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Sommario del 15/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • I vescovi irlandesi dal Papa. Il cardinale Bertone: dalle prove, il rinnovamento, ma riconoscendo le colpe. Gli auspici del cardinale Brady
  • Nomina
  • Il direttore della Caritas di Roma: lo sguardo d’amore del Papa segno di speranza per gli ultimi della società
  • Chiusura a Capo Verde dei lavori della Fondazione “Giovanni Paolo II per il Sahel”
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Offensiva in Afghanistan: la Nato controlla il Sud
  • Il cardinale Scherer: grande soddisfazione in Brasile per i risultati della pastorale dell’infanzia
  • Tensione tra immigrati a Milano. Il parroco: meno soldati, più educatori
  • Forum delle Ong cattoliche a Roma
  • Il grido d'aiuto di malati di Sla e famiglie: lo Stato non ci abbandoni!
  • Chiesa e Società

  • Padova: al via l’ostensione dei resti mortali di Sant’Antonio
  • India. Il vescovo di Pune: credenti in Dio uniti contro il terrorismo
  • Anno europeo di lotta alla povertà: gesti simbolici di 60 vescovi del continente
  • Haiti: la Chiesa ancora in prima linea negli aiuti alla popolazione colpita dal sisma
  • Terremoto Haiti: per l'Aibi 500 famiglie pronte all'affido temporaneo
  • Messa del cardinale Sodano a Roma per le vittime del terremoto ad Haiti
  • Sri Lanka: messaggio di Quaresima su pace e riconciliazione
  • Pakistan: in fiamme la casa di una famiglia cattolica minacciata da musulmani
  • Iraq: nasce il Consiglio dei capi delle comunità cristiane
  • Vescovi filippini: preservativo e sesso libero aumentano la diffusione dell’Aids
  • Vietnam: a Xuan Loc nasce una scuola professionale per i giovani della diocesi
  • Papua Nuova Guinea: un’epidemia di colera sta minacciando il Paese
  • Messico: intervento della Chiesa sulla laicità che non deve mortificare la fede
  • Ecuador: i vescovi lanciano la campagna in difesa di famiglia e giovani
  • Dall’Australia, giovani in missione in Perù
  • Australia: catechesi sul web per preparare i fedeli alla Pasqua
  • Slovenia: prende forma la prima Università cattolica del Paese
  • L’Unesco celebra Matteo Ricci con un simposio e una mostra
  • Insbruck: riconsegnate ai cappuccini le ossa di due confratelli uccisi in Cina
  • Assisi: assegnato il premio Santa Chiara per la buona Tv che esalta i valori umani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Scontro tra due treni passeggeri in Belgio: almeno 12 i morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    I vescovi irlandesi dal Papa. Il cardinale Bertone: dalle prove, il rinnovamento, ma riconoscendo le colpe. Gli auspici del cardinale Brady

    ◊   Il Papa ha iniziato oggi un incontro di due giorni con i vescovi della Conferenza episcopale irlandese, in Vaticano per la questione degli abusi su minori da parte di alcuni esponenti del clero locale. Prima dell’udienza con Benedetto XVI, i presuli hanno partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta questa mattina nelle Grotte Vaticane dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    Il cardinale Bertone ha parlato della “difficilissima crisi” che sta vivendo la Chiesa in Irlanda sottolineando che le prove “più dure è umilianti” per la comunità ecclesiale sono quelle che provengono dal suo interno, soprattutto quando vedono coinvolti alcuni suoi uomini “in atti esecrabili”. Ma da una prova dolorosa – ha spiegato - può venire il rinnovamento, “la grazia della conversione e una fede più grande”: a patto, tuttavia, che “il peccatore riconosca la propria colpa in piena verità”. Occorre evitare anche un’insidiosa tentazione del Maligno che, nelle tempeste, mira “a far perdere la fiducia in Dio, spingendo nello scoraggiamento e nella disperazione”. “Sì, le tempeste fanno paura – ha detto il cardinale Bertone – anche quelle che scuotono la barca della Chiesa per colpa dei peccati dei suoi membri”. Ma “la tempesta più pericolosa” - ha aggiunto - è “quella che tocca il cuore dei credenti, scuotendo la loro fede e minacciando la loro capacità di affidarsi a Dio, di confidare nella sua sovrabbondante provvidenza”. E’ necessario allora “affidarci totalmente” al Signore, nella preghiera e nell’umiltà. “La lotta contro il male non è finita – ha rilevato ancora il cardinale Bertone – continua fino alla fine dei tempi. Per questo il Padre ci ha mandato nel nome di Gesù lo Spirito Santo, per difenderci e consolarci”. Il porporato, infine, ha auspicato che questo incontro dei vescovi irlandesi in Vaticano “sia colmo di carità nella verità e susciti rinnovato impegno di comunione e di unità tra i pastori e con i fedeli a loro affidati”.

     
    Sulla visita dei vescovi irlandesi in Vaticano, ascoltiamo il cardinale Seán Brady, arcivescovo di Armagh e primate di tutta l'Irlanda, al microfono di Emer McCarthy:

    R. – I’ve come to Rome many times in my life…
    Sono venuto a Roma molte volte nella mia vita, ma mai con le tante preghiere che mi accompagnano questa volta. So che la stessa cosa vale per il Santo Padre ed i membri della Curia. Questo è il terzo incontro su questo argomento nell’arco di sette mesi! Credo che il Santo Padre sia molto preoccupato; questo incontro ha avuto una preparazione molto accurata, ma è soltanto un passo di un cammino molto lungo: speriamo che, al nostro rientro in Irlanda, questo si traduca in un processo di pentimento, rinnovamento e riconciliazione, per il bene di tutti. Ovviamente, puntiamo tutti allo stesso obiettivo che è quello della tutela dei bambini. Siamo anche d’accordo sui punti che il Santo Padre ci ha presentato nella visita ad Limina, che devono essere studiati attentamente da tutte le persone coinvolte.

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Ondo (Nigeria) il rev. Jude Arogundade, del clero di Ondo, attualmente impegnato pastoralmente negli Stati Uniti d’America. Il rev. Jude Arogundade è nato il 2 giugno 1961, a Oka-Akoko, Stato di Ondo, è stato ordinato sacerdote l’8 settembre 1990 ed incardinato nella diocesi di Ondo.



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    Il direttore della Caritas di Roma: lo sguardo d’amore del Papa segno di speranza per gli ultimi della società

    ◊   La Chiesa ama i poveri e non li abbandona mai: riecheggiano forti le parole di Benedetto XVI, pronunciate ieri al Centro Caritas della Stazione di Termini di Roma. Una visita intensa che ha offerto al Papa l’opportunità di incontrare i poveri della città ma anche quanti si prodigano per testimoniare concretamente l’amore di Cristo agli ultimi della società. Per una riflessione sui frutti di questo importante avvenimento, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma:

    R. – Quello che ha colpito moltissimo, al di là delle parole che il Santo Padre ci ha detto, è il suo sguardo partecipativo e molto presente alla situazione. Ieri ho visto che il Papa comunicava moltissimo con gli occhi: gli occhi pietosi davanti alle persone, alle difficoltà che gli venivano raccontate; gli occhi carichi di gioia davanti alla speranza … Quindi, l’eredità che io posso dire è quella di avere una maggiore attenzione alla persona, con uno sguardo attento capace di vedere quello che la persona desidera, e così comunicarci. Il vedere che poi ci viene dalla Parabola del Vangelo, del Buon Samaritano, che vide la persona malmenata dai briganti e si fermò …

     
    D. – Il Papa ha detto con forza che la Chiesa ama ogni uomo per quello che è, non per quello che possiede: è proprio lo spirito che anima gli operatori della Caritas …

     
    R. – E’ quanto noi cerchiamo di dire ai nostri volontari. A queste persone noi diciamo continuamente, in una società dove non si fa niente per niente, noi vorremmo fare qualche cosa per niente. Il nostro fare qualche cosa per niente è perché è mosso solamente dall’amore, e dall’amore di Cristo. Probabilmente, proprio questo è il messaggio che il Santo Padre ci ha lasciato!

     
    D. – Con le sue parole, con la sua visita il Papa in fondo ha lanciato anche una sfida a tutta la città, a tutta la comunità cittadina, non solo ai credenti, ad essere accoglienti, a lavorare per una società più giusta, più solidale …

     
    R. – Sì, lo ridico con forza: proprio la gioia di sentire quelle parole del Papa. Noi siamo discepoli di Cristo e il nostro porre la carità al primo posto credo che sia il comando del Signore. Però, il Papa ci ha ricordato: non si può scindere la giustizia dalla carità, né la carità dalla giustizia, e credo che sia il messaggio che ci sta dando in questi anni attraverso le sue encicliche. Continuamente! Ieri ce lo ha ricordato in maniera molto, molto forte: non basta l’economia a risolvere i problemi dell’uomo; è necessario, in quella realtà, aggiungere la realtà dell’amore, del dono, della gratuità, del servizio, del dare la propria vita – come ha fatto Cristo – per il bene degli altri.

     
    D. – C’è tra i tanti momenti vissuti ieri, uno che l’ha particolarmente colpita, che in qualche modo sintetizzi il significato della visita?

     
    R. – Ho accennato a quello che mi ha colpito: il suo sguardo. Abbiamo presentato al Papa il Crocifisso che è stato tratto dalla chiesa di Onna dopo il terremoto: l’abbiamo fatto restaurare e l’abbiamo portato davanti al Santo Padre. Quando l’ha visto è rimasto in silenzio ed è rimasto a guardarlo quasi in adorazione, perché aveva afferrato anche il significato che volevamo dare a quel Crocifisso: distrutto dal terremoto, così come l’uomo può essere distrutto dal terremoto della società, della vita … E’ stato restaurato. Così, il Pontefice ha capito che anche qui c’è questo sforzo di “restaurare” le persone e raccoglierle per la dignità di persone che hanno.

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    Chiusura a Capo Verde dei lavori della Fondazione “Giovanni Paolo II per il Sahel”

    ◊   Si conclude oggi a Praia, capitale di Capo Verde, la sessione annuale del Consiglio di amministrazione della Fondazione pontificia “Giovanni Paolo II per il Sahel”, istituita nel 1984 per sostenere le popolazioni saheliane provate dalla desertificazione e dalla siccità. L’organismo opera a favore di nove Paesi: Niger, Mali, Guinea Bissau, Capo Verde, Mauritania, Senegal, Gambia, Ciad e Burkina Faso. Gli interventi sono mirati al di là delle necessità contigenti a promuovere lo sviluppo nella regione del Sahel, come spiega mons. Jean-Pierre Bassène, vescovo senegalese di Kolda, presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione, intervistato da Armance Bourgois:

    R. – En matière de secours d’urgence, la Fondation Jean Paul II…
    La Fondazione Giovanni Paolo II non interviene direttamente nelle situazioni d’emergenza: questi tipi di interventi sono gestiti dalle Caritas locali. Il nostro punto di forza sono i progetti a lungo termine: formare i saheliani affinché diventino i migliori esperti nell’agricoltura e nell’allevamento, per ottenere risultati durevoli nel tempo.

     
    D. – Come affrontate questo impegno?

     
    R. – D’abord, la sensibilisation…
    Innanzitutto con la sensibilizzazione della popolazione nei riguardi dell’importanza della vegetazione, di non praticare abusivismo, di non distruggere la natura; l’insegnamento alla gestione delle terre, alla costruzione di dighe anti-sale che impediscano l’avanzata dei laghi salati o semplicemente del mare, o del deserto; e tutto questo consentirà di realizzare delle colture con rendimenti tangibili e visibili a vantaggio del saheliani.

     
    D. – Da quanto è stata creata la Fondazione, lei ha avuto la sensazione che ci sia stato un cambiamento nella mentalità per quanto riguarda il problema della desertificazione?

     
    R. – En effet, le grand changement c’est au niveau effectivement des mentalités; …
    In realtà, il cambiamento più rilevante è proprio a livello della mentalità, e i risultati ci sono perché i saheliani stessi hanno scoperto che l’investimento fatto ha portato frutti. Ma c’è anche un altro aspetto: si sono ritrovate insieme tre federazioni di tipo etnico e i saheliani stanno imparando a vivere insieme, e questo è un contributo alla pace. E questo si ricollega un po’ al messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace di quest’anno, e io vi assicuro che l’appello è stato raccolto!

     
    D. – Come la lotta alla desertificazione e la tutela della natura possono diventare, per i Paesi saheliani, strumento di pace?

     
    R. – L’environnement c’est vraiment notre lieu de vie. Si l’environnement est …
    L’ambiente è il nostro luogo di vita; se l’ambiente è degradato, anche gli animi sono esacerbati ed è facile che nascano conflitti: per l’acqua, per la terra, per le foreste. In questo momento, il fatto stesso di rendersi conto che la natura è in pericolo e che invece si possono unire le volontà e le energie per sostenere la natura: questo già di per sé è un elemento di pace. Se riusciremo ad avere la meglio su questo fenomeno minaccioso, ritroveremo l’ambiente ed una dimensione vivibile che consentiranno a tutti ed a ciascuno di vivere in pace.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il tesoro della Chiesa di Roma: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita di Benedetto XVI all’ostello della Caritas alla stazione Termini di Roma.

    Il Vangelo è la rivoluzione dell’amore: all’Angelus il Papa indica nelle beatitudini un nuovo orizzonte di giustizia per costruire un mondo migliore.

    Sant’Antonio e le folle: in prima pagina, un fondo di Ugo Sartorio sulla speciale ostensione, a Padova, del corpo del Santo.

    La Messa celebrata dal cardinale Tarcisio Bertone che ha preceduto l’incontro del Papa con i vescovi irlandesi.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’Afghanistan, dove è in corso una massiccia offensiva antitalebana (che non risparmia i civili).

    In cultura, il vescovo Marcello Semeraro presenta un nuovo “Dizionario di Ecclesiologia”.

    Il saggio di Francesco Malgeri contenuto nel volume “Sollecitudine ecclesiale di Pio XI alla luce delle nuove fonti archivistiche”, presentato in occasione del convegno “Pio XI e il suo tempo”.

    In bilico tra realtà e fantasia: Sandro Barbagallo su James Ensor e le maschere.

    In viaggio tra le paure: Gaetano Vallini recensisce il film di Martin Scorsese “Shutter Island”.

    La selvatica preghiera di Italo Alighiero Chiusano: Sabino Caronia ricorda, a quindici anni dalla morte, uno scrittore ingiustamente dimenticato.

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    Oggi in Primo Piano



    Offensiva in Afghanistan: la Nato controlla il Sud

    ◊   Gran parte dell'area meridionale dell’Afghanistan, interessata dall’operazione militare congiunta tra Nato ed esercito di Kabul e denominata ''Mushtarak'', è ora sotto il controllo delle forze della coalizione. L'azione, scattata la scorsa settimana, è la prima grande prova della strategia voluta dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama per stroncare l'insurrezione dei talebani e per porre fine al conflitto, che ormai dura da oltre 8 anni. Quindicimila sono i soldati impegnati in queste ore nei distretti di Marjah e Nad Ali, nella provincia di Helmand. L’offensiva, che ha provocato anche 12 vittime tra i civili, uccisi per errore da due missili che hanno mancato l'obiettivo, mira a piegare i militanti islamici e a spianare la strada alla sovranità afghana, le cui autorità si sono dette pronte a prendere il controllo delle istituzioni e della sicurezza. Sulla situazione in Afghanistan, Giada Aquilino ha intervistato il prof. Marco Lombardi, responsabile dei progetti educativi in Afghanistan dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

    R. – La situazione è a macchia di leopardo. L’offensiva della coalizione di questi giorni è a Sud, verso Lashkar Gah, a Marjah e Nad Ali. Si tratta di una zona che da tempo era sotto il controllo talebano o lontana dal controllo dell’Isaf. Ci si poteva aspettare un intervento in questo periodo: le condizioni climatiche dell’Afghanistan ciclicamente distribuiscono le opportunità di guerra tra l’una e l’altra parte. Per i talebani, in questo momento, attaccare le forze è molto difficile perché fa freddo, c’è neve, le strade non sono percorribili; per le truppe Isaf può essere un momento, invece, di contrattacco abbastanza "interessante". Qui siamo proprio nella zona meridionale dell’Afghanistan, quella in cui ci sono anche infiltrazioni dai Paesi vicini o di supporto dei Paesi vicini alle forze talebane, che sono decisamente consistenti.

     
    D. – A che punto è, invece, il dialogo con i talebani moderati, tanto auspicato dalla comunità internazionale?

     
    R. – Credo che la scelta intrapresa, quella di parlare con i talebani moderati, sia opportuna. E’ una scelta difficile, osteggiata dentro e fuori l’Afghanistan, ma in qualche modo rappresenta una via obbligata. L’Afghanistan è frammentato in centinaia di tribù, ciascuna delle quali con propri interessi e lingue, attraversate da confini statali che non hanno un loro senso nella logica tribale. Tutto questo, evidentemente, entra in gioco ed è di interesse afghano. Ma è anche interesse dei Paesi della coalizione far sì che l’Afghanistan non diventi – o non rimanga – un santuario non diciamo “del terrorismo”, che è complicato, ma per esempio della droga, del traffico illecito, della corruzione. Quindi, è necessario dialogare con i talebani moderati e per i talebani moderati è necessario dialogare con l’esterno. Purtroppo le regole del dialogo – questo è il problema! – sono ancora tutte da inventare.

     
    D. – Quindi, che cosa serve oggi all’Afghanistan, a più di otto anni dall’inizio della guerra?

     
    R. – Al di là del rispondere “la pace”, direi un impegno forte e chiaro da parte del governo afghano a voler collaborare e a dimostrarsi disponibile a farlo con l’Occidente; e da parte dei talebani moderati una volontà ad aprirsi a questo dialogo. E, inoltre, la disponibilità da parte dei Paesi che girano attorno all’Afghanistan, a far sì che l’Afghanistan trovi la propria via. Non dimentichiamo che attorno c’è tutta l’Asia centrale e poi ci sono il Pakistan e l’Iran e nella zona ci sono pure gli americani i Paesi impegnati nella missione Isaf. Purtroppo, l’Afghanistan diventa anche il crocevia di interessi che superano di gran lunga i suoi confini.

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    Il cardinale Scherer: grande soddisfazione in Brasile per i risultati della pastorale dell’infanzia

    ◊   La famiglia è “l’aiuto più grande che si possa offrire ai bambini”: è uno dei passaggi forti del discorso del Papa ai membri del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ricevuti nei giorni scorsi in occasione dell’assemblea plenaria. Proprio i diritti dell’infanzia sono stati al centro dei lavori del dicastero vaticano, a cui ha partecipato anche il cardinale arcivescovo di San Paolo del Brasile, Odilo Pedro Scherer. Al porporato brasiliano, Cristiane Murray ha chiesto di soffermarsi sui risultati della pastorale dell’infanzia nel suo Paese:

    R. – Questa pastorale, che oggi è presente in tutto il Paese, ha fatto sì che la mortalità infantile in Brasile calasse di molto – e questo è riconosciuto dalle autorità! – perché con metodi molto semplici sono stati aiutati il bambino e anche la mamma, già prima della nascita del bambino, a badare alla salute, all’alimentazione, a prevenire le malattie comuni; così il bambino è stato aiutato a superare alcuni inconvenienti con soluzioni a portata di mano, quindi non costose né complicate che richiedano l’intervento di specialisti.

     
    D. - Cardinale Scherer ci può fare un esempio...

     
    R. - Spesso si tratta sostanzialmente di denutrizione, quindi è necessaria un’alimentazione adeguata e così si rende necessario insegnare alle mamme che non lo sanno, innanzitutto l’importanza dell’allattamento materno, e poi a preparare quegli alimenti semplici di cui ha bisogno il bambino, anziché di alimenti complicati … Poi, si è insegnato anche ad approfittare degli alimenti “a portata di mano”: a volte, invece di usare questi, la gente va a comprare cose costose nei supermercati …

     
    D. - In questo vostro impegno da chi siete aiutati?

     
    R. - La pastorale del bambino in Brasile conta su 260 mila volontari, attualmente: è un grande numero di persone! E' un lavoro fatto con grande metodo; certo, cerca l’appoggio di politiche pubbliche perché ovviamente il governo deve fare la sua parte, sostenendo quello che occorre per mantenere viva questa attività.

     
    D. - Eminenza, allora questa vostra esperienza così positiva può essere condivisa...

     
    R. - Siamo felici in Brasile di potere condividere con il mondo intero un’esperienza vincente con i bambini, che potrebbe essere in qualche modo riproposta in qualunque Paese – soprattutto nei Paesi poveri, dove la gente talvolta non ha il denaro per andare a comprare quelle cose che costano molto, ma che spesso nemmeno sa fare quello che occorre! Per esempio, spesso le donne non sanno come badare a se stesse durante la gravidanza, in altri casi non sanno come badare al neonato: questo lavoro della pastorale dell’infanzia è anzitutto un lavoro di educazione e ha prodotto risultati fantastici! (Montaggio a cura di Maria Brigini) 

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    Tensione tra immigrati a Milano. Il parroco: meno soldati, più educatori

    ◊   Tensione alta in via Padova a Milano, teatro due giorni fa dell’assassinio di un giovane egiziano da parte - alcuni accusano - di una gang di latino-americani. L’omicidio, che ha scatenato una rivolta della folta comunità nordafricana locale, è ora al centro del dibattito politico. Questa sera una fiaccolata di solidarietà con i residenti è stata indetta dal Pdl. Secondo il ministro dell’Interno Maroni è escluso il rischio "banlieue" e occorre cambiare passo nelle politiche di integrazione. Il leader del Carroccio, Bossi, dice: “No ai rastrellamenti” proposti dal leghista Salvini, mentre per il Pd “è fallita la politica della sicurezza” del governo. Ma qual è la situazione a via Padova? Paolo Ondarza lo ha chiesto a don Piero Cecchi, parroco della chiesa locale di San Giovanni Crisostomo che per mercoledì prossimo ha promosso una veglia di preghiera e riflessione aperta a tutti.

    R. - La prima cosa che direi è che non è che non è uno scontro tra etnie ma è un episodio dovuto ad alcune frange più violente che hanno suscitato poi una reazione sproporzionata, certamente da condannare. Questo ci riempie di una profonda tristezza perché cade su un lavoro silenzioso, che dura da anni, di attenzione per cercare l’integrazione, che ha prodotto frutti di integrazione per cui ci sono tante persone italiane e straniere che vivono in pace e cercano di convivere con quelli che abitano di fianco a loro. Via Padova è molto più bella di quella che i media in questi giorni hanno descritto.

     
    D. - Ma in che proporzione è la popolazione immigrata rispetto a quella italiana?

     
    R. - Certamente ci sono molti immigrati e questo è qualcosa che non eravamo preparati, probabilmente, ad accogliere. Però ecco questa preponderanza così assoluta non è reale perché è vero che i bambini sono tanti ma questo perché i non italiani hanno famiglie più larghe.

     
    D. – Faccio riferimento a dichiarazioni che sono state rilasciate ai media di italiani che si dicono assediati dagli stranieri, dicono: qui accade di tutto, viviamo come in una fogna, nel degrado…

     
    R. - E’ vero che ci sono tanti immigrati ed è vero anche che ci sono delle situazioni non lineari soprattutto in alcuni caseggiati di ringhiera di via Padova, però è altrettanto vero che ci sono persone che vivono normalmente la loro vita di italiani qui. Non é così assoluto questo degrado.

     
    D. – Si parla di spaccio, prostituzione…

     
    R. - Dappertutto a Milano, non solo in via Padova: non è la centrale dello spaccio e della prostituzione! Rincasando la sera in macchina ho visto in altre strade molta più prostituzione sui marciapiedi che non in via Padova.

     
    D. - Ma lei crede che ci sia una responsabilità della politica per quanto accaduto a via Padova?

     
    R. – Non sono in grado di attribuire responsabilità. L’unica cosa che dico è che probabilmente manca la percezione di quella che è l’importanza educativa. Forse se invece di 300 militari avessero mandato 150 militari e 150 educatori di strada avrebbero risolto molti più problemi della città e non solo del nostro quartiere.

     
    D. - Non l’aumento delle forze di polizia può risolvere il problema…

     
    R. – Penso proprio di no. Lo stesso ministro Maroni in un’intervista - con mia gradita sorpresa - dice che non é solo un problema di ordine pubblico ma di inculturazione e di integrazione.

     
    D. – Lei non crede che ci possa un rischio “banlieue”: cioè, un ripetersi di quanto accaduto qualche anno fa in Francia?

     
    R. – Non posso dirlo nel senso che l’indole umana è così imprevedibile e, per esempio, quando noi leggiamo nei Promessi Sposi del Manzoni il saccheggio dei forni sappiamo che da un niente può scatenarsi qualcosa di terribile. Di per sé non dovrebbero esserci le condizioni.

     
    D. – Da quanto ha potuto vedere c’è un clima di contrapposizione tra immigrati di origine africana e quelli sudamericani?

     
    R. – C’è un clima un pochino di sospetto perché quando ci si scontra poi non è che si diventa subito tranquilli e gioiosi. Ci tengo a dire che per quello che riguarda soprattutto i latinoamericani sembra che sia una di queste bande che sono abbastanza feroci e agguerrite che non sono localizzate qui ma operano su tutta la città e poi si concentrano su punti particolari.

     
    D. – Proprio laddove c’è il rischio che si creino delle divisioni è fondamentale il ruolo della Chiesa; proprio nella sua parrocchia mercoledì è stata organizzata una veglia di preghiera…

     
    R. – Sono le parrocchie che si affacciano su questa strada: non è una cosa diocesana. Siamo noi comunità cristiane, preti e laici che vogliamo pregare insieme. Non è una manifestazione. L’appello che io farei è questo: ogni persona non può essere guardata come categoria ma è una persona che ha un volto e un nome: se si riesce a guardarsi in faccia e chiamarsi per nome ci si accorge che siamo tutti esseri umani che hanno una loro unità nella paternità di Dio.

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    Forum delle Ong cattoliche a Roma

    ◊   Si è riunito a Roma nei giorni scorsi il Forum delle Organizzazioni non governative (Ong) di ispirazione cattolica. Centinaia i partecipanti da tutto il mondo per interrogarsi sul significato dell’impegno sociale a livello internazionale. Su come è cambiato il ruolo delle Ong di ispirazione cattolica in questi ultimi anni Stefano Leszczynski ha intervistato il coordinatore del Forum, Johan Ketelers:

    R. – Penso che tutte le Organizzazioni non governative di ispirazione cattolica abbiano capito bene, oggi, che le problematiche sono assai più complesse di quello che avevano immaginato in origine. Adesso abbiamo capito che c’è di più, che c’è un’interconnessione tra i diversi temi, tra le diverse attività e che c’è bisogno di stare insieme. Questa volontà di collaborazione è il risultato di questo pensiero.

     
    D. – E’ stato detto nel Convegno che le Organizzazioni non governative di ispirazione cattolica dovrebbero imparare ad essere più propositive e più capaci di svolgere un’azione positiva...

     
    R. – Sì, nella loro storia le Ong di ispirazione cattolica hanno iniziato la propria attività con scopi caritativi e solo in seguito hanno compreso che ci sono tanti elementi che devono essere decisi a livello politico, il che vuol dire che dobbiamo fare proposte nuove e concrete e condividere le responsabilità, anche con i governi e a livello di opinione pubblica.

     
    D. – Questo è importante, anche per vincere quella sorta di preconcetto che talvolta c’è nel mondo laico nei confronti delle Organizzazioni non governative, che si dichiarano ispirate da valori cristiani, cattolici...

     
    R. – La nostra caratteristica di essere organizzazioni di ispirazione cattolica è un grande vantaggio. Per noi è molto più chiaro lo spirito unitario in tutto quello che facciamo, perché il messaggio cristiano della Dottrina sociale della Chiesa è un grande aiuto. Non è un aiuto a livello tecnico, ma è un’ispirazione continua e su questo, penso, siamo un passo avanti a tanti altri.

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    Il grido d'aiuto di malati di Sla e famiglie: lo Stato non ci abbandoni!

    ◊   La commovente vicenda di Andrea Pancallo, il ventenne di Vercelli che ha aveva annunciato di voler vendere uno dei suoi reni per aiutare economicamente il padre Domenico, da sei anni malato di Sla, Sclerosi laterale amiotrofica,, riporta in primo piano la drammatica situazione dei pazienti colpiti da questa malattia degenerativa e delle loro famiglie. Ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande le ragioni disperate del giovane, che dopo il clamore suscitato sui media ha raccolto solidarietà e offerte di aiuto.

    D. – Ora che la vicenda della sua famiglia ha avuto una certa risonanza grazie alla drammatica offerta che lei ha fatto qual è il suo stato d’animo?

     
    R. – Sicuramente mi sento un po’ più sollevato e penso che il mio rene rimarrà lì ancora per un po’. Spero che si trovi un’alternativa definitiva.

     
    D. – Avete ricevuto segni di solidarietà in questi giorni?

     
    R. – Abbiamo ricevuto tanti segni di solidarietà, sia offerte economiche sia anche gente che vuole dare il proprio aiuto di persona. Ringraziamo tutti quanti, non sappiamo che dire, siamo veramente pieni di gioia per questo.

     
    D. - Lei ha dovuto fare un gesto così estremo, proporre di vendere uno dei suoi reni proprio per arrivare ad avere una risposta, ad avere una certa notorietà anche sui mezzi di stampa: come si sente?

     
    R. – Questa purtroppo è una cosa che mi rattrista perché so che c’è tanta gente che resta in sordina e mi dispiace perché non so se per quella gente si risolverà il problema, perché so che è un problema che attanaglia un po’ tutti noi, parenti dei malati di Sla.

     
    D. - Quando ha deciso di compiere un gesto così estremo?

     
    R. – All’improvviso perché mia mamma ha avuto un’uscita un po’ triste, ha detto che avrebbe voluto chiudersi nella camera di mio papà e lasciarsi morire insieme a lui.

     
    D. - Voi avete un modo per comunicare con papà?

     
    R. – No, non comunichiamo in nessun modo, l’unica cosa che possiamo fare è guardarlo e non possiamo fare null’altro.

    Un grido di aiuto quello di Andrea che non si può lasciare inascoltato da parte delle autorità, commenta Salvatore Usala, 56 anni, di Monserrato vicino Cagliari, malato di Sla, componente della Commissione regionale sulla Sla della Sardegna: per parlare utilizza un computer. L'intervista è sempre di Fabio Colagrande:

    R. - Provo un duplice sentimento, da un lato una profonda amarezza mista a rabbia nel sentire un ragazzo di vent'anni, in una società incivile ed ipocrita, costretto a mutilarsi pur per un fine nobile; dall'altro un senso di sollievo perché Andrea ha pubblicizzato la sofferenza della sua famiglia, normalmente prevale la rassegnazione nel silenzio.

     
    D. - La situazione della famiglia di Andrea è la stessa di migliaia di famiglie italiane che convivono con questa malattia. Anche lei e i suoi famigliari avete provato questa sensazione di abbandono?

     
    R. - La situazione che prevale è di totale abbandono, le famiglie sono costrette a lasciare il lavoro o a vendersi la casa per garantire un'assistenza continua al proprio caro malato, è una vera vergogna. Per fortuna da qualche anno in Sardegna è stato deliberato un progetto denominato "ritornare a casa" che eroga un contributo di 20.000 euro l'anno che consente di avere 8 ore al giorno di assistenza con una badante, purtroppo la giornata dura 24 ore e mia moglie sta consumandosi lentamente ma inesorabilmente.

     
    D. - In passato voi malati di Sla avete chiesto al Governo di attivare i cosiddetti Lea (livelli essenziali di assistenza) e di riconoscere un aiuto economico alle famiglie non abbienti. Avete avuto risposta su questi punti?

     
    R. - Abbiamo avuto risposte ed impegni dal ministro Fazio. Ma come spesso accade nella politica le promesse vengono disattese, i tempi si allungano ed i malati si lasciano morire. Se non si fanno gesti eclatanti c'è un disinteresse totale che dimentica tutti i sofferenti e diseredati, la situazione è gravissima e bisogna prendere provvedimenti urgenti con contributi alle famiglie.

     
    D. - In cosa consistono i Lea?

     
    R. - I livelli essenziali di assistenza dovrebbero essere il minimo garantito per i bisogni dei malati, un servizio che dovrebbe essere un dovere di una società che si reputa civile ed evoluta, dovrebbe essere un servizio per tutti i cittadini, indipendentemente dalla regione o dalla ASL di residenza.

     
    D. - Sembrano progetti difficilmente realizzabili in tempi di crisi economica…

     
    R. - Tutti si impegnano per dire la loro sulle scelte di fine vita, eutanasia e problematiche collegate, mi pare quanto meno paradossale che un Governo che voleva fare una legge per Eluana Englaro, per salvargli la vita, poco più di un anno fa, non prenda in considerazione la qualità minima di vita di malati e famigliari. Noi amiamo la vita ma non a tutti i costi, molti rinunciano alla tracheotomia ed inevitabilmente muoiono, se non si provvede con urgenza ci sarà un fenomeno di emulazione negativa, noi malati non possiamo trascinare nel baratro i nostri cari. Da un punto di vista dei costi il ministro Fazio ha garantito 20 milioni per progetti socio sanitari cofinanziati dal ministero dei servizi sociali con parte dei fondi della non autosufficienza. A noi servono 100 milioni, un quarto dei soldi dilapidati con la sciagurata campagna del vaccino dell'influenza suina. Con un'assistenza degna ed adeguata si risparmierebbe perchè si annullerebbero quasi totalmente i ricoveri in rianimazione che hanno un costo di 1700 euro al giorno. Quindi in realtà noi proponiamo un investimento produttivo.

     
    D. - Nei mesi scorsi come malati di Sla siete stati protagonisti di un drammatico sciopero della fame per attirare l'attenzione del governo e dei mass-media. Avete in mente altre iniziative?

     
    R. - Abbiamo in calendario una grande manifestazione a Roma in un posto strategico con la presenza di cento malati gravi che vivono grazie alle macchine. In più ci saranno famigliari, associazioni, amici e sostenitori. Sarà un qualcosa di clamoroso, non ci muoveremo senza avere garanzie certe di provvedimenti immediati. Se servirà ci accamperemo in piazza. Se vorranno rimanere sordi al nostro appello se ne assumeranno le responsabilità. Se vogliono martiri per rompere il muro dell'ipocrisia saranno accontentati, chiudo con una frase a me cara: “Non ha senso vivere senza lottare per le cose senza le quali la vita non ha senso”. (Montaggi a cura di Maria Brigini) 

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    Chiesa e Società



    Padova: al via l’ostensione dei resti mortali di Sant’Antonio

    ◊   Fila lunga, ordinata e silenziosa già da questa mattina a Padova. I portoni della Basilica di Sant’Antonio si sono spalancati alle 6.15 e già il lungo serpentone ha iniziato a comporsi, lungo tutta la Basilica e fino in fondo, oltre il presbiterio, fino alla cappella delle reliquie. Qui resterà esposto fino a domenica il corpo del grande Santo portoghese, morto a Padova il 13 giugno 1231. La piccola cassa di plexiglas con lo scheletro ricomposto del Santo - Antonio era alto poco meno di un metro e 70, comunque molto per l’epoca - è sistemata proprio davanti ad altre prodigiose sue reliquie, quella più importante della lingua, conservata in un meraviglioso reliquiario del 500, e quella del mento e delle cartilagini laringee. Una settimana specialissima quella che si accinge a vivere la città di Padova: viabilità modificata con parcheggi ampliati per i pullman; appuntamenti religiosi completamente rivisti e intensificati per dare una risposta al desiderio dei padovani di salutare e venerare ancora una volta il loro Santo - se ne aspettano 200 mila, ma almeno altrettanti devoti arriveranno da fuori città. Nell’ultima ostensione, nel febbraio dell’81, inattesa e affatto pubblicizzata, furono stimati in 650 mila i fedeli che sono sfilati attorno all’urna del Santo. Giovedì arriveranno qui, in pellegrinaggio, anche i frati del Sacro Convento di Assisi. Lo scheletro di Sant’Antonio ritornerà domenica 21, festa della traslazione, sotto l’altare della splendida Cappella dell'Arca, recentemente restaurata. La Messa solenne delle 11 sarà presieduta dal delegato pontificio mons. Francesco Gioia. (Da Padova, Silvio Scacco)

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    India. Il vescovo di Pune: credenti in Dio uniti contro il terrorismo

    ◊   Mons. Dabre, vescovo della città indiana di Pune, colpita dall’attentato terroristico che ha ucciso nove persone e ferite altre 60, ha chiamato tutte la società civile del Paese a impegnarsi per la convivenza fra religioni e culture differenti. L’appello del presule arriva mentre torna alta tensione con il Pakistan e in particolare con la comunità musulmana incolpata in modo indiretto della carneficina. In un commento per AsiaNews, mons. Thomas Dabre ha sottolineato che “il terrorismo attacca e ferisce gente di diverse religioni e culture. Per questo è ancora più necessario che tutti i credenti in Dio si uniscano e lavorino insieme per garantire una società libera dal terrorismo, in cui la gente possa vivere in pace, giustizia, dignità e felicità”. Mons. Dabre, che  è membro del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha anche espresso le sue condoglianze e preghiere alle famiglie delle vittime. Per il presule l’attacco ad un città “conosciuta per la sua armonia culturale e religiosa e per la sua integrazione” rileva la volontà da parte dei terroristi di colpire un modello di integrazione e sviluppo. “Tale incidente – prosegue mons. Dabre - è una nuova prova che il terrorismo non ha alcuna moralità, che gli esseri umani stanno perdendo il senso della giustizia perché vite innocenti vengono condannate alla morte e alla distruzione”. Il presule esprime poi il suo rammarico per la perdita dello spirito che coincide con la “stolta affermazione dei propri diritti e pretese, imposte in modo cocciuto sugli altri, senza alcuna distinzione fra colpevoli e innocenti”. Per questo motivo il vescovo fa appello al “messaggio di Gesù Cristo di amore, perdono, giustizia e pace, insieme a uno spirito di sacrificio per l’altro, che diviene ancora più importante e urgente di fronte al terrorismo”. In particolare, i leader religiosi devono “diffondere l’importanza della moralità, della giustizia e della pace come segno della fede in Dio e della vera spiritualità. Il terrorismo attacca e ferisce gente di diverse religioni e culture – conclude il presule -. Per questo è ancora più necessario che tutti i credenti in Dio si uniscano e lavorino insieme per garantire una società libera dal terrorismo, in cui la gente possa vivere in pace, giustizia, dignità e felicità”. (M.G.)

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    Anno europeo di lotta alla povertà: gesti simbolici di 60 vescovi del continente

    ◊   In occasione dell'Anno europeo di lotta alla povertà e all'esclusione sociale, la Comece (Commissione degli episcopati delle comunità europee) e Caritas Europa hanno lanciato la campagna "Zero Poverty - Povertà Zero" e il Papa ha dato per primo l’esempio visitando ieri l'ostello di via Marsala della Caritas di Roma. Con questa visita - riferisce l'agenzia Sir - ha incontrato idealmente tutti i poveri d’Europa. Un gesto significativo e simbolico viene compiuto da oltre 60 vescovi italiani ed europei nelle loro diocesi. Stamattina il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei ha visitato la mensa Auxilium della Caritas. Anche mons. Fernand Franck ha fatto lo stesso a Kosptal, in Lussemburgo e così il cardinal Schönborn a Vienna, tutti i vescovi croati e molti altri. Oltre 79 milioni di persone (il 17% della popolazione) vivono oggi sotto la soglia di povertà nei paesi dell’Unione Europea. 19 milioni sono bambini; il 23,5% di europei sopravvive con 10 euro al giorno. Un europeo su 5 soffre di condizioni abitative malsane, il 9% in nuclei familiari privi di lavoro. L'Ocse stima che nella seconda metà del 2010 il tasso di disoccupazione si avvicinerà a un nuovo massimo dal dopoguerra (10%, con 57 milioni di disoccupati). La Comece ha scelto come tema dell'Assemblea Plenaria del 12-14 aprile a Bruxelles il tema della povertà e dell'esclusione sociale. (R.P.)

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    Haiti: la Chiesa ancora in prima linea negli aiuti alla popolazione colpita dal sisma

    ◊   Si è chiusa ieri ad Haiti la tre giorni di preghiera indetta dal governo venerdì scorso ad un mese dal devastate sisma che ha provocato almeno 230mila morti. Intanto la Chiesa locale continua ad assumere un ruolo di primo piano nelle operazioni di aiuto per le oltre 500mila persone rimaste senza un tetto, molte delle quali vivono ora in campi improvvisati a Port-au-Prince. Secondo quanto riferisce Zenit, il nunzio apostolico ad Haiti, l'arcivescovo Bernardito Cleopas Auza, ha ospitato questo giovedì un incontro della Caritas presso l'Ambasciata della Santa Sede a Port-au-Prince per analizzare le operazioni di soccorso e le sfide a lungo termine come l'istruzione, l'agricoltura, la ricostruzione e la preparazione contro i disastri. “Dobbiamo aiutare gli haitiani a diventare autosufficienti – ha dichiarato –. Haiti ha bisogno di più sostegno strutturato”. “Ad ogni modo - ha poi confessato - guardo al futuro con fiducia”. All'incontro hanno partecipato anche il segretario generale di Caritas Internationalis, Lesley-Anne Knight, il presidente di Caritas America Latina e Caribe, il vescovo Fernando Bargallo, le organizzazioni Caritas di tutto il mondo e i direttori diocesani di Caritas Haiti. “La Caritas si impegna non solo a ricostruire la infrastrutture distrutte, ma anche ad assicurare la dignità e lo sviluppo sostenibile di tutti gli haitiani”, ha detto Lesley-Anne Knight. Finora l'organizzazione ha fornito cibo a più di 200 mila persone, medicinali a 10mila e altro materiale di base a 60mila. Mentre il Catholic Relief Services (CRS) ha distribuito riso del Programma Alimentare Mondiale a quasi 200mila persone e spera di arrivare a 260mila assistiti. La Caritas sta fornendo assistenza sanitaria in dieci luoghi e ha formato 40 persone per portare messaggi sulla salute pubblica nei campi. Ha anche sostenuto l'ospedale S. Francesco di Sales effettuando 20-25 interventi chirurgici al giorno. (M.G.)

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    Terremoto Haiti: per l'Aibi 500 famiglie pronte all'affido temporaneo

    ◊   Sì all’affido temporaneo per i bambini di Haiti. L’associazione Aibi-Amici dei bambini rende noto i risultati del sondaggio lanciato il 2 febbraio, nel quale l’84% dei votanti si è detto favorevole a introdurre in Italia la misura dell’affido internazionale, e annuncia una petizione. Ad Haiti sono quasi 350 mila i minori alloggiati in centri d’emergenza a causa del terremoto del 12 gennaio, ma l’Unicef informa che prima della catastrofe erano già 385 mila i minori senza famiglia. Nel frattempo - riferisce l'agenzia Sir - nelle sedi Aibi sono arrivate circa 500 segnalazioni di disponibilità da parte di famiglie ad accogliere un bambino haitiano con l’affido temporaneo, mentre numerose famiglie con decreto di idoneità del Tribunale per i minorenni hanno dato la loro disponibilità ad adottarne. Richiamando il testo del disegno di legge presentato nei giorni scorsi dal senatore Antonio Caruso - che prevede l‘affido temporaneo di 12 mesi per i minori haitiani e individua procedure rapide per l’affidamento internazionale, e per la cui approvazione “si chiede una corsia preferenziale” - Aibi annuncia nei prossimi giorni l’avvio di una petizione per raccogliere le adesioni di quanti chiedono di introdurre questa misura d’emergenza, e assicura che “si farà interprete” di tale richiesta “presso il Comitato per i minori stranieri dipendente dal ministero del Welfare”. (R.P.)

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    Messa del cardinale Sodano a Roma per le vittime del terremoto ad Haiti

    ◊   Domani, martedì 16 febbraio, presso la Basilica di Santa Maria Maggiore si terrà la messa in suffragio dell’arcivescovo di Port-au-Prince, mons. Joseph Serge Miot, e delle migliaia di vittime del sisma che ha colpito l’isola caraibica un mese fa. La celebrazione eucaristica sarà presieduta dal cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio. Sincera gratitudine “verso della Santa Sede per il suo accompagnamento spirituale” è stata espressa dall’ambasciatore di Haiti presso la Santa See, Carl-Henri Guiteau, in una lettera indirizzata al cardinale Bernard Francis Law, arciprete della Basilica papale romana. Nella missiva citata dal Sir, l’ambasciatore si dice poi “profondamente toccato dai gesti spontanei di solidarietà giunti dal mondo intero nei confronti della popolazione haitiana”. “Il livello di devastazione causato dal sisma del 12 gennaio – afferma il cardinale Law in una nota – deve essere ancora pienamente valutato. La risposta celere e generosa da tutto il mondo è un segno gradito di umana solidarietà. Purtroppo l’esperienza ci insegna che eventi come questi possono essere dimenticati molto rapidamente”. L’auspicio, prosegue il porporato, è che la messa di domani “possa sottolineare la continua solidarietà necessaria da parte di tutto il mondo verso Haiti, mentre questa azione cerca di riprendersi e di iniziare a ricostruire”. (M.G.)

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    Sri Lanka: messaggio di Quaresima su pace e riconciliazione

    ◊   Nello Sri Lanka da poco emerso da 25 anni di guerra, vescovi e organizzazioni caritative cattoliche stanno puntando sulla Quaresima per spingere tutta la comunità cristiana a sanare le ferite delle violenze e ricostruire il Paese. Per questo - riferisce l'agenzia AsiaNews - tutti i leader della Chiesa hanno deciso che il tema per la Quaresima 2010 sia : “Ricostruire le vite con la pace e la riconciliazione”. I vescovi sottolineano che questo periodo di preghiera, digiuno e penitenza quest’anno ha un valore speciale perché finalmente la guerra interetnica che ha generato tanta miseria è ormai finita. Ma vi sono migliaia di vite spezzate; decine di migliaia di profughi, migliaia di vedove, orfani, feriti e disabili. “Vogliamo condividere con tutti la riconciliazione fra Dio e l’uomo, che Gesù Cristo ha portato con il suo sacrificio” afferma mons. Harold Anthony Perera, presidente di Giustizia e pace, nel suo messaggio. “Mentre ci prepariamo a digiunare, pregare e condividere la passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, vogliamo portare la riconciliazione fra la nostra gente, che ha davvero fame e sete di guarire e rialzarsi”. Il pentimento e la conversione richiesti in questo periodo – continua il vescovo – “è ancora più importante oggi, che la guerra è giunta al termine. La nostra nazione è stata colpita da una tragica storia di violenze e sofferenze per decenni. Ora un raggio di luce si è aperto e il nostro popolo spera che vi sia una pace durevole”. Il messaggio di mons. Perera ricorda anche la sorte dei rifugiati (Internally Displaced People, Idps) e le tensioni attuali: “Ancora oggi vi sono innumerevoli persone che sono senza tetto, vittime di abusi e traumi, a causa dell’infierire della guerra e delle differenze politiche. È tempo di offrire loro giustizia, compassione, amore per vivere come uomini e donne pieni di dignità”. Anche il direttore della Caritas Sri Lanka, padre George Sigamoney, lanciando la campagna quaresimale, ha chiesto ai cristiani di impegnarsi nel ricostruire la vita della popolazione che ha subito 25 anni di guerra. “C’è un grande compito che ci attende – ha detto – ed è quello di guardare l’umanità della persona che ci sta di fronte, per stabilire una società esente da parzialità, ingiustizia, violenza e discriminazione”. Caritas Sri Lanka ha anche stampato il poster della campagna e un libretto: entrambi sono stati distribuiti in tutti i centri Caritas e nelle parrocchie dell’isola. Anche padre Sigamoney ricorda la difficile situazione dei rifugiati: “Gli Idps sono stati rinchiusi nei campi subendo molteplici durezze. Molti di loro ora sono stati trasferiti, ma i problemi continuano. Occorre impegnarsi per riportarli al loro villaggio di origine e ridare loro un buon livello di vita”. (R.P.)

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    Pakistan: in fiamme la casa di una famiglia cattolica minacciata da musulmani

    ◊   Un altro episodio di violenza ha toccato nei giorni scorsi una famiglia cattolica in Pakistan, come l’agenzia Fides apprende da fonti cattoliche locali: si tratta della famiglia di Walayat Masih, residente nel villaggio di Shadokey, nel distretto di Gujranwwala, nei pressi di Lahore. Tre musulmani hanno più volte minacciato la famiglia, chiedendo ai Masih di vendere la propria casa, confinante con la loro. Walayat Masih ha sempre rifiutato, dato che l’abitazione, sita sulla strada principale del villaggio, era eredità dei suoi avi. Dopo numerose pressioni e minacce, il 26 gennaio scorso i tre, insieme con un gruppo di altri musulmani, hanno dato alle fiamme la casa dei Masih, distruggendola. Il sopruso è stato completato dalla richiesta di “convertirsi all’islam” e di lasciare la zona. La famiglia di Walayat Masih, con moglie e 4 figli, si è trovata all’improvviso senza tetto, nella miseria e nella disperazione. Walayat si è recato all’ufficio della polizia locale per denunciare l’accaduto, ma ha ricevuto altre minacce dalla polizia che si è rifiutata di registrare la denuncia. “E’ un atto gravissimo di intimidazione. Ed è l’ennesimo caso di patente ingiustizia ai danni di cittadini cristiani. Le istituzioni e la polizia dovrebbero proteggerli e garantire la legalità, invece di rendersi complici dell’illegalità”, ha dichiarato all’agenzia Fides Xavier Williams, vicepresidente dell’Ong “Life for All”, che opera per l’istruzione, la promozione sociale e i diritti umani della comunità cristiana in Pakistan. “Sembra che le autorità locali tacciano o appoggino queste clamorose violazioni dei diritti personali”, rimarca. “Life for All” si è fatta carico della famiglia, trasferendola a Rawalpindi, e ha messo la vicenda nelle mani di un avvocato. Questi ha sottoposto il caso all’Alta Corte di Rawalpindi, denunciando la polizia di Shadokey per negligenza. I giudici stanno indagando sull’accaduto e hanno convocato i responsabili della Stazione di Polizia. Una dinamica simile si è verificata anche in un altro caso recente: quello della ragazza cattolica Shazia, violentata e uccisa da un ricco avvocato musulmano di Lahore. La polizia si era rifiutata di registrare la denuncia della famiglia e solo dopo il clamore delle proteste il caso è stato portato all’attenzione dell’opinione pubblica, delle autorità e del tribunale. (R.P.)

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    Iraq: nasce il Consiglio dei capi delle comunità cristiane

    ◊   “Formare un corpo dei capi religiosi cristiani per avere una sola voce, una posizione unitaria a livello politico, sociale ed anche, speriamo, pastorale”. Così l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako spiega la decisione dei principali leader religiosi delle chiese cristiane irachene di istituire il "Consiglio dei capi delle comunità cristiane in Iraq", eleggendo alla Segreteria generale mons. Avak Asadorian, vescovo della Chiesa Armeno apostolica in Iraq e come suo vice, mons. George Casmoussa, vescovo siro cattolico di Mosul. L’idea del Consiglio ha preso forma concreta nel corso della riunione dei leader religiosi delle chiese cristiane svoltasi, il 9 febbraio, nel monastero armeno ortodosso San Karabet di Baghdad. “Ci attendono grandi sfide che dobbiamo affrontare restando uniti - riferisce ancora al Sir l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako, presente a san Karabet –. L’emigrazione, il dialogo con i musulmani ed anche il prossimo voto del 7 marzo, sono solo alcune di queste. E’ stato un incontro dal forte sapore ecumenico”. Una posizione ribadita anche dal patriarca vicario caldeo, mons. Shleimun Warduni, che parlando al sito Baghdadhope, ha aggiunto. “È stata una riunione improntata sul dialogo tra le parti, confrontandoci sui principi che dovrebbero muoverci in futuro, prima tra essi quello dell'unità tra le chiese”. “A questo proposito – ha aggiunto - abbiamo menzionato il desiderio, che sappiamo appartenere alla maggioranza dei cristiani, di poter unificare le sacre ricorrenze come il Natale e speriamo che ciò possa essere messo in pratica in futuro”. All’incontro erano rappresentate 14 comunità religiose, tra cui quella caldea, latina, assira, siro ortodossa, siro cattolica, armeno ortodossa, armeno cattolica, presbiteriana e copto ortodossa. Tra i presenti anche il patriarca caldeo, cardinale Mar Emmanuel III Delly, quello della chiesa Antica d'Oriente, Mar Addai II, undici vescovi e quattro rappresentanti delle chiese latina, protestante, evangelica e presbiteriana. (M.G.)

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    Vescovi filippini: preservativo e sesso libero aumentano la diffusione dell’Aids

    ◊   I vescovi filippini condannano il governo per la libera distribuzione di preservativi nelle aree più povere di Manila e in altre regioni del Paese in nome della lotta contro l’Aids. I prelati invitano le autorità a promuovere tra la popolazione la fedeltà coniugale, l’astinenza e una sessualità responsabile. Mons. Teodoro Bacani, vescovo emerito di Novaliches, afferma: “Questa è una via per prevenire il contagio di Hiv oppure è solo un modo per incoraggiare il sesso libero che invece aumenterà la diffusione del virus Hiv?”. Per il prelato è necessaria l’astinenza dai rapporti sessuali per prevenire il contagio, piuttosto che sponsorizzare i preservativi o altre soluzioni di breve periodo. La distribuzione dei condom - riferisce l'agenzia AsiaNews - è iniziata lo scorso 13 febbraio su iniziativa di Eric Tayag, responsabile del Dipartimento di salute ed epidemiologia di Manila. A bordo di furgoni con la scritta “Sei sessualmente attivo?”, i membri del dipartimento hanno distribuito manifesti e preservativi nei quartieri della città, avvertendo la popolazione sui rischi del sesso non protetto. La decisione del governo avviene a pochi giorni dalla sospensione del dibattito sulla legge di salute riproduttiva. Questa sponsorizza da anni l’utilizzo del preservativo quale rimedio contro Aids e aumento demografico. “Il governo non ha speso nulla per questa iniziativa – afferma Eric Tayag – tutto è stato finanziato da compagnie private e industrie farmaceutiche”. Egli sottolinea che il programma non intende promuovere la contraccezione, ma vuole incoraggiare le coppie ad avere rapporti sessuali protetti. L’arcivescovo di Manila, cardinale Gaudencio Rosales dice che il preservativo e il sesso libero non sono la via per prepararsi al futuro, alla ricerca di un partner e alla costruzione di una famiglia. “Dobbiamo ritornare a riscoprire la purezza delle relazioni affettive – afferma il prelato - vivendo i rapporto con lealtà e fedeltà”. Da anni Chiesa e organizzazioni pro-life sponsorizzano nelle scuole il Natural Family Program, che mira a diffondere informazioni sui rischi del sesso libero e dell’utilizzo di contraccettivi, e sponsorizza invece una vita sessuale responsabile e cosciente basata sui valori del cristianesimo. Nel 2009 sono stati registrati nelle Filippine 629 nuovi casi di Aids su 88 milioni di abitanti. Nonostante la tendenza sia in aumento rispetto al 2008, il Paese conta uno dei più bassi tassi di contagio dell’Asia. In Thailandia, dove Stato e associazioni internazionali hanno compiuto massicce campagne sull’utilizzo del preservativo, nel 2008 si sono contati 610mila malati (1% della popolazione) e 31mila decessi. Nello stesso anno le Filippine hanno registrato circa 9 mila infettati (0,1% della popolazione) e 308 decessi. (R.P.)

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    Vietnam: a Xuan Loc nasce una scuola professionale per i giovani della diocesi

    ◊   Con l’inizio del nuovo anno lunare il vescovo di Xuan Loc, Dominique Nguyen Chu Trinh e presidente del Comitato per le attività sociali e caritative, ha dato vita a una nuova opportunità per i ragazzi e i giovani della diocesi, che si trovano di fronte a numerose difficoltà. Il vescovo ha realizzato un progetto per costruire la Scuola professionale Hoa Binh per i ragazzi sfortunati e i giovani che vivono nelle comunità della provincia di Dong Nai. La scuola ha un’area di 2,5 ettari e sorge nel villaggio di Lo Duc, nella provincia di Dong Nai. Provincia che ha circa 2,4 milioni di abitanti, 1,6 milioni dei quali sono giovani. Ogni anno sono circa 8mila coloro che frequentano università, collegi e istituti professionali. Basata sulle necessità dei ragazzi e dei giovani che vivono in situazioni particolarmente difficili, la scuola si prepara a operare per l’anno scolastico 2011-2012. “Noi – spiega ad AsiaNews padre Joseph Nguyen Van Uy, sottosegretario generale della diocesi di Xuan Loc e presidente della Scuola – avremo 12 indirizzi principali, come falegnameria, lavoro sociale, ragioneria, tecnologia del computer, ospitalità alberghiera e guida turistica. La scuola si propone di collaborare con organizzazioni sociali, compagnie, fabbriche, comunità e università della provincia di DonG Nai e altre”. Il consiglio dei responsabili della scuola ha detto che “la scuola vuole operare secondo la carità cristiana, riducendo dal 5 al 100% le tasse scolastiche per gli studenti che vivono in situazioni difficili e le famiglie povere. I professori vogliono puntare alla qualità, organizzando brevi corsi di formazione per docenti sui nuovi metodi di insegnamento. “Nella nostra diocesi – spiega mons. Toma Vu Dinh Hieu, vescovo ausiliare di Xuan Loc - si trovano numerose fabbriche, imprese, compagnie e aree industriali che attraggono lavoratori dal centro e dal nord del Paese. Ma qui i giovani hanno poche opportunità di avere una formazione professionale, così si trovano di fronte a molte difficoltà per trovare lavoro. Ora, speriamo che la nostra scuola vada incontro alle necessità dei giovani poveri e sfortunati che vivono nelle comunità della nostra diocesi”. (R.P.)

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    Papua Nuova Guinea: un’epidemia di colera sta minacciando il Paese

    ◊   Erano 50 anni che non si registrava nessun caso di colera in Papua Nuova Guinea (PNG). Ad oggi, invece, sono morte 45 persone e, dal primo caso registrato nel mese di agosto 2009, sono state contagiate oltre 2 mila persone in tutto il Paese, comprese 577 nella Provincia di Morobe, 885 a Madang e 602 nella Provincia di East Sepik. Inizialmente la malattia era stata riscontrata in accampamenti temporanei intorno alla capitale provinciale di Lae, ma poi si è diffusa nelle province limitrofe. Secondo gli ufficiali sanitari locali - riferisce l'agenzia Fides - attualmente è stata contagiata anche la maggior parte della zona di Momase, una delle quattro aree dell’isola che comprende le province di East Sepik (dove su 602 casi trattati sono stati registrati 16 decessi), Madang, Morobe e West Sepik. Alla fine di gennaio sono stati registrati casi isolati anche nella Eastern Highlands Province, e nella capitale, Port Moresby. La situazione è particolarmente grave nella provincia di East Sepik, dove il colera ha colpito i distretti di Wewak, Angoram e Ambunti, oltre alla zona vicino al lago Murik. Qui le autorità sanitarie provinciali si sono organizzate con le équipes di Oxfam New Zealand, Save the Children Png, Oms e Medici Senza Frontiere, per cercare di contenere l’epidemia. Secondo gli esperti sanitari, il colera, acuta infezione intestinale, è dovuto prevalentemente alla mancanza di servizi sanitari adeguati e di acqua potabile. Circa il 58% dei sei milioni di abitanti del Paese non hanno accesso all’acqua potabile e, nonostante siano stati distribuiti serbatoi, secchi ed altri strumenti essenziali, questi sono inutilizzabili in mancanza della pioggia. Molti residenti continuano ad usare l’acqua del fiume Sepik, la seconda e principale fonte d’acqua della Papua Nuova Guinea, dove sono state riscontrate tracce del batterio vibrio cholerae. C’è il pericolo che la malattia diventi endemica se non saranno adottati subito provvedimenti al riguardo. (R.P.)

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    Messico: intervento della Chiesa sulla laicità che non deve mortificare la fede

    ◊   Padre Eugenio Lira Rugarcía, segretario esecutivo dell’Episcopato messicano per i rapporti pubblici, commentando la recente modifica - in prima lettura - dell’articolo 40 della Costituzione che eleva a rango costituzionale la definizione sulla laicità dello Stato, ha detto: “Certamente la Chiesa riconosce questa laicità in uno stato moderno”, ma deve essere tale, ha precisato, “da accettare la dimensione sia privata sia pubblica della religione”. Per il portavoce le riforme allo studio sono positive se servono a migliorare la struttura dello Stato e non hanno lo scopo “di misconoscere o limitare le libertà religiose”. Se così fosse, ha spiegato padre Lira Rugarcía, “sarebbe molto delicato”, rinnovando l’appello al “dialogo rispettoso fra tutti i partiti e fra tutte le componenti della società messicana”. D’altra parte, da quando mercoledì scorso è stata approvata la riforma dell’articolo 40, il dibattito sulle riforme costituzionali, che ha davanti a sé un lungo e complesso cammino per via della struttura federativa del Messico che attribuisce voce in capitolo ad ogni singolo Stato, si è fatto sempre più stringente, concentrandosi in buona misura sulle questioni della laicità. Certamente oggi sulla questione parlerà mons. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla, che illustrerà in conferenza stampa un documento episcopale sull’insicurezza nel Paese e sulla violenza che a volte sembra inarrestabile. Sabato scorso, padre Hugo Valdemar, portavoce dell'arcivescovo di Città del Messico, cardinale Norberto Rivera, ha ricordato che “una vera laicità ha come scopo difendere e salvaguardare la libertà religiosa” e non come si è visto quando sotto “un'apparente riforma inoffensiva si sono fatti avanti subito alcune proposte che pretendono di far tacere la Chiesa e i ministri del culto”. “Nessuno mette in discussione che la separazione tra Stato e Chiesa è conveniente e salutare, ha precisato il portavoce dell'arcidiocesi, ma ciò non vuol dire di stare zitti di fronte a coloro che usano la parola 'laicità' per far passare atteggiamenti antireligiosi irrazionali, in particolare anticattolici, oppure sottomettere la missione evangelizzatrice e sociale della Chiesa". C'è da rilevare inoltre, ha aggiunto padre Valdemar, che tutte queste riforme su materie tanto delicate sarebbero dovute essere accompagnate da un chiaro e preciso riconoscimento della libertà religiosa così come stabilisce la Convenzione Interamericana dei diritti umani che il Messico non ha mai sancito come propria. In questo Paese tra l'altro la Costituzione vigente riconosce la “libertà di credenza” e non si usa mai la dicitura “libertà religiosa”. Perciò, ha concluso padre Valdemar, la nostra arcidiocesi “lamenta una riforma costituzionale incompleta”. (A cura di Luis Badilla)

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    Ecuador: i vescovi lanciano la campagna in difesa di famiglia e giovani

    ◊   La Pastorale per la famiglia, l’infanzia e gli adulti, commissione dell’episcopato dell’Ecuador ha lanciato una campagna nazionale, da svolgersi in ogni parrocchia del Paese, che sotto il moto “Imparando a vivere insieme”, chiama tutte le componenti della comunità ecclesiale dal 3 al 6 marzo a riflettere sulla famiglia e il matrimonio. Lo scopo principale secondo i vescovi è quello di potenziare “il ruolo parentale per favorire le nuove generazioni” con una solida e duratura “educazione familiare dei valori cristiani”. La nota stampa dell’episcopato spiega che la campagna e le sue diverse iniziative si propongono di formare persone capaci di animare le comunità nello studio e applicazione del Manuale “Imparare a vivere insieme”. Si auspica che ogni parrocchia e ogni comunità cristiana possa stabilire con questi strumenti di riflessione un legame con la Missione continentale in corso e con uno dei suoi pilastri che riguarda, appunto, la “missione e la famiglia”. Con queste attività i vescovi desiderano dare risposte ai molteplici problemi che colpiscono la famiglia in Ecuador, in particolare “all’abbandono e alla negligenza che vivono molti bambini ecuadoriani”, realtà che spesso favoriscono l’instaurarsi e la crescita della “violenza sociale”. I principali promotori e responsabili della campagna delle rispettive commissioni diocesane saranno adeguatamente preparati con azioni specifiche che saranno sviluppate sotto forma di ritiri spirituali, corsi, incontri con esperti e informazioni sulla realtà familiare in Ecuador. Al riguardo va ricordato che la situazione di crisi che vive la famiglia in questa nazione sudamerica, non molto diversa di quella che colpisce in tutta l’America Latina, si riflette in una diversità di “volti laceranti” che vanno dalla povertà, l’esclusione sociale e perdita di valori di riferimento sino all’instabilità delle unioni coniugali che, in molti casi, costringono i figli a conoscere nell’arco della propria vita due o tre "genitori" differenti. (L.B.)

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    Dall’Australia, giovani in missione in Perù

    ◊   Un gruppo di giovani australiani del Movimento di Vita Cristiana (Mvc) ha attraversato il Pacifico per arrivare in Perù, dove ha svolto un intenso lavoro di solidarietà e di evangelizzazione durante tutto il mese di gennaio. Una trentina di ragazzi e ragazze tra i 18 ed i 30 anni, in gran parte di Sydney, - riferisce l'agenzia Fides - hanno svolto un lavoro di promozione umana e di evangelizzazione in alcune località dei dipartimenti di Lima e di Ancash. Durante la preparazione alla missione, i giovani si sono riuniti nelle “Blue Mountains”, zona adiacente alla città di Sydney, per acclimatarsi all'altitudine, apprendere la lingua castigliana e per formarsi adeguatamente per la catechesi. Con questo entusiasmo di approfondire e trasmettere la loro fede, sono arrivati in Perù. In un primo momento il gruppo ha lavorato alla ristrutturazione di una scuola a San Juan de Miraflores, nella diocesi di Lurin, e nel contempo hanno animato la catechesi con i bambini di quella comunità. Poi si sono trasferiti nella città di Llupa, nella zona nord delle Ande peruviane, al Callejon de Huaylas, vicino Huaraz, dove hanno costruito con l'aiuto della comunità, una cappella per 120 persone. In questo luogo si sono fermati per 10 giorni, e oltre a partecipare alla costruzione della cappella, hanno organizzato una animata catechesi per i bambini e per tutta la comunità, che si è dimostrata molto accogliente e grata verso i giovani missionari. Il Movimento di Vita Cristiana è un'associazione di fedeli di diritto pontificio. Fa parte della Famiglia Sodalite e partecipa alla spiritualità del Sodalizio di Vita Cristiana nato in Perù nel 1969 come Sodalitium Christianae Vitae. Sono già centinaia i giovani provenienti da diversi paesi che, attraverso l’incontro con Cristo e in unione al Mvc, si sentono motivati ad andare oltre i loro confini per annunciare e testimoniare la fede in altri paesi. (R.P.)

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    Australia: catechesi sul web per preparare i fedeli alla Pasqua

    ◊   Al via oggi in Australia “La Riflessione”, la proposta di formazione a distanza della Conferenza episcopale australiana (Acbc), per avvicinare i fedeli alla Scrittura nel periodo della Quaresima. “Quest’anno – spiega al Sir l’arcivescovo di Brisbane, mons. John Bathersby, vicario per Formazione e Fede dell’Acbc - chiediamo ai fedeli di spendere del tempo con familiari ed amici per riflettere sulle Scritture che ci guidano in questo che é un periodo gioioso per la Chiesa cattolica”. L’iniziativa prevede sette tempi di preghiera settimanali cui si aggiungerà una lectio divina guidata a turno da 12 vescovi australiani e riguardante il Vangelo della domenica. “Le risposte che abbiamo ricevuto lo scorso anno con le video conferenze dedicate al Vangelo di San Luca e alle lettere di San Paolo, sono state estremamente positive – ha aggiunto mons. Bathersby - . Oltre 20 mila persone si sono collegate per seguire le riflessioni e questo evidenzia come nei fedeli ci sia tanta voglia di approfondire la propria fede”. Per seguire le catechesi basta collegarsi al sito www.thereflection.vividas.com, dove è presente anche un archivio delle catechesi e da dove si potrà scaricare un opuscolo utile alla preghiera e porre i propri quesiti in caso di dubbi. (M.G.)

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    Slovenia: prende forma la prima Università cattolica del Paese

    ◊   La futura Università Cattolica in Slovenia ha la sua prima facoltà: “Studi Aziendali”. Lo comunica la Conferenza episcopale slovena (Ces), specificando che i corsi di studio prenderanno il via nell'anno accademico 2010/2011. “Il programma accademico, di durata triennale, si basa sulla Dichiarazione di Bologna (1998) – si legge nella nota della Ces che fornisce i dettagli -. I corsi attivati comprenderanno scienze aziendali ed economiche, i principi fondamentali dell'ordine giuridico e le competenze in ambito comunicativo”. Secondo quanto riferisce il Sir sono previste anche lezioni di contenuto umanistico con accento su etica e responsabilità sociale. La facoltà collaborerà con la Federazione internazionale delle università cattoliche, in particolare con quelle di Boston College, Georgetown University, Oxford University, Lione, Navarra e con la Iese scuola aziendale a Barcellona. Gli studenti potranno svolgere parte degli obblighi accademici frequentando le università straniere. La missione formativa dell'Istituto comprende anche attività di ricerca e di sviluppo nell'ambito delle scienze umanistiche e tecniche. Il suo compito è fondare istituti superiori di diverso indirizzo, biblioteche universitarie, centri studi e case degli studenti che faranno parte della futura università cattolica. Nell'ambito dell'Istituto sono attivi tre istituti: la Facoltà di Studi Aziendali, Studia slovenica e l’Istituto di legge dei diritti umani. (M.G.)

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    L’Unesco celebra Matteo Ricci con un simposio e una mostra

    ◊   Proseguono in tutto il mondo le celebrazioni per il IV centenario della morte di padre Matteo Ricci. Domani alla sede Unesco di Parigi è in programma il simposio dal titolo “Sull’amicizia: un metodo per l’incontro. Riflessione sull’esperienza di padre Matteo Ricci”. Durante l’incontro sarà proiettato il docufilm di Gjon Kolndrekaj “Matteo Ricci, un gesuita nel Regno del Drago”, e al termine dell’evento sarà inaugurata l’esposizione “P. Matteo Ricci. A servizio del Signore del Cielo”, la versione in inglese della mostra itinerante inaugurata il 6 novembre, presso la cripta della cattedrale di San Giuliano di Macerata, terra natale del missionario. Secondo quanto riferisce il Sir, Il simposio sarà introdotto dal cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici. Prevista inoltre la presenza di mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, e mons. Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco. L’evento, sotto il patronato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura è promosso, oltre che dalla diocesi di Macerata, dalla Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù, dal Comitato promotore per le celebrazioni di Padre Matteo Ricci e dalla Regione Marche. (M.G.)

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    Insbruck: riconsegnate ai cappuccini le ossa di due confratelli uccisi in Cina

    ◊   Dopo 54 anni dalla loro violenta morte in Cina, i resti mortali di due missionari cappuccini, frate Antonidel Schröcksnadel e frate Theophil Ruderstaller, sono stati portati nel Tirolo (Austria), loro patria. I due religiosi furono fucilati in Cina dai rivoluzionari comunisti il lunedì di Pentecoste del 1946 durante il canto dei Vespri nella loro casa. Il vescovo di Insbruck, mons. Manfred Scheuer insieme al Ministro Provinciale frate Radek, ha salutato i missionari dicendo: “Aiutateci ad essere testimoni della fede”. Nell’affollata chiesa dei cappuccini, le due piccole bare sono state collocate esattamente dove i due missionari, nel 1933 e nel 1940, avevano ricevuto il mandato missionario per la Manciuria, missione affidata all’allora Provincia cappuccina del Tirolo del Nord. In essa lavorarono per vari anni 13 missionari, impegnati non solo nell’evangelizzazione, ma anche nell’insegnamento e nell’assistenza sanitaria fino a quando il territorio non cadde prima sotto l’occupazione giapponese e poi sotto quella russa. Ma la fine dell’attività missionaria dei religiosi austriaci fu segnata dalla rivoluzione cinese e dalle truppe di Mao. I resti mortali dei due martiri sono stati ritrovati dai coniugi Gisela e Gunther Gensch. Nel 2007- 2008 essi localizzarono le tombe nella chiesa che la città di Fudjin aveva trasformato in museo cittadino, che tradiva, comunque, le sembianze di una vera chiesa. Durante la visita al “museo”, i due coniugi si trovarono improvvisamente di fronte a un gruppo di cattolici inginocchiati davanti all’ex presbiterio, recitando il rosario. Stupiti, chiesero il perché di quell’atteggiamento e con l’aiuto del direttore del genio civile, Wei Guo Liang, e della popolazione cattolica, scoprirono che lì si conservavano le ossa dei due martiri, facendo il possibile per riconsegnarli ai cappuccini di Innsbruck. L’inumazione dei religiosi avverrà nell’anniversario della loro morte. Il direttore del genio civile di Fudjin ha promesso di costruire una nuova chiesa per la piccola comunità cattolica della città. Come a dire che la missione dei cappuccini continua. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Assisi: assegnato il premio Santa Chiara per la buona Tv che esalta i valori umani

    ◊   Luca Bernabei di Lux Vide e il conduttore Carlo Conti sono i vincitori dell'XI edizione del Premio televisivo “Santa Chiara di Assisi”. La cerimonia di premiazione, di cui riferisce il Sir, si è tenuta ieri ad Assisi, dove padre Giuseppe Piemontese, custode del Sacro Convento di Assisi, Daniela Frascarelli, presidente del Premio, e mons. Vittorio Peri, vicario episcopale per la Cultura, hanno consegnato i riconoscimenti per l’attività televisiva svolta nella stagione 2008/2009. La Lux Vide è stata premiata per la realizzazione di programmi di alto profilo artistico, culturale e spirituale. Soprattutto, si legge nel comunicato del Premio, “attraverso la collana ispirata alla Bibbia e agli stessi episodi della serie Don Matteo, pur esenti da un diretto riferimento religioso, presentano chiari messaggi di fede e di speranza cristiana”. Menzione speciale assegnata a Carlo Conti “per il suo lungo impegno professionale con grande schietta cortesia ed humor nel pieno rispetto di ogni concorrente e del suo vastissimo pubblico”. Il Premio televisivo “Santa Chiara di Assisi”, proclamata patrona della televisione nel 1958 da Pio XII, è stato istituito nel 1988 in collaborazione con la Curia diocesana guidata dal vescovo Sergio Goretti per stimolare e valorizzare quelle trasmissioni che esaltano i valori umani e cristiani. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Scontro tra due treni passeggeri in Belgio: almeno 12 i morti

    ◊   Belgio in lutto per il grave incidente ferroviario avvenuto in mattinata alle porte di Bruxelles. Lo scontro ha coinvolto due treni di pendolari, causando, finora, 12 morti e centinaia di feriti. Ma il bilancio potrebbe aumentare. Ce ne parla nel servizio Federico Catani:

    Sono almeno 12 i morti accertati nello scontro ferroviario verificatosi questa mattina a pochi chilometri a sud-ovest di Bruxelles. Ma il bilancio rischia di aumentare: sono infatti una trentina i feriti in condizioni disperate. La collisione si è verificata nella cittadina di Buizingen, località all’uscita della stazione di Halle. Ad accertare le cause dell’incidente ferroviario, provocato forse da un difetto tecnico o da un errore umano, sarà un’inchiesta “completa, oggettiva ed indipendente”, assicurano le autorità. I treni in arrivo ed in partenza da Bruxelles hanno subito forti ritardi ed il traffico ferroviario è stato bloccato. Quello avvenuto, potrebbe risultare l’incidente più grave degli ultimi dieci anni in Belgio. Il presidente della Commissione europea Barroso si è detto scioccato ed ha inviato le condoglianze alle famiglie delle vittime, aggiungendo che la Commissione è pronta a fornire qualsiasi aiuto che si riveli necessario. Rammarico è stato espresso anche dal presidente del Parlamento europeo Buzek e dal ministro degli Esteri francese Kouchner. Intanto, il premier belga Yves Leterme ha annullato la sua visita in Kosovo ed è ritornato immediatamente in Belgio.

    Iran: questione nucleare
    Usa, Russia e Francia hanno presentato all'Iran negli ultimi giorni “una nuova proposta” per un accordo volto allo scambio di combustibile nucleare per alimentare un reattore con finalità mediche a Teheran. È quanto ha affermato il capo dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Salehi, spiegando che la Repubblica islamica “sta valutando” la proposta. La Francia, da parte sua, sottolinea che l’unica proposta è quella presentata dall’Aiea. Ci sono poi in parallelo le dichiarazioni del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. Il servizio di Fausta Speranza:

    Fonti della Casa Bianca confermano in modo non ufficiale che esiste una proposta del Qatar su negoziati diretti americano-iraniani e fanno sapere anche che ci sarebbe la disponibilità nei confronti di questa ipotesi di trattativa da parte dell'amministrazione Obama. Parlando di Iran, il segretario di Stato Hillary Clinton non fa accenno a questa nuova proposta. Piuttosto annuncia che il tempo sta ormai quasi per scadere: l'Iran deve abbandonare le sue ambizioni nucleari militari se vuole evitare a breve nuove sanzioni,- dice – che isolerebbero il Paese ancora di più in seno alla comunità internazionale. In un suo atteso intervento a Doha, in Qatar, in occasione del foro Usa-mondo islamico, il segretario di Stato americano chiede ancora una volta all'Iran, e lo fa con decisione, di “abbandonare le sue pericolose decisioni politiche”. E in tema di politica si pronuncia chiaramente: gli Stati Uniti temono – afferma - che l'Iran vada verso una "dittatura militare", con le imprese controllate dai Guardiani della Rivoluzione (i pasdaran) che "soppiantano" le istituzioni governative. Ma la linea degli Stati Uniti rimane quella del "bastone e della carota": la Clinton, infatti, lascia chiaramente intendere che la porta negoziale è ancora socchiusa.

     
    Dichiarazione del viceministro della Difesa israeliano sulle colonie in Cisgiordania
    In decine di colonie ebraiche della Cisgiordania viene ignorato il congelamento dei nuovi progetti edili annunciato tre mesi fa dal premier Benyamin Netanyahu. Lo ha ammesso alla Knesset (parlamento) il viceministro della Difesa Matan Vilnay. Vilnay ha precisato che in almeno 29 insediamenti (circa un quarto del loro numero complessivo) sono stati documentati lavori edili in contrasto con i provvedimenti annunciati dal governo. Contro i responsabili, ha aggiunto, saranno presi provvedimenti punitivi. Il congelamento delle colonie era stato deciso da Netanyahu nel tentativo di rilanciare negoziati diretti di pace con l'Autorità nazionale palestinese.

    Il vicepresidente Usa Biden in missione in Medio Oriente
    Il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden farà tappa in Israele la settimana prossima, nel corso di una missione mediorientale che includerà Egitto, Arabia Saudita e Giordania. Lo anticipa la stampa israeliana. Il quotidiano Yediot Ahronot collega la visita con la questione iraniana: da un lato, spiega il giornale, gli Stati Uniti vogliono evidenziare il loro sostegno ad Israele; ma dall'altro vogliono anche ribadire ai dirigenti israeliani che un attacco militare contro gli stabilimenti nucleari in Iran rischierebbe di avere aspetti destabilizzanti per l'intera regione. Questo peraltro è stato il messaggio pubblico inoltrato ieri a Tel Aviv ad alcuni giornalisti israeliani dal capo degli stati maggiori riuniti americani, ammiraglio Mike Mullen.

    In Pakistan uccisi tre insorti da drone americano
    Un drone americano ha colpito oggi un obiettivo in Pakistan, nel secondo attacco di questo tipo in 24 ore, uccidendo tre insorti islamici nel nordovest. Lo riferiscono fonti locali. L'attacco dell'aereo senza pilota ha avuto come obiettivo un veicolo nei dintorni del villaggio di Tabi Ghundi Kala, nel Waziristan del nord, alla frontiera con l'Afghanistan e uno dei bastioni dei talebani pachistani alleati di al Qaeda.
     
    L’Ue stanzia fondi per un maggiore accesso all’acqua potabile
    La Commissione europea ha stanziato nuove risorse per aiutare e garantire l’accesso all’acqua potabile nelle aree più povere dei Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico. Si tratta del secondo “Acp-Eu water facility”, un progetto già attuato nel 2004 ed ora riproposto con un finanziamento di 200 milioni di euro. In questo modo, l’Unione Europea vuole dare il proprio contributo per raggiungere gli obiettivi del Millennio fissati dall’Onu, ossia dimezzare le persone che non hanno un accesso adeguato all’acqua potabile e a servizi igienici fondamentali entro il 2015. L’iniziativa vuole inoltre dare un sostegno alla gestione delle risorse idriche, per uno sviluppo sostenibile e la manutenzione delle infrastrutture. Intanto, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui si chiede all’Unione Europea di prevedere nel suo futuro bilancio finanziamenti sufficienti per la protezione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.

    Sudan
    Circa 600 abitanti della tormentata regione sudanese del Darfur hanno protestato oggi a Khartoum contro il National Congress Party (Ncp), il partito dell'attuale presidente Omar Hassan Al Bashir, le cui autorità della sicurezza sono accusate di aver arrestato e barbaramente ucciso mercoledì scorso uno studente del Darfur, Mohamed Musa. In occasione del funerale di Musa, studenti dell'università di Khartoum e altri manifestanti si sono radunati fuori dalla sua casa nel quartiere di Omdurman, a Khartoum, gridando gli slogan “giustizia” e “rivoluzione fino alla vittoria”. L'omicidio è avvenuto a pochi mesi dalle prime elezioni multipartitiche in Sudan degli ultimi 24 anni, previste per il prossimo aprile, che rappresentano la maggiore sfida per il controverso presidente Omar Hassan Al Bashir. Al Bashir è ricercato dalla Corte penale internazionale dell'Aja per crimini di guerra perpetrati nel Darfur, dove l'Onu stima che siano morte circa 300 mila persone a causa di una crisi umanitaria innescata nel 2003 dal conflitto fra miliziani appoggiati occultamente dal governo e ribelli locali.

    Allarme ciclone sulle isole Tonga
    Gli abitanti di Tonga, Stato insulare dell’Oceania sono stati avvisati oggi di prepararsi a quello che potrebbe essere il peggior ciclone degli ultimi cinquant'anni. Renè, come è stato battezzato il ciclone che questa mattina ha sfiorato le isole di Vavau, nel nord delle isole Tonga, distruggendo le piantagioni di banane e scoperchiando case, mostrerà tutta la sua forza distruttrice soltanto nella notte, ha detto oggi l'Ufficio metereologico delle Figi. Agli abitanti delle parti più basse degli atolli è stato chiesto di spostarsi il più in alto possibile per fare fronte a venti che si stima arriveranno a 155 chilometri l'ora con punte fino a 230 chilometri l'ora. Forti rovesci d'acqua e possibili onde anomale accompagneranno il movimento verso Sudovest del ciclone, catalogato di livello 3. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Federico Catani)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 46

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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