziwisz in visita all'Avana

    ◊   All’Avana, ieri, l’arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislaw Dziwisz, accompagnato dal cardinale Jaime Ortega ha visitato il nuovo seminario ancora in fase di costruzione nella periferia della capitale caraibica. Nel vecchio seminario “San Carlo e Sant’Ambrogio” ha incontrato decine di seminaristi. “Ancora oggi - ha detto ai presenti - serbo nel mio cuore uno straordinario ricordo della visita di Papa Giovanni Paolo II e ora, come arcivescovo della città di Karol Wojtyla, vi porto il saluto e l’affetto dei sacerdoti, delle religiose e dei seminaristi di Cracovia”. Nella sua allocuzione il cardinale polacco si è soffermato anche sulla storia della Chiesa in questa nazione e sul ruolo di Karol Wojtyla negli ultimi decenni, prima come vescovo e poi come successore di Pietro. In particolare, il cardinale Stanislaw Dziwisz ha sottolineato l’importanza che Giovanni Paolo II, dal primo giorno della sua missione episcopale fino all’ultimo della sua vita, ha sempre dato alla formazione dei seminaristi. Per Karol Wojtyla, ha spiegato il porporato, il seminario era come “la pupilla degli occhi… qualcosa di prezioso: l’ambiente e l’istituzione più importante nella vita quotidiana della Chiesa”. In questo luogo speciale, ha rilevato il porporato, “si prepara e si forgia il futuro della Chiesa poiché qui si preparano le persone alle quali Cristo ha fatto un invito”. Prima di rispondere a diverse domande, l’arcivescovo di Cracovia ha concluso il proprio intervento invitando i seminaristi cubani, in aumento negli ultimi anni, a “vivere la speranza, il coraggio e la costanza nel cammino scelto per servire Cristo e il suo Vangelo”. Nelle numerose risposte che ha dato a molte inquietudini e domande, il porporato si è addentrato inoltre in diversi argomenti che stavano a cuore a Giovanni Paolo così come oggi a Benedetto XVI: la difesa integrale della vita, l’importanza della liturgia, la preghiera personale e i giovani. Oltre a ricordare che il processo di beatificazione di papa Wojtyla “è ben avviato e in buone mani”, il cardinale Dziwisz si è soffermato sulla Santa Messa celebrata da Giovanni Paolo II sulla “Plaza de la Revolución José Martí” a L'Avana, il 25 gennaio 2008. Alla celebrazione era presente l’intero governo dell’isola con a capo l’allora presidente di Cuba, Fidel Castro. “Il Papa – ha ricordato il porporato - era felicissimo perché vedeva la gente unita”. Il cardinale Stanislaw Dziwisz ha chiuso la giornata di ieri con una visita al “Centro di Bioetica Giovanni Paolo II” e con la celebrazione della Santa Messa per i giovani in una parrocchia di periferia dedicata a San Francesco di Paola. Oggi, invece, il momento principale del programma è la presentazione del film “Testimone” sulla visita di Papa Wojtyla e tratto dal libro scritto dal cardinale Dziwisz. Giovedì, prima del suo rientro in Polonia, l’arcivescovo visiterà diverse parrocchie e chiese di “L'Avana vecchia” e visiterà il centro della Comunità di Sant’Egidio. (A cura di Luis Badilla)

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    In Colombia aumentano gli attacchi contro le popolazioni indigene

    ◊   Nel 2009 gli attacchi contro le popolazioni native della Colombia sono aumentati e hanno costretto molte comunità a lottare per la loro stessa sopravvivenza. E’ quanto emerge da un rapporto pubblicato da Amnesty International e intitolato “La lotta per la sopravvivenza e la dignità”. Nel dossier si sottolinea che le violazioni dei diritti umani contro le popolazioni native del Paese latinoamericano chiamano in causa i gruppi della guerriglia, le forze di sicurezza e i paramilitari, responsabili di gravi crimini tra cui omicidi, sequestri, minacce e abusi sessuali. Secondo dati forniti dall’organizzazione nazionale indigena della Colombia, solo nel 2009 sono stati uccisi almeno 114 nativi, tra cui donne e bambini. Inoltre, migliaia di loro sono stati costretti a lasciare le loro terre. Oltre la metà dei nativi assassinati nel 2009 apparteneva alla comunità Awá, che si è impiantata nella riserva indigena di El Gran Rosario, nel dipartimento sudoccidentale di Nariño. Nella zona, che riveste un’importanza strategica per le parti in conflitto, sono presenti guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia, militari dell’esercito di liberazione nazionale, agenti delle forze di sicurezza e narcotrafficanti. Amnesty International chiede a tutte le parti attive nel conflitto di rispettare il diritto delle comunità native a non essere trascinate nelle ostilità e di tutelare i territori in cui vivono e da cui dipendono per il loro sostentamento. Il conflitto armato, che da oltre 40 anni sconvolge la Colombia, ha provocato fino ad oggi decine di migliaia di morti. La maggior parte delle vittime sono civili. (A.L.)

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    La Chiesa moldava ospita l'incontro degli episcopati europei

    ◊   Una Chiesa viva, benché di minoranza, impegnata a costruire il “bene comune” della società. Così, in un comunicato diffuso dal Ccee e ripreso dall'agenzia Sir, mons. Anton Cosa, vescovo di Chişinău, descrive la Chiesa cattolica della Repubblica Moldova, che quest’anno ospiterà l’incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa che da domani al 28 febbraio rifletteranno insieme su “Diritti e doveri delle minoranze cattoliche nei Paesi del Sud-Est Europa”. Su una popolazione di 4 milioni di persone, i fedeli cattolici moldavi sono 20 mila, l’1% della popolazione. Oltre alle 17 parrocchie distribuite in tutto il Paese, che svolgono un’attenta attività pastorale grazie alla presenza di sacerdoti e religiosi provenienti da diverse nazioni, c’è una quotidiana “pastorale sulla strada” verso chi ha più bisogno, con servizi socio-assistenziali competenti, dialogo con la gente. “Benché di minoranza” – dice mons. Cosa – la Chiesa lavora soprattutto “in termini di accoglienza, educazione, sostegno alle famiglie bisognose”. In seguito alla visita ad limina del 12 febbraio, il Papa ha consegnato ai vescovi romeni e moldavi “un altro compito”, quello di “favorire la presenza dei valori cristiani nella società”. “La Chiesa – aggiunge mons. Cosa - vuole dare il suo contributo determinante alla costruzione di una società riconciliata e solidale, capace di far fronte al processo di secolarizzazione in atto”. (R.P.)

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    La Quaresima, tempo di penitenza e rinnovamento per la Chiesa irlandese

    ◊   In questo tempo quaresimale i vescovi irlandesi, rientrati nelle loro sedi dopo l’incontro con Benedetto XVI in Vaticano, hanno nuovamente ricordato le responsabilità dell’episcopato cattolico dell’Irlanda verso le vittime di abusi sessuali. Nell’omelia di inizio Quaresima, mons. Martin Drennan, vescovo di Galway e Kilmacduagh, ha detto che si deve guardare con onestà al passato, affrontare con coraggio il presente, coltivare la speranza nel futuro. “La speranza - ha aggiunto - viene dalla fede”. La stessa fede nella misericordia divina – riferisce l’Osservatore Romano – che ha spinto San Paolo a superare la vergogna di essere stato un persecutore dei cristiani. Il vescovo di Kildare e Leighlin, mons. James Moriarty, ha ringraziato il Papa per il tempo e l’attenzione che ha dedicato all’incontro con i vescovi irlandesi. Il presule ha assicurato di avere sempre presenti nelle sue preghiere le vittime della violenza e di sperare che questa Quaresima possa essere il tempo del rinnovamento per la Chiesa irlandese. Il vescovo di Meath, mons. Michael Smith, ha dichiarato che l’incontro con Benedetto XVI è stato “aperto, onesto e impegnato”. Ha anche ricordato che “fin dal 1996, in occasione della pubblicazione del documento sulle procedure per l’esame delle denunce, la Chiesa cattolica irlandese ha costantemente valutato e rivisto la politica e le norme per la salvaguardia della gioventù”. Mons. Noël Treanor, vescovo di Down and Connor, ha ricordato che “l’invito del Papa ai vescovi irlandesi e la sua presenza agli incontri offre la misura dell’importanza che il Santo Padre conferisce alla denuncia del crimine, del peccato e dell’orrore degli abusi sessuali su bambini, minori e adulti vulnerabili”. Il vescovo di Ferns, mons. Denis Brennan, ha rievocato infine le parole pronunciate da Benedetto XVI nel corso della visita ad limina dell’ottobre del 2006. In quell’occasione il Papa, riferendosi agli abusi sessuali verso i minori perpetrati nell’ambito degli istituti di istruzione cattolici, aveva dichiarato che “le ferite causate da tali atti vanno nel profondo”. (A.L.)

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    Al via a Ginevra la Conferenza mondiale contro la pena di morte

    ◊   Da oggi al 26 febbraio, la IV Conferenza mondiale contro la pena di morte riunisce a Ginevra politici, attivisti, avvocati ed esperti per un ampio dibattito strutturato in sessioni plenarie, tavole rotonde e laboratori. Nelle plenarie saranno affrontati alcuni aspetti essenziali relativi all’abolizione universale della pena capitale, quali il ruolo delle organizzazioni internazionali - in particolare delle Nazioni Unite - nella lotta abolizionista, e le prossime sfide, con particolare riferimento alla situazione negli Stati Uniti, in Giappone, Cina e Iran. Le tavole rotonde focalizzeranno problematiche concernenti l’applicazione della pena capitale (discriminazione razziale e sociale, protezione dei gruppi più vulnerabili quali i minorenni e i disabili mentali, ruolo delle religioni, giustizia riparativa in sostituzione della morte), e alcune situazioni regionali (Medio Oriente e Africa del Nord, Africa Subsahariana, Asia, Caraibi). Obiettivo dei laboratori è quello di promuovere un confronto su strategie e strumenti volti a rendere più efficaci le mobilitazioni abolizioniste. Alla sessione inaugurale prenderanno la parola il primo ministro spagnolo, José Luis Fernández Zapatero, presidente di turno dell’Ue, il senatore francese Robert Badinter, autore della legge sull’abolizione della pena di morte in Francia, ed esponenti di organizzazioni internazionali. Tra le organizzazioni invitate a partecipare ai lavori figura la Comunità di Sant’Egidio, rappresentata dal portavoce Mario Marazziti. Nella giornata conclusiva è prevista una cerimonia solenne alla quale interverranno, tra gli altri, l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, Navanethem Pillay, Sr. Helen Prejean, la religiosa statunitense figura simbolo dell’abolizionismo, l’iraniana Shirin Ebadi, Nobel per la pace 2003 e Thomas Hammarberg, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. (M.V.)

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    Nelle Filippine, siccità e black-out energetici causati dal fenomeno climatico "El Niño"

    ◊   Prosegue l’emergenza siccità nel nord delle Filippine a causa del fenomeno climatico del Niño. Oltre 2,5 milioni di tonnellate di riso e grano sono andate perse dall’inizio dell’anno. I danni per il settore agricolo sono stimati in oltre 25 milioni di euro, ma potrebbero raggiungere quota 300 milioni se il fenomeno continuerà fino a luglio. La siccità ha colpito anche il resto del Paese, con continui blackout energetici nelle città industriali e razionamento dell’acqua potabile. Per far fronte alla calamità il presidente delle Filippine, la signora Gloria Macapagal-Arroyo, ha chiesto alle compagnie energetiche di aumentare l’erogazione di acqua ed energia in favore delle regioni agricole. Sono stati stanziati inoltre circa 15 milioni di euro in aiuti per i contadini e i pescatori di 14 province del nord. In questi giorni la Chiesa ha organizzato raccolte di fondi nelle varie parrocchie per aiutare gli agricoltori più colpiti. "Dobbiamo avere fiducia nella provvidenza - ha affermato mons. Jacinto A. José, vescovo della diocesi di Urdaneta  - e fare tutto il possibile per affrontare gli effetti provocati da El Niño”. Il ritorno di “El Niño” – ricorda AsiaNews - era già stato annunciato in agosto dai ricercatori britannici del Met Office Hadley Centre for Climate Prediction and Research, che avevano previsto l’arrivo del fenomeno nei primi mesi del 2010.  Tale fenomeno è ciclico e si manifesta ogni due - sette anni con un aumento di temperatura di 0,5 C°-1,5 C° delle acque dell’Oceano Pacifico orientale, di solito molto fredde. Questo cambiamento provoca un’alterazione delle normali correnti oceaniche portando siccità nell’area asiatica e africana e piogge torrenziali nel continente sudamericano. (A.L.)

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    Premio Niwano per la pace all'indiana Bhatt per la sua opera in favore delle lavoratrici povere

    ◊   E’ l’indiana Ela Ramesh Bhatt la vincitrice del 27.mo premio Niwano per la pace. Nata nel 1933 e seguace della filosofia di Ghandi, la Bhatt, detta “la rivoluzionaria gentile”, è la fondatrice della Self-Employed Women’s Association (Sewa), un movimento di lavoratrici fondato nel 1972 ad Ahmedabad, in India, che oggi conta 1.200mila associate, per lo più lavoratrici autonome e povere. Il Sewa mira a organizzare le donne lavoratrici e le loro famiglie per ottenere pieno impiego e fiducia in se stesse attraverso l'autosufficienza sul piano economico. L'obiettivo è di educare le donne ad essere in prima persona la guida del loro movimento, attraverso il quale diventino forti e visibili e possano assumere la leadership del cambiamento sociale. Nel 1974 ha foondato la Sewa Cooperative Bank, della quale ora fanno parte tre milioni di donne, e successivamente la International Alliance of Home-based Workers (HomeNet), Street Vendors (StreetNet) e la Women in Informal Employment: Globalizing Organizing. Per decenni è stata membro della Fondazione Rockfeller e attualmente fa parte del Consiglio degli anziani, promosso insieme con Nelson Mandela. La Niwano Peace Foundation - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata fondata nel 1978 per contribuire alla costruzione di un mondo di pace in campi quali religione, filosofia, cultura, scienza. Grazie a donazioni di miliardi di yen, la fondazione organizza attività culturali e scambi internazionali e conferisce ogni anno il Niwano Peace Prize a persone e associazioni che promuovono la pace e il dialogo interreligioso. Per la scelta del candidato, il cui prestigio deve essere riconosciuto in tutto il mondo, la fondazione delega circa 700 persone di diverse religioni provenienti da 125 Paesi e un comitato composto da 12 leader religiosi impegnati a favore della pace e della cooperazione interreligiosa. La Fondazione è legata all'opera di Nikkyo Niwano, figura di rilievo della spiritualità giapponese, che nel 1938 ha fondato l'organizzazione buddista laica Rissho Kosei Kai. Il movimento mira a un rinnovamento dell'insegnamento del buddismo amida e unisce profonda spiritualità, impegno sociale, promozione della pace, dialogo tra le religioni. Tra i vincitori delle passate edizioni ci sono l’arcivescovo brasiliano Helder Camara, il pastore Philip A. Potter, segretario del Consiglio mondiale delle Chiese, il cardinale Paulo Evaristo Arns, il villaggio Neve Shalom fondato insieme da palestinesi e israeliani e il principe giordano El Hassan bin Talal. La cerimonia di premiazione avverrà il 13 maggio a Tokyo. La vincitrice riceverà un attestato, una medaglia e 20 milioni di yen. (R.P.)

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    Oggi l’ultimo saluto a padre Vito Misuraca, missionario tra gli orfani del Rwanda

    ◊   Sarà il nunzio apostolico in Rwanda, mons. Ivo Scapolo, a celebrare oggi pomeriggio nella chiesa dedicata a Maria Ss. di Costantinopoli di Bitritto, la messa funebre per padre Vito Misuraca, il 60.enne missionario siciliano deceduto lunedì scorso in una clinica a Bari. Nella capitalke rwandese Kigali, padre Vito aveva fondato e dirigeva l'orfanotrofio 'Mère du Verbe' che ospita circa 700 orfani. Padre Misuraca è arrivato nel Paese africano nel 1978, poco dopo la sua ordinazione sacerdotale, con i Padri Rogazionisti. Ha aperto l’orfanotrofio, dedicato a Maria Madre della Parola, nei primi anni '90 e da allora ha dato istruzione, formazione professionale, assistenza medica e speranza a migliaia di ragazzi e ragazze che in Rwanda hanno perso i genitori, soprattutto dopo il sanguinoso conflitto tra Hutu e Tutsi che nel 1994 ha provocato più di 800mila morti. Il sacerdote siciliano non ha abbandonato il Paese nella fase più drammatica del conflitto. Nel 2004, in Campidoglio gli venne consegnato il Premio Montessori. L'opera di padre Vito – ricorda il quotidiano Avvenire - riceve sostegno da tutta Italia: da Verona e da Brescia, da Bagnoli Irpino all'Istituto Palazzolo di Milano fino alla Puglia ed alla sua Sicilia. (A.L.)

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    Omelia del cardinale Bagnasco nel quinto anniversario della morte di don Giussani

    ◊   L’uomo di oggi ha bisogno di luce perché il nostro tempo vorrebbe confinare Cristo ai bordi della vita e della società. “La nostra è un’ora irta di sfide e di opportunità, una sfida che provoca la fede ad essere più coerente e coraggiosa e anche più pensata”. E’ quanto ha detto ieri il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, in occasione della celebrazione per il quinto anniversario della morte di don Luigi Giussani. “Ciò che ha affascinato don Giussani – ha affermato il porporato – è l’enigma dell’uomo”, ossia giudicare “se la vita valga la pena di essere vissuta”. “Questa domanda ieri come oggi – ha proseguito il cardinale Angelo Bagnasco – resta ineludibile perché inscritta nelle fibre stesse dell’uomo”. Nella sua vita “l’uomo deve trovare una risposta plausibile”. La cultura negativa nella quale siamo immersi – ha detto il porporato le cui parole sono state riprese dal Sir – enfatizza “i predicatori del disincanto che appiattisce sull’immediato”. Ma l’uomo, prima o poi, reagisce e “si fa mendicante di infinito e di assoluto”. Don Giussani – ha concluso l’arcivescovo di Genova – sapeva che “il cristianesimo può essere messo in crisi, sotto accusa”. Non può soccombere perché “il cristianesimo è Cristo”, non un sistema di idee ma “il Vivente e la Chiesa”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Grecia paralizzata da uno sciopero generale

    ◊   In Grecia, un milione e mezzo di lavoratori hanno incrociato oggi le braccia e decine di migliaia di manifestanti hanno invaso Atene, Salonicco e le altre città sotto lo slogan “non pagheremo noi per questa crisi”. Lo sciopero ha fermato aerei, treni, navi, scuole, uffici, banche, ospedali, tribunali e testate giornalistiche. Intanto, il governo di Atene è chiamato a rispondere davanti alla Corte di giustizia europea. Il servizio di Federico Catani:

     
    Uno sciopero generale contro la politica di austerità, voluta dal governo per riportare il deficit nei livelli richiesti e salvare l’economia, paralizza oggi la Grecia. Intanto, la Commissione europea ispeziona i conti pubblici. Atene, come ha dichiarato il ministro delle Finanze, Papaconstantinou, farà tutto quello che sarà necessario per rispettare gli obiettivi del programma di stabilità, ma agirà solo quando saranno terminati i controlli dell’Unione Europea. Dalla Banca centrale europea (Bce) fanno sapere che l'Istituto non cambierà in funzione della Grecia le sue regole sulle garanzie che le banche devono dare per accedere ai finanziamenti. La Grecia sta vivendo un momento di crisi economica molto delicato. L’Agenzia internazionale di valutazione del credito "Fitch ratings", ha tagliato il merito di credito delle tre maggiori banche del Paese, mandando in caduta libera i titoli di Stato. Nello stesso tempo, il portavoce del governo, Petatolis, ha detto che si potrebbe istituire una Commissione d’inchiesta per investigare sulle responsabilità politiche della crisi, chiamando in causa persino la Commissione europea che non avrebbe effettuato adeguati controlli nella passata legislatura, aggravando l’impatto della crisi. Tuttavia, per il momento sarà Atene a finire davanti alla Corte di giustizia europea per non aver recuperato i soldi elargiti a migliaia di aziende sotto forma di esenzioni fiscali illegali: si tratta di esenzioni in contrasto con le regole comunitarie sugli aiuti di Stato.

     
    In Turchia sette gli ufficiali accusati di cospirazione contro lo Stato
    Sette ufficiali turchi sono stati accusati di cospirazione contro lo Stato turco. Lo riferisce l'agenzia Anadolu. Tra i sette arrestati con l'accusa di aver partecipato nel 2003 a un tentato golpe contro il partito di radici islamiche Giustizia e sviluppo (Akp, al governo) figurano gli ammiragli Ramazan Cem Gundeniz e Aziz Cakmak (in servizio) e il generale Mehmet Kaya Varol, e gli ammiragli Ali Deniz Kutluk e Ozer Karabulut, questi ultimi in pensione. Intanto, come riferisce l'agenzia Anadolu, stamani altri sei militari sono stati trasferiti in un tribunale di Istanbul per essere interrogati dai giudici inquirenti.

    Italia: riciclaggio di denaro sporco: coinvolte Fastweb e Telecom
    “Una delle più colossali frodi poste in essere nella storia nazionale”. Così si è espresso il procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Roma, Giancarlo Capaldo, in merito all’operazione Phunchards-Broker. Si tratta dell’inchiesta su una gigantesca rete di riciclaggio di denaro con ramificazioni internazionali, per un ammontare complessivo di circa 2 miliardi di euro e 400 milioni di Iva evasa. Coinvolti nello scandalo, il senatore del Pdl, Nicola Di Girolamo, la cosca della ‘ndrangheta degli Arena ed i vertici di Fastweb e di Telecom Sparkle, che avrebbero accumulato fondi neri. Cinquantadue, finora, le ordinanze di custodia cautelare comunicate in carcere e quattro gli arresti domiciliari. Per Silvio Scaglia, ex amministratore delegato e fondatore di Fastweb, è stato emesso un mandato di arresto: al momento, l’uomo si trova in America Latina ma si è detto pronto a collaborare con la giustizia. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio ed al reimpiego di capitali illecitamente acquisiti, attraverso un articolato sistema di frodi fiscali. Le indagini in corso hanno avuto ripercussioni negative immediate anche sulla quotazione in Borsa delle due società di telecomunicazione. Dalla vicenda è derivato, come ha dichiarato il giudice Aldo Morgigni, un danno patrimoniale di eccezionale gravità per l’Erario. Circa il coinvolgimento del senatore del Pdl, Di Girolamo, che si è detto estraneo ai fatti, sembra si sia scoperto che un gruppo di stampo mafioso, la cosiddetta "cosca degli Arena" avrebbe truccato le schede bianche delle elezioni degli italiani residenti in Germania nel 2008, riempiendole col nome del parlamentare, che è stato così eletto. Per il senatore, l’accusa è di violazione della legge elettorale, con l’aggravante mafiosa. "Sponsor" di questa operazione sarebbe stato l’imprenditore romano, Gennaro Mokbel. Intanto, la Swisscom, la società che ha acquisito il controllo di Fastweb, ha dichiarato che è pronta a collaborare con la magistratura italiana per fare chiarezza sulla vicenda.

    “Grande esempio di moralità”: l'omaggio Giorgio Napolitano a Sandro Pertini
    Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha ricordato Sandro Pertini a venti anni dalla morte, deponendo una corona in Piazza di Trevi, davanti alla casa in cui abitò anche nei sette anni in cui Pertini fu presidente della Repubblica. Subito dopo, Napolitano ha ricordato la figura del suo predecessore sottolineando la sua “integrità morale, dirittura e coerenza personale” e soprattutto la forte affermazione “dei valori che sono alla base della nostra Costituzione, i valori fondanti della Repubblica, i valori dell'antifascismo, della libertà, della democrazia”. Di questi valori, ha aggiunto Napolitano, Sandro Pertini fu “un grande assertore”. Diede inoltre un “grande esempio” di moralità. Pertini, ha sottolineato Napolitano, “portò con la sua stessa personalità e iniziativa lo Stato più vicino ai cittadini”. Alla cerimonia hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha deposto un'altra corona a nome della municipalità, l'ex segretario generale del Quirinale ai tempi di Pertini, Antonio Maccanico, il presidente dell'Anpi, Massimo Rendina, con il gonfalone dell'Associazione di cui Pertini fu uno dei massimi esponenti. C'erano anche un gruppo di studenti delle tre scuole di Roma intitolate all'ex presidente della Repubblica, salutati da Napolitano. “Sono contento - ha detto - che siano qui i ragazzi delle scuole intitolate a Sandro Pertini per un omaggio dovuto. Pertini è stato il primo presidente che ha portato i bambini, i ragazzi a contatto con l'istituzione della presidenza della Repubblica”. È bello ricordare che in virtù di una dichiarata reciproca amicizia tra Giovanni Paolo II e Sandro Pertini, chiamato da quest’ultimo in punto di morte, Papa Wojtyla sospese le udienze previste e si recò all’ospedale Umberto I di Roma dove il presidente era ricoverato.

    Cuba: morte di un prigioniero politico dopo 85 giorni di sciopero della fame
    A Cuba, fa discutere e solleva emozione la morte di un noto prigioniero politico che ha perso la vita in conseguenza di uno sciopero della fame. Il servizio di Luis Badilla:

     
    Dolore, proteste e rabbia a Cuba, ma anche all'estero e soprattutto a Miami, dopo la conferma della notizie della morte, ieri, dell'operaio dissidente politico, Orlando Zapata Tamayo. È morto in un ospedale di Camaguey, dove era stato ricoverato in gravissime condizioni di salute in conseguenza di 85 giorni di sciopero della fame. Secondo fonti giornalistiche, la madre di Zapata, la signora Reina Tamayo Danger, ha affermato che "la morte del figlio è stata un omicidio premeditato". In carcere dal 2003, Zapata, 42 anni di età, aveva avuto il sostegno di Amnesty International in quanto detenuto solo per le sue idee. Da quasi tre mesi aveva avviato uno sciopero della fame per protestare contro le dure condizioni cui era sottoposto in carcere. Il presidente del Brasile, Lula Da Silva, arrivato nella capitale cubana proprio ieri sera, aveva ricevuto alcuni giorni fa una lettera di un gruppo di 50 dissidenti: gli chiedevano di mediare per il loro rilascio, negli incontri che avrà con Fidel Castro e con il presidente cubano, Raul Castro. I 50 fanno parte di un gruppo di 75 arrestati nel 2003, in cui rientrava lo stesso Zapata, che devono scontare condanne fino a 28 anni di carcere perché accusati di essere "mercenari" degli Usa". Intanto, negli Usa in queste ore si moltiplicano le proteste e quasi tutte puntano il dito contro il governo dell'Avana.

     
    Afghanistan
    È stato ucciso Haji Abdul Majid Babai, responsabile del Dipartimento di informazione e cultura della provincia meridionale afghana di Kandahar. Il viceresponsabile della polizia di Kandahar, Muhammad Shah Faruqi, ha indicato che Babai stava recandosi da casa al suo ufficio quando è stato attaccato da un commando che ha aperto il fuoco, uccidendolo. “Due persone - ha concluso - si sono rapidamente dileguate dopo l'omicidio”.

    Pakistan: un razzo uccide una donna e tre bambini, un drone USA tre persone
    In Pakistan, una donna e tre bambini sono morti nei pressi di Peshawar, quando un razzo ha colpito la casa in cui si trovavano. Altre tre persone hanno perso la vita vicino alla città di Miramshah, nella regione tribale del Waziristan settentrionale, per i missili lanciati da un drone (velivolo senza pilota) statunitense.

    La Cina annuncia un progetto di diversione delle acque: spostate 440mila persone
    Almeno 440 mila persone dovranno essere spostate nei prossimi quattro anni in due province della Cina centrale, nel quadro del mastodontico progetto di diversione delle acque dal sud al nord del Paese. Il progetto di diversione delle acque è uno dei più ambiziosi che mai siano stati intrapresi nel mondo: il suo obiettivo è quello di portare acqua dal sud tropicale della Cina al nord, arido e desertico. Per farlo sono in costruzione tre sistemi di canali: quello est, lungo la costa, quello centrale e quello occidentale. I primi due sono in fase di costruzione avanzata e sono quelli che provocheranno nei prossimi anni lo spostamento di centinaia di migliaia di persone nelle province dell'Henan e dell'Hubei. “Dal 2010 al 2014 almeno centomila persone dovranno essere trasferite ogni anno da queste aree”, ha dichiarato al quotidiano Century Business Herald uno dei responsabili del progetto. Il progetto di diversione delle acque è secondo per il numero di persone coinvolte solo alla diga delle Tre Gole sul fiume Yangtze, che ha comportato lo spostamento di almeno 1,4 milioni di persone. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 55

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