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Sommario del 16/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi irlandesi: l’abuso dei minori è un crimine odioso e un peccato contro Dio. Recuperare la credibilità morale della Chiesa
  • Rinunce e nomina
  • Il Papa per la Giornata mondiale delle vocazioni: per essere un testimone credibile, il sacerdote deve vivere in amicizia con Cristo
  • Telegramma di Benedetto XVI alla Chiesa maronita per l'inizio dell'anno giubilare in Libano: rinnovare la fedeltà a Cristo e al Papa
  • Mons. Zygmunt Zimowski in visita al Santo Spirito di Roma per la 27.ma Giornata mondiale del malato
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • O l'economia è aperta alla persona o diventa disumana: una riflessione sulle parole del Papa all'ostello della Caritas di Roma
  • Piogge su Haiti, crolla una scuola: 4 bambini morti. Rischio inondazioni
  • E' un Dio buono e non "buonista" a spingere i cristiani all'integrazione degli immigrati. Intervista al direttore di "Popoli", Stefano Femminis
  • Grande folla davanti alle spoglie di Sant’Antonio a Padova. Padre Sartorio: ognuno ha diritto di aspettarsi un cambiamento di vita o un miracolo
  • Ad Ostia una nuova struttura per le famiglie in difficoltà, promossa dal Centro per la Vita
  • Chiesa e Società

  • L’augurio del Papa per il capodanno ha commosso i cattolici cinesi
  • Iraq: a Mosul ancora violenze anticristiane. In 24 ore due omicidi e un sequestro
  • Pakistan: protesta dei cristiani di Lahore per il rilascio dell’assassino della giovane cattolica
  • Haiti: preghiere e momenti di raccoglimento accompagnano il ritorno alla normalità
  • Terra Santa: il patriarca Twal invoca una “Quaresima di solidarietà per i fratelli di Haiti”
  • Messaggio per la Quaresima del Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I
  • Cordoglio dei vescovi belgi per le vittime dell’incidente ferroviario
  • Sri Lanka: i vescovi preoccupati per la situazione politica nel Paese
  • Laos: cristiani arrestati finchè non rinunceranno alla propria fede
  • Messico: documento dei vescovi contro la violenza nel Paese
  • Polonia: conclusa l'Assemblea dei superiori e superiore maggiori d'Europa
  • Kenya: il cardinale Grocholewski celebra il 25.mo dell’Università Cattolica dell’Africa Orientale
  • Nigeria: i sacerdoti a convegno in occasione dell’Anno Sacerdotale
  • Togo: la Caritas teme violenze in occasione delle elezioni
  • In bicicletta da Bamako a Dakar per il "tour della solidarietà"
  • “Sette settimane” nel segno dello spirito ecumenico per sostenere il diritto all’acqua
  • Ue: la Commissione per i diritti umani chiede di evacuare in Kosovo i campi rom contaminati
  • Inghilterra: mons. Nichols ribadisce l’importanza della famiglia basata sul matrimonio
  • La croce della Gmg “raggiunge” gli universitari romani per tutta la Quaresima
  • Roma: tutto pronto per il fischio d’inizio della Clericus Cup 2010
  • Al Festival di Berlino il lato scuro dell’Estremo Oriente: la Cina noir e il Giappone postbellico
  • 24 Ore nel Mondo

  • Mentre si discute di nucleare iraniano, l’Onu esprime forte preoccupazione per i diritti umani a Teheran
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi irlandesi: l’abuso dei minori è un crimine odioso e un peccato contro Dio. Recuperare la credibilità morale della Chiesa

    ◊   Affrontare con coraggio e onestà la situazione dolorosa degli abusi sessuali su minori da parte di religiosi e sacerdoti: è l’esortazione di Benedetto XVI ai vescovi irlandesi riuniti, ieri e oggi in Vaticano, per affrontare la dolorosa vicenda. Al termine della riunione, la Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato un comunicato in cui viene ribadito l’impegno dei presuli a collaborare con le istituzioni. Viene inoltre annunciato che, nel periodo quaresimale, verrà pubblicata una Lettera pastorale del Papa ai cattolici irlandesi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI ha sottolineato ai vescovi irlandesi che gli abusi sessuali sui minori non sono solo un “crimine abominevole” ma anche un “grave peccato che offende Dio e ferisce la dignità della persona umana creata a Sua immagine”. Riconoscendo che la “dolorosa situazione attuale non sarà risolta velocemente”, il Papa ha spronato i vescovi “a confrontarsi con i problemi del passato con determinazione e risolutezza e ad affrontare la crisi presente con onestà e coraggio”. Il Pontefice, si legge nel comunicato, ha quindi espresso la speranza che l’incontro tenuto in Vaticano aiuterà ad “unire i vescovi e a renderli in grado di parlare ad una sola voce” per identificare “passi concreti volti a portare sollievo a quanti sono stati abusati, a incoraggiare un rinnovamento della fede in Cristo e un ristabilimento della credibilità morale e spirituale della Chiesa”.

     
    Il Santo Padre, prosegue il comunicato, ha anche menzionato la “più generale crisi di fede” che affligge la Chiesa ed ha collegato ciò “alla mancanza del rispetto della persona umana”. L’indebolimento della fede, ha riflettuto il Papa, “è stato un fattore che ha contribuito in modo significativo al fenomeno degli abusi sessuali sui minori”. Ha così sottolineato la necessità di una “approfondita riflessione teologica” su tutta la vicenda ed ha auspicato una migliore preparazione pastorale, spirituale ed umana dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. I vescovi hanno avuto la possibilità di esaminare la bozza di una Lettera pastorale di Benedetto XVI rivolta ai cattolici irlandesi. Documento che, prendendo in considerazione i commenti dei presuli, verrà pubblicato nell’imminente periodo quaresimale.

     
    Dal canto loro, i vescovi irlandesi hanno ammesso che la dolorosa vicenda ha portato ad una “crisi di fiducia” nei vertici della Chiesa locale e “ha danneggiato la sua testimonianza evangelica e il suo insegnamento morale”. I vescovi irlandesi hanno parlato con franchezza del dolore, della rabbia, della vergogna e dello scandalo provati da quanti sono stati vittime degli abusi. Al contempo, hanno sottolineato che, mentre “non ci sono dubbi” che, alla base della crisi attuale, “vi siano stati errori di giudizio ed omissioni”, sono state ora assunte significative misure “per assicurare la sicurezza dei bambini e dei ragazzi”. I vescovi non hanno infine mancato di ribadire il loro impegno a cooperare con le autorità civili irlandesi.

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    Rinunce e nomina

    ◊   In Colombia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Medellín, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Alberto Giraldo Jaramillo, della Congregazione dei Sulpiziani. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Ricardo Antonio Tobón Restrepo, finora vescovo di Sonsón-Rionegro. Mons. Tobón Restrepo, 49 anni, ha ottenuto il dottorato in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ordinato sacerdote ha perfezionato gli studi a Roma, quindi tornato in patria è stato formatore e docente del Seminario diocesano "Santo Tomás de Aquino" di Santa Rosa de Osos, nonché segretario locale della Nunziatura apostolica in Colombia dal 1992 al 2003. Nominato Vescovo di Sonsón-Rionegro il 25 aprile 2003, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 14 giugno successivo.
     Sempre in Colombia, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Medellín, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Gonzalo de Jesús Rivera Gómez.

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    Il Papa per la Giornata mondiale delle vocazioni: per essere un testimone credibile, il sacerdote deve vivere in amicizia con Cristo

    ◊   L’amicizia con Cristo è l’elemento fondamentale di ogni vocazione al sacerdozio: è quanto scrive Benedetto XVI nel Messaggio per la 47.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si celebrerà il prossimo 25 aprile, domenica del “Buon Pastore”. Nel documento, pubblicato oggi, il Papa si sofferma sul tema della Giornata: “La testimonianza suscita vocazioni” e ribadisce che i sacerdoti sono chiamati ad essere “segno di contraddizione” nel mondo di oggi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La fecondità della proposta vocazionale dipende primariamente dall’azione gratuita di Dio”, ma, osserva Benedetto XVI, “è favorita anche dalla qualità e dalla ricchezza della testimonianza personale e comunitaria” di quanti hanno risposto alla chiamata del Signore. Quando segue Gesù, “in piena fedeltà al Vangelo”, afferma il Papa, ogni consacrato diventa “segno di contraddizione per il mondo, la cui logica è spesso ispirata dal materialismo, dall’egoismo e dall’individualismo”. E sottolinea che imitare Cristo, identificarsi con lui è “l’ideale della vita consacrata, testimonianza del primato assoluto di Dio nella vita e nella storia degli uomini”. Una testimonianza, constata, che può “suscitare in altri il desiderio di corrispondere, a loro volta, con generosità all’appello di Cristo”.

     
    Il Messaggio evidenzia, dunque, che “l’elemento fondamentale e riconoscibile di ogni vocazione al sacerdozio e alla consacrazione è l’amicizia con Cristo”. Se infatti il sacerdote è l’“uomo di Dio”, che gli appartiene ed aiuta ad amarlo “non può non rimanere nel suo amore, dando spazio all’ascolto della sua Parola”. La preghiera, annota il Papa, è perciò “la prima testimonianza che suscita vocazioni”. Secondo aspetto della consacrazione sacerdotale, si legge nel Messaggio, è “il dono totale di sé a Dio”. Da qui, soggiunge, “scaturisce la capacità di darsi poi a coloro che la Provvidenza gli affida nel ministero pastorale, con dedizione piena, continua e fedele” e “con la gioia di farsi compagno di viaggio di tanti fratelli, affinché si aprano all’incontro con Cristo”. Terzo aspetto: il sacerdote deve essere “uomo di comunione, aperto a tutti, capace di far camminare unito” il gregge che il Signore gli ha affidato. E ciò aiutandolo “a superare divisioni, a ricucire strappi, ad appianare contrasti e incomprensioni, a perdonare le offese”.

     
    Ancora una volta, nell'Anno Sacerdotale, il Papa avverte che se i giovani “vedono sacerdoti isolati e tristi, non si sentono certo incoraggiati a seguirne l’esempio”. Anzi, restano “dubbiosi se sono considerati se sono condotti a considerare che questo è il futuro di un prete”. E’ importante allora, esorta il Papa, “realizzare la comunione di vita, che mostri loro la bellezza dell’essere sacerdote”. Quando infatti i religiosi, i sacerdoti sono “fedeli alla loro vocazione, trasmettono la gioia di servire Cristo e invitano tutti i cristiani a rispondere all’universale chiamata alla santità”.

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    Telegramma di Benedetto XVI alla Chiesa maronita per l'inizio dell'anno giubilare in Libano: rinnovare la fedeltà a Cristo e al Papa

    ◊   La Chiesa maronita ha aperto ufficialmente domenica scorsa le celebrazioni giubilari per i 1600 anni dalla morte di San Marone, l’antico monaco siriano del quarto secolo da cui prende il nome la Chiesa libanese. A presiedere la divina liturgia nella basilica di Santa Maria Maggiore è stato il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Benedetto XVI ha inviato un telegramma per l’occasione. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il sedicesimo centenario della morte di San Marone, che cade nel mezzo dell’Anno Sacerdotale, “possa essere, per clero, religiosi e laici, motivo di rinnovata adesione a Cristo Buon Pastore, nella plurisecolare fedeltà al Romano Pontefice”. Queste parole del Papa, contenute in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, sono state lette dal cardinale Leonardo Sandri, che ha da parte sua invitato la Chiesa libanese a “un convinto dialogo ecumenico perché – ha affermato – sia costruttivo il confronto interreligioso” in Medio Oriente. Lungo tutta la loro storia, ha osservato il prefetto del dicastero per le Chiese Orientali, “i maroniti hanno cercato il loro vanto nel proclamarsi figli della Chiesa cattolica, grazie al vincolo di unità nella verità e nell'amore col Sommo Pontefice romano”. Oggi, ha proseguito il porporato, ai maroniti è chiesto di considerare la loro responsabilità “verso la Chiesa e la nazione. Sarebbe triste – ha detto il cardinale Sandri – che voi deludeste le aspettative di Dio, della Chiesa e del Libano. Testimoniate la fede dei padri cooperando tra Chiese Orientali cattoliche e Chiesa latina, e come comunità cattolica”.

     
    Così come il patriarca maronita, il cardinale Nasrallah Butros Sfeir, aveva definito il giubileo della Chiesa libanese “un anno di giustizia, di riconciliazione e di pentimento”, anche il cardinale Sandri ha invitato tutta la locale comunità dei credenti a un esame di coscienza. “La domanda – ha indicato – si impone soprattutto a noi sacerdoti davanti al luminoso esempio sacerdotale di San Marone. È la domanda che dovrà risuonare nel prossimo Sinodo per il Medio Oriente: i cristiani, chiamati con questo nome proprio ad Antiochia, con i loro pastori, dovranno fissare lo sguardo su Gesù, il vero tesoro, per ritrovare l'essenziale della fede e crescere nella comunione. È questo del resto – ha concluso il cardinale prefetto – il carisma autentico del monachesimo: essenzialità e comunione in Cristo”.

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    Mons. Zygmunt Zimowski in visita al Santo Spirito di Roma per la 27.ma Giornata mondiale del malato

    ◊   “Abbiamo anche organizzato una nevicata” per accoglierla in modo più caratteristico. Così il dott. Mauro Goletti, direttore sanitario Asl Roma-E, ha salutato l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, recatosi venerdì in visita pastorale all’Ospedale di S.Spirito in Sassia, a Roma. Accompagnato dal segretario del Dicastero, mons. José L. Redrado, e da mons. Dariusz Giers, mons. Zimowski ha visitato i ricoverati di numerosi reparti, fermandosi più volte a pregare con i malati e il personale ospedaliero. In un incontro con una rappresentanza dei dirigenti della struttura sanitaria e della cappellania, affidata ai Camilliani, il presule ha quindi rivolto parole di grande apprezzamento  per il lavoro svolto dagli operatori sanitari e ribadito come l’impegno nel campo medico possa essere definito una “vocazione”, più che una “professione”, incentrata sull’assistenza e la cura del malato.

    Mons. Zimowski ha poi visitato i luoghi storici dell’antico Arcispedale di Santo Spirito, la prima struttura del genere, in Italia e forse nel mondo, ancora operativa. Oltre a dare la possibilità di ammirare le numerose opere d’arte incastonate nella struttura, come i portoni o gli affreschi, o conservate nei padiglioni e in altre sale del complesso monumentale, durante la visita si è ripercorsa la storia del presidio sanitario, attivo praticamente senza interruzione da circa novecento anni e fulcro del Pio Istituto di Santo Spirito-Ospedali Riuniti di Roma che per molto tempo ha rappresentato l’assistenza sanitaria pubblica nell’Urbe e non solo. Una realtà che, nel trascorrere dei secoli, ha  lanciato od introdotto molte innovazioni sanitarie, farmaceutiche e sociali: dall’importazione in Italia dei principi del chinino, per la lotta alle febbri malariche, alla ruota per i bambini abbandonati. La massima carica del Pio Istituto, è stata ed è quella di “Commendatore”. Da oltre 50 anni, il “Commendatore” è il cardinale Fiorenzo Angelini, presbitero della Chiesa di S. Spirito in Sassia e primo Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. La visita all’Ospedale Santo Spirito, infine, è stata la terza delle visite pastorali programmate dal Pontificio Consiglio per gli  Operatori Sanitari in concomitanza con il 25.mo anniversario dell’istituzione del Dicastero e la 27.ma Giornata Mondiale del Malato, celebrati nei giorni scorsi a Roma e nella Città del Vaticano. Le due precedenti sono state effettuate agli ospedali capitolini S.Pietro il 28 gennaio scorso, e Madre Giuseppina Vannini, il 6 febbraio. (A cura di Marco Guerra)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La testimonianza suscita vocazioni: il messaggio del Papa per la 47 Giornata mondiale di preghiera.

    Nell’informazione vaticana, il comunicato diffuso al termine dell'incontro del Papa con i vescovi irlandesi.

    Beati i tuoi invitati, bella città di Cana: in prima pagina, Manuel Nin sulla Quaresima nella tradizione siro-occidentale.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’economica: Europa e Stati Uniti divisi sulla tassa alle banche.

    La Chiesa e i bambini: a proposito dello scandalo in Germania, in cultura, l’articolo pubblicato l’11 febbraio sulla “Frankfurter Allgemeine Zeitung” da Manfred Lutz, direttore dell’ospedale psichiatrico Alexianer-Krankenhaus di Colonia.

    Caravaggio dietro Caravaggio: Alfredo Tradigo sulle ultime indagini in merito alla “Cena in Emmaus” di Brera, con un articolo di Isabella Lapi Ballerini dal titolo “Una nuova luce dalla tecnologia”.

    Un ebreo infiltrato tra le SS: Cristiana Dobner ripercorre la storia di conversione di Daniel Rufeisen.

    Quella sana osservanza antica e misteriosa: Inos Biffi sugli inni del tempo quaresimale.

    Nell’informazione religiosa, la prolusione del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, al convegno, a Granada, sul tema “Cristianesimo, islam e modernità”.

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    Oggi in Primo Piano



    O l'economia è aperta alla persona o diventa disumana: una riflessione sulle parole del Papa all'ostello della Caritas di Roma

    ◊   Riscoprire nella carità "la forza propulsiva dello sviluppo". L'invito di Benedetto XVI, lanciato domenica scorsa durante la sua visita all'ostello Caritas della Stazione Termini di Roma, hanno avuto un'eco persistente. Tuttavia, riuscire a coniugare questa indicazione del Pontefice con i criteri che regolano l'economia è possibile solo se - come ripete spesso il Papa - è la persona umana e non l'interesse ad essere posta al centro dei mercati e della finanza. Una convinzione che il prof. Luigino Bruni, docente di Economia politica all'Università di Milano-Bicocca, ribadisce al microfono di Fabio Colagrande:

    R. – E’ nella persona che agisce, la carità. E’ nella persona, non è nelle strutture. Quindi, l’idea che se l’economia dimentica che l’elemento propulsore - ciò che cambia, ciò che innova e ciò che quindi diventa la misura della verità e della giustizia di un sistema economico - è la persona umana e non sono i capitali, non sono le istituzioni, non sono la finanza, eccetera, questa economia alla lunga esce dall’umano, non è più umana. Quindi, io credo che questo richiamo del Papa sia un appello che richiama l’economia al suo umanesimo, cioè: o l’economia è aperta alla carità, cioè all’amore pieno, totale, che ha portato il cristianesimo, oppure l’economia non va semplicemente in crisi: diventa disumana. E il Papa ci ricorda: si esce da questa crisi, da ogni crisi, con la carità, che è l’eccedente, che è il di più, che è la persona capace di andare oltre il dovuto per aprirsi alla gratuità.

     
    D. – Citando il secondo capitolo della Caritas in veritate, il Papa ha ricordato: “La carità è il principio non solo delle micro-relazioni, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici”. E’ una frase, questa, che è anche un appello alle istituzioni …

     
    R. – Sicuramente. E’ un appello alle istituzioni ed è un appello alle persone che operano nelle istituzioni, perché se le macro-relazioni non sono aperte alla carità, sono semplicemente aperte a qualcosa che è contro di essa. In altre parole: non c’è nulla di neutro in economia. Se l’economia è luogo di vita umana, non è possibile immaginare un ambito dove si possa agire in modo neutrale dal punto di vista etico. O si è per la persona, o si è per la giustizia, o si è per l’ingiustizia e, ovviamente, per i soprusi. Quindi, questo invito che le macro-relazioni o sono improntate alla giustizia e alla carità o lo sono al non-amore e all’ingiustizia, è un messaggio di grande rilevanza per l’oggi.

     
    D. – Professor Bruni, il Papa ha invitato a riscoprire le dimensioni del dono e della gratuità in un mondo nel quale sembra prevalere la logica del profitto e della ricerca del proprio interesse. Ma la logica del profitto è di per sé negativa, sempre?

     
    R. – Assolutamente no. Intanto, va inteso bene che cos’è la gratuità, perché noi lo confondiamo oggi con “gratis”. La gratuità è un prezzo infinito, non è un prezzo zero, è qualcosa che ha un valore talmente alto che non può essere pagato con denaro, e quindi solo il dono può essere una risposta. La gratuità è un "come si agisce" in economia e nella vita, non un "che cosa si fa". E' il modo in cui vivo la vita economica che mi dice la gratuità e quindi non è da associare al regalo, non è da associare – dicevo prima – al termine “gratis”. Allora, non è vero che esiste una opposizione tra profitto e gratuità. Ovviamente, se il profitto viene inteso come il fine dell’economia, come lo scopo dell’azione economica, allora c’è un’opposizione, perché il profitto è un indicatore di efficienza, è un segnale di ricchezza prodotta, ma non può essere lo scopo ultimo. Se invece il profitto è una delle tante variabili dell’economia, è un indicatore di efficienza, allora perché no? Anzi: senza profitto c’è perdita, e un’economia che non crei profitti alla lunga distrugge la ricchezza e non penso che nessuno di noi voglia un’economia che distrugge ricchezza invece di crearla. Quindi, la gratuità è compatibile con il profitto, purché il profitto non sia l’unico fine dell’azione economica e sia un indicatore di qualcosa di più ampio che si chiama – appunto – “valore aggiunto”, “ricchezza”, “efficienza”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Piogge su Haiti, crolla una scuola: 4 bambini morti. Rischio inondazioni

    ◊   Sono quattro i bambini morti e due quelli feriti per il crollo ieri di un muro della scuola elementare di Cap Haitian, nel nord di Haiti, colpita negli ultimi giorni da forti piogge che hanno causato smottamenti del terreno. Il nuovo bilancio delle vittime e' stato reso noto dalla Protezione civile locale. Proprio le abbondanti piogge su Haiti, e il conseguente rischio di inondazioni, rappresentano un nuovo allarme per la popolazione terremotata. Federico Piana ne ha parlato con Marco Bertotto, direttore del Coordinamento Agire, e ha raccolto anche il resoconto di padre Pasqual Chavez Villanueva, rettore maggiore dei Salesiani, in visita ad Haiti per constatare la situazione dei suoi confratelli:

    R. – La situazione è molto difficile. Le piogge degli ultimi giorni ci hanno messo intanto di fronte all’esigenza di intervenire con più velocità. Credo che l’evidenza sia che gli aiuti stiano affluendo ad un ritmo, a una velocità e con dimensioni purtroppo ancora non sufficienti a soddisfare i bisogni delle comunità colpite. Questo perché l’entità del disastro è stata particolare, in un Paese che è particolare di suo e che già viveva prima del terremoto delle condizioni di vulnerabilità eccezionali.

     
    D. – Era il più povero dei Paesi poveri: possiamo dire questo? Perché altrimenti non si esce da questa contraddizione...

     
    R. – Sicuramente sì. Era il Paese più povero dei Paesi poveri ed era un Paese in cui già allora e già prima era molto difficile operare. E oggi ci sono delle difficoltà oggettive che rendono molto complessa l’attività di assistenza umanitaria. I bisogni principali riguardano quello che tecnicamente si chiama “shelter”, quindi la costruzione di ripari temporanei e il problema dell’igiene pubblica. Intervenire in Port-au-Prince, in modo particolare su questi due aspetti, è molto difficile, proprio perché i campi spontanei che sono nati all’interno della città sono campi sovraffollati. In queste aree è molto difficile installare delle tende o costruire delle latrine, perché ciò spingerebbe le persone ad abbandonare il campo in quanto manca lo spazio fisico per permettere gli interventi. Il governo ha recentemente adottato una politica di invito, di incentivo alla popolazione ad abbandonare Port-au-Prince per cercare più spazi liberi nelle zone confinanti e costruendo dei campi ad hoc. Evidentemente, la popolazione preferisce rimanere vicino alle proprie abitazionim, o in zone in cui abbia possibilità di costruire delle reti di aiuto interno alla comunità, e questo rende molto, molto difficile l’azione umanitaria.

     
    D. – Al rettore maggiore dei salesiani vorrei chiedere invece la Chiesa lì come si sta muovendo, dal punto di vista anche spirituale. E’ possibile una ripresa piena in questi giorni oppure no?

     
    R. – Direi che i vescovi, attraverso la Conferenza episcopale haitiana, stanno cercando di prendere in mano la situazione con questa difficoltà: il fatto che lì concretamente, a Port-au-Prince, sono sparite le due figure principali. Le parrocchie, però, ed anche le comunità religiose stanno cercando di aiutare a venire incontro ai bisogni.

     
    D. – Il sacerdote diventa un punto di riferimento in una situazione che diventa drammatica anche da un punto di vista interiore e psicologico...

     
    R. – C’è un sentimento religioso molto vivo nel popolo haitiano. E’ il momento di aiutare a rinascere il Paese. Questo Paese ha il diritto di rinascere, altrimenti tutto si ridurrà ad alzare le mura, come se fosse il problema delle mura. Invece si deve ricostruire un Paese e dare a questa nazione la dignità. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    E' un Dio buono e non "buonista" a spingere i cristiani all'integrazione degli immigrati. Intervista al direttore di "Popoli", Stefano Femminis

    ◊   Di fronte alla sfida dell'immigrazione, in particolare quella islamica, i cristiani non sono quegli “ingenui e rammolliti fiancheggiatori di chi vorrebbe corrodere” le sicurezze dell’Occidente, come talvolta vengono dipinti da certa ideologia. I cristiani sono persone che agiscono verso i più poveri perché sono figli di un “Dio buono”, il “Dio degli ultimi”. Con un vigoroso editoriale, pubblicato sull’ultimo numero di febbraio, la rivista “Popoli”, mensile internazionale di cultura dei Gesuiti italiani, prende posizione contro una recente serie di articoli e affermazioni che negli ultimi tempi hanno preso di mira la Chiesa e il suo desiderio di lavorare per l’integrazione degli immigrati. Autore dell’editoriale è il direttore di “Popoli”, Stefano Femminis, che replica a coloro che tacciano i cristiani di “buonismo”. Fabio Colagrande lo ha intervistato:

    R. – Questa accusa ormai è diventata il sospetto peggiore: si sente spesso anche nei dibattiti. Prima di tutto sottolineano: ma io non sono ‘buonista’, come fosse la cosa più tremenda e terribile di cui essere accusati. Forse è il momento di mettere alcuni puntini sulle “i”. Ad esempio, una cosa che mi sembra primaria è questa: il buonista – il ‘buonista’ che appunto nessuno vuole essere – è prima di tutto un ipocrita, cioè qualcuno che dice: “Sì, accogliamo, apriamo le porte…”, però non si impegna in prima persona; è il classico “armiamoci e partite” che forse adesso potrebbe essere declinato come “accogliamo e datevi da fare”. Invece, sappiamo che moltissimi cattolici, moltissimi organismi ecclesiali, moltissime istituzioni, associazioni, parrocchie sono in prima linea in questa accoglienza. Quindi, non è solo proclamare e annunciare un impegno che poi non viene mantenuto e viene lasciato ad altri. Sono anzitutto i cattolici, i parroci, le associazioni che si danno da fare e quindi già questo smonta questa accusa.

     
    D. – Del resto, il magistero specifico della Chiesa sul tema dell'immigrazione, e non ultima l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, sono un’eloquente testimonianza di questo grande impegno…

     
    R. – La Dottrina sociale della Chiesa da decenni dimostra che non è che i cattolici vivano su un altro pianeta, in un mondo fatato: sono in grado e sono capaci – molti politici cattolici l’hanno dimostrato in questi anni, anche in Italia – di coniugare sia le esigenze di accoglienza che quelle di governo di un fenomeno certamente complesso come quello dell’immigrazione. E infine, quelle stesse persone che spesso accusano la Chiesa di ‘buonismo’ sono quelle che poi si dichiarano difensori delle radici cristiane dell’Italia. Allora: le radici cristiane dell’Italia – o dell’Occidente – sono anzitutto le radici evangeliche e noi sappiamo che il Vangelo ci presenta, attraverso la figura e la persona di Gesù, un Dio che è innegabilmente il Dio dei perdenti, un Dio ultimo tra gli ultimi. Allora bisogna capire che cosa abbiamo in mente quando vogliamo difendere queste radici? Forse, si tratta di capire la differenza tra un Dio che non è "buonista" ma è "buono", che è una cosa molto diversa. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Grande folla davanti alle spoglie di Sant’Antonio a Padova. Padre Sartorio: ognuno ha diritto di aspettarsi un cambiamento di vita o un miracolo

    ◊   Tutti i giornali parlano oggi della grande affluenza di fedeli alle spoglie di Sant’Antonio nel primo giorno dell’ostensione nella Basilica di Padova, dopo 29 anni dall’ultima ricognizione, avvenuta a 750 anni dalla sua morte nel 1981. Pellegrini da tutto il mondo sono attesi fino a sabato prossimo, 20 marzo, quando i resti ricomposti del Santo – da ieri esposti al culto in una cassa trasparente nella cappella delle reliquie – torneranno sotto l’altare nella restaurata Capella dell’Arca. Roberta Gisotti ha intervistato padre Ugo Sartorio, direttore del “Messaggero di Sant’Antonio”, rivista edita dai Frati della Basilica, che vanta un oltre un milione di lettori nel mondo:

    D. – Padre Ugo, vi aspettavate in tempi secolarizzati e di diffuso malcostume e malaffare tanta devozione popolare?

     
    R. – Sant’Antonio ha sempre amato la gente e le folle vanno a lui. Ieri mattina, lunedì, alle 3.30 è arrivato il primo pellegrino e già alle 4.00, c’era una coda che si sviluppava per più di duecento metri fino al Prato della Valle, malgrado facesse davvero freddo. Abbiamo contato nella prima giornata di ostensione 20 mila pellegrini: la Questura ha calcolato che ogni ora, su per giù, 1.500 persone passano davanti alle spoglie mortali del Santo per il loro gesto di profonda venerazione.

     
    D. – Padre Ugo, agli occhi di atei, miscredenti o agnostici tutto ciò può apparire anche ingenuo. Ma quale ricompensa possono aspettarsi le persone da questa visita a Sant’Antonio: un miracolo, una grazia o che altro?

     
    R. – Sant’Antonio agisce nei cuori e credo che ognuno abbia il diritto di aspettarsi un miracolo; abbia il diritto di aspettarsi che la sua vita un poco possa cambiare, perché non la cambiamo da soli, la cambiamo con l’aiuto della grazia del Signore. Una grazia che Sant’Antonio sa chiedere e sa poi mediare per gli uomini. Cosa ci si può aspettare? Sicuramente, un incontro autentico con una persona che è stata vera, una persona amica di Dio e amica degli uomini, una persona felice, perché questo sono i Santi. Io credo che, in un tempo di "vetrinizzazione", in un tempo di reality show, in un tempo in cui la gente si esibisce, abbiamo l’esempio di qualcuno, di un Santo, che dopo otto secoli non ha bisogno di esibizionismi particolari perché la gente lo va a vedere, la gente capisce che in quelle ossa vecchie di 800 anni c’è la traccia di una vita riuscita e di una vita felice.

     
    D. – Padre Ugo, sabato prossimo, ultimo giorno dell’ostensione, è previsto un evento speciale…

     
    R. – Il mensile di contenuto più diffuso in Italia, invita i suoi lettori ad una Santa Messa. Quindi, una comunità - quella che noi chiamiamo la “famiglia antoniana” - si troverà a celebrare insieme un’Eucaristia. Ci tengo, però, a precisare che anche chi non potrà venire, ha avuto la possibilità di far arrivare vicino ai piedi del corpo del Santo la sua preghiera. Abbiamo spedito più di mezzo milione di copie e ci stanno tornando ogni giorno più di duemila suppliche da portare a Sant’Antonio. Quindi, anche i malati e tutti coloro che sono a casa ed impossibilitati a venire saranno con noi quel giorno, tutta la grande Famiglia antoniana, i lettori del “Messaggero di Sant’Antonio”.

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    Ad Ostia una nuova struttura per le famiglie in difficoltà, promossa dal Centro per la Vita

    ◊   Un dono e un’opportunità per le famiglie in difficoltà: è quanto si propone di essere la “Casetta di Rita”, struttura inaugurata nei giorni scorsi ad Ostia, sul litorale romano, e promossa dal Centro per la Vita. L’iniziativa rappresenta un rafforzamento dell’impegno a tutela della maternità e in favore della solidarietà tra le famiglie. Sulle ragioni che hanno portato alla realizzazione di questa struttura, Alessandro Gisotti ha intervistato la psicologa Sabrina Persichini, responsabile della “Casetta di Rita”:

    R. – Spesso, le famiglie si trovano sole ad affrontare le difficoltà legate alla crescita dei figli. L’idea, dunque, è quella di sostenere le famiglie con minori, in linea con i principi del Centro per la Vita che opera in questo senso da più di 20 anni sul territorio di Ostia. La “Casetta di Rita” vuol essere un centro di servizi alle famiglie, un luogo nel quale le famiglie possono incontrarsi, uno spazio dove potersi confrontare su temi comuni anche ai bambini: interporci come anello di congiunzione tra famiglie che spesso vivono in solitudine, e le istituzioni presenti sul territorio, come le Asl o i servizi sociali. Abbiamo così pensato alla “Casetta di Rita”, resa possibile da un gesto di grande generosità, quello della signora Giovanna D’Aquino, che ha voluto donare alla nostra Associazione la casa nella quale ha accudito per molti anni la figlia, Rita. E abbiamo voluto ricordare Rita dando il suo nome al nostro centro. “Rita”, però, è anche un acronimo di una frase che sintetizza lo spirito del progetto, ovvero: “Ritroviamo insieme tra famiglie amiche”.

     
    D. – Quali sono le principali attività svolte nella “Casetta di Rita”?

     
    R. – Gli obiettivi che ci poniamo sono quelli di sostenere le famiglie affiancando loro i nostri volontari e auspicando che le stesse famiglie possano supportarsi reciprocamente nelle varie attività quotidiane, scambiandosi – come avviene per esempio nei Banchi del tempo – competenze e disponibilità. E per far questo, abbiamo pensato ad un centro di ascolto che svolgerà prevalentemente attività di accoglienza, di analisi dei bisogni, di orientamento sui servizi territoriali già presenti, insieme con un’area dedicata alla sensibilizzazione all’affido, per diffondere la conoscenza dell’affido familiare, e un’altra area dedicata alla solidarietà familiare che, non ultimo, favorirà l’integrazione socioculturale anche di famiglie di diversa provenienza geografica.

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    Chiesa e Società



    L’augurio del Papa per il capodanno ha commosso i cattolici cinesi

    ◊   La solenne Eucaristia di ringraziamento, la preghiera per il mondo e per il Paese, la commemorazione dei sacerdoti e dei missionari defunti, la visita pastorale dei vescovi e dei sacerdoti alle Comunità ecclesiali di base, le opere di carità hanno contraddistinto la celebrazione del capodanno cinese da parte dei cattolici del continente. Inoltre l’augurio del Papa, pronunciato all’angelus di domenica scorsa, ha suscitato ulteriore felicità e commozione tra i fedeli. Come conferma un sacerdote di Pechino all’agenzia Fides, “a qualcuno potrebbe sembrare il consueto messaggio d’augurio, ma per noi cattolici cinesi, soprattutto noi che viviamo in continente, ogni volta suscita un’emozione enorme, ogni volta ci fa scaturire un ringraziamento dal profondo del cuore: grazie Santo Padre! Lei ci fa fatto sentire così vicini a Lei, vicini alla Chiesa Universale. Siamo sempre con Lei!”. La solenne Eucaristia celebrata la mattina del 14 febbraio, il primo giorno del capodanno cinese, in tutte le comunità cattoliche, ha visto una larghissima partecipazione di fedeli. Molte famiglie si sono presentate al completo, hanno pregato insieme, ringraziando il Signore per l’anno passato e hanno invocato la materna protezione della Madonna perché il mondo e il paese abbiano pace e prosperità. Tra le iniziative di questa giornata di festa, citiamo quella della parrocchia di Fan Ga Da, nella provincia dell’He Bei, dove sacerdoti e fedeli sono andati al cimitero cattolico a rendere omaggio ai sacerdoti e ai missionari che hanno dedicato tutta la loro vita per la Chiesa. Inoltre hanno visitato i genitori di diversi sacerdoti e religiose, per ringraziarli del loro sostegno alla vocazione dei figli. La comunità cattolica di Zhong Shan ha lanciato sul suo sito un messaggio per il capodanno cinese, rivolto a tutti i popoli, in cui si ricordano i missionari venuto dall’estero e, a nome dei cattolici, si ringraziano tutti coloro che hanno aiutato e sostenuto la crescita della comunità cattolica, auspicando un ulteriore incremento dell’armonia e dell’impegno sociale perché i cattolici aiutino la gente a conoscere meglio Gesù Cristo e la Chiesa. Infine invocano la benedizione del Signore sul popolo cinese. (R.P.)

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    Iraq: a Mosul ancora violenze anticristiane. In 24 ore due omicidi e un sequestro

    ◊   In poco più di 24 ore due commercianti cristiani uccisi, uno ferito e un quarto rapito, per la cui liberazione i sequestratori hanno chiesto una “forte somma di denaro”. Non si ferma la striscia di sangue e violenze contro la comunità cristiana a Mosul, nel nord dell’Iraq, ancora nel mirino delle bande armate e abbandonata dalle autorità locali che, come testimonia una fonte di AsiaNews, “non fanno nulla per difenderli”. Ieri è morto un commerciante cristiano di verdure nel quartiere 17 Tammouz. L’uomo, Najim Abdullah Fatoukhi di 42 anni, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco davanti al suo negozio. Gli assalitori hanno sparato da una vettura, poi si sono allontanati indisturbati. Il giorno precedente, domenica scorsa, è stato ucciso Rayan Bashir Salem. Il commando armato è entrato nella casa dell’uomo, nel quartiere di Al Mishraq, e gli ha sparato a bruciapelo. Nell’imboscata è rimasto ferito anche il fratello, Thair. La vittima, anch’egli un commerciante, era proprietaria di un negozio di surgelati. Il 13 febbraio, infine, una banda di malviventi ha sequestrato Sabah al Dahhan, facendo perdere le proprie tracce. Fonti locali riferiscono che i rapitori hanno chiesto “una elevata somma di denaro” per la sua liberazione. Fonti di AsiaNews a Mosul, che chiedono l’anonimato per motivi di sicurezza, parlano di “una persecuzione che prosegue nell’indifferenza generale” e aggiungono che “i cristiani vivono nel panico” e mirano a lasciare la città. I cristiani sono convinti che “non si tratta di criminali normali” e che dietro agli attacchi ci sono “precisi piani politici”: la creazione di un’enclave cristiana nella piana di Ninive e il governo “non fa nulla per contrastarla”. Una personalità politica cristiana di alto profilo a Erbil, nel Kurdistan irakeno, spiega che “anche gli attacchi a Baghdad” del recente passato – che hanno causato centinaia fra morti e feriti – sono legati al “progetto di una zona dove confinare la comunità cristiana”. (R.P.)

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    Pakistan: protesta dei cristiani di Lahore per il rilascio dell’assassino della giovane cattolica

    ◊   I cristiani pakistani hanno inscenato una dura protesta contro il rilascio su cauzione di Chaudhry Muhammad Naeem, potente avvocato musulmano, accusato di aver torturato, stuprato e infine ucciso Shazia Bashir, cristiana di 12 anni che lavorava come domestica nella sua abitazione. La comunità ha lanciato un appello a Iftikhar Muhammad Chaudhry, Presidente della Corte suprema e simbolo dell’indipendenza del sistema giudiziario del Paese, perché prenda provvedimenti immediati contro la delibera del tribunale. Il 13 febbraio scorso Shafiq-ur-Rehman, giudice aggiunto del tribunale di Lahore, ha concesso il rilascio su cauzione a Muhammad Naeem, la moglie e il figlio. Il legale dell’uomo - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha asserito che l’autopsia effettuata sul cadavere della ragazza “non ha mostrato segni riconducibili a una ipotesi di omicidio”. La comunità cristiana respinge le affermazioni del legale e i risultati dell’autopsia. Il corpo di Shazia, affermano, mostra segni di tortura e abusi sessuali. Il potente avvocato, già presidente della Lahore Bar Association, ha chiuso in casa la giovane domestica contro il suo volere e l’ha uccisa quando questa si è rifiutata di lavorare per lui. Domenica scorsa un gruppo di cristiani ha bloccato le strade nei dintorni del circolo della stampa cittadino. Nelle due settimane di udienza, gli avvocati cristiani e quanti hanno cercato di rappresentare a livello legale la famiglia della vittima hanno subito minacce e intimidazioni. Gli attivisti denunciano inoltre concordanza, al limite della connivenza, fra avvocati, polizia, giudici e governo nel tentativo di insabbiare il caso. (R.P.)

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    Haiti: preghiere e momenti di raccoglimento accompagnano il ritorno alla normalità

    ◊   Grande successo di partecipazione per la tre giorni di preghiere organizzata ad Haiti da esponenti religiosi di ogni fede e conclusisi domenica scorsa con celebrazioni eucaristiche, processioni e canti. Secondo le stime di radio Metropole, di cui riferisce la Misna, oltre un milione di persone hanno partecipato all’iniziativa in suffragio delle vittime che si è conclusa con 12 ore di digiuno a cui hanno aderito cristiani, musulmani e fedeli di altre religioni. Un modo per stare insieme di fronte alle conseguenze del catastrofico terremoto dello scorso 12 gennaio che in base a stime provvisorie del governo ha causato almeno 230 mila vittime e lasciato senza un’abitazione un milione di persone. Intanto nel Paese resta alta l’emergenza umanitaria. In particolare alcuni medicinali restano introvabili anche per motivi di mancato coordinamento nella gestione e distribuzione degli aiuti. Sul fronte della ricostruzione si sta imponendo la voce dei Paesi latino-americani desiderosi di dare il loro contributo. Dopo aver annunciato un piano di aiuti che servirà anche a rilanciare lo sviluppo della nazione caraibica, il Brasile ha proposto di affiancare la presidente cilena uscente Michelle Bachelet a Bill Clinton, l’ex-presidente americano incaricato dall’Onu di coordinare gli aiuti, ma operato al cuore qualche giorno dopo la sua visita ad Haiti. Una proposta di cui si è fatto portavoce il ministro degli Esteri brasiliano in colloqui con il titolare degli esteri francese. Si segnala poi che dal prossimo sabato, l’aeroporto di Port-au-Prince riapre ai voli commerciali, ma tuttavia aumentano i timori per la stagione delle piogge ormai alle porte. Infine dal mondo si moltiplicano le espressioni di solidarietà. Come quella piccola e significativa che arriva da Termini Imerese, grosso centro siciliano noto per ospitare una fabbrica automobilistica della Fiat prossima alla chiusura e per organizzare uno dei carnevali più antichi dell’isola. Per l’edizione di quest’anno, il nonno del carnevale, principale personaggio della manifestazione, reciterà domani una poesia in dialetto con le rime iniziali dedicate proprio ad Haiti. Un messaggio da isola a isola, da un Sud del mondo più fortunato a un altro Sud del mondo che dignitosamente chiede aiuto. (M.G.)

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    Terra Santa: il patriarca Twal invoca una “Quaresima di solidarietà per i fratelli di Haiti”

    ◊   Nel tradizionale messaggio di Quaresima il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ha rivolto un pensiero particolare alla tragedia di Haiti. Come gesto concreto di vicinanza della Chiesa madre di Gerusalemme all’isola caraibica, Twal ha esortato i fedeli “a soccorrere i fratelli e le sorelle di Haiti”, istituendo una colletta per la quarta domenica di Quaresima. “Non dobbiamo davanti a questa tragedia amare solo a parole e con i discorsi ma anche con gesti”, si legge ancora nel messaggio citato dal Sir. “Come la nostra Chiesa beneficia dell’aiuto degli altri cristiani, sin dal tempo degli apostoli – prosegue Twal - anche noi, di buon cuore, aiutiamo i nostri fratelli di Haiti”. Il patriarca, ricordando il messaggio di Quaresima di Benedetto XVI, inviata inoltre tutta la comunità ecclesiale al digiuno: “La nostra chiesa di Gerusalemme è in modo singolare la chiesa del digiuno, della Passione, del Calvario, della Croce e della Resurrezione. È qui, infatti, che tutti questi eventi hanno avuto luogo. Il nostro digiuno è legato profondamente alla Passione del Signore”. “In questo tempo di penitenza – prosegue il testo – presumo che la maggior parte di noi digiunerà volentieri e farà dei sacrifici. Altri digiuneranno, loro malgrado, a causa della povertà che li circonda. Per accompagnare il digiuno la Chiesa suggerisce la preghiera e l’elemosina. Che il nostro digiuno – conclude il patriarca – possa sostenere chi si trova nel bisogno”. (M.G.)

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    Messaggio per la Quaresima del Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I

    ◊   Con “una disposizione gioiosa” i cristiani sono chiamati a vivere il tempo della Grande Quaresima che comincia domani. Un “dono prezioso” dato da Dio per “disintossicare l’anima” e liberare il corpo da ciò che “è superfluo, dannoso”. E’ quanto scrive il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I nel messaggio per la Quaresima 2010 riportato dall'agenzia Sir. “Il digiuno, la continenza, la moderazione, la limitazione dei desideri, la preghiera intensa, la confessione e gli altri elementi che caratterizzano il periodo della Grande Quaresima – scrive Bartolomeo - in nessun caso devono essere interpretati come doveri gravosi, pesi insopportabili o come lavori forzati che portano scoraggiamento e malinconia. I medici, quando raccomandano dieta o ginnastica o altri esercizi necessari per la salute psico-somatica ed il vigore, la prima cosa che cercano, come indispensabile presupposto di successo, sono la piacevole disposizione psichica dell’interessato, il sorriso ed il pensiero positivo e di speranza. Allo stesso modo queste cose valgono anche per il santo periodo di digiuno, che si apre davanti a noi”. D’altra parte la Quaresima “insegna a camminare quotidianamente con un poco di meno”, eliminando “spreco” e “ostentazione”. Invita ad ignorare “le provocazioni della pubblicità” e a comprendere meglio i bisogni dell’altro. Per questi e altri motivi occorre vivere questo periodo come tempo di “vera festa e giubilo”. (R.P.)

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    Cordoglio dei vescovi belgi per le vittime dell’incidente ferroviario

    ◊   “Forza e coraggio nel momento della prova”: è la preghiera che innalzano a Dio i vescovi del Belgio, in un messaggio di cordoglio per le vittime dell’incidente ferroviario avvenuto ieri mattina a Buizingen, nei pressi di Halle, e che ha provocato 18 morti e decine di feriti. L’incidente, le cui cause sono ancora da accertare, ha visto scontrarsi frontalmente due treni carichi di pendolari. “Il grave incidente ferroviario che ha colpito oggi il nostro Paese – scrivono nel messaggio il cardinale Godfried Danneels, arcivescovo emerito di Malines-Bruxelles e mons. André-Joseph Léonard, suo successore – ci riempie di emozione e di tristezza. A nome dei vescovi del Belgio, testimoniamo la nostra vicinanza a tutti coloro che sono stati colpiti da questa tragedia, così come alle loro famiglie”. “Raccomandiamo a Dio l’anima dei defunti – scrivono ancora i presuli – e preghiamo il Signore affinché doni ai feriti e a coloro che soffrono, la forza ed il coraggio di affrontare una simile prova”. Quindi, i vescovi invitano “tutti i cattolici del Belgio a pregare per le vittime di questo dramma”. (I.P.)

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    Sri Lanka: i vescovi preoccupati per la situazione politica nel Paese

    ◊   I cristiani dello Sri Lanka esprimono “profonda preoccupazione” per la situazione politica conseguente all’arresto dell’ex comandante dell’esercito Sarath Fonseka, subito dopo la sua sconfitta nelle elezioni presidenziali. Mons. Duleep de Chickera, vescovo anglicano di Colombo, in una dichiarazione resa ieri sera - ripresa dall'agenzia AsiaNews - esprime timore che “ora lo Sri Lanka possa dover affrontare di nuovo disordini politici”. Mons. Vianney Fernando, vescovo cattolico di Kandy e presidente della Conferenza episcopale dello Sri Lanka, si dice pure preoccupato, ma riafferma “la piena fiducia nella legge e nel sistema legale della Nazione” e conferma la necessità del lavoro comune per la riconciliazione e l’unità del Paese, dopo i lunghi anni di guerra civile. Mons. de Chickera spiega che “le modalità dell’arresto e della detenzione del generale Fonseka hanno turbato tutti i cingalesi che desiderano dignità e ordine negli affari pubblici. Egli – osserva - è stato arrestato per avere pianificato un colpo di Stato e l’assassinio del presidente, accuse molto gravi, ma il popolo è confuso e deve poter conoscere le ragioni dell’accusa. In ogni caso devono essere rispettati i suoi diritti, compresa un’adeguata assistenza medica e il rispetto del diritto di difesa con l’aiuto di legali”. Altrimenti “con ogni probabilità l’azione potrà essere interpretata come un tentativo di umiliare un candidato che si è battuto con forza in un’accesa campagna elettorale o un tentativo di impedirgli di proseguire a far politica e a partecipare alle prossime elezioni generali”. Più ottimista mons. Vianney, che si dice “convinto che il presidente è stato eletto in modo corretto, grazie al voto favorevole della maggioranza dei cittadini. Dopo che sarà confermato che le elezioni sono state corrette e trasparenti, ognuno dovrà accettare il risultato”. “C’è tensione, ma è sporadica e le proteste sono state soprattutto causate dal clamore e dalle modalità dell’arresto di Fonseka: egli ha servito lo Stato per 40 anni e i suoi diritti e la dignità devono essere rispettati. Abbiamo fiducia nella legge e nel sistema legale della Nazione”. Per il vescovo l’urgenza è “lavorare per la riconciliazione e l’unità del Paese, per il progresso, la pace e la prosperità dello Sri Lanka, dopo i dolorosi anni della guerra civile”, come la Conferenza episcopale di recente ha ripetuto al presidente Rajapaksa. Tra i problemi da risolvere subito c’è quello della comunità Tamil, per il quale “lo Stato deve continuare a lavorare e la Caritas è coinvolta sul fronte degli aiuti e della ricostruzione. Questa gente ha anzitutto bisogno di pace, che non ci sia violenza e di poter tornare a una vita normale. Occorre garantire loro dignità e benessere”. (R.P.)

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    Laos: cristiani arrestati finchè non rinunceranno alla propria fede

    ◊   Minacciati, sfrattati e arrestati a causa della loro fede. È successo di nuovo in Laos, dove un gruppo di 48 cristiani della provincia di Salavan, nel sud del Laos, è in stato di detenzione finché non rinuncerà alla sua confessione. Secondo quanto riferisce l'agenzia Zenit, il leader del governo del distretto di Ta-Oyl ha ordinato l'arresto dopo un incidente avvenuto il mese scorso, quando cento ufficiali del distretto hanno fatto irruzione durante una celebrazione religiosa domenicale nella località di Katin. Sia l'osservatorio Human Rights Watch for Lao Religious Freedom (Hrwlrf) che l'International Christian Concern (Icc) hanno denunciato l'incidente: nella retata del 10 gennaio, gli ufficiali del distretto hanno puntato le pistole alla testa dei cristiani e hanno costretto le 48 persone ad andare su uno spiazzo vicino, dove si dice che rimangano agli arresti. I loro beni personali sono stati confiscati e sei case sono state distrutte. Non è stato loro permesso di tornare al villaggio e ora dormono per terra senza riparo e con poco cibo, denuncia l'Icc. L'organizzazione ha anche sottolineato che i cristiani hanno rifiutato di obbedire all'ordine di rinunciare alla propria fede. “Mentre erano minacciati con la pistola alla testa, i credenti hanno preso solo le poche cose che sono riusciti a raccattare”, indica un comunicato dell'Hrwlrf. “Sono senza luce, cibo e acqua pulita, tranne che per un piccolo ruscello vicino”, si legge ancora nella nota dell'organizzazione. Il leader locale di Katin ha dichiarato l'anno scorso che il culto degli spiriti è l'unica forma accettabile di culto nella comunità, dopo di che ha confiscato del bestiame nei villaggi cristiani, e l'11 luglio 2009 ha convocato una riunione speciale di tutti i residenti annunciando che era stata “proibita la fede cristiana nel nostro villaggio”. In Laos, il 65% della popolazione è buddista, i cristiani sono l'1,5%, circa 40mila unità in termini assoluti. Le autorità comuniste accusano i cristiani di aderire a credi che rappresentano una minaccia per il sistema politico. Ad ogni modo, gli articoli 6 e 30 della Costituzione del Laos garantiscono il diritto dei cristiani e di altre minoranze religiose di praticare la religione che scelgono senza discriminazioni o penalizzazioni. I fatti denunciati dall'International Christian Concern rappresentano quindi un ritorno al passato, alla persecuzione anticristiana degli anni Novanta, rientrata per la pressione internazionale e il rischio di perdere aiuti finanziari. (M.G.)

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    Messico: documento dei vescovi contro la violenza nel Paese

    ◊   La Conferenza episcopale messicana (Cem) ha pubblicato ieri l'esortazione pastorale “Affinchè in Cristo, nostra pace, il Messico abbia una vita degna” come un “contributo della Chiesa messicana ad affrontare e risolvere il clima di violenza che colpisce il Paese da diversi anni”. Il documento - riportato dall'agenzia Fides - affronta la delicata questione della violenza in Messico con una visione pastorale e propone quattro impegni per abbattere la criminalità e l'insicurezza. L'esortazione pastorale, 116 pagine, è stata presentata dal presidente della Cem, mons. Carlos Aguiar Retes, vescovo di Texcoco; dal presidente della Commissione di pastorale sociale, mons. Gustavo Rodríguez Vega, vescovo di Nuevo Laredo, e dal vescovo di Campeche, mons. Ramón Castro Castro. I presuli hanno lanciato un appello a tutte le province ecclesiastiche e alle diocesi del Messico per “rafforzare la formazione delle persone, educare alla pace e promuovere la costruzione della pace”. Per questo motivo, hanno suggerito di promuovere lo sviluppo umano integrale, collaborare con i governi locali per sconfiggere la povertà, difendere i diritti umani e promuovere la riconciliazione sociale. Alla cerimonia di presentazione, i vescovi hanno consegnato il documento ai rappresentanti dei diversi gruppi della società e hanno seminato semi di senape, per ricordare il brano della Sacra Scrittura che insegna che per costruire il regno di Dio si devono seminare i semi della pace. All'evento ha partecipato l'ex procuratore della capitale Bernardo Batiz, che ha applaudito la "coraggiosa e opportuna espressione della Chiesa Messicana di costruire nuovi fronti sociali per ridurre la violenza". Il documento è strutturato in 3 parti principali: Insicurezza e violenza in Messico, la luce del Vangelo e della Dottrina sociale, promuovere lo sviluppo e Costruire la Pace. Nella terza parte i vescovi propongono i 4 ambiti di lavoro: a) formare donne e uomini nuovi in Cristo, b) educare alla pace, c) la cittadinanza per la pace, d) la costruzione della pace. Alla fine il documento ricorda che la storia del Messico non è stata una storia facile, ma sempre nella pluralità delle culture, il Paese è riuscito a unirsi per la costruzione dell’unità nazionale e della pace. (R.P.)

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    Polonia: conclusa l'Assemblea dei superiori e superiore maggiori d'Europa

    ◊   “La vita religiosa in Europa: storie di speranza, speranza per la storia” è stato l’argomento della 14.a Assemblea generale dell’Unione delle Conferenze europee dei Superiori e delle Superiore maggiori (Ucesm) che si è svolto dall’8 al 14 febbraio a Czestochowa, presso il seminario maggiore dell’arcidiocesi. All’Assemblea hanno partecipato i rappresentanti dei Superiori maggiori degli istituti religiosi di 37 Conferenze nazionali dei 25 Paesi europei. “La vita religiosa è il dono per l’Europa di oggi. Dobbiamo dare una vera testimonianza della speranza per l”Europa” ha affermato suor Lutgardis Craeynest, presidente dell’Ucesm. “La missione delle persone consacrate deve essere la missione non soltanto 'Ad gentes' ma anche 'inter gentes'” ha sottolineato durante i lavori padre José Cristo Rey García Paredes. Ogni due anni l’Assemblea generale di tutte le Conferenze nazionali è luogo di formazione, di dibattito, di scambio e di decisioni. Nel 1980 si tenne a Parigi una prima Assemblea generale con diversi presidenti e segretari generali delle Conferenze nazionali dell’Europa occidentale, in vista della fondazione della futura Ucesm. La seconda Assemblea generale di preparazione alla fondazione dell’Ucesm, si svolse a Roma, nel 1981, durante la quale è stato scelto il nome ufficiale dell’Unione e vennero votati gli statuti canonici. Nel 1983 la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha approvato gli statuti. (R.P.)

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    Kenya: il cardinale Grocholewski celebra il 25.mo dell’Università Cattolica dell’Africa Orientale

    ◊   “Venticinque anni di servizio dedicato alla Chiesa e alla società”: con questo slogan, l’Università cattolica dell’Africa orientale (Cuea) ha celebrato il proprio “Giubileo d’argento”. Alla cerimonia per i 25 anni di attività, tenutasi a Nairobi, in Kenya, ha partecipato anche il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Nel corso dell’evento, il porporato è stato anche insignito di una laurea honoris causa in Teologia sacra, con specializzazione in Educazione cristiana. “La vera educazione scientifica – ha detto il porporato nel suo discorso di ringraziamento – richiede solide basi etiche. La mera educazione senza un appropriato fondamento morale ha conseguenze disastrose”. Quindi, il prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica ha ricordato che, sebbene la ricerca scientifica sia ammirevole, tuttavia la scienza da sola non può rispondere alle questioni fondamentali della vita. E per questo, ha ribadito il porporato, l’insegnamento della ricerca scientifica dovrebbe essere intrapreso insieme alla riflessione su ciò che riguarda più profondamente l’uomo ed il suo pensiero. Facendo poi riferimento alla Costituzione apostolica “Ex corde ecclesiae”, siglata da Giovanni Paolo II nel 1990 e riguardante le università cattoliche, il cardinale Grocholewski ha sottolineato che gli atenei dovrebbero includere, tra i propri insegnamenti, lo studio dell’umanesimo, il quale contribuisce allo sviluppo dell’uomo. “Come istituzione cattolica – ha concluso il porporato – la Cuea deve sforzarsi di ricercare la verità, la dignità umana ed il bene della Chiesa”. Oltre al cardinale Grocholewski, l’ateneo africano ha insignito di una laurea ad honorem altre cinque personalità, tra cui mons. Medardo Joseph Mazombwe, arcivescovo emerito di Lusaka, e mons. Paul Kalanda, vescovo emerito di Fort Portal. Alla cerimonia era presente anche un esponente del Ministero per l’Educazione del Kenya, Hon Asman Kamama, che ha ringraziato la Chiesa cattolica per il suo operato a favore dello sviluppo del Paese. (I.P.)

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    Nigeria: i sacerdoti a convegno in occasione dell’Anno Sacerdotale

    ◊   La Pontificia Unione Missionaria della Nigeria, ha organizzato una riunione straordinaria in occasione dell'Anno Sacerdotale presso il Centro pastorale “Giovanni Paolo II,” Ado Ekiti, dal 10 al 12 febbraio scorsi. Secondo quanto riferisce all’agenzia Fides la Direzione nazionale della Pontificie Opere Missionarie della Nigeria, l’incontro era diviso in quattro sessioni: “mea culpa”, “Deo Gratias”, riflessione missionaria e Agape. La sessione dedicata al “mea culpa” è stato caratterizzata da una serie di riflessioni sulla cattiva condotta dei sacerdoti e da un momento di espiazione per i peccati commessi, conclusosi con il sacramento della Riconciliazione. La sessione dedicata al “Deo Gratias” è stata incentrata sul ringraziamento per il dono del sacerdozio e si è conclusa con la Messa. Il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Nigeria, mons. Hypolite Adigwe, aveva in precedenza chiesto al clero e ai religiosi del Paese una breve riflessione sulla loro condizione. Queste riflessioni sono servite ad animare i due momenti del “mea culpa” e del “Deo Gratias”. Il momento culminante dell’evento è stato una tavola rotonda con i membri della Pontificia Opera della Santa Infanzia dell'arcidiocesi di Onitsha sulla figura del sacerdote e sul sacerdozio. Per rispondere alle sollecitazioni emerse dalla discussione, i partecipanti hanno adottato alcune strategie per rendere più efficaci i corsi di orientamento per i sacerdoti e i religiosi inviati in missione fuori del Paese. All’incontro hanno partecipato 54 sacerdoti e religiosi delle diocesi e delle congregazioni di tutta la Nigeria. (R.P.)

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    Togo: la Caritas teme violenze in occasione delle elezioni

    ◊   Caritas internationalis si mobilita in occasione delle elezioni che il 4 marzo prossimo si terranno in Togo. Si temono, infatti, come riferisce l’agenzia Sir, nuove violenze ed un enorme esodo di rifugiati verso il Benin. In effetti, dal 1991 ad oggi, a causa dell’irregolarità del voto, tutte le elezioni che si sono svolte in Togo sono state caratterizzate da violenze e repressioni, costringendo alla fuga decine di migliaia di togolesi. La Caritas si sta preparando per organizzare gli aiuti che saranno necessari, ossia la distribuzione di viveri, i trasporti ai campi per rifugiati, gli alloggi, le cure sanitarie ed i rientri in Togo quando la situazione si sarà calmata. Secondo varie fonti, il rischio violenze all’indomani dello scrutinio è molto alto, perché sicuramente vi saranno contestazioni delle elezioni. (F.C.)

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    In bicicletta da Bamako a Dakar per il "tour della solidarietà"

    ◊   E' partita ieri da Bamako una carovana ciclistica 'della solidarietà' che percorrerà 700 chilometri in sei tappe fino a Dakar, dove arriverà il 21 febbraio. La manifestazione coinvolgerà 10 ciclisti del Mali e del Senegal e 22 sportivi dell’Unione italiana sport per tutti (Uisp) che organizza la manifestazione con il Comitato ‘Bici d’Italia in Africa’ e una fondazione italiana. Lungo il tragitto, definito il “tour silenzioso dello sport e della solidarietà”, verranno consegnati aiuti materiali a sostegno di vari progetti umanitari e di cooperazione internazionale avviati in Mali e in Senegal. In particolare, a Fatick (in Senegal) verrà consegnato all’organizzazione ‘Acra’ materiale sportivo destinato alle ragazze del locale centro contro l’abbandono scolastico. Nella città di pescatori di Foundiougne, a sud di Dakar, per tre giorni operatori della Lega vela e nuoto della Uisp daranno il via a corsi di nuoto destinati ai giovani pescatori per evitare nuovi annegamenti, molto frequenti in una comunità in cui il 90% degli uomini che va in mare non sa nuotare. In altre località oltre ad equipaggiamenti sportivi saranno distribuiti libri, materiale didattico destinati alle biblioteche di scuole. “Un tragitto lontano dal fragore e del’invadenza dello sport-spettacolo per diffondere valori solidali e sostenere progetti di cooperazione internazionale in Africa, nel pieno rispetto dell’ambiente e delle comunità locale” sottolinea Filippo Fossati, presidente nazionale della Uisp, presentando la VI edizione del tour. (R.P.)

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    “Sette settimane” nel segno dello spirito ecumenico per sostenere il diritto all’acqua

    ◊   “Acqua santa. Acqua, culto e preghiera”, è il tema scelto per l’edizione 2010 dell'iniziativa “Sette settimane per l’acqua”; promossa per il terzo anno consecutivo dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) ) tramite la rete ‘Ecumenical water network’ (Ewn). Obiettivo dell’iniziativa, che durerà per tutto il periodo quaresimale, è riflettere ed agire per promuovere la giustizia nell’accesso e nella distribuzione delle preziose risorse idriche. Secondo stime correnti infatti più di 900 milioni di persone nel mondo non hanno accesso a quantità d’acqua pulita sufficienti per una vita al di sopra della linea di sopravvivenza. Una situazione che, secondo l’Ewn, spesso non è dovuta semplicemente alla scarsità d’acqua o di risorse finanziarie: “In molti casi – dice una nota di cui riferisce la Misna – vengono completamente disattese o non si dà priorità alle necessità e ai diritti di comunità periferiche”. Una questione molto complessa che, per chi l’affronta, nasconde diversi gradi di responsabilità: “Crescente e insostenibile uso dell’acqua a scopi agricoli e industriali, deforestazione e degrado ambientale con gravi danni al ciclo dell’acqua, iper-consumo e sprechi, inquinamento e crescita della popolazione”. Sono queste, scrive l’organismo del Consiglio ecumenico delle Chiese, alcune delle principali cause che determinano la carenza di acqua. Una crisi che appare ancora più allarmante se si considera la crescente tendenza ad affidare a soggetti privati lo sfruttamento e la gestione delle risorse idriche. “Sempre più, l’acqua è trattata come un normale bene commerciabile soggetto alle condizioni di mercato – si legge in conclusione -. Così, accade sempre più spesso che lì dove sono stati avviati progetti di privatizzazione, ai poveri venga precluso l’accesso all’acqua”. (M.G.)

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    Ue: la Commissione per i diritti umani chiede di evacuare in Kosovo i campi rom contaminati

    ◊   “Procedere all’evacuazione dei campi rom contaminati dal piombo” e “porre fine ai rimpatri forzati”. A rinnovare la richiesta, già avanzata lo scorso dicembre, è Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, al termine della sua seconda visita nei campi rom di Česmin Lug e Osterode (Kosovo) contaminati dal piombo. Il commissario esprime rammarico nel constatare che nel frattempo la condizione degli abitanti non ha subito modifiche: “Il fatto che vivano in questi campi da dieci anni è un vero scandalo di cui la comunità internazionale è in buona parte responsabile”. Il piombo diffuso nel suolo, nell’acqua e nell’aria - riferisce l'agenzia Sir - mette a serio rischio la salute e la vita dei circa 600 abitanti, soprattutto dei bambini; per questo, afferma Hammarberg, “occorre chiudere i campi, offrire alloggi sicuri e sottoporre tutti a trattamento di decontaminazione”. Il commissario chiede inoltre di “porre fine ai rimpatri forzati verso il Kosovo” imposti da alcuni governi. Secondo l’Onu, nel 2009 oltre 2.500 rifugiati in Austria, Germania, Svezia e Svizzera sono stati rimpatriati nel Paese, “ancora privo delle infrastrutture necessarie per la loro reintegrazione stabile”. E’ rischio sradicamento per “molti figli di questi rifugiati che, nati nei Paesi ospitanti, ne parlano correntemente la lingua e non hanno alcun legame con il Kosovo”, avverte Hammarberg. (R.P.)

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    Inghilterra: mons. Nichols ribadisce l’importanza della famiglia basata sul matrimonio

    ◊   “La stabilità della nostra società dipende dalla stabilità della vita familiare”: lo ha detto domenica scorsa mons. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminter, nella Messa per il matrimonio e la famiglia, che si celebra ogni anno a Liverpool, presso la Cattedrale di Cristo Re. “È importante promuovere il matrimonio – ha detto mons. Nichols - offrire un reale incoraggiamento ai ragazzi e alle giovani coppie, affinché intraprendano il percorso matrimoniale”. Evidenziando lo stretto legame tra il matrimonio, la vita familiare e la stabilità della società, il presule ha ribadito: “Il matrimonio, come fondamento portante per una famiglia stabile e ambiente eccellente per la crescita dei figli, deve essere supportato, oggi, nel nostro Paese se vogliamo veramente perseguire il bene comune di tutti, sia a livello politico che economico”. Quindi, l’arcivescovo di Westminster ha sottolineato l’importanza della presenza di Dio per i coniugi: “Un matrimonio senza Dio non è niente più che una questione di scelta personale e di soddisfazione personale. In tali circostanze, non c’è motivo di impegnarsi seriamente, quando la soddisfazione iniziale si è esaurita e le scelte personali sembrano rivelarsi un errore”. “Solo la presenza di Dio – ha continuato il presule – rende evidente la vera natura del matrimonio e solo la grazia di Dio può completare e rinnovare un rapporto di coppia”. Nel corso della celebrazione, le famiglie presenti si sono scambiate reciprocamente alcune copie della Bibbia, mentre la Preghiera dei fedeli ha ricordato le coppie appena sposate, quelle che hanno festeggiato il loro anniversario, quelle in crisi, i vedovi, i divorziati, i separati, i defunti e tutti coloro che vivono un momento difficile, come i disoccupati. Infine, tutti i fedeli hanno pregato affinché cresca l’attenzione per il matrimonio e la spiritualità familiare. (I.P.)

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    La croce della Gmg “raggiunge” gli universitari romani per tutta la Quaresima

    ◊   Al via il pellegrinaggio della Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù che, in tempo di Quaresima, sosterà in tutti gli atenei romani. L’iniziativa sarà aperta con una messa presieduta da mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria, domani 17 febbraio, alle 12.15, alla cappella dell’università La Sapienza di Roma. “Si tratta di un’occasione propizia – spiega mons. Leuzzi al Sir – affinché gli studenti universitari prendano coscienza che il Signore li raggiunge ovunque siano, e che la loro esperienza di studio non è marginale rispetto alla loro esperienza di fede”. La Croce, aggiunge il direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria, “non è solo un simbolo ma è anche il segno effettivo che nelle università i giovani possono incontrare Cristo attraverso le cappellanie universitarie”. La Croce rimarrà nella cappella della Sapienza fino al 19 febbraio. Quindi inizierà un pellegrinaggio per gli atenei della capitale che si concluderà nell’Università di Tor Vergata, dove arriverà il 22 marzo per ricordare il 10.mo anniversario della Giornata Mondiale della Gioventù del 2000. Infine, il 25 marzo sarà trasferita in piazza San Pietro, per la celebrazione della XXV Gmg con Benedetto XVI. (M.G.)

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    Roma: tutto pronto per il fischio d’inizio della Clericus Cup 2010

    ◊   Seminaristi e sacerdoti di nuovo in campo per la Clericus Cup. Sabato 20 febbraio è previsto il fischio di inizio della quarta edizione del campionato di calcio per religiosi più conosciuto al mondo, organizzato dal Centro sportivo italiano (Csi). Sui campi in erba sintetica del Pontificio Oratorio di San Pietro si confronteranno le sedici squadre iscritte al torneo che tenteranno di strappare lo scudetto dalle maglie del Redemptoris Mater, campione nel 2007 e nel 2009. Giovedì prossimo, alle ore 11, nell’Atrio dell’Aula Paolo VI, sarà la volta della presentazione ufficiale del torneo. A presentare la Clericus Cup 2010 saranno Massimo Achini, presidente nazionale del Csi, mons. Claudio Paganini, consulente ecclesiastico nazionale del Csi e presidente della Clericus Cup. Interverranno l’onorevole Rocco Crimi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega allo Sport e mons. Josef Clemens, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici; atteso anche Giancarlo Abete, presidente della Federazione italiana gioco calcio. (M.G.)

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    Al Festival di Berlino il lato scuro dell’Estremo Oriente: la Cina noir e il Giappone postbellico

    ◊   Come una macchina del tempo, alternando stili e ispirazioni, il 60.mo Festival di Berlino passa, nel corso di due giorni, dalla Cina immaginaria di qualche secolo fa al Giappone della seconda guerra mondiale, al nostro mondo contemporaneo. Ambientato in una sorta di “far east” antico e fuori dal tempo, “A Woman, a Gun and a Noodle Soup” di Zhang Yimou racconta di una locanda isolata, di un proprietario sadico, di una moglie giovane e infedele, di servitori avidi e disonesti, di un investigatore imperiale crudele e corrotto. Commedia noir, che si vorrebbe piena di colpi di scena e di momenti di comicità, in realtà il film risente di un gusto umoristico troppo lontano dal nostro e contiene un’unica scena memorabile, quella in cui nella cucina della locanda quattro inservienti lavorano e si lanciano al volo l’impasto per gli spaghetti. Molto più efficace, nella sua critica alla follia nazionalistica del Giappone, “Caterpillar” di Wakamatsu Koji trasporta lo spettatore nel clima livido e surreale del Paese in guerra, con i soldati impegnati sul fronte in ogni sorta di violenza e le donne nelle retrovie a sostenere col lavoro lo sforzo bellico. Il ritorno a casa di un reduce ridotto ad un tronco umano, sordo, sfigurato, senza braccia e senza gambe, ma iperdecorato e per questo considerato un “dio della guerra”, innesta nella convenzionale e quieta routine familiare una serie complessa di reazioni emotive che mescolano pietà, crudeltà, umiliazione, disgusto, fino al momento in cui il protagonista riesce a specchiarsi nell’acqua e a vedere nel suo volto il volto sconfitto e colpevole della nazione. Melodramma spietato e senza riscatto, “Caterpillar” tenta di dare una spiegazione alle cose della Storia. Pura fenomenologia, senza approfondimenti psicologici, risulta invece “Der Räuber” di Benjamin Heisenberg, che racconta con grande abilità e senza molte parole la parabola insensata di un ex-carcerato, ossessionato dalla corsa e dai colpi in banca. Ispirato ad una storia vera, il film si nutre dell’interpretazione fisica del suo protagonista, autore di vere e proprie performance atletiche, lasciandoci sorpresi e interdetti di fronte alla conferma delle stranezze della vita e dell’imprevedibilità degli esseri umani. Non molto diverso, seppure orientato verso il sorriso, è l’effetto che produce “Exit through the Gift Shop”, un documentario intriso di elementi di finzione che racconta il mondo segreto della “street art”, fatto di gesti provocatori, di audaci acrobazie e di abile marketing. Realizzato da uno dei più famosi “graffitari” del mondo, Bansky, il cui volto resta ancor oggi sconosciuto, il film, gradevole e autoironico, solleva gli entusiasmi del pubblico giovanile, ma resta interessante anche per chi è estraneo al fenomeno, in quanto rivela tempi e modi di un procedimento artistico destinato a lasciare una traccia nella Storia. (A cura di Luciano Barisone)

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    24 Ore nel Mondo



    Mentre si discute di nucleare iraniano, l’Onu esprime forte preoccupazione per i diritti umani a Teheran

    ◊   Il Cremlino ribadisce che "nessuno può escludere l'uso delle sanzioni in caso di mancato rispetto degli impegni" da parte di Teheran sul proprio programma nucleare. E il presidente iraniano, Ahmadinejad, dice che la questione dello scambio di combustibile non è chiusa” e che l'Iran è sempre "pronto ad uno scambio in una cornice di equità". Intanto, Teheran risponde a Hillary Clinton sul pericolo di una dittatura militare in Iran, mentre resta la questione delle proposte della comunità internazionale per il dialogo sul nucleare. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    Sono gli Usa che mantengono “una dittatura militare” nella regione, con le loro politiche in Iraq, Afghanistan e Gaza. E’ questa la risposta del ministro degli Esteri iraniano, Mottaki, alle affermazioni del segretario di Stato Usa. Hillary Clinton aveva detto di temere che l'Iran stia andando verso “una dittatura militare” dei Pasdaran. Nella sua missione nella regione, la Clinton ha lasciato intendere che ci sarebbe sempre spazio per il dialogo, sottolineando però che il tempo sta per scadere e che già si studiano sanzioni. A proposito di nucleare, Teheran continua a parlare di nuove proposte da Usa, Russia e Francia per un accordo sullo scambio di combustibile nucleare. Ma Stati Uniti, Russia e Francia smentiscono. E c’è poi da riferire del duro pronunciamento di Paesi occidentali, Italia in testa, contro Teheran sui diritti umani: in occasione ieri dell'esame della situazione in Iran al Consiglio Onu sui Diritti umani, cui sono sottoposti a turno tutti i 192 Paesi membri, è emersa la preoccupazione per quella che è stata definita la “gravemente deteriorata” situazione dei diritti umani in Iran. Il giro di vite è cominciato in seguito alla contestata vittoria del presidente Ahmadinejad alle elezioni presidenziali del 12 giugno scorso.

     
    Vittime tra civili in Afghanistan e militari Isaf, annunciata cattura di capo talebano
    La guerra in Afghanistan continua a provocare vittime tra i civili. Intanto, si continua a parlare della cattura del comandante militare dei talebani Baradar, ufficialmente smentita dai talebani. Ma sembra arrivi una prima ammissione da parte dei ribelli. Il servizio di Federico Catani:

    Continua a mietere vittime tra la popolazione, l’offensiva che le truppe internazionali, appoggiate dall’esercito di Kabul, stanno conducendo nel sud dell’Afghanistan. L’Isaf, la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza, ha comunicato che altri tre civili sono morti perché confusi con i guerriglieri talebani. Le nuove vittime seguono i dodici civili morti nei combattimenti di domenica scorsa e le cinque vittime di ieri. Le forze internazionali hanno espresso rammarico e vicinanza alle famiglie delle vittime, promettendo un indennizzo sulla base delle tradizioni locali. Ai morti civili vanno aggiunti anche quelli militari. Durante le operazioni delle forze Nato ed afghane, ostacolate dai talebani, hanno perso la vita due militari occidentali. Dall’inizio dell’intervento nel 2001, salgono così a 1.644 i soldati stranieri morti in Afghanistan. Intanto, Yusuf Ahmadi, portavoce dei talebani, ha definito “errate ed infondate” le notizie dell’arresto del mullah, Abdul Ghani Baradar, comandante militare dei talebani in Afghanistan. Il riferimento è all’offensiva lanciata venerdì scorso dalle forze della coalizione e da quelle di sicurezza afghane nel distretto di Marjah, roccaforte dei terroristi. A dare per primo la notizia della cattura di Baradar era stato nei giorni scorsi il New York Times, che aveva parlato dell’azione congiunta dei servizi segreti statunitensi e pakistani. A confermare tale versione è stato un comandante dei ribelli della provincia afghana di Ghazni, che è voluto restare anonimo. Baradar è definita una personalità di primo piano dei talebani. Unico uomo più potente di lui, sembra sia il Mullah Omar, altro grande ricercato dalle forze della coalizione.

     
    Scontri in campo profughi in Libano: due vittime
    Due morti, uno dei quali una donna, è il bilancio degli scontri armati scoppiati nelle ultime 24 ore in un campo profughi palestinese a sud di Beirut. Lo riferiscono stamani i media libanesi e panarabi. L'episodio si è verificato ai margini del campo, nel settore di Hayy Taamir, tradizionalmente abitato da famiglie di miliziani integralisti in conflitto con la dirigenza di Fatah. Secondo gli accordi del Cairo del 1969 - ancora oggi in vigore tra governo di Beirut e milizie palestinesi - l'esercito libanese non può entrare nei campi profughi palestinesi, ma si limita a pattugliarne il perimetro e a controllarne gli accessi ufficiali. Nell'estate 2007, circa 400 persone erano rimaste uccise nelle battaglie combattute dall'esercito libanese contro miliziani di Fatah al Islam, arroccati nel campo profughi di Nahral Bared, nei pressi del porto settentrionale di Tripoli.

    Gheddafi respinge gli europei: la Commissione Ue auspica soluzione diplomatica
    La Commissione europea auspica una rapida soluzione diplomatica dopo che la Libia ha sospeso la concessione di visti ai cittadini dell’area Schengen. La decisione del Paese islamico è stata assunta perché il governo di Berna ha negato l’ingresso in Svizzera a 188 libici, tra i quali il colonnello Gheddafi ed il suo ministro degli Esteri, considerati pericolosi per la sicurezza del Paese. “Agendo in questo modo, la Svizzera prende in ostaggio gli altri Paesi dell’area Schengen”, ha sottolineato il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, augurandosi al contempo che “la decisione libica sia ritirata al più presto”. Il titolare della Farnesina ha aggiunto che “la soluzione va individuata a livello comunitario” ed ha suggerito all’Unione Europea di “effettuare un passo su entrambe le capitali per cercare di trovare di comune accordo una soluzione tecnica al problema”. Intanto, giovedì prossimo verrà fatta una prima valutazione della situazione da parte di un comitato tecnico che si occupa dei visti, mentre il prossimo lunedì a Bruxelles, durante la riunione dei ministri degli Esteri dei Ventisette, ci si aspetta una “decisione collegiale” sulla questione da parte dell’Europa.

    Juncker esclude aiuti del Fmi alla Grecia
    “E' assurdo” parlare di aiuti finanziari alla Grecia da parte del Fondo monetario internazionale (Fmi). Lo ha detto ai giornalisti il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, a margine della riunione con i ministri finanziari Ue a Bruxelles. Juncker, in ogni caso, ha affermato che la Grecia dovrà impegnarsi di più per risolvere i propri problemi di bilancio, sottolineando che il deficit di Atene dovrà essere tagliato quest'anno di quattro punti percentuali. Se la Grecia non dovesse farcela – ha aggiunto – l'Eurogruppo imporrà maggiori condizioni attraverso un voto di maggioranza”. In particolare, a proposito di Fmi, Juncker ha detto che il Fondo può inviare esperti tecnici in Grecia perché la Commissione europea non dispone delle risorse umane necessarie, ma questo non significa che l'Fmi abbia il compito di tracciare una "exit strategy" per i problemi di finanza pubblica.

    Per la sesta volta rinviate le elezioni in Costa d’Avorio
    In Costa d’Avorio, per la sesta volta sono state rinviate le elezioni a causa della crisi che ha seguito lo scioglimento della Commissione elettorale indipendente e del governo. Questa situazione di incertezza ha inoltre inasprito la profonda crisi energetica nel Paese, con ripercussioni gravi sui generi di prima necessità, mettendo in ginocchio le fasce più deboli della popolazione civile. Intanto, dal presidente, Laurent Gbabo, è attesa proprio per oggi la notizia sulla composizione del nuovo governo. Alessandro Rabbiosi, responsabile dell’Ong Terre des Hommes in Costa d’Avorio così ci descrive le difficoltà del Paese nell’intervista di Stefano Leszczynski:

     
    R. – La crisi politica purtroppo si innesta su una situazione sociopolitica che era già abbastanza degradata. Sto pensando, ad esempio, all’erogazione dell’elettricità e dell’acqua soprattutto nei centri urbani: da circa una decina di giorni, a rotazione, tutte le principali città della Costa d’Avorio vengono private di energia elettrica per una quindicina di ore in media. E questo crea dei disagi notevoli sia da un punto di vista delle attività economiche, sia anche dal punto di vista igienico-sanitario.

     
    D. – Un degrado che colpisce soprattutto le fasce più deboli. In particolare, voi siete preoccupati per la situazione dell’infanzia…

     
    R. – Certo, per i bambini. E’ chiaro che è più debole, è meno difeso. I bambini, purtroppo, sono esposti a queste conseguenze. Si nota un aumento anche del fenomeno dei bambini di strada o di accattonaggio: sono esposti a rischi di tutti i tipi.

     
    D. – Lo stallo politico sta provocando forti tensioni. Ci sono timori che la situazione possa esplodere?

     
    R. – Diciamo che finora le tensioni sono molto più verbali che pratiche, nel senso che dopo l’annuncio della dissoluzione del governo e soprattutto del fatto che la Commissione elettorale è indipendente - cosa che è accaduta venerdì scorso - le opposizioni politiche hanno gridato al colpo di Stato, ma al momento la situazione sembra tranquilla. Per noi che siamo usi e adusi alla Costa d’Avorio, sono proprio questi momenti di estrema tranquillità che lasciano presagire a delle possibili recrudescenze della crisi, anche nelle strade. Per ora e per fortuna, la situazione è tranquilla e sembra abbastanza controllata. Consideriamo che vi è da creare il nuovo governo e quindi bisogna aspettare da qui a venerdì per vedere quali saranno le reazioni.

     
    La Russia annuncia privatizzazioni nei prossimi mesi
    Il governo russo guidato da Vladimir Putin intende tenere nei prossimi mesi le aste per offrire sul mercato azioni di società statali, nell'ambito dell'annunciato programma di privatizzazione: lo ha annunciato il consigliere economico presidenziale, Arkadi Dvorkovich, come riferiscono le agenzie. L'elenco delle compagnie da privatizzare sarà reso noto nelle prossime settimane. Nel programma, ha sottolineato Dvorkovich, figurano società di trasporto, cantieri navali, società loigistiche ed infrastrutture come gli aeroporti.

    Il cordoglio di Napolitano per la tragedia ferroviaria in Belgio
    Le due scatole nere dei treni che ieri sono entrati in collisione a Hal-Guigengen, a sudovest di Bruxelles, sono state ritrovate. Lo ha indicato il procuratore del Re. Il procuratore ha detto che le due scatole nere possono essere utilizzate da subito, ma che “è ancora impossibile conoscere le cause esatte della catastrofe”. La ferrovia resta bloccata, in quanto gli esperti e gli investigatori stanno ancora compiendo il loro lavoro. Uno dei due macchinisti è deceduto, l'altro è gravemente ferito, ma non in pericolo di vita. Al momento, il bilancio della tragedia è di 18 morti e di 171 feriti. Tra gli altri, il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, profondamente rattristato dalla notizia del tragico incidente ferroviario occorso in Belgio, ha inviato al Re dei Belgi, Alberto II, un messaggio di cordoglio. “In questo momento così doloroso - scrive il capo dello Stato - l'Italia, unita al suo Paese da tradizionali vincoli di profonda amicizia, si sente particolarmente vicina al popolo belga”.

    Quattro donne del partito di Aung San Suu Kyi condannate a lavori forzati
    Quattro donne simpatizzanti del partito d'opposizione della leader democratica, Aung San Suu Kyi, sono state condannate in Birmania a due anni di lavori forzati, mentre è in corso nel Paese la visita del commissario dell'Onu per i diritti dell'uomo, Tomas Ojea Quintana. Lo ha reso noto oggi un avvocato dell'opposizione, Me Kyaw Hoe. “Naw Ohn Hla e tre altre donne sono state condannate a due anni di lavori forzati” per aver turbato l'ordine pubblico, ha spiegato l'avvocato, precisando che faranno appello. Le donne erano state arrestate lo scorso ottobre per aver regalato opere letterarie ad un famoso monastero a Dagon, nell'est del Paese. La condanna è stata sancita ieri, nel primo di cinque giorni di visita in Birmania di Quintana. Il commissario dell'Onu si è visto rifiutare la richiesta di un incontro con la Premio Nobel per la Pace Suu Kyi, ancora agli arresti domiciliari. Sono circa 2.100 i prigionieri politici attualmente rinchiusi nelle carceri birmane. L'opposizione ritiene non credibili le elezioni politiche in programma per quest'anno, le prime dopo 20 anni. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 47

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