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Sommario del 04/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio del Papa per la Quaresima: l'uomo senza l'amore di Dio è incapace di attuare la vera giustizia
  • Pöttering sul Messaggio del Papa: l’Europa trasformi la solidarietà in progetto politico. Il cardinale Cordes: l'uomo non si isoli da Dio
  • Lo sport favorisca la pace tra i popoli: così il Papa per le Olimpiadi e Paralimpiadi di Vancouver
  • Udienze
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mons. Negri: amore per Cristo e fraternità contro la tentazione della carriera e del potere nella Chiesa
  • La Corte dell'Aja contro il presidente sudanese Beshir
  • Merkel e Sarkozy a Parigi per rilanciare l'asse franco-tedesco
  • Italia: sgominato traffico d'immigrati
  • Quattro anni fa l'uccisione di don Andrea Santoro: il ricordo della sorella e di mons. Marciante
  • Un libro ricorda Angelo Narducci, ex direttore di Avvenire, nel 25.mo della scomparsa
  • Chiesa e Società

  • Haiti: 47 religiosi vittime del terremoto. Distrutte case di varie Congregazioni
  • India: in Orissa per l'arrivo della delegazione europea, sgomberato un gruppo di cristiani
  • Un’altra chiesa saccheggiata nello Stato indiano di Karnataka
  • Margot Wallström rappresentante speciale Onu contro le violenze alle donne nelle zone di conflitto
  • Unione Africana: nasce il Fondo in difesa dei diritti delle donne
  • Somalia: allarme di Medici Senza Frontiere per gli scontri che coinvolgono donne e bambini
  • Nigeria: il vescovo di Jos preoccupato per il vuoto di potere nel Paese
  • Togo: la Commissione Verità, Giustizia e Riconciliazione incontra i responsabili religiosi
  • Guinea: i vescovi ricevuti a Conakry dal nuovo primo ministro
  • Hong Kong: la Corte d’appello boccia il ricorso della Chiesa cattolica per la libertà delle scuole
  • Repubblica Dominicana: per i vescovi "trionfa la vita" nella nuova Costituzione
  • Gaza: il 67,5% dei palestinesi a favore di un accordo di pace con Israele
  • Terra Santa: forte presenza degli Ordini contemplativi nei 23 monasteri femminili e maschili
  • Canada: Conferenza ad Hamilton in Canada sulla crisi idrica nel mondo
  • Uscito il primo numero della rivista della Chiesa cattolica d'Algeria
  • Inchiesta sulla preparazione al matrimonio dei giovani cattolici inglesi
  • Consiglio d'Europa: documento invita i governi a non chiamare "illegali" gli immigrati
  • Sud Corea: la Congregazione orionina apre a Changwon un centro per gli immigrati
  • Comune di Roma: sono 300mila i residenti stranieri
  • Caritas romana: raccolta fondi per la ristrutturazione dell'ostello "Di Liegro"
  • Messa presieduta dal cardinale Bagnasco, per il 42.mo della Comunità di Sant'Egidio
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuova scossa di terremoto ad Haiti: il bilancio dei morti sale a 200 mila
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio del Papa per la Quaresima: l'uomo senza l'amore di Dio è incapace di attuare la vera giustizia

    ◊   L’uomo non può attuare da solo la giustizia, deve uscire dall’illusione dell’autosufficienza ed entrare nella giustizia “più grande” che è quella dell’amore, la giustizia operata da Cristo. E’ quanto scrive Benedetto XVI nel Messaggio per la Quaresima che inizierà il prossimo 17 febbraio, Mercoledì delle Ceneri. Il messaggio, presentato oggi nella Sala Stampa vaticana, si svolge sull’affermazione paolina: La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo (cfr Rm 3,21-22). Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Il Papa si sofferma, innanzitutto, sul significato del termine “giustizia”, che secondo la nota espressione di Ulpiano, giurista romano del III secolo, vuol dire “dare a ciascuno il suo”. Ma “ciò di cui l’uomo ha più bisogno – nota - non può essergli garantito per legge”. Sono certamente necessari i beni materiali – e il Papa ribadisce una severa condanna dell’indifferenza per la fame nel mondo - ma la giustizia “distributiva” non rende all’essere umano tutto il “suo” che gli è dovuto. “Come e più del pane”, infatti, l’uomo ha bisogno di Dio, del suo amore gratuito. E con Sant’Agostino ricorda che “non è giustizia dell’uomo quella che sottrae l’uomo al vero Dio”.

     
    In secondo luogo il Pontefice indica la “tentazione permanente dell’uomo” - che era quella dei farisei - di “individuare l’origine del male in una causa esteriore”: in questa direzione – afferma - molte delle moderne ideologie credono di realizzare la giustizia rimuovendo semplicemente queste cause esteriori. Un modo di pensare che definisce “ingenuo e miope”, perché “l’ingiustizia, frutto del male, non ha radici esclusivamente esterne; ha origine nel cuore umano, dove si trovano i germi di una misteriosa connivenza col male”. L’uomo, infatti – rileva - “avverte dentro di sé una strana forza di gravità che lo porta a ripiegarsi su se stesso, ad affermarsi sopra e contro gli altri: è l’egoismo, conseguenza della colpa originale”.
     
    Nel terzo passaggio il Papa, spiegando come l’uomo possa superare il suo egoismo, ricorda il senso della giustizia secondo la sapienza ebraica: dare al povero, al forestiero, all’orfano e alla vedova “per l’israelita, non è altro che il contraccambio dovuto a Dio, che ha avuto pietà della miseria del suo popolo … Dio è attento al grido del misero e in risposta chiede di essere ascoltato, chiede giustizia verso il povero ... Per entrare nella giustizia è pertanto necessario uscire da quell’illusione di auto-sufficienza, da quello stato profondo di chiusura, che è l’origine stessa dell’ingiustizia”: è necessaria una “liberazione del cuore” che la sola Legge non è in grado di realizzare.

     
    “L’annuncio cristiano - sottolinea il Papa - risponde positivamente alla sete di giustizia dell’uomo”: infatti, la giustizia di Cristo “viene dalla grazia, dove non è l’uomo che ripara, guarisce se stesso e gli altri”, ma è “il gesto dell’amore di Dio che si apre fino all’estremo, fino a far passare in sé ‘la maledizione’ che spetta all’uomo, per trasmettergli in cambio la ‘benedizione’ che spetta a Dio”, secondo una giustizia, divina, “profondamente diversa da quella umana”. “Di fronte alla giustizia della Croce” – prosegue il Messaggio - ci si può ribellare, “perché essa mette in evidenza che l’uomo non è un essere autarchico”, ma ha bisogno di Dio “per essere pienamente se stesso”. Convertirsi a Cristo, allora, significa “uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare” con umiltà di essere poveri, di avere bisogno del perdono e dell’amicizia di Dio.

     
    “Grazie all’azione di Cristo – continua Benedetto XVI - noi possiamo entrare nella giustizia ‘più grande’, che è quella dell’amore (cfr Rm 13,8-10), la giustizia di chi si sente sempre più debitore che creditore, perché ha ricevuto più di quanto si possa aspettare”. “Forte di questa esperienza – conclude il Papa nel Messaggio per la Quaresima - il cristiano è spinto a contribuire a formare società giuste, dove tutti ricevono il necessario per vivere secondo la propria dignità di uomini e dove la giustizia è vivificata dall’amore”.

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    Pöttering sul Messaggio del Papa: l’Europa trasformi la solidarietà in progetto politico. Il cardinale Cordes: l'uomo non si isoli da Dio

    ◊   L’Europa ha bisogno di “un nuovo spirito di solidarietà”, perché quest’ultima – nel mondo globalizzato e ancora gravato da povertà ed emergenze – deve trovare un “più giusto” equilibrio con i principi di libertà e uguaglianza. Ad affermarlo è stato Hans-Gert Pöttering, presidente emerito del Parlamento europeo e presidente della Fondazione “Konrad Adenauer”, al quale questa mattina è spettato l’onere di aprire gli interventi di presentazione del Messaggio del Papa per la Quaresima in Sala Stampa vaticana. Accanto a lui, il cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, che ha presentato il Messaggio del Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “La solidarietà è il nuovo nome della pace”. La parafrasi della celebre frase di Paolo VI – che nel 1967 aveva scritto nella Populorum progressio “lo sviluppo è il nuovo nome della pace” – condensa il senso intervento in Sala Stampa dell’ex capo dell’europarlamento, Pöttering. La sua, come ha detto in apertura, è stata una riflessione sulle “diverse implicazioni politiche della lezione cristiana sulla giustizia”. Osservando come il crollo del sistema socialista di fine Novecento abbia dato spessore all’affermazione di Benedetto XVI per cui una forma di giustizia distributiva “svincolata dalla fede in Dio diventa ideologica”, Pöttering ha messo in chiaro che un principio trascurato dall’Europa nella sua crescita verso la libertà e l’uguaglianza è stato quello della fraternità:

    “Politically we speak of ‘solidarity’…
    Politicamente, si parla di 'solidarietà'. Teologicamente, abbiamo sempre parlato di carità. In queste parole - la carità, la solidarietà, la fraternità – si trova la chiave per una vera comprensione delle responsabilità dei cristiani nel mondo - una comprensione che è adeguata alla nostra epoca di globalizzazione. Solidarietà o carità implicano la responsabilità di difendere e tutelare la dignità universale di ogni essere umano in qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi circostanza”.

     
    “Se vogliamo conservare la libertà, e se vogliamo aumentare la giustizia, allora – ha proseguito Pöttering – dobbiamo mettere il valore della fraternità e della solidarietà al centro del nostro pensiero politico”, si deve trasformarli in “progetto politico”. Tuttavia, ha ammesso, “il potere della solidarietà è piuttosto sbiadito all'interno dell'Europa dopo la riunificazione”. “Somme inimmaginabili”, ha affermato il presidente emerito dell’Europarlamento, sono state investite dagli Stati per fronteggiare la crisi finanziaria e di conseguenza, ha constatato, “l'attuazione della carità lascia molto a desiderare, soprattutto nella lotta contro la fame nel mondo”. Per questo, ha soggiunto:

     
    “Europe ad International community…
    L'Europa e la comunità internazionale hanno l'obbligo morale di assumere ulteriori responsabilità. Il 2010 come ‘Anno europeo per la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale’ offre la cornice ideale per un più forte ed efficace impegno dell'Unione Europea a fare di più per i più poveri del pianeta”.

     
    Ed è proprio qui, ha asserito Pöttering, “che la politica ha adottato il Messaggio quaresimale del Santo Padre: abbiamo bisogno di un nuovo spirito europeo di solidarietà”. Una solidarietà, ha ribadito, che “deve essere concreta” specie nei confronti di quei due miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro e mezzo al giorno. Come esempio, Pöttering ha citato – e invitato ad estendere in tutto il mondo – il progetto dell’Oms "Unitaid" che combatte Aids, malaria, tubercolosi e altre malattie in 93 dei Paesi più poveri grazie soprattutto alle entrate ottenute dal sovrapprezzo di uno o due dollari imposto da alcune compagnie aeree sul costo dei propri biglietti, che in poco più di tre anni ha permesso di raccogliere un miliardo e mezzo di dollari. D’altra parte, ha concluso Pöttering, la giustizia e la pace hanno bisogno che i popoli siano rispettosi l’un l’altro delle proprie convinzioni più profonde, a partire da quelle religiose:

    “Mutual respect in intercultural dialogue…
    Il rispetto reciproco all’interno di un dialogo interculturale non significa chiudere gli occhi davanti a insormontabili contrasti. Tuttavia, saremo in grado di fermare il fanatismo nel mondo del 21.mo secolo solo se priveremo i fanatici, che vogliono cambiare il mondo attraverso la violenza, dei pretesti spirituali grazie ai quali si possono manipolare le persone di buona volontà. Abbiamo quindi bisogno di un dialogo sincero di solidarietà tra cristiani e musulmani, tra cristiani ed ebrei”.

     
    Anche il cardinale Cordes ha sottolineato, presentando in sintesi il Messaggio del Papa, come il suo fulcro sia il tema della giustizia. La stessa il cui appello, ha detto, “risuona ovunque nel mondo” e che in molte parti è negata come ad esempio in Darfur, la cui crisi il porporato ha ricordato citando i resoconti ascoltati all’ultimo Sinodo sulla Chiesa africana. “Nel passato – ha affermato il presidente di Cor Unum – i cristiani erano tra i primi a farsi promotori di una maggiore giustizia”. E lo stesso accade oggi, ma per “entrare nella giustizia”, ha ripetuto con le parole di Benedetto XVI, è “necessario uscire da quell’illusione di autosufficienza (…) che è l’origine stessa dell’ingiustizia”:

     
    “La parola del Papa è soprattutto una sfida alla nostra volontà a fidarsi di Dio e a credere in Lui. Mette quindi a tema ciò che nella discussione generale sulla giustizia e sulla pace viene facilmente dimenticato o taciuto. A un tale auto-isolamento lontano da Dio – si potrebbe parlare di un ‘autismo dell’uomo causato dalla secolarizzazione’ – Papa Benedetto contrappone il suo fermo riferimento a Dio e la sua offerta di amore”.

    E poco dopo, rispondendo alle domande dei giornalisti, il cardinale Cordes ha ripreso un’osservazione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, per ribadire come il Messaggio del Papa per la prossima Quaresima derivi dalla Caritas in veritate, dove è già presente il tentativo di evidenziare la “relazione tra mondo politico e mondo ecclesiale”:

    “Le due forze devono collaborare e correggersi l'una con l'altra. Io vedo, anche in questo, di nuovo, questa prospettiva del Papa che è molto interessante e che finalmente è basata sul concetto dell’uomo e dove la ragione deve sempre raggiungere la fede e la fede deve raggiungere la ragione”.

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    Lo sport favorisca la pace tra i popoli: così il Papa per le Olimpiadi e Paralimpiadi di Vancouver

    ◊   “Lo sport sia la base per costruire la pace e l’amicizia tra le persone e le nazioni”. E’ l’esortazione del Papa nel messaggio inviato all’arcivescovo di Vancouver, mons. J. Michael Miller, in occasione della 21.ma edizione dei Giochi Olimpici Invernali e della decima edizione delle Paralimpiadi, in programma nell’arcidiocesi di Vancouver e nella diocesi di Kamloops dal 12 al 28 febbraio prossimi. Benedetto XVI ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II sullo sport e sull’effettivo contributo che questo comporta sia per “la pacifica intesa fra i popoli” sia per la creazione di una “nuova civiltà dell'amore”.

    Il Santo Padre ha assicurato poi le proprie preghiere per tutti coloro che saranno impegnati nell’iniziativa ecumenica “More than Gold” che prevede di assistere in modo spirituale e materiale i visitatori, i partecipanti e i volontari. Estendendo i suoi più cordiali saluti agli atleti, agli organizzatori e ai volontari che contribuiranno alla riuscita di questo evento internazionale, il Papa ha invocato la propria benedizione.

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    Udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina mons. Charles Phillip Richard Moth, ordinario militare per la Gran Bretagna, in visita "ad Limina"; padre Michael Bernard McPartland, prefetto apostolico delle Falkland Islands o Malvinas, superiore della Missione "sui iuris" di Saint Helena, Ascension and Tristan da Cunha, in visita "ad Limina"; alcuni presuli della Conferenza Episcopale di Scozia, in visita "ad Limina", guidati dal cardinale presidente Keith Michael Patrick O’Brien, arcivescovo di Saint Andrews and Edinburgh.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La giustizia più grande è quella dell'amore: nel Messaggio per la Quaresima il Papa invita a costruire società dove tutti abbiano il necessario per vivere con dignità.

    Quanto è teso il nuovo bipolarismo mondiale: in rilievo, nell'informazione internazionale, i difficili rapporti fra Stati Uniti e Cina.

    La mostra "Gesù. Il volto, il corpo nell'arte": in cultura, l'intervento del curatore Timothy Verdon all'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede dove oggi vengono presentate le iniziative culturali per l'ostensione della Sindone.

    Per una rinnovata immaginazione cattolica: Robert Peter Imbelli su una raccolta di scritti del cardinale Francis George, che offre un'acuta analisi della cultura americana.

    Aristotele e l'11 settembre: Oddone Camerana illustra il concetto di catarsi in "Prima dell'apocalisse" di René Girard.

    La regina che canta tra le camicie da stirare: Giulia Galeotti recensisce "La bambina con i sandali bianchi" di Malika Bellaribi.

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    Oggi in Primo Piano



    Mons. Negri: amore per Cristo e fraternità contro la tentazione della carriera e del potere nella Chiesa

    ◊   Il fuoco missionario di San Domenico e la tentazione della carriera e del potere anche in coloro che hanno un ruolo all’interno della Chiesa sono alcuni dei temi che ieri il Papa ha affrontato nella sua catechesi durante l’udienza generale in Aula Paolo VI. Proprio su quest’ultimo punto ascoltiamo la riflessione di mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro al microfono di Benedetta Capelli:

    R. – Io credo che un invito pressante sul piano spirituale, come quello che il Papa ha fatto ieri e non per la prima volta, debba trovare tutti gli ecclesiastici in una posizione di reale e sereno ascolto, con una vera volontà di immedesimazione con quello che il Santo Padre testimonia e dice. E’ indubbio che, come ci ha ricordato bene San Tommaso d’Aquino, un uomo ha nella vita un affetto fondamentale che lo lega all’essere, a Dio e agli altri: è Cristo l’affetto esauriente della nostra esistenza. Tutti gli altri affetti si ordinano e diventano legittimi e addirittura buoni e positivi se vengono illuminati e guidati dall’affetto verso Cristo. Io lo dico con fatica, ma non posso non dirlo, che vedo poco amore verso Gesù Cristo in certi spazi ecclesiastici. E’ inevitabile che quando c’è poco amore a Gesù Cristo altri amori ci prendano e addirittura mobilitino le nostre esistenze, le nostre energie, così che diventiamo uno spettacolo ben miserevole di fronte al mondo, che ci usa e ci irride.

     
    D. – A volte ci può essere una sottile tentazione, cedendo alla quale, pian piano, il servizio si trasforma in potere. Come smascherare questo pericolo?

     
    R. – Io penso che una vera fraternità possa essere un luogo dove uno si consegna in qualche modo con sincerità, a cui comunica la propria vita, le proprie difficoltà, e quindi può sentirsi corretto. C’è però una grande solitudine. Se si coltiva una vita ecclesiastica solitaria, si diventa molto più vulnerabili di fronte alle tentazioni del demonio.

     
    D. – Talvolta, nell’opinione di molti, la Chiesa, il Vaticano, il sacerdote, sono nomi legati proprio alla parola “potere”. Cosa rispondere?

     
    R. – Dando una testimonianza che si può essere preti, vescovi, cardinali, impegnati nella responsabilità della guida della diocesi in modo disinteressato. Disinteressato vuol dire totalmente innamorato di Cristo, perché il valore non è non avere affetti, ma avere l’affetto giusto. Io penso che la gran parte degli ecclesiastici non siano nella condizione descritta dal Santo Padre. Purtroppo, tre o quattro che tralignano buttano ombra anche sui molti buoni.

     
    D. – San Francesco e San Domenico, di cui il Papa ha parlato nelle ultime catechesi, cosa ci insegnano allora?

     
    R. – Loro hanno fatto una grande riforma culturale della Chiesa: hanno riproposto l’Evangelo nella sua radicalità come vita di fede e nella sua capacità di espansione dal punto di vista sociale. San Francesco ha riproposto quell’umanesimo cristiano. San Domenico ha dato come contenuto, a questo umanesimo cristiano, la cultura. Noi viviamo di questa ricchezza che è stata in questi grandi fondatori e dobbiamo riviverli noi come una presenza nella Chiesa, non semplicemente come un ricordo del passato. Ed è esattamente questo, mi sembra, l’intendimento del Santo Padre durante l’udienza.

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    La Corte dell'Aja contro il presidente sudanese Beshir

    ◊   La Camera d'appello della Corte penale internazionale dell'Aja ha ordinato il riesame del mandato d'arresto spiccato a marzo contro il presidente sudanese, Omar al Beshir, perché il documento non menzionava le accuse di genocidio per il Darfur. Il mandato d'arresto contro Beshir prevede già i capi d'imputazione per crimini contro l'umanità e crimini di guerra commessi nella regione sudanese. Khartoum ha fatto sapere di non riconoscere il ruolo dell’Alta corte dell’Aja ed ha accusato la comunità internazionale di voler ''bloccare gli sviluppi politici in Sudan e le prossime elezioni legislative'', previste in aprile. Il voto giunge a 5 anni dall’accordo di pace globale siglato nel gennaio 2005 tra il nord e il sud del Paese, a conclusione di una lunga guerra civile durata oltre 20 anni. Per il 2011 è in programma un referendum di autodeterminazione delle regioni sudanesi meridionali. Ce ne parla Domenico Quirico, esperto d’Africa del quotidiano La Stampa, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Beshir alcuni anni fa ha dovuto inchinarsi a questo processo di pace con il sud del Paese, ricco di petrolio, perché naturalmente era un po’ messo all’indice dalla diplomazia internazionale ed ha avuto paura. Poi si è guardato attorno e si è accorto che nessuno ha mosso un dito, né gli Stati Uniti, né l’Unione Europea. La Corte penale internazionale lo ha incriminato non per genocidio ma per crimini di guerra e nessuno è venuto ad arrestarlo. Beshir va in giro tranquillamente a tutti i vertici dell’Unione Africana: si è accorto che può sostanzialmente, nello scenario internazionale di oggi, fare quello che vuole.

     
    D. – Per il 2011 è in programma anche il referendum di autodeterminazione del sud Sudan. Qual è la posizione di Khartoum?

     
    R. – Tattica. Concede cose sul piano scenografico e mantiene inalterata la situazione nei suoi punti chiave. Fino a che avrà al suo fianco la Cina - e Pechino certamente non lo abbandona, perché ha bisogno del petrolio, perché sta conducendo una politica di grande potenza mondiale per cui l’Africa è estremamente interessante - non ha alcun problema e potrà quindi manipolare tutte le concessioni che fa sul piano formale. La questione è che probabilmente non soltanto la diplomazia internazionale avrà sulla coscienza il problema irrisolto del Darfur, ma corre anche il rischio della ripresa della guerra nel sud Sudan, perché questo è lo scenario più probabile nei prossimi mesi e nei prossimi anni.

     
    D. – In questi giorni c’è stato l’appello del Pam: ci sono più di quattro milioni di persone in sud Sudan che hanno assolutamente bisogno di cibo …

     
    R. – La situazione è assolutamente drammatica. Occorre una politica internazionale completamente diversa da quella di oggi per risolvere i problemi di un Continente - non c’è soltanto l’Africa, ma ci sono anche altri punti del mondo – straziato, derubato e assassinato, com’è appunto l’Africa di oggi.

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    Merkel e Sarkozy a Parigi per rilanciare l'asse franco-tedesco

    ◊   E’ in corso a Parigi il 12.mo Consiglio dei Ministri franco-tedesco, che per la prima volta prevederà incontri bilaterali tra i due esecutivi. Obiettivo del vertice, guidato dal cancelliere Angela Merkel e dal presidente Sarkozy, un documento programmatico comune che ''conterrà le linee guida per la cooperazione tra i due Paesi nei prossimi 20 anni''. Sul tavolo tutti i temi di attualità, dal nucleare iraniano alla gestione dell'approvvigionamento energetico europeo, ai primi passi delle nuove istituzioni dell'Ue dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Sul vertice Stefano Leszczynski ha intervistato Luigi Geninazzi, inviato speciale del quotidiano Avvenire ed esperto di questioni europee.

    R. – L’asse franco-tedesco negli ultimi tempi cominciava a dare segni di debolezza. Dobbiamo ricordarci che sulla questione economica, ad esempio, c’erano state delle grosse divergenze, perché la Germania del cancelliere Merkel aveva snobbato le iniziative francesi del 2009, che miravano addirittura alla creazione di un governo economico europeo. In generale, Berlino cerca di stare sul rigore del budget, delle finanze, piuttosto che tentare nuove soluzioni per fronteggiare la crisi economica. Adesso si tenta di rilanciarlo con questo vertice, che dovrebbe essere veramente importante, soprattutto per la carne al fuoco, che è stata messa in questo incontro bilaterale.

     
    D. – La strada che si cerca è più quella del rilancio economico-industriale dell’Europa o serve una maggiore unità politica, un maggiore coordinamento politico?

     
    R. – Intanto, c’è una grande ambizione in questo vertice che non è affatto di routine, perché si discuterà di un documento molto lungo che contiene addirittura 80 proposizioni per rilanciare la cooperazione in tutti i grandi ambiti, dall’economia alle finanze, all’ambiente, all’innovazione tecnologica e ovviamente alla politica estera, soprattutto con i temi della sicurezza e della difesa.

     
    D. – In un’Europa che nonostante il Trattato di Lisbona continua a sembrare piuttosto scricchiolante, un rapporto preferenziale tra due Paesi interni all’Unione non può rischiare di provocare dei malumori?

     
    R. – Sì, ma è sempre stato così e questo asse, nel bene e nel male, è sempre stato l’asse trainante dell’Europa. Adesso le cose sono un po’ diverse. L’attenzione privilegiata data da Berlino a Varsavia è il sintomo di una nuova strategia, che però come sempre per far venire meno quella vecchia ha bisogno di tempo. Per ora dobbiamo dire che, nonostante il Trattato di Lisbona, nonostante il moltiplicarsi di queste presidenze dell’Unione Europea, davanti a questa situazione sempre un po’ confusa e scricchiolante, il motore franco-tedesco, anche se ogni tanto perde dei colpi, è quello che ancora fa andare la macchina.

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    Italia: sgominato traffico d'immigrati

    ◊   Ci sarebbe la mano della ‘ndrangheta dietro il traffico di immigrati clandestini sgominato ieri dalla Dda e dalla squadra mobile di Reggio Calabria. 67 ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state eseguite in diverse città italiane. I reati contestati: favoreggiamento e gestione dell'immigrazione clandestina. Secondo Mimmo Nasone, referente a Reggio Calabria dell’associazione contro le mafie Libera, lo Stato deve esse più presente e non intervenire solo quando si verificano emergenze come quella di Rosarno o quella della bomba alla procura di Reggio. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato:

    R. – La ‘ndrangheta utilizza non da ora la manovalanza degli immigrati, regolari e non regolari, clandestini e non clandestini, sono persone che sfruttano a loro piacimento impiegandoli nel campo dell’agricoltura, del lavoro nero e a volte anche per manovalanza di bassa criminalità.

     
    D. – C’è il rischio che si faccia l’equazione immigrato uguale persona pronta a delinquere …

     
    R. – Questa è una semplificazione gratuita e di comodo. Non perché uno delinque tutti gli immigrati delinquono, così come non è giusto dire che per alcuni calabresi mafiosi tutti i calabresi sono mafiosi.

     
    D. – C’è anche chi, in queste ore, ribadisce che l’immigrazione clandestina va combattuta fermamente anche per tutelare gli stessi immigrati …

     
    R. – La regolamentazione è fondamentale ma nel rispetto dei diritti umani, in sintonia con le convenzioni internazionali a cui l’Italia ha aderito. Se c’è questo, tutta la regolamentazione va bene. E’ chiaro però che se facciamo delle leggi che tendono ad escludere, espellere questi soggetti più deboli, essi finiranno sempre nelle mani dei furbi, delle forze malavitose: chi ha fame, chi è clandestino, chi è invisibile e qualcuno gli dice: “vieni da me che ti faccio io un rifugio, però in cambio devi fare questo lavoro nero, devi portare queste armi” lui ci va, perché la vita viene prima di tutto, anche se non è un delinquente.

     
    D. – In questo caso immigrati indiani e pachistani sono stati contattati e portati in Italia grazie ad imprenditori compiacenti che hanno firmato finti contratti. Voi ribadite: è necessario denunciare …

     
    R. – Certo. Bisogna denunciare, soprattutto per colpire i capi mafia, per colpire le famiglie che gestiscono questa manovalanza. Bisogna creare una sensibilità che vada a superare quella cosiddetta “costumanza mafiosa”, di coloro cioè che non sono mafiosi, ma che vivono con modi e atteggiamenti di omertà. Il non vedere, il far finta di nulla, sono funzionali a questo sfruttamento.

     
    D. – Lo Stato lo sentite vicino o lontano?

     
    R. – Lo Stato non lo sentiamo. C’è quando ci sono le emergenze: il 3 gennaio c’è stata la bomba alla procura di Reggio e in un mese abbiamo avuto il capo dello Stato, i ministri, il Consiglio dei ministri, tutto in un mese, ma per anni Reggio non è esistita. Il problema è di presenza e credibilità dello Stato e con questi presupposti c’è impoverimento culturale ed economico sul quale la criminalità, tutto ciò che è male, prospera.

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    Quattro anni fa l'uccisione di don Andrea Santoro: il ricordo della sorella e di mons. Marciante

    ◊   Ricorre domani il quarto anniversario della scomparsa di don Andrea Santoro, il sacerdote fidei donum della diocesi di Roma, ucciso nella chiesa di Santa Maria a Trebisonda (Trazbon), in Turchia, il 5 febbraio 2006. In questi giorni è in corso un pellegrinaggio proprio a Trazbon organizzato dall’Associazione intitolata al missionario al quale parteciperà anche mons. Luigi Padovese, vicario apostolico in Anatolia. Davide Dionisi ha raggiunto al telefono la sorella di don Andrea, Maddalena Santoro, anche lei in Turchia per il pellegrinaggio, che ribadisce quanto ancora sia vivo il ricordo del presbitero:

    "E' forte perché tutti coloro che l'hanno conosciuto - quindi da quando era un giovane sacerdote, dal 1970, fino agli ultimi che l'hanno conosciuto - hanno sentito questa forte presenza della fede di Andrea. Una presenza veramente carica di Cristo, al quale lui voleva somigliare e questa carica di fede, di amore per Cristo Andrea la trasmetteva. L'ha trasmessa quand'era giovane e poi anche attraverso un suo pellegrinare, una purificazione che leggiamo anche nel suo diario. Anche nel 1980, dopo dieci anni di sacerdozio, questo cammino anche spirituale ha fatto risplendere ancora di più quest'amore per Cristo e per ciascuno di coloro che incontrava, soprattutto i più bisognosi, che si rivolgevano a lui a qualunque ora del giorno e della notte e trovavano sempre apertura, accoglienza e soccorso".

    Questa sera don Andrea verrà ricordato con una veglia di preghiera nella parrocchia romana dei Santi Fabiano e Venanzio presieduta dal vescovo ausiliare del settore est della capitale, mons. Giuseppe Marciante. Il presule ripercorre così le tappe del cammino vocazionale del missionario originario della provincia di Latina:

    R. – Un sacerdote profondamente convinto del suo ministero. Mi piaceva la sua capacità di coinvolgere la sua comunità parrocchiale in ogni iniziativa. Rivelava da una parte i tratti dell’eremita e dall’altra quelli del missionario. In lui c’era un profondo desiderio, quello di ritornare nella terra delle origini del cristianesimo: un ritorno alle radici della fede, anche direi del suo sacerdozio. Ho letto nei suoi interventi il profondo desiderio di ritrovare nella terra dei padri la freschezza del Vangelo e la vivacità anche delle chiese primitive. Doveva anche misurarsi con il mondo musulmano. La sua morte mi ha profondamente impressionato, perché mi sembra che abbia rivelato in profondità la carica profetica della sua esperienza.

     
    D. – Il suo sacrificio non è stato vano...

     
    R. – Don Andrea, come Abramo, ha sentito una chiamata, la chiamata di Dio, espressa in modo particolare nell’attrazione per la terra dei padri. E penso che un profeta non abbia progetti personali. L’ho visto come un uomo di fede che rivela nella coscienza che il progetto della sua vita stava nelle mani di Dio, e si è affidato alla sua parola e alla sua promessa. Mi ricordo un giornalista che un giorno chiese a don Andrea quale fosse il sogno che affidava al Signore negli anni a venire e, in quell’occasione, don Andrea rispose: “Il mio sogno è che i sogni di Dio si realizzino”; e poi aggiunse: “e che si realizzino piccole luci sparse qui e lì, che rendano semplicemente presente il nome di Gesù e che siano piccoli fermenti di incontro, di riconciliazione, di dialogo e di mutua testimonianza fra ebrei, musulmani e cristiani, in piccole comunità, che risplendano in mezzo agli uomini, perché comunità unite dalla parola, unite dalla preghiera e alimentate dall’Eucaristia". La Parola di Dio, gustata da don Andrea, e vissuta nella terra di Dio, penso sia stata il fuoco interiore che lo ha animato. Ha avuto, secondo me, il tempo di accendere questo fuoco, ma nell’accenderlo è divenuto lui stesso una fiaccola ardente, con la sua morte. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Un libro ricorda Angelo Narducci, ex direttore di Avvenire, nel 25.mo della scomparsa

    ◊   "Angelo Narducci e ‘Avvenire’. Storia di un giornalista, poeta, politico con l’ansia di essere cristiano": questo il titolo del libro dedicato all'ex direttore del quotidiano cattolico nel 25.mo anniversario della sua scomparsa. Narducci diresse Avvenire dal 1969 al 1970. Il volume, edito da Aracne editrice, è stato presentato in questi giorni nella Sala Marconi della nostra emittente. C’era per noi Eugenio Bonanata:

    Uno studio sistematico della vita di un esponente di spicco della stampa cattolica italiana negli anni settanta. Angelo Narducci ha diretto ‘Avvenire’ in anni difficili per l’Italia, segnati, fra l’altro, dalle stragi terroristiche. Sullo sfondo il rapporto fra la stampa cattolica e i lettori italiani. Ma quale fu il ruolo di Avvenire in quegli anni? Sentiamo don Giuseppe Merola, sacerdote dell’Arcidiocesi di Capua, autore del libro:
     
    “Come si sforzava di fare anche Narducci, era quello di essere da collante per creare unità tra i cattolici. Non dimentichiamo che quelli sono gli anni in cui viene approvata la legge a favore prima del divorzio e poi dell’aborto. Quindi Narducci e la stampa cattolica si sono impegnati, in quegli anni, soprattutto a ricompattare un’unità della Chiesa di fronte a questa modernità prorompente”.
     
    Ci si interroga sul ruolo ricoperto attualmente dalla stampa cattolica. Alla presentazione c’era fra gli altri il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio:

     
    “Credo che oggi come allora ci sia il problema di dire una parola di chiarezza sulle grandi questioni che riguardano la vita degli italiani e non solo degli italiani, ma dei cittadini del mondo. Come cattolici siamo interessati a una società che non è restringibile all’orto di casa. C’è un lascito importante che è nella storia di Avvenire, che è quello di mettere la persona al centro della nostra attenzione informativa. Questo è un compito tanto più grande in una fase storica come quella attuale nella quale c’è una perdita di senso, del perché si fa informazione responsabile, calibrata sulla realtà dei fatti e non sulle ideologie”.
     
    Vita e famiglia. L’uomo, dunque, resta sempre al centro delle preoccupazioni del quotidiano dei cattolici, che, per il futuro, mira a radicare ancora di più la sua presenza sul territorio. Ma cosa dire in relazione al contesto politico attuale? Ancora Marco Tarquinio:

     
    “Possiamo dire tutto tranne che in Italia non ci sia un gran numero di personaggi politici che godono anche di una buona capacità di proporsi come immagine. Quello che lamentiamo tutti credo sia la scarsità di coerenza, rispetto ad alcuni impegni programmati a parole in un’azione politica concreta. C’è bisogno di una coerenza tra la dimensione pubblica e privata, tra le enunciazioni di principio e le politiche concretamente attuate che credo non siano dovute a un principio astratto ma alle attese della gente concreta di questo Paese”.

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    Chiesa e Società



    Haiti: 47 religiosi vittime del terremoto. Distrutte case di varie Congregazioni

    ◊   Sono 47 i religiosi tra le vittime – oltre 200.000, secondo le ultime stime – del terremoto che il 12 gennaio ha devastato Port-au-Prince, capitale di Haiti. L'agenzia Fides, ha reso pubblico il rapporto più recente inviato dalla Conferenza haitiana dei religiosi, anche se per quanto riguarda la situazione di vari gruppi missionari i dati sono ancora incompleti. Le case di molte Congregazioni religiose sono state distrutte dal terremoto e ci sono state perdite significative tra i religiosi e le persone che ruotavano attorno a loro. Le Figlie di Maria hanno perso 13 religiose, incluse la superiora provinciale, e tre impiegati. La loro casa e le scuole sono ridotte in macerie. Le Figlie di Maria Regina Immacolata hanno segnalato una situazione simile dei loro edifici e hanno informato della morte di due suore e otto alunne. Due religiosi dei Fratelli dell'Istruzione cristiana sono morti, e tre loro scuole sono state distrutte insieme alla casa provinciale. I missionari di Monfort hanno contato 11 vittime e hanno dichiarato che una casa, una scuola e alcune chiese sono state distrutte. Hanno perso la vita anche sei religiose di questa famiglia spirituale, della Congregazione delle Figlie della Sapienza. E' morta anche un'impiegata, e la Congregazione ha perso le sue case e la scuola. Quattro Piccole Sorelle di Santa Teresa sono morte nel terremoto, insieme a sette professori e a 60 studenti. Cinque loro case e due scuole sono state distrutte. Due Piccoli Fratelli di Santa Teresa sono morti e cinque loro case sono andate perdute. I Salesiani hanno riportato tre vittime, una scuola e una casa distrutte. I Padri della Santa Croce hanno segnalato un morto e una casa devastata. La Congregazione dello Spirito Santo (Padri spiritani) ha perso un membro, la casa e la scuola. Le Suore di Sant'Anna hanno perso una religiosa, la casa e la scuola. Nel sisma è morta anche suor Brigitte Pierre delle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli, mentre la casa della Congregazione è rimasta gravemente danneggiata. Altre comunità hanno visto la propria casa distrutta dal terremoto: i Chierici di San Viatore; i Frati Minori; i Fratelli del Sacro Cuore; i Missionari Oblati di Maria Immacolata; le Suore della Carità di St. Louis; le Suore Domenicane della Presentazione; le Religiose di Gesù e Maria; la Società del Sacro Cuore; i Marianisti; i Missionari di Scheut; i Missionari del Cuore Immacolato di Maria. Hanno perso le proprie scuole anche le suore Salesiane di Don Bosco; i Fratelli del Sacro Cuore; le Suore di San Francesco d'Assisi; le Suore di San Giuseppe di Cluny; le Missionarie dell'Immacolata Concezione e le Suore della Carità di St. Hyacinthe. Le suore di Christ Marie Alphonse hanno perso un orfanotrofio e una scuola. Secondo dati del 2004, l'arcidiocesi di Port-au-Prince aveva 2,5 milioni di cattolici, il 74% della popolazione. La capitale di Haiti era assistita allora da 277 sacerdoti, 387 religiosi e 1.200 religiose. (R.P.)

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    India: in Orissa per l'arrivo della delegazione europea, sgomberato un gruppo di cristiani

    ◊   Il governo statale dell’Orissa ha costretto un gruppo di 91 cristiani – vittime delle violenze religiose del 2008 - a spostarsi in una sorta di campeggio alla periferia di G Udaigiri; ora vogliono cacciarli anche da lì. Lo spostamento forzato è stato deciso nell’ambito di una operazione “di pulizia” in vista dell’arrivo di una delegazione europea, che dovrebbe visitare lo Stato oggi e domani. Il Consiglio dei cristiani indiani - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha espresso la propria ansia per la decisione e ha inviato una lettera sia alla delegazione dell’Unione europea che al governo statale. John Dayal, segretario generale del Consiglio e membro del Consiglio nazionale per l’integrazione, spiega nel testo della missiva chi sono i rifugiati e perché sono perseguitati: “Si tratta di cristiani che provengono dai distretti di Killaka, Kutuluma, Rotingia-Porakia, Kiramaha, Dokadia, G-Mangia, Ratingia, Dhangarama, Lorangia, Dakapala, Rudiangia e Raikia. Sono stati costretti a lasciare i loro villaggi dopo l’ondata di violenza anti-cristiana che ha colpito l’Orissa il 25 agosto del 2008”. Subito dopo i primi attacchi, “le famiglie cristiane sono state rilocate in un campo profughi governativo. Dopo alcuni mesi, però, l’esecutivo dell’Orissa ha chiuso il campo e ha disperso I suoi abitanti. Alcuni degli uomini del gruppo hanno trovato lavoro nei negozi e nei campi della città di G Udaigiri, ma nessuno di loro ha ricevuto il sostegno o l’aiuto del governo”. Anzi, aggiunge Dayal, “hanno subito sempre e solo molestie da parte degli abitanti locali”. Il motivo è semplice: “Soltanto convertendosi all’induismo, queste famiglie avrebbero ricevuto assistenza. Ora però, con l’arrivo della delegazione europea, il governo locale ha cambiato marcia: il Segretario locale, Jeevan Pattnaik, si è presentato accompagnato da uomini in uniforme nel campo profughi e l’ha sgombrato. I cristiani, ancora una volta, sono stati costretti ad andarsene ed hanno montato le loro tende per le strade”. Ma le disavventure di questi 91 cristiani non sono ancora finite: “Quando me ne sono andato, alle dieci di mattina, un rappresentante del governo è arrivato dicendo che sarebbe tornato per spianare le tende dalle strade. Qualcuno ha protestato, ma inutilmente. Ora chiediamo che la loro situazione venga risolta, e che questi cristiani non siano costretti a convertirsi all’induismo per poter vivere in maniera dignitosa”. (R.P.)

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    Un’altra chiesa saccheggiata nello Stato indiano di Karnataka

    ◊   Continuano gli attacchi contro i cristiani nello stato del Karnataka. Questa notte intorno alle due un gruppo di ignoti ha fatto irruzione nella chiesa di S. Mattia a Malavalli (distretto di Mandya). Secondo fonti locali riprese dall'agenzia AsiaNews - i vandali hanno profanato il crocifisso, distrutto le statue all’interno della navata, infranto le finestre e rubato gli oggetti di valore. Nemmeno gli strumenti musicali sono stati risparmiati. “I vandali sono entrati nel pieno della notte scassinando la porta che dà sul presbiterio – afferma padre M Anthappa parroco della chiesa di S. Mattia – Essi hanno saccheggiato la chiesa, rubando il calice e l’ostensorio”. “I vandali – aggiunge - hanno anche rovistato nel tabernacolo rubando insieme alla pisside le ostie. E questo è quello che ha offeso di più i nostri sentimenti religiosi. Anche la corona della statua di S. Mattia è stata rubata”. Padre Anthappa invita però i fedeli a perdonare coloro che hanno compiuto questo atto e dice che pregherà Dio per la loro salvezza e conversione. Dall’inizio dell’anno questo è il sesto attacco a un edificio di culto in Karnataka. Lo scorso 25 gennaio due chiese sono state attaccate nelle diocesi di Karwar e Inkal. Nonostante sia ancora ignota l’identità dei vandali, i principali sospettati degli attacchi sono gli estremisti indù del Sri Rama Sene, partito nazionalista di estrema destra e del Bharatiya Janata Party (Bjp), che regge il governo dello stato del Karnataka. Lo scorso 1° dicembre la commissione di inchiesta (Justice B K Somashekara Enquiry Comission) che guida le indagini sugli attacchi contro i cristiani ha presentato un rapporto dove accusa la polizia e l’amministrazione distrettuale di coprire gli autori delle aggressioni. Il documento è di fatto una critica governo locale retto dai nazionalisti indù del Bjp, partito già accusato dei massacri contro i cristiani avvenuti nello stato dell’Orissa nel 2008. “Questo tipo di attacchi non sono semplici aggressioni alle minoranze – afferma Sajan K Gorge, presidente del Global Council of India – ma colpiscono il secolare tessuto della nostra società, i diritti umani, il diritto inalienabile alla libertà religiosa, diritto che è garantito dalla costituzione indiana”. (R.P.)

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    Margot Wallström rappresentante speciale Onu contro le violenze alle donne nelle zone di conflitto

    ◊   L’ex-commissaria europea, la svedese Margot Wallström, è stata nominata rappresentante speciale dell’Onu per lottare contro le violenze sessuali, di cui sono vittime donne e ragazze minorenni nelle zone di conflitto. Lo ha annunciato - riferisce l’agenzia Misna - il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, sottolineando come la nuova rappresentante è chiamata ad intervenire in particolare in Congo nella regione orientale del Kivu, in Somalia e in Sudan dove “stupri e violenze vengono utilizzati come arma di guerra”. La signora Wallstroom avrà il mandato di coordinare le attività dei vari organismi Onu per rafforzare la lotta contro le violenze e di svolgere campagne informative per sensibilizzare la comunità internazionale. La nomina del rappresentante speciale era stata decisa lo scorso ottobre all’unanimità dai 15 Stati membri del Consiglio di sicurezza che, nella risoluzione 1888, chiesero nuovamente ai Paesi dove sono in corso o si sono conclusi di recente conflitti armati di porre fine alle violenze sessuali e di punire i responsabili con adeguate sanzioni. La nomina della Wallström interviene mentre a Kinshasa donne congolesi, ugandesi e senegalesi sono riunite in un Forum che si propone di creare un organizzazione panafricana in difesa dei diritti delle donne del continente, in particolare per lottare contro la discriminazione nei loro confronti e le violenze subite in zone di guerra. (R.G.)

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    Unione Africana: nasce il Fondo in difesa dei diritti delle donne

    ◊   Creato un Fondo per le donne africane. L’iniziativa è stata annunciata in conclusione del XIV Vertice dell’Unione africana (Ua), ad Addis Abeba, che ha approvato una risoluzione ‘ad hoc’ a voler concretizzare la volontà di capi di Stato e di governo a favore dei diritti delle donne. “La nuova iniziativa è emblematica del ruolo determinante delle donne nelle nostre società” ha sottolineato il neo-presidente dell’Ua, il capo di Stato del Malawi, Bingu Wa Mutharika. “I loro diritti – ha aggiunto - vanno promossi, rispettati e garantiti su scala continentale”. Il presidente del Malawi - riferisce l'agenzia Misna - ha chiesto quindi ai suoi omologhi di aderire al Fondo, di ratificare e applicare gli strumenti giuridici relativi ai diritti delle donne, in primo luogo l’apposito protocollo dell’Ua adottato nel luglio 2003 a Maputo. Nella riunione di Addis Abeba i leader africani hanno anche deciso di sostenere le future candidature femminili – e di Paesi africani – alla direzione di organizzazioni internazionali. (R.G.)

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    Somalia: allarme di Medici Senza Frontiere per gli scontri che coinvolgono donne e bambini

    ◊   Intensi scontri e bombardamenti indiscriminati stanno nuovamente colpendo Mogadiscio. Ne dà notizia oggi l’organizzazione umanitaria “Medici Senza Frontiere”, che nel suo ospedale nel quartiere di Daynile, fra il 29 gennaio e il 2 febbraio ha ricoverato 89 persone con ferite d'arma da fuoco. Ben 66 di loro donne e bambini. “Il numero delle donne e dei bambini feriti che abbiamo curato in così poco tempo non può essere considerato un danno collaterale”, dice il capo missione Axelle de la Motte St. Pierre. “La situazione a Mogadiscio è terribilmente complessa e tutte le parti in causa sono responsabili di un gran numero di feriti e morti. Il bombardamento indiscriminato sulle aree densamente popolate è totalmente inaccettabile”. Nel 2009, circa la metà dei 1.137 pazienti con ferite d’arma da fuoco curati da Msf era costituita da donne e da bambini sotto i 14 anni. Di qui la richiesta a tutte la parti coinvolte, incluso il Governo federale di transizione (Tfg) della Somalia, la Missione di peacekeeping dell’Unione Africana (Amison) e i gruppi di opposizione, di “intraprendere tutte le misure possibili per minimizzare i rischi sulla popolazione civile attraverso una reale applicazione dei principi di distinzione e di proporzionalità volti a garantire la protezione dei civili ed evitare attacchi indiscriminati”. (R.G.)

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    Nigeria: il vescovo di Jos preoccupato per il vuoto di potere nel Paese

    ◊   “I nigeriani sono molto preoccupati e disorientati per il rischio che si crei un serio vuoto di potere” dice all’agenzia Fides mons. Ignatius A. Kaigama, arcivescovo di Jos, in Nigeria, dove crescono le pressioni sul Presidente Umaru Yar’Adua perché si dimetta o trasferisca i propri poteri al Vicepresidente Goodluck Jonathan. Il Capo dello Stato è ricoverato in una clinica saudita dallo scorso novembre e non sembra ancora in grado di esercitare le sue funzioni, in un momento delicato della vita politica della Nigeria. Gli scontri di Jos e l’annuncio del Movimento di Emancipazione del Delta del Niger (Mend) di sospendere la tregua nel sud della Nigeria, sono eventi che richiedono una direzione salda e sicura del Paese. Per questo motivo si moltiplicano gli appelli da parte di diversi organismi e personalità della Nigeria affinché Yar’Adua attui le procedure previste dalla Costituzione in caso di assenza o impedimento del Presidente. Ieri i 17 principali quotidiani e media della Nigeria hanno lanciato un appello perché Yar'Adua, si dimetta o trasferisca i poteri al suo vice entro sette giorni. Se Yar'Adua non dovesse ottemperare, sarebbe necessario avviare in Parlamento una procedura d'impeachment. “Il conferimento dei pieni poteri al vicepresidente non significa che il Presidente una volta ristabilito dalla malattia, non possa tornare a governare il Paese” dice mons. Kaigama. “Si tratta solo di una misura temporanea perché la Nigeria ha bisogno urgente di un salda direzione politica di fronte ai problemi che stanno emergendo. Occorre ridurre la tensione che sta salendo nel Paese, conferendo i pieni poteri presidenziali al vicepresidente Jonathan, che altrimenti non può mettere in pratica tutte quelle misure necessarie per assicurare la pace”. Per quanto riguarda Jos, mons. Kaigama afferma che “la situazione sta migliorando di giorno in giorno. Una delegazione della Christian Association of Nigeria (Can) è giunta per esprimere la solidarietà di tutti i cristiani della Nigeria alla popolazione provata dagli scontri”. Nel sud della Nigeria, lo scorso ottobre il Mend aveva dichiarato una tregua e aveva accettato l’amnistia offerta dal Presidente Yar’Adua. I ribelli affermano che l’assenza del Presidente ha ostacolato l’applicazione dell’amnistia e adesso minacciano di riprendere le ostilità. (R.P.)

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    Togo: la Commissione Verità, Giustizia e Riconciliazione incontra i responsabili religiosi

    ◊   “Un messaggio di pace, tolleranza e impegno comune al servizio della nazione”: così mons. Nicodème Barrigah-Bénissan, presidente della Commissione Verità, Giustizia e Riconciliazione (CVJR) del Togo, ha commentato l’incontro avuto nei giorni scorsi con alcuni responsabili religiosi del Paese. L’evento ha avuto luogo presso il Palazzo dei Congressi di Lomé ed ha visto la partecipazione di sacerdoti, pastori ed Imam. “La nostra popolazione confida in Dio e nelle guide spirituali – ha aggiunto mons. Barrigah – Il fatto che a questo incontro abbiano partecipato confessioni religiose diverse è già un messaggio di pace, di tolleranza e di impegno comune al servizio della nostra nazione”. Di qui, l’invito di mons. Barrigah a tutti i leader religiosi, perché sostengano la Commissione e contribuiscano, attraverso la preghiera, alla riappacificazione dei cuori. Dal suo canto, il pastore Mitrè Djakouti, amministratore della Chiesa cristiana evangelica dell’Assemblea di Dio del Togo, ha ribadito che continuerà ad agire “affinché il Togo ritrovi la sua unità nazionale e raggiunga una riconciliazione definitiva”. La CVJR, lo ricordiamo, è stata istituita nell’ambito dell’Accordo Politico Globale (Acp), sottoscritto tra i leader politici togolesi nel 2006 a Ouagadougou, in Burkina Faso per porre fine alla crisi politica del Paese. Composta di 11 membri, essa dovrà fare luce sulle violenze che hanno segnato il Togo tra il 1958 e il 2005, in particolare durante il regime di Étienne Gnassingbé Eyadéma. Mons. Barrigah-Bénissan, vescovo di Atakpamé, e presidente della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale del Togo, è stato chiamato a guidare la Commissione nel giugno 2009. Nato nel 1963 e ordinato sacerdote nel 1987, il presule è, al tempo stesso, un uomo di Chiesa e diplomatico. Dopo avere studiato diritto canonico presso la Pontificia Università Urbaniana e diplomazia presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica, è stato segretario di nunziatura prima in Rwanda, poi in Salvador e in Costa d’Avorio. Nel 2007 è stato consigliere di nunziatura in Israele. È stato quindi ordinato vescovo di Atakpamé il 9 marzo 2008. Oltre a presiedere la Commissione Giustizia e Pace, è anche responsabile per la pastorale dei laici della Conferenza episcopale togolese. (I.P.)

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    Guinea: i vescovi ricevuti a Conakry dal nuovo primo ministro

    ◊   “Siamo venuti a felicitarci con lui e ad incoraggiarlo per questo lavoro difficile ma nobile per il nostro Paese. Siamo venuti ad assicurargli anche le nostre preghiere, poiché, come dice la Bibbia, ‘Se Dio non costruisce la casa, invano faticano i costruttori’. Quali che siano le possibilità materiali, finanziarie e umane, se Dio non è con noi, noi non riusciremo”: è quanto ha detto a nome dei vescovi della Guinea mons. Vincent Coulibaly, arcivescovo di Conakry e presidente della Conferenza episcopale, dopo l’incontro, nello scorso week end con il nuovo primo ministro Jean Marie Doré. “Dobbiamo lavorare nella benedizione di Dio – ha dichiarato il primo ministro – perché le nostre piccole insufficienze non intralcino il nostro cammino verso la crezione di una nazione fondata sui valori perenni”. Insieme a mons. Coulibaly, hanno incontrato il primo ministro della Guinea mons. Emmanuel Félémou, vescovo della diocesi di Kankan, mons. Raphael Balla Guilavogui, vescovo di N’zérékoré, e il nunzio apostolico mons. Martin Krebs. (T.C.)

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    Hong Kong: la Corte d’appello boccia il ricorso della Chiesa cattolica per la libertà delle scuole

    ◊   La Corte di appello di Hong Kong ha decretato ieri che la riforma del governo sul nuovo ordinamento per l’amministrazione delle scuole è in linea con la costituzione del territorio. Secondo la diocesi di Hong Kong il nuovo ordinamento varato nel 2004, lede alla libertà di educazione della Chiesa. In un comunicato diffuso ieri ripreso dall'agenzia AsiaNews, la diocesi esprime “disappunto” per la decisione della Corte e riafferma il suo impegno a gestire le scuole secondo gli accordi stipulati nel ’97. La diocesi di Hong Kong si era appellata proprio perchè vedeva la nuova riforma scolastica contraria alla Basic Law, la costituzione del territorio, voluta da Cina e Gran Bretagna, che stabilisce per “per 50 anni non si cambia nulla”. Invece, a parere dei cattolici e di altre personalità cristiane anglicane e metodiste, la nuova riforma tende a cambiare di molto la situazione sociale, togliendo responsabilità ai gestori della scuola (sponsoring bodies, Sb) e limitando o eliminando la loro proposta educativa. La nuova riforma scolastica voluta dal governo dal 2002, prevede che in ogni scuola sovvenzionata da esso, vi sia un nuovo organismo, l’ “incorporate management committee (Imc)”, in cui vi sono rappresentanti eletti dei genitori e degli alunni oltre a figure nominate dal governo. Essi sono gli ultimi responsabili dell’organizzazione della scuola. Sebbene il 60% dei rappresentanti dovrebbe essere scelto dagli Sb, le Chiese cristiane temono che in questo modo la proposta educativa venga politicizzata; che il governo prima o poi venga a determinare i contenuti educativi e che infine gli Sb vengano emarginati. Finora solo metà delle 850 scuole finanziate dal governo hanno accettato di attuare l’Imc. La diocesi di Hong Kong ha detto che rifletterà sulla sentenza di ieri e vedrà il da farsi. Le Chiese metodiste sono del parere che se gli Sb non hanno totale libertà nel gestire la proposta educativa, è meglio abbandonare le scuole e ridarle al governo. Anche la Chiesa anglicana è di questo parere. (R.P.)

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    Repubblica Dominicana: per i vescovi "trionfa la vita" nella nuova Costituzione

    ◊   La nuova Costituzione della Repubblica Dominicana garantisce il diritto alla vita dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Il dipartimento stampa della Conferenza episcopale della Repubblica Dominicana ha informato l’agenzia Fides che “dopo una lunga battaglia con i gruppi pro-aborto e contro gli interessi internazionali che premevano sul governo per fare in modo che nella nuova Costituzione si approvasse il diritto ad uccidere (l’aborto), ha trionfato la vita”. “La Chiesa cattolica – prosegue il testo - era diventata la parte dell’opposizione e per questo ha ricevuto critiche ed è stata oggetto di sarcasmo, ma alla fine Dio ha permesso che nella nostra Costituzione sia rispettata la vita dal momento del concepimento fino alla morte naturale”. A seguito di una discussione durata quasi sette mesi in parlamento, poi diventato Assemblea Nazionale di Revisione, è stata approvata la nuova Costituzione della Repubblica Dominicana, che sostiene e "difende la vita dal concepimento fino alla sua morte naturale". Dopo l'annuncio ufficiale da parte del presidente dell'Assemblea, Reinaldo Pared Pérez, il presidente della Repubblica Dominicana, Leonel Fernández, ha dichiarato che la nuova Costituzione è "la Costituzione del secolo XXI". La nuova Costituzione Dominicana che penalizza l'aborto è entrata in vigore il 26 gennaio, il giorno di Juan Pablo Duarte (il principale “Padre della Patria” Dominicana) ed è stata approvata dal Congresso nazionale dominicano. La difesa della vita è stata una delle questioni più controverse durante l'assemblea, che alla fine ha approvato l'articolo 37 della Costituzione in cui si afferma che "il diritto alla vita è inviolabile dal suo concepimento fino alla morte. Non può essere stabilita, pronunciarsi né applicarsi, in nessun caso, la pena di morte". (R.P.)

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    Gaza: il 67,5% dei palestinesi a favore di un accordo di pace con Israele

    ◊   Il 67,5% degli abitanti di Gaza è favorevole ad un accordo di pace con Israele, ed il 52,8 giudica possibile la pace tra israeliani e palestinesi quando i bambini di oggi diventeranno adulti. Sono alcuni dei dati che emergono da un sondaggio – di cui riferisce l’agenzia Sir - del Palestinian Center for Public Opinion (Pcpo), diretto da Nabil Kukali, cristiano, docente alla Hebron University, in Cisgiordania. L’indagine è stata condotta su un campione di 1450 abitanti della Striscia dai 18 anni in su. Il 51,2% degli intervistati definisce “cattiva” la situazione economica della Striscia, con problemi legati alla sicurezza (38,3), al lavoro (23), alla salute (16,2), al futuro in generale (22,5). Tant’è che il 40,2% emigrerebbe se si aprissero le frontiere. Sulla divisione tra Hamas e Fatah il risultato parla chiaro: per il 48,2% la riunificazione tra le due fazioni è “priorità assoluta”, ancor più della ricostruzione dopo la distruzione operata dagli israeliani (21,2) e dell’apertura delle frontiere (29). Per riunificare Fatah e Hamas servono “seri negoziati” (48,1). In chiave elettorale risultano, infine, interessanti le indicazioni di voto degli intervistati: “il 27% sceglierebbe l’attuale presidente Mahmoud Abbas, il 15,3 il leader di Fatah in prigione in Israele, Marwan Barghouti, seguono distanziati gli esponenti di Hamas, l’ex premier Ismail Haniyeh (9,8) e Khaled Mishal (2). (R.G.)

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    Terra Santa: forte presenza degli Ordini contemplativi nei 23 monasteri femminili e maschili

    ◊   Un vero e proprio «tesoro prezioso»: così il patriarca latino di Gerusalemme mons. Fouad Twal ha più volte definito la presenza orante dei monaci e delle monache in Terra Santa. Per chi si trova a condividere le gioie e le sofferenze della Chiesa di Gerusalemme, la missione è anche quella di farsi carico dei problemi di cui soffrono tanti uomini e donne a causa delle guerre, dell’assenza di pace, della povertà, della fame, della mancanza di lavoro, delle persecuzioni, delle divisioni nella Chiesa, della mancanza di sacerdoti, senza trascurare i bisogni personali delle famiglie e degli individui che chiedono consiglio e preghiera. I monasteri in Terra Santa possono essere luoghi dove fioriscono il dialogo ecumenico e interreligioso. Con la loro preghiera, l'apertura, l'accoglienza, l'ospitalità e gli scritti, i monaci riflettono il vero volto della Chiesa, sono strumento di salvezza per tutta l'umanità. Secondo le statistiche pubblicate dalla rivista Pro Orantibus, edita dal Segretariato assistenza monache, il numero delle contemplative è oggi preponderante in Terra Santa: tre volte più alto di quello dei monaci. In rapporto alla comunità cristiana di Israele e Palestina (circa 170 mila cristiani), il numero delle monache e dei monaci è consistente: 184 le donne, 64 gli uomini, distribuiti in 23 case. Si tratta di una statistica comunque incompleta, perché si riferisce agli ordini della Chiesa cattolica. Non sappiamo quanti siano i monaci e le monache ortodossi, copti, siriaci ed etiopi. Tra le comunità femminili di vita contemplativa, ricordiamo le clarisse (26 sorelle), le carmelitane (66) le benedettine (22), le Suore di Sion (6), le Monache Melchite (12), le Monache di Betlemme, dell'Assunzione della Vergine e di San Bruno (40), le Suore della Piccola Famiglia dell'Annunziata (12).  Dal luglio 2007, inoltre, presso la Grotta del Latte, a Betlemme, si è stabilito un piccolo gruppo di Adoratrici perpetue del SS. Sacramento. Le comunità maschili vedono la presenza dei trappisti (13 monaci), dei benedettini (20), dei monaci di Betlemme, dell'Assunzione della Vergine e di S. Bruno (25), della Piccola Famiglia dell'Annunziata (6). (T.C.)

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    Canada: Conferenza ad Hamilton in Canada sulla crisi idrica nel mondo

    ◊   Sono riuniti ad Hamilton, nell’Ontario in Canada, centinaia di esperti dell’Onu e decine di organismi internazionali per dibattere di crisi idrica mondiale e concordare nuove strategie d’azione. In base ai dati diffusi durante la Conferenza – di cui riferisce l’agenzia Misna - oltre 3 milioni e mezzo di persone muoiono ogni anno in tutto il mondo per problemi legati alla scarsità d’acqua potabile, che spesso si associano a condizioni di estrema povertà o disagio sociale. Il progressivo riscaldamento del pianeta, secondo gli scienziati, interferisce con il ciclo idrico naturale, alterandolo con conseguenze difficili da prevedere. “I cambiamenti climatici – ha sottolineato il canadese Zafar Adeel, presidente di “UN-water”, l’organizzazione delle Nazioni Unite per le risorse idriche - stanno causando gravi modifiche al ciclo dell’acqua in tutto il mondo, con gravissime ripercussioni sulla distribuzione delle piogge e l’accesso all’acqua potabile in molte regioni del pianeta”. “Virtualmente tutte le conseguenze dei cambiamenti climatici vengono espresse attraverso l’acqua, in una forma o nell’altra: tempeste più violente, precipitazioni irregolari, alluvioni o il rapido scioglimento dei ghiacciai” ha aggiunto Adeel. E mentre si cerca sempre di più di trattare l’acqua come un qualsiasi prodotto commerciale, con gruppi di pressione che spingono per la privatizzazione di questo bene primario, gli esperti, riuniti in Canada per immaginare strategie con cui contrastare le crisi idriche che minacciano la salute umana e la sicurezza internazionale, ricordano il valore strategico dell’oro blu. “Il mio obiettivo è dimostrare l’importanza delle questioni legate all’acqua nei dibattiti politici globali: dalla crisi finanziaria in corso, a quella alimentare, dai cambiamenti climatici alla pace e alla stabilità internazionale. L’acqua è centrale in ognuno di questi dibattiti, ma le classi dirigenti, normalmente, non se ne accorgono neanche” ha concluso il presidente di ‘UN-Water’ (R.G.)

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    Uscito il primo numero della rivista della Chiesa cattolica d'Algeria

    ◊   “Pax et concordia”: si chiama così il nuovo trimestrale della Chiesa cattolica d’Algeria nata da un’idea dell’Assemblea interdiocesana del 2004. La rivista, che affiancherà i bollettini delle diverse diocesi, vuole essere una pubblicazione comune dove possano trovare spazio informazione e riflessione. Tra le pagine del periodico una rubrica – Sguardo sull’Algeria – proporrà articoli sulla storia dell’Algeria, e accanto ad un dossier che di volta in volta presenterà un aspetto della società algerina, ci sarà spazio per l’attualità dalle quattro diocesi di Algeri, Costantina-Ippona, Laghouat e Orano. Avranno voce anche i sacerdoti e gli studenti cristiani e non mancheranno recensioni di libri, meditazioni ed ancora articoli sul dialogo islamo-cristiano. “Pax et concordia” si può anche scaricare sul sito della Chiesa d’Algeria, www.ada.asso.dz. “Questo bollettino interdiocesano è il segno e il frutto di questa collaborazione fra le quattro diocesi della nostra Chiesa e il frutto degli sforzi di persone di tutte le diocesi – scrive nell’editoriale mons. Ghaleb Bader, arcivescovo di Algeri – è il frutto e il segno dell’unità della nostra Chiesa d’Algeria, dei suoi vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, fedeli … Ma anche dell’unità della sua missione e della sua vocazione in questo Paese”. “Vorrei che questo bollettino – aggiunge mons. Bader – fosse un segno di vitalità della nostra Chiesa e un segno di speranza per il suo avvenire. Questa Chiesa, malgrado i tempi difficili che ha dovuto attraversare e le difficoltà di tutti i tipi alle quali deve ancora ogni giorno far fronte, è ancora vivente, attiva e non ha paura di intraprendere nuove iniziative e di migliorare i suoi servizi”. Il nome della testata interdiocesana, “Pax et concordia”, si riferisce al celebre mosaico rinvenuto a Tipasa, sito romano a 60 chilometri da Algeri, in cui è riportata la frase “In Deo, pax et concordia, sit convivio nostro” che la Chiesa d’Algeria vuole intendere nel senso :“Attraverso la grazia di Dio, che la pace e la concordia regnino sull’Algeria e fra tutti i bambini nella loro diversità, e che questa rivista apporti il suo contributo”. (T.C.)

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    Inchiesta sulla preparazione al matrimonio dei giovani cattolici inglesi

    ◊   La Chiesa d'Inghilterra e del Galles celebra dall'8 al 14 febbraio la «Marriage week». Per questa occasione, monsignor John Hine, amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Southwark, in qualità di presidente del Committee for Marriage and Family Life della Conferenza episcopale di questo Paese, ha lanciato un sondaggio sulla preparazione delle giovani coppie al sacramento del matrimonio. A partecipare a questa indagine - riferisce l'OsservatoreRomano - pubblicata in rete sul sito www.catholicchurch.org.uk, sono chiamati sia i futuri sposi sia quanti operano nelle diocesi e nelle singole parrocchie per la preparazione dei giovani a questo sacramento attraverso i corsi prematrimoniali. Il sondaggio non intende solo raccogliere dati statistici ma anche conoscere le idee di tanti giovani cattolici sul significato dell'unione matrimoniale alla luce della dottrina della Chiesa cattolica e sul ruolo che la coppia cristiana è oggi chiamata a svolgere in una società in gran parte secolarizzata. In occasione di una recente visita al Pontificio Consiglio per la Famiglia, monsignor Hine aveva ricordato che «il sacramento del matrimonio è una benedizione che dura per tutta la vita e non giusto il giorno della cerimonia. La preparazione per questo importante impegno è quindi un passo essenziale nel percorso verso la vita matrimoniale». Monsignor Hine aveva in questa occasione anche sottolineato che il sondaggio che si tiene ora in vista della «Marriage week» «sarà certamente utile per fornire a noi vescovi della Chiesa d'Inghilterra e del Galles indicazioni utili su come possiamo sviluppare nel futuro il nostro ministero verso la famiglia». Tra le domande del questionario rivolte ai futuri sposi, alcune riguardano le motivazioni che li hanno spinti a partecipare ai corsi pre-matrimoniali e come questi hanno influenzato la relazione della giovane coppia. Per quanto riguarda, invece, le domande rivolte agli operatori, religiosi e laici, che gestiscono questi corsi, molte di queste intendono approfondire quali sono gli argomenti che vengono maggiormente discussi e come è da loro vissuta questa speciale missione. Elizabeth Davies, coordinatrice del Family Life Project, ha dichiarato che «l'indagine promossa dal Comitato per il matrimonio e la famiglia è sicuramente un utile strumento d'informazione per tutti noi che abbiamo il compito di fornire le linee guida per gli operatori dei corsi prematrimoniali». (L.Z.)

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    Consiglio d'Europa: documento invita i governi a non chiamare "illegali" gli immigrati

    ◊   “La criminalizzazione relativa all’ingresso e alla presenza di immigrati irregolari nei paesi europei contravviene ai principi stabiliti dalle norme di diritto internazionale”: lo afferma il commissario per i diritti umani al Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg in un documento presentato oggi a Bruxelles sulle ricadute, in termini di violazione dei diritti umani, delle politiche che criminalizzano l’immigrazione. “Ho constatato con crescente preoccupazione il diffondersi di questa tendenza presentata addirittura come uno dei punti portanti delle strategie di gestione dell’immigrazione” precisa Hammarberg, aggiungendo che “i Paesi hanno un diritto legittimo a controllare le loro frontiere, ma la criminalizzazione è una misura sproporzionata, che può avere come conseguenza la stigmatizzazione e marginalizzazione dei migranti”. Il commissario raccomanda inoltre di abolire l'uso del termine “immigrazione illegale” sia nelle dichiarazioni pubbliche sia sulla stampa sottolineando che “la scelta del linguaggio è molto importante per l’immagine che le autorità inviano alla loro popolazione e al resto del mondo”. L’essere immigrato può in tal modo associarsi, attraverso un uso improprio del linguaggio, “ad atti illegali previsti del codice penale – avvisa Hammarberg – con la conseguenza che tutti gli immigrati vengono macchiati col sospetto”. Il documento fa un quadro delle norme vigenti nei 47 Paesi del Consiglio d’Europa e sulle direttive Ue, rilevando “una crescente presenza dell'aspetto illegale dell'immigrazione a partire dal 2003”. Lo studio - riferisce l'agenzia Misna - cita esplicitamente l'Italia ricordando la legge, approvata nel 2008, che fa diventare reato l’affitto di locali a immigrati irregolari e ricorda la proposta avanzata nel 2009 per eliminare dal cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ l’obbligo per il personale medico di informare le autorità sulle richiesta di assistenza da parte di immigrati irregolari. Hammarberg sollecita inoltre i governi “a non introdurre reati che si applicano ‘esclusivamente’ a cittadini stranieri” in modo da “separare i cittadini europei dagli stranieri facendo passare il messaggio che il contatto con loro è rischioso e può portare ad azioni penali”. Il commissario osserva inoltre “nessuno dovrebbe essere sottoposto a detenzione per il solo fatto di non essere cittadino di un certo Paese” così come non ci dovrebbero essere “differenze di accesso di servizi sociali sulla base esclusiva della nazionalità”. (R.P.)

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    Sud Corea: la Congregazione orionina apre a Changwon un centro per gli immigrati

    ◊   “Un discreto eppure grande evento”: così don Flavio Peloso, Superiore generale della Congregazione orionina, ha definito l’inaugurazione di un servizio di assistenza agli immigrati a Changwon, in Corea del Sud. “È una ‘ripartenza’ all’orionina – ha aggiunto – una ‘ripartenza’ dai più poveri, senza tanti mezzi. Ma dove arriva Gesù succede sempre qualcosa di nuovo e di bello”. La nuova opera di assistenza è intitolata alla Madonna della Divina Provvidenza ed è momentaneamente ospitata dagli ambienti di un centro sociale della diocesi; tuttavia, è già in programma l’apertura di nuovi locali. Città prettamente industriale situata sulla costa della Corea del Sud, Changwon ha circa un milione di abitanti e vede un cospicuo flusso di immigrati, in cerca di un lavoro stabile. L’inaugurazione del centro di assistenza è stato preceduto da un altro atto molto significativo: la firma della “convenzione” tra il vescovo di Masan, mons. Ahn Myeong Ok, e Don Peloso. Tale firma ha, infatti, siglato ufficialmente l’incardinazione di una comunità orionina in Corea del Sud. “Da una decina d’anni - ha sottolineato don Peloso - l'apertura in questo Paese è stata prima nel desiderio e poi nella programmazione, nel quadro dello sviluppo in Asia, dopo le Filippine e l’India. Ora è diventata realtà. Dopo i contatti personali, dopo il primo inserimento esplorativo nel 2006-2007, ora i due confratelli coreani Bernardo Seo Young-Tae e Andrea Kim Tae Gun e il chierico bielorusso Yury Prakapiuk formano la prima comunità residente in Corea del Sud”. (I.P.)

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    Comune di Roma: sono 300mila i residenti stranieri

    ◊   Sono circa 300mila i residenti stranieri nel Comune di Roma, 123.635 nei restanti comuni della Provincia, 83.791 nelle altre province laziali. Ad essi si aggiungono circa altri 50 mila in attesa di essere iscritti presso le anagrafi e un numero ancora più alto di persone registrate nel Lazio nel corso del 2009, tra cui 36.659 colf e badanti per le quali è stata presentata la domanda di regolarizzazione nel mese di settembre 2009. Sono alcuni dati contenuti nell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni – giunto quest’anno alla 6.a edizione – elaborato dalla Caritas di Roma e che sarà presentato oggi pomeriggio nella capitale. Nella provincia romana il documento, di oltre 400 pagine, richiama l’attenzione su l’età media bassa (31,4 anni), la prevalenza delle donne (53,8%), il consistente apporto degli occupati immigrati (165.000), i nuovi nati da entrambi, i genitori stranieri (5.290), il consistente numero di minori (71.170, dei quali circa 7 su 10 nati in Italia), l’aumento delle aziende con titolare straniero anche in periodo di crisi (23.018), l’aiuto ai Paesi di origine attraverso le rimesse (1,7 miliardi di euro) e l’interesse alla nostra lingua attraverso la frequenza a corsi di italiano per adulti (13.514 nella sola Capitale). “Roma è cambiata in questi ultimi trent’anni – afferma Franco Pittau, referente scientifico dell’Osservatorio - in simbiosi con l’immigrazione: un fenomeno che, pur comportando dei problemi, assicura un indispensabile apporto allo sviluppo dell’area romano-laziale”. Nel volume sono presenti approfondimenti su diverse collettività, a partire da quelle romena e cinese, ma anche su temi scottanti come quello dei rom e dei sinti o della criminalità. “L’immigrazione – scrive il direttore della Caritas romana, mons. Enrico Feroci nell’introduzione – è la risorsa che la storia ci mette a disposizione per far fronte alle nostre lacune demografiche e occupazionali”. “Se è vero - scrive ancora mons. Feroci – che l’Italia non può aprire le porta tutti i potenziali migranti del mondo e ha bisogno di leggi per regolamentare equamente i flussi e gli insediamenti, dire no a una Italia multietnica ha veramente poco senso, perché significa schierarsi conto la storia. Senza l’immigrazione il futuro dell’Italia non sarebbe concepibile”. (R.P.)

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    Caritas romana: raccolta fondi per la ristrutturazione dell'ostello "Di Liegro"

    ◊   Affissioni nelle stazioni ferroviarie, depliant sui treni, negli autobus e nei vagoni della metropolitana di Roma, biglietti dell’autobus con slogan personalizzato, ed il servizio “Chiama Roma 060606” che promuoverà l’iniziativa. È la prima parte della campagna “Un cuore in stazione” per la riqualificazione dell’Ostello “Don Luigi Di Liegro” della Caritas diocesana di Roma alla Stazione Termini presentata ieri a Roma e che vede impegnate, insieme alla Caritas, il Comune di Roma, il Gruppo Ferrovie dello Stato ed Enel Cuore Onlus. L’Ostello con la mensa saranno visitati il prossimo 14 febbraio da papa Benedetto XVI. Da oggi - riferisce l'agenzia Sir - anche la prima fase di una campagna di comunicazione con la quale il Campidoglio vuole coinvolgere tutta la città. Dopo l’affissione di 3000 manifesti verranno diffusi messaggi dal notiziario di RomaRadio, sui display installati nei circuiti della metropolitana. In questi giorni inoltre, centinaia di volontari del Gruppo FS, sui treni e nelle stazioni, stanno raccogliendo fondi per finanziare i lavori di ristrutturazione dell’Ostello Caritas “Don Luigi Di Liegro” offrendo ai viaggiatori cioccolatini in cambio di un contributo. La raccolta rientra in un più ampio programma di iniziative di solidarietà e sensibilità sociale pianificate da Ferrovie dello Stato nell’Anno Europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Iniziative – spiega un comunicato - mirate a “superare l’indifferenza che circonda gli emarginati e dare loro una speranza”, come la concessione in comodato d’uso ad Associazioni di immobili ferroviari, in tutto il territorio nazionale, per ospitare ostelli e centri diurni. Enel Cuore Onlus sostiene la riqualificazione dell’Ostello “Don Luigi di Liegro” con un contributo di 600 mila euro per la ristrutturazione della mensa che offre ogni giorno 500 pasti. L’Ostello “Don Luigi Di Liegro” è sorto nel 1987 su iniziativa dell’allora direttore della Caritas a cui ora è dedicato, in un immobile messo a disposizione dalle Ferrovie dello Stato e fin dall’inizio opera in convenzione con il Comune di Roma. Pensato come luogo “accogliente e confortevole per ospitare i senza dimora per brevi periodi”, vi operano professionisti, operatori sociali e volontari. Da allora hanno trovato un riparo temporaneo oltre 9 mila senza dimora che, oltre all’assistenza immediata hanno incontrato persone disposte ad “ascoltarli, a credere alla loro richiesta di aiuto, a dare una parola di conforto e, quando possibile, a trovar loro una sistemazione non temporanea. Negli anni chi era in difficoltà ha imparato a conoscerlo, vi ha fatto ritorno ogni qualvolta ha avuto bisogno di trovare uno spazio amico, anche soltanto per essere ascoltato, riconosciuto”. (R.P.)

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    Messa presieduta dal cardinale Bagnasco, per il 42.mo della Comunità di Sant'Egidio

    ◊   La Comunità di Sant'Egidio festeggerà oggi pomeriggio il suo 42 mo anniversario con una Messa alle 18.30 a San Giovanni in Laterano, presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Saranno presenti - informa una nota - anzitutto i poveri insieme a vescovi e cardinali, ambasciatori, rappresentanti delle istituzioni e delle comunità nel mondo. La Comunità di Sant'Egidio, nata a Roma nel febbraio del 1968, raccoglie oggi oltre 50 mila membri, tutti volontari, in più di 70 Paesi. Tra i presuli, parteciperà anche mons. Pierre Dumas, vescovo di Haiti, sostenuto dalla Comunità in aiuto alla popolazione colpita dal recente sisma. Un anno speciale il 2009 segnato dalla visita straordinaria di Benedetto XVI alla Comunità di Sant’Egidio e alla mensa per i poveri di Roma, il 27 dicembre scorso festa della Sacra Famiglia. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuova scossa di terremoto ad Haiti: il bilancio dei morti sale a 200 mila

    ◊   Una scossa di terremoto di magnitudo 4.6 è stata registrata ad Haiti poco dopo la mezzanotte di oggi, ora locale, (le sei in Italia) dal Servizio geologico degli Stati Uniti (Usgs). Secondo quanto rende noto sul suo sito web l'Usgs, l'epicentro della scossa è stato localizzato a 40 chilometri a ovest di Port-au-Prince, capitale dello Stato caraibico devastato dal sisma di magnitudo 7 del 12 gennaio scorso. Intanto, si parla delle ultime cifre ufficiali: oltre 200 mila i morti e circa 4 mila le persone che hanno subito amputazioni: sono solo due dei dati resi noti ieri sera ad Haiti. A fornire la nuova tragica stima è stato il premier haitiano, Jean Max Bellerive.

    I talebani afghani rifiutano la proposta della Conferenza di Londra
    I talebani afghani considerano ''irrealisticò' ed ''impraticabile'' il cammino per la soluzione della crisi tracciato nella recente Conferenza di Londra e respingono fra l'altro quella che definiscono ''la mazzetta politica" costituita dallo stanziamento di 500 milioni di dollari da offrire all'opposizione. In un commento dal titolo ''L'impraticabile decisione della Conferenza di Londra", pubblicato nel loro sito Internet, i talebani sostengono che ''gli americani ed i britannici hanno sempre le mani direttamente o indirettamente impegnate nell'organizzazione di questo tipo di conferenze e vogliono raggiungere obiettivi che non sono riusciti ad ottenere sul campo di battaglia". Intanto, forze militari afghane e internazionali hanno lanciato un’offensiva nella provincia afghana meridionale di Helmand, uccidendo almeno 32 talebani.

    Uccisi 12 talebani in Pakistan nell’offensiva militare in Bajaur
    Le Forze di sicurezza pakistane hanno continuato la loro offensiva nella Bajaur Agency, una delle aree tribali amministrate federalmente (Fata) alla frontiera con l'Afghanistan, causando pesanti perdite ai talebani che vi operano. Lo riferiscono oggi i media ad Islamabad. In particolare, scrive oggi il quotidiano Daily News, aerei ed elicotteri hanno bombardato nascondigli dei fondamentalisti islamici in varie aree di Mamoond, uccidendone 12 e permettendo alle forze di sicurezza di prendere il pieno controllo di Damadola. L'offensiva in questa zona, considerata una strategica base dei talebani, è cominciata domenica scorsa con l'uccisione di 23 talebani ed ha registrato una decisiva svolta quando le Forze di sicurezza pakistane hanno preso il controllo delle alture di Khaza.

    M.O. - Riunione tra tutte le maggiori fazioni palestinesi a Gaza
    Una riunione informale fra esponenti di tutte le maggiori fazioni palestinesi ha segnato oggi a Gaza, dopo diversi mesi di gelo, la riapertura di uno spiraglio verso l'accordo di riconciliazione nazionale mediato finora invano dall'Egitto. L'incontro, riferisce da Ramallah l'agenzia Maan, è avvenuto all'indomani dell'arrivo nella Striscia di Gaza - la porzione di territorio palestinese passata nel 2007 sotto il controllo degli islamico radicali di Hamas - di un esponente di primo piano del Fatah, il partito laico di Abu Mazen, presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), rimasto al potere nella sola Cisgiordania. Segnali di dialogo sono intanto giunti dallo stesso premier del governo di fatto di Hamas nella Striscia, Ismail Haniyeh, il quale ha parlato di ''porte aperte'' a Shaat. Nei giorni scorsi, era stato Abu Mazen a mettere da parte i feroci scambi polemici degli ultimi mesi e a dirsi fiducioso sulla possibilità di un rendez-vous imminente in Egitto per la firma di quella proposta di riconciliazione che il Cairo ha delineato nei mesi scorsi. Ma rispetto alla quale Hamas, al contrario di Fatah, non ha ancora tolto le sue riserve.

    Conclusa ieri la visita di Berlusconi in Israele e Betlemme
    Il premier italiano, Silvio Berlusconi, ha terminato ieri la visita in Israele, dopo essersi recato nel pomeriggio a Betlemme per incontrare il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen. In mattinata, Berlusconi aveva tenuto un discorso alla Knesset, nel quale aveva definito “giusta” la reazione con bombardamenti di Israele ai razzi Qassam lanciati da Gaza, ma l'Anp ha scelto la strada di non alimentare polemiche e nell'incontro col presidente del Consiglio italiano, secondo quanto riferito da fonti palestinesi, ha preferito non affrontare il tema di Gaza. Berlusconi ha confermato ad Abu Mazen la ''sincera e forte volontà'' del primo ministro Benjamin Netanyahu di riprendere i negoziati e quella italiana di sostenerli anche finanziariamente, mettendo a disposizione la città di Erice per eventuali round negoziali e riconfermando l'idea di lanciare un piano Marshall per la Palestina.

    Italia: riforma delle scuole superiori e legittimo impedimento
    In Italia, via libera stamane del Consiglio dei ministri alla riforma che riordina l'istruzione secondaria superiore. Il riordino che riguarda licei, istituti tecnici e professionali sarà attuato dal prossimo anno scolastico (2010-2011), a partire dalle sole prime classi. La riforma prevede uno sfoltimento degli indirizzi di studio: i licei diventeranno 6 (dagli attuali 450 indirizzi tra sperimentazioni e progetti assistiti), gli istituti tecnici da 10 con 39 indirizzi scenderanno a 2 con 11 indirizzi, i professionali da 5 corsi e 27 indirizzi saranno snelliti a 2 corsi e 6 indirizzi. E ieri, alla Camera, è stato approvato, tra le contestazioni, il testo sul legittimo impedimento, che ha raccolto a Montecitorio 316 voti a favore, 239 contrari e 40 astensioni, e che ora passerà all’esame del Senato. In sostanza, permette al presidente del Consiglio e ai ministri di non comparire per 18 mesi alle udienze giudiziarie in caso di concomitanti impegni istituzionali.

    La Cina difende le sanzioni contro gli Usa e critica Obama sullo yuan
    E' stata una decisione ''appropriata" quella presa dal governo di Pechino di imporre sanzioni ad aziende statunitensi in risposta alla vendita di armamenti da parte di Washington a Taiwan. Lo ha sottolineato oggi il portavoce del Ministero degli esteri cinese, Ma Zhaoxu, in conferenza stampa a Pechino. Intanto, la Cina ha denunciato oggi ''accuse e pressioni infondate'' da parte del presidente americano, Barack Obama, sul tasso di cambio dello yuan, sostenendo che esse non ''aiuteranno a risolvere il problema". Ieri, Obama aveva sottolineato la necessità di una “maggiore fermezza” nel costringere Pechino a rispettare gli accordi commerciali sottoscritti e aveva rilevato che il tasso di cambio “non realistico” dello yuan rispetto al dollaro “gonfia artificialmente” il prezzo dei prodotti americani, mentre “riduce altrettanto artificialmente” il prezzo dei prodotti cinesi. Il portavoce Ma Zhaoxu ha replicato oggi, negando che il tasso di cambio della valuta di Pechino sia all'origine del surplus commerciale della Cina rispetto agli Usa. “Il tasso dello yuan è a un livello ragionevole e la Cina non sta perseguendo deliberatamente un surplus commerciale con gli Stati Uniti”, ha detto.

    Sri Lanka
    Il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, ha celebrato oggi il 62.mo anniversario dell'indipendenza nazionale, sottolineando che “è il primo dalla sconfitta del terrorismo” rappresentato dall'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte). Intervenendo ad una cerimonia a Kandy, nel centro-sud del Paese, Rajapaksa - che il 26 gennaio scorso ha vinto le elezioni presidenziali anticipate - ha assicurato che il suo impegno è quello di "ricostruire il Paese specialmente nelle aree che sono state devastate durante i 30 anni di conflitto", nel nord e nell'est dell'isola. Prendendo quindi la parola in Tamil, il capo dello Stato ha sostenuto che “ora la azione deve risolvere i suoi problemi attraverso il dialogo”. Intanto, i media cingalesi hanno segnalato che circa 10 mila persone hanno manifestato ieri a Colombo a sostegno della denuncia di brogli elettorali presentata dal candidato dell'opposizione, Sarath Fonseka. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 35

     
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