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Sommario del 22/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa e la Curia Romana impegnati nella seconda giornata di esercizi spirituali della Quaresima, predicati dal telogo salesiano don Enrico Dal Covolo
  • Un tempo da vivere insieme con Gesù: sulle parole del Papa per la Quaresima, la riflessione del teologo Pierangelo Sequeri
  • Festa della Cattedra di San Pietro. Il Papa: è il potere della verità e dell'amore
  • Nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuova scossa ad Haiti. L'impegno dell'Ifad per i terremotati
  • Cristiani e musulmani uniti per dare speranza al Medio Oriente
  • Rapito dalla Bellezza dell’incontro con Cristo: don Carrón ricorda Don Giussani nel quinto anniversario della morte
  • Chiusura dell’ostensione delle reliquie di Sant’Antonio: la riflessione di mons. Paolo Doni
  • Oscurato su Facebook il gruppo contro i bambini con la sindrome di Down
  • Chiesa e Società

  • I vescovi di Mossul al governo: fermare subito le violenze anticristiane
  • Consiglio ecumenico delle Chiese: apprezzamento per il Consiglio dei leader cristiani in Iraq
  • Bangladesh. Scontri fra tribali e coloni: otto morti, chiese e pagode incendiate
  • India: per ritratto blasfemo di Cristo, scontri e due chiese distrutte
  • Spagna: il cardinale Rouco Varela fa il punto sui preparativi della GMG 2011 di Madrid
  • Haiti: va avanti il progetto dei gesuiti per la ricostruzione
  • Il cardinale Rivera Carrera ricorda padre Parra Puerto ucciso in Messico
  • L’arcivescovo di San Salvador: educazione e prevenzione contro la violenza
  • Anglo-cattolici: Giornata di preghiera per "discernere la via da seguire"
  • Terra Santa: incontro dell’arcivescovo anglicano Rowan Williams con il re di Giordania
  • I cristiani in Terra Santa sono solo il 2% della popolazione
  • Repubblica Centrafricana: ribelli ugandesi attaccano una chiesa nella città di Rafai
  • Forum di Bamako: gli Stati africani s'impegnino nel settore agricolo
  • Tahiti: il vescovo di Papeete lamenta la disaffezione dei fedeli al Sacramento della riconciliazione
  • Sri Lanka: la visita del preposito generale dei gesuiti padre Nicolás
  • I nubifragi devastano Madeira: almeno 42 i morti
  • Siccità in Siria: in fuga dalle campagne 300mila famiglie
  • La Borsa Internazionale del Turismo chiude con il 6% in più di visitatori
  • “Ravvivare la fede”: ciclo di conferenze a Barcellona, inaugurate dal cardinale Canizares
  • Francia: incontro di tre giorni dei vescovi sul Concilio Vaticano II
  • Nasce ad Assisi un Centro studi sulle radici ebraico-cristiane dell'Europa
  • Milano: la "Caritas in veritate" una risposta laica per una crisi globale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Raid Nato in Afghanistan: uccisi per errore oltre 30 civili
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa e la Curia Romana impegnati nella seconda giornata di esercizi spirituali della Quaresima, predicati dal telogo salesiano don Enrico Dal Covolo

    ◊   Da ieri pomeriggio, come da tradizione ad ogni inizio di Quaresima, il Papa e la Curia Romana sono in ritiro in Vaticano per la settimana di esercizi spirituali, in programma fino a sabato prossimo. A tenere le meditazioni a Benedetto XVI e ai suoi collaboratori, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico, è il teologo salesiano, don Enrico Dal Covolo, sul tema “Lezioni di Dio e della Chiesa sulla vocazione sacerdotale”. Il religioso si ispirerà ai racconti biblici di vocazione, ai Padri della Chiesa e presenterà ogni giorno una figura d’eccellenza del sacerdozio, da Sant’Agostino a Giovanni Paolo II. Nel corso del Pontificato, Benedetto XVI ha sottolineato in molte circostanze l’importanza degli esercizi spirituali, come pure della lectio divina. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune delle affermazioni più salienti:

    Il chiasso accomuna le voci del mondo, il silenzio riverbera quella di Dio. Così, a prima vista, il mondo – specie quello attuale, affetto da rutilante bulimia mediatica – sembrerebbe impermeabile ad una voce la cui intensità, ricorda la Bibbia, è “sussurro di una brezza leggera”. Eppure, Dio continua a parlare oggi al mondo perché in molti sanno cogliere quel sussurro nel fondo della loro anima. E vi riescono sottraendosi fisicamente, per un periodo, alla ridda di parole trasformate in rumori, per esercitarsi ad ascoltare la Parola che trasforma le vite. Gli esercizi spirituali si collocano qui, esattamente nello spazio che separa la cacofonia di superficie dall’armonia del profondo. Sono uno “strumento prezioso ed efficace – ha affermato qualche tempo fa Benedetto XVI – per distinguere la voce di Dio nel rapido e spesso caotico mutare degli eventi e dei messaggi odierni”:

     
    “Una forte esperienza di Dio, suscitata dall’ascolto della sua Parola, compresa e accolta nel proprio vissuto personale, sotto l’azione dello Spirito Santo, la quale, in un clima di silenzio, di preghiera e con la mediazione di una guida spirituale, dona capacità di discernimento in ordine alla purificazione del cuore, alla conversione della vita, alla sequela di Cristo, per il compimento della propria missione nella Chiesa e nel mondo”. (9 febbraio 2008)

     
    Dal silenzio del ritiro al dinamismo dell’apostolato, chi ha scelto per sé “spazi di intenso ascolto” della Parola di Dio ritorna alle sue responsabilità, assicura il Papa, davvero rinfrancato:
     
    “Un buon corso di esercizi spirituali contribuisce a rinnovare in chi vi prende parte la gioia e il gusto della liturgia, in particolare della dignitosa celebrazione delle Ore e soprattutto dell’Eucaristia; aiuta a riscoprire l’importanza del Sacramento della penitenza (…) come pure il valore e il significato dell’adorazione eucaristica. Durante gli esercizi è possibile recuperare con frutto anche il senso pieno ed autentico del Santo Rosario e della pia pratica della Via Crucis”. (9 febbraio 2008)
     
    Un metodo antico di secoli ma di intramontata efficacia per vivere gli esercizi spirituali è la lectio divina. Benedetto XVI ha sempre insistito sulla sua importanza, sollecitando vescovi e sacerdoti a riscoprire, e a far riscoprire, la densità spirituale che scaturisce dalla “lettura pregata della Bibbia”. Il Papa ne ha messo in evidenza le caratteristiche una volta di più parlando, pochi mesi fa, di come la lectio divina fosse centrale per i teologi monastici medievali:
     
    “Per loro la semplice lettura del Testo sacro non bastava per percepirne il senso profondo, l’unità interiore e il messaggio trascendente. Occorreva, pertanto, praticare una 'lettura spirituale', condotta in docilità allo Spirito Santo. Alla scuola dei Padri, la Bibbia veniva così interpretata allegoricamente, per scoprire in ogni pagina, dell’Antico come del Nuovo Testamento, quanto dice di Cristo e della sua opera di salvezza”. (28 ottobre 2009)
     
    E ciò che Cristo dice della sua opera di salvezza lo comunica anche alla Chiesa di oggi, che ha “sempre” bisogno, ha ripetuto più volte il Pontefice, di “rinnovarsi e ringiovanire” grazie alla Parola di Dio “che non invecchia mai né mai si esaurisce”. Nella lectio divina sono racchiuse le chiavi di questa giovinezza dello spirito:

    “L’assidua lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, Gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore. Questa prassi, se efficacemente promossa, recherà alla Chiesa - ne sono convinto - una nuova primavera spirituale. Quale punto fermo della pastorale biblica, la Lectio divina va perciò ulteriormente incoraggiata, mediante l’utilizzo anche di metodi nuovi, attentamente ponderati, al passo con i tempi. Mai si deve dimenticare che la Parola di Dio é lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino”. (16 settembre 2005)

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    Un tempo da vivere insieme con Gesù: sulle parole del Papa per la Quaresima, la riflessione del teologo Pierangelo Sequeri

    ◊   “Un tempo di ‘agonismo’ spirituale da vivere insieme con Gesù”, usando “le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza”: così, Benedetto XVI, ha definito ieri all’Angelus il tempo forte della Quaresima. Un periodo, aveva già sottolineato durante l’udienza generale nel Mercoledì delle Ceneri, che ci offre un’occasione propizia per convertirci e andare controcorrente. Su come vivere questo percorso di fede che ci conduce alla Pasqua, Fabio Colagrande ha intervistato mons. Pierangelo Sequeri, vicepreside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale:

    R. – Un tempo che mette a tema una radice della vita cristiana e tuttavia ha qui una particolare concentrazione. Per entrare in questa concentrazione bisogna portare se stessi, anzitutto, davanti al Signore, perché semplicemente se ci si attende da questo tempo una qualche magia, la magia non ha corso qui. Se invece si porta tutto di se stessi, allora il Signore cambia il cuore e questa concentrazione diventa per così dire capace di irradiarsi sulla vita. Porta se stesso davanti al Signore, fa il primo lavoro della Quaresima e il primo passo della conversione.

     
    D. – Il Papa ha detto anche che non siamo soli, perché la Chiesa ci accompagna e ci sostiene in questo cammino...

     
    R. – Questa dimensione mi sembra particolarmente importante oggi: rinnovare il carattere vivo di questa percezione, dei legami di Chiesa in tutto il mondo. Ci sono persone nel mondo che segnano il loro spirito con la Quaresima in condizioni già difficili: molto dispersi, alcuni devono provvedere a se stessi, si sentono persino minacciati nel loro legame con il Signore. Ecco, avere la sensazione che noi tutti siamo parte di questo e facciamo la nostra parte, questo sostiene anche loro nel nostro piccolo, ma da tutti loro siamo sostenuti. Questa è una specie di rete grandiosa che lo Spirito della Quaresima apre. Quindi, c’è una concentrazione, ma anche una dilatazione dello Spirito cristiano, che qui viene a contatto proprio con l’essenza elementare della comunione. Tutti, insieme, nei nostri legami della fede, ci presentiamo davanti al Signore e questo avviene in tutto il mondo, perché appunto questa è la Chiesa.

     
    D. – Il Papa ha ricordato che la conversione deve essere qualcosa di radicale. Ha parlato di mediocrità morale, ma ha anche detto che convertirsi non significa compiere una semplice decisione morale, ma c’è qualcosa di più, è una scelta di fede. Cosa implica questa differenza?

     
    R. – La differenza è che non si fanno semplicemente dei propositi sul comportamento, ma si prende per così dire una decisione su ciò che si è, su ciò che si vuole essere. E l’umiltà con la quale si prende questa decisione - perché il primo passo è riconoscere che non ne siamo all’altezza e per questo ci mettiamo davanti a Dio - ha come corrispettivo una cosa, secondo me, grandiosa: il Papa che parla della corrente, resistere alla corrente. Io a quel punto non fuggo, non volgo le spalle, non mi lascio portare dalla corrente che mi spinge da dietro, ma mi giro e la fronteggio. L’umiltà cristiana conquistata nella Quaresima significa che nessuno mi può togliere niente, perché quello che io ho lo consegno al Signore, significa anche rivolgersi ed essere capaci di fronteggiare la corrente. E nella nostra semplicità, con l’aiuto del Signore, rinnovare questo gesto è particolarmente vitale, perché se tutti volgiamo le spalle alla corrente anonima che ci spinge, tutti siamo ugualmente perduti e senza meta. Se qualcuno si gira, si converte, a fronteggiarla, c’è speranza per quelli che sono portati, loro malgrado travolti.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Festa della Cattedra di San Pietro. Il Papa: è il potere della verità e dell'amore

    ◊   La Chiesa celebra oggi la festa della Cattedra di San Pietro, un’importante ricorrenza liturgica che pone in luce il ministero del Vescovo di Roma al servizio dell’unità dei discepoli di Cristo. Ce ne parla Sergio Centofanti:

     
    La "cattedra", letteralmente, è il seggio fisso del vescovo, posto nella chiesa madre di una diocesi, che per questo viene detta "cattedrale", ed è il simbolo dell’autorità del vescovo e, in particolare, del suo "magistero", cioè dell’insegnamento evangelico che egli, in quanto successore degli Apostoli, è chiamato a custodire e trasmettere alla Comunità cristiana. La Cattedra di Pietro simboleggia, dunque, l’autorità del Vescovo di Roma che presiede alla comunione universale della carità, tutelando la varietà legittima delle Chiese particolari e vegliando affinché ciò che è particolare, non solo non danneggi l’unità, ma piuttosto la serva. Il Primato del Papa – spiega Benedetto XVI – non è perciò un potere secondo le modalità di questo mondo ma si inserisce nella sequela di Cristo:

     
    “È il potere del bene – della verità e dell'amore, che è più forte della morte. Sì, è vera la sua promessa: i poteri della morte, le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa che Egli ha edificato su Pietro (cfr Mt 16, 18) e che Egli, proprio in questo modo, continua ad edificare personalmente”. (Omelia del 29 giugno 2006)

     
    La Chiesa – sottolinea il Papa - è sempre Chiesa di Cristo e non di Pietro che svolge il suo ruolo con le sue fragilità umane nella consapevolezza che Cristo è la roccia:

     
    “Così anche nel ministero di Pietro si rivela, da una parte, la debolezza di ciò che è proprio dell'uomo, ma insieme anche la forza di Dio: proprio nella debolezza degli uomini il Signore manifesta la sua forza; dimostra che è Lui stesso a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa”. (Omelia del 29 giugno 2006)

     
    Benedetto XVI chiede il sostegno della preghiera:

     
    “Questa festa mi offre l’occasione per chiedervi di accompagnarmi con le vostre preghiere, perché possa compiere fedelmente l’alto compito che la Provvidenza divina mi ha affidato quale Successore dell’apostolo Pietro”. (Angelus del 22 febbraio 2009)

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Machala (Ecuador), presentata da mons. Néstor Rafael Herrera Heredia, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Luis Antonio Sánchez Armijos, salesiano, finora vescovo di Tulcán. Mons. Luis Antonio Sánchez Armijos è nato il 27 giugno 1943 a Olmedo, diocesi di Loja. Il 31 gennaio 1975 è stato ordinato sacerdote a Quito. Nel 1980 ha ottenuto il Dottorato in Teologia Dogmatica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma. Nominato vescovo di Tulcán il 15 giugno 2002, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 27 luglio successivo.

    Il Santo Padre ha nominato capo della Cancelleria del Tribunale della Rota Romana mons. Antonio Bartolacci, officiale del medesimo dicastero.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Uomo di compassione, “ponte” tra Dio e il mondo: il testo integrale della lectio divina sul sacerdozio svolta da Benedetto XVI durante l'incontro di inizio Quaresima con il clero di Roma.

    Il mondo si migliora incominciando da se stessi: all'Angelus il Papa invita a non cedere alle tentazioni del potere e dell'orgoglio.

    La fortuna aiuta gli audaci: nell'informazione internazionale, un articolo di Gabriele Nicolò sulle voci seguite all'arresto, in Pakistan, del mullah Baradar.

    Afghanistan, la tragedia degli errori: il generale McChrystal definisce un drammatico incidente l'uccisione di trentatré civili in un raid della Nato.
     Alta tensione tra Israele e Unione Europea dopo l'uccisione del leader di Hamas Mabhouh.

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    Oggi in Primo Piano



    Nuova scossa ad Haiti. L'impegno dell'Ifad per i terremotati

    ◊   Una scossa di magnitudo 4.7 Richter ha colpito stamani Haiti. Un sisma che ricorda drammaticamente quanto sia difficile tornare alla normalità nell'isola caraibica. Intanto potrebbe salire a 300 mila morti il bilancio del devastante terremoto che ha colpito Haiti quasi un mese e mezzo fa. Ad annunciarlo il presidente haitiano Preval, intervenuto al summit dei Paesi caraibici, in corso in Messico. Ad Haiti, in questa fase di ricostruzione, è particolarmente impegnato anche il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad). Scopo del suo intervento è quello di garantire la sicurezza alimentare alle popolazioni terremotate. Un impegno su cui si sofferma Annina Lubbock, responsabile del settore pari opportunità dell'Ifad, intervistata da Lucas Duran:

    R. – L’Ifad è presente ad Haiti da oltre 30 anni con programmi nelle zone rurali di lotta alla povertà. In occasione del terremoto, l’Ifad ha stanziato più di tre milioni di dollari per un programma speciale di riabilitazione dopo il terremoto. Tale stanziamento è diretto evidentemente alle zone rurali, perché è lì che lavoriamo. E' lì che c’è un problema, forse, non a tutti presente: tanti hanno perso la casa, la famiglia e c’è un fenomeno di ritorno alle zone rurali.Ci sono famiglie rurali che si trovano a dover accogliere familiari che non hanno più casa, che hanno perso parenti e tutti i loro mezzi di sussistenza. Questo è un programma per cercare di creare impiego in piccole imprese nelle zone rurali ed anche per dare cibo.

     
    D. – Ricordiamo che 3 milioni e 200 mila dollari sono stati stanziati ed è stato un impegno assunto proprio durante il governo. L’Ifad ha in programma anche un’ulteriore iniziativa per l’8 marzo: qualcosa di speciale per le donne haitiane…

     
    R. – Questa è un’iniziativa che facciamo insieme con le altre agenzie delle Nazioni Unite a Roma e, quindi, anche insieme con la Fao ed il Programma Alimentare Mondiale. Abbiamo deciso di tenere questo evento proprio nella sede del Programma alimentare mondiale. Il tema di quest’anno è “Uguali diritti, uguali opportunità e progresso per tutti”. Questo tema era già deciso, ma dopo il terremoto si è deciso di dedicare questa giornata, in particolare, al coraggio delle donne haitiane, che hanno reagito in modo veramente straordinario durante il terremoto. Ci saranno delle donne di Haiti che saranno presenti a Roma. Verranno anche dai progetti stessi dell’Ifad, perché le donne hanno avuto un ruolo straordinario – ad esempio – nella distribuzione del cibo: nel momento in cui le donne hanno preso in mano la distribuzione del cibo, le cose sono cominciate ad andare molto meglio. Essendo poi così radicate nelle comunità, hanno avuto un ruolo importantissimo nel fornire, a tutti coloro cui dovevano dare aiuti, dati sui numeri delle vittime, sul numero dei dispersi. Hanno aiutato a identificare quali fossero i sottogruppi di popolazione che erano in particolare condizioni di necessità. Tutto questo nonostante il fatto che siano state in realtà fra le più colpite.

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    Cristiani e musulmani uniti per dare speranza al Medio Oriente

    ◊   “Il futuro è vivere insieme. Cristiani e musulmani del Medio Oriente in dialogo”. Questo l’appuntamento organizzato per oggi a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, che riunisce nella sede di Trastevere i principali esponenti delle comunità religiose e culturali mediorientali. Il servizio di Giada Aquilino:

    “Siamo portatori di speranza”. Questa la certezza della Comunità di Sant’Egidio nel confrontarsi con la difficile realtà dei cristiani in Medio Oriente, una terra il cui futuro passa per il dialogo col mondo islamico. In Iraq la situazione per la comunità cristiana rimane davvero difficile: l’esodo dei fedeli dal Paese del Golfo è inarrestabile, anche alla vigilia di un appuntamento cruciale come quello delle elezioni parlamentari del prossimo 7 marzo. La testimonianza di mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk dei Caldei:

     
    R. - Noi siamo iracheni, originari di questo Paese. Abbiamo dato tanto all’Islam, abbiamo aperto le nostre scuole, i nostri ospedali, i monasteri, le chiese. Abbiamo messo a disposizione il linguaggio teologico, scientifico e filosofico. Ma ora siamo lasciati un po’ al di fuori, emarginati, non sappiamo come agire perché non c’è un’autorità.

     
    D. – Lei ha detto di temere che l’Iraq vada verso una divisione…

     
    R. – Perché c’è una grande tensione fra sciiti e sunniti ed anche curdi. Il Kurdistan è quasi uno Stato adesso. Ciò che può garantire la coesistenza di tante comunità è proprio lo Stato, cioè la politica del governo.

     
    D. – Di fronte ai recenti assassini di cristiani in Iraq qual è la vostra reazione?

     
    R. – Sono molto triste e preoccupato. C’è un piano, soprattutto a Mossul, per "svuotare" la città dai cristiani.

     
    D. – In cosa sperate allora?

     
    R. – Dobbiamo rimanere e portare questa Croce per noi e per il nostro Paese. Poi diamo una testimonianza anche con questo sangue. Il sangue dei martiri darà il suo frutto.
     
    La pace che tarda ad arrivare anche in Terra Santa fa poi emergere ogni giorno le ferite di una comunità cristiana - anch’essa esigua, 170 mila i fedeli, che convivono con 5 milioni e mezzo di ebrei e 3 milioni di musulmani - che fa i conti col sanguinoso conflitto tra israeliani e palestinesi. Ecco padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa:

     
    R. – I cristiani in Terra Santa sono rimasti intorno all’uno per cento della popolazione, sono cristiani cattolici, ortodossi e di tante altre confessioni. E’ una presenza molto fragile ed è purtroppo in continua diminuzione.

     
    D. – Perché i cristiani stanno diminuendo in Terra Santa?

     
    R. – Sono tante le ragioni. Innanzitutto c’è un’instabilità politica che crea difficoltà economiche. Dove non c’è una politica forte anche l’economia è debole: soprattutto dentro l’Autonomia palestinese, che è una realtà molto fragile, dove lo Stato sociale non esiste. I cristiani poi hanno, in genere, una buona formazione professionale, anche di lingue, e ciò li facilita nella loro emigrazione, una loro collocazione professionale all’estero è molto più allettante che non in Terra Santa.
     
    Da più parti è arrivata l’esortazione a preparare un clima culturale nuovo, fondato sul dialogo tra cristiani e musulmani, come ha spiegato Mohammed Esslimani, teologo islamico dell’Arabia Saudita:

     
    R. – Dobbiamo superare le vecchie visioni che ci sono tra le due fedi e preparare un nuovo clima che si fondi su una buona interpretazione e sul quadro attuale delle cose.

     
    D. – Lei ha detto che “c’è bisogno di una cultura consapevole, che scelga il dialogo invece dello scontro”. Com’è possibile?

     
    R. – Dobbiamo rieducare la gente a questa nuova cultura del dialogo, perché una cultura di scontro e contrapposizione non può che portare la distruzione.

     
    D. – L’obiettivo delle religioni, oggi, quale deve essere?

     
    R. – Il primo fine delle religioni, a mio parere, è di educare la gente a vivere in pace.
     
    Dal confronto con l’altro sembra, dunque, arrivare una certezza per il futuro del Medio Oriente. Ne è convinto don Vittorio Ianari, responsabile dei rapporti con l’Islam della Comunità di Sant’Egidio:

     
    R. - Pensando al Medio Oriente, soprattutto alla presenza dei cristiani in queste terre, sia come motivazione per coloro che stanno lì, sia nel dialogo con l’islam, sia a livello politico, c’è bisogno di mettere in campo un’altra cultura, un altro modo di pensare, altri valori. Ciò è fondamentale, perché altrimenti non c’è futuro.

     
    D. – Come affrontare la realtà odierna dei cristiani in Medio Oriente, l’esodo, le violenze, gli omicidi?

     
    R. – C’è una situazione di difficoltà. Dentro questa difficoltà c’è l’esigenza di una presenza, di una memoria, di un lavoro culturale ed anche di cogliere un’opportunità che per fortuna è vera non solo per coloro che sono legati per motivi di fede, per motivi di missione a questa presenza dei cristiani in Medio Oriente ma anche un po’ più in generale. Questa situazione, dopo l’11 settembre, con la guerra in Iraq, fa crescere nell’opinione pubblica occidentale – talvolta in maniera un po’ esacerbata, un po’ fuori dalle righe, ma per lo più in maniera importante – un’attenzione alla presenza cristiana in Medio Oriente che qualche anno fa non c’era assolutamente. Si diceva in maniera stanca: soffrono, stanno emigrando, ma non c’è paragone fra quello che si poteva leggere sui giornali o sui mass media in generale una decina d’anni fa e l’attenzione di oggi. Questa è anche un’opportunità per far sì che effettivamente questa situazione evolva in maniera migliore.

     
    D. – Oggi il dialogo tra cristiani e musulmani per dove passa?

     
    R. – Passa per una grande pazienza, una “pazienza geologica” come si diceva in passato, e per una qualche passione. Il dialogo è un po’ come la preghiera.

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    Rapito dalla Bellezza dell’incontro con Cristo: don Carrón ricorda Don Giussani nel quinto anniversario della morte

    ◊   Da Parigi a Nairobi, da Varsavia a Montevideo, sono numerosissime le comunità cristiane che, in tutto il mondo, ricordano oggi la figura di Don Luigi Giussani, nel quinto anniversario della morte. Un segno dei tanti frutti dell’opera svolta dal Fondatore del Movimento Comunione e Liberazione (Cl). Il 24 febbraio 2005, celebrando i suoi funerali nel Duomo di Milano, l’allora cardinale Joseph Ratzinger sottolineò che Don Giussani “cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita, e così ha trovato Cristo, in Cristo la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia”. Sullo spirito con il quale Cl vive questa commemorazione, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione:

    R. – Sempre più andiamo avanti e sempre più sentiamo la paternità di Don Giussani, sempre più vediamo che effetto ha sulla nostra vita e questo ci suscita la gratitudine nei suoi confronti. Per questo ci teniamo a celebrare questo anniversario con una Messa, proprio per ringraziarlo per tutto quanto continua a darci.
     
    D. – "All’inizio dell’essere cristiano – si legge nella “Deus caritas est” – non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona". C’è tanto Don Giussani in queste parole del Papa. Come proporre oggi questo incontro, soprattutto a chi è lontano?

     
    R. – Questa è stata la grande intuizione di Don Giussani. Proprio quando si pensava che tutto fosse più vicino, che le persone fossero più vicine, Don Giussani è ripartito da questa proposta del cristianesimo come di un avvenimento che entra in linea con la struttura più profonda dell’essere umano, che è il cuore. Questo rimane sempre: il cuore, anche nelle situazioni più lontane delle persone, nelle ferite della vita, nelle domande più urgenti che l’uomo trova dentro di sé, aspetta una risposta. E questo nessuna situazione culturale e sociale lo può cambiare ed è per questo che tanto più ci sono urgenze nella vita, tanto più l’uomo è aperto al possibile incontro con il cristianesimo. E lo incontra non come una regola, ma come una testimonianza in una Persona!

     
    D. – "L’uomo non è capace di essere se stesso, di rimanere uomo, se non con l’aiuto di Cristo, diceva Don Giussani". Un richiamo oggi particolarmente attuale in un tempo dove l’uomo vive nell’ambizione della totale autodeterminazione e autosufficienza…

     
    R. – Tutti sappiamo per esperienza che noi non ce la facciamo da soli, non ce la facciamo a darci la gioia, non ce la facciamo a darci il senso, la letizia, la pace. Tutto questo è al di là delle nostre capacità. Stupisce come l’uomo continui a proporre ancora delle soluzioni che si sono già mostrate ampiamente fallimentari. Occorre la semplicità, che ha l’uomo semplice, di aprirsi a Qualcosa che ha proprio l’energia e la capacità di darci quello che noi non riusciamo a fare da soli.

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    Chiusura dell’ostensione delle reliquie di Sant’Antonio: la riflessione di mons. Paolo Doni

    ◊   Circa 200 mila pellegrini, 80 ore di esposizione, 150 mila preghiere presentate, 60 frati al fianco dei fedeli, 320 volontari: sono alcuni dei numeri registrati dal 15 al 20 febbraio a Padova, nella Basilica dove sono state esposte le spoglie di Sant’Antonio. L’evento ha indotto molti a chiedersi se la fede oggi abbia ancora bisogno di forme esteriori, se si crede con il cuore o con la vista, se c’è il pericolo di uno sviamento superstizioso quando ci si trova di fronte a delle reliquie. Tiziana Campisi ne ha parlato con il vicario generale della diocesi di Padova, mons. Paolo Doni:

    R. – C’è stato un movimento spontaneo da parte di moltissime persone e non soltanto della città e della diocesi, ma anche di tante altre parti d'Italia ed anche dall’estero. Il che vuol dire che le persone, secondo noi, hanno un grande bisogno di avere un punto di riferimento spirituale, di una persona – in questo caso Sant’Antonio – che è sentita come un amico delle persone e delle famiglie e quindi il desiderio di rivolgersi a lui. Io credo, noi crediamo, che questa sia davvero una grande esperienza spirituale. La diocesi di Padova gode da sempre della presenza del Santo e non è soltanto una presenza logistica, ma è una presenza qualitativa nel senso che quello che Antonio ha rappresentato a suo tempo e continua ancora a rappresentare oggi – penso all’amore per i poveri, ma pensiamo anche al suo amore per la giustizia, per la legalità - continuano ad essere degli elementi che in qualche modo sono entrati nel Dna della Chiesa e della popolazione del territorio, della cultura del territorio. Questa presenza di Antonio, con i valori che ha proposto e che continua a proporre, si è in questi giorni come rinnovata. E’ una persona che continua ad essere viva e riesce ad arricchire e a vivacizzare la cultura di questa terra.
     
    D. – Sant’Antonio per i padovani è "il Santo" e c’è un legame molto forte con questa figura. L’esposizione delle spoglie di Sant’Antonio ha però richiamato tantissima gente anche al di fuori della diocesi di Padova. Come mai?

     
    R. – La cosa sorprendente è che tutte queste persone – era una processione infinita - avevano una percezione chiara, quella cioè di non trovarsi davanti ad un morto, ad uno scheletro, a delle ossa, ma di trovarsi davanti ad una persona che c’è e che è viva. Io credo che sia questo il motivo che spiega un fenomeno come questo. La presenza di una persona – in questo caso Antonio – che è una persona non del passato, ma del presente. E questo se lo leggiamo dal punto di vista della fede, in forza di quella grande verità che è la comunione dei Santi, supera i tempi e supera gli spazi.

     
    D. – Ma perché questi eventi colpiscono così tanto e toccano molto di più la sensibilità dei fedeli?

     
    R. – Perché c’è un bisogno incredibile, in questo momento, di riferimenti spirituali, etici ed ideali in un mondo che sembra essere diventato arido da questo punto di vista.

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    Oscurato su Facebook il gruppo contro i bambini con la sindrome di Down

    ◊   E' stato oscurato il gruppo-choc su Facebook intitolato “Deridiamo i bambini Down”, che in poche ore aveva ottenuto oltre 1.300 adesioni. All’interno del sito la foto di un neonato e l’invito a "giocare al tiro al bersaglio”. “Questi gruppi rappresentano un fatto grave generato da una cultura crescente che denigra il più debole” ribadisce Tonino Cantelmi presidente degli psicologi psichiatri cattolici italiani. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – La rete nel suo insieme è un sistema che altera il livello tra pubblico e privato, quindi abbassa molto la soglia di percezione della responsabilità del proprio agire e quindi consente di dire delle cose che probabilmente mai sarebbero dette in pubblico. Questo fa sì che persone che possono provare impulsi anche negativi – pensiamo per esempio a tutta l’area pedofila, che si sviluppa in rete – possano esprimere pensieri e trovare persino persone che si aggregano a questo.

     
    D. – Cose che non sarebbero mai dette in pubblico, ma che si vorrebbe dire in pubblico...

     
    R. – I soggetti tendono a dire delle cose intime, personali, a volte anche degli impulsi negativi, delle idee negative, con una facilità estrema. Su queste idee si vanno ad aggregare poi persone altrettanto facilmente influenzabili, in una sorta di gioco alla deresponsabilizzazione. Poiché in rete molte persone non percepiscono il proprio agire come un qualcosa che ha delle conseguenze, tendono a dire e a fare delle cose estremamente negative.

     
    D. – Quasi come fosse uno sfogo senza conseguenze, anche se poi in realtà delle conseguenze ci sono, nel senso che poi viene reso pubblico un pensiero che può fare veramente del male...

     
    R. – In questo senso dico che la rete ha delle responsabilità, perché appunto favorisce la deresponsabilizzazione e favorisce l’impulsività, favorisce anche l’emergere di tutta quella negatività, che è comunque nell’uomo, ma più che emergere poi l’amplifica, l’accelera e la ingrandisce a dismisura. Io direi che in rete dovremmo avere un’etica maggiore nel comportarci, perché quello che diciamo in rete poi arriva in tutto il mondo.

     
    D. – Ma lasciare le cose come stanno, quindi non intervenire su una regolamentazione del web, potrebbe far sì che poi certi concetti, appunto aberranti, passino come normali?

     
    R. – Non c’è dubbio che ciò che avviene nella vita virtuale poi vada ad influenzare quella reale e lasciare le cose così come stanno non farebbe altro che contribuire all’imbarbarimento della civiltà cui stiamo assistendo in questi ultimi anni. Questo gruppo sorto su Facebook è semplicemente l’epifenomeno di una cultura della denigrazione del diverso, che è molto più diffusa di quello che immaginiamo e che riguarda purtroppo anche gli altri strumenti di comunicazione, in modo particolare la tv, che propone dei modelli irraggiungibili e distrugge tutto ciò che è debole, tutto ciò che è diverso, tutto ciò che in qualche modo non è commerciale.

     
    D. – In una società, che è tanto attenta giustamente alla promozione dei diritti umani, del più debole, del diverso, poi tali diritti vengono cancellati con un clic...

     
    R. – Questo tipo di contraddizione viene favorita dallo strumento: lo strumento consente con un clic appunto di ricominciare da capo. Quindi, immaginiamo quello che succede nei videogiochi, dove si trasmette la possibilità di fare qualunque cosa, anche la peggiore, e poi di poter ricominciare da capo. Tutto questo determina una forza di desensibilizzazione rispetto all’aggressività, rispetto alla violenza, rispetto al rispetto dei valori.

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    Chiesa e Società



    I vescovi di Mossul al governo: fermare subito le violenze anticristiane

    ◊   “Le autorità devono assumersi la piena responsabilità per salvaguardare la presenza cristiana a Mossul. C’è bisogno di un intervento internazionale per spingere il governo centrale e quello locale ad agire immediatamente”. E’ quanto dichiara all’agenzia Fides l’arcivescovo siro cattolico di Mossul, Basile Georges Casmoussa, dopo la drammatica serie di sequestri e omicidi che hanno scosso, negli ultimi giorni, la comunità cristiana della città irachena. I vescovi cristiani di Mossul hanno scritto e consegnato al governo locale un accorato appello firmato da mons. Gregorios Saliba, arcivescovo siro ortodosso, mons. Georges Casmoussa e dall’arcivescovo caldeo cattolico, Emile Nona. Nel testo si denuncia la violenza contro “i figli cristiani della città di Mossul”. “Questi atti ripetuti – si sottolinea nel documento – ci fanno pensare di essere indesiderati in questa città, che è la nostra patria”. I presuli ricordano inoltre che i cristiani hanno partecipato “direttamente e con grande efficacia all’edificazione della civiltà a Mossul” offrendo un fecondo contributo anche nell’arte, nella cultura e nel pensiero. I vescovi poi si chiedono: "Il sangue dei figli dell’Iraq, di vescovi e preti continuerà ad essere versato impunemente, senza alcuna ricerca degli assassini? Al governo di Mossul e a quello di Baghdad – scrivono i vescovi – chiediamo di assumersi piena responsabilità, di operare per la sicurezza dei cittadini, specialmente per i fedeli delle minoranze cristiane”. (A.L.)

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    Consiglio ecumenico delle Chiese: apprezzamento per il Consiglio dei leader cristiani in Iraq

    ◊   “Grande speranza e profonda soddisfazione”. Con queste parole il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Olav Fykse Tveit, ha salutato in una lettera ripresa dall’Osservatore Romano l’avvenuta costituzione del Consiglio dei leader della comunità cristiana in Iraq. L’organismo ha l’obiettivo di esprimere con un’unica voce le istanze della comunità a tutti i livelli. La decisione di istituire l’organismo è stata presa in occasione di una riunione svoltasi nel monastero armeno ortodosso di San Garabed, a Baghdad. Il Consiglio ha eletto come segretario generale dell’organismo l’arcivescovo della Chiesa apostolica armena in Iraq, Avaq Asadourian e come vice, l’arcivescovo siro cattolico di Mossul, Basile Georges Casmoussa. Nella lettera indirizzata al Consiglio dei leader della comunità cristiana in Iraq, Olav Fykse Tveit sottolinea che il Consiglio ecumenico delle Chiese da sempre è convinto che “la comunità cristiana nel Paese arabo è parte essenziale della società e una componente attiva della nazione”: i cristiani non si sono mai sentiti semplicemente come una minoranza che guarda soltanto ai propri interessi, ma “hanno sempre mostrato il loro profondo radicamento nella storia e nella civiltà del Paese”. Per il segretario del Consiglio ecumenico delle Chiese la nascita del nuovo organismo “è uno sviluppo che rappresenta un buon auspicio sia per il futuro delle comunità religiose in Iraq sia per l’intera nazione”. Nella lettera si ricorda infine che i leader religiosi “hanno espresso in maniera chiara la loro volontà di sostenere allo stesso tempo la comunità cristiana e di promuovere la partecipazione dei suoi membri nella vita pubblica, sulla base dei diritti di cittadinanza, allo scopo di costituire una nazione che sia una ‘casa’ per tutti”. (A.L.)

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    Bangladesh. Scontri fra tribali e coloni: otto morti, chiese e pagode incendiate

    ◊   Una chiesa, una pagoda e un ufficio Onu incendiati, almeno otto morti, un centinaio di feriti e più di 50 case bruciate. È il bilancio degli scontri avvenuti nei giorni scorsi fra le minoranze tribali e i coloni bangladeshi nell’upazila di Baghaichhari, nel sud-est del Paese, distante circa 400 km dalla capitale Dhaka. L’intervento dell’esercito ha contributo ad alimentare la tensione: fonti locali riferiscono che i militari hanno aperto il fuoco in modo indiscriminato sulla folla. Surendranath Chakrabarti, vice-commissario del distretto di Rangamati, conferma ad AsiaNews che “una chiesa, una pagoda e un ufficio delle Nazioni Unite sono stati incendiati”. Colpita anche una statua del Buddha situata nel monastero buddista di Banani, mentre un’altra statua, donata dalla Thailandia al monastero, è stata depredata. Egli aggiunge che sarebbero una cinquantina le case incendiate a Baghaichhari. Lo scorso 20 febbraio l’amministrazione locale ha chiesto l’intervento dell’esercito per sedare gli scontri fra coloni e minoranze, divampati in seguito a contese sui terreni. Le autorità hanno imposto una sorta di coprifuoco, attuando l’articolo 144 del codice penale che proibisce riunioni in pubblico con più di cinque persone. Tuttavia i militari e le forze di sicurezza hanno iniziato a bruciare le case, per favorire l’insediamento dei coloni bangladeshi e cacciare i tribali, a maggioranza cristiana e buddista. Leader delle minoranze locali parlano di cinque morti nelle violenze, ma le vittime potrebbero essere otto. Alcuni testimoni, presenti al momento degli scontri, aggiungono che i militari avrebbero iniziato a sparare “in modo indiscriminato” sulla folla. La polizia conferma il decesso di una donna, Buddhapudi Chakma di 40 anni, “uccisa a colpi di pistola”. Negli anni ’80 il governo di Dhaka ha stanziato migliaia di cittadini bangladeshi, la maggior parte dei quali vittime delle alluvioni, nella regione collinare di Chittagong. Una decisione che ha scatenato violenti conflitti per la proprietà dei terreni, contesi fra le minoranze etnico-religiose e la maggioranza musulmana. Quest'oggi l’esecutivo ha assicurato che ricostruirà i luoghi di culto distrutti negli scontri. (R.P.)

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    India: per ritratto blasfemo di Cristo, scontri e due chiese distrutte

    ◊   Si allarga la protesta per la diffusione di un ritratto blasfemo di Cristo, pubblicato su un testo scolastico edito a New Delhi e adottato nelle scuole indiane. Il testo, dell’editrice Skyline Publications, riporta il ritratto di Cristo che ha in una mano una sigaretta e nell’altra una bottiglia di birra. I cristiani locali hanno protestato in modo pacifico, chiedendo la rimozione delle immagini. Nella città di Batala (distretto di Gurdaspur) la situazione è degenerata: alcuni giovani cristiani hanno cercato di rimuovere i manifesti presenti in un mercato di commercianti a prevalenza indù, ma altri giovani, estremisti indù, hanno cercato di fermarli. Ne è seguita una rissa e la violenza si è estesa all’intera città. Due chiese protestanti sono state attaccate, incendiate e rase al suolo. Le autorità locali hanno decretato un coprifuoco che oggi è stato rimosso. Ma la situazione resta molto tesa. Mons. Anil Joseph Thomas Couto, vescovo di Jalandhar, ha lanciato un appello alla calma e alla fratellanza. Il presule ha detto che dobbiamo essere “orgogliosi” della propria religione, senza dimenticare al contempo il messaggio “di pace e amore portato da Gesù Cristo”. Il caso del ritratto blasfemo – ricorda l’agenzia Fides - è giunto alla ribalta quando nello Stato di Meghalaya le suore cattoliche della Congregazione di Nostra Signora delle Missioni hanno notato l’immagine su un testo scolastico per bambini. Le religiose hanno chiesto ai ragazzi di riconsegnare i testi e hanno inviato una lettera alle autorità esprimendo sdegno e amarezza per la totale mancanza di rispetto verso simboli religiosi cristiani. Il governo dello Stato di Meghalaya ha ordinato il ritiro del libro. Le Chiese cristiane in India stanno prendendo provvedimenti: “Abbiamo chiesto a tutte le scuole cattoliche in India di ritirare il testo e di boicottare tutti i libri della Skyline Publications”, ha detto padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale dell’India. Si sta anche esaminando la possibilità di promuovere un’azione legale, a livello ecumenico, contro la casa editrice. (A.L.)

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    Spagna: il cardinale Rouco Varela fa il punto sui preparativi della GMG 2011 di Madrid

    ◊   Il cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, ha illustrato alla stampa internazionale le ultime novità della Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà nella capitale spagnola nell'agosto 2011. Il porporato - riferisce l'agenazia Zenit - ha ringraziato le amministrazioni pubbliche per il clima di collaborazione: oltre a fornire spazi cittadini e strutture pubbliche, alla GMG è stato riconosciuto il carattere di avvenimento di interesse pubblico straordinario, permettendo benefici fiscali alle imprese che patrocinano l'evento. La collaborazione con il Governo spagnolo si estende anche al rilascio dei visti con formule facilitate per accogliere le persone che provengono da Paesi che necessitano di questo iter. Tra le varie celebrazioni in programma spicca la Via Crucis che si svolgerà lungo il paseo de la Castellana, l'asse viario della capitale spagnola. “Sarà una grande manifestazione culturale della Settimana Santa spagnola”, ha spiegato il porporato, aggiungendo che riunirà Passioni di grande valore artistico e religioso provenienti da tutto il Paese. La GMG inizierà con l'accoglienza al Papa e una Messa a plaza de Cibeles, nel centro della città, il 16 agosto. La veglia e l'Eucaristia conclusiva della Giornata si svolgeranno invece il 19 e il 20 agosto nella base aerea di Cuatro Vientos. L'arcivescovo di Madrid ha ribadito che la sfida principale sarà quella logistica: “Dobbiamo essere preparati – ha detto - ad accogliere due milioni di giovani, dar loro da mangiare e fornire un luogo in cui dormire”. Molte famiglie madrilene hanno già offerto ospitalità. “Madrid sarà una grande festa internazionale”, ha dichiarato il cardinale Rouco, “con una maggioranza di europei ma anche con molti giovani di Africa, America Latina e Asia”. La maggior parte dei giovani che assistono alla GMG è composta da cattolici, ma l'evento è aperto a persone di qualsiasi confessione religiosa e agnostici. “Tutti verranno accolti con rispetto, affetto e fraternità”, ha rassicurato il porporato. “La verità si propone, non si impone”, ha sottolineato citando Giovanni Paolo II, che lo disse ai giovani a Cuatro Vientos nella sua ultima visita in Spagna nel 2003. Rispondendo alle domande dei giornalisti sulla situazione religiosa della gioventù in Europa, il cardinale Rouco Varela, pur riconoscendo che ci sono problemi, si è detto “molto ottimista sulla gioventù europea”. “Non si può generalizzare dicendo che i giovani hanno rotto con le loro radici cristiane; in Spagna e in molti altri Paesi infatti, si osserva una rinascita della fede in molti di loro”. Ha anche ricordato che le GMG, iniziate 25 anni fa, segnano un'inversione di tendenza in molti luoghi, e lasciano un segno nella vita dei giovani. In questo senso - ha dichiarato - “è un fatto quasi automatico che dopo ogni GMG aumentino le vocazioni sacerdotali o alla vita consacrata”. (R.G.)

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    Haiti: va avanti il progetto dei gesuiti per la ricostruzione

    ◊   Subito dopo le prime emergenze conseguenti al terremoto che ha devastato Haiti il 12 gennaio, i gesuiti, insieme ad altri collaboratori, hanno costituito un "Comitato d'Urgenza haitiano-dominicano" che si riunisce periodicamente per esaminare le necessità e adattare gli interventi di aiuto alimentare e sanitario secondo l'evoluzione della realtà. Come riferisce la Curia generalizia all'agenzia Fides, i gesuiti hanno anche costituito un piccolo comitato di cinque persone, con sede presso il noviziato di Tabarre, per la messa a punto di un progetto di ricostruzione, una volta superata la fase di emergenza. Ieri un primo abbozzo di questo progetto è stato oggetto di una conferenza-dibattito alla presenza di numerosi invitati e dei rappresentanti dei mezzi di comunicazione di Port-au-Prince. "Questo documento - dice il padre François Kawas, coordinatore del Comitato d'Urgenza - sarà comunicato ai responsabili politici e ad altri. Saranno anche organizzati incontri con i responsabili delle agenzie delle Nazioni Uniti per far sentire loro la voce della popolazione, in particolare dei più poveri che non hanno voce, sia sull'aiuto d'urgenza, come pure sulla futura ricostruzione del Paese". In un altro comunicato padre Kawas, riferendosi sempre al lavoro del Comitato, scrive: "Abbiamo esaminato insieme le difficoltà, i successi e gli aspetti che devono essere migliorati. La grande preoccupazione è come trovare alloggi per la popolazione. La situazione resta molto precaria nelle abitazioni di fortuna. L'assistenza sanitaria è stata eccellente per le cure d'urgenza, ma le condizioni igieniche restano precarie". Insieme agli aiuti immediati quindi, si è anche messo in moto un progetto per il futuro, per far rinascere la speranza. (R.P.)

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    Il cardinale Rivera Carrera ricorda padre Parra Puerto ucciso in Messico

    ◊   L’arcivescovo di Città del Messico, cardinale Norberto Rivera Carrera, ha chiesto di pregare ieri, nel corso della celebrazione eucaristica, per padre José Luis Parra Puerto, ucciso mercoledì scorso in seguito al tentativo di furto del furgone su cui viaggiava. Il portavoce dell’arcidiocesi, padre Hugo Valdemar Romero, ha confermato ai giornalisti che il collegio di avvocati cattolici del Messico stava collaborando attivamente con il procuratore per chiarire fino in fondo tutti gli aspetti dell’omicidio del sacerdote. Nei giorni scorsi alcuni organi di stampa hanno affermato che il furto del veicolo non poteva costituire la causa della tragedia. Padre Valdemar, oltre a ringraziare la disponibilità delle autorità giuridiche e del Ministero degli interni, ha precisato che “ci sono ancora diverse questioni da chiarire anche perché per ora abbiamo le dichiarazioni solo di una persona”. Sempre ieri, il cardinale Norberto Rivera Carrera ha partecipato inoltre al raduno dei Legionari di Cristo dedicato alla “Gioventù e alla famiglia”, al quale hanno presso parte migliaia di persone. Nel corso dell’omelia il porporato ha sottolineato “che l’amore vero si trova nella famiglia e che la felicità nel matrimonio si raggiunge seguendo il volere di Dio”. Rivolgendosi in particolare ai giovani, che erano la stragrande maggioranza dei partecipanti al convegno dei legionari di Cristo, il cardinale ha poi chiesto: “Siete disposti a lasciare da parte l’ambizione, la corruzione, l’egoismo, per seguire Gesù? Siete disposti a rispondere alla chiamata coniugale o a quella sacerdotale con un cuore aperto e generoso, pulito da ogni forma di egoismo?” Queste domande, ha aggiunto il cardinale Rivera, sono cruciali “perché in Dio c’è il vero amore e la vera felicità”. Congedandosi, l’arcivescovo di Città del Messico ha voluto anche aggiungere che “Dio è nella carità e nell’amore, e in primo luogo nella carità e nell’amore che germoglia nella famiglia” “dove la voce e lo sguardo della madre e del padre sono i mattoni di quest’amore”. (A cura di Luis Badilla)

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    L’arcivescovo di San Salvador: educazione e prevenzione contro la violenza

    ◊   Nel suo tradizionale incontro con i giornalisti dopo la Santa Messa della domenica, mons. José Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, è tornato sulla questione della violenza e dell’insicurezza che colpisce il Paese centroamericano. Il presule ha rinnovato il sostegno della Chiesa ai programmi governativi contro la violenza e ha molto insistito sulla necessità di dare priorità alla prevenzione e all'educazione. “Suggerisco al presidente - ha detto - di tener molto presente sia la prevenzione sia la formazione poiché ciò di cui abbiamo tutti bisogno è di offrire strade che siano accessibili per superare questa violenza”. L’arcivescovo si riferiva alla Politica nazionale per la giustizia, la sicurezza e la convivenza illustrata venerdì scorso al Paese dal presidente Mauricio Funes dopo un ampio giro di consultazioni con tutti i settori della società salvadoregna, tra cui la Chiesa cattolica. Come già aveva precisato nei giorni scorsi, l’arcivescovo di San Salvador, non ha scartato l’idea di chiedere aiuto e sostegno ad altri Paesi amici. Si tratta di proporre “piani veramente efficaci per superare questa situazione”, “chiari e definiti all’interno di una cornice giuridica stabile” e con lo “scopo di proteggere i nostri giovani sottraendoli da ogni tentazione violenta”. “Non critico il piano - ha aggiunto il presule - mi limito come già abbiamo indicato alle autorità, a sottolineare gli aspetti della prevenzione e della formazione” poiché “alla fine si tratta di educare le nuove generazioni alla cultura della vita e della convivenza”. Il piano annunciato dal governo, che avrà un costo di 70 milioni di dollari circa mette l’accento anche sugli aspetti del “controllo e della repressione dei reati”, in particolare in 100 comunità individuate come quelle con il più alto tasso di violenza di ogni tipo (bande giovanili, narcotraffico, furti, bullismo, delinquenza organizzata, microcriminalità, ecc.). Il piano, che è ancora in fase di definizione, dovrà avere inizio a livello nazionale il 15 marzo. Particolare attenzione sarà data ai molti varchi di frontiera, non sempre facili da controllare, e al disarmo. Nel Paese circolano troppe armi leggere e quasi sempre in modo illegale. Il Parlamento ha autorizzato che possano essere controllate, dietro ordine giudiziario, le comunicazioni e la posta elettronica di gruppi o persone sospette. Si ricorda che nel 2009 in Salvador si sono registrate 4.365 morti violente, 12 morti ammazzati ogni 24 ore. (L.B.)

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    Anglo-cattolici: Giornata di preghiera per "discernere la via da seguire"

    ◊   Oggi in tutta la Gran Bretagna gli anglo-cattolici celebrano una “Giornata di preghiera” per “riflettere e discernere la via da seguire” in seguito alla pubblicazione in novembre da parte della Santa sede della Costituzione “Anglicanorum coetibus”. L’iniziativa - riferisce l'agenzia Sir - è promossa da “Forward in faith”, il gruppo che rappresenta, all’interno della Comunione Anglicana, l’area più vicina alla Chiesa cattolica, contraria soprattutto all’ordinazione delle donne al sacerdozio e all’episcopato. In molte parrocchie di Inghilterra e Galles cattolici e anglo-cattolici pregheranno insieme sul loro futuro. Nella presentazione dell’iniziativa si sottolinea come la data del 22 febbraio coincida con la festa della cattedra di san Pietro, una importante ricorrenza liturgica, che ricorda il ministero svolto dal successore di Pietro. Nella documentazione che “Forward in faith” ha preparato per la celebrazione della Giornata, si fa il punto sul dialogo cattolico-anglicano riguardo alla sede di Pietro. Nella documentazione, si afferma: “Nel XVI secolo, gli anglicani hanno rifiutato la giurisdizione del vescovo di Roma come primato universale”. “Oggi, tuttavia – si legge nel testo - alcuni anglicani stanno cominciando a considerare il valore potenziale di un ministero di primato universale che potrebbe essere esercitato dal vescovo di Roma come segno e focus dell’unità all’interno di una Chiesa ri-unita”. Nella stessa documentazione si precisa che “nonostante le notizie di stampa” la Giornata odierna di preghiera “non è un giorno di decisione. La Costituzione Apostolica (Coetibus Anglicanorum) non è un punto di crisi, ma l'apertura, in modo permanente, di un nuovo modo di entrare in unità con la Sede di Pietro. Le decisioni su come e se questo debba accadere per ciascuno di noi avverranno in luoghi differenti e in differenti momenti. La data di oggi è un momento di preghiera e di discernimento. Che Dio ci benedica”. Lo scorso novembre il Papa ha pubblicato la costituzione “Anglicanorum coetibus” con la quale il Vaticano offre agli anglicani che vogliono diventare cattolici la possibilità di far parte di un ordinariato e di continuare ad usare libri di preghiera e liturgia anglicane. Molti degli anglicani che stanno pensando di diventare cattolici, aspettano il sinodo generale della chiesa di Inghilterra del prossimo luglio prima di decidere che cosa fare. Al sinodo infatti verrà discussa la possibilità di qualche misura speciale per accomodare chi è contrario all’ordinazione delle donne vescovo. (R.P.)

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    Terra Santa: incontro dell’arcivescovo anglicano Rowan Williams con il re di Giordania

    ◊   Proseguirà fino a domani la visita dell'arcivescovo anglicano di Canterbury, Rowan Williams, in Terra Santa. Il programma del viaggio in Giordania, Israele e Palestina prevede incontri con rappresentanti cristiani e con capi di Stato e di governo. Il dialogo interreligioso e la pace nella regione sono stati al centro dell’incontro con il re di Giordania Abdulla II. Il sovrano ha chiesto alla Chiesa d‘Inghilterra e ai cristiani d’Occidente di contribuire a preservare i luoghi sacri orientali di Gerusalemme. Il sovrano – si legge in un comunicato della corte reale giordana - ha sottolineato anche l'importanza del contributo delle Chiese occidentali per sostenere il piano di pace nella regione. L'arcivescovo anglicano di Canterbury, Rowan Williams, ha lodato infine gli sforzi compiuti dalla Giordania per far progredire il dialogo interreligioso. (A.L.)

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    I cristiani in Terra Santa sono solo il 2% della popolazione

    ◊   Per una migliore comprensione della vita in Terra Santa, il Patriarcato latino di Gerusalemme ha pubblicato le statistiche aggiornate sulla presenza cristiana nei Luoghi di Gesù. Dopo aver premesso che il margine di errore è di circa il 5% e che non tutte le chiese forniscono dati precisi, il Patriarcato rende noto che attualmente la popolazione cristiana in Giordania, Palestina e Israele è composta da oltre 374mila persone. In Giordania i cristiani sono 200 mila, tra cui 50 mila cattolici di rito latino. Il secondo Paese analizzato dalla ricerca è Israele. Nello Stato ebraico i cristiani sono 120 mila e tra questi 27 mila sono cattolici di rito latino. Nei Territori Palestinesi i cristiani sono circa 54 mila, tra cui 18 mila cattolici di rito latino. Complessivamente, in Giordania, Israele e Palestina vivono oltre 16 milioni di persone. I musulmani sono più di 10 milioni e gli ebrei 5 milioni e mezzo. In Terra Santa i cristiani sono dunque circa il 2% della popolazione. I dati sulla presenza cristiana riguardano anche Cipro. In questo Paese la maggior parte dei cristiani sono ortodossi, circa 770 mila. I musulmani sono almeno 200 mila. I restanti 60 mila sono maroniti, armeni, ebrei o atei. I cattolici di rito latino a Cipro sono circa 6 mila. Si precisa inoltre che nel Patriarcato Latino i sacerdoti diocesani sono 85. Sono assistiti da una trentina di religiosi, tra cui francescani, carmelitani e betharramiti. L’età media è compresa tra i 55 e i 60 anni. Attualmente i diaconi sono quattro e i seminaristi 82. Ogni anno, in media, sono due le nuove ordinazioni. (A.L.)

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    Repubblica Centrafricana: ribelli ugandesi attaccano una chiesa nella città di Rafai

    ◊   Nella Repubblica Centrafricana, 40 ribelli ugandesi del sedicente Esercito di resistenza del signore, guidati dal loro leader Joseph Kony, hanno preso d’assalto venerdì scorso una chiesa cattolica nella città meridionale di Rafai. Secondo fonti locali, i ribelli avrebbero preso in ostaggio anche 30 persone. Sono stati rapiti anche due cooperanti francesi, rilasciati dopo poche ore. Dopo l’attacco a Rafai, 900 chilometri dalla capitale Bangui, gli assalitori si sarebbero poi ritirati a Baroua. Fonti locali hanno precisato che gli uomini armati sono stati immediatamente riconosciuti dalla popolazione locale di Rafai. Le loro incursioni sono purtroppo frequenti. Un altro assalto è stato condotto lo scorso 11 febbraio nella città mineraria di Nzako. Anche in questo caso diverse persone sono state prese in ostaggio. L’Esercito di resistenza del signore, operativo dal 1988 non solo in Uganda, è stato accusato dalla Corte Penale Internazionale di numerose violazioni dei diritti umani, compresi l’omicidio, il rapimento e la riduzione in schiavitù sessuale di donne e bambini. Secondo stime dell’Onu il gruppo guerrigliero guidato da Joseph Kony ha rapito almeno 15 mila bambini per impiegarli in azioni di guerra come soldati. (A.L.)

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    Forum di Bamako: gli Stati africani s'impegnino nel settore agricolo

    ◊   Gli Stati africani devono destinare una parte significativa delle loro risorse al settore agricolo per fare della sicurezza alimentare una priorità politica: è il punto centrale dell’appello finale dei partecipanti al X Forum di Bamako, che si è concluso sabato scorso. “L’agricoltura deve diventare una missione di servizio pubblico per raggiungere lo sviluppo del continente” hanno insistito dalla capitale del Mali; ad oggi, sono ancora pochi i Paesi che destinano il 10% del proprio bilancio pubblico al settore agricolo, la soglia stabilita alcuni anni fa dall’Unione Africana (UA). Tra gli obiettivi fissati a Bamako - riferisce l'agenzia Misna - ci sono progetti differenti, che dovrebbero permettere di venire in soccorso di 250 milioni di africani che soffrono la fame. Fondamentali appaiono investimenti a medio e lungo termine per migliorare la produttività del settore grazie a infrastrutture moderne, ricerca e formazione; a Bamako, del resto, sono state chieste leggi in grado di fare dell’agricoltura un’attività più “attraente” e sostegno ai contadini per fronteggiare i cambiamenti climatici. Secondo gli esperti, 50 anni dopo l’indipendenza di numerosi Paesi del continente - un “anniversario” che ha dominato i lavori del Forum - più che i fenomeni ambientali sono gli atteggiamenti umani a essere responsabili dei risultati mediocri ottenuti finora: malgoverno, crisi politiche, conflitti armati e liberalismo imposto dalla comunità internazionale al settore agricolo africano. Al di là delle numerose sfide da affrontare, a Bamako si è sottolineato che il continente dispone di risorse naturali abbondanti e di un grande potenziale umano. Negli incontri tenuti a margine del dibattito centrale su fame e sicurezza alimentare, è stato anche evidenziato “il ruolo fondamentale dei media africani nella costruzione di una vera democrazia e di una società più consapevole” nonché l’importanza di “stanziare più fondi per l’alfabetizzazione, la cultura e la formazione di giornalisti professionisti”. Quest’anno sono 17 i Paesi africani che celebreranno il cinquantenario della loro indipendenza dalla Francia. Secondo gli intellettuali che hanno preso parte al dibattito di Bamako, però, questi Paesi “non sono ancora del tutto liberi, perché molto resta da fare in materia di buon governo, sviluppo economico, lotta alla corruzione e all’impunità”. (R.P.)

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    Tahiti: il vescovo di Papeete lamenta la disaffezione dei fedeli al Sacramento della riconciliazione

    ◊   “Il Sacramento della riconciliazione”: questo il tema pastorale dell’anno 2010, scelto nell’arcidiocesi di Papeete sull’isola di Tahiti, secondo quanto annuncia l’arcivescovo della capitale di Polinesia francese, mons. Hubert Coppenrath, in una Lettera pastorale, di cui riferisce l’agenzia Fides. Tra le motivazioni della scelta, mons. Coppenrath sottolinea la crescente disaffezione – riscontrata da molti sacerdoti - verso questo sacramento ed il calo della partecipazione dei fedeli alle confessioni prima del Natale e della Pasqua. Il presule constata con preoccupazione la perdita del senso del peccato, il dubbio sulla necessità di confessare i propri peccati ad un uomo, anche se è sacerdote, l’affievolirsi della necessità della conversione permanente e della ricerca della santità. Nella sua Lettera mons. Coppenrath ricorda il significato del peccato secondo la Sacra Scrittura: “la misericordia di Gesù riguardo ai peccatori non è affatto indifferenza riguardo al peccato”. “Bisogna riconoscere che molti cattolici - ammonisce il presule - fanno un cattivo uso di questo sacramento”: alcuni non vi si accostano mai o molto raramente, altri fanno una confessione senza grande rapporto con la loro vita reale, dimenticando i fatti più gravi che esigerebbero un autentico pentimento e cambiamento di vita, altri ancora non manifestano un autentico senso di conversione. “Come Dio può perdonare qualcuno che rifiuta di riconoscersi peccatore?” Augurandosi infine che questo nuovo anno sia l’occasione per approfondire la conoscenza e la pratica del Sacramento della riconciliazione, l’arcivescovo di Papeete rammenta che questo sacramento non solo “riconcilia il peccatore con Dio, ma anche con la comunità”, in quanto il peccato indebolisce l’intera comunità. “L’Anno del Sacramento della riconciliazione quindi dovrà essere anche un anno di riconciliazione tra i cristiani – conclude la Lettera - un anno di perdono, che sfocia in un rafforzamento dell’unità e della carità tra i cristiani”. (R.G.)

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    Sri Lanka: la visita del preposito generale dei gesuiti padre Nicolás

    ◊   Padre Nicolás, preposito generale dei gesuiti, ha recentemente visitato lo Sri Lanka. Durante la visita, svoltasi dal 5 all’8 febbraio scorsi, ha incontrato diversi gesuiti e comunità. Durante gli incontri si è parlato, in particolare, delle sfide e delle difficoltà che la Compagnia di Gesù incontra in un Paese ancora alla ricerca del suo equilibrio politico. Nell’incontro con i gesuiti della zona di Colombo-Galle, padre Nicolás ha insistito su alcuni temi che gli stanno particolarmente a cuore: la profondità, la creatività e la vita nello spirito, inserendoli nella specifica situazione in cui si trovano ad operare i gesuiti nel Paese. Ha anche sottolineato che la tecnologia può essere di grande aiuto a un serio lavoro intellettuale e per andare in profondità, ma può essere anche una tentazione alla superficialità. Ha concluso dicendo che se la vita religiosa non manifesta questa esperienza della profondità, avrà ben poco da dire all'Asia, immersa in tradizioni religiose di grande profondità e molto antiche. Ha poi invitato i gesuiti a un più chiaro impegno nell'apostolato intellettuale come priorità apostolica ed ha spiegato che questo può avvenire in vari modi: insegnamento nelle istituzioni di educazione superiore, ricerca e pubblicazioni, presenza tra i professionisti, aiutandoli con la profondità della riflessione e dell'analisi. (A.L.)

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    I nubifragi devastano Madeira: almeno 42 i morti

    ◊   Sono almeno 42 i morti a causa delle violente inondazioni che sabato scorso hanno colpito l’isola di Madeira, in Portogallo. Per fronteggiare l'emergenza, la Protezione civile portoghese ha inviato sull'isola un team di medici. E’ impegnato in prima linea nei soccorsi anche l’esercito. Diverse località e Funchal, principale città dell'arcipelago, sono state sommerse dall’acqua e dal fango. Madeira, da decenni un paradiso turistico subtropicale nell’Oceano Atlantico, si sta oggi lentamente riprendendo dalla violenta tempesta. Piogge torrenziali senza precedenti, frutto di insolite combinazioni meteorologiche di aria calda e fredda, hanno provocato frane e straripamenti, mentre parecchie località dell’interno sono tutt’ora isolate inseguito alla distruzione di ponti e strade e ai danni subiti dalla rete telefonica. I soccorsi della regione di Madeira e del Portogallo continentale sono stati mobilitati e si comincia a fare un bilancio dei danni, bilancio peraltro ancora impossibile vista la grande distruzione di strade, case, infrastrutture, automezzi, comunicazioni. Particolarmente devastato è il centro di Funchal, capoluogo dell’isola, mentre la zona dei grandi alberghi tradizionali è stata meno toccata. Ma saranno forse necessari anni e molti milioni di euro per riparare i danni provocati dal maltempo. Danni, aggravati secondo gli ambientalisti, da una cattiva gestione del territorio. (Da Lisbona, Riccardo Carucci)

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    Siccità in Siria: in fuga dalle campagne 300mila famiglie

    ◊   È uno dei maggiori spostamenti di popolazioni degli ultimi anni nel Medio Oriente quello che coinvolge circa 300.000 famiglie originarie di zone rurali del nordest della Siria, costrette dalla siccità a migrare verso grandi città; il portale d'informazione dell’Onu ‘Irin’ precisa che alcuni villaggi hanno visto la loro popolazione dimezzata. “I contadini, in difficoltà, sono costretti ad abbandonare la terra” ha aggiunto un rappresentante dell’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) a Damasco, mentre gli allevatori di bestiame hanno visto aumentare il prezzo del mangime del 75%; molte greggi sono state decimate. Da diversi anni, in particolare dal 2006, - riferisce l'agenzia Misna - il nordest della Siria registra un drastico calo delle piogge che mette a repentaglio i raccolti. Sono in atto programmi di sostegno alle popolazioni colpite, promossi dal governo e dalla Fao, ma i risultati non hanno per ora ottenuto i risultati auspicati. Le piogge di questo inverno sono state un po’ meno scarse e ora si spera che continuino a marzo, mese in cui i campi avranno bisogno di tanta acqua. (R.P.)

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    La Borsa Internazionale del Turismo chiude con il 6% in più di visitatori

    ◊   La crisi non sembra spegnere la voglia di viaggiare. Aumentano del 6% i visitatori della Borsa Internazionale del Turismo (Bit), giunta alla trentesima edizione che si è chiusa ieri alla Fiera di Milano. Cinquemila gli espositori in rappresentanza di 130 Paesi. Accanto alle tradizionali sezioni dedicate all’Italia e al mondo, sono state riproposte Buy Club, spazio dedicato all’associazionismo; Bit Itinera, worshop sul turismo religioso e Bit Lab, osservatorio permanente sul mondo del turismo. Anche quest’anno Diocesi di Milano, Conferenza episcopale italiana e Pontificio Consiglio per la pastorale dei Migranti e degli Itineranti hanno proposto un convegno-dibattito che si è posto sulla scia del tema scelto per la Giornata mondiale del settore: “Il Turismo celebrazione della diversità”. Anche il turismo può valorizzare l’esperienza fondamentale della vita, rappresentata dall’incontro e dal dialogo. Dopo i messaggi di mons. Antonio Maria Vegliò e di mons. Agostino Marchetto, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti, l’argomento è stato approfondito in una prospettiva interculturale, interetnica e interconfessionale. Milano si propone come laboratorio di integrazione, anche in vista del VII Convegno mondiale delle Famiglie del 2012; le celebrazioni per i 1700 anni dell’Editto di Costantino (2013) e dell’Expo universale del 2015. Approfondito poi anche il tema delle antiche vie di pellegrinaggi, alla luce del giubileo del Cammino di Santiago di Compostela che si celebra proprio quest’anno. Inaugurata infine all’interno della Fiera, una sala di meditazione interreligiosa, la cui realizzazione è stata curata dal Forum delle Religioni di Milano e dal Consiglio delle Chiese Cristiane. (Da Milano, Fabio Brenna)

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    “Ravvivare la fede”: ciclo di conferenze a Barcellona, inaugurate dal cardinale Canizares

    ◊   “Se non avvertiamo l’idea di Dio, smettiamo di vivere, qui sta la crisi della nostra cultura”: così il cardinale Antonio Canizares, prefetto della Congregazione per il Culto divino, inaugurando ieri a Barcellona il ciclo di conferenze “Ravvivare la fede”, organizzato dall’arcivescovado della città spagnola. Al centro della relazione del porporato, “la secolarizzazione o la perdita dei valori nei tempi attuali di crisi e la difesa della Liturgia e dell’Eucarestia come prova della fede in Dio”. Il riconoscimento di Dio, ha spiegato il cardinale Canizares, contrasta con l’odierna cultura secolarizzata, che sostiene l’indipendenza degli uomini rispetto a Dio. Da qui l’urgenza di “ravvivare il significato della Liturgia” quale “elemento di santificazione” e di “recuperare le domeniche con l’Eucarestia” di sostengo alle famiglie. (R.G.)

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    Francia: incontro di tre giorni dei vescovi sul Concilio Vaticano II

    ◊   Si apre oggi ad Albi, nel Sud della Francia, una tre giorni di approfondimento dottrinale per i vescovi francesi, dedicata al Concilio Vaticano II.Vi prendono parte una sessantina di vescovi e cardinali, che - fino a mercoledì prossimo - rifletteranno in primo luogo sulla recezione dell’assise e sull’applicazione del magistero conciliare in ambito pastorale. Successivamente la discussione si sposterà sulle riforme e trasformazioni, cui il Concilio ha dato vita, soprattutto nei primi dieci anni dalla conclusione dei lavori. Il lavoro della sessione dottrinale del 2010 proseguirà con un’attenta analisi della Costituzione dogmatica “Dei Verbum” sulla Divina Rivelazione, la cui redazione è stata al centro dei grandi dibattiti teologici del Concilio; nella loro disanima i vescovi si soffermeranno soprattutto sul VI capitolo intitolato “La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa”. Dalla “rilettura” del Concilio – questo l’obiettivo della sessione - potranno scaturire efficaci orientamenti per la comprensione e attuazione delle disposizioni conciliari, che favoriranno la scoperta della profondità evangelica del Concilio e la sua portata innovativa per la vita della Chiesa. (M.V.)

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    Nasce ad Assisi un Centro studi sulle radici ebraico-cristiane dell'Europa

    ◊   Istituito presso l’Università degli Studi di Perugia, il Centro sarà inaugurato oggi pomeriggio alle 17 con una cerimonia al Salone Papale del Sacro Convento di San Francesco. Nel contesto della celebrazione del settimo anniversario della fondazione dell’Università perugina, l’origine di questo Centro studi risale all’8 settembre 2008. In quella occasione, papa Benedetto XVI ha inviato una lettera al rettore dell’Università in cui esprimeva il suo plauso per l’iniziativa. “Ritengo quanto mai significativa ed opportuna – scrive Benedetto XVI – la decisione, presa da codesto Ateneo, di aprire un centro studi sulle radici culturali ebraico-cristiane della civiltà europea”. “E’ infatti solo attingendo da tale patrimonio – sottolinea il Pontefice – che è possibile elaborare, nell’attuale temperie culturale dispersiva e relativistica, sintesi robuste ed efficaci, che sappiano al tempo stesso sostenere una rinnovata coscienza europea e permetterle di dialogare con le altre civiltà”. La cerimonia di inaugurazione sarà aperta dai saluti delle autorità. Seguiranno una relazione del vescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte ed una tavola rotonda su "Le radici ebraico-cristiane della civiltà europea”. Saranno presenti tutti i vescovi dell’Umbria. (R.P.)


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    Milano: la "Caritas in veritate" una risposta laica per una crisi globale

    ◊   Un’enciclica che “suggerisce una risposta laica, di metodo, e supera la sterile alternativa tra l’eccesso di regole spesso sorde ai princìpi e la riaffermazione di princìpi, improduttivi in assenza di regole”. Così Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, ha definito la “Caritas in veritate”, durante una “lectio magistralis” - riferisce l'agenzia Sir - pronunciata oggi, all’Università Cattolica di Milano. Quella attuale, secondo il relatore, “è anche una crisi di regole: insufficienti, soprattutto a livello globale e sovranazionale; non applicate, laddove esistono; delegittimate dal fallimento dei miti del mercato e della ‘deregulation’. Ma il dibattito sulla crisi non può ridursi a discussioni come quella sui bonus e i compensi ai manager”. Occorre, dunque, “il coraggio di passare dalla riflessione sulle regole a quella sui princìpi dai quali muovere e sui valori a cui tendere; la crisi rappresenta un’occasione preziosa per farlo”. Tuttavia, per Flick, “non basta elaborare e condividere princìpi per risolvere i problemi; occorre sapere chi - a livello globale - abbia il potere di fissare le regole che ne discendono, e la forza per applicarle; e chi sia il giudice che possa farle rispettare ovvero sanzionarne le violazioni”. La Caritas in veritate, in questa prospettiva, “offre un contributo fondamentale per superare le contraddizioni e le lacune nel rapporto fra princìpi e regole”. Un contributo anche “laico”, che Flick accosta al principio di laicità così come viene formulato dalla Costituzione italiana, e reso esplicito dalla Corte costituzionale nel 1989 dopo la modifica concordataria del 1984: “la ricerca di elementi di condivisione, il rispetto reciproco, il dialogo, la consapevolezza laica del rilievo della dimensione religiosa nello sviluppo umano integrale”. In sintesi, per il relatore, la terza enciclica del Papa suggerisce – e la crisi impone – “un ripensamento globale del’economia, dei suoi fini e delle sue regole”, partendo dalla consapevolezza che “i costi umani, prima o poi, diventano inevitabilmente economici, e viceversa”. Secondo il costituzionalista, inoltre “l’enciclica propone un metodo fondamentale: il rifiuto della logica settoriale, della contrapposizione tra economia, politica e finanza; tra pubblico, privato e sociale”. La “parola-chiave del testo di Benedetto XVI, ha detto il relatore, è “la dignità umana, nel suo duplice e convergente significato universale e particolare”. Un messaggio, questo, “ampiamente anticipato, benché non sempre compreso, dalla Costituzione italiana”, ancora “profondamente attuale”. (R.P.)


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    24 Ore nel Mondo



    Raid Nato in Afghanistan: uccisi per errore oltre 30 civili

    ◊   Sono almeno 33 le persone uccise per errore in un raid condotto ieri dalla Nato, nella provincia afghana centrale di Daykundi. Ad affermarlo, il Consiglio dei ministri di Kabul in un comunicato di dura condanna dell'incidente. Inoltre, almeno 14 persone sono morte oggi in un attentato suicida avvenuto nella provincia orientale afghana di Nagarhar. Tra le vittime, si è appreso, vi è anche un ex capo della polizia locale. L'attentato è avvenuto quasi alla frontiera con il Pakistan, a ridosso della Khyber Agency pakistana. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Ingiustificabile. Così il governo di Kabul si è espresso sull’ennesima uccisione di civili da parte del contingente internazionale presente in Afghanistan. In un comunicato, il Consiglio dei ministri sollecita le forze Nato a coordinarsi meticolosamente e ad esercitare la massima attenzione prima di condurre qualsiasi operazione militare, in modo "da evitare ogni possibile errore che possa procurare danni ai civili". Il raid aereo, condotto nella notte, ha preso di mira un convoglio composto da tre pullmini che si spostava dalla provincia di Helmand verso quella di Uruzgan. Secondo alcune fonti locali, le vittime sarebbero tutte appartenenti alla stessa famiglia, in fuga proprio dalle operazioni militari che la Nato sta conducendo nell’area contro i talebani. Tra le vittime ci sarebbero anche quattro donne ed un bambino. Elemento, questo, che rischia di far precipitare ulteriormente la situazione e far aumentare i rischi per i militari del contingente Nato presenti nell’area. Si teme, infatti, una risposta violenta da parte della popolazione locale, già piagata dalla situazione d’instabilità che vive il Paese. Intanto, proseguono le operazioni militari finalizzate a colpire i talebani. Ieri, il generale americano Petraeus, comandante delle forze Usa in Iraq e Afghanistan, ha detto che l'offensiva di Marjah sta portando a buoni risultati, nonostante la resistenza trovata sia maggiore rispetto alle previsioni. Petraeus ha comunicato, inoltre, che la campagna militare in corso potrebbe avere una durata di un anno e mezzo, trattandosi di un primo capitolo di un’operazione molto più complessa di quella attualmente in corso. Da segnalare, infine, una notizia che giunge da Bruxelles. L'ambasciatore italiano, Ettore Sequi, non sarà confermato nell'incarico di inviato speciale dell’Ue in Afghanistan, che andrà invece all'ex ministro degli Esteri lituano, Vigaudas Usackas.

     
    Almeno sei morti per un’esplosione nella Valle di Swat in Pakistan
    Sarebbe di almeno sei morti il bilancio provvisorio dell'autobomba saltata oggi in aria a Mingora. Lo riferisce Dawn News Tv. L'emittente parla inoltre di 12 persone ferite e di sei negozi ed otto veicoli danneggiati. Secondo i soccorritori, ad essere presa di mira è stata la fermata degli autobus all'altezza di Saidu Sharif, vicino al mercato Nishat della città. La zona è stata isolata. Secondo la tv, inoltre, tutti i mercati della città sono stati chiusi, mentre in alcune zone del centro si sentono colpi d'arma da fuoco.

    Iraq: nuovi attentati
    Continua ad essere martoriato da attentati l’Iraq, che si sta preparando alle elezioni parlamentari del 7 marzo. A Baghdad, un’intera famiglia di otto persone è stata sterminata da un gruppo di terroristi non ancora identificato, mentre la zona verde di Baghdad è stata raggiunta da colpi di mortaio. Sempre nei pressi della capitale, è stato assassinato un pellegrino sciita ed altri sette sono rimasti feriti da colpi di arma da fuoco, mentre a Tikrit un kamikaze si è fatto esplodere in un negozio uccidendo il proprietario e ferendo due clienti. Colpita anche Ramadi: due civili ed un poliziotto hanno perso la vita a causa di un attentatore suicida che guidava un pullmino imbottito di esplosivo. Ieri, inoltre, sono stati uccisi da una bomba cinque poliziotti, di cui uno a Mossul e gli altri quattro vicino la città di Baquba.

    Nuovi impianti nucleari in Iran. La preoccupazione di Israele
    Potrebbe cominciare a marzo la costruzione di due nuovi impianti per l’arricchimento dell’uranio in Iran. Lo ha comunicato Ali Akbar Salehi, capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica. I due siti saranno nascosti in montagna per evitare il pericolo di raid aerei. Secondo Salehi, i nuovi impianti avranno le stesse dimensioni di quello di Natanz, l’unico di cui la Repubblica islamica dispone finora e che secondo il governo è utilizzato per finalità mediche. Il capo del programma atomico iraniano ha dichiarato che, per il futuro, Teheran programma di costruire in tutto dieci nuovi siti per l’arricchimento dell’uranio. Intanto, il nuovo direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Yukiya Amano, ha espresso le sue preoccupazioni per i possibili scopi bellici della politica nucleare iraniana, mentre il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato che se non verranno adottate sanzioni da parte dell’Onu, occorrerà prendere provvedimenti al di fuori delle Nazioni Unite.

    Tensione Ue-Israele sui passaporti europei per operazioni del Mossad
    Rischia di avere ripercussioni nei rapporti tra Ue ed Israele l’operazione condotta dal Mossad, i Servizi segreti israeliani, per l’eliminazione di un capo di Hamas a Dubai. Una vera e propria esecuzione mirata, per portare a compimento la quale gli agenti israeliani si sono avvalsi di passaporti rilasciati da Gran Bretagna, Germania, Francia e Irlanda. Una vicenda che ha spinto il Consiglio dei ministri degli Esteri europei ad emanare un testo di condanna nel quale, comunque, non sarà menzionato Israele. A Eric Salerno, esperto di Medio Oriente per il quotidiano Il Messaggero, Stefano Leszczynski ha chiesto se quanto accaduto negli Emirati Arabi può inasprire ulteriormente i rapporti tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese.

    R. – Gli israeliani hanno sempre fatto queste cose e soprattutto in questo momento il bersaglio – un uomo importante di Hamas – tutto sommato non dispiace neanche al presidente palestinese, in lotta con Hamas che ha preso il controllo della Striscia di Gaza. Perciò loro sono silenziosi e su questa vicenda non intervengono. Se parliamo invece dei rapporti internazionali il discorso cambia, perché il Mossad ha sempre agito dove e come ha voluto, senza chiedere il permesso a nessuno per colpire i nemici di Israele. Quando sono riusciti a farlo senza farsi prendere e senza farsi troppo notare, è andata bene. E anche adesso in molti a Tel Aviv sostengono che si tratti di una crisi passeggera.

     
    D. – Però l’Unione Europea è stata toccata da vicino, sembra siano stati utilizzati dei passaporti europei per compiere l'operazione. Questo può avere delle ripercussioni nei rapporti tra Unione Europea ed Israele?

     
    R. – Senz’altro, perché intanto l’Unione Europea si sente a livello politico un pò troppo fuori da quello che è il processo di pace. L’Unione Europea preme per una serie di cose su Israele e soprattutto sul blocco degli insediamenti, mentre Netanyahu su questo punto non vuole cedere, così le cose non stanno andando bene.

     
    D. – In un tale contesto, la situazione può preoccupare anche per quanto riguarda l’altra area di crisi, quella iraniana?

     
    R. – Indubbiamente. Il Mossad sta agendo contro i "nemici" iraniani. Abbiamo avuto indicazioni di alcune operazioni compiute in Paesi mediorientali e forse anche in Europa per bloccare il progetto nucleare iraniana. Sicuramente, queste operazioni continuano. La stessa stampa israeliana si dice molto preoccupata e si chiede se valesse la pena di colpire a Dubai: un Paese arabo ed uno dei pochi Paesi arabi che intrattiene rapporti – non diplomatici – abbastanza cordiali con Israele, e scatenare questo putiferio.

     
    Commissione Ue e governo tedesco smentiscono: nessun piano per la Grecia
    È ancora in primo piano la difficile situazione economica della Grecia. Secondo il settimanale tedesco “Der Spiegel”, l’Europa starebbe preparando un piano di aiuti. Ma Commissione europea e governo tedesco hanno smentito. Il servizio di Federico Catani:

    Non vi è alcun piano concreto di aiuti per la Grecia. Lo ha detto la Commissione europea, che in questo modo ha smentito ufficialmente le rivelazioni del settimanale tedesco “Der Spiegel”. Secondo il giornale, è previsto un piano europeo di 25 miliardi di euro, guidato dalla Germania, per aiutare Atene. Anche il governo tedesco nega l’esistenza di un piano di aiuto alla Grecia. Tuttavia, stando alle dichiarazioni del portavoce del commissario europeo agli Affari economici e monetari, se necessario l’Europa è pronta a intervenire anche finanziariamente. Sul Financial Times, il miliardario George Soros ha scritto che si potrebbe anche sostenere la Grecia, ma resterebbero aperti i problemi per Spagna, Italia, Portogallo ed Irlanda. La sopravvivenza della Grecia pertanto, ha detto Soros, non garantisce il futuro dell’euro. Sono necessarie, piuttosto, misure più efficienti e ad ampio raggio per fronteggiare la crisi attuale. Intanto, la Grecia ha già mancato la prima scadenza che Bruxelles le aveva dato: entro venerdì scorso, Atene avrebbe dovuto inviare ad Eurostat tutte le informazioni sulle operazioni swap, ma a causa di uno sciopero che avrebbe interessato anche il ministero delle Finanze, i dati non sono stati ancora inviati. A tale proposito, fonti di agenzia riferiscono che la Grecia avrebbe sottoscritto contratti di swap con circa 15 banche, compresi alcuni derivati che potrebbero averla aiutata ad occultare l’entità del proprio deficit di bilancio.

     
    Il Financial Times torna a denunciare attacchi informatici da fonti cinesi
    Le due scuole cinesi individuate dagli esperti americani come punti di origine degli attacchi informatici dei mesi scorsi hanno respinto le accuse, ma oggi il Financial Times pubblica nuove rivelazioni che vanno nella stessa direzione. Il quotidiano cita una fonte anonima americana, secondo la quale sarebbe stato individuato l'autore del programma che ha permesso ai “pirati” di entrare negli spazi privati di una serie di importanti aziende americane tra cui Google. Si tratta, scrive FT, di un “consulente freelance di una trentina di anni” che probabilmente “non ha condotto personalmente gli attacchi, né li ha decisi”. In Cina, aggiunge la fonte di FT, “un tecnico di quel livello non può fare a meno” di collaborare con l'Esercito di liberazione popolare (Pla). Con dichiarazioni rilasciate ai media cinesi, i responsabili delle due istituzioni messe sotto accusa dagli investigatori americani l' Università Jiaotong di Shanghai e la scuola professionale Lanxiang di Jinan hanno smentito di aver contatti con l'esercito. Da quando l'accusa è stata lanciata dalle colonne del New York Times, la settimana scorsa, la rete è piena di testimonianze e di interventi di cittadini cinesi pro e contro le due istituzioni. I commenti sono spesso anonimi e in alcuni casi risulta difficile una valutazione delle testimonianze.

    Annunciata manifestazione di protesta in Thailandia
    Le "camicie rosse" thailandesi – i sostenitori dell'ex premier in esilio Thaksin Shinawatra – hanno indetto per lunedì 1 marzo una manifestazione di protesta a Bangkok. Lo ha annunciato oggi Kwanchai Praipana, uno dei leader del movimento. La dimostrazione arriverà tre giorni dopo la sentenza della Corte suprema sul destino di 76 miliardi di baht (1,69 miliardi di euro) "congelati" a Thaksin dopo il colpo di stato che l'ha deposto nel settembre 2006. Nel Paese l'attesa generale è per una confisca definitiva del patrimonio del tycoon, che si teme possa costituire la scintilla per nuove violenze. Il governo di Abhisit Vejjajiva, che l'opposizione considera un fantoccio dei militari, ha già messo in allerta 20 mila soldati, istituendo posti di blocco lungo le strade che portano alla capitale. Il generale Anupong Paochinda, capo delle forze armate, ha più volte escluso la possibilità di un nuovo golpe. In Thailandia, dal 1932 a oggi, sono stati organizzati 18 colpi di Stato, di cui la metà riusciti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 53

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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