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Sommario del 10/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale parla di Sant'Antonio di Padova: un maestro che insegna a pregare, a essere sensibili ai poveri, ad amare il Crocifisso
  • L'incontro di Benedetto XVI con una delegazione luterana. Intervista con la dr.ssa Kathryn Johnson
  • Pubblicato il programma ufficiale del viaggio apostolico del Papa a Malta
  • Nomine
  • Benedetto XVI prega per tutti i malati del mondo. Mons. Zimowski: la medicina smetta di voler governare tecnicamente la vita umana
  • Il cardinale Antonelli: condannare senza ambiguità ogni violazione dei diritti dei bambini
  • Comunicato della presidenza Cei
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Haiti: 230mila i morti. La Caritas: non fermare la solidarietà
  • Nuovi negoziati sul Sahara Occidentale
  • Il dramma delle foibe: ricordare gli orrori della storia
  • Chiesa e Società

  • Portogallo: la Chiesa annuncia sito e tema della visita del Papa
  • Olimpiadi di Vancouver: dall’Onu un appello a rispettare la ‘tregua olimpica’
  • Sri Lanka: sale la tensione politica. Appello di pace dei vescovi
  • Cooperazione permanente dei Paesi sudamericani per Haiti
  • Sempre più lontano l’obiettivo di sradicare la povertà entro il 2015
  • Cina: nuove linee guida per limitare la pena di morte
  • Maria Voce in Thailandia: Focolari in dialogo con i buddisti
  • Indonesia: la Chiesa denuncia serie violazioni alla libertà religiosa
  • Sarà un vescovo protestante l’avvocato della famiglia della ragazza cattolica uccisa in Pakistan
  • Filippine: iniziata in un clima teso la campagna elettorale
  • Dialogo a Mindanao: cristiani e musulmani impegnati per la pace
  • La Chiesa vietnamita apre un centro per bambini sieropositivi
  • Congo: nel Katanga oltre 170 donne ex combattenti assistite da un programma della Caritas
  • Togo: i francescani chiedono elezioni democratiche
  • Iraq: il vescovo di Kirkuk invita i cristiani a votare nelle prossime elezioni
  • Colombia: contatti della Chiesa con le cosiddette “bande emergenti” per favorire la pace
  • La comunicazione nella cultura della solidarietà al centro della “Carta di Porto Alegre”
  • Brasile: il cardinale Scherer invita i sacerdoti a incarnare la Parola
  • Mons. Quevedo illustra il documento della Federazione dei vescovi dell'Asia
  • Spagna: a Granada congresso teologico su "Cristianesimo, islam e modernità"
  • Taiwan: Lettera pastorale 2010 della Conferenza episcopale
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’Ue condanna l’attacco alle ambasciate a Teheran. Obama parla di sanzioni all’Iran sul nucleare
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale parla di Sant'Antonio di Padova: un maestro che insegna a pregare, a essere sensibili ai poveri, ad amare il Crocifisso

    ◊   La catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale di questa mattina, in Aula Paolo VI, ha avuto per protagonista Antonio di Padova, contemporaneo di San Francesco e definito dal Papa “uno dei Santi più popolari in tutta la Chiesa cattolica”. Il Pontefice ne ha messo in risalto le straordinarie doti di predicatore, che gli valsero da Pio XII, nel 1946, il titolo di Dottore della Chiesa. Sull’esempio del Santo, Benedetto XVI ha invitato tra l’altro credenti e non credenti a vedere nel Crocifisso lo “specchio” della dignità umana e ad accogliere i poveri in terra perché saranno loro ad accoglierci in cielo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Lisbona gli diede i natali in terra, Padova quelli in cielo. Tra questi poli geografici – divenuti nei secoli l’universale segno di distinzione del Santo – si racchiude la storia umana e spirituale di Antonio di Padova, uomo di tale “scienza” ed “eloquenza” cristiana da ricevere come incarico dai suoi superiori quello di dedicarsi in modo prevalente alla predicazione. Dai suoi scritti, ha osservato Benedetto XVI, emerge in modo così efficace “la freschezza e la bellezza del Vangelo” al punto che “ancora oggi”, a distanza di 800 anni, “li possiamo leggere con grande profitto spirituale”. Non solo. Antonio di Padova, che aveva voluto diventare Frate minore e che nel 1221 aveva personalmente conosciuto San Francesco nel celebre “Capitolo delle stuoie”, fu colui che – ha riconosciuto il Papa – “con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio, di zelo apostolico” contribuì “in modo significativo allo sviluppo della spiritualità francescana”. Ma anche un altro tratto fondamentale spicca nei suoi sermoni, quello di un grande “fervore mistico”:
     
    “In questi Sermoni sant’Antonio parla della preghiera come di un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima in orazione. Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima, creando il silenzio nell’anima stessa”.

     
    In questo “vero e proprio itinerario di vita cristiana”, che il futuro Santo propone con i suoi insegnamenti, la preghiera permette a Dio di “entrare nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore” con i suoi “quattro indispensabili atteggiamenti”, che il Papa ha voluto sottolineare per i credenti di oggi:

     
    “Aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio; questo è il primo passo del pregare, non semplicemente cogliere una parola, ma aprire il cuore alla presenza di Dio; poi colloquiare affettuosamente con Lui, vedendolo presente con me; e poi – cosa molto naturale - presentargli i nostri bisogni; infine lodarlo e ringraziarlo”.
     
    Le ricadute concrete della preghiera si constatano nella vita sociale. Le città e i commerci che rifioriscono all’inizio del 13.mo secolo mostrano anche un aumento di persone che, ha ricordato Benedetto XVI, “erano insensibili alle necessità dei poveri”:
     
    “Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo (...) Non è forse questo, cari amici, un insegnamento molto importante anche oggi, quando la crisi finanziaria e i gravi squilibri economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni di miseria? Nella mia Enciclica Caritas in veritate ricordo: ‘L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento, non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona’”.

     
    Discepolo di San Francesco, Antonio fa di Cristo il centro della sua vocazione e del suo apostolato. Accanto a ciò, ha soggiunto Benedetto XVI, per Antonio è basilare la contemplazione del Crocifisso, così importante, ha sottolineato il Pontefice, anche per la nostra cultura contemporanea:
     
    “La visione del Crocifisso ispira ad Antonio pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita (...). Così tutta la dignità umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte del riconoscimento della dignità umana”.

     
    Da un predicatore di eccellenza come Antonio di Padova a coloro che hanno oggi il compito di rendere “incisiva la comunicazione” dei capisaldi della fede. Benedetto XVI ha concluso la catechesi esortando il clero, nell’Anno Sacerdotale in corso, ad essere sollecito nel suo “ministero di annuncio e attualizzazione della Parola di Dio ai fedeli, soprattutto – ha detto – attraverso le omelie liturgiche”:
     
    “Siano esse una presentazione efficace dell’eterna bellezza di Cristo, proprio come Antonio raccomandava: ‘Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se lo invochi, addolcisci le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia la mente’”.

     
    Tra i saluti speciali rivolti ai gruppi in Aula Paolo VI – fra i quali quelli ai giovani dell’arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, meta di una visita pastorale nel 2008, e ai rappresentanti del Comitato Regionale Lazio della Federazione Italiana Gioco Calcio, invitati “a vivere l’attività sportiva con serenità e gioia” e a promuovere “un sano agonismo – il Papa si è soffermato con i pellegrini croati su un anniversario caro al loro Paese e a tutta la Chiesa:
     
    “Ujedno danas slavimo i spomendan...
    Oggi celebriamo la memoria del Beato Luigi cardinale Stepinac, vescovo e martire, che ha sacrificato la sua vita cinquanta anni fa in testimonianza della fede. Custodite la memoria dei vostri martiri, e sul loro eroico esempio nell oggi della Chiesa siate ‘il sale della terra e la luce del mondo’”.

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    L'incontro di Benedetto XVI con una delegazione luterana. Intervista con la dr.ssa Kathryn Johnson

    ◊   Al termine dell’udienza generale, Benedetto XVI ha ricevuto una delegazione della Chiesa evangelica luterana d'America. Il Papa ha ricordato i risultati finora raggiunti nel dialogo tra cattolici e luterani auspicando nuovi passi sulla strada della piena e visibile unità tra i cristiani. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il Papa, incontrando la delegazione della Chiesa evangelica luterana, ha detto che sin dall’inizio del proprio Pontificato è stato incoraggiato dal fatto che “le relazioni tra cattolici e luterani hanno continuato a svilupparsi, soprattutto a livello di una collaborazione concreta al servizio del Vangelo”. Il Santo Padre ha ricordato che nell'Enciclica “Ut unum sint” Giovanni Paolo II, riferendosi alle relazioni tra cattolici e luterani, parla di “ritrovata fraternità”. L’auspicio di Benedetto XVI è che questo costante dialogo, sia negli Stati Uniti sia a livello internazionale, possa contribuire “a sviluppare le intese raggiunte finora”.

     
    Un importante compito restante – ha detto il Santo Padre – è di raccogliere “i risultati del dialogo cattolico luterano”, iniziato in modo promettente dopo il Concilio Vaticano II. Per costruire su quello che è stato realizzato insieme da quel momento, un ecumenismo spirituale deve essere radicato “nella preghiera ardente e nella conversione a Cristo, sorgente di grazia e verità”. Il Santo Padre ha poi rinnovato l’auspicio di Giovanni Paolo II ricordando i passi compiuti nel suo Pontificato sulla strada “della piena e visibile unità tra i cristiani”.

     
    “Disponiamoci ad essere aperti al Signore – ha affermato Benedetto XVI rievocando le parole di Giovanni Paolo II in occasione dell’udienza ai vescovi della Chiesa luterana d’America del 26 settembre del 1985 - così che possa usare questo incontro per i suoi fini, per conseguire l’unità che egli desidera”. Il Signore – ha concluso il Santo Padre – aiuti “a far tesoro di quanto è stato realizzato finora e a promuoverne lo sviluppo”.

     
    Si chiude oggi a Roma, presso la sede del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, un Simposio di tre giorni sull’ecumenismo. L’appuntamento ha voluto fare un bilancio di 40 anni di dialogo ecumenico tra cattolici, luterani, anglicani, riformati e metodisti, per cercare nuove vie verso l’unità dopo quasi 500 anni di divisioni. Philippa Hitchen ha intervistato a questo proposito la dr.ssa Kathryn Johnson, vice-segretaria generale per gli affari ecumenici della Federazione luterana mondiale:

    R. – It was an unintended consequence of the Reformation, that the split became so …
    E’ stata una conseguenza non voluta della Riforma, il fatto che la spaccatura si sia così radicata nella vita dei cristiani per mezzo millennio: non era questa l’intenzione di Martin Lutero! E io credo che noi abbiamo, in qualche modo, questa particolare responsabilità: lui, in realtà, ha sempre continuato a considerarsi, per molti aspetti, parte della Chiesa cattolica fino a quando ciò è stato possibile. Diversamente, diciamo, da come è stato per John Wesley o per Calvino, che sono arrivati dopo, quando la realtà della divisione aveva cominciato a divenire stabile. Ci stiamo avvicinando a questo anniversario – i 500 anni della divisione – con sentimenti contrastanti: ricordando alcuni testimoni del Vangelo, ma anche con un senso di pentimento e di dispiacere per i molti modi in cui abbiamo continuato a mantenere la nostra separazione. Ecco perché non utilizzeremo la parola “celebrazione” per questo 500.mo anniversario: diremo che lo “osserveremo”, ricordando alcuni aspetti, ma cercando anche di avere una consapevolezza ecumenica delle difficoltà che questa divisione ha portato nella vita della Chiesa.

     
    D. – Celebriamo i 40 anni di progressi nel dialogo ecumenico: tra i frutti del dialogo cattolico-luterano c’è la Dichiarazione congiunta sulla Giustificazione firmata più di 10 anni fa. Oggi, a che punto è il dialogo?

     
    R. – Well, in the first place, “a decade ago” is not much time at all in the light …
    Intanto, “più di dieci anni fa” non è un gran lasso di tempo, visto alla luce dei 500 anni di storia di cui abbiamo parlato. Quindi, non credo che possa essere considerato sorprendente che ancora ci interroghiamo sul significato di questo documento. Abbiamo detto che in questo punto cruciale noi non troviamo nulla da condannare, gli uni negli altri! Noi luterani stiamo ancora cercando di assimilare tutto questo: sicuramente tra di noi si possono sentire sermoni o ascoltare lezioni di catechismo e di teologia che non hanno accolto appieno il fatto che ora non ripetiamo più queste condanne. Ecco, questa è una delle cose che stiamo facendo: stiamo ancora assimilando tutto ciò e preghiamo per trovare la via per affrontare questi nuovi rapporti. Oggi stiamo facendo tre cose, credo, nell’ambito del nostro dialogo. Stiamo continuando questo processo di accoglienza: studiosi della Bibbia stanno lavorando insieme con i Metodisti ed i Riformati, per accogliere il messaggio della Giustificazione ed inserirlo in un contesto biblico improntato all’ecumenismo. Stiamo lavorando insieme sul significato ecumenico di questo 500.mo anniversario, e nel nostro nuovo dialogo stiamo affrontando i temi del Battesimo e della crescita nella comunione. Non si tratta, principalmente, di un dialogo sul Battesimo ma è un dialogo che prende molto sul serio il vicendevole riconoscimento del rispettivo Battesimo affinché da esso possiamo trarre conseguenze per una crescita nella comunione che possiamo condividere appunto su questa base.

     
    D. – Come si fa per far giungere questo dialogo ai semplici fedeli perché diventi una realtà vissuta?

     
    R. – If I knew the answer to that, the ecumenical movement…
    Se avessi la risposta a questa domanda, il movimento ecumenico sarebbe molto più avanti! Una cosa di cui abbiamo certezza è che è estremamente importante dare una buona formazione teologica: se questo sarà fatto con il clero a livello locale, loro stessi potranno cambiare la vita delle singole congregazioni. Vogliamo collaborare anche con nuovi leader a livello episcopale, perché ci piacerebbe poter dare una formazione ecumenica a vari livelli. Ma fa sempre ancora una differenza grandissima se l’esperienza di quelle persone che hanno vissuto nella diversità ecumenica nell’ambito delle loro stesse famiglie, e ne hanno fatto anche un’esperienza positiva nella loro Chiesa, viene considerata un’opportunità e anche una sfida per le loro comunità!

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    Pubblicato il programma ufficiale del viaggio apostolico del Papa a Malta

    ◊   La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato oggi il programma ufficiale del viaggio apostolico che il Papa compirà a Malta i prossimi 17 e 18 aprile in occasione del 1950.mo anniversario del naufragio di San Paolo. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Benedetto XVI arriverà a Malta nel pomeriggio di sabato 17 aprile: nel Palazzo dei Gran Maestri a La Valletta la visita di cortesia al presidente della Repubblica. Subito dopo si recherà alla Grotta di San Paolo a Rabat. Domenica 18 aprile, in mattinata, presiederà la Messa sul Piazzale dei Granai a Floriana. Nel pomeriggio il trasferimento via mare alla Banchina del Porto Grande de La Valletta per l’incontro con i giovani. Quindi la cerimonia di congedo all’aeroporto Internazionale di Malta a Luqa. Il rientro del Papa a Roma in serata.

     
    Si tratta della terza visita pontificia nell’arcipelago dopo quelle di Giovanni Paolo II nel 1990 e nel 2001 e si svolge dunque nel 1950.mo anniversario del naufragio di San Paolo nell’arcipelago che secondo la tradizione avvenne nell’anno 60 durante il suo viaggio verso Roma. L’Apostolo delle Genti – narrano gli Atti degli Apostoli – fu accolto dalla popolazione locale “con rara umanità”. Qui rimase tre mesi prima di salpare per la Sicilia: morso da una vipera, non ebbe alcuna conseguenza; molti isolani che avevano malattie accorsero da lui e vennero guariti. Il 16 giugno 2005 Benedetto XVI, ricevendo il nuovo ambasciatore maltese presso la Santa Sede, ha ricordato le profonde radici cristiane di Malta, un “patrimonio di valori culturali e religiosi” sui quali si può costruire “un futuro di solidarietà e pace”. “ Dar vita a un’Europa unita e solidale – aveva sottolineato - è impegno di tutti i popoli che la compongono. L’Europa infatti deve saper coniugare i legittimi interessi di ogni nazione con le esigenze del bene comune dell’intero Continente”.

     
    Malta, indipendente dal Regno Unito nel 1964, conta oltre 410 mila abitanti, al 98% cattolici. Dal primo maggio 2004 è Stato membro dell’Unione Europea e dal primo gennaio 2008 ha adottato l’euro.

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Alto Valle Del Río Negro (Argentina), presentata da mons. Néstor Hugo Navarro, per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev. Marcelo Alejandro Cuenca, del clero della diocesi di Córdoba in Argentina, finora parroco di Villa del Dique, in Córdoba. Il rev. Marcelo Alejandro Cuenca è nato il 18 maggio 1956 in Córdoba. Dopo aver ottenuto il titolo d’Ingegnere civile con medaglia d’oro presso l’università Nazionale di Córdoba, è entrato nel Seminario Maggiore di Córdoba ed è stato ordinato sacerdote per tale arcidiocesi l’8 dicembre 1983.

    Il Papa ha nominato vescovo coadiutore di Neuquén (Argentina) mons. Virginio Domingo Bressanelli, dehoniano, finora vescovo di Comodoro-Rivadavia. Mons. Virginio Domingo Bressanelli è nato a Berabevú (arcidiocesi di Santa Fe) il primo maggio 1942. È entrato nel Seminario Minore dei Dehoniani in Maciel (Santa Fe) e ha fatto il noviziato a Savona (Italia). Ha studiato Filosofia in un collegio della Congregazione a Monza e Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, dove ha ottenuto la Licenza in Dogmatica (1967). Quindi ha studiato Psico-pedagogia a Buenos Aires, ottenendo il titolo di professore. Ha emesso i voti perpetui il 29 settembre 1964 ed è stato ordinato sacerdote il 17 dicembre 1966. È stato provinciale per l’Argentina e l’Uruguay (1983-1989), superiore generale dal 1991 al 2003, per 12 anni a Roma ha collaborato nell’Unione dei Superiori Generali. Tornato in Argentina, è stato nominato superiore del Teologato Dehoniano in San Miguel. Nominato vescovo di Comodoro-Rivadavia il 19 febbraio 2005, è stato consacrato il 13 maggio successivo.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare di Curitiba (Brasile), mons. Rafael Biernaski, del clero della medesima arcidiocesi, finora capo ufficio della Congregazione per i Vescovi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ruspe. Mons. Rafael Biernaski è nato il primo novembre 1955 a Curitiba, nell’omonima arcidiocesi, nello Stato del Paraná (Brasile). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 13 dicembre 1981 ed è stato incardinato nell’arcidiocesi di Curitiba. Come alunno del Pontificio Collegio Pio Brasiliano di Roma, ha conseguito la licenza (1990) e il dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana (2007). È membro della "União dos Presbíteros de Schönstatt - (Schönstatt-Priesterbund)" del Movimento Apostolico di Schönstatt.

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    Benedetto XVI prega per tutti i malati del mondo. Mons. Zimowski: la medicina smetta di voler governare tecnicamente la vita umana

    ◊   “La Chiesa al servizio dell’amore per i sofferenti”: alla vigilia della 18.ma Giornata mondiale del malato, nella festa della Beata Vergine di Lourdes, il pensiero del Papa all’udienza generale è andato a quanti tra i fratelli “portano la croce dell’infermità”. Il servizio di Roberta Gisotti.

     
    Un appuntamento liturgico atteso dai malati in tutto il mondo: domani, Benedetto XVI celebrerà, alle 10.30 nella Basilica Vaticana una Messa per tutti gli infermi, nella Giornata loro dedicata. San Pietro accoglierà migliaia di pellegrini, in particolare dell’Unitalsi, riuniti per la Festa della Beata Vergine Maria di Lourdes, in occasione del 25.mo anniversario della fondazione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Per questo oggi il Papa, al termine dell'udienza generale, ha voluto affidare alla protezione della Madonna tutti i malati e quanti recano loro sollievo nella sofferenza. “I nostri fratelli che portano la croce dell’infermità - ha invocato - trovino il conforto nella Croce di Cristo”:

    “Maria Immacolata ... rivolga il suo sguardo pieno di amore e di tenerezza su di voi, cari malati, e vi sostenga nel portare con serenità la vostra croce, in unione a quella di Cristo.”

     
    A suggellare la Festa Beata Vergine di Lourdes, sono arrivate ieri nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma le reliquie di Santa Bernadette, giunte dal Santuario della cittadina francese, accolte dal cardinale Bernard Francis Law, arciprete della Basilica Liberiana, di cui ci riferisce Marina Tomarro:

     
    “Bernadette era una ragazza umile con nessuna istruzione particolare, eppure la Madonna ha scelto proprio lei come messaggera di un grande dogma, quello dell’Immacolata Concezione. Beati i puri di cuore perché in essi c’è la grazia dell’Altissimo.” Con queste parole il cardinale Francis Bernard Law, ha accolto ieri pomeriggio, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, le reliquie di Santa Bernadette Soubirous, la piccola pastorella di Lourdes a cui nel febbraio del 1858 apparve la Vergine Maria. Ad aspettare l’arrivo dell’urna erano presenti moltissimi volontari dell’Unitalsi e i tanti malati che ogni anno con i treni bianchi si recano nella cittadina francese per chiedere la guarigione non solo del corpo ma soprattutto dello spirito. “L’acqua sgorgata miracolosamente a Lourdes - ha continuato il porporato - ci riconduce alla fonte Battesimale. Bernardette e la Vergine Santa ci invitano a rinnovare questo sacramento e ad avere fiducia in Dio, mentre gli affidiamo i nostri affetti più cari e tutti coloro che sono in condizioni di particolare sofferenza”.

     
    Le reliquie di santa Berndette rimarrano esposte alla venerazione dei fedeli fino a questa sera, quindi domani mattina, alle ore 9 saranno portate in processione, da Castel Sant'Angelo fino al Vaticano; poi ancora nel pomeriggio alle 16.30 vi sara un'altra processione con le reliquie e la statua della Madonna di Lourdes, lungo via della Conciliazione e l'arrivo dei fedeli in Piazza San Pietro per salutare il Santo Padre, che si affaccerà dalla finestra del suo studio.

    Proseguono intanto le manifestazioni aperte ieri per il 25.mo anniversario del dicastero vaticano dedicato alla pastorale sanitaria. Ieri l’inaugurazione di una mostra di Francesco Guadagnolo, nell’atrio dell’Aula Paolo VI, che oggi nel pomeriggio alle 17.30 ospiterà il Concerto di due pianisti di Taiwan, Rolf-Peter Wille e Lina Yeh, e la Juni Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, composta da oltre 200 adolescenti. L’evento seguirà la chiusura del Simposio internazionale promosso dal Pontificio Consiglio per la Pastorale Sanitaria, a 25 anni dalla sua istituzione e dalla Lettera pastorale di Giovanni Paolo II “Salvifici Doloris”, per una rilettura di questo fondamentale documento sul significato cristiano del dolore e per un raffronto con le problematiche odierne e le prospettive future del mondo sanitario. Sarà Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a svolgere la relazione finale dal titolo “Equità e solidarietà nella sanità internazionale”. Un incontro che ha posto a confronto 500 tra delegati ed esperti di 35 Paesi sull’importante ruolo della Chiesa cattolica in campo sanitario, come spiega l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del dicastero vaticano, al microfono di Romilda Ferrauto:
     
    R. – La medicina ha bisogno della pastorale non solo per fornire le basi degli impegni etici-morali - che sono molto importanti - ma anche per sostenere gli atteggiamenti e la prassi degli operatori sanitari per fornire un’assistenza, adeguata nel tempo, a chi si trova nel dolore della malattia. Oggi vorrei ricordare e sottolineare che la medicina ha centrato la propria attenzione sulla realtà biofisica della malattia. E’ assolutamente necessario riscoprire quell’attenzione che contraddistingueva l’azione taumaturgica di Gesù, quell’attenzione olistica alla persona umana – già presente nell’Antico Testamento – che si può dire unisce spesso le sofferenze morali - come ha sottolineato nella “Salvifici Doloris” Giovanni Paolo II - con il dolore di determinate parti dell’organismo, delle ossa, dei reni, del fegato, delle viscere e specialmente del cuore.

     
    D. – Il progresso scientifico della medicina ha provocato una certa disumanizzazione della medicina stessa. Oggi bisogna invertire questa tendenza, come si può fare?

     
    R. – Non è facile avere a che fare con i malati, specialmente quando non si può fare altro che essere presenti. Ci sono momenti, nella malattia, dove il medico non può fare tanto. Spesso i medici cattolici, uomini credenti, dicono: “è rimasto ancora l’unico medico”, che è Gesù Cristo. Per questo la pastorale può insegnare che l’azione più importante è proprio quella che fecero gli amici di Giobbe i quali, vedendo la sua grave malattia, si sedettero per terra sette giorni, non per parlare ma per essere vicino a lui, che soffriva tanto. Solo così il mondo della medicina può essere liberato dalla presunzione febbrile e disperata di controllare tecnicamente la vita umana. Credere che tale presenza sia quello che si può e si deve fare nella prospettiva di un’impotenza terapeutica implica la fede degli operatori sanitari. E’ una presenza nel mondo e nell’aldilà del mondo. La pastorale sarà allora tesa a proclamare il senso della relazione con Dio e la comunità, ad affermare la possibilità della guarigione, ad utilizzare le conoscenze delle scienze umane per aiutare nella sofferenza, a ricordare che l’uomo è mortale ma deve nascere per l’eternità.

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    Il cardinale Antonelli: condannare senza ambiguità ogni violazione dei diritti dei bambini

    ◊   La Chiesa fa appello ai credenti e a tutte le persone di buona volontà ad essere vigilanti e responsabili per prevenire le difficoltà in cui possono trovarsi i minori. Si devono condannare senza ambiguità tutte le violazioni dei diritti dei bambini. E’ quanto ha detto il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, a conclusione della plenaria del dicastero vaticano. Oltre alla piaga della pedofilia, il porporato ha ricordato altre gravi violazioni dell’infanzia come il fenomeno dei bambini soldato, il coinvolgimento di fanciulli nei trapianti di organi e le violenze familiari. Altre piaghe menzionate dal cardinale sono i rapimenti, l’insufficiente o cattiva alimentazione, la costrizione a mendicare, lo spaccio di droga e la prostituzione. A questa drammatica serie di violazioni il cardinale Ennio Antonelli ha aggiunto le mutilazioni sessuali, lo sfruttamento dell’immagine dei minori a fini commerciali e la negazione della giustizia. Il porporato si è poi soffermato sul ruolo cruciale della famiglia, osservando che una società non può non privilegiare quel soggetto che contribuisce di più al suo avvenire e al suo benessere. La famiglia – ha aggiunto – ha diritto ad essere sostenuta dal punto di vista ecclesiale ma anche culturale, economico, sociale e politico. Il cardinale Ennio Antonelli ha esortato quindi i laici cristiani ad impegnarsi per portare avanti gli interessi della famiglia. Il porporato ha auspicato infine provvedimenti in favore dell’equità fiscale, del diritto alla casa e delle famiglie numerose. Sulla possibilità dell’adozione per coppie di fatto o omosessuali, il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia ha sottolineato che ogni bambino per crescere ha bisogno di una madre e di una figura paterna che si amino. Il divorzio, ha concluso il porporato, è una ferita gravissima per i bambini. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Comunicato della presidenza Cei

    ◊   La presidenza della Conferenza episcopale italiana ha pubblicato ieri pomeriggio una nota di commento al comunicato della Segreteria di Stato, che - sempre ieri - ha definito prive di alcun fondamento le notizie diffuse in questi giorni, soprattutto sui media italiani, riguardo alle vicende connesse con le dimissioni del direttore di "Avvenire".

    Un comunicato – rileva la nota della Cei – “ispirato dalla volontà prioritaria e pienamente condivisa di evitare che il bene della Chiesa sia compromesso da notizie e ricostruzioni che hanno dato vita ad una campagna diffamatoria contro la Santa Sede”. Facendo sua questa medesima preoccupazione, la presidenza dei vescovi italiani auspica che questa presa di posizione “contribuisca a rasserenare il clima, segnato da una vicenda dolorosa che in questi mesi è andata oltre la sua valenza effettiva”.

    “Rimane viva e conforta la consapevolezza – conclude il comunicato della Cei - che la Chiesa è sorretta dalla forza del suo Signore, mentre rinnoviamo l’impegno ad operare per l’affermazione della verità e della giustizia”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All'udienza generale il Papa sottolinea l'importanza dell'umanesimo nato dalla fede cristiana e che il Crocifisso è lo specchio della dignità e del valore dell'uomo.

    11 febbraio: in prima pagina, un fondo sull'ottantunesimo anniversario dei Patti Lateranensi.

    Gli Stati Uniti decisi a imporre rapide sanzioni all'Iran: in rilievo, nell'informazione internazionale, la questione nucleare.

    Padre Chenu e il medioevo di Tommaso: in cultura, Inos Biffi ricorda, a vent'anni dalla morte, il grande teologo domenicano.

    Un articolo di Isabella Farinelli dal titolo "L'altra metà del profeta": nell'America del primo Novecento la dedizione discreta di Mary Haskell per Kahlil Gibran.

    Quel mantello "alla cinica" che copre il terapeuta: Fabrizio Bisconti su malattia e guarigione nell'arte paleocristiana.

    Marco Tibaldi sul volume "Pavel A. Florenskij. Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza" a cura di Natalino Valentini e Alexander Gorelov.

    "L'Osservatore Romano" premiato in Paraguay.

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    Oggi in Primo Piano



    Haiti: 230mila i morti. La Caritas: non fermare la solidarietà

    ◊   Il governo di Haiti ha corretto oggi al rialzo il bilancio dei morti causati dal sisma del 12 gennaio scorso: le vittime sono circa 230.000, i feriti almeno 300.000. Si procede intanto a pieno ritmo con gli aiuti umanitari. La Caritas italiana ha avviato i lavori per la costruzione di 400 servizi igienici mobili nella capitale Port-au-Prince. Nell’ultimo fine settimana nel solo campo di Petionville sono stati distribuiti inoltre 3.000 kit per l’allestimento di alloggi temporanei, in grado di ospitare 18.000 persone. Paolo Beccegato, responsabile dell’Area Internazionale della Caritas, illustra la situazione al microfono di Enrico Dal Bianco.

    R. – Molti bisogni restano ancora scoperti. Non bisogna dimenticare che è di quasi un milione il dato riguardante coloro che hanno perso completamente la casa. Ci sono molti campi profughi nella città di Port-au-Prince. Però anche molte persone – si parla di quasi mezzo milione – avrebbero lasciato la capitale. Si stanno allestendo quindi dei campi profughi anche in varie zone del Paese. Per questo non è semplice coordinare tutti gli aiuti, anche se si procede con passi graduali e costanti verso una forma sempre migliore di coordinamento e di copertura di tutto il territorio.

     
    D. – Quale è lo stato d’animo prevalente della popolazione?

     
    R. – Certamente c’è ancora rabbia in coloro che si sentono discriminati dalla macchina degli aiuti o dimenticati, non raggiunti in modo adeguato. D’altra parte, abbiamo anche moltissime forme di gratitudine e di solidarietà interna al Paese di persone non colpite che aiutano quelli che hanno subito i danni di questo terremoto.

     
    D. – Quale è la situazione igienico-sanitaria degli sfollati?

     
    R. – I rischi maggiori, per esempio di epidemie o di pandemie più o meno gravi, per ora sembrano sotto controllo. Queste persone vivono prevalentemente in tende, alcuni addirittura non hanno ricevuto neppure la tenda e vivono in condizioni di grandissimo disagio. Occorre quanto prima mettere soprattutto le persone più deboli – penso ai bambini e alle persone che hanno subito danni alla spina dorsale – in condizioni di vivibilità decenti.

     
    D. – Come procede il piano di assistenza?

     
    R. – I governi stanno mettendo in campo dei grossi mezzi. E’ stata annunciata questa cancellazione del debito estero di Haiti verso i Paesi del G7, che quindi porterebbe una boccata di ossigeno – si parla di un miliardo e 200 milioni di dollari – alle casse del governo del Paese caraibico. Quindi ci sono le premesse per un lavoro molto consistente anche per quella che sarà la ricostruzione. Occorrerà vigilare molto perché spesso ai proclami non seguono poi i fatti. Non bisognerà quindi abbassare l’attenzione sia come operatori a livello umanitario, a livello sociale, ma anche in termini complessivi di comunicazione.

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    Nuovi negoziati sul Sahara Occidentale

    ◊   E’ iniziata oggi a New York, sotto l’egida dell’Onu, una nuova tornata di negoziati tra rappresentanti del Marocco e del Fronte Polisario, l’organizzazione per la Liberazione del Sahara Occidentale. All’avvio dei colloqui, che si concludono domani, ha espresso le sue felicitazioni il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ha incoraggiato le parti a fare progressi sullo status del Sahara Occidentale ed il riconoscimento dei diritti del popolo saharawi. In quale momento cadono questi colloqui? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto di questioni nordafricane:

    R. – Si parte dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che da anni chiedono alle due parti di condividere una soluzione politica che consenta l’autodeterminazione del popolo saharawi. La novità è che la ripresa di questi colloqui avviene dopo un lungo sciopero della fame di una militante dei diritti umani, Aminatu Haidar, espulsa dal Sahara Occidentale e poi rientrata senza condizioni. Questo sciopero della fame ha messo in evidenza il caso del Sahara Occidentale - che si trascina ormai dal 1975 - e di un piano di pace rimasto inattuato da oltre 20 anni. La base dei colloqui è quella ormai conosciuta: il Marocco chiede che la soluzione politica sia quella dell’autonomia, mentre invece il Fronte Polisario non mette condizioni. Come risultato di questi colloqui, il Fronte chiede solo il rispetto della volontà popolare e che si arrivi quindi ad un referendum di autodeterminazione. Il Polisario è disposto a qualsiasi risultato porti la volontà popolare.

     
    D. – Di fatto quali interessi ci sono su questa grande regione?

     
    R. – Interessi sia economici che politici. L’interesse economico perché sappiamo che il Sahara Occidentale è un Paese completamente desertico ma molto ricco di risorse naturali: fosfati, ferro, probabilmente petrolio e poi ha le coste più pescose della facciata atlantica dell’Africa. Ci sono poi gli interessi politici: l’indipendenza del Sahara Occidentale non consentirebbe al Marocco di proiettarsi verso l’Africa subsahariana e questo è nel desiderio dell’Algeria, che ha su di sé le mire del Marocco - che sappiamo fin dall’indipendenza aver rivendicato tutta la parte del Sahara che comprende i confini dell’Algeria, del Mali e della Mauritania – e si creerebbe quindi uno squilibrio se dovesse confermarsi l’occupazione militare del Sahara occidentale da parte del Marocco.

     
    D. – Attualmente, dal punto vista politico, la comunità internazionale com’è schierata nel riconoscimento del Sahara Occidentale?

     
    R. – Diciamo che la gran parte degli Stati è favorevole all’autodeterminazione. Da oltre 20 anni l’Assemblea generale delle Nazioni Unite vota una risoluzione in cui considera il Sahara Occidentale una “questione di decolonizzazione”. E’ bene ricordare che quest’anno sarà il 50.mo anniversario dell’indipendenza africana ed il Sahara Occidentale è l’ultima colonia africana. All’interno del Consiglio di Sicurezza, invece, la Francia si oppone all’autodeterminazione del Sahara Occidentale per una questione geopolitica: ha scelto un’alleanza con il Marocco, nel quale mantiene ancora forti interessi sia politici che economici.

     
    D. – Il riconoscimento del Sahara Occidentale potrebbe costituire l’avvio di un processo virtuoso per la sistemazione di tante questioni del Nord Africa?

     
    R. – Sicuramente. La soluzione, in modo particolare l’indipendenza del Sahara Occidentale, consentirebbe innanzitutto di dare avvio all’unione del Maghreb arabo – che per il momento è bloccata proprio da questa questione – e consentirebbe a questi Paesi di affrontare sia i problemi economici e sociali sia uno dei grandi problemi che riguarda tutta l’area nordafricana, cioè quello di combattere il fondamentalismo islamico.

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    Il dramma delle foibe: ricordare gli orrori della storia

    ◊   Non si possono dimenticare le drammatiche pagine legate alle foibe e all’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia. E’ quanto ha affermato in occasione dell’odierna Giornata del ricordo dei martiri delle foibe, il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, aggiungendo che si deve “rinnovare l’impegno comune del ricordo, della vicinanza, della solidarietà contro l'oblio e anche contro forme di rimozione diplomatica che hanno pesato nel passato e che hanno causato tante sofferenze”. Ricordare gli orrori della storia è dunque un imperativo morale come sottolinea, al microfono di Luca Collodi, anche Edoardo Bernkopf, figlio di profughi fiumani ed esperto del periodo storico delle foibe:

    R. – Si tratta di una tragedia che ha colpito una parte importante della nostra popolazione, nel nostro Paese. E’ importante ricordare perché i testimoni diretti di quella tragedia sono in gran parte ormai mancati. Le nuove generazioni forse non hanno particolare interesse a ricordare, ad occuparsene. Ma dato che si tratta di una problematica che forse potrà rispuntare - tende a rispuntare nella storia in varie parti del mondo dove ci sono dei contrasti etnici, religiosi e quant’altro - è bene che si approfondiscano questi problemi in modo da evitare che in futuro possano ripetersi.

     
    D. – La storia che pagine nuove ha aggiunto al dramma delle foibe?

     
    R. – Più che pagine nuove, sono in fondo pagine che chi ha vissuto quella tragedia conosceva già. Forse non si è sottolineato abbastanza che si è trattato di una “pulizia etnica”, parola che abbiamo imparato a conoscere solo recentemente ma che in realtà si è consumata anche nel passato e si è consumata ai danni della popolazione italiana.

     
    D. – Che testimonianze ha ricevuto sulle foibe?

     
    R. – La nostra gente non ha amato dare risalto alla propria tragedia. Tutto sommato, questa tragedia, che ha colpito la popolazione italiana, è stata volutamente dimenticata ma anche i nostri profughi – e questo credo vada detto a loro onore – non hanno mandato messaggi di odio e di revanscismo relativamente alla propria tragedia, ma si sono semplicemente rimboccati le maniche ed hanno ripreso la loro vita, senza coltivare rancori, odi o desideri di rivincita magari violenta, come va di moda in varie parti del mondo, certe volte anche con il plauso di alcuni.

     
    D. – Ci sono degli episodi che le sono stati raccontati di cui ha un ricordo particolare?

     
    R. – Il ricordo più vivo è relativo anche ad un mio familiare, il quale aveva come unica colpa quella di aver servito l’esercito nazionale. Questi episodi di violenza ufficialmente si rivolgevano ai fascisti, ma di fatto si rivolgevano contro tutto quello che era italiano ed il fatto di aver portato una divisa o anche di aver ricoperto una carica pubblica, un incarico talvolta banale – come quello di maestro elementare – era talvolta sufficiente per essere considerato genericamente un fascista e quindi essere destinato alla fucilazione o all’infoibamento.

     
    D. – Anche la Chiesa è stata colpita da questo periodo delle foibe…

     
    R. – La Chiesa aveva una componente religiosa che era vista come nemica da parte di una milizia che aveva invece nella propria ideologia un solido ateismo. Sono molti i preti che sono finiti nelle foibe, anche eroicamente e magari dopo aver aiutato la popolazione – anche di etnia slava - ma a volte l’ideologia è cieca anche di fronte a questi comportamenti specchiati. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Portogallo: la Chiesa annuncia sito e tema della visita del Papa

    ◊   Al termine di un incontro del Consiglio Permanente della Conferenza episcopale portoghese (Cep), svoltosi ieri nella Casa di Nostra Signora dei Dolori, nel Santuario di Fatima, è stata annunciata ufficialmente la creazione di una pagina Internet relativa alla visita di Benedetto XVI nel Paese. Il sito www.bentoxviportugal.pt, come ha spiegato padre Manuel Morujão, portavoce della Cep, mira a dare "informazioni sul programma della visita papale, notizie sulla preparazione, fotografie e la possibilità di interattività", ricorda l'Ufficio stampa del Santuario di Fatima. Padre Morujão ha aggiunto che verranno diffusi poster e altre immagini collegate alla visita. E' definito anche il tema generale della visita di Benedetto XVI in Portogallo: "Con te, camminiamo nella speranza", al quale si associa il sottotitolo "Cristianesimo, saggezza e missione". “La Chiesa spera che l’intera società portoghese sappia accogliere Benedetto XVI, nel maggio prossimo, indipendentemente dal credo religioso e dalle ideologie, per dare un forte segnale di solidarietà, di sintonia e di comunione interna, e con il Papa stesso” ha detto padre Morujão. La nota pastorale annunciata ieri a proposito della visita - riferisce l'agenzia Zenit - è stata rinviata al prossimo incontro del Consiglio permanente della Cep, il 1° marzo a Fatima, perché in questo momento i vescovi diocesani preparano il loro messaggio per la Quaresima. Benedetto XVI visiterà il Portogallo in pellegrinaggio e in visita ufficiale, su invito della Conferenza episcopale portoghese e della Presidenza della Repubblica del Portogallo, dall'11 al 14 maggio prossimi, con celebrazioni e incontri a Lisbona, Fatima e Porto. (R.P.)

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    Olimpiadi di Vancouver: dall’Onu un appello a rispettare la ‘tregua olimpica’

    ◊   Un appello a deporre le armi e a rispettare la tradizione di una tregua planetaria da ogni conflitto durante i giochi olimpici è stato lanciato dalle Nazioni Unite. In vista dell’inizio delle Olimpiadi invernali che si apriranno venerdì prossimo a Vancouver in Canada, sia il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, sia l’Assemblea Generale hanno invitato tutti i protagonisti dei conflitti attivi nel pianeta a deporre le armi. Nel suo messaggio, il segretario generale dell’Onu parla di “paradosso”: “Durante l’Olimpiadi onoriamo giustamente i risultati e i traguardi che l’essere umano riesce a raggiungere e i valori sociali positivi che la competizione sportiva porta con sé, incluso il gioco di squadra e il rispetto per gli altri. Ma ancora, troppo spesso, attraverso la carneficina della guerra, danneggiamo quello stesso essere umano e quegli stessi valori condivisi che ci uniscono”. Ricordando una risoluzione approvata nel 1993, anche l’Assemblea Generale ha invitato il pianeta a rispettare una tregua che inizi sette giorni prima delle Olimpiadi e duri fino a sette giorni dopo la conclusione dell’evento sportivo. “Lancio un solenne appello a tutti gli Stati membri perché dimostrino il proprio attaccamento alla Tregua olimpica e prendano azioni concrete a livello locale, nazionale, regionale e mondiale per promuovere e rafforzare una cultura di pace e armonia” si legge nel messaggio diffuso dal presidente dell’Assemblea Ali Triki e ripreso dall’agenzia Misna. (A.L.)

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    Sri Lanka: sale la tensione politica. Appello di pace dei vescovi

    ◊   Un gruppo di vescovi cattolici e protestanti invita la classe dirigente a “fermare le violenze” e a collaborare per “mantenere la pace nel Paese” dopo le manifestazioni contro i presunti brogli alle recenti elezioni che hanno sancito la vittoria del presidente Rajapaksa. Nella capitale Colombo si registrano scontri fra simpatizzanti dell’opposizione e sostenitori del governo; il fronte anti-Rajapaksa conferma la “battaglia legale” contro “l’arresto arbitrario” del generale Sarath Fonseka. In questo quadro di tensioni e scontri, sembra cadere nel vuoto l’appello di vescovi cattolici e protestanti che chiedono la fine delle violenze e la pace, conquistata nei mesi scorsi dopo tre decadi di guerra civile contro i ribelli delle Tigri tamil nel nord dello Sri Lanka. In un comunicato congiunto ripreso dall'agenzia AsiaNews, i prelati affermano che “al popolo è negata la comprensione oggettiva della realtà”, mentre i principi democratici vengono infranti senza particolari remore. Essi denunciano il denaro eccessivo investito nella campagna elettorale, che “solleva questioni etiche” nella qualità della classe dirigente, alla guida di un Paese che “lotta per eliminare la povertà e garantire giustizia agli sfollati della guerra”. In vista delle elezioni generali, i prelati auspicano “un cambiamento nella cultura politica” che restituisca la “sovranità al popolo”. Essi mostrano di avere a cuore le sorti dei profughi della guerra e della minoranza tamil, che in molti casi non hanno potuto votare per “la mancanza di trasporti” e di vie di collegamento adeguate. I vescovi cattolici e protestanti denunciano infine le violenze e le intimidazioni contro gli oppositori e i giornalisti indipendenti. “Il presidente, la classe politica, la società civile e i leader religiosi – concludono i prelati – devono fissare i criteri per curare le tensioni che dilaniano il Paese e assicurare giustizia e protezione per tutti”. (R.P.)

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    Cooperazione permanente dei Paesi sudamericani per Haiti

    ◊   La costituzione immediata di un fondo pari a 220 milioni di euro, lo stabilimento di “una cooperazione permanente con Port-au-Prince”, l’appello alle nazioni ricche perché cancellino i debiti pregressi contratti dal governo di Haiti: questi i principali punti concordati ieri a Quito, capitale dell’Ecuador, dall’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur). Riuniti in un vertice straordinario dedicato alla ricostruzione di Haiti in seguito al distruttivo sisma dello scorso 12 gennaio, il vertice dei capi di Stato sudamericani - riferisce l'agenzia Zenit - ha avviato una strategia comune che sarà ulteriormente definita il prossimo 20 febbraio a Cancún (Messico) subito dopo la quale le misure decise entreranno in vigore. Il fondo (per un terzo garantito dall’Unasur e per la restante parte dalla Banca interamericana di sviluppo) sarà utilizzato per affrontare immediate emergenze, ma soprattutto per sostenere la ricostruzione delle infrastrutture stradali, energetiche, sanitarie e agricole. Aiuti, è stato precisato, che saranno garantiti nel pieno rispetto della sovranità della nazione caraibica. A Quito era presente anche il presidente haitiano René Préval cui è stato affidato il compito di fissare le priorità del suo paese: “Donare quando non si ha, rende ancor più prezioso il dono – ha detto Préval – il Sud coopererà con un paese del Sud, e questo è particolarmente significativo”. Intanto, mentre da Port-au-Prince arrivano notizie di nuove vittime dovute a crolli, il governo ha aggiornato il bilancio ufficiale dei morti causati dal terremoto, passati da 212.000 a 230.000, e dei feriti, stimati in circa 300.000. (A.L.)

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    Sempre più lontano l’obiettivo di sradicare la povertà entro il 2015

    ◊   Nessun progresso sul fronte della lotta internazionale alla povertà. Complice la crisi economica, “gli obiettivi di sradicare entro il 2015 fame e miseria rischiano di rimanere un miraggio per la maggior parte dei Paesi nel mondo”. La denuncia arriva dall’ultimo rapporto del Social Watch People First, diffuso ieri. Secondo Jason Nardi, portavoce del Social Watch Italia, “studiando l’impatto sociale della crisi a livello internazionale, emerge che a pagarne le conseguenze più dure sono i Paesi impoveriti e le persone più vulnerabili. Fra le prime vittime del crollo dei mercati finanziari vi sono i più poveri che, spendendo dal 50 all’80% del loro reddito in beni alimentari, risentono maggiormente dell’aumento del costo delle derrate agricole. Ma anche le donne, spesso impiegate in lavori precari o a cottimo, con minori salari e più bassi livelli di tutela sociale”. Il rapporto Social Watch – ricorda il Sir - analizza lo stato di salute e il livello dell’istruzione elementare di ciascun Paese: il 42% degli Stati analizzati ha un basso valore dell’indice delle capacità di base (Bci). A livello mondiale emerge che nel 18% dei Paesi è in atto una regressione, in alcuni casi accelerata. Tra questi, il 41% fa parte dell’Africa subsahariana. L’Asia meridionale sta invece progredendo rapidamente, mentre in America Latina e nei Caraibi non si registrano miglioramenti. Al ritmo di sviluppo attuale, solo Europa e Nord America potrebbero raggiungere entro il 2015 valori accettabili dell’indice. In mancanza di cambiamenti sostanziali, per tale data gli Obiettivi di sviluppo del Millennio concordati a livello internazionale non verranno raggiunti. Il rapporto evidenzia anche la disparità tra i sessi nell’istruzione, nella vita economica e nella gestione del potere. Rispetto all’edizione precedente le differenze tra uomo e donna non diminuiscono, anzi si polarizza il divario. Il Social Watch è la rete internazionale della società civile impegnata dal 1995 nello sradicamento della povertà e delle sue cause. La coalizione italiana è composta da Acli, Arci, Campagna per la riforma della Banca mondiale, Fondazione cultura responsabilità etica, Lunaria, Mani Tese, Ucodep e Wwf. (A.L.)

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    Cina: nuove linee guida per limitare la pena di morte

    ◊   La Suprema corte popolare cinese (Spc) ha approvato e diramato nuovi regolamenti per limitare l’uso della pena di morte. Lo rende noto l’agenzia di stampa cinese ‘Xinhua’ - ripresa dall'agenzia Misna - aggiungendo che le linee guida hanno l’obiettivo di dar vita a un nuovo corso per una giustizia “temperata dalla misericordia”. Secondo il regolamento approvato dalla Suprema corte, nei casi previsti dalla legge la pena di morte dovrà essere applicata soltanto per un esiguo gruppo di criminali la colpevolezza dei quali dovrà essere senza alcun dubbio certa e chiara. Il documento suggerisce ai giudici di trattare con durezza i crimini che vedono come imputati funzionari pubblici che hanno approfittato della loro posizione e gli appartenenti a membri della criminalità organizzata. Dall’altro lato si suggerisce di condannare con pene più blande i reati commessi da minori e anziani. Secondo stime dell’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’ nel 2008 in Cina sono state circa 5000 le esecuzioni capitali; Cina, Iran, Arabia Saudita, Corea del Nord e Stati Uniti sono i Paesi dove la pena di morte trova più larga applicazione tra i 46 nei quali è ancora in vigore.

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    Maria Voce in Thailandia: Focolari in dialogo con i buddisti

    ◊   “Comunicare Dio Amore. La nuova evangelizzazione oggi”. Al centro del Convegno dei vescovi dell’Estremo Oriente, amici dei Focolari, che ha preso il via ieri sera in Thailandia, a Sampran. Tra i partecipanti il neo-vescovo di Islamabad e Rawalpindi, il nunzio in Thailandia, Salvatore Pennacchio e l’arcivescovo di Bangkok, Francis Xavier Kriengsak. Vivo interesse ha suscitato questa mattina l’esperienza di dialogo con i buddisti vissuta in questi giorni a Chiang Mai a cui è intervenuta anche la presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce, che dall’inizio di gennaio sta compiendo un viaggio in Estremo Oriente. Mentre il moltiplicarsi di atti di violenza contro i cristiani per mano di forze minoritarie mostrano le religioni come causa di conflitto, in Thailandia in questi giorni, è emersa ben altra immagine: buddisti e cristiani, interpellati da sfide globali, quali collasso dei valori e crisi economica, hanno mostrato le risposte che nascono dai fondamenti delle loro religioni: la compassione buddista e l’amore cristiano. E’ avvenuto nei 5 giorni del Simposio internazionale a cui erano presenti in 200 da 20 Paesi dell’Estremo Oriente, Italia e Gran Bretagna. Organizzato dalla principale università buddista di Chiang Mai, città dai 100 templi nel nord della Thailandia, in collaborazione con il movimento laico buddista giapponese Rissho Kosei Kai e il Movimento dei Focolari. Momento culmine, la sessione dedicata al mistero del dolore, centrale per buddismo e cristianesimo. Il punto di incontro più profondo. Buddha indica nello spegnimento di attaccamenti, passioni e desideri, la via per liberarsi dal dolore e raggiungere l’illuminazione. Per i cristiani il mistero del dolore conduce al crocifisso. “Gesù sulla croce – ha spiegato Maria Voce richiamando l’esperienza diretta di Chiara Lubich - giunge a gridare l’abbandono del Padre, perché sulla terra ogni dolore sia trasformato in amore, ogni vuoto riempito, ogni rapporto spezzato, ricomposto”. Sorprende la testimonianza di un monaco buddista: Pra Maha Thongrattana Thaworn, soprannominato da Chiara 'Luce Ardente': “Non capivo nulla di cristianesimo e avevo paura ad entrare in una Chiesa, pensando a quella figura crocifissa. Chiara mi ha dato tanta sapienza indicandomi che la croce è la misura più alta dell’amore di Gesù”. In un’intervista, il sottosegretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, il thailandese mons. Andrew Vassanu, parla di un salto in avanti. Per la profondità degli interventi, per il clima di comunione che si è creato e che ha fatto crollare i muri di incomprensione dovuti spesso ad assenza di comunicazione. (A cura di Carla Cotignoli)

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    Indonesia: la Chiesa denuncia serie violazioni alla libertà religiosa

    ◊   L’Indonesia non è riuscita a garantire alla popolazione la libertà religiosa, come previsto anche dai decreti ministeriali numeri 8 e 9 del 2006 sul Dovere delle autorità locali di garantire il diritto e la libertà di adottare qualsiasi religione. In realtà la maggioranza islamica tiranneggia le religioni minoritarie. Questo è il duro monito di mons. Johannes Pujasumarta, vescovo di West Java e segretario generale della Conferenza episcopale indonesiana. Ieri sera il prelato, insieme ai leader di altri gruppi minoritari, ha incontrato il Parlamento indonesiano per rappresentare questa difficile situazione. Mons. Pujasumarta ha ricordato ai parlamentari le molte chiese cristiane e cattoliche incendiate o chiuse con la forza da gruppi islamici estremisti e come la maggioranza musulmana “pone in essere una forte pressione che crea seri problemi ai gruppi di minoranza ad attuare il diritto di praticare la propria fede religiosa”. Ha menzionato i più recenti “incidenti” a Belasi e Purwakarta in West Java e a Padang Lawas in Sumatra settentrionale, dove chiese sono state chiuse con la forza da gruppi estremisti islamici e dalle autorità locali insieme, con il pretesto che gli edifici erano stati costruiti senza autorizzazione. I decreti interministeriali numeri 8 e 9 del 2006 incaricano le autorità locali di garantire l’armonia interconfessionale. L’approvazione di questi due decreti - riferisce l'agenzia AsiaNews - era stata salutata, specie in ambienti cattolici, come una felice soluzione del problema dell’intolleranza religiosa. A distanza di anni, il vescovo ne ha constatato “la loro non applicazione”. All’incontro hanno partecipato gruppi protestanti, tra cui il Sinodo delle Chiese cristiane indonesiane e il Sinodo delle Chiese protestanti Huria Batak, che pure hanno testimoniato i frequenti attacchi subiti da parte di gruppi islamici radicali e il boicottaggio delle autorità, che non li proteggono e talvolta nemmeno rispondono alle richieste per il rilascio dell’autorizzazione. Anche loro chiese sono state chiuse, costringendo i fedeli a riunirsi sulla via. (R.P.)

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    Sarà un vescovo protestante l’avvocato della famiglia della ragazza cattolica uccisa in Pakistan

    ◊   Sarà il vescovo Timoteo Nasir, della Chiesa Presbiteriana in Pakistan, a guidare il team degli avvocati che seguono il caso di Shazia Bashir, la ragazza cattolica torturata, violentata e uccisa il 22 gennaio da un ricco avvocato musulmano di Lahore. Come apprende l'agenzia Fides dalla Chiesa locale, mons. Nasir è una eminente personalità nella comunità cristiana in Pakistan: è moderatore della Chiesa Presbiteriana Unita del Pakistan, è un canonista e un giurista, è rettore del Seminario teologico di Gujranwala, in Punjab, ed è un noto editorialista e difensore dei diritti delle minoranze religiose nel paese. La sua nomina è stata necessaria date le pressioni e le minacce ricevuta da altri avvocati cristiani, contattati dalla famiglia di Shazia e dalle organizzazioni che stanno seguendo il caso, nel procedimento a carico dell’avvocato Naeem Choudry, accusato di violenze e omicidio. Choudry è l’ex Presidente dell’Alta Corte di Lahore. E’ una personalità influente, con strette relazioni nell’esercito del Pakistan, nel governo del Punjab e nel partito della Pakistan Muslim League Nawaz. Nei giorni scorsi le associazioni e i sindacati degli avvocati lo hanno ampiamente difeso e discolpato. Vi sono state, inoltre, intimidazioni e minacce verso gli avvocati che avrebbero assunto le parti della difesa di Shazia Bashir. Alcuni medici a servizio della difesa dell’avvocato hanno già dichiarato che non vi erano segni di tortura o di stupro sul corpo della bambina: si teme che le stesse autorità del Punjab vogliano insabbiare il caso o manipolarlo per salvare l’avvocato Choudry. Le associazioni attive nella difesa dei diritti dei cristiani sono pronte a dare battaglia legale per “non lasciare che il caso di Shazia resti impunito” e “la presenza di una personalità di spessore come il vescovo Nasir a seguire il caso rappresenta una garanzia e una speranza per tutti”, rimarcano le fonti di Fides nella Chiesa pakistana. (R.P.)

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    Filippine: iniziata in un clima teso la campagna elettorale

    ◊   Corruzione, povertà, disoccupazione, sono questi i temi della campagna elettorale iniziata ieri nelle Filippine. Il prossimo 10 maggio oltre 50 milioni di persone voteranno per scegliere: presidente, vicepresidente, circa 300 deputati nelle due camere del Congresso e 17.600 politici locali. Queste sono le prime elezioni presidenziali dopo i 6 anni di governo della presidente uscente Gloria Arroyo. Per evitare i brogli che hanno caratterizzato le passate edizioni, le elezioni 2010 saranno anche le prime a godere di un sistema elettronico di conta dei voti. “I candidati devono iniziare la campagna avendo come scopo quello di servire la nazione – afferma mons. Angel Lagdemeo, arcivescovo di Jaro – e questo attraverso un’onesta e sincera educazione della popolazione in merito alla situazione del nostro Paese”. Il prelato si dice preoccupato per il rischio di violenze, intimidazioni e compravendita dei voti che da sempre caratterizzano il periodo elettorale. La campagna del 2010 - riferisce l'agenzia AsiaNews - inizia a pochi mesi dalla strage di Maguindanao avvenuta lo scorso 23 novembre, costata la vita a 57 sostenitori di Ishmael “Toto” Mangudadatu candidato governatore della Regione autonoma del Mindanao musulmano. Secondo i dati della polizia, sono già 63 i morti legati alle elezioni 2010. Il dato conferma il clima di tensione legato alla campagna elettorale già sperimentato nelle passate edizioni. Nel 2007 erano stati 121 i casi di omicidio durante la campagna per il rinnovo del congresso; 148 invece nelle elezioni presidenziali del 2004. “La gente è disgustata dall’attuale clima politico – afferma padre Carmelo Diola, direttore del Dilaab, fondazione contro la corruzione creata dalla Chiesa a Cebu city (Mindanao) - esso è caratterizzato da casi irrisolti di corruzione, brogli, frodi e omicidi”. “I filippini – continua – sognano una società libera, servita da leader responsabili”. Per aiutare la popolazione a prevenire i brogli e le intimidazioni la Chiesa ha creato il Parish Pastoral Council for Responsable Voting. In questi giorni oltre 45mila giovani volontari sono stati inviati nelle varie parrocchie del Paese che ospitano seggi elettorali. Oltre al controllo sulla conta dei voti, i volontati avranno il compito di illustrare alla gente le varie modalità di voto. (R.P.)

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    Dialogo a Mindanao: cristiani e musulmani impegnati per la pace

    ◊   “La pace a Mindanao parte del basso: occorre comunicare con la gente, informarla, renderla partecipe dei contenuti dell’accordo di pace”: lo dichiara all’agenzia Fides il padre Albert Alejo, responsabile esecutivo dei progetti “Consultazione a Mindanao” e “Dialogo su Mindanao”, promossi dalla “Conferenza dei vescovi e ulema” delle Filippine. Il primo progetto – una vera e propria “consultazione popolare” della gente della vasta isola del Sud delle Filippine – si è appena concluso. Padre Alejo ha presentato ufficialmente un rapporto con i risultati dell’indagine. Il rapporto traccia alcuni punti essenziali per costruire un accordo di pace: “La sincerità, per vincere la sfiducia della popolazione; la sicurezza per sconfiggere la paura; la sensibilità verso le ferite lasciate dal conflitto; la solidarietà per realizzare il desiderio di tutti a partecipare; la spiritualità, per il ruolo della fede e dei simboli religiosi; la sostenibilità per le istituzioni”. Il progetto della consultazione popolare è stato gestito in pieno accordo e a stretto contatto con l’Ufficio del Consigliere presidenziale per il processo di pace del governo filippino. Ora si apre la seconda fase, quella del “Dialogo su Mindanao”: “La consultazione – spiega padre Albert Alejo - sarà estesa a livello nazionale per informare la gente sui passi e sui contenuti del processo di pace. Finora i colloqui sono stati segreti e gli accordi calati dall'alto. Questa è la ragione principale del fallimento. Oggi si cambia strategia”. “La sfida più grande - sottolinea il gesuita - è l’informazione: se la gente conosce e comprende, allora tutto è più facile. La pace è possibile: non so se sarà tecnicamente possibile siglare un accordo prima delle elezioni, per evidenti motivi di carattere politico. Ma oggi anche i ribelli del Fronte islamico Moro lo vogliono”. “In questa fase – conclude padre Albert – la Conferenza dei vescovi e ulema è stata determinante: il ruolo dei leader religiosi è molto importante, perché godono della fiducia della gente più dei politici. Sono felice che cristiani e musulmani siano impegnati in questo percorso e spero che in futuro il loro impegno continui”. (A.L.)

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    La Chiesa vietnamita apre un centro per bambini sieropositivi

    ◊   L’arcidiocesi di Saigon, in Vietnam, ha aperto un centro specializzato per la cura di bambini affetti da Hiv e Aids conclamato. Il centro ospita fino a 60 malati, che hanno contratto il virus dai genitori. Il più piccolo ha sei mesi, il più grande 16 anni. Si tratta del "Mai Tam Warm Shelter", inaugurato agli inizi dell'anno dal cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Man che, già nel 2004, aveva promosso attività pastorali e sociali per persone contagiate dal virus. Durante la visita al centro – la cui costruzione è durata tre anni – il porporato ha regalato doni ai bambini. “Sapete qual è il simbolo del nuovo anno lunare?” ha chiesto agli ospiti del centro, a pochi giorni dal capodanno vietnamita che si festeggia il 14 febbraio. “La tigre” hanno risposto in coro i bambini. “Spero possiate essere forti come la tigre” ha aggiunto il porporato. Il cardinale Pham Minh Man ha ricordato anche i cinque giovani morti di Aids. Il più piccolo, Peter Nguyen Bao Kim Nguyen, aveva solo quattro mesi quando è morto. Il più grande, Joseph Diep Minh Tam di otto anni, è deceduto lo scorso 9 settembre dopo aver lottato tutta la vita contro la malattia. “Dio ha accolto i bambini in Paradiso… Per questo invito il popolo cristiano a prendersi cura e ad aiutare questi piccoli più sfortunati”. Il Mai Tam Warm Shelter – riferisce l’Agenzia Asia News - ospita 60 bambini. I loro sorrisi, i loro sguardi innocenti, la loro felicità – raccontano gli operatori – alle volte riescono a far dimenticare la loro terribile malattia. Secondo i dati forniti dal Comitato di prevenzione e controllo dell’Hiv/Aids di Ho Chi Minh City, alla fine del 2009 in Vietnam i sieropositivi erano 135.171. Tra questi, 29.134 i casi di Aids conclamato. Dal 1990 ad oggi sono morte 41.418 persone. Nel 2009 si è registrato un aumento dell’83% circa nei casi di contagio fra i 20 e i 39 anni. I più colpiti sono i maschi (82,17%). Lo scorso anno il numero dei bambini contagiati dalla madre si aggirava attorno ai 60 mila in tutto il Paese, ma solo il 7% circa del totale riceve cure mediche e aiuti. (A.L.)

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    Congo: nel Katanga oltre 170 donne ex combattenti assistite da un programma della Caritas

    ◊   Oltre 170 donne ex combattenti beneficiano di un programma di reinserimento nella società civile gestito dalla Caritas-Développement Congo a Kalemie, nella provincia del Katanga, nel sud-est della Repubblica Democratica del Congo. A queste si sono aggiunte altre 60 persone dei villaggi della zona. Il programma rientra nell’ambito del programma nazionale di disarmo, smobilitazione e reinserimento (DDR) degli ex membri dei diversi gruppi armati che agiscono nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Il progetto prevede l’alfabetizzazione delle beneficiarie, la loro formazione professionale, la custodia dei loro figli durante le attività scolastiche e di formazione, la sensibilizzazione delle comunità contro le violenze sessuali e l’aiuto all’avvio di piccole attività per rendere le donne economicamente autosufficienti. Tra le attività economiche proposte - riferisce l'agenzia Fides - vi sono agricoltura, allevamento, sartoria, panetteria, acconciatura e fabbricazione di sapone. Secondo il responsabile della Caritas di questo progetto, Boniface Nakwagelewi, tre mesi dopo il suo avvio, 118 donne si sono iscritte a 3 centri d’alfabetizzazione, mentre sono 187 i partecipanti ai corsi di “attività generatrici di reddito”. Le lezioni sono impartite in swahili e mirano a stimolare lo spirito imprenditoriale delle allieve. Accanto ai centri di formazioni sono stati creati 3 asili che accolgono 60 bambini, figli delle partecipanti ai corsi. La Caritas, insieme alla Commissione Giustizia e Pace della diocesi di Kalemie, promuove infine un’attività di sensibilizzazione contro la piaga delle violenze sessuali. (R.P.)

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    Togo: i francescani chiedono elezioni democratiche

    ◊   Un appello al governo attuale del Togo perché consenta “elezioni democratiche, per evitare i drammi del passato e le violazioni dei diritti umani”: è stato lanciato dalla Federazione internazionale dell’azione dei cristiani contro la tortura (Fiacat), dalla Ong dei francescani Franciscans international e dall’associazione francese Survie, che esprimono preoccupazioni in vista delle presidenziali del 28 febbraio. Le tre organizzazioni temono che gli atteggiamenti definiti “fraudolenti” da parte del partito al potere e il suo coinvolgimento “nell’organizzazione, controllo, osservazione e proclamazione dei risultati”, come pure “l’esacerbarsi della frattura sociale provocata da discorsi fondati sulle divisioni etniche” conducano alla contestazione dei risultati elettorali e a conseguenti violazioni dei diritti umani. Chiedono perciò al governo del Togo di “garantire ai candidati pari accesso ai mezzi ufficiali di informazione” e di “vietare ogni dichiarazione e comportamento che inciti alla violenza, all’ostilità, all’odio, alla discriminazione razziale, religiosa o etnica”. Si deve anche “assicurare il diritto all’informazione” permettendo a “giornalisti e osservatori nazionali e internazionali di partecipare al processo elettorale”. L’appello – riferisce il Sir - viene esteso anche all’Unione africana, alla Comunità degli Stati dell’Africa dell’Ovest, all’Ue e all’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite in Togo. (A.L.)

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    Iraq: il vescovo di Kirkuk invita i cristiani a votare nelle prossime elezioni

    ◊   “I cristiani vadano a votare. Bisogna avere il coraggio di far valere i propri diritti per il bene di tutto il Paese”. A poco meno di un mese dalle elezioni legislative del 7 marzo in Iraq, a lanciare un appello al voto è l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako. In un’intervista all'agenzia Sir, il presule caldeo considera il prossimo voto un importante banco di riscontro per i cristiani iracheni: “sono molte – dichiara - le sfide che ci attendono e alle quali dobbiamo far fronte come cristiani. Dobbiamo, per questo, unire le nostre forze. Divisi siamo deboli. Se vogliamo far valere i nostri diritti dobbiamo avere una sola voce. Non possiamo permetterci la dispersione di forze. Procedere con una visione unitaria, con un programma, con delle idee condivise, ci darà la forza per ottenere il riconoscimento dei nostri diritti e per avere la possibilità di continuare a vivere nel nostro Paese a pieno titolo”. “I cristiani devono andare a votare in massa – aggiunge - siamo chiamati ad impegnarci in politica per promuovere il bene comune e non gli interessi personali. Ai nostri fedeli cristiani spetta anche il dialogo con tutti quegli elementi moderati, laici, che operano in politica. È l'unico modo per garantirci un governo aperto e democratico, non in balia di gruppi fondamentalisti che propugnano un islam radicale che ci fa paura e ci preoccupa”. (R.P.)

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    Colombia: contatti della Chiesa con le cosiddette “bande emergenti” per favorire la pace

    ◊   Dopo un incontro, lunedì scorso, tra il presidente della Colombia Alvaro Uribe e alcuni rappresentanti della Conferenza episcopale, è stato annunciato che sarà la Chiesa a prendere contatto con le cosiddette “bande emergenti”, gruppi di ex paramilitari di destra, in passato militante delle Auc (Autodifese unite della Colombia ) con lo scopo di aprire una strada alla pacificazione. L’auspicato dialogo con questi gruppi, che tuttora operano in diverse regioni del Paese, secondo mons. Julio Cesar Vidal Ortiz, vescovo di Montería, è più che possibile “oltre che ad essere necessario, poiché loro stessi hanno dichiarato questa disponibilità all’avvicinamento e alla discussione”. In tal senso, ha precisato il presule, il presidente Uribe “ha dato il suo avallo affinché questi contatti possano continuare e dare dei frutti”. Per ora, si è detto, già ci sono stati i primi colloqui, seppure preliminari con due di queste bande di smobilitati dalle Auc: “Los Rastrojos” e “Los Paisas”. In passato questi contati erano stati scartati da parte del governo perché si diceva che queste bande in realtà avessero legami con il narcotraffico, come d’altra parte accade con i gruppi armati di sinistra delle Farc e Eln. La Chiesa colombiana, che certamente non ignora questo intreccio, anche perché in questo Paese tutto ciò che esiste e si muove fuori della legalità inesorabilmente rientra nella rete della produzione ed esportazione della cocaina, ritiene urgente la ricerca di alcuni accordi almeno di non-belligeranza allo scopo di abbassare il tasso di violenza. Nel caso specifico di queste “bande emergenti” è certo, secondo le autorità, che nel corso del 2009 sono rimaste coinvolte direttamente o indirettamente in almeno 600 omicidi; lo stesso si può affermare negli altri 40 che già si sono registrati dall’inizio del 2010 ad oggi. Mentre mons. Vidal Ortiz confermava che i primi contatti si trascinano da diversi mesi e che ora occorre dare un’accelerata al processo per il bene della Colombia e del suo popolo, mons. Jaime Prieto Amaya, vescovo di Cúcuta, ha spiegato che già sono all’opera gruppi di persone (denominate in gergo “motori”) che cercano di stabilire canali con queste bande note non solo per la loro natura violenta ma anche perché “mutanti”, e cioè capaci di camuffamenti molto astuti. “Noi, in quanto Chiesa, ha concluso al margine dei lavori dell’Assemblea plenaria dell’episcopato colombiano mons. Prieto Amaya, abbiamo il dovere, per la pace e il bene di questo nostro popolo, di contattare chiunque, paramilitari, guerriglieri, emergenti, mutanti, ecc. per lavorare da un’ottica pastorale in favore della pace e della riconciliazione”. (A cura di Luis Badilla)

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    La comunicazione nella cultura della solidarietà al centro della “Carta di Porto Alegre”

    ◊   “I processi di comunicazione, la cultura della solidarietà”. Riflettendo su questo tema, operatori della comunicazione, giornalisti, ricercatori e insegnanti hanno redatto la “Carta di Porto Alegre”. Il documento è stato presentato al termine dell’incontro di comunicatori cattolici tenutosi a Porto Alegre, in Brasile, e denominato “Mutirão de Comunicação América Latina e Caribe”. “Siamo comunicatori di solidarietà” e condividiamo “il dolore, le crisi, le gioie e le speranze dei nostri fratelli e sorelle”. “Per questo motivo e anche nell’attuale crisi di civiltà - si legge nel documento ripreso dall’Osservatore Romano – abbiamo il coraggio di pensare e sognare, alimentando l’utopia e la speranza”. Nelle sue linee portanti la Carta di Porto Alegre richiama ad uno sforzo comune per una comunicazione orientata al rispetto dell’inviolabile dignità della persona umana, alla solidarietà e alla costruzione della pace. I firmatari del documento si dicono “uniti nell’impegno della condivisione della responsabilità con i cittadini che si battono per la dignità, la giustizia e la difesa di una democrazia in grado di garantire libertà, giustizia e attenzione alle fasce più deboli della società”. Si tratta di un impegno sociale e politico per realizzare un sogno fondato sul ricco bagaglio culturale e religioso accumulato nel corso degli anni. “Un patrimonio – si legge nel documento – incarnato dai nostri popoli, soprattutto gli indigeni, i neri e gli immigrati che costituiscono una fascia di persone troppo spesso trascurata”. Questo ricco patrimonio, insieme con la vitalità dei movimenti ecclesiali e sociali, “è garanzia di un nuovo futuro e di speranza”. Alla luce del Vangelo e del magistero della Chiesa e in base alle personali conoscenze e sensibilità, i firmatari della Carta di Porto Alegre auspicano “una comunicazione liberata da ogni tipo di oppressione e discriminazione”. La Carta di Porto Alegre si conclude con un appello agli operatori della comunicazione, chiamati a rendere visibile la cultura della solidarietà, a porsi sempre dalla parte dei poveri, a favorire il dialogo per perseguire la pace e la giustizia. (A.L.)

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    Brasile: il cardinale Scherer invita i sacerdoti a incarnare la Parola

    ◊   Il Vangelo è una “comunicazione dinamica” che cambia la vita. L’incontro con Cristo salva e rende liberi. Il sacerdote deve assimilare la Parola di Dio e proclamarla agli altri con l’esempio. E’ quanto ha affermato l’arcivescovo di São Paolo, cardinale Odilo Pedro Scherer, rivolgendosi ad oltre 500 sacerdoti del Brasile in occasione del tredicesimo incontro nazionale dei presbiteri, promosso dalla Conferenza episcopale brasiliana. Il porporato ha sottolineato che l’appuntamento si è rivelato un momento privilegiato per “un rinnovamento della coscienza sacerdotale”: il sacerdote, costantemente alimentato dall’Eucaristia e dalla preghiera, deve “approfondire la Parola di Dio incarnandola nel mondo con la consapevolezza che il Verbo è dono da offrire agli altri nella carità e nella speranza”. Il dovere di ogni presbitero – ha aggiunto il cardinale Odilo Pedro Scherer – è di promuovere la lettura orante della Scrittura nelle famiglie, nelle comunità e nelle parrocchie. Il sacerdote non può prescindere, nella sua azione pastorale, dall’educare quanti “ignorano le verità fondamentali della fede”. Si tratta di una formazione permanente “personale e comunitaria” che, nella prospettiva della salvezza, diviene forza evangelizzatrice, testimonianza di una fede “che sa offrire ragioni della speranza” anche a chi è lontano da Dio. In occasione dell’incontro nazionale dei sacerdoti del Brasile a Itaci, il Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) ha inviato un messaggio ai partecipanti: “Nel contesto dell’Anno Sacerdotale - si legge nel documento ripreso dall’Osservatore Romano - noi benediciamo Dio per il dono della vita e per il dono del ministero dei sacerdoti mostrando loro il nostro sostegno fraterno ed esprimendo gratitudine per la generosa dedizione pastorale, specialmente verso i più deboli della società”. (A.L.)

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    Mons. Quevedo illustra il documento della Federazione dei vescovi dell'Asia

    ◊   E’ stato appena ultimato, e inoltrato alle diverse Conferenze episcopali dell’Asia, il documento finale della IX Assemblea plenaria della Fabc (Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia), tenutasi nell’agosto 2009, sul tema “Vivere l’Eucarestia in Asia”. In un colloquio con l’agenzia Fides, mons. Orlando Quevedo, arcivescovo filippino di Cotabato e Segretario generale della Fabc, ha illustrato i tratti essenziali del documento, approvato dal Comitato centrale della Federazione e frutto di un lungo lavoro di revisione e integrazione fra diversi contributi: “Si tratta di un documento che analizza le diverse parti della Celebrazione Eucaristica e che alla riflessione teologica aggiunge interessanti implicazioni e suggerimenti pastorali, validi per i diversi contesti dell’Asia”, nota l’arcivescovo. “Ad esempio, quando si parla dell’Atto Penitenziale, si pone l’accento sul bisogno di riconciliazione esistente nelle società e nelle comunità di diversi stati asiatici. O alla Presentazione dei doni, si ricorda l’urgenza del rispetto della creazione e della tutela dell’ambiente, che è parte della missione delle comunità cristiane in Asia”, spiega mons. Quevedo. “Il testo sarà utilizzato dai vescovi per la formazione dei sacerdoti, soprattutto in questo Anno Sacerdotale, per legare sempre meglio la spiritualità alla vita delle comunità, nei differenti contesti di un continente vasto e pluralista. Ma servirà anche per i catechisti e per i laici”, continua. E’ un testo “ricco di spunti per la fede, che non tralascia una necessaria riflessione sul dialogo con le culture e con le altre religioni, che rappresenta uno strumento importante per l’evangelizzazione in Asia”, conclude il Segretario generale della Fabc. La IX Assemblea Plenaria della Fabc è stata un importante momento di verifica e programmazione dell’azione della Chiesa in Asia. Si è tenuta a Manila, nelle Filippine, dal 10 al 16 agosto 2009. Vi hanno preso parte 66 vescovi, (fra i quali 6 cardinali) da 23 paesi asiatici (17 Conferenze episcopali e 6 nazioni associate alla Fabc). (R.P.)

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    Spagna: a Granada congresso teologico su "Cristianesimo, islam e modernità"

    ◊   La Cattedra andalusa per il dialogo delle religioni, istituita presso la Facoltà teologica di Granada, promuove da oggi al 12 febbraio nella stessa città spagnola, il suo secondo Congresso di Teologia, dedicato al tema “Cristianesimo, Islam e modernità”. Obiettivo dell’iniziativa è quello di riflettere intorno ai rapporti tra cristiani e musulmani nel contesto della modernità per promuovere quell’atteggiamento di ascolto e di accoglienza che rende possibile il dialogo e l’incontro. Nelle intenzioni dei promotori, il dibattito si svilupperà attorno ad una duplice linea di riflessione: determinare, da una parte, l’analisi e le posizioni di cristiani e musulmani di fronte alle grandi questioni del momento attuale e individuare e articolare le domande che i cristiani vorrebbero porre ai musulmani e i musulmani ai cristiani, in un clima di libertà, chiarezza e rispetto reciproco. Il convegno si apre nel pomeriggio di oggi sull’interrogativo: “Dobbiamo aver paura dell’Islam?”, che dà il titolo alla prolusione del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Tra gli altri oratori del Congresso, mons. Adolfo González Montes, vescovo di Almería, e presidente della Commissione episcopale spagnola per i rapporti interconfessionali interverrà su “Cristianesimo, illuminismo, laicismo: ragione e fede davanti alla rivelazione trascendente”. A formulare quesiti ai cristiani, dalla prospettiva musulmana, sarà il prof. Abdellatif Felk, dell’Università Mohammed V di Rabat (Marocco), mentre il prof. Santiago del Cura Elena, della Facoltà Teologica della Spagna settentrionale, “interrogherà” i fedeli musulmani secondo l’ottica cristiana. All’interno dei lavori è inoltre prevista in ognuna delle tre serate una Conferenza aperta alla cittadinanza, in cui verranno esposte alcune delle tematiche e delle piste di dibattito aperte dal Convegno stesso. (M.V.)

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    Taiwan: Lettera pastorale 2010 della Conferenza episcopale

    ◊   Continuare a mantenere vivo lo spirito della celebrazione dei 150 anni dell’evangelizzazione di Taiwan, l’Anno Sacerdotale e l’impegno per la protezione dell’ambiente e la salvaguardia del Creato sono i tre temi principali che la Conferenza episcopale regionale di Taiwan ha sottolineato nella Lettera pastorale 2010 intitolata “Prendere il largo, animare l’evangelizzazione”. Pubblicata con la data del Capodanno cinese, la lettera, di cui riferisce l’agenzia Fides, sottolinea: “ci sono ancora tante persone che hanno bisogno di conoscere il Vangelo di Cristo. Essere cristiani taiwanesi significa essere predicatori del Vangelo, ci si deve preoccupare della propria spiritualità, di migliorare le conoscenze del catechismo, della Sacra Scrittura, della teologia”. Un particolare invito è poi rivolto ai sacerdoti, in occasione dell’Anno Sacerdotale che si sta celebrando in tutto il mondo: “Auspichiamo che i nostri sacerdoti e pastori avanzino ulteriormente nella santità e nell’intelligenza” perché “portino la speranza in una società che desta motivi di preoccupazione”. Infine i vescovi invocano “l’intercessione di Maria, tenerissima Madre, per tutte le nostre necessità”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    L’Ue condanna l’attacco alle ambasciate a Teheran. Obama parla di sanzioni all’Iran sul nucleare

    ◊   Forte condanna dell'Unione Europea per l’attacco di ieri a Teheran, in particolare contro l'ambasciata italiana. L’ha espressa il portavoce dell'alto rappresentante della Politica estera europea, Catherine Ashton. Le ha fatto eco l’europarlamento, che ha approvato una risoluzione nella quale chiede alle autorità di Teheran di garantire “la sicurezza delle missioni diplomatiche”. I momenti di tensione, senza danni, durante le manifestazioni di ieri contro alcune ambasciate europee hanno chiuso una giornata cominciata con l’annuncio dell’Iran sull'arricchimento dell'uranio al livello di purezza del 20 per cento, ritenuta una provocazione. E il presidente Usa, Barack Obama, e poi anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, parlano di "tempo delle sanzioni". Il servizio di Fausta Speranza:

    La comunità internazionale ha “fatto i salti mortali” per portare l'Iran a un “dialogo costruttivo” sul nucleare, ora il “prossimo passo” sono le sanzioni. Così, Obama avverte Teheran che la pazienza degli Stati Uniti per una risposta all’apertura al dialogo sta finendo. E di "tempo delle sanzioni" ha parlato stamane anche il ministro degli Esteri italiano, sottolineando che l’Europa non si dividerà su questo tema. Ci sono poi le dichiarazioni botta e risposta delle ultime ore tra Roma e Teheran, conseguenza delle manifestazioni di ieri contro l’ambasciata italiana: sono stati 20 minuti di tensione, con diverse decine di attivisti fondamentalisti che hanno scandito slogan di "morte all'Italia" e "morte a Berlusconi" e lanciato qualche pietra e uova. Il tutto mentre veniva reso noto che l'ambasciatore italiano in Iran, Alberto Bradanini, era stato convocato nei giorni scorsi al Ministero degli esteri a Teheran per una protesta ufficiale realtiva alle parole pronunciate dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante la visita in Israele, la settimana scorsa. Il premier, tra l’altro, aveva sottolineato “il dovere di sostenere e aiutare l'opposizione” nella Repubblica islamica. Ma ad essere presa di mira ieri non è stata solo l'ambasciata italiana. Gli stessi manifestanti hanno sostato anche davanti ad altre sedi diplomatiche europee: quella francese, quella tedesca e quella olandese. I Paesi europei sono colpevoli, agli occhi dei manifestanti, di opporsi ingiustamente al programma nucleare iraniano e di sostenere l'opposizione al presidente Ahmadinejad. Ma in tema di Iran bisogna dire che sul fronte interno, il capo della polizia, Esmail Ahmadi-Moqaddam, ha avvertito che domani saranno impedite manifestazioni dell'opposizione, nel 31.mo anniversario della rivoluzione, e ha detto che alcune persone che cercavano di organizzare raduni di protesta sono già state arrestate. “Ogni complotto sarà vanificato”, ha affermato Ahmadi-Moqaddam, citato dall'agenzia Fars.

     
    Sale a 160 il numero dei morti per le valanghe in Afghanistan
    È pesante il bilancio delle vittime delle valanghe in Afghanistan. Finora, sono stati recuperati almeno 160 cadaveri. A riferirlo è stato il governatore della provincia di Parwan, Abdul Basir Salangi. Una serie di slavine ha ostruito, tra lunedì scorso e ieri, il tunnel dell’autostrada che collega Kabul al nord del Paese, all’altezza del passo di Salang, bloccando oltre duemila persone a 3.400 metri di quota. Di fronte alla gravità della situazione, il governo italiano, attraverso l’Ufficio per la Cooperazione allo sviluppo dell’ambasciata d’Italia a Kabul, ha disposto un piano di consegna di medicinali all’ospedale Esteqlal della capitale afghana, dove sono arrivati numerosi feriti tratti in salvo dalle squadre di soccorso.

    Valanga anche in Pakistan: morti 8 soldati
    Otto soldati pakistani sono morti la notte scorsa quando una valanga ha investito l'accampamento militare in cui si trovavano a ridosso del ghiacciaio Siachin, al confine con l'India. Lo riferisce oggi GEO Tv. Il contingente era intento, a 6.000 metri di quota, a scaricare rifornimenti da alcuni veicoli, quando è stato investito dalla valanga nel settore di Bevan. Storicamente, la zona del ghiacciaio Siachin è considerato il campo di battaglia più alto del mondo, dove militari di India e Pakistan si scontrano regolarmente dal 1984. Alle vittime, ha reso noto l'esercito, saranno resi gli onori militari in una cerimonia funebre.

    Crisi: sciopero generale in Grecia e videoconferenza tra ministri delle finanze Ue
    Oggi, in Grecia, sciopero generale di 24 ore indetto dal settore pubblico per contestare la politica economica del governo. E la Grecia è al centro dell’attenzione dell’Unione europea: i ministri delle Finanze della zona euro si consulteranno oggi pomeriggio in videoconferenza sul sostegno che Bruxelles può dare al governo di Atene. Il Paese si trova ad affrontare una crisi finanziaria senza precedenti, dovuta al debito stratosferico che ha raggiunto una quota pari a 294 milioni di euro e ad un rapporto deficit/pil schizzato ben oltre il limite del 3% fissato dal Patto di stabilità e di crescita. Ieri, il commissario Ue, Joaquin Almunia, ha ribadito che l’Unione Europea non intende chiedere l’intervento del Fondo monetario internazionale (Fmi). Domani, la situazione greca sarà discussa dai leader Ue e dal presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet.

    Italia - appalti G8, il capo della protezione civile annuncia le dimissioni
    Il capo della Protezione civile italiana, Guido Bertolaso, ha presentato le dimissioni, dopo che questa mattina era stato arrestato Angelo Balducci, attualmente presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici ed ex vice capo della Protezione civile. Da parte sua, il presidente del Consiglio, Berlusconi, afferma di respingere le dimissioni. La decisione di Bertolaso si inquadra nell’ambito dell’inchiesta riguardante gli appalti per il G8 che si sarebbe dovuto tenere lo scorso luglio alla Maddalena, in Sardegna. Per ospitare l’incontro internazionale, sono stati spesi in meno di un anno fondi pubblici pari a 327 milioni di euro. Le ipotesi di reato sono concorso in corruzione e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Gli interventi realizzati sono stati più volte oggetto di polemiche, anche se Guido Bertolaso, iscritto anche lui nel registro degli indagati nell’ambito della stessa inchiesta, ha sempre difeso l’operazione. L’indagine della Procura fiorentina è partita da un’intercettazione telefonica disposta per un’altra inchiesta, relativa all’urbanizzazione dell’area di Castello, di proprietà dell’imprenditore Salvatore Ligresti. Questi è indagato assieme al suo braccio destro, Fausto Rapisarda, agli ex assessori comunali, Graziano Cioni e Gianni Biagi, e a due architetti. Proprio uno di questi ultimi, Marco Casamonti, è l’anello di congiunzione con Balducci, attuale presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Casamonti, titolare dello studio Archea, è uno dei progettisti dell'hotel a cinque stelle che alla Maddalena avrebbe dovuto ospitare i capi di Stato e di governo. Intanto, la Protezione civile, la cui sede romana è oggetto di una perquisizione che ha portato al sequestro di alcuni documenti relativi al G8, ha precisato che Balducci non è mai stato un suo dirigente, ma solo attuatore, poi sostituito, delle opere per il G8 alla Maddalena.

    Risultati ufficiali in Ucraina: a Ianukovich il 48,95% dei voti, a Timoshenko il 45,47
    Si è concluso lo spoglio dei voti nel ballottaggio per le presidenziali ucraine: il leader filorusso, Viktor Ianukovich, ha conquistato il 48,95% dei voti, contro il 45,47% della rivale, Iulia Timoshenko. Lo annuncia la Commissione elettorale centrale.

    Shuttle attraccatoLa navetta spaziale americana Endeavour è attraccata come previsto alla Stazione spaziale internazionale (Iss). Lo ha reso noto la Nasa.

    Emergenza cibo in Corea del Nord
    Rischia di peggiorare ulteriormente, durante il 2010, la situazione alimentare della Corea del Nord. Secondo una proiezione diffusa dal Ministero sudcoreano per l’unificazione, in base all’analisi dei dati forniti in passato da Pyongyang, in rapporto alle condizioni climatiche rilevate lo scorso anno nel Paese, il calo di produzione quest’anno è da ipotizzare intorno alle 200 mila tonnellate nette. L’emergenza cibo nel Paese comunista è stata indirettamente confermata dallo stesso dittatore Kim Jong-il, che, in una sua recente uscita pubblica, ha promesso “riso bianco, pane e tagliolini in quantità generosa”, per liberare così il suo popolo dalla fame. Quella della Nord Corea è una delle economie più disastrate del pianeta e la crisi alimentare ha avuto origine dalla grande carestia che colpì il Paese tra il 1995 ed il 1998, causando circa tre milioni di morti. Per avere idea della drammatica situazione in cui versa la popolazione nordcoreana, basti pensare che nel 2008 la Corea del Nord ha prodotto solo 1,9 tonnellate di riso, per una popolazione di 24 milioni di abitanti, mentre la Corea del Sud, che ha circa 50 milioni di abitanti, ne ha prodotte ben 4,8 milioni. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Federico Catani)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 41

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