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Sommario del 06/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al nuovo ambasciatore del Guatemala: lottare contro povertà e corruzione, difendere vita, famiglia e democrazia
  • Ripensare il modello di sviluppo basato su profitto e individualismo: così il Papa nell'udienza all'Acea
  • Altre udienze e nomine
  • La crisi economica mondiale alla luce della “Caritas in veritate”: intervista con il prof. Gotti Tedeschi, presidente dello Ior
  • Congresso di Merida su salute, vita e famiglia: la testimonianza del cardinale Antonelli
  • I 90 anni dell'Apostolato del Mare: intervista con mons. Marchetto
  • Uguaglianza e libertà: l’editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Intervista con Yves Gazzo, capo delegazione Ue presso la Santa Sede
  • Obama: accordo Londra-Belfast, passo storico verso la pace
  • Cento anni fa moriva il Beato Alfonso Maria Fusco fondatore delle Suore Battistine
  • Domani il secondo corso del Carnevale di Viareggio: la riflessione di mons. Castellani
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Haiti: slitta la riapertura delle scuole. Iniziata la campagna di vaccinazioni
  • Orissa: i sopravvissuti alle violenze anticristiane chiedono giustizia all’Ue
  • Pakistan: minacce per chi vuole difendere la 12enne cristiana uccisa a Lahore
  • La Chiesa srilankese chiede la liberazione di migliaia di giovani tamil
  • Leader religiosi di 4 Paesi dell’Africa centrale disposti a mediare con i ribelli ugandesi
  • Preoccupazione dei missionari per l’ennesima operazione militare nell’est del Paese
  • Sul mensile “Shalom” il commento del cardinale Bertone alla visita del Papa in Sinagoga
  • Ucraina: messaggio dei leader religiosi per il ballottaggio di domani
  • Spot pro-vita durante il Super Bowl: gli Usa si interrogano sull’aborto
  • Egitto: finito il restauro di uno dei più antichi monasteri cristiani al mondo
  • Brasile: iniziativa della Chiesa contro la corruzione elettorale
  • I risultati del viaggio in Europa della Campagna "Oparà" degli indigeni brasiliani
  • Ecuador: si celebra il centenario della nascita di mons. Proaño, vescovo di Indios e poveri
  • Sri Lanka: fedeli cristiani e contadini piangono la scomparsa di padre Stefanizzi
  • Cina: i cattolici dell'He Bei promuovono il matrimonio cristiano in vista del Capodanno nazionale
  • Nella diocesi cinese di Lanzhou un corso di studi biblici e formazione alla fede
  • Taiwan: 60 anni di missione a Taiwan per la Legio Mariae
  • Milano: il cardinale Tettamanzi chiede alla politica più che facce nuove, persone serie
  • Si attiva lunedì il sito ufficiale italiano della Gmg di Madrid 2011
  • 24 Ore nel Mondo

  • Gli Stati Uniti "gelano" l'Iran: nessun accordo sul nucleare a breve
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al nuovo ambasciatore del Guatemala: lottare contro povertà e corruzione, difendere vita, famiglia e democrazia

    ◊   Lotta alla povertà e alla corruzione, difesa della vita e della famiglia, promozione della democrazia: sono i temi forti affrontati stamani da Benedetto XVI nell’udienza al nuovo ambasciatore del Guatemala, Alfonso Alberto Matta Fahsen, ricevuto per la presentazione delle Lettere credenziali. Il Papa ha inoltre rivolto il pensiero a quanti soffrono a causa della terribile siccità, che ha colpito il Paese centroamericano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il rafforzamento democratico e la stabilità politica, ha affermato il Papa, sono “imprescindibili” per l’avanzamento di “un autentico sviluppo integrale della persona che si rifletta in maniera positiva in ogni ambito della società”. La Chiesa locale, ha soggiunto, nel rispetto degli ambiti che le sono propri, si impegna a promuovere il bene comune di tutta la società guatemalteca, “che deve rivolgere un’attenzione speciale ai più svantaggiati”. In tale contesto, il Papa ha rivolto il pensiero a quanti “soffrono per le conseguenze degli eventi climatici” che “contribuiscono ad aumentare la siccità e favoriscono la perdita del raccolto, generando denutrizione e povertà”. Il Papa ha manifestato la sua vicinanza spirituale a quanti si trovano in difficoltà a causa di tale calamità naturale, ringraziando al tempo stesso quanti stanno facendo il possibile per mitigare la carestia.

     
    “Far sì che tutti possano disporre del cibo necessario – ha ribadito – è un diritto fondamentale della persona” e dunque deve essere un obiettivo prioritario. Di qui l’invito a lavorare affinché i più vulnerabili, e specialmente i bambini, abbiano una adeguata alimentazione. I valori umani ed evangelici, come l’amore per la famiglia e la fede in Dio, ha evidenziato il Pontefice, rappresentano i veri motivi di speranza per il futuro del Guatemala. Da questo patrimonio spirituale, ha detto ancora, i guatemaltechi possono trovare le forze necessarie “per contrastare quei fattori che deteriorano il tessuto sociale guatemalteco come il narcotraffico, la violenza” e ancora “l’insicurezza, l’analfabetismo, le sette o la perdita di riferimenti morali nelle nuove generazioni”.

     
    Il Papa ha definito lungimirante la Costituzione guatemalteca che garantisce la vita umana dal concepimento alla morte naturale. Ed ha esortato i rappresentanti del popolo e le istituzioni legislative “a mantenere e rafforzare questo elemento base della cultura della vita”, che contribuirà senza dubbio a “nobilitare il patrimonio morale dei guatemaltechi”. Ed ha incoraggiato gli sforzi che si stanno compiendo in Guatemala “per consolidare le garanzie di un vero Stato di diritto”.“Questo processo - ha osservato il Papa - deve essere accompagnato da una ferma determinazione” che nasce dalla conversione personale “per eliminare qualsiasi forma di corruzione nelle istituzioni e amministrazioni pubbliche”. Al contempo, il Pontefice ha auspicato una riforma della giustizia “per applicare in modo giusto le leggi” e “per sradicare la sensazione di impunità” nei confronti di chi commette delle violenze o disprezza i diritti umani. Infine, Benedetto XVI ha ricordato che nel 2011 si celebrerà il 75.mo anniversario delle relazioni tra Guatemala e Santa Sede, un’importante occasione per dare nuovo impulso alla cooperazione tra Chiesa e Stato guatemalteco.

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    Ripensare il modello di sviluppo basato su profitto e individualismo: così il Papa nell'udienza all'Acea

    ◊   Ripensare il modello di sviluppo, basato soprattutto sul profitto e su una cultura individualista, per rimettere al centro la persona e il bene comune: è l’invito rivolto dal Papa, durante l’incontro, in Vaticano, con i dirigenti e il personale dell'Acea, l’Azienda comunale energia e ambiente, che da poco ha concluso le celebrazioni per i cento anni di fondazione. Benedetto XVI ha espresso la propria gratitudine al presidente dell'Acea, Giancarlo Cremonesi, per il dono di un volume dedicato all’applicazione al mondo dell’impresa dei principi della Caritas in veritate, edito dalla Libreria Editrice Vaticana in collaborazione con l’Ucid, l’Unione cristiana imprenditori dirigenti, nella collana “Imprenditori per il bene comune”. Presenti all'incontro anche i membri del direttivo nazionale dell'Ucid e l’arcivescovo emerito di Palermo, cardinale Salvatore De Giorgi, consulente ecclesiastico nazionale dell'associazione. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il Papa rievoca il referendum del 20 settembre 1909, allorché i cittadini romani scelsero che l’illuminazione pubblica e i trasporti collettivi fossero municipalizzati. Da quel giorno – ha detto – l’Acea è cresciuta insieme a Roma per “garantire i servizi essenziali a fasce sempre più estese di cittadini, in quartieri nuovi, spesso cresciuti in maniera caotica e abusiva, in una città che cambiava e si espandeva a dismisura”. La celebrazione del centenario – ha proseguito – “giunge al termine di un periodo denso di difficoltà, caratterizzato da una grave crisi internazionale che ha portato il mondo a ripensare un modello di sviluppo basato soprattutto sulla finanza e sul profitto, per orientarsi a rimettere al centro dell’azione dell’uomo la sua capacità di produrre, di innovare, di pensare e costruire il futuro”:

     
    “Come sottolineavo nell’Enciclica Caritas in veritate, è importante che cresca la consapevolezza circa la necessità di una più ampia ‘responsabilità sociale’ dell’impresa, che spinga a tenere nella giusta considerazione le attese e i bisogni dei lavoratori, dei clienti, dei fornitori e dell’intera comunità, e ad avere una particolare attenzione verso l’ambiente (cfr n. 40). In questo modo la produzione di beni e servizi non sarà legata esclusivamente alla ricerca del profitto economico, ma anche alla promozione del bene di tutti”.

     
    Il Papa ha poi espresso il proprio apprezzamento per l’impegno dell’Azienda nel tutelare l’ambiente attraverso la gestione sostenibile delle risorse naturali, la riduzione dell’impatto ambientale e il rispetto del creato:

     
    “E’ però ugualmente importante favorire un’ecologia umana, che sia in grado di rendere gli ambienti di lavoro e le relazioni interpersonali degne dell’uomo. Vorrei, a questo proposito, ribadire quanto ho affermato nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, auspicando ‘l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita’ (n. 9)”.

     
    “Anche a Roma, come in ogni grande Città – ha aggiunto Benedetto XVI - si avvertono gli effetti di una cultura che esaspera il concetto di individuo”:

     
    “Spesso si vive chiusi in se stessi, ripiegati sui propri problemi, distratti dalle tante preoccupazioni che affollano la mente e rendono l’uomo incapace di cogliere le semplici gioie presenti nella vita di ciascuno. La custodia della creazione, compito affidato dal Creatore all’umanità (cfr Gen 2,15), implica anche la custodia di quei sentimenti di bontà, generosità, correttezza e onestà che Dio ha posto nel cuore di ogni essere umano, creato a sua ‘immagine e somiglianza’ (cfr Gen 1,26)”.

     
    Il Papa invita a guardare a “Cristo, l’uomo perfetto, a prendere sempre come esempio il suo agire, per poter crescere in umanità, e così realizzare una Città dal volto sempre più umano, nella quale ognuno è considerato persona, essere spirituale in relazione con gli altri”.

     
    Infine, Benedetto XVI ha manifestato due apprezzamenti all’Acea: per il progetto di collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, che si propone l’obiettivo di rispondere all’urgenza di acqua e di energia in alcuni Paesi in via di sviluppo; e per l’illuminazione dei monumenti che rendono Roma unica al mondo. In particolare ha ricordato per quanto fatto per l’80.mo anniversario della fondazione dello Stato della Città del Vaticano:

     
    “Anche numerose Chiese, ad iniziare dalla Basilica di San Pietro, sono valorizzate da sapienti giochi di luce che mettono in risalto quanto l’uomo ha saputo realizzare per manifestare la propria fede in Cristo, ‘la luce vera, quella che illumina ogni uomo’ (Gv 1, 9)”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Michele Giordano, arcivescovo emerito di Napoli, e mons. Kurt Koch, vescovo di Basilea; questo pomeriggio riceverà il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in São Tomé e Príncipe mons. Novatus Rugambwa, finora sotto-segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Tagaria, con dignità di arcivescovo. Mons. Novatus Rugambwa è nato a Bukoba (Tanzania) l'8 ottobre 1957. È stato ordinato sacerdote il 6 luglio 1986.Si è incardinato a Bukoba. È laureato in Diritto Canonico. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il primo luglio 1991, ha prestato successivamente la propria opera nelle rappresentanze pontificie in Panama, Repubblica del Congo, Pakistan, Nuova Zelanda e in Indonesia. È stato nominato sotto-segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, il 28 giugno 2007. Conosce il kiswahili, l’inglese, l’italiano, il francese, lo spagnolo e il tedesco.

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    La crisi economica mondiale alla luce della “Caritas in veritate”: intervista con il prof. Gotti Tedeschi, presidente dello Ior

    ◊   A poco più di sei mesi dalla pubblicazione della "Caritas in veritate" di Benedetto XVI, il prof. Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, traccia un bilancio dell'Enciclica per il settimanale informativo "Octava Dies" del Centro Televisivo Vaticano. L'intervista è di Alessandro Di Bussolo.

    D. Professor Gotti Tedeschi, il Papa nell’Enciclica “Caritas in veritate”, dice che non c’è vera crescita se crolla la natalità e manca il rispetto per la vita, ricordando che non si può considerare “l’aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo”. Si può dire allora che la crisi sia frutto di una crescita drogata e non più sostenibile con questi bassi livelli di natalità?

     
    R. – L’origine vera della crisi - io personalmente su questo non ho dubbi – è il crollo della natalità nei Paesi occidentali. Negli anni ’75 le teorie cosiddette dei neo-malthusiani predissero che se il tasso di popolazione fosse continuano a crescere come era cresciuto negli ultimi anni – intorno cioè al 4-4.5 per cento - prima del Duemila, milioni di persone sarebbero morte di fame, soprattutto in Asia e in India. Questo già la dice lunga sulle capacità previsionali che riguardano l’uomo fatte da sedicenti sociologi-economisti. Nel mondo cosiddetto emergente o Terzo, Quarto mondo, siccome non sapevano leggere i libri sulla bomba demografica, hanno continuato tranquillamente a far figli, hanno anzi migliorato le loro condizioni di vita grazie alla sanità, alla migliore alimentazione e così via? Nel mondo occidentale, invece, il tasso di sviluppo della popolazione crolla, da un 4-4.5 per cento degli anni ’75, ad uno zero per cento. Lo zero per cento di tasso di crescita della popolazione non vuol dire che non si fanno figli, ma vuol dire che si fanno 2 figli a coppia. Allora cosa succede se la popolazione non cresce? Teoricamente la popolazione deve accettare una austerità, che è legata al fatto che non nascendo le persone - non è che restando uguale il numero della popolazione, resta inalterata anche la sua struttura - la sua struttura cambia. E questo perché crollando le nascite, ci sono meno persone giovani che entrano nel mondo del lavoro produttivamente e ci sono molte più persone anziane che escono dal sistema produttivo e diventano un costo per la collettività. In pratica: se la popolazione non cresce, i costi fissi di questa struttura economica e sociale aumentano, quanto drammaticamente dipende da quanto è evidentemente squilibrata la struttura della popolazione e quant’è la sua ricchezza. I costi fissi però aumentano: aumentano i costi della sanità e aumentano i costi sociali. Non solo: non si possono più diminuire le tasse. C’è poi un altro fenomeno che impatta grazie al non tasso di crescita delle popolazione nell’economia, ed è il crollo del risparmio. I giovani che non hanno lavoro spostano il ciclo di accumulazione del risparmio di anni; le famiglie non si formano; molto spesso non si formano famiglie con un certo numero di impegni nei confronti dei figli, cosicché il risparmio si estingue. A questo punto quando il crollo dello sviluppo del mondo occidentale è dovuto alla non natalità diventa un fatto preoccupante. Ci si inventa il tentativo di compensare questo crollo dello sviluppo attraverso attività finanziarie e quindi anzitutto con la delocalizzazione – si cerca di trasferire tutte quelle produzioni in Asia, per riportarle al nostro interno a costi minori; e con una maggior produttività, ma la maggior produttività ha dei limiti. Il sistema incomincia a crescere grazie all’indebitamento delle famiglie. Chiunque può aumentare il suo prodotto interno lordo. Se io ho un prodotto interno lordo di 100 e voglio andare a 120-130, questo è facilissimo se una banca mi finanzia per 20 o per 30. Ma quello è un prodotto interno lordo non sostenibile sul lungo termine, perché io devo garantire di poterlo pagare. Le faccio un esempio: negli ultimi 10 anni, il tasso di indebitamento delle famiglie americane, già abbastanza alto (che era il 68 per cento del prodotto interno lordo nel 1998 circa) dal 68 per cento passa nel 2008 al 96 per cento del prodotto interno lordo, aumenta cioè di 28 punti. Se lei prende 28 punti percentuali di crescita su 10 anni e lo divide per 10 anni, ha una media del tasso di crescita del 2.8 per cento all’anno dovuto esclusivamente al consumismo a debito delle famiglie americane. In pratica, questa è stata l’origine della crisi, fino poi ad arrivare agli eccessi dei cosiddetti subprime. L’origine per cui lo strumento finanziario, la leva a debito, l’espansione del credito è stata fatta è per compensare il tasso di crescita dello sviluppo dell’economia legato al fatto che non nascevano figli.

     
    D. - Gli ultimi interventi del presidente statunitense Obama contro il gigantismo delle banche, il ritorno dei superbonus ai manager… Lei crede che le opportunità di cambiamento legate alla crisi non sono state colte o c’è ancora tempo per recuperare i principi dell’etica sociale nell’economia?

     
    R. – Anzitutto ritengo che si sia esagerato nell’incolpare i banchieri e i finanzieri dell’origine della crisi. L’origine della crisi non è nelle banche e nella finanza. Le banche e la finanza hanno concorso ad aggravare la crisi nelle sue origini, cercando di compensare dei problemi che erano stati generati precedentemente e cioè il crollo dello sviluppo economico, che si è cercato di camuffare attraverso l’uso di strumenti finanziari. Se posso addirittura, quindi, essere molto polemico, dirò che più che i banchieri hanno avuto responsabilità alcuni governanti, che hanno stimolato, supportato e giustificato quell’espansione creditizia che venne utilizzata per sostenere un tasso di crescita che è stato riconosciuto essere fittizio. Il debito totale dei governi, delle famiglie, delle istituzioni finanziarie e delle istituzioni non finanziarie e di quelle industriali, oggi deve essere sgonfiato. Sgonfiamento vuol dire che prenderà fra i 5 e i 7 anni, in Paesi maturi come l’Europa e gli Stati Uniti, per potersi ridimensionare, per poter ritornare a dei criteri accettabili. Questo significa che per 5-7 anni abbiamo di fronte a noi delle scelte di strategia economico-finanziaria che non sono molto eccitanti. Nel senso che se non vogliamo dichiarare alcune bancarotte - e qualche piccolo Stato può poterla dichiarare - non dimentichiamo l’Argentina; se non vogliamo inflazionare questo debito e, quindi, ridurlo attraverso una accelerazione dell’inflazione, che penalizzerebbe tutti; se non abbiamo grandi opportunità di shock, come qualche economista o banchiere ogni tanto richiama - non vedo quali shock potremmo avere, forse le biotecnologie o una nuova Silicon Valley – c’è soltanto un modo per ricostituire un equilibrio economico-finanziario, che si chiama austerità.

     
    D. – Nella sua enciclica, Benedetto XVI insiste sulla necessità di guidare la globalizzazione, con un “orientamento culturale personalista e comunitario”, chiedendo di istituire “un grado superiore di ordinamento internazionale”. Sono obiettivi che possono entrare presto nell’agenda politica mondiale?

     
    R. - Se l’uomo non ha un pensiero forte che lo aiuti a capire cosa vuol dire dare un senso ad uno strumento delle dimensioni e dell’importanza della globalizzazione, finirà che la globalizzazione si impossesserà dello stesso pensiero. Se non è il pensiero a determinare il comportamento, sarà il comportamento ad influenzare il pensiero. Perché non è facile? Perché noi stiamo globalizzando varie culture, molto diverse. Prendiamo le tre grandi aree, prescindo poi da quelle minori. La grande area nord americana, da un punto di vista della cultura è protestante americana, molto liberal, molto aperta, molto liberista, molto determinata, però con una capacità di comportamento che ogni tanto può sorprendere noi europei, che siamo sempre abituati a domandarci se quello che facciamo è bene o è male, magari perdendo anche un po’ tempo. Loro magari esagerano un poco nell’attivismo, nel decisionismo, per poi pentirsi successivamente. Quindi, già il modello americano ha una visione culturale di come si fanno le cose che non è quello europeo. Andiamo all’Asia: pensiamo soltanto che in Asia abbiamo già una Cina e un’India, che sono dominanti. Che cultura religiosa ha la Cina? Qual è l’educazione cinese? C’è un po’ di confucianesimo, un po’ di buddismo e un po’ di maoismo, mixato tutto insieme. Allora, cos’è per loro dire la verità, mantenere la parola, il senso del dovere, il senso dell’obbedienza? E’ il nostro? Non lo so. E poi ci sono due Paesi emergenti - l’America Latina la lascerei da parte – ma ce n’è uno che preoccupa di più, in questo scenario internazionale, che è l’Africa. L’Africa che noi ex colonialisti europei abbiamo sempre disdegnato, l’abbiamo sempre considerata un qualcosa da utilizzare secondo l’occorrenza, per poi aiutarla anche a crescere, perché gran parte della crescita intellettuale dell’Africa è dovuta al fatto che il buon colonialismo europeo ha dato anche tanti valori: i Paesi che sono stati colonizzati sono quelli che si sono evoluti prima, senza nessun dubbio. Però oggi l’Africa sta per essere conquistata dai cinesi, da due punti di vista: come risorse e materie prime e come manodopera. L’africano sta diventando la manodopera a basso costo del cinese. Ma il cinese ha la stessa visione dell’uomo che abbiamo noi? Queste sono le grandi domande, che secondo me il Pontefice si sta ponendo. Ecco perché è preoccupato, in un processo di globalizzazione, di quali siano i valori dell’uomo. Oggi c’è una sola grande ed unica autorità morale, che continua a richiamare, per tutti e in tutte le condizioni, il valore dell’uomo: il Papa della Santa Chiesa cattolica apostolica romana. Io non ne conosco nessun altro.

     
    D. – Per sostenere lo sviluppo dell’intera famiglia umana, Benedetto XVI fa riferimento al principio di sussidiarietà, e all’”autonomia dei corpi intermedi”, bocciando invece le forme di “assistenzialismo paternalista”. E’ un modello che si sta affermando o c’è ancora molto da fare nella gestione degli aiuti internazionali?

     
    R. - Ci sono due tipi di sussidiarietà, che secondo me il Pontefice delinea nella stessa enciclica. Il primo è la sussidiarietà dell’individuo verso lo Stato. Un caso tipico è la situazione americana. Gli americani sono stati utilizzati per 15 anni per sostenere a debito la crescita del prodotto interno lordo americano che vacillava. E gli Stati Uniti, come sappiamo, hanno avuto anche dei periodi complessi - pensiamo all’11 settembre del 2001 - dovendo ricostruire un atteggiamento nei confronti del terrorismo, come grandi guardiani dell’umanità, probabilmente aumentando notevolmente le loro spese anche di difesa, e le spese si pagano. Ecco l’esigenza di una crescita del pil. Una spesa forte nella difesa, per gli armamenti, dopo l’11 settembre, che è aumentata negli anni successivi con tassi del 14, 15 per cento all’anno, deve essere sostenuta dalla crescita di un prodotto interno lordo. Da qui l’esigenza di far crescere il prodotto interno lordo. E come si fa a farlo crescere? Ecco l’abitudine americana: si lascia la libertà nell’individuo di farlo; lo si mette in condizione di farlo: tassi bassi e attrattiva per una forma di consumismo. Dopo 10 anni le famiglie americane sono diventate povere, hanno perso una grande parte dei loro investimenti liquidi, hanno perso una gran parte del valore della loro casa, che non hanno ancora pagato, hanno perso una parte del fondo pensione, che è privato notoriamente, si sono indebitate per due o tre anni e rischiano di perdere il posto di lavoro. In pratica, le famiglie sono entrate sussidiarie all’esigenza di crescita dello Stato. Ecco la sussidiarietà negativa. Poi c’è una seconda sussidiarietà pericolosa, quella dei Paesi del terzo mondo, che sono utilizzati, ogni tanto anche gestiti, in modo tale da poter avere dei vantaggi nei loro confronti – le materie prime, il problema della manodopera – dimenticandosi completamente di loro, quando questi vantaggi non sono più gestibili, utilizzabili. Invece di stimolare le famiglie e la società a ricominciare a credere nel futuro e a fare figli - perché noi non facciamo figli, noi facciamo meno figli del tasso di sostituzione, infastidendoci poi dei progetti di immigrazione che ci danno fastidio - abbiamo smesso di far figli e abbiamo creato una situazione, un contesto economico negativo di decrescita, e decrescita vuol dire maggior austerità. Ma noi non vogliamo essere più austeri nel nostro stile di vita, noi non vogliamo la sobrietà. La sobrietà non la cerchiamo e se per caso si avvicina la fuggiamo.

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    Congresso di Merida su salute, vita e famiglia: la testimonianza del cardinale Antonelli

    ◊   Occorrono politiche familiari che tengano conto dell’importanza che la famiglia ha nel tessuto sociale del Messico. E’ l’auspicio espresso dal Congresso organizzato dalle organizzazioni ecclesiali dello Yucatan, a Merida, sul tema “Salute, Vita e Famiglia”. Molto larga è stata la partecipazione all’incontro di associazioni laicali e pro-vita, di medici e organismi professionali. Presente anche il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che abbiamo incontrato al suo rientro a Roma. Molto positivo il suo commento, sia per il livello del dibattito che per le esperienze concrete presentate, a cui anche la stampa locale ha prestato particolare attenzione. Ascoltiamo il cardinale Antonelli al microfono di Pietro Cocco:

    R. - Il tema famiglia e vita è molto sentito in America Latina, proprio perché la cultura europea e la cultura nordamericana si vanno diffondendo anche nell’America Latina, contrastando quello che è il sentire di gran parte della popolazione. E’ chiaro che la Chiesa latinoamericana cerca di far prendere coscienza dei valori della famiglia, una coscienza più esplicita dei valori del matrimonio, dei valori della famiglia e della vita.

     
    D. – Mi pare che l’intenzione da parte proprio degli organizzatori del Congresso, che vede la partecipazione anche del Pontificio Consiglio per la Famiglia, sia quello di porsi su un piano di una proposta positiva del ruolo che la famiglia può avere all’interno della società di oggi…

     
    R. – Certo e nel Congresso sono state evitate del tutto le polemiche. La salute integrale della persona e la pienezza stessa della vita nel senso biblico della parola - e cioè la persona che si sviluppa nella corretta relazione con Dio, con gli altri, con il mondo, con la natura e con se stessa e quindi questo senso di salute integrale, di sviluppo integrale della persona - trova il suo ambiente, il suo sostegno principale nella famiglia: salute, vita e famiglia. La famiglia proprio perché è un’istituzione dell’amore-dono e dall’amore-comunione rappresenta l’ambiente e la comunità adatta per sviluppare pienamente la persona, all’altezza proprio della dignità della persona umana. Mi pare che sia venuta fuori una visione molto positiva: la dignità della persona umana e la famiglia come ambiente necessario allo sviluppo di autentiche persone così come alla maturazione di quelle virtù sociali che sono indispensabili alla società civile.

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    I 90 anni dell'Apostolato del Mare: intervista con mons. Marchetto

    ◊   Il 4 ottobre del 1920 a Glasgow un piccolo gruppo di laici e sacerdoti si riuniva per la prima volta gettando le basi di quella che sarebbe diventata un’ “Opera” della Chiesa cattolica presente in quasi tutti i Paesi marittimi: l’Apostolato del Mare. Nel 90.mo anniversario assume particolare rilievo il consueto incontro dei coordinatori regionali di questo Apostolato, che si svolgerà nei giorni 8 e 9 febbraio presso la sede del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, seguito, il 10, dalla riunione del Comitato internazionale dell’Apostolato del Mare per la Pesca. Gli otto coordinatori regionali faranno il punto della situazione pastorale e stabiliranno la rotta per il futuro. Ma quali i temi più importanti all’ordine del giorno? Al microfono di Fabio Colagrande ascoltiamo il segretario del dicastero della Pastorale per i migranti e gli itineranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto:

    R. - L’Organizzazione Internazionale Marittima ha proclamato il 2010 “Anno del Marittimo”.. Nonostante servano necessità quotidiane degli abitanti del pianeta, i marittimi sono quasi lavoratori invisibili, isolati molto spesso, anche per nuovi regolamenti restrittivi, nella zona portuale. Quest’anno del marittimo, dunque, darà alla comunità internazionale l’occasione di prendere maggiormente coscienza dell’importanza che questo settore riveste nella nostra vita di ogni giorno e di ringraziare questi lavoratori per il grande contributo apportato al nostro benessere. Inoltre, durante l’incontro, si definirà finalmente il Codice di Condotta per la pastorale delle crociere, promosso dal nostro Pontificio Consiglio. Ora, dopo il lavoro fatto insieme ad alcuni cappellani direttamente coinvolti in questo aspetto di pastorale marittima, verificheremo la versione finale del documento che desideriamo pubblicare quest’anno, a ricordo dei 90 anni di fondazione. Sarà pubblicato anche il testo, in varie lingue, della S. Messa in onore di Nostra Signora Stella Maris, patrona dell’ “Opera” in parola.

     
    D. - Quali sono le difficoltà umane, psicologiche e familiari che i marittimi incontrano nella loro professione e con le quali ha a che fare questo tipo di pastorale?

     
    R. - Molte sono le difficoltà che i marittimi devono incontrare e che domandano un intervento di tipo pastorale in senso largo. Quella della lontananza dalla famiglia è senz’altro uno dei maggiori problemi. Durante questo tempo (cinque mesi per i cittadini europei e da 8 a 24 per quelli non comunitari), le donne – che sono mogli e madri – devono affrontare da sole le responsabilità familiari, incoraggiare e sostenere i figli e gestire emergenze quali malattie, economia della casa, ecc. Tutti risentono di una discontinuità di rapporto e di affetti, naturalmente, e per questo è importante che la Chiesa locale sia vicina a queste famiglie forzatamente divise e le sostenga. Un fenomeno in ascesa, abbastanza recente e sicuramente grave, è la criminalizzazione dei marittimi, causata dall’incremento degli incidenti, in cui il fattore umano è prevalente. Mentre viene condotta l’inchiesta per appurare il fondamento delle accuse, i marittimi sono trattenuti per mesi e talvolta anche per anni in Paesi stranieri, lontani ancora dalle famiglie e talvolta abbandonati anche dai loro armatori, e quindi senza salario. Negli ultimi anni, poi, abbiamo assistito ad un aumento dei casi di detenzione ingiustificata e di restrizioni per scendere a terra – introdotti come misura di sicurezza dopo i tragici attacchi terroristici dell’undici settembre 2001. Anche in questi casi la presenza dell’Apostolato del Mare diventa insostituibile per fornire sostegno spirituale, materiale e psicologico alle persone coinvolte.

     
    D. - Il 10 febbraio si riunirà invece il Comitato internazionale dell’Apostolato del Mare per la Pesca. Cosa ci può dire in proposito?

     
    R. - Anche questo è un appuntamento annuale ormai consueto. Il Comitato è stato istituito nel 2003 per cercare di indicare ciò che l’Am può fare in questo ambito, in un contesto di responsabilità pastorale che non esclude nessun aspetto della tutela dell’integrità e della dignità dell’essere umano. Oltre ai coordinatori regionali, saranno presenti, come da regolamento nostro, un rappresentante della Fao e uno dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, che ci ragguaglieranno, rispettivamente, sull’impatto che il cambiamento climatico ha e avrà sul mondo della pesca e sulla Convenzione del Lavoro della Pesca, del 2007. Quest’anno, poi, abbiamo pensato opportuno invitare all’appuntamento mons. Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo, per illustrarci un incontro da lui avuto con la gente del mare della sua diocesi, nel luogo dove svolge il suo faticoso lavoro, cioè in mare. Si è trattato di un’esperienza nuova e inattesa per queste persone, vissuta con particolare entusiasmo e fervore proprio perché manifestazione nuova di un’attenzione antica, ormai, da parte della Chiesa. Ricordo che, del resto, faceva altrettanto anche il compianto cardinale Margéot a Rodrigues (Mauritius Island).

     
    D. - Quali sono i problemi principali che il settore della pesca deve affrontare oggigiorno?

     
    R. - I recenti sviluppi tecnologici nel settore della pesca, sia per quanto riguarda i pescherecci che i sistemi di pesca, hanno creato un profondo impatto sul modo di vita di molti pescatori e delle loro comunità. I dati della Fao indicano che, delle 15 maggiori regioni di pesca, quattro sono esaurite e nove sono in declino. Il pescato continua a diminuire nonostante i pescatori lavorino più a lungo. Alcuni tipi di pesce commestibili, poi, hanno raggiunto un livello critico di sopravvivenza della specie, tanto che ne è stata vietata o fortemente ridotta la pesca. Quella illegale, non dichiarata e non regolamentata (Iuu), è presente comunque in tutto il mondo, sia in acque territoriali che internazionali e coinvolge tutti i tipi di pescherecci. Questa attività illecita è dannosa e pone in crisi tutti quegli accorgimenti adottati a livello regionale, nazionale e internazionale per assicurare uno stock minimo di pesce per il futuro. Da non dimenticare, infine, il cambiamento climatico che influisce sulla riproduzione, lo sviluppo e le rotte migratorie dei pesci. Il futuro, comunque, va pensato da tutti insieme, con nuovo senso del bene comune universale e a questa formazione delle coscienze devono ugualmente contribuire le Chiese.

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    Uguaglianza e libertà: l’editoriale di padre Lombardi

    ◊   Ha suscitato numerosi commenti il discorso pronunciato dal Papa, lunedì scorso, ai vescovi di Inghilterra e Galles, in occasione della visita ad Limina. Nel suo intervento, Benedetto XVI ha parlato della libertà delle comunità religiose, talora messa a rischio da un certo tipo di legislazione. Ascoltiamo in proposito il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Assicurare pari opportunità per tutti i membri della società è un nobile obiettivo. Tuttavia in certi casi si cerca di raggiungerlo con leggi che impongono limiti ingiusti alla libertà delle comunità religiose di agire secondo le proprie convinzioni. Se poi queste leggi contraddicono la legge naturale, si mina il fondamento che garantisce l’uguaglianza e quindi il diritto a godere di pari opportunità.

     
    Questi concetti contenuti in alcune brevi frasi del discorso del Papa ai vescovi inglesi hanno suscitato forti reazioni, soprattutto in Gran Bretagna, ma non solo. Toccano un punto critico dei dibattiti sull’uguaglianza dei diritti, assai attuali in molti Paesi del mondo; dibattiti che coinvolgono aspetti fondamentali della visione dell’uomo: diritto alla vita, sessualità, famiglia…

     
    Le persone serie capiscono subito che non si tratta in alcun modo di interferenza della Chiesa nella dinamica sociale e politica, ma di doverosa – e quindi anche coraggiosa - manifestazione delle sue posizioni al servizio del bene comune. Il rabbino capo Lord Sacks, mettendo in guardia da un uso ideologico del tema dell’uguaglianza dei diritti che giunge ad usarlo anche per attaccare le religioni, ha scritto saggiamente sul Times: “Piuttosto che vedere le parole del Papa come un intervento inappropriato, dovremmo usarle come stimolo per avviare un onesto dibattito su dove porre la linea fra la nostra libertà come individui e la nostra libertà come membri di comunità di fede. L’una non può essere guadagnata a costo dell’altra”. Non solo i cattolici vedono quindi il problema: è un problema per tutti, da affrontare onestamente se vogliamo veramente costruire insieme una società migliore.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Storie di conversione: in prima pagina, un fondo di Lucetta Scaraffia dal titolo "Sant'Agostino in televisione".

    Nessuna impunità per chi viola i diritti umani: nell'informazione internazionale, il discorso di Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore del Guatemala presso la Santa Sede.

    In cultura, un articolo di Sergio Pagano dal titolo "Papato e modernità al trapasso del potere temporale": dalle carte Soderini-Clementi dell'Archivio Segreto Vaticano riemerge un'opera inedita su Pio IX - di cui domani ricorre la memoria liturgica - e il Risorgimento italiano.

    Havel e la nostalgia del futuro: Claudio Toscani su "Lettera a Olga", corrispondenza completa dell'intellettuale politico ceco con la moglie.

    La santità è democratica: anticipazione della conferenza di Francesco Traniello sulla prospettiva sociale di don Bosco, alla base della comunità salesiana.

    La buona letteratura? E' una questione di fiducia: Paolo Pegoraro recensisce "L'altro fuoco" di Antonio Spadaro.

    Le imprese hanno una responsabilità sociale: nell'informazione vaticana, il discorso del Papa a dirigenti e personale dell'Acea, l'Azienda comunale energia e ambiente di Roma.

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    Oggi in Primo Piano



    Intervista con Yves Gazzo, capo delegazione Ue presso la Santa Sede

    ◊   Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, esiste una delegazione dell’Unione Europea presso la Santa Sede. In realtà la rappresentanza c’era ma faceva riferimento alle Comunità europee. L’ambasciatore Yves Gazzo, dunque, che ha presentato le Lettere credenziali al Papa il 19 settembre 2009 in qualità di capo della delegazione delle Comunità europee, è ora capo della delegazione dell’Unione Europea presso la Santa Sede. In quell’occasione, Benedetto XVI ha ribadito che “le immense risorse intellettuali, culturali ed economiche del continente continueranno a recare frutto se continueranno a essere fecondate dalla visione trascendente della persona umana che costituisce il tesoro più prezioso dell'eredità europea”. “Questa tradizione umanista, nella quale si riconoscono tante famiglie dal pensiero a volte molto diverso, - ha aggiunto il Papa - rende l'Europa capace di affrontare le sfide di domani e di rispondere alle attese della popolazione”. Un richiamo, dunque, a riflettere su quale grave mancanza sarebbe il voler dimenticare davvero le radici cristiane. Fausta Speranza ha incontrato l’ambasciatore Gazzo e gli ha chiesto innanzitutto quale sia la speranza e quali siano le maggiori responsabilità della nuova Europa che ha riformato le proprie istituzioni con il Trattato di Lisbona:

    R. - Yes, it’s a complex issue…
    Sì, è una questione complessa e non facile da affrontare. Ricorderà che nel 2000 abbiamo lanciato l’iniziativa di Lisbona che intendeva promuovere in Europa la migliore economia e produttività ma nel benessere sociale: un obiettivo molto ambizioso e complesso. Purtroppo nel frattempo molte cose sono accadute, in termini di crisi economica, di disoccupazione e così via. L’obiettivo resta quello ma è difficile. L’Europa è un “animale” peculiare, se si compara la percentuale del prodotto interno lordo che riguarda la spesa sociale a quello americano. L’Europa vorrebbe cioè essere competitiva ed essere “sociale”.

     
    D. – Quest’anno, il 2010, è l’Anno europeo contro la povertà e l’esclusione sociale. Quindi, l’obiettivo dovrebbe essere questo...

     
    R. – Absolutely right...
    E’ assolutamente vero. L’Europa rimane una sorta di paradiso per molte persone nel mondo. E quindi dobbiamo digerire ed integrare queste ondate di migranti. L’Europa, in gran parte, a parte alcune eccezioni, era un continente di emigranti, ma adesso sta diventando un continente di immigrati. Quindi, non dobbiamo soltanto prenderci cura dei nostri cittadini e delle loro difficoltà finanziarie ed economiche, ma dobbiamo anche integrare questi migranti. Inoltre la nostra società sta cambiando: i legami familiari sono a volte meno forti che nel passato. A volte ci sono delle situazioni davvero difficili, dove le persone che stavano bene ieri, dal punto di vista finanziario, potrebbero essere tagliate fuori nel futuro e potrebbero finire per vivere per strada, sfortunatamente, in molte parti d’Europa. Dobbiamo dedicarci a tutte queste differenti situazioni, che stanno accadendo nello stesso momento e per ragioni differenti.

     
    D. – Esiste un dibattito sull’esposizione dei Crocifissi nelle scuole. La sentenza contraria ai Crocifissi è stata una sentenza della Corte di giustizia europea del Consiglio d’Europa. Il Consiglio d’Europa è un organo completamente differente dall’Unione Europea. In ogni caso, cosa pensa debba fare l’Unione Europea?

     
    R. – That’s a very complex...
    E’ una situazione molto complessa anche questa. Nell’Unione Europea noi crediamo naturalmente nella libertà religiosa. Elemento chiave dei valori europei è quello di rispettare i diritti, incluso naturalmente il diritto di praticare ognuno la propria religione. Ma la questione è che allo stesso tempo nei Paesi e nei continenti questa libertà non viene rispettata. Mi piace ricordare che nel Parlamento Europeo è stata votata due settimane fa una risoluzione che invita i governi in cui le persone vengono maltrattate – i copti in Egitto e i cristiani in Malesia, per esempio – a impegnarsi seriamente per evitare ogni discriminazione. E ricorda a quei Paesi, che sono Paesi amici dell’Europa, che noi prestiamo grande attenzione affinché i diritti delle minoranze vengano rispettati, così come noi rispettiamo le minoranze in Europa. Non è tutto perfetto in Europa, dobbiamo essere franchi, ma i valori e il rispetto dei diritti sono il nostro principale obiettivo. Quindi, venendo ai Crocifissi, come lei ha detto, non si tratta di una risoluzione dell’Unione Europea, ma è una questione che ci interpella. Penso che dovremmo lasciar gestire queste questioni ai singoli Stati membri, secondo la regola della sussidiarietà tra le istituzioni europee e gli Stati membri. Non dovremmo, a questo punto, avere le stesse regole per ogni Paese, perché ci sono Paesi dove la maggioranza è composta da credenti ortodossi, luterani oppure cattolici, o ci sono altre differenze culturali. Dovremmo mettere in conto che il contesto è differente per ogni Paese.

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    Obama: accordo Londra-Belfast, passo storico verso la pace

    ◊   Dopo una maratona negoziale di 10 giorni, unionisti e repubblicani nord-irlandesi hanno raggiunto un accordo che apre le porte al trasferimento delle competenze su giustizia e polizia da Londra a Belfast il prossimo 12 aprile. Soddisfazione è stata espressa dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che ha parlato di “passo storico verso la pace”. Un giudizio, questo, che vede concorde tutta la comunità internazionale e che dimostra i grandi passi avanti fatti verso la pace e la prosperità per tutte le comunità nordirlandesi. Sulla portata di questo accordo, Salvatore Sabatino ha intervistato la collega Raffaella Menichini, esperta di Irlanda del Nord del quotidiano “La Repubblica”:

    R. – Sicuramente evita il tracollo delle istituzioni così faticosamente messe in piedi con l’aiuto di Londra, Dublino ed anche degli Stati Uniti nelle province dell’Irlanda del Nord. Il rischio era che si rimettesse in discussione tutto l’impianto istituzionale – che è molto farraginoso – della divisione dei poteri in Irlanda del Nord e questo sicuramente avrebbe anche riavviato la violenza, che è latente.

    D. – Questo accordo giunge dopo un processo di pace durato ben 12 anni. Quali sono stati gli elementi che hanno fatto allungare così tanto i tempi?

     
    R. – Questi due ultimi punti – la giustizia e la polizia – sono quelli su cui c’era ancora molta diffidenza fra le due comunità. I repubblicani da una parte vedono la polizia ancora come uno strumento nelle mani degli unionisti e di Londra e quindi ritengono di non essere abbastanza rappresentati. C’è una diffidenza secolare sul controllo dell’ordine nella provincia, qui la gente è stata armata fino a dieci anni fa. E così è anche sulla gestione della giustizia. C’è, poi, da sottolineare che non è detto che quest’accordo vada in porto, ci sono ancora dei punti molto controversi: chi dovrà fare il ministro della Giustizia, quali saranno le sue competenze? La questione in assoluto più delicata è quella delle parate orangiste, che non a caso è uno dei punti salienti dell’accordo siglato.

     
    D. – Il premier Gordon Brown ha promesso 800 milioni di sterline per agevolare la transizione. La Clinton ha espresso la sua soddisfazione…

     
    R. – Gli investimenti esteri sono sicuramente cruciali. Fa riflettere che Hillary Clinton, dopo suo marito Bill, sia di nuovo così protagonista sulla scena dell’Irlanda del Nord. I Clinton per gli irlandesi sono un mito e quando lei entra in campo, quando la famiglia Clinton entra in campo, le cose sembrano evolvere improvvisamente. Avvenne così anche 12 anni fa ed è così con Hillary Clinton segretario di Stato. Lei ha promesso una conferenza di investitori stranieri entro l’anno, la creazione di posti di lavoro, un intervento per agevolare la fine della crisi economica, che colpisce l’Irlanda del Nord così come sta colpendo duramente la Gran Bretagna, la Repubblica Irlandese e il resto d’Europa. Questo può sicuramente creare le condizioni per un allentamento della tensione sociale come avviene dappertutto, qui peggiorata dalle diffidenze intercomunitarie di cui si parlava prima.

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    Cento anni fa moriva il Beato Alfonso Maria Fusco fondatore delle Suore Battistine

    ◊   “Vorrei che anche la mia ombra potesse fare del bene”: è quanto diceva il Beato Alfonso Maria Fusco, di cui oggi si ricorda il centenario della nascita al cielo. Le Suore di San Giovanni Battista, da lui fondate, ne espongono il corpo presso la casa madre di Angri, in provincia di Salerno, sua città natale. Sul carisma di questo Beato Claudio Cavallaro ha intervistato suor Lina Pantano, superiora provinciale delle Battistine:

    R. – Alfonso Maria Fusco, sin da seminarista, ha sognato Gesù che gli diceva: “Tu sei sacerdote e devi fondare un istituto di suore, che si dedichi in modo particolare ai bambini poveri. Il suolo è già pronto, tu non hai che da fabbricare”. Il Beato Alfonso Maria Fusco ha visto una situazione di grande povertà attorno a lui e vedeva tanti bambini che stavano per le strade. Vedendo questa situazione, ha pensato che educando questi bambini, sarebbero potuti diventare realmente il futuro della società. Se a questi bambini, invece, nessuno pensava e se questi bambini non sarebbero stati educati cristianamente, un giorno sarebbero potuti diventare la rovina della società. Proprio per questo si è dedicato a questi bambini.

     
    D. – Che è poi il messaggio fondamentale dell’insegnamento di Gesù, quello cioè di essere per i più poveri e per i più piccoli…

     
    R. – In effetti il Beato Alfonso Maria Fusco passava per le vie di Andria amando e beneficando tutti, ma in modo particolare proprio i bambini e giovani, facendo quello che faceva Gesù per le vie della Palestina. Ha sempre avuto una parola, che ha sempre sentito in modo forte nel cuore, “vorrei che anche la mia ombra potesse fare del bene”. Il Beato Alfonso Maria Fusco si portava veramente nel cuore quest’ansia di fare del bene, di poter cioè aiutare tutti. Era quindi come Gesù in mezzo al suo popolo, anche se in modo particolare ha beneficato la gioventù.

     
    D. – Forse è per questo motivo che Giovanni Paolo II, proclamandolo Beato nel 2001, lo ha offerto come esempio ai sacerdoti e lo ha indicato come protettore degli indigenti...

     
    R. – E’ vero e Giovanni Paolo II ha infatti detto che il Beato Alfonso Maria Fusco è “il don Bosco del sud” ed in effetti tra don Bosco e il Beato Alfonso Maria Fusco c’erano dei contatti. Noi abbiamo trovato qualche scritto e quindi realmente quello che don Bosco ha fatto al nord, il Beato Alfonso Maria Fusco lo ha fatto al sud.

     
    D. – La missione e il carisma della vostra Congregazione le ha indicate San Giovanni Battista: “Preparate le vie del Signore”. Come si preparano le vie del Signore nel mondo moderno?

     
    R. – Abbiamo detto che il Beato Alfonso Maria Fusco diceva: “vorrei che anche la mia ombra potesse fare del bene” e noi cerchiamo veramente di essere in questo mondo l’ombra di Cristo. Noi nella Chiesa siamo chiamate per la promozione e per l’evangelizzazione della gioventù e in modo particolare di quella più povera e più bisognosa. Noi siamo nate nel Salernitano, ma la Congregazione delle Suore di San Giovanni Battista si è espansa in tante parti del mondo ed attualmente è presente in 17 Paesi del mondo, dallo Zambia alle Filippine, all’India, al Brasile, al Cile, al Messico, alla Corea, alla Polonia, alla Moldavia, al Madagascar. Io credo che il Beato Alfonso Maria Fusco stia dal cielo continuando a vivere attraverso questa Congregazione che lui stesso ha creato.

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    Domani il secondo corso del Carnevale di Viareggio: la riflessione di mons. Castellani

    ◊   Domani si svolge il secondo corso del Carnevale di Viareggio: al tradizionale appuntamento dovrebbe assistere anche il vescovo di Lucca Italo Castellani. Il Carnevale di Viareggio, nato nel febbraio 1873 per l’idea di alcuni giovani di organizzare una sfilata di carrozze per le vie della cittadina toscana, è giunto quest’anno alla sua 137.ma edizione. Considerato uno dei più importanti carnevali europei, è caratterizzato da carri allegorici che sfilano per i viali a mare sui quali troneggiano enormi caricature di uomini famosi nel campo della politica, della cultura o dello spettacolo, i cui tratti caratteristici - specialmente quelli somatici - vengono sottolineati con satira ed ironia da maestri e artisti della cartapesta. Domenica scorsa, nel corso mascherato di apertura, il Carnevale ha ricordato le vittime causate nel giugno scorso dall’esplosione di un treno merci carico di gas Gpl. Luca Collodi ha chiesto al vescovo di Lucca Italo Castellani come conciliare la gioia del messaggio cristiano con la festa del carnevale:

    R. – A ben pensare il cristianesimo è sinonimo di gioia. Il cristiano è un testimone di gioia e di allegria. Certo una gioia ed una allegria motivata, profonda, che attinge al senso profondo della vita. Si pensi anche ad alcuni Santi, che sono emblematici come testimoni di gioia, da San Filippo Neri a San Giovanni Bosco. A me piace in questo momento ricordare quanto ci dice la Scrittura: “Siate lieti sempre, lieti nel Signore”. Questo è il fondamento per il cristiano, ma come si può conciliare la gioia del cristiano con l’allegria e l’euforia del Carnevale? Io vorrei guardare i vari aspetti del Carnevale e mi riferisco al Carnevale in genere e specificatamente al Carnevale di Viareggio, partendo da un dato: alcune parrocchie di Viareggio e del territorio attorno a Viareggio, partecipano al Carnevale con un loro minicarro.

     
    D. – Mons. Castellani, qual è il valore del Carnevale di Viareggio?

     
    R. – E’ una realtà complessa, molto più di quello che appare a prima vista, c’è dietro tutto un plusvalore. Ma qual è il plusvalore del Carnevale di Viareggio? Anzitutto l’aggregazione, nei mesi precedenti, per pensare il tema di ogni carro. Questo è uno studio vero e proprio, così come curarne poi la realizzazione. Un terzo momento, è la festa vera e propria del Carnevale. Si tratta, quindi, di una aggregazione sana e creativa che favorisce la conoscenza tra le persone nei vari quartieri della cittadina versiliese, che fa uscire dalla solitudine diverse persone, che impegna giovani ed adulti insieme, che mette a frutto i doni e i carismi delle persone. Si pensi poi all’aspetto artistico, perché il lavoro di cartapesta con il quale sono realizzati i simboli del Carnevale è una vera e propria arte. Ci sono tanti volontari: io ho visto una vera gratuità. Già tutto questo è un valore che non si vede del Carnevale, ma è certamente un valore profondo.

     
    D. – Quindi nulla in contrario che i cristiani festeggino il Carnevale, a partire da lei, che è vescovo…

     
    R. - Io credo che il cristiano sia chiamato a dare il proprio contributo partecipando a realizzare un’aggregazione sana, una festa sana. Le componenti che la festa del Carnevale porta con sé, quindi, rappresentano delle motivazioni per le quali mi sembra un bene che il cristiano vada al Carnevale. Bisogna poi essere anche realisti ed anche io conosco bene i rischi dell’euforia collettiva, soprattutto per quelle persone fragili, ed alcuni giovani possono essere fra queste che rischiano di cedere alla tentazione dello sballo e della trasgressione. Come già in altri anni, io spero di essere in mezzo alla mia gente, con molta semplicità. Ricordo l’anno scorso che i giovani che mi conoscevano erano lieti di vedermi in mezzo a loro, a colloquiare con loro, a salutarli, ad interessarsi di loro. I giovani che non mi conoscevano – e questo è stato molto interessante – si chiedevano se fossi un prete vero o se fossi una maschera carnevalesca. Era bello ascoltare le loro curiosità e vedevano la mia identità di prete, seppur nel frastuono della musica e della festa.

     
    D. – Dopo il Carnevale arrivano le Ceneri: quale sarà il suo pensiero per la Quaresima di quest’anno in un territorio, la Lucchesia, colpito oltre che dalla tragedia del treno esploso proprio a Viareggio, anche dalla recente alluvione?

     
    R. – Il nostro territorio, quest’anno, è stato ferito, ed oltre la strage di Viareggio e l’alluvione di Natale ci sono le frane della Garfagnana. Il nostro – devo riconoscerlo – è un territorio fragile, forse o meglio senza forse, per l’incuria ormai da anni degli uomini. Io credo che la Quaresima che abbiamo davanti debba essere più che mai una Quaresima di carità. Nei fatti ricordati ho visto una grande solidarietà della gente di fronte a questi eventi. Il messaggio è quello del passaggio da una solidarietà, da una carità – direi per fatti ed eventi straordinari – ad una solidarietà ed una carità porta a porta. Le mie comunità – questo davvero lo sottolineo – stanno facendo molto e credo che sia giunto veramente il momento che il cristiano partecipi a lenire e a sanare nella quotidianità, nel silenzio e nel nascondimento della ferialità, quelle ferite che sono lì, nella porta accanto. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa quinta Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta la pesca miracolosa nel lago di Gennèsaret. Pietro nonostante i dubbi, dopo una notte di lavoro improduttiva, ascolta l’invito di Gesù e prende di nuovo il largo, pescando una quantità enorme di pesci. Quindi si getta alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Il Signore gli risponde:

    «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:

    La prima mossa appartiene a Dio. E’ Gesù che va ad abitare Cafarnao, dove Simon Pietro risiedeva. E’ Gesù che sale sulla barca di Simone. E’ Gesù che lo fa pescare oltre quel che la sua abilità e la sua fatica gli avevano consentito. E’ Gesù che lo chiama a seguirLo. All’inizio è Gesù che cerca Pietro e così sarà alla fine dopo la Resurrezione, quando Gesù si presenterà sulla riva del lago e c’erano Tommaso, Giovanni, Giacomo, ma Gesù si rivolge a Simon Pietro. Cerca lui, interroga lui. La ricerca di Gesù sfocia nell’incontro e nell’incontro Egli si rivela con un segno: gli fa prendere tutto, dopo che lui non aveva preso nulla. Pietro intuisce il mistero di quell’uomo che è salito sulla sua barca e si getta in ginocchio. Ha intravisto qualcosa di Lui e vede con più chiarezza sé: “Sta lontano da me, sono un peccatore”. Ma Gesù, dopo avergli fatto prendere tutto, lo invita a lasciare sia quel nulla che quel tutto; lo invita a seguirLo.

     
    La sequela di Cristo è solo una risposta alla ricerca da parte di Dio. La ricerca da parte di Dio è il fondamento di tutto, ma proprio per questo non c’è nulla di più desiderabile a cui l’uomo possa aspirare della sequela di Cristo. Non esiste nella vita dell’uomo una dignità, una verità, una altezza maggiore di questa. Tutto il resto o avviene dentro questo o marcisce.

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    Chiesa e Società



    Haiti: slitta la riapertura delle scuole. Iniziata la campagna di vaccinazioni

    ◊   Continua il dramma della popolazione di Haiti. A quasi un mese dal terremoto si inizia a fare il bilancio delle scuole rimaste agibili: delle 8000 strutture presenti a Port-au-Prince prima del terremoto del 12 gennaio ne è rimasto in piedi soltanto il 10% e non è nemmeno certo quanto di ciò che si è salvato sia in effetti agibile. È questo il dato, diffuso dall’Unesco sulla base di un bilancio provvisorio secondo cui il sisma ha anche causato la morte di oltre un migliaio di insegnanti. La prossima settimana, per rendersi conto dei bisogni della popolazione haitiana, nel Paese caraibico è prevista una visita della direttrice dell’Unesco, Irina Bokova. Proprio per la carenza di strutture, il progetto, annunciato dal governo, di far ripartire l’anno scolastico dal prossimo mese di marzo non ha trovato d’accordo i principali sindacati degli insegnanti secondo cui non sussistono le condizioni per riprendere le attività. Per la direttrice esecutiva dell’Unicef (il Fondo dell’Onu per l’infanzia) Ann Margaret Veneman, la ricostruzione del sistema scolastico deve però restare una delle priorità della ricostruzione e degli aiuti diretti ad Haiti, alla pari di quelli più direttamente legati alla soddisfazione di bisogni primari. In un Paese in cui, comunque anche prima del terremoto soltanto il 50% dei bambini si recava regolarmente a scuola, “investire nell’istruzione – ha detto la Veneman – significa investire nel futuro”. Secondo l’ultimo bilancio diffuso dal primo ministro Jean Max Bellerive, il numero delle vittime del terremoto dello scorso 12 gennaio è salito a 212.000. In un’intervista a una rete televisiva americana, il primo ministro ha anche sostenuto che gli sfollati sono più di un milione. Intanto è stata respinta la richiesta di libertà provvisoria avanzata dai 10 missionari battisti americani incriminati a Haiti per avere cercato di portare una settimana fa 33 bambini tra i due e i 14 anni fuori dal Paese. E continuano gli aiuti internazionali: “Fino ad oggi ad Haiti l’Unicef ha inviato e distribuito aiuti per 250.000 bambini”- ha dichiarato Vincenzo Spadafora, presidente dell’Unicef Italia. Lo scorso 2 febbraio è iniziata a Port au Prince la campagna di vaccinazione anti morbillo, rosolia, difterite, pertosse e tetano organizzata dall’Unicef in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della Sanità e il Ministero della Sanità. La vaccinazione è partita da circa 180.000 bambini tra 6 settimane di vita e 7 anni, che vivono nei campi sfollati e negli insediamenti temporanei. A tre giorni dall’avvio della campagna, è già stato vaccinato oltre un quarto dei bambini. L’intervento di vaccinazione verrà ora esteso a tutta la popolazione infantile delle aree colpite, con un obiettivo totale di vaccinare 700.000 bambini sotto i 7 anni”.(A cura di Virginia Volpe)

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    Orissa: i sopravvissuti alle violenze anticristiane chiedono giustizia all’Ue

    ◊   “Ridateci le nostre vite”. È l’accorato appello rivolto alla delegazione dell’Unione Europea dai cristiani dello Stato indiano dell’Orissa sopravvissuti alle violenze dell’agosto 2008. Gli emissari di Bruxelles stanno visitando in questi giorni i campi dove oggi vivono questi sfollati interni, che li hanno guidati a vedere le rovine lasciate dai fondamentalisti. Il grido di disperazione è stato rilanciato da AsiaNews che ha raccolto la testimonianza di un sacerdote dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, padre Singh: “Devono ascoltare le nostre richieste, che alla fine sono mirate soltanto al reintegro della nostra vita precedente”. Da parte della minoranza cristiana c’è infatti la volontà di riappropriarsi della dignità umana e i diritti connessi, di un lavoro e una casa, e di fare ritorno nei propri villaggi e riprendere l’educazione dei bambini. Per l'occasione l’associazione dei sopravvissuti ha inoltre consegnato un memorandum al gruppo di Bruxelles: “Nonostante siamo senza casa e ancora agonizzanti, vi diamo il benvenuto nella nostra splendida Kandhamal. Speriamo che la vostra visita vi serva a comprendere non soltanto come siamo costretti a vivere, ma anche le circostanze che hanno fatto esplodere la violenza contro di noi”. Nel corso degli scontri, prosegue la nota, “sono state distrutte 5.347 case e 75 persone hanno perso la vita in nome della loro religione o etnia. Oltre 50mila persone sono state costrette a emigrare, diventando rifugiati in patria. I colpevoli di tutto questo sono ancora in libertà: le autorità non li hanno fermati o tanto meno puniti. Speriamo che la vostra visita persuada il governo a ridarci le nostre vite”. Infine, la comunità cristiana punta il dito contro la giustizia indiana: “Le Corti di giustizia instaurate apposta dal governo per fare chiarezza su quanto avvenuto sono in realtà una truffa. I processi sono iniziati, ma le testimonianze dirette e le prove non bastano per mandare le persone in galera. Dateci giustizia”. (M.G.)

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    Pakistan: minacce per chi vuole difendere la 12enne cristiana uccisa a Lahore

    ◊   A causa delle minacce lanciate dalla potente Lahore Bar Association – organizzazione che riunisce i legali della città – nessun avvocato cristiano o musulmano è pronto ad assumere le parti della difesa nell'omicidio della 12enne Shazia Bashir. È quanto denunciato ieri da un’associazione cristiana pakistana che si occupa di assistenza legale. La ragazza, di fede cristiana, è morta il 23 gennaio scorso in seguito alle violenze – anche sessuali – inflitte dal suo datore di lavoro, un ricco e potente avvocato musulmano di Lahore. Il presunto assassino, Chaudhry Mohammad Naeem, è un ex-presidente della Lahore High Court Bar Association. La giovane, di soli 12 anni, negli ultimi sei mesi aveva lavorato come domestica nell’abitazione di Naeem. Il Centre for Legal Aid Assistance And Settlement (Claas) denuncia l’impossibilità di accedere all’aula del tribunale dove si sono svolte le udienze a carico dell’imputato, perché un gruppo di avvocati musulmani ne ha “impedito l’ingresso”. L’associazione che si batte – a titolo gratuito – per la difesa dei diritti dei più poveri ed emarginati - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha subito le minacce di migliaia di legali – amici dell’assassino – che promettono di “bruciare vivo chiunque voglia rappresentare la vittima in tribunale”. M. Joseph Francis, direttore di Claas, chiede a membri della società civile, leader politici e religiosi di ribellarsi e assumere in prima persona l’iniziativa per “condannare questa nuova forma di terrorismo” ad opera di avvocati che “dovrebbero garantire la giustizia”. Il quotidiano pakistano The News riferisce che il 4 febbraio scorso la polizia ha condotto l’imputato davanti ai giudici fra “rigide misure di sicurezza”. E, come di consueto, gli agenti hanno impedito ai giornalisti e ai parenti della vittima di entrare in aula per “motivi di sicurezza”. (R.P.)

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    La Chiesa srilankese chiede la liberazione di migliaia di giovani tamil

    ◊   I vescovi delle diocesi del Nord Sri Lanka, le più colpite dalla guerra civile conclusasi l’anno scorso, si stanno mobilitando per ottenere la liberazione di migliaia di giovani Tamil ancora detenuti dal governo senza processo. Negli ultimi sette mesi le forze governative hanno arrestato più di 20mila giovani sospettati di avere partecipato direttamente alla lotta armata dell'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte), o comunque di simpatizzare per la causa separatista. Una parte è attualmente detenuta in campi di riabilitazione nel Nord e una parte nelle carceri di Colombo. Di loro i genitori non riescono a sapere nulla dalle autorità. “Sono figli di famiglie normali che non vedono l’ora di riabbracciare i propri cari. Devono essere processati o rilasciati”, ha detto all’agenzia Ucan vescovo di Jaffna mons. Thomas Savundaranayagam, che il mese scorso ha incontrato il Presidente Mahinda Rajapaksa ottenendo l’assicurazione che i tutti i sospetti per reati minori sarebbero stati liberati dopo un regolare processo. In questo senso si è impegnato anche il Ministro della Giustizia Milinda Moragoda durante un recente incontro con il vescovo di Mannar mons. Rayappu Joseph. “È doloroso vederli in prigione per 10 o 15 anni senza processo”, ha detto il presule all’agenzia Ucan evidenziando che la maggior parte dei giovani sono detenuti sulla base di meri sospetti. Secondo fonti della Chiesa locale, già durante la guerra molti giovani venivano arrestati solo per la loro appartenenza etnica. Degli arresti di Tamil sospettati di avere collaborato con Ltte si sta occupando anche “Human Rights Watch”, la nota organizzazione per i diritti umani, che nei giorni scorsi ha pubblicato un rapporto di 30 pagine in cui accusa il governo di Colombo di violazioni sistematiche dei diritti umani fondamentali del popolo Tamil. (L.Z.)

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    Leader religiosi di 4 Paesi dell’Africa centrale disposti a mediare con i ribelli ugandesi

    ◊   “La pace non ha colore politico o religioso. Perché i nostri sforzi di pace abbiano successo, bisogna sostenerli con la preghiera. Preghiamo insieme per la pace nei nostri cuori, preghiamo per le vittime, preghiamo per coloro che imbracciano le armi affinché si convertano alla pace e preghiamo perché le risoluzioni e le raccomandazioni di questa conferenza portino dei frutti” ha affermato mons. Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani, nella sua omelia della Messa di chiusura della conferenza dei leader religiosi sulla questione dei guerriglieri ugandesi dell’Lra. La conferenza - riferisce l'agenzia Fides - si è tenuta dal 2 al 4 febbraio a Kisangani (capoluogo della Provincia Orientale, nell’est della Repubblica Democratica del Congo). Vi hanno partecipato i leader religiosi delle aree dove è attivo l’Lra: nord dell’Uganda, est della Repubblica Democratica del Congo, sud Sudan e Repubblica Centrafricana. In particolare le delegazioni erano così composte: 5 rappresentati del sud Sudan; 2 dell’Uganda; 3 del Centrafrica; 8 della RDC ai quali si è aggiunto il Ministro dell’Interno della Provincia Orientale, che rappresentava il governo provinciale. I partecipanti alla conferenza hanno espresso il loro apprezzamento per l’iniziativa ed hanno auspicato che serva a riportare la pace nella regione. Alla fine dei lavori è stato creato un comitato regionale composto da 9 membri rappresentanti le diverse delegazioni, incaricato di formulare delle proposte di negoziazione con l’Lra. Nel suo discorso di chiusura, l’arcivescovo di Kisangani ha affermato che i capi religiosi sono pronti a mediare nei negoziati di pace con il gruppo di guerriglia se verrà loro richiesto. (R.P.)

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    Preoccupazione dei missionari per l’ennesima operazione militare nell’est del Paese

    ◊   L’avvio di una nuova offensiva militare nel nord e sud Kivu (nell’est della Repubblica Democratica del Congo) contro le Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda suscita diversi interrogativi da parte dei missionari della Rete “Pace per il Congo”. Una nota inviata all’agenzia Fides dalla Rete evidenzia che “le autorità militari congolesi hanno annunciato la fine dell’operazione militare Kimya II condotta contro le Fdlr e l’inizio di una nuova operazione denominata Amani leo (“La pace adesso”, in swahili). Sono due informazioni che suscitano alcuni interrogativi”. “Se, secondo le dichiarazioni ufficiali, Kimya II è stata un successo per aver raggiunto i suoi obiettivi, perché la si è interrotta e non la si è continuata?” si chiedono i missionari. Forse perché le dichiarazioni ufficiali, altamente positive, non corrispondono alla realtà e sono state contraddette dall’ultimo rapporto del Gruppo degli esperti dell’ONU per la RDC e da diverse associazioni per i diritti umani che hanno affermato chiaramente il fallimento di Kimya II, infatti non solo non è riuscita a disarmare e rimpatriare un numero significativo di ribelli rwandesi, ma non è nemmeno riuscita a smantellarne la struttura locale di comando e a impedire il loro ritorno in certe zone minerarie da cui erano stati allontanati. A questi insuccessi si è aggiunto l’aggravamento della crisi umanitaria a causa degli “effetti collaterali” dell’operazione: persone civili uccise, villaggi incendiati, violenze sessuali, furti, sfollati.” Secondo la Rete “Pace per il Congo” la nuova operazione annunciata, Amani leo, “non lascia presagire nulla di diverso, dal momento che non c’è stato alcun cambio di persone nei quadri di comando. Si afferma, tuttavia, che sarà meno offensiva e più difensiva rispetto a Kimya II. Si sarà forse capito che il miglior modo di combattere gli attacchi delle Fdlr è quello di ridurre la pressione militare su di loro e aumentare le possibilità di dialogo politico e di negoziati? È ciò che si spera. D’altra parte, le operazioni militari contro le Fdlr sono servite soprattutto a deviare l’attenzione dell’opinione pubblica, nazionale e internazionale, dai grandi problemi della regione dei Grandi Laghi Africani: il commercio illegale delle risorse minerarie, la mancanza di democrazia e la deriva dittatoriale, le violazioni dei diritti umani, il non rispetto della sovranità nazionale e dell’intangibilità delle frontiere, i tentativi di espansionismo e di egemonismo, la corruzione, l’impunità, le questioni salariali, … ” concludono i missionari. (R.P.)

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    Sul mensile “Shalom” il commento del cardinale Bertone alla visita del Papa in Sinagoga

    ◊   “Testimoni di un evento di speranza, fratelli riuniti che hanno intrapreso un cammino irreversibile”. Le parole usate dal Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, in un articolo uscito sul numero di febbraio del mensile di informazione e cultura della Comunità ebraica di Roma, ''Shalom", suggellano il successo della storica della visita di papa Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma. Le considerazioni del Segretario di Stato offrono un approfondimento dell’evento che esalta i punti di convergenza tra cattolici ed ebrei allo stesso tempo affrontano le difficoltà reciproche che hanno segnato i giorni precedenti la visita: “Emozione e commozione che non erano dettate da facili sentimentalismi, anzi la tensione si percepiva facilmente, ma dal fatto che eravamo tutti raggiunti e come sopraffatti dalla consapevolezza di essere testimoni di un evento di speranza destinato non solo ai presenti, ma ad essere consegnato alla memoria del popolo ebraico e di quello cristiano”. “Fratelli riuniti - prosegue Bertone nel pezzo di apertura del mensile - perché desiderosi di ritrovarsi, consapevoli certo di una lunga storia di incomprensioni, di difficoltà reciproche e al tempo stesso bisognosi di vedersi, di parlarsi, di incontrarsi, per continuare e consolidare un cammino intrapreso e irreversibile”. “Sappiamo - aggiunge - di avere visioni teologiche comuni e diverse, eppure sappiamo di essere fratelli. È il ricordo che porto nel cuore e che mi spinge a guardare avanti con fiducia al futuro delle relazioni ebraico-cristiane: è una testimonianza che dobbiamo a noi stessi e al mondo intero”. Non meno significative le considerazioni espresse, sempre sulla testata della Comunità ebraica romana, dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni: ''Questa visita è stata preceduta e accompagnata da discussioni e polemiche. Ha diviso la nostra comunità e i rabbini. Ha evocato storie dolorose e questioni religiose aperte''. ''E' andata bene?'', si chiede rabbino Di Segni che continua: “È stata vincente la nostra scelta di andare avanti, senza rinunciare a nessuno dei nostri principi, precisando con cortesia, rispetto e amicizia, ma in modo fermo e composto, i punti di convergenza e quelli di differenza sul piano storico, politico e soprattutto religioso. Questa nostra posizione è stata ben compresa e apprezzata”. “I discorsi ufficiali - svela Di Segni - sono stati scambiati tra le parti due ore prima dell'evento, quando nessuno poteva più cambiare una virgola. Se si leggono con calma i testi in questa prospettiva, può stupire quanti temi comuni siano stati trattati, quante domande abbiano trovato risposte uguali o differenti”. Sulla visita del Papa, il giornale Shalom ha inoltre raccolto le opinioni anche degli altri protagonisti: il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici, e il rabbino capo di Haifa e presidente della Commissione bilaterale israelo-vaticana Shear Yashuv Cohen. Il reportage sulla visita di Benedetto XVI - che ha raccolto anche lo speciale pubblicato il 17 gennaio - si conclude con una esclusiva intervista al presidente israeliano Shimon Peres. (M.G.)

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    Ucraina: messaggio dei leader religiosi per il ballottaggio di domani

    ◊   Alla vigilia del ballottaggio di domani per l’elezione del capo dello Stato, il Consiglio delle Chiese e delle organizzazioni religiose di tutti gli ucraini (Auccro) ha diffuso un appello a recarsi alle urne, nel quale invita gli elettori a scegliere il più meritevole fra due candidati, Viktor Janukovyc e Julija Tymoshenko. Il messaggio, pubblicato ieri e ripreso dall’Osservatore Romano, esorta dunque “a non votare contro”, per esempio non recandosi alle urne o annullando la scheda elettorale. L’Ucraina è “uno Stato democratico dove i cittadini hanno il diritto di scegliere liberamente il presidente” si legge ancora nel documento. Tale diritto, sottolinea l’Auccro, è “una grande conquista ma comporta anche una grande responsabilità di ciascuno”. Pertanto “esortiamo tutti gli elettori a recarsi ai seggi e a fare una scelta conscia votando per la persona che, per voi, è meritevole di essere il presidente dell’Ucraina, il garante dell’indipendenza dello Stato, della sua sovranità e dello sviluppo sociale e spirituale della nazione”. I leader religiosi ucraini mettono inoltre in guardia gli elettori: “Non permettete a nessuno di comprarvi, non vendete i vostri voti per soldi, favori o promesse, e siate degni dell’alto titolo di uomo e cittadino”. Non c’è Stato al mondo senza leadership, spiega il Consiglio delle Chiese e delle organizzazioni religiose, per il quale, “se restiamo indifferenti all’elezione del presidente o votiamo contro, la scelta sarà fatta lo stesso ma senza la nostra partecipazione”. Una cosa da evitare, poiché il compimento del diritto di scegliere è “un dovere civico”. Il messaggio è firmato dalla Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca, dalla Chiesa ortodossa del Patriarcato di Kiev, dalla Chiesa ortodossa autocefala, dalla Chiesa greco-cattolica, dall’Unione dei battisti cristiani evangelici, dall’Unione delle associazioni dei cristiani di fede evangelica, dai pentecostali, da altre Chiese cristiane e da organizzazioni religiose musulmane. (M.G.)

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    Spot pro-vita durante il Super Bowl: gli Usa si interrogano sull’aborto

    ◊   Domani sera oltre centro milioni di statunitensi si fermeranno davanti gli schermi per assistere al tradizionale appuntamento del Super Bowl, l’incontro che assegna la vittoria del campionato della lega nazionale di Football americano. Quest’anno però l’attesa del pubblico americano sembra più rivolta allo spot pro-vita che sarà trasmesso tra il secondo e il terzo tempo che agli esiti della finale di Miami. Da settimane infatti si discute di questa pubblicità intitolata “celebra la famiglia, celebra la vita”, di cui è protagonista il quarterback Tim Tebow, il più promettente giocatore della National Football League, che non sarebbe sceso in campo nella partita tra Indianapolis Colts e New Orleans Saints se nel 1987 sua madre non avesse deciso di portare a termine una gravidanza considerata a rischio e che invece ha generato un campione. Nei 30 secondi di filmato la madre di Tim racconta della gravidanza del suo ultimo figlio messa a rischio da un intossicazione alimentare causata dal cibo mangiato mentre era in missione nelle Filippine, dell’aborto consigliato dai medici e della successiva scelta di mettere al mondo la futura star del football. Una testimonianza di vita e speranza senza appelli gridati e che riferisce soltanto come sono andate le cose. Eppure la storia di Tim ha mandato su tutte le furie i gruppi di femministe e movimenti pro-choice a cui hanno fatto eco molti intellettuali liberal che temono ripercussioni sulle coscienze degli americani, forse anche alla luce degli ultimi sondaggi sull’aborto che dimostrano che per la prima volta dal 1973 la maggioranza della popolazione è contraria. (A cura di Marco Guerra)

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    Egitto: finito il restauro di uno dei più antichi monasteri cristiani al mondo

    ◊   Grazie al contributo delle autorità egiziane è stato possibile portare a termine i lavori di restauro del Monastero di Sant'Antonio, uno dei principali monasteri copti dell'Egitto. Costruito nel 356 d.C., il Monastero sorge ai piedi di una montagna, non distante dalla grotta dove sant'Antonio aveva vissuto la sua isolata vita di asceta, a circa 40 km ad ovest di Zafarana e a circa 140 km a sud-est del Cairo, nelle vicinanze del deserto orientale e della costa del Mar Rosso. In alcune dichiarazioni all'agenzia Zenit, l'Abate Justus, Superiore del Monastero di sant'Antonio, ha detto: “Ho trovato molta collaborazione da parte del Ministro della Cultura, quando l’ho incontrato per chiedergli aiuto per salvare il Monastero, specialmente dopo il terremoto del 1992”. La strada per il Monastero è rimasta chiusa a lungo negli anni Sessanta, durante la guerra con Israele. Invece oggi, è visitato da pellegrini che vengono da tutto il mondo. Questo in gran parte grazie anche agli sforzi del Consiglio superiore delle Antichità egiziano. Da parte sua, il direttore del Consiglio superiore delle Antichità, Zahi Hawass, ha detto che "la bellezza di questo evento sta nell'aver mostrato il vero volto della civiltà egiziana, che non opera distinzioni tra siti cristiani, islamici o ebraici”. Hawass ha confermato che molti di coloro che hanno partecipato al restauro del Monastero - uno dei più antichi al mondo - erano musulmani. Durante i lavori, è venuta alla luce una stanza che risale al 400, con scritture nell’antica lingua copta: “la parte mancante della nostra storia”, ha commentato il Vicario del Monastero, padre Maximos Al Antoni. I lavori del Monastero, che ha ben 7 chiese al suo interno, sono durati 8 anni e sono costati 15 milioni di dollari. (R.P.)

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    Brasile: iniziativa della Chiesa contro la corruzione elettorale

    ◊   Il Movimento per la lotta contro la corruzione elettorale (Mcce) in Brasile, guidato dalla Chiesa cattolica e da diversi attivisti sociali, oggi ha presentato nuovamente al Congresso la richiesta di non modificare il progetto di legge che pone il veto alla partecipazione alle elezioni di ottobre, per i candidati che abbiano procedimenti giudiziari. L'organizzazione - riferisce l'agenzia Fides - ha dichiarato di essere aperta al dialogo per discutere il progetto, chiamato anche "Legge della scheda pulita" e che si trova all’esame della Camera dei deputati, ma si oppone a "cambiamenti radicali" dell'iniziativa, come proposto dai congressisti del governo e dai parlamentari dell’opposizione. Il disegno di legge è stato consegnato al Congresso a settembre 2009 con il sostegno di un milione e mezzo di firme raccolte dal Mcce. La votazione è prevista per marzo e le sanzioni previste, per far sì che entra in vigore nelle presidenziali, legislative e di governatore nel mese di ottobre, dovrebbero essere definite al più tardi a giugno. “La società brasiliana non si aspetta nuovi ritardi nella discussione e nell'approvazione di questo tema che viene come prima cosa negli interessi di tutti i cittadini” ha scritto in una dichiarazione il Segretario generale della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, mons. Dimas Lara Barbosa. Per i politici di alto livello coperti dal "foro privilegiato", che permette loro di non essere giudicati dal corpo giudiziario ordinario, la normativa proposta prevede il diritto di veto, senza una condanna in primo grado e sarebbe sufficiente che un tribunale accettasse la denuncia. (R.P.)

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    I risultati del viaggio in Europa della Campagna "Oparà" degli indigeni brasiliani

    ◊   Prosegue il viaggio della delegazione indigena brasiliana della Campagna “Oparà”, che dal 25 gennaio sta attraversando l’Italia e l’Europa per denunciare il progetto di trasposizione delle acque del fiume São Francisco in Brasile, che viola i diritti delle popolazioni indigene della zona. I tre delegati concluderanno il loro viaggio con una conferenza stampa che si terrà l’8 febbraio a Roma alle 11,30, presso la facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università “La Sapienza” in via Salaria 113. Durante la conferenza, Manoel Uilton dos Santos, leader del popolo indigeno Tuxà ed Edilene Bezerra Pajeù, leader del popolo indigeno Trukà, racconteranno la loro esperienza e presenteranno i risultati raggiunti in questo viaggio europeo, “nato con l’obiettivo di far ascoltare la propria denuncia agli organismi internazionali di difesa dei diritti umani, ai governi e alla società civile europea”. Il 1° febbraio la delegazione ha incontrato a Ginevra rappresentanti dell’Onu, dell’Organizzazione internazionale del Lavoro e del Consiglio Mondiale delle Chiese. L’Oil ha già chiesto chiarimenti al governo brasiliano riguardo le violazioni della Convenzione 169 sul progetto di deviazione delle acque. La Campagna Oparà è promossa da numerose organizzazioni, tra cui il Conselho Indigenista Missionário e la Commissione Pastorale della Terra dei vescovi brasiliani. In Italia da Cipsi, Sal, CeVI. (R.P.)

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    Ecuador: si celebra il centenario della nascita di mons. Proaño, vescovo di Indios e poveri

    ◊   A 100 anni dalla nascita di Mons. Leonidas Proaño, la Conferenza episcopale dell’Ecuador e tutta la comunità nazionale hanno celebrato questa ricorrenza con molta devozione e con l’impegno di far conoscere ai più giovani la persona e l’opera del “vescovo degli Indios” come era noto. Mons. Proaño nacque il 29 gennaio 1910 a San Antonio di Ibarra e morì il 31 agosto 1988 a Quito. Anche l'Assemblea nazionale all'unanimità ha reso omaggio al “vescovo dei poveri e degli indiani”, il quale ha lasciato come eredità il rispetto dei principi di trasparenza, giustizia, uguaglianza sociale e difesa dei diritti umani. La Conferenza episcopale dell’Ecuador - riferisce l'agenzia Fides - ha affidato a mons. Julio Terán Dutari, vescovo di Ibarra, il compito di ricordare la persona, il ministero e l’eredità di mons. Proaño. Scrive mons. Terán Dutari: “tra tutti i meriti di mons. Proaño, devo mettere in rilievo il suo valore enorme di Pastore della Chiesa, forse controverso in passato, ormai riconosciuto da tutti indistintamente”. E cita una dichiarazione del cardinale Pablo Muñoz Vega, suo contemporaneo illustre, che affermò: “Siamo davanti a un vescovo ecuadoriano e latino-americano di indubbia influenza, all'interno e al di fuori dell'ambiente della Chiesa”. A mons. Proaño è capitato di vivere il periodo del cambiamento dopo il Concilio Vaticano II. Continua mons. Terán Dutari: “La Conferenza dell’episcopato latinoamericano a Medellin è stata una concretizzazione del Vangelo e del Vaticano II, per quell’ora che viveva l'America Latina. E il suo annuncio è stato: l'amore preferenziale per i poveri. Perché tra loro agisce Cristo risorto, perché dai poveri si può costruire una nuova comunità di fede, di speranza per tutti. Questo era il segreto di Mons. Proaño: vivere le ricchezze di una vita cristiana comunitaria, trasformando la povertà sociologica, con un autentico spirito di povertà evangelica. (R.P.)

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    Sri Lanka: fedeli cristiani e contadini piangono la scomparsa di padre Stefanizzi

    ◊   Moltissimi agricoltori della provincia di Kandy, nello Sri Lanka centrale, hanno partecipato ai funerali del missionario italiano padre Angelo Stefanizzi, scomparso il 3 febbraio scorso. Le esequie di “padre Gandhi” – questo il soprannome dato dai fedeli – si sono svolte ieri a Lewella. Le spoglie del sacerdote, che ha trascorso 58 anni nel Paese, sono state seppellite nella casa dei gesuiti, ordine nel quale era entrato nell’agosto del 1936. K.s.s.a. Francis, direttore dell’organizzazione Foliseb Sri Lanka con base nella città di Hatton, lo ricorda come un “santo dei nostri tempi” e “una guida accurata ed eccellente” per tutti i lavoratori della terra. Egli sottolinea la particolare attenzione mostrata da padre Stefanizzi per i poveri agricoltori della provincia e il suo impegno “nel cercare di parlare con loro e aiutarli a risolvere i problemi, per questo lo chiamavamo con affetto 'padre Gandhi' ”. Il suo segreto, come riferisce K.s.s.a. Francis, era quello di “parlare in modo fluente sia il singalese che il tamil, nonostante fosse uno straniero”; una particolare dote che gli ha permesso di “conquistare il cuore delle persone” che potevano “avvicinarlo senza incontrare barriere o ostacoli”. Padre Maria Anthony, superiore provinciale dei Gesuiti nello Sri Lanka, spiega ad AsiaNews che “abbiamo perduto un missionario di lungo corso, con un cuore grande e una profonda educazione”. “Mi piaceva chiamarlo uomo per i poveri” continua il confratello, perché “era pronto a lavorare in mezzo a ogni difficoltà. Non gli interessava una vita agiata, voleva solo stare vicino ai contadini poveri”. Padre Angelo Stefanizzi - riferisce l'agenzia AsiaNews - era nato nel comune di Matino, in provincia di Lecce, il 2 ottobre 1919. Era entrato come novizio nell’ordine dei gesuiti, a Napoli, nell’agosto del 1936 e ha compiuto gli studi di filosofia a Gallarate, in provincia di Varese (Italia settentrionale). Nel 1949 è partito per l’India, dove ha studiato teologia, lingua tamil ed è stato ordinato sacerdote il 21 novembre dello stesso anno. Nel 1952 si è trasferito nell'allora isola di Ceylon (l’attuale Sri Lanka) e ha intrapreso anche gli studi della lingua singalese. La sua vita missionaria è stata spesa a contatto della popolazione, con una particolare attenzione ai poveri coltivatori della terra. (R.P.)

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    Cina: i cattolici dell'He Bei promuovono il matrimonio cristiano in vista del Capodanno nazionale

    ◊   In vista del Capodanno cinese, che è una festa tradizionale molto importante contraddistinta dall’unione familiare e considerando le tante sfide che la societа odierna pone alla famiglia e alla Chiesa, come il divorzio, le separazioni, diverse comunità cattoliche dell’He Bei stanno promuovendo - riferisce l'agenzia Fides - numerose iniziative che hanno per oggetto la famiglia e il matrimonio cristiano. Consapevole delle esigenze della zona rurale, dove i membri delle coppie vivono a lungo separati a causa dell’emigrazione per motivi di lavoro, il Centro di Servizio Sociale della diocesi di Heng Shui ha portato i corsi di promozione familiare e matrimoniale in diversi villaggi, approfittando del rientro dei lavorati emigrati per la festa di Capodanno. I sacerdoti e 5 volontari del Centro, insieme ad un sacerdote psicologo, don Hu Qiu Cheng, hanno guidato un incontro di 2 ore in ogni villaggio per spiegare il senso della vita, del matrimonio e della vita familiare. In ognuno dei luoghi stabiliti per l’incontro si sono presentati non solo centinaia di fedeli del luogo, ma anche quelli provenienti dai villaggi vicini, tra cui diversi non cattolici. Un’altra iniziativa sul tema è realizzata dalla parrocchia di Wu An della diocesi di Han Dan, che ha istituito un premio per le “coppie modello” che promuovono la vita familiare e matrimoniale cristiana nella società, soprattutto in mezzo ai giovani di oggi. “La testimonianza concreta, dal vivo, è la migliore predica” sostiene il parroco. La parrocchia celebra sempre collettivamente anche gli anniversari di matrimonio, per ricordare a tutti “l’indissolubilità e l’importanza di una famiglia armonica, costruita su una base solida che è quella cristiana”. (R.P.)

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    Nella diocesi cinese di Lanzhou un corso di studi biblici e formazione alla fede

    ◊   I parrocchiani cinesi della diocesi di Lanzhou (nel nordoccidentale Gansu) hanno seguito a dicembre e gennaio un corso di studi biblici e formazione alla fede. Tenuto nel tradizionale periodo di “riposo agreste”, è stato un’occasione in cui approfondire la propria fede e rinnovare l’adesione alla Chiesa. Mons. Han Zhihai, vescovo di Lanzhou, ha detto ad AsiaNews che hanno partecipato ai corsi circa 15mila dei 40mila cattolici, ovvero circa il 40%, divisi in 48 parrocchie. Molti si sono riuniti in case private, altri sono andati nelle chiese, anche nei giorni di neve, con la temperatura a meno di 10 gradi sotto lo zero. “E’ un impegno - spiega - che i nostri sacerdoti hanno voluto svolgere per l’Anno del sacerdozio e che è stato accolto con entusiasmo nel piano pastorale durante la settimana di formazione dei sacerdoti alla fine dell’ottobre 2009”. Padre Han Yuanzhong della parrocchia di Songshu racconta che - insieme a sacerdoti, suore e seminaristi - ha diviso i circa 1000 parrocchiani in 16 gruppi e ha tenuto i corsi con incontri presso le famiglie, con studi di due mesi sul Vangelo di San Giovanni, il catechismo, la liturgia e altri argomenti, con incontri di 4 ore. In precedenza questi corsi si erano svolti nelle chiese e chi non era solito andare in chiesa non veniva. Stavolta, invece, dice che “le famiglie ci hanno ospitato a turno e anche chi non frequentava le chiese è stato così coinvolto negli incontri tenuti a casa sua. Alcuni si sono confessati e hanno approfondito la conoscenza della dottrina della Chiesa e della fede cattolica”. Aggiunge che “la preparazione del corso mi ha anche aiutato a riflettere sulla mia fede e la mia vocazione religiosa, quasi una risposta all’Anno del Sacerdozio”. “Dopo lo studio della Bibbia e dell’insegnamento della Chiesa, ho visto che i parrocchiani sono diventati più attivi. Hanno imparato di più sulla Bibbia e su come vivere la fede”. Nella sua parrocchia il corso finirà nei prossimi giorni e poi i cattolici si prepareranno per la grande festa del Capodanno cinese. Il 14 febbraio. Come ogni anno, per il capodanno cinese i parrocchiani di Songshu celebreranno la messa in chiesa e si saluteranno, prima di iniziare la tradizionale grande festa. (V.V.)

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    Taiwan: 60 anni di missione a Taiwan per la Legio Mariae

    ◊   Il 21 febbraio 1950, in una piccola stanza della parrocchia di Hua Sha, è nata la prima comunità della Legio Mariae a Taiwan. Sessanta anni dopo, i suoi oltre 2.300 membri, presenti in 206 comunità sull’isola, stanno intensificando il cammino verso la solenne celebrazione dei 60 anni di missione a Taiwan, che si è aperto il primo gennaio 2010 e si concluderà il 20 febbraio 2011 sul tema “Imitare Cristo, applicare la Carità - Dove c'è la Madre, là c'è anche il Figlio”. I membri della Legio Mariae di Taiwan, attraverso la diffusione della devozione mariana, si impegnano attivamente nella pastorale, nel catechismo, nell’evangelizzazione, nel servizio sociale, affinché attraverso l'amore verso la Madre, sia più conosciuto ed amato il Figlio suo. Sono i migliori collaboratori dei sacerdoti e una ricca fonte di vocazioni per la vita consacrata. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides sul programma delle celebrazioni per il 60° anniversario, la solenne liturgia di apertura dei “60 anni della Legio Mariae a Taiwan” si terrà il 27 febbraio, mentre un Seminario per i giovani membri della Legio Mariae si svolgerà il 15 agosto. Ad ottobre verrà promossa una importante operazione di carità in tutta l’isola, e l’8 dicembre si celebrerà la giornata della consacrazione di tutti membri della famiglia. Infine, il 20 febbario 2011, si terrà la solenne chiusura della celebrazione per il 60°. La Legio Mariae è un movimento laicale fondato il 7 settembre 1921 a Dublino da Frank Duff, dopo aver scoperto il "Trattato della vera devozione alla Vergine Maria" di S. Luigi Maria Grignon de Montfort. Il Servo di Dio Frank Duff ha potuto così attingere da questo testo una profonda comprensione del vitale e fondamentale ruolo della Madonna nell'opera della redenzione del mondo. Oggi la Legio Mariae conta oltre 3 milioni di membri. Il missionario irlandese p. W. A. Mcgrath, responsabile della missione di Han Yang, nella provincia di Hu Bei dei missionari Colombani, ha introdotto questo movimento in terra cinese negli anni 40. (R.P.)

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    Milano: il cardinale Tettamanzi chiede alla politica più che facce nuove, persone serie

    ◊   Qual è il posto dei cattolici in politica? Questa la domanda posta dal cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, durante i suoi incontri con gli amministratori locali del territorio della diocesi. Ma il porporato ha anche ammonito: “in politica non bastano facce nuove, ma servono persone serie, e lo stile di vita dell’uomo politico non ammette separazioni tra pubblico e privato”. Nell’Auditorium Alberione di Milano il cardinale Tettamanzi ha incontrato il sindaco della città Letizia Moratti, e i presidenti di Regione e Provincia, Roberto Formigoni e Giulio Podestà e ha osservato come spesso i cristiani nelle amministrazioni si “contrappongono tra loro su ciò che li dovrebbe unire: il crocifisso, ad esempio”. L’insegnamento sociale della Chiesa “non vuole essere un’imposizione o un’ingerenza in ambito civile – ha aggiunto l’arcivescovo della città – ma una guida al discernimento del bene comune in tempi di complessità”. Da qui la responsabilità di parrocchie, oratori, associazioni e movimento chiamati alla “corresponsabilità” con le istituzioni civili. (V.V.)

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    Si attiva lunedì il sito ufficiale italiano della Gmg di Madrid 2011

    ◊   Si chiama gmg2011.it ed è il sito ufficiale italiano della Gmg di Madrid 2011 (16-21 agosto) che sarà attivo da lunedì prossimo 8 febbraio. Promosso dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei (Snpg), intende essere un punto di riferimento per tutte le notizie riguardanti la XXVI Giornata mondiale della gioventù e uno stimolo a creare nella rete sempre nuovi spazi per far circolare la “buona notizia” della Gmg. “La Gmg – spiega al Sir il responsabile del Snpg, don Nicolò Anselmi - ha sempre due caratteristiche: quella di essere un pellegrinaggio che ha come vertice la Messa della domenica, conclusiva della Giornata, e quella di un fecondo incontro missionario fra la Chiesa che la ospita e le altre Chiese del mondo. Il sito accompagnerà questo pellegrinaggio per tre anni così scanditi: 2010 anno della partenza della preparazione, 2011 anno dell’incontro a Madrid e 2012 anno del racconto, di ritorno dalla Spagna”. Il sito presenta diverse sezioni come le “news”, i “materiali e sussidi”, gli “album delle Gmg”, insieme agli “approfondimenti” dei documenti dei Pontefici riguardanti i giovani e le Gmg, ai “link” ai media ecclesiali (Sir, Avvenire, Tv2000, Radio InBlu) e al sito spagnolo della Giornata. Allo stesso tempo è un sito di tutti: coloro che hanno notizie o idee potranno comunicarle in modo che divengano patrimonio della pastorale giovanile italiana scrivendo a info@gmg2011.it. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Gli Stati Uniti "gelano" l'Iran: nessun accordo sul nucleare a breve

    ◊   Gli Stati Uniti hanno escluso la possibilità un accordo in tempi brevi con l’Iran. Lo ha detto oggi ad Ankara il sottosegretario alla Difesa americano, Robert Gates, in risposta alle dichiarazioni del ministro degli Esteri iraniano, Mottaki, che aveva parlato di intesa vicina in merito alla proposta dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) di far arricchire all’estero l’uranio necessario alla Repubblica islamica. Lo scambio dell’uranio è un “imbroglio” architettato dall’Occidente, ha affermato invece il presidente del parlamento iraniano, Ali Larijani. Sulla questione è intervenuto anche l’Alto rappresentante per la Politica estera europea, Ashton, che ha sollecitato una risposta formale da parte dell’Iran, mentre il Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, James Jones, ha minacciato nuove sanzioni pur ribadendo che la porta della diplomazia resta aperta.

    Al Qaeda nel Maghreb
    Nuovo ultimatum di al Qaeda del Maghreb islamico per la liberazione degli ostaggi occidentali che si trovano nelle loro mani. Fissato al primo marzo il termine ultimo per il rilascio dell’italiano, rapito assieme alla moglie lo scorso mese di dicembre in Mauritania, e al 20 febbraio quello per la liberazione del cittadino francese sequestrato in Mali a novembre. Attraverso un comunicato via Internet l’organizzazione ha chiesto in cambio la liberazione di alcuni suoi membri detenuti in Mali. Sulla pericolosità di al Qaeda si è espresso anche il segretario di Stato americano Hillary Clinton. In un’intervista alla Cbs ha detto che la rete di Osama Bin Laden rappresenta per gli Stati Uniti una minaccia più grave rispetto ad Iran e Corea del Nord.

    Pakistan
    In Pakistan, migliaia di persone hanno partecipato ai funerali delle vittime degli attentati di ieri a Karachi che hanno provocato almeno 31 morti e più di 170 feriti. In città le autorità religiose hanno proclamato una giornata di lutto e di sciopero a cui hanno aderito la compagnia dei trasporti pubblici, gran parte delle scuole, uffici e mercati.

    Afghanistan
    In Afghanistan sei poliziotti locali hanno ucciso sette civili scambiandoli per membri di un commando di ribelli. L’episodio è avvenuto ieri nei pressi di un posto di blocco nella provincia meridionale di Kandahar. Gli agenti coinvolti sono stati arrestati. Incerto, invece, il bilancio dell’ultimo attentato kamikaze avvenuto stamattina contro un convoglio militare internazionale nella zona di Kost. I talebani hanno rivendicato l’azione attraverso un comunicato sul Web.

    G7 Canada
    Al via oggi in Canada il G7. Al centro del summit l’elevato livello di deficit in molti Stati, anche europei, che ha già provocato il tracollo delle Borse del Vecchio Continente in questa settimana. Si parlerà anche della situazione in Grecia e del timore che possa creare un effetto domino anche su Spagna e Portogallo. Dalla Gran Bretagna la preoccupazione che il dibattito sulla riforma delle regole finanziarie stia perdendo slancio.

    Corea del Nord
    Arrivato a Pechino il missionario statunitense Robert Park, arrestato dalle autorità nordcoreane per essersi introdotto nel Paese, il giorno di Natale del 2009, al fine di chiedere al leader Kim Jong-Il di dimettersi perché responsabile di violazioni dei diritti umani. Secondo l’agenzia ufficiale nordcoreana Kcna il sacerdote avrebbe confessato di essere stato spinto dalla “falsa propaganda dell’Occidente”, esprimendo “sincero pentimento” per le sue azioni.

    Libano
    Localizzati poco a sud di Beirut parti dell’aereo dell’Ethiopian Airlines precipitato davanti alle coste libanesi lo scorso 25 gennaio con 90 persone a bordo. Le unità dell’esercito libanese – secondo la stampa locale – sono pronte ad immergersi quando verranno localizzate le scatole nere. Fino ad ora sono stati recuperati i corpi di 15 passeggeri. Si pensa che gli altri siano ancora all’interno della fusoliera ancorati ai sedili dalle cinture di sicurezza.

    Germania-Esercito Europeo
    La Germania guarda con favore la creazione di un esercito europeo. Il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha infatti affermato che “l’obiettivo di lungo termine è creare un esercito europeo sotto pieno controllo del parlamento”. Lo scopo – ha precisato – è quello di giocare “un ruolo politico sulla scena mondiale”.

    Ucraina
    In Ucraina attesissimo ballottaggio, domani, per le presidenziali, che vedrà scendere in campo la premier Yulia Tymoshenko e Viktor Yanukovich, dato per vincitore. Ieri sera la chiusura della campagna elettorale, in un clima di acceso scontro politico. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

     
    La tensione si taglia col coltello. Truppe del Ministero degli interni hanno preso il controllo delle zone nevralgiche del Paese e delle aree attorno ai seggi elettorali. Il capo dello Stato uscente Iushenko, ha promesso di garantire votazioni regolari e democratiche. Si teme che il candidato sconfitto porti in piazza, con la scusa dei brogli, i suoi sostenitori, come avvenne nell’autunno 2004. Gli exit poll dovrebbero non aiutare, ma anzi - domani sera - accendere ulteriormente gli animi. Le previsioni della vigilia danno Victor Ianukovich in testa, ma Iulia Timoshenko grazie alla straordinaria abilità mediatica sarebbe in recupero. Schiere di super pagati consiglieri americani ne curano l’immagine. Ieri lo scambio di accuse fra i due candidati è stato durissimo. Ianukovich vuole riabilitarsi dopo la sconfitta del 2004. Russia, Stati Uniti ed Unione europea osservano la situazione con preoccupata attenzione.

     
    Costa Rica - elezioni
    Vigila di elezioni anche in Costa Rica. Quasi tre milioni di persone sono chiamate a scegliere il nuovo presidente. Favorita nei sondaggi Laura Chinchilla, candidata del partito liberale nazionale, lo stesso dell'attuale capo dello Stato Arias. Più staccati gli altri due in corsa: Otto Guevara, esponente della destra e Otton Solis del centro-sinistra. La campagna elettorale è ruotata intorno alla lotta al narcotraffico, una delle piaghe del Paese.

    Nigeria - elezioni
    Urne aperte, oggi, nello Stato nigeriano di Anambra per l’elezione del governatore. Si tratta di un importante test sulla via delle riforme democratiche in vista delle elezioni presidenziali dell’anno prossimo. Proprio su questo fronte l’attuale presidente del Paese, Yar'Adua, malato da tempo e ricoverato in Arabia Saudita, ha fatto sapere che presto in una lettera informerà il Senato dell’intenzione di lasciare il suo incarico al vice Jonathan ponendo fine così ad un lungo vuoto di potere.

    Somalia pirati
    Sette pirati sono stati catturati da un’unità della Marina militare russa a largo delle coste somale. Si tratta di ribelli implicati nella vicenda della nave slovena battente bandiera delle Barbados, sequestrata e poi abbandonata dai pirati. I 25 uomini dell’equipaggio, rinchiusi in una cella di sicurezza a bordo, sono stati liberati ieri da un’imbarcazione della Marina danese.

    Cina
    La Cina si è detta indignata per la vendita di armi a Taiwan da parte degli Stati Uniti. Pechino, attraverso il suo ministro degli Esteri, ha precisato che si tratta di “un’evidente violazione del codice di condotta fra le nazioni”. Intervenendo alla Conferenza sulla sicurezza in corso a Monaco, in Germania, il ministro ha anche annunciato reazioni chiedendo agli Stati Uniti di annullare questa attività. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 37

     
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