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Sommario del 03/02/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all'udienza generale: nella Chiesa bruci il fuoco missionario di San Domenico. Chi serve il Vangelo non cerca potere o carriera
  • La vita consacrata, segno dell'amore di Cristo in un mondo dominato da effimero e utile: così il Papa nella Festa della Presentazione del Signore
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Haiti: arriva la portaerei Cavour. Mons. Dumas: no alle polemiche sugli aiuti
  • Allarme Onu: sempre meno bambini nel mondo
  • Iran: aperture sul programma nucleare
  • Usa e Russia verso la riduzione delle armi nucleari
  • Il vescovo di Assisi sull'occupazione: evitare guerre tra poveri
  • Chiesa e Società

  • Il Patriarca ortodosso russo Kirill: "con il Papa una visione comune sull'Europa"
  • Assemblea Kek: il presidente auspica relazioni più strette con la Chiesa cattolica
  • India: contestata la delegazione Ue in visita tra i cristiani perseguitati dell’Orissa
  • Haiti-Repubblica Dominicana: incontro tra i vescovi dei due Paesi per organizzare gli aiuti
  • Haiti: aiuti mirati della Caritas italiana per 200 mila terremotati
  • Perù: 25 anni fa la visita di Giovanni Paolo II. Messaggio di Benedetto XVI
  • Brasile: oggi a Porto Alegre incontro sulla comunicazione in America Latina-Caraibi
  • Rapporto Unesco: luci ed ombre sull'istruzione nel mondo
  • La Caritas Internationalis invita a porre i valori al centro dell’economia
  • Terra Santa: il patriarca Twal chiede di rafforzare la comunione nella Chiesa
  • Celebrazione in Kenya dei 100 anni delle Missionarie della Consolata
  • Eretta in Kuwait una quarta parrocchia, dedicata a San Daniele Comboni
  • India: oltre mille religiosi attesi a Vailankanni per il Congresso dei sacerdoti
  • Sri Lanka: Amnesty denuncia repressione postelettorale a danno di giornalisti e attivisti
  • I giovani di Taizé in pellegrinaggio a Manila
  • Giappone: “blog vocazionali” per incoraggiare al sacerdozio e alla vita religiosa
  • Il Crocifisso rappresenta l’identità italiana: il ricorso dell’Italia a Strasburgo
  • Appello di stampa e movimenti missionari: non chiudere le sedi Rai nel sud del mondo
  • Caso Crisafulli: Salvatore vuole vivere
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iraq: 20 pellegrini uccisi a Kerbala durante una festa sciita
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all'udienza generale: nella Chiesa bruci il fuoco missionario di San Domenico. Chi serve il Vangelo non cerca potere o carriera

    ◊   Un Ordine religioso di predicatori-teologi che ha rinnovato la Chiesa del Medioevo e continua ad insegnare a quella contemporanea che un cristiano, specie se consacrato, ha tra i suoi doveri l’annuncio del Vangelo e la carità vissuta e non la carriera o il potere. E’ questo l’insegnamento che Benedetto XVI ha desunto dalla vita e dall’apostolato di San Domenico, alla cui figura ha dedicato l’udienza generale di questa mattina in Aula Paolo VI. Il Papa ha anche esortato vescovi e sacerdoti a curare la “dimensione culturale” della fede. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Un giovane della nobiltà castigliana medievale che brilla per il suo “interesse nello studio” delle Sacre Scritture, ma che non esita a vendere i suoi libri – allora un “bene di grande valore” – per “soccorrere con il ricavato le vittime di una carestia”. E più tardi, un sacerdote brillante che una volta eletto a una carica di visibilità e prestigio nella Chiesa e nella società non considera l’incarico “come un privilegio personale”, bensì come “servizio da rendere con dedizione e umiltà”. Sono queste peculiarità personali di Domenico di Guzman – che un giorno costituiranno lo stile di un intero Ordine religioso – ad attirare Benedetto XVI e a suggerirgli un primo raffronto con la realtà ecclesiale di oggi:

     
    “Non è forse una tentazione quella della carriera, del potere, una tentazione da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di governo nella Chiesa? Lo ricordavo qualche mese fa, durante la consacrazione di alcuni Vescovi: ‘Non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi. Sappiamo come le cose nella società civile, e, non di rado nella Chiesa, soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità’”.

     
    Prima che le due massime aspirazioni di Domenico – evangelizzare chi non conosceva Cristo e rievangelizzare chi era stato fuorviato dalla fede – diventassero aspirazioni condivise da altri attirati dal suo carisma, il giovane castigliano ha modo di mettersi personalmente alla prova. Povero e austero, ha raccontato il Papa, il futuro Santo si dedica “con entusiasmo” alla predicazione agli Albigesi, un gruppo eretico medievale che disprezzava la materia fino a negare l’incarnazione di Cristo e che rigettava il lusso nel quale viveva parte del clero del tempo. L’esempio di sobrietà di Domenico colpisce nel segno e questa missione lo assorbirà per tutta vita, lasciando una traccia indelebile:

     
    “Questo grande Santo ci rammenta che nel cuore della Chiesa deve sempre bruciare un fuoco missionario, il quale spinge incessantemente a portare il primo annuncio del Vangelo e, dove necessario, ad una nuova evangelizzazione: è Cristo, infatti, il bene più prezioso che gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo hanno il diritto di conoscere e di amare!”.

     
    Quando l’Ordine dei Frati Predicatori si consolida con l’appoggio dei Papi del tempo, Domenico riprende e rielabora la Regola di Sant’Agostino. Vita comunitaria e studio, ha spiegato Benedetto XVI, sono i “due valori ritenuti indispensabili per il successo della missione evangelizzatrice”. In particolare, per volere di Domenico, i suoi primi compagni vanno a formarsi nelle Università. Si tratta, ha osservato il Pontefice, di “un gesto coraggioso” – perché all’epoca si guardava con diffidenza agli atenei – ma l’obiettivo, raggiunto, è quello di acquisire “una solida formazione teologica”:

     
    “Lo sviluppo della cultura impone a coloro che svolgono il ministero della Parola, ai vari livelli, di essere ben preparati. Esorto dunque tutti, pastori e laici, a coltivare questa ‘dimensione culturale’ della fede, affinché la bellezza della verità cristiana possa essere meglio compresa e la fede possa essere veramente nutrita, rafforzata e anche difesa. In quest’Anno Sacerdotale, invito i seminaristi e i sacerdoti a stimare il valore spirituale dello studio. La qualità del ministero sacerdotale dipende anche dalla generosità con cui ci si applica allo studio delle verità rivelate”.

     
    Anche la struttura interna del neonato Ordine riflette l’obiettivo che esso si era posto. Come per i Francescani, i membri sono mendicanti, senza cioè proprietà da amministrare e dunque più mobili e disponibili per gli scopi apostolici. Questa organizzazione, ha sottolineato Benedetto XVI, stimolava la “vita fraterna” esigendo “forti convinzioni personali”:

     
    “La scelta di questo sistema nasceva proprio dal fatto che i Domenicani, come predicatori della verità di Dio, dovevano essere coerenti con ciò che annunciavano. La verità studiata e condivisa nella carità con i fratelli è il fondamento più profondo della gioia. Il beato Giordano di Sassonia dice di san Domenico: ‘Egli accoglieva ogni uomo nel grande seno della carità e, poiché amava tutti, tutti lo amavano’”.

     
    Domenico di Guzman muore nel 1221 e 13 anni più tardi viene canonizzato. La sua vita, ha concluso il Papa, ci indica “due mezzi indispensabili affinché l’azione apostolica sia incisiva. Il primo è la devozione mariana, specie attraverso il Rosario, mentre il secondo deriva dalla cura che il Santo spagnolo prese in vita di alcuni monasteri femminili. Così facendo, ha detto il Pontefice, Domenico:

     
    “…credette fino in fondo al valore della preghiera di intercessione per il successo del lavoro apostolico. Solo in Paradiso comprenderemo quanto la preghiera delle claustrali accompagni efficacemente l’azione apostolica! A ciascuna di esse rivolgo il mio pensiero grato e affettuoso”.

     
    Tra i saluti successivi alle catechesi in sintesi, oggi in sei lingue, Benedetto XVI si è rivolto, fra gli altri, ai vescovi che partecipano all'incontro internazionale promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, auspicando che i giorni “di riflessione e di preghiera siano fruttuosi per il ministero” di ciascuno. E un saluto, accompagnato da un divertito apprezzamento, il Papa lo ha rivolto ai giocolieri e agli acrobati del “Circo Americano”, della Famiglia Togni, che si sono brevemente esibiti a suon di musica in Aula Paolo VI. Vi incoraggio, ha detto loro il Papa, “ad operare con generoso impegno” per “contribuire a costruire un futuro migliore per tutti”.
     
    (musica)

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    La vita consacrata, segno dell'amore di Cristo in un mondo dominato da effimero e utile: così il Papa nella Festa della Presentazione del Signore

    ◊   La vita consacrata è segno di gratuità e di amore in una società che rischia di essere soffocata dal vortice dell’effimero e dell’utile. Così Benedetto XVI nell’Omelia, ieri pomeriggio in San Pietro, per la celebrazione dei Secondi Vespri, nella Festa della Presentazione di Gesù al Tempio e nella Giornata della vita consacrata. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    (canto)

     
    L’adorazione e la benedizione eucaristica, il canto dei Vespri, il silenzio. Sono le istantanee della Basilica Vaticana raccolta in preghiera con il Papa, nella Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, XIV Giornata della vita consacrata. Benedetto XVI rivolgendosi ai tanti religiosi e religiose presenti ha sottolineato come questa vocazione testimoni la sovrabbondanza dell’amore gratuito del Creatore ed il reciproco cercarsi di Dio e dell’uomo:

     
    “La persona consacrata, per il fatto stesso di esserci, rappresenta come un ponte verso Dio per tutti coloro che la incontrano, un richiamo, un rinvio. E tutto questo in forza della mediazione di Gesù Cristo, il Consacrato del Padre. Il fondamento è Lui! Lui, che ha condiviso la nostra fragilità, perché noi potessimo partecipare della sua natura divina”.

     
    Centrale il ringraziamento al Signore per la stessa vita consacrata:

     
    “Se essa non ci fosse, quanto sarebbe più povero il mondo! Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio per il suo essere segno di gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile. La vita consacrata, invece, testimonia la sovrabbondanza d’amore che spinge a perdere la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che per primo ha perduto la sua vita per noi”.

     
    Volgendo lo sguardo alla Croce “fonte dell’Amore puro e fedele”, il Papa ha rimarcato che “non basta una vita intera a ricambiare ciò che Cristo è e ciò che ha fatto per noi" e che il cammino quotidiano in Gesù è forza nel momento della prova:

     
    “La vita consacrata rimane una scuola privilegiata della compunzione del cuore, del riconoscimento umile della propria miseria, ma, parimenti, rimane una scuola della fiducia nella misericordia di Dio, nel suo amore che mai abbandona”.

     
    Benedetto XVI ha ribadito che “le persone consacrate sperimentano la grazia, la misericordia e il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli, essendo chiamate a portare nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli uomini, specie di quelli che sono lontani da Dio”. Poi il particolare riferimento alle comunità che vivono nella clausura:

     
    “Le comunità che vivono nella clausura, con il loro specifico impegno di fedeltà nello stare con il Signore, nello stare sotto la croce, svolgono sovente questo ruolo vicario, unite al Cristo della Passione, prendendo su di sé le sofferenze e le prove degli altri ed offrendo con gioia ogni cosa per la salvezza del mondo”.

     
    Il pensiero del Santo Padre è quindi andato alle persone consacrate che “sentono il peso della fatica quotidiana”:

     
    “Penso ai religiosi e alle religiose anziani, ammalati, a quanti si sentono in difficoltà nel loro apostolato… Nessuno di essi è inutile, perché il Signore li associa al trono della grazia. Sono invece un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo, assetato di Dio e della sua Parola”.

     
    Infine l’esortazione all’offerta totale di sé a Cristo guardando “all’Anno Sacerdotale come un’ulteriore occasione, per i religiosi presbiteri, ad intensificare il cammino di santificazione e per tutti i consacrati e le consacrate”, quale “stimolo ad accompagnare e sostenere il loro ministero con fervente preghiera”. Quindi l’invito per il prossimo giugno a Roma “a quanti esercitano il Sacro Ministero”, all’incontro internazionale dei sacerdoti.
     
    (canto)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nella Chiesa per servire e non per cercare carriera o potere: all'udienza generale Benedetto XVI parla di san Domenico.

    Le tasche dello zio Sam: nell'informazione internazionale, Luca M. Possati su luci e ombre nella finanziaria 2011 di Obama.

    In cultura, un articolo di Marco Ivaldo dal titolo “L'antidoto al nichilismo del secolo breve”.

    In ricerca delle staminali “buone”: Giuseppe Reguzzoni intervista il biologo Giuseppe Simoni.

    Un articolo di Grazia Loparco dal titolo “La storia che non si può ignorare”: dopo 150 anni i religiosi sono ancora italiani a parte?

    Mazzini era anche un critico musicale: Marcello Filotei sulle iniziative, promosse dall'Accademia di santa Cecilia, per i 150 anni dell'unità d'Italia.

    Nell'acquario delle nove Muse: Enrico Maria Radaelli su arte sacra e liturgia.   

    Quando il cinema imparò a parlare: Claudia Di Giovanni sull'avvento (alla fine degli anni Venti) del sonoro e la rivoluzione della settima arte.

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    Oggi in Primo Piano



    Haiti: arriva la portaerei Cavour. Mons. Dumas: no alle polemiche sugli aiuti

    ◊   Ad Haiti prosegue il prezioso lavoro della rete Caritas a sostegno della popolazione. Grazie ai centri attivi su tutto il territorio, al coordinamento costante con 58 sacerdoti, al sostegno di migliaia di volontari sono state aiutate finora oltre 140 mila persone. Con l’arrivo della portaerei italiana “Cavour” a Santo Domingo è iniziata, intanto, l’operazione denominata “Gru Bianca” condotta dalle forze armate italiane in soccorso alle popolazioni terremotate. Ascoltiamo il tenente di vascello Michele Carosella, portavoce dell’operazione italiana nel Paese caraibico, raggiunto telefonicamente da Luca Collodi a bordo della portaerei:

    R. – Siamo nel porto di Santo Domingo, dove stiamo per completare le manovre di ormeggio della nave, stiamo per scaricare tutti i mezzi pesanti della Brigata Alpini della task force Genio, soprattutto i mezzi che ci serviranno per cominciare a togliere le macerie dalle strade e rimuovere quanto di disastroso ha causato il terremoto ad Haiti.

     
    D. – Che cosa troverete a terra?

     
    R. – Noi abbiamo mandato – già durante il corso della navigazione – i soccorsi attraverso voli dei nostri elicotteri, che hanno sbarcato già tutti gli aiuti e i medicinali. I nostri medici, un team di 70 persone tra medici ed infermieri provenienti da tutte e quattro le nostre Forze armate e quindi Marina, Esercito, Aeronautica, Carabinieri, con la presenza anche di medici della Marina brasiliana, sono già scesi a terra; hanno preso già contatto con l’ospedale Saint Damien e con padre Rick, della Fondazione Francesca Rava, per capire come aiutare questa Fondazione che accoglie bambini disabili. I nostri medici sono scesi ed hanno già preso accordi con la Protezione Civile per portare immediatamente gli aiuti e fare in modo che l’ospedale tecnologico che abbiamo a bordo possa essere di supporto per la popolazione haitiana.

     
    D. – Quindi a bordo della portaerei funzioneranno le sale operatorie e l’ospedale, in particolare per i bambini?

     
    R. – Già sono in funzione e già siamo in grado di poter portare con gli elicotteri eventuali degenti che hanno bisogno di particolari cure. Stiamo soprattutto fornendo un supporto dal punto di vista tecnologico. Abbiamo una tac modernissima e abbiamo anche un laboratorio di analisi che ci consente di sopperire a quelle che sono le carenze degli ospedali che sono sul territorio.

     
    D. – Quali emergenze in particolare, al di là dell’aspetto sanitario, vi state preparando ad affrontare?

     
    R. – Noi siamo in coordinamento con la Protezione Civile e quindi tutto ciò che il coordinamento della Protezione Civile Italiana sul territorio ci chiederà di fare, noi siamo pronti a farlo. E’ ovvio che usciamo dai compiti istituzionali e tutti noi siamo coscienti di dover affrontare tutto ciò che ci viene richiesto.

     
    D. – Quanti militari saranno impegnati a terra?

     
    R. – La task force Genio degli Alpini consta di circa 200 uomini. Questo è il nostro primo organico che scenderà a terra e lavorerà - io credo – già da dopodomani: saranno pronti infatti ad operare nelle strade di Port-au-Prince. Gli altri 560 marinai che sono imbarcati sulla portaerei faranno dei turni e si uniranno agli uomini già presenti sul territorio.

    A Roma, intanto, presso la sede della Comunità di Sant’Egidio, si è tenuta stamani la conferenza stampa di mons. Pierre-André Dumas, vescovo di Anse-à Veau et Miragoâne e presidente di Caritas Haiti, sull’emergenza nel Paese devastato dal sisma. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Haiti è un Paese collassato, un Paese già molto debole, che è stato colpito nel suo centro nervoso, un Paese che ha perso tutto. L’haitiano, popolo forte, di grande dignità, ora si sente anche abbandonato, perché vede sì l’aiuto internazionale, ma vede anche la competizione e i protagonisti. Mons. Pierre Dumas è chiaro parlando degli aiuti: davanti ai cadaveri non è tempo di polemiche, bisogna dialogare con le persone che sono lì, capire ciò di cui hanno bisogno. C’è bisogno di carità intelligente, rapida ed efficace, non si può militarizzare l’aiuto, bisogna umanizzarlo, non servono speculazioni e chiacchiere, ma occorrono compassione e comunione. Questo deve essere un momento di meditazione. Il popolo di Haiti - ha più volte ripetuto mons. Dumas – non è selvaggio, quello che chiede è aiuto per rimettersi in piedi. Nessun Paese - ha detto, tornando sugli aiuti – può pensare di mettere da parte gli altri. La differenza sarà segnata dalla capacità di raggiungere effettivi obiettivi. Cerchiamo di andare all’essenziale e di aiutare questo popolo. Gli Stati Uniti – ha detto mons. Dumas – possono fare di più in termini di migliore umanizzazione di ciò che si sta facendo ad Haiti. E’ il tempo – ha concluso – di fare vera prova di umanità, perché il mondo non avrà nulla da guadagnare se dovesse perdere Haiti.  

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    Allarme Onu: sempre meno bambini nel mondo

    ◊   La popolazione mondiale sta invecchiando a ritmi che non ha eguali nella storia. Lo afferma un rapporto delle Nazioni Unite secondo il quale nel 2045 il numero degli ultrasessantenni supererà quanti avranno meno di 15 anni. La presenza di giovani diventerà sempre più esigua nel corso del 21.mo secolo. L'invecchiamento riguarda quasi tutti i Paesi del mondo e – afferma l’Onu - avrà un impatto dirompente sulla crescita economica, il lavoro, le tasse e le pensioni. Fabio Colagrande ha intervistato il prof. Alessandro Rosina, docente di demografia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

    R. – Il percorso che sta facendo la popolazione mondiale nel suo complesso, ovviamente in maniera differenziata, segue un po’ il percorso che hanno fatto l’Europa e i Paesi occidentali. Basta vedere la situazione dell’Italia, un Paese che come conseguenza di una denatalità che è diventata persistente - è sceso sotto l’equilibrio di sostituzione generazionale, e adesso rimane, nonostante qualche piccola ripresa, comunque fortemente sotto - come conseguenza, dicevo, ha una forte erosione della base della piramide demografica. Il che vuol dire sempre meno bambini e, di conseguenza, sempre meno giovani e, in prospettiva, sempre meno persone in un’età lavorativa e, quindi, il peso della popolazione anziana inattiva che cresce relativamente sempre di più. Ovviamente, a questo va abbinato anche, fortunatamente, il fatto che è in continuo aumento anche la longevità: una quota sempre più consistente di anziani nella società e nella popolazione, che bisognerà imparare a gestire, perché questo sia meno un rischio e più possibilmente un’opportunità.

     
    D. – Pensiamo subito alle conseguenze gravi, per quanto riguarda i sistemi pensionistici…

     
    R. – Se diminuisce nella popolazione l’età lavorativa, che è quella che paga le pensioni e sostiene il sistema Paese economicamente, lo fa crescere, e aumenta la popolazione anziana, il sistema rischia di crollare: rischia di crollare nei rapporti intergenerazionali, ma anche dal punto di vista del sistema di welfare, perché era un sistema che funzionava bene, quando c’erano tanti lavoratori e pochi pensionati. Il che vuol dire che bastava prelevare poco dai lavoratori, per dare tanto ai pochi pensionati. Adesso invece siamo costretti a prelevare tanto dai pochi lavoratori, per dare poco ai tanti pensionati. E’ chiaro che un sistema di questo tipo rischia di saltare.

     
    Sempre al microfono di Fabio Colagrande, ascoltiamo Riccardo Cascioli, presidente del Centro europeo di studi su popolazione, ambiente e sviluppo:

    R. – Il rapporto dell’Onu mette in risalto proprio che la novità è quest’accelerazione fortissima nei Paesi in via di sviluppo, che avranno quindi questo tipo di processo molto più rapidamente rispetto ai Paesi occidentali. Questo porterà sicuramente gravi squilibri, innanzitutto da un punto di vista economico e sociale, perché questi Paesi comunque vivono questo tipo di transizione, questo tipo di problema partendo da una situazione economica e sociale molto più bassa: non ci sono protezioni sociali, i redditi sono già bassi, c’è anche il fenomeno di sistemi previdenziali scarsi o nulli e l’impatto è quindi drammatico. Ora, lo stesso rapporto ci dice che il vero problema sta nel drastico calo della fertilità, quindi è chiaro che questo tipo di politiche che la stessa Onu sta comunque portando avanti non fanno altro che aggravare e rendere ancora più esplosiva la situazione.

    D. – Ciò che rende il quadro preoccupante è il fatto che proprio i Paesi in via di sviluppo, che sono l’obiettivo di questo tipo di politiche, sono proprio quelli che avranno più bisogno di bambini nei prossimi anni …

     
    R. – Hanno sicuramente bisogno di bambini ma hanno soprattutto bisogno di una politica che aiuti lo sviluppo, perché senza uno sviluppo qualsiasi fenomeno demografico comporta sicuramente dei problemi. Il vero problema sta nel fatto che le politiche di sviluppo internazionali sono sempre più centrate sulla riduzione della fertilità invece che nell’incentivo all’attività economica e soprattutto alla produttività economica, quindi anche allo sviluppo dell’agricoltura, alla lotta alle malattie che sono un handicap notevole. Diciamo che la percentuale degli aiuti dedicati ai programmi cosiddetti “di salute riproduttiva” – ma che altro non sono che programmi di controllo delle nascite – è sempre più in aumento e questo è sicuramente un problema enorme. (Montaggi a cura di Maria Brigini)

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    Iran: aperture sul programma nucleare

    ◊   Nuovo capitolo della vicenda nucleare iraniana. Il presidente Mahmud Ahmadinejad è intervenuto a sorpresa sulla questione, annunciando che il proprio Paese è pronto a far arricchire all’estero parte dell’uranio per impieghi atomici, così come proposto dalle Nazioni Unite. L'Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha fatto sapere di non aver ricevuto segnali al riguardo da parte di Teheran, proprio mentre la tv di Stato della Repubblica islamica ha annunciato il lancio di un razzo vettore per satelliti, il Kavoshgar-3. Sulle nuove dichiarazioni di Ahmadinejad a proposito dei programmi nucleari del proprio Paese, Giada Aquilino ha intervistato Antonello Sacchetti, profondo conoscitore della realtà iraniana:

    R. – E’ una dichiarazione sicuramente un po’ a sorpresa, rispetto agli ultimi mesi, perché in autunno pareva ormai fatta per quell’accordo di arricchimento dell’uranio all’estero. L’intesa era già stata delineata abbastanza nei dettagli. Poi era saltato tutto, anche in base alle divisioni interne della Repubblica islamica. Quanto detto ieri da Ahmadinejad mi sembra anche un suo modo per uscire dall’angolo, in particolare interno al suo Paese. In questo momento il presidente iraniano è un personaggio isolato, soprattutto per quanto riguarda il fronte conservatore. I pasdaran e la guida suprema, che poi secondo la Costituzione è l’artefice della politica estera, lo hanno messo di fatto in una posizione minoritaria.

     
    D. – Questi sono giorni cruciali per l’Iran con l’anniversario della rivoluzione islamica alle porte, proprio quando le autorità hanno annunciato altre impiccagioni di oppositori. C’è il pericolo di nuove tensioni per le strade?

     
    R. – Sicuramente. Direi che l’11 febbraio, il 22 bahman secondo il calendario persiano, è uno di quegli appuntamenti come quello che è stato l’Ashura, cioè il 27 dicembre. Sarà una giornata di mobilitazione proprio perché, dalla scorsa estate, l’opposizione interna iraniana sceglie le manifestazioni e gli appuntamenti ufficiali, le ricorrenze religiose o governative, per manifestare invece il proprio dissenso. E in questo caso è una ricorrenza carica di significato, perché l’11 febbraio del ’79 viene ricordato come il giorno in cui la rivoluzione vinse. Quello fu il giorno in cui l’esercito dichiarò la propria neutralità, mentre lo scià era già scappato il mese prima, in gennaio. Quindi sarà sicuramente un momento cruciale, anche sulla base di quello che poi è stato detto nelle ultime ore dal leader dell’opposizione, Mousavi.

     
    D. – Le dichiarazioni di Mousavi a cosa possono portare?

     
    R. – Mousavi ha fatto una dichiarazione forte dicendo che la rivoluzione iraniana non si è mai compiuta pienamente. Lui ha detto che in Iran rimangono ancora le radici dell’oppressione, ma anche delle forze che resistono alla tirannia e che allora generarono la rivoluzione. Lui sembra tracciare un percorso politico che fa riferimento ad una modifica della Costituzione iraniana, che non è immutabile. Ha ricordato come nell’89 la Costituzione venne ritoccata in parti anche abbastanza importanti. Sicuramente è un ricompattarsi, è un rimescolare le carte, è un dare dei punti di appiglio alla propria parte politica. Dall’altra parte, però, mi sembra che invece l’establishment, soprattutto la guida suprema, non sia per nulla incline alle aperture. Vorrei pure sottolineare come in questo contesto la pressione esterna raramente aiuti i fautori del dialogo o le forze riformiste. In genere quando dall’esterno il Paese viene messo sotto il banco degli accusati, sono i falchi a prevalere all’interno. Fu così anche quando Bush mise l’Iran nell’asse del male, nel 2002.

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    Usa e Russia verso la riduzione delle armi nucleari

    ◊   Stati Uniti e Russia avrebbero definito i punti essenziali del nuovo trattato sulla riduzione delle armi nucleari, che sostituirà lo Start, scaduto il 5 dicembre scorso. Lo rivela il quotidiano americano “Wall Street Journal", che, citando fonti dell'amministrazione americana, annuncia l’imminenza dell’intesa che prevederebbe la riduzione delle armi nucleari dei due Paesi ad una cifra compresa tra 1.500 e 1.675 testate, rispetto alle 2.200 concordate con lo Start nel 1991. Per un commento su questa importante anticipazione Giancarlo La Vella ha intervistato Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici e Disarmo all’Università di Trieste:

    R. – Intanto, dobbiamo prendere atto, con soddisfazione, del fatto che c'è evidentemente la volontà di controllare e ridurre l’armamento nucleare e i missili intercontinentali, che è molto importante. Questo accordo coinvolgerebbe quattro raggruppamenti di Paesi e di forze armate: gli Stati Uniti, gli alleati della Nato, la Federazione russa e alcuni ex Stati satelliti. Quindi, comunque, c'è una riduzione e anche un rapporto evidentemente rinnovato e migliore tra Stati Uniti e Federazione russa.

     
    D. – Nel periodo della guerra fredda, le armi nucleari - si diceva - servivano a garantire la stabilità nel mondo. Oggi sembra sia cambiato qualcosa...

     
    R. – Ancora una volta, dobbiamo notare che nell’ambito dei grandi trattati internazionali, siano essi sul terribile problema ambientale, siano essi sull’ancor più terribile problema degli armamenti, rimane sempre fuori una parte ormai importantissima dell’economia della popolazione mondiale, che è quella dei Paesi asiatici. Infatti, continuano ad essere esclusi Paesi dotati di armamento nucleare come l’India, il Pakistan, ma anche la stessa Cina, per poi guardare ancora una volta, con attenzione, alla Corea del Nord. Il grande assente, dunque, di molte delle vicende internazionali, pur nell’importanza crescente del continente, è l’Asia. E’ un vuoto, del quale alla fine dovremo occuparci, come sempre partendo dalle Nazioni Unite.

     
    D. –Per quale motivo la comunità internazionale non riesce a dotarsi sulle armi nucleari di un trattato che coinvolga, se non altro, tutti i Paesi che hanno l’arma atomica?

     
    R. – Perché alcuni Paesi sappiamo che hanno l’arma atomica, ma non fanno parte del trattato di non proliferazione nucleare, che è il punto dal quale è indispensabile partire. Quel trattato va assolutamente rivisto. Corre il rischio di diventare un pezzo di carta straccia. Quindi, il problema di fondo è riuscire o a inglobare i Paesi che sono provvisti di arma nucleare, cercando di immetterli con delle nuove regole, oppure rivedere, alla luce delle nuove situazioni geopolitiche, completamente il trattato e, al limite, prendere atto delle situazioni esistenti e sanarle. Comunque, la situazione peggiore è quella di avere Paesi ormai numerosi in possesso di arma nucleare, di cui nessuno sa nulla. 

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    Il vescovo di Assisi sull'occupazione: evitare guerre tra poveri

    ◊   In Italia è sempre più allarmante l’emergenza occupazionale. Agli oltre due milioni di disoccupati, censiti dall’Istat nel 2009, si devono aggiungere anche migliaia di lavoratori di varie aziende, tra cui Fiat, Alcoa ed Eutelia, che rischiano il licenziamento o la cassa integrazione. Oggi i dipendenti della Fiat scioperano in tutta Italia per 4 ore protestando per la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese nel 2012. Ieri oltre 500 operai della fabbrica dell’Alcoa di Portovesme, in Sardegna, hanno manifestato a Roma. Lo scenario è grave anche secondo l’Unione petrolifera italiana: oltre 7.500 persone delle raffinerie rischiano il posto di lavoro a causa della riduzione dei consumi e del calo della domanda mondiale. Appare inoltre critica la situazione di migliaia di lavoratori umbri e marchigiani in seguito alla crisi dell’azienda Merloni. I vescovi umbri, unendosi all’appello di domenica scorsa del Papa all’Angelus, hanno scritto una lettera al presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, chiedendo un intervento immediato del governo su questa specifica emergenza. Ma quali sono le risposte auspicate dai presuli umbri? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, vice presidente della Conferenza episcopale umbra:
     
    R. – Da parte nostra non abbiamo misure concrete da identificare se non chiedere a tutte le istituzioni di sedersi con convinzione intorno ad un tavolo per verificare le possibilità sia eventualmente per tenere in vita l’azienda dell’Antonio Merloni sia per dare alternative a una popolazione che a quest’industria è legata in maniera specifica: un migliaio di operai in Umbria e un migliaio nelle Marche. Dunque una situazione che deve essere affrontata davvero con grande senso di responsabilità anche a livello nazionale. Abbiamo l’impressione che tra le tante criticità esistenti nel panorama nazionale questo problema, che è senz’altro di primo livello, non sia altrettanto rimbalzato nell’opinione pubblica e probabilmente non altrettanto preso in considerazione dalla politica.

     
    D. – La Chiesa umbra si unisce dunque all’appello del Papa che domenica scorsa, all’Angelus, ha esortato “a fare tutto il possibile per tutelare l’occupazione”. Nella vostra lettera sottolineate, in particolare, che in una situazione di crisi generale anche la politica non può fare miracoli se non si innesca un circolo virtuoso che impegni lavoratori, imprenditori e governanti …

     
    R. – Ci rendiamo conto che anche l’imprenditoria privata non può nascondersi di fronte a problemi così gravi. La politica ha naturalmente il compito di coordinare e di mettere le condizioni perché anche l’imprenditoria privata possa trovarsi facilitata. Sarebbe bello se a livello regionale, ma anche nazionale ed internazionale, questa questione fosse messa sul tavolo delle problematiche da prendere nella più seria considerazione.

     
    D. – In Italia non solo gli operai umbri ma anche a Portovesme, a Termini Imerese e in altre realtà aspettano risposte dal mondo della politica. La Chiesa come segue questa fase delicata?

     
    R. – Con un senso di grande preoccupazione e con il suo specifico ministero, che è quello della sensibilizzazione, dell’incoraggiamento e della speranza testimoniata. C’è il pericolo, in situazioni così gravi, che si inneschi una sorta di “guerra tra poveri”, di una concorrenza tra situazioni e posizioni che sono tutte altrettanto gravi. I principi ai quali da sempre si ispira la dottrina sociale della Chiesa sono la sussidiarietà e la solidarietà, principi che mai come oggi appaiono vitali per il nostro sistema sociale e politico e per la promozione della pace sociale. E’ dunque un momento di grande responsabilità per tutti. 

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    Chiesa e Società



    Il Patriarca ortodosso russo Kirill: "con il Papa una visione comune sull'Europa"

    ◊   “Tendenze positive” si sono registrate nell’anno appena trascorso, nel dialogo tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana. E’ un bilancio positivo quello che il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill I ha tracciato ieri parlando alla Conferenza dei vescovi che si è svolta a Mosca presso la Sala dei Concilii della cattedrale di Cristo Salvatore. Vi hanno partecipato i vescovi della Chiesa ortodossa giunti a Mosca per celebrare il primo anniversario della sua intronizzazione. Il Patriarca Kirill ha presentato ai vescovi un lungo Rapporto sulle attività, visite e viaggi che hanno caratterizzato questo suo primo anno di leadership riservando un dettagliato paragrafo anche ai rapporti con la Chiesa cattolica. A questo proposito, Kirill ha detto: “Attività comuni e i numerosi incontri avuti con i rappresentanti della Chiesa cattolica hanno confermato che le nostre posizioni coincidono su numerose questioni che interpellano i cristiani nel mondo moderno. Sono l’aggressiva secolarizzazione, la globalizzazione, l’erosione dei tradizionali principi etici. Vale la pena sottolineare che su questi temi papa Benedetto XVI ha preso posizioni molto vicine a quelle ortodosse. E ciò è dimostrato dai suoi discorsi, messaggi così come dalle opinioni di alti rappresentati della Chiesa cattolica romana con i quali abbiamo dei contatti”. Il Patriarca Kirill ha notato come “una visione comune della tutela della dignità umana in Europa” sia emersa anche durante l’incontro che l’arcivescovo Hilarion Volokolamsky ha avuto in settembre con il Papa e con altri leader della Curia romana. Nel suo discorso il Patriarca ha anche ricordato la decisione presa a novembre dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sulla inammissibilità della presenza dei crocifissi nelle scuole italiane ed ha commentato: “è stato un chiaro attacco alle tradizioni cristiane europee”, per questo la Chiesa ortodossa russa ha espresso la sua solidarietà con la Chiesa cattolica in Italia”. Ed ha aggiunto: “Abbiamo ribadito che la civiltà europea ha radici cristiane per cui è assolutamente inaccettabile privare l’Europa e le sue istituzioni dei simboli della sua identità spirituale”. Nella relazione, il Patriarca non nasconde ”i problemi esistenti” nelle relazioni bilaterali a cui “si continua a lavorare”. Ed in particolare ha parlato della “difficile situazione in Ucraina” auspicando “passi concreti” da parte cattolica. Bilancio completamente diverso invece si registra nei rapporti tra la Chiesa ortodossa russa e le chiese protestanti e il nodo principale sta nella “liberalizzazione rapida del mondo protestante”. Sotto accusa sono in particolare le benedizioni alle unioni dello stesso sesso e le elezioni episcopali di vescovi dichiaratamente gay. Sono questi “i motivi – ha detto il Patriarca - per cui siamo stati costretti a interrompere il rapporto con la Chiesa episcopale degli Stati uniti e con al Chiesa luterana di Svezia”. Nel paragrafo riservato al mondo protestante, il Patriarca ricorda anche e con rammarico l’elezione del vescovo-donna Margot Kassmann come presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania. (R.P.)

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    Assemblea Kek: il presidente auspica relazioni più strette con la Chiesa cattolica

    ◊   Stringere “più relazioni con la Chiesa cattolica romana”. Ad auspicarlo è Jean-Arnold de Clermont, presidente della Conferenza delle Chiese europee (Kek) nel bilancio stilato al termine dei 6 anni di mandato e consegnato ai 750 delegati delle Chiese membro della Kek, (ortodossi, anglicani, protestanti e vetero-cattolici) riuniti in questi giorni a Lione per la XIII Assemblea generale. Facendo riferimento all’Assemblea ecumenica europea di Sibiu che si è svolta nel 2007 ed ha visto una partecipazione di 2.500 delegati, De Clermont ha detto: “Credo che oggi, sulla scia di Sibiu, dobbiamo rispondere all’attesa ecumenica che in quella sede è stata formulata. E ciò significa anche stringere più relazioni con la Chiesa cattolica romana. Non ho l’ingenuità di pensare che sia semplice stemperare le tensioni ecclesiologiche e teologiche che permangono tra le nostre Chiese. Non è quanto avviene già tra le Chiese che fanno parte della Kek? Ma sono convinto che abbiamo percorso fino ad oggi solo la metà del cammino che possiamo fare insieme nel contesto di ciò che già ci unisce, teologicamente e spiritualmente. E siamo colpevoli noi se questo cammino non viene esplorato, in un mondo che ha tanto bisogno di una testimonianza comune dei cristiani”. “Non abbiamo soluzioni-miracolo riguardo al riscaldamento del pianeta e alla crisi finanziaria e non abbiamo alcuna risposta in materia di relazioni Nord-Sud o di costruzione della pace, ma abbiamo la capacità di dare un senso ai dibattiti e alle azioni riguardanti il futuro del nostro mondo, cioè l'attenzione prioritaria rivolta ai piccoli, il rifiuto di essere in balia di una fatalità. E tutto ciò come riflesso della nostra speranza in Cristo, e la convinzione che 'l'uomo non si nutre di solo pane'. Come rappresentanti della Chiesa cattolica (che non fa parte della Kek), sono stati invitati alcuni membri del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, in particolare il cardinale Paul Ricard, vice presidente del Ccee e arcivescovo di Bordeaux e il segretario generale del Ccee, padre Duarte da Cunha. (R.P.)

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    India: contestata la delegazione Ue in visita tra i cristiani perseguitati dell’Orissa

    ◊   Dura contestazione degli ultranazionalisti indù del Vhp contro i rappresentanti dell’Unione Europea in visita in Orissa per constatare la situazione dopo la violenta persecuzione anticristiana scoppiata nel Natale 2008 e proseguita anche l’estate scorsa. Gli attivisti hanno ieri contestato la delegazione, al suo arrivo in aeroporto. La massiccia presenza della polizia ha tenuto i manifestanti lontani dai delegati, provenienti da Ungheria, Polonia, Irlanda, Italia, Olanda, Gran Bretagna, Finlandia e Svezia. Domani gli inviati incontrano i rappresentanti del governo dell’Orissa e della polizia, poi lo stesso giorno andranno in Kandhamal, per tornare alla capitale statale il 5 febbraio. La contestazione segue la dura presa di posizione contro la visita posta in essere dai leader nazionali Vhp, che hanno persino chiesto al governo dell’Orissa di proibirla. Mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, ha commentato ad AsiaNews che “queste persone non vogliono che sia accertata la verità. Hanno paura che la verità sia conosciuta e che l’Ue affronti questo problema" della persecuzione anticristiana in Orissa. Il prelato osserva che la situazione nel Kandhamal è ancora molto difficile e che “molti cristiani vivono fuori dei villaggi, non gli è stato più permesso vivere nei villaggi, molti di loro hanno paura della minaccia di conversioni forzate all’induismo, in alcuni villaggi è chiesto di essere induisti per poterci vivere. Non abbiamo dati precisi, ma sappiamo che una grande percentuale di cristiani sono tuttora profughi, alcuni vivono in ripari provvisori nel Bhubaneswhar, altri sono migrati verso altri Stati del Paese alla ricerca di sicurezza. La nostra gente - afferma il presule - vive ancora in modo precario, nel timore e nella paura. Le intimidazioni della maggioranza contro la comunità cristiana sono ora molto minori, ma continuano costanti. Nel Kandhamal sarà tornata la normalità solo quanto tutti saranno potuti tornare ai loro villaggi, potranno vivere in pace nelle loro case, potranno pregare in sicurezza nelle loro chiese. Ora procedono i processi contro i responsabili, ma i veri delinquenti, coloro che hanno scatenato la violenza di massa, - conclude mons. Cheenath - sono ancora impuniti”. “La situazione è molto grave. Abbiamo scritto una lettera alla Commissione nazionale per le Minoranze, per segnalare questa ulteriore, patente violazione dei diritti di questi profughi cristiani e cittadini indiani”, ha detto all’agenzia Fides John Dayal, responsabile dell’All India Christian Council, organismo ecumenico che difende i diritti delle minoranze religiose in India. “Al momento non si hanno notizie di dove siano stati trasferiti i rifugiati. Occorre ricordare che oltre la metà delle 5.600 case distrutte o bruciate a Kandhamal sono ancora da ricostruire. Intanto nessuno si preoccupa dell’occupazione di questa gente, primo strumento per una sopravvivenza dignitosa, e dell’istruzione dei loro figli”. (R.P.)

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    Haiti-Repubblica Dominicana: incontro tra i vescovi dei due Paesi per organizzare gli aiuti

    ◊   La Conferenza episcopale della Repubblica Dominicana pubblica sul suo sito web un’ampia relazione della visita che cinque vescovi dominicani, guidati dall’arcivescovo di Santo Domingo cardinale Nicolás De Jesús Cardenal López Rodríguez hanno compiuto, lo scorso 29 gennaio, ad Haiti dove hanno incontrato oltre all’arcivescovo di Capo Haitiano, mons. Louis Kebreau, attuale presidente della Conferenza episcopale. Gli obiettivi dell’incontro, oltre alla solidarietà fraterna da ribadire ancora erano da un lato “acquisire informazioni dirette sui bisogni urgenti e non solo nella capitale” e dall’altro “rendersi conto personalmente delle condizioni in cui deve realizzarsi il sostegno all’emergenza”. Nell’incontro il cardinale López Rodríguez ha consegnato un primo aiuto di 100 mila dollari assicurando che i cattolici dominicani continueranno sostegno e non faranno “mancare ai loro fratelli haitiani ciò che possono dare e condividere”. Mons. Kebreau, oltre a ringraziare commosso a nome di tutti gli haitiani e non solo dei cattolici, ha posto due problemi impellenti: da un lato la situazione dei seminaristi che hanno perso il loro centro di formazione e dall’altro la questione dell’esodo delle popolazioni che praticamente fuggono dai centri urbani creando una situazione che potrebbe essere difficile da normalizzare. Poi, ha precisato mons. Kebreau, si tratta di una fuga dolorosa, senza meta, senza senso e progetto, e le persone finiscono per allontanarsi disorientate da un luogo ad un altro senza capire cosa vogliono fare. Fra le prime misure di coordinamento è stato deciso che nel caso di alcune diocesi confinanti tra Haiti e Repubblica Dominicana, saranno rinforzati i legami di ogni tipo per poter offrire un aiuto più efficace e di ciò si occuperanno la Caritas dell’uno e dell’altro Paese. I vescovi dominicani hanno ricordato che la Chiesa in questo Paese ha subito messo a disposizione oltre 15 mila giovani haitiani che studiano nella Repubblica Dominicana, tra cui 782 allievi della Pontificia Università cattolica “Madre e Maestra”. La Caritas haitiana ha illustrato un programma per 40 mila famiglie che hanno bisogno di tutto: dal cibo alle medicine, dall’acqua e agli alloggi, rilevando che le persone colpite gravemente dal terremoto sono oltre 3 milioni 700 mila e gli sfollati oltre un milione. I vescovi dei due Paesi si sono congedati pregando per mons. Joseph Serge Miot, arcivescovo della capitale, morto tra le macerie della sua cattedrale, e al tempo confermando che mons. Louis Kebreau e mons. Dumas, responsabile della Caritas haitiana, prenderanno parte a marzo ai lavori dell’Onu in cui si parlerà del sostegno internazionale alla ricostruzione del Paese. (L.B.)

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    Haiti: aiuti mirati della Caritas italiana per 200 mila terremotati

    ◊   Gli aiuti Caritas alle persone colpite dal terremoto ad Haiti hanno già raggiunto 140.000 persone: cibo, acqua, assistenza sanitaria, servizi igienici e alloggi temporanei. “Aiuti mirati – precisa una nota diffusa oggi -. Lontani dai riflettori, ma accanto alle persone, con rispetto e discrezione, come è nello stile Caritas”. Una somma di piccoli e progressivi interventi - riferisce l'agenzia Sir - che grazie ai centri attivi su tutto il territorio, al coordinamento costante con 58 sacerdoti e responsabili di comunità in 32 parrocchie, al sostegno dell’intera rete Caritas, di un team giunto appositamente a Port-au-Prince e di migliaia di volontari hanno consentito finora di distribuire cibo a 113.978 persone e altri generi di prima necessità a 21.278 persone. Il piano di prima emergenza prevede di raggiungerne 200.000 entro due mesi con aiuti per 31 milioni di euro. In 9 delle 16 località in cui interviene Caritas è stata già intensificata la distribuzione di alimenti con razioni supplementari. Anche in luoghi problematici come Palace/Champ de Mars la distribuzione è avvenuta senza grandi problemi di sicurezza. Nel campo della zona industriale di Accra è iniziata la costruzione di servizi igienici, grazie anche alla manodopera locale. Progressivamente si stanno avviando i lavori anche nelle altre località individuate dalla Caritas. Sono già arrivati kit per l’allestimento di alloggi temporanei per 180.000 persone ed è iniziata la distribuzione, a partire dal campo di Pétionville Club. Anche nell’ospedale San Francesco di Sales si intensifica l’intervento della Caritas con personale medico e infermieristico, attrezzature sanitarie, cibo, acqua, servizi igienici. Le tre sale operatorie di emergenza che sono state attivate lavorano attualmente ad una media di 12 interventi al giorno per casi gravi o gravissimi. Continuano ad arrivare contributi e aiuti dall’intera rete Caritas e questo consente di rifornire costantemente i magazzini. Proseguono anche – pur se con comprensibili difficoltà, le molteplici attività che Caritas sosteneva già prima del terremoto. Fuori della capitale, procedendo verso est c’è un piccolo orfanotrofio gestito da religiose che assicuravano anche l’istruzione ai 55 bambini ospitati. Caritas provvedeva a fornire i pasti. Dopo il terremoto sono stati affidati alle suore altri bambini e attualmente sono 96. Tutti continuano a ricevere un’assistenza continua. Caritas italiana ha già messo a disposizione un milione di euro e si prepara ad intensificare il sostegno alle molteplici azioni avviate, concordando gli ulteriori interventi di emergenza e cominciando a programmare quelli più complessi di riabilitazione e sviluppo nel medio e lungo periodo. (R.P.)

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    Perù: 25 anni fa la visita di Giovanni Paolo II. Messaggio di Benedetto XVI

    ◊   Come già accaduto in numerosi altri Paesi dell’America Latina anche la Conferenza episcopale del Perù, presieduta da mons. Héctor Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo, ha avviato diverse celebrazioni religiose, ecclesiali e culturali in occasione dei 25 anni dalla visita di Giovanni Paolo II, tra il primo e il 5 febbraio del 1985. I peruviani ricordano con grande affetto e partecipazione i giorni in cui il Papa, in pochi giorni, visitò i principali centri urbani del Paese: Lima, Callao, Cusco, Ayacucho, Trujillo, Piura, Iquitos, e altri. Tra le iniziative, lo speciale sito web , nel quale si possono vedere fotografie e video, leggere i discorsi di Giovanni Paolo II oltre a commenti ed analisi. Il sito si apre con un messaggio a firma del segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone a nome di Benedetto XVI in cui, il Papa, “incoraggia tutti affinché questa significativa ricorrenza sia un’occasione per la crescita spirituale e uno slancio per missionario. Il Santo Padre inoltre - prosegue il messaggio - esorta tutti a lavorare senza riposo, con un medesimo cuore ed una medesima anima per suscitare nel popolo di Dio, che è pellegrino in terre peruviane, un rinnovato spirito di fedeltà a Cristo e alla Chiesa con lo scopo di portare a compimento un’ampia e profonda evangelizzazione”. 25 anni fa, Giovanni Paolo, tra il 26 gennaio e il 5 febbraio visitò Venezuela, Ecuador, Perù e rientrando a Roma si fermò alcune ore nella capitale di Trinidad-Tobago. Fra i molti grandi ricordi che i peruviani serbano nel cuore, in questi giorni in molti rammentano le parole di papa Wojtyla indirizzate ai gruppi armati, in particolare di "Sendero Luminoso", quando visitò la città di Ayacucho il 3 febbraio; città ove questo gruppo guerrigliero, oggi scomparso, era particolarmente attivo. "In queste terre - disse Giovanni Paolo II - come purtroppo anche in altre di questo amato Paese, si ode il grido d’angoscia delle popolazioni che implorano la pace. So che molta sofferenza è causata dalla spirale di violenza che ha il suo focolaio in mezzo a voi. Condivido dal più profondo del cuore la sofferenza che questa lacerazione vi procura. Voglia il cielo che il dolore che ferisce le vostre famiglie abbia presto fine, e che nel frattempo sappiate affrontarlo con spirito evangelico. Il che non significa scoraggiamento, ma fortezza per reagire con dignità, ricorrendo ai mezzi legittimi di tutela della società, e non alla violenza che genera una maggiore violenza”. (...) "Se l’ingiustizia e la miseria possono creare il clima propizio perché nascano l’amarezza e l’odio, esse non bastano da sole a spiegarlo, non ne sono le vere radici. L’odio e la violenza nascono dal cuore dell’uomo, dalle sue passioni o convinzioni aberranti, dal peccato. La radice dell’odio - disse il Papa - è quella stessa del peccato". (A cura di Luis Badilla)

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    Brasile: oggi a Porto Alegre incontro sulla comunicazione in America Latina-Caraibi

    ◊   Prende il via oggi a Porto Alegre, in Brasile, il "Mutirão" di Comunicazione America Latina-Caraibi, promosso dalla Conferenza episcopale brasiliana, insieme al Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) e all’Organizzazione cattolica latinoamericana e caraibica per la comunicazione (Oclacc). L’evento riunisce per la prima volta 37 Paesi dell’area, per una riflessione comune sul tema “Processi di comunicazione e cultura solidale” e si svolge presso l’Università Cattolica del Rio Grande do Sul. Con la parola “Mutirão” si designa una forma solidale e comunitaria di lavoro volta alla realizzazione di un’opera di interesse collettivo. L’incontro di Porto Alegre desidera dunque essere un momento di incontro e di partecipazione in cui gli strumenti e le possibilità della comunicazione e i valori di una cultura solidale possano contribuire alla costruzione di una società impegnata a favore della giustizia, della libertà e della pace. Il dibattito di Porto Alegre focalizzerà tre assi tematici: “Nuovi scenari politici e sociali e processi di comunicazione”, “L’economia e la comunicazione nell’era digitale”, “La comunicazione nel dialogo delle culture”. Nei pomeriggi dell’incontro, che si concluderà domenica prossima, numerosi seminari approfondiranno i molteplici versanti del tema centrale attraverso gli apporti dei comunicatori presenti; si parlerà, di “etica della comunicazione nella prospettiva dei diritti”, di “comunicazione davanti al Dio della speranza”, di “concentrazione della proprietà nelle comunicazioni e rapporti di potere”. A tenere la conferenza di apertura oggi pomeriggio, sarà l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio delle Comunicazioni Sociali; la sua relazione sarà seguita da una tavola rotonda sul tema stesso del "Mutirão". (A cura di Marina Vitalini)

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    Rapporto Unesco: luci ed ombre sull'istruzione nel mondo

    ◊   La crisi internazionale non può giustificare tagli della spesa pubblica per la scuola, un settore chiave per lo sviluppo dei paesi poveri: è il dato che emerge da due documenti diffusi in questi giorni dall’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per la cultura, la scienza e l’istruzione. “Mentre i paesi ricchi si preoccupano della ripresa economica – ha detto la direttrice generale Irina Bokova, presentando un rapporto annuale – molti paesi poveri rischiano di fare passi indietro nel settore scolastico: non possiamo permetterci di creare una generazione perduta di bambini senza la possibilità di un’istruzione che gli consenta di uscire da una condizione di povertà”. Nello studio dell’organizzazione Onu, intitolato “Raggiungere chi è ai margini”, si sostiene che a oggi i bambini e gli adolescenti non scolarizzati siano 143 milioni. Sulla base delle tendenze attuali questo numero potrebbe ridursi a 56 milioni tra cinque anni, non abbastanza per raggiungere l’“Obiettivo del millennio” fissato dall’Onu che prevede entro il 2015 una frequenza scolastica gratuita per tutti i bambini del mondo. Oltre alle incertezze del futuro, nel rapporto dell’Unesco - riferisce l'agenzia Misna - trova spazio il riconoscimento di progressi realizzati soprattutto negli ultimi 10 anni. Luci e ombre caratterizzano anche un altro studio dell’ente delle Nazioni Unite, pubblicato a Dakar con il titolo “L’istruzione elementare in Africa: la questione degli insegnanti”. Secondo gli esperti, dalla fine del 2006 in ben 35 paesi del continente il tasso di iscrizione al primo anno di scuola elementare è superiore o uguale al 90%. Al di sotto della soglia dell’80% resterebbero solo sette paesi, Burkina Faso, Isole Comore, Costa d’Avorio, Niger, Sudan, Repubblica Centrafricana ed Eritrea. (R.P.)

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    La Caritas Internationalis invita a porre i valori al centro dell’economia

    ◊   È possibile che gli aiuti allo sviluppo siano indirizzati ai poveri e non solo agli interessi nazionali? Se lo è chiesto Lesley-Anne Knight, Segretario generale di Caritas Internationalis, dopo aver partecipato al Forum Economico Mondiale di Davos, in Svizzera, conclusosi domenica scorsa. Come riferisce l’agenzia Zenit, la Knight si è domandata se le istituzioni finanziare possano davvero essere motivate da qualcosa che superi il semplice beneficio. I leader dell’economia mondiale hanno compreso che la mancanza di valori è stata un fattore chiave della crisi finanziaria globale. Ecco perché, secondo la Knight, è necessario esigere il “rispetto per ogni vita umana, per la dignità di tutti, per la famiglia umana e per tutto il contesto naturale” in cui l’uomo vive. Compassione, coraggio e rispetto sono i tre principi che devono guidare la finanza, se si vogliono evitare situazioni come quella attuale. “Il Forum è positivo per rispondere alle crisi, per identificare soluzioni innovative ed affrontare nuove sfide – ha sottolineato il Segretario – ma ciò che mi preoccupa è che si trascurano i problemi vecchi e cronici del mondo, come la povertà”. La vera sfida per il futuro, ha osservato la Knight, è riuscire a far sì che le istituzioni finanziarie mettano in pratica valori come il rispetto per la dignità della persona umana, la solidarietà, la preoccupazione per il bene comune e la cura dei più vulnerabili della società. (F.C.)

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    Terra Santa: il patriarca Twal chiede di rafforzare la comunione nella Chiesa

    ◊   “Bisogna rafforzare la comunione, all’interno di ogni chiesa cattolica d’Oriente, tra tutte le chiese cattoliche e con le altre cristiane. Allo stesso tempo occorre rafforzare la testimonianza che diamo ad ebrei, musulmani e agli altri credenti e non credenti”. Lo ha ricordato il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, nel corso della celebrazione per la “Giornata mondiale della vita consacrata” svoltasi ieri nella Città santa alla presenza di oltre 200 tra preti, religiosi e consacrati. Nell’omelia, letta dal superiore dei padri Assunzionisti, padre Alain Marchadour, Twal ha sottolineato l’importanza del prossimo Sinodo per il Medio Oriente: “è un’iniziativa che testimonia tutta la sollecitudine del Pontefice per le Chiese. Il prossimo giugno Benedetto XVI sarà ancora nella nostra diocesi per una visita pastorale a Cipro e in questa occasione consegnerà ai vescovi e ai patriarchi l’Instrumentum laboris dell’Assemblea”. Alla redazione di questo documento, ha aggiunto il patriarca latino, “stanno contribuendo molti sacerdoti, religiosi e fedeli della nostra diocesi, fornendo risposte alle domande proposte”. Per Twal - riferisce l'agenzia Sir - il Sinodo offrirà l’opportunità di fare il punto sulla situazione anche politica del Medio Oriente “per dare ai cristiani una visione chiara del senso della loro presenza nella società musulmana e israeliana, del loro ruolo e missione, preparandoli ad essere testimoni di Cristo”. “Ad offrire questa testimonianza – ha concluso Twal – devono essere, in modo particolare, i vescovi, i preti e i diaconi. Ma anche i laici hanno un posto indispensabile nella Chiesa e nelle società di Terra Santa, dove esercitano la loro vocazione cristiana contribuendo alla santificazione del mondo”. (R.P.)

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    Celebrazione in Kenya dei 100 anni delle Missionarie della Consolata

    ◊   “È vero che, come Missionarie della Consolata, avete vissuto il desiderio del vostro fondatore: far conoscere l'amore di Dio” ha affermato mons. Peter Kairo, arcivescovo di Nyeri, in Kenya, nel festeggiare i 100 anni delle Suore Missionarie della Consolata, a Mathari. Secondo quanto riporta l’agenzia Cisa di Nairobi, circa 5mila fedeli hanno partecipato alla Messa di ringraziamento. Mons. Kairo ha rimarcato l’amore di Dio che ha spinto le suore a lasciare il loro Paese e a venire in Kenya per mettersi al servizio degli altri. L’arcivescovo di Nyeri ha citato l'esempio di suor Irene Stefani, “Nyaatha”, la cui tomba è stata benedetta prima della Messa, sottolineando la sua dedizione “di portare conforto ai malati, non solo a Nyeri, ma anche nella parrocchia di Gikondi dove morì”. Mons. Kairo ha poi citato come esempio vivente Suor Graziella Paladin, 81 anni, che opera ancora al servizio dei detenuti del carcere locale. Suor Jacinta Theuri, Superiora regionale delle Missionarie della Consolata in Kenya, nel suo intervento ha definito la celebrazione giubilare “un evento speciale che segna la nostra rinascita, è un nuovo inizio. Siamo venute 100 anni fa, oggi siamo qui e vogliamo guardare avanti per altri 100 anni. Essere Missionari della Consolata non significa essere una sorella, un sacerdote o un fratello, significa essere una persona che ha sperimentato l'amore di Cristo profondamente nella propria vita”. Suor Jacinta ha colto l'occasione, a nome di tutti i padri, fratelli e sorelle della Consolata, per chiedere perdono a chi ha subito un torto in qualsiasi modo dai Missionari della Consolata. “Perdonateci, perché vogliamo iniziare il nuovo secolo con questa parola di perdono. Penso che quando impariamo a perdonare, noi diventiamo veri portatori di consolazione”. Alla cerimonia era presente anche il Premio Nobel per la Pace, la professoressa Wangari Maathai, che ha studiato presso le Suore della Consolata. "La mia missione nella vita è ricordare alla gente che siamo parte dell'ambiente. La missione dei Missionari della Consolata è di consolare e di riconciliare, e abbiamo bisogno di consolare e di riconciliarci con l'ambiente”. Le Missionarie della Consolata sono una congregazione internazionale fondata il 29 gennaio 1910 a Torino dal beato Giuseppe Allamano (dieci anni dopo i Missionari della Consolata). Dal 1913 sono presenti in Kenya. Oggi la Congregazione è composta da 746 membri, presenti in tutto il mondo delle quali 700 professe, 38 juniores e 8 novizie. In Kenya la Congregazione ha 80 suore che lavorano in sette diocesi: Mombasa, Nyeri, Marsabit, Maralal, Embu, Meru e Nairobi. (R.P.)

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    Eretta in Kuwait una quarta parrocchia, dedicata a San Daniele Comboni

    ◊   Nuova parrocchia, la quarta istituita in Kuwait, intitolata a San Daniele Comboni. A presiedere la cerimonia di erezione, il 29 gennaio scorso - riferisce l'agenzia Zenit - è stato il vicario apostolico, mons. Camillo Ballin, che ha concelebrato la Santa Messa. La parrocchia situata nella zona di Jleeb Al-Shuyouk, dove dal 2008 era stato avviato un centro missionario, risponderà in particolare alle necessità pastorali degli immigrati indiani provenienti da Mangalore e Kerala. Per questo i cattolici della zona avevano pregato a lungo e recitato una novena a San Daniele Comboni per chiederne l'intercessione. “E' una grande consolazione spirituale per noi avere una casa di preghiera e tre religiosi”, ha commentato uno dei fedeli della nuova parrocchia. (R.G.)

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    India: oltre mille religiosi attesi a Vailankanni per il Congresso dei sacerdoti

    ◊   Saranno oltre mille i religiosi provenienti da più di cento diocesi indiane che si recheranno a Vailankanni per il Congresso nazionale dei sacerdoti. L’evento si terrà dal 9 all’11 febbraio e si inquadra nell’Anno Sacerdotale, indetto da Benedetto XVI nel giugno scorso, per ricordare i 150 anni dalla morte del Santo Curato d’Ars. “Il Congresso – spiega padre Kulandhai, segretario della Commissione per il Clero della Conferenza episcopale indiana, che ha organizzato l’incontro – vuole riflettere sull’essere sacerdoti e sul loro rafforzamento spirituale”. Ad inaugurare i lavori dovrebbe essere il Prefetto della Congregazione per il Clero, cardinale Claudio Hummes. Tra i vari temi che verranno esaminati, quello della fedeltà a Cristo e le sfide che, oggi, la vita sacerdotale si trova davanti. Alla sessione inaugurale del Congresso sarà presente anche il governatore dello Stato Tamil Nadu, in cui si trova la città di Vailankanni. (I.P.)

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    Sri Lanka: Amnesty denuncia repressione postelettorale a danno di giornalisti e attivisti

    ◊   All’indomani dei risultati delle elezioni nello Sri Lanka, che hanno riconfermato il 26 gennaio scorso il presidente Mahinda Rajapaksa, “si è aperta - denuncia Amnesty International - una nuova fase di repressione, soprattutto ai danni di giornalisti, attivisti politici e difensori dei diritti umani”. Il centro di monitoraggio della violenza elettorale ha registrato oltre 85 episodi, tra cui due omicidi e diverse aggressioni, riferisce l’organizzazione, raccontando di aver ricevuto dai giornalisti dello Sri Lanka una lista di 56 colleghi che hanno subito gravi minacce: alcuni di essi lavorano per la Sri Lanka Broadcasting Corporation, di proprietà del governo, altri per reti private come Indipendent Television Network, Lak Hada Lake House. Il 29 gennaio, inoltre, gli uffici di un portale molto popolare nel Paese, Lanka E News, sono stati chiusi e due giorni prima delle elezioni, un giornalista che collaborava al portale, Prageeth Eknaligoda, è stato sequestrato e risulta tuttora scomparso. “Speravamo che dopo la vittoria contro le Tigri tamil e le elezioni, la repressione politica nello Sri Lanka sarebbe cessata - ha dichiarato Madhu Malhotra di Amnesty International - invece, stiamo assistendo ad un grave giro di vita nei confronti della libertà d’espressione”. (R.G.)

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    I giovani di Taizé in pellegrinaggio a Manila

    ◊   “Vita interiore e solidarietà umana”. È il tema generale del raduno a cui i giovani della comunità ecumenica di Taizé parteciperanno, da oggi a domenica, a Manila, nelle Filippine. Come riporta “L’Osservatore Romano”, migliaia di persone tra i 16 ed i 35 anni convergeranno, nel contesto del “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”, verso il Don Bosco Technical Institute di Makati, a sud della capitale filippina. Obiettivo dell’incontro è sostenere i giovani nella ricerca di Dio e nel loro desiderio di impegnarsi nella Chiesa e nella società. Le giornate del pellegrinaggio saranno scandite dalla preghiera e da momenti di riflessione, specialmente sulle meditazioni di fratel Alois, priore di Taizé. Fiducia, pace e riconciliazione saranno le parole chiave delle celebrazioni, preparate in stretta collaborazione con la locale Commissione episcopale per i giovani. I partecipanti all’evento saranno accolti dalle parrocchie, dalle famiglie e dalle comunità religiose. È la quinta volta che i fratelli di Taizé fanno il loro “pellegrinaggio di fiducia sulla terra” in Asia. (F.C.)

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    Giappone: “blog vocazionali” per incoraggiare al sacerdozio e alla vita religiosa

    ◊   La scintilla di una vocazione può nascere sul web. E’ quanto afferma la nuova task-force dedicata alla pastorale vocazionale, di recente istituita dalla Chiesa giapponese: come l’agenzia Fides apprende dalla Conferenza episcopale, si tratta di un gruppo di persone che dovranno monitorare il settore delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in tutto il Giappone, cercando soluzioni ai problemi più evidenti, delineando prospettive e proponendo orientamenti pratici per dare un impulso alle vocazioni in terra nipponica. Il team è presieduto dall’arcivescovo di Osaka, mons. Jun Ikenaga, e dal vescovo di Nagoya, mons. Jun’ichi Nomura. Ne fanno parte sacerdoti, teologi, esperti, religiosi e laici. La commissione è partita da un’analisi della situazione, individuando le cause più profonde della carenza di vocazioni in Giappone, dovuta fondamentalmente alla cultura individualista e materialista che non lascia spazio alla dimensione trascendente dell’uomo. Fra i nuovi mezzi individuati per allargare il campo dell’apostolato e della promozione vocazionale, si prevede il lancio di “blog vocazionali” su Internet, e anche la ricerca di spazi sui media tradizionali: si spera che un approccio nuovo possa generare un entusiasmo e un risveglio di vocazioni in Giappone. (R.P.)

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    Il Crocifisso rappresenta l’identità italiana: il ricorso dell’Italia a Strasburgo

    ◊   “Il Crocifisso è uno dei simboli della nostra storia e della nostra identità”. Sono alcune delle parole utilizzate dal Governo italiano nel ricorso presentato per contestare la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che chiedeva all’Italia la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche. Come riferisce l'agenzia Zenit, l’Italia ha depositato il ricorso lo scorso 29 gennaio alla Grande Camera, per chiedere di riesaminare la decisione presa il 3 novembre 2009 dalla Cedu. Secondo la Corte di Strasburgo, l’esposizione del Crocifisso nelle scuole limiterebbe non solo il diritto dei genitori ad educare secondo le loro convinzioni i figli, ma anche il diritto degli alunni di credere in altre confessioni o di non credere affatto. Il Governo italiano ha criticato la decisione, obiettando che la giurisprudenza europea lascia libertà agli Stati in materia di regolamentazione sulle questioni religiose e non fornisce alcuna interpretazione condivisa del principio di laicità dello Stato. “La cristianità rappresenta le radici della nostra cultura, quello che oggi siamo” è scritto nel ricorso. “L’esposizione del Crocifisso nelle scuole – prosegue - non deve essere vista tanto per il significato religioso quanto in riferimento alla storia ed alla tradizione dell’Italia. La presenza del Crocifisso in classe rimanda dunque ad un messaggio morale che trascende i valori laici e non lede la libertà di aderire o non aderire ad alcuna religione”. Il ricorso si conclude ricordando che “nell’ordinamento italiano l’esposizione del Crocifisso è regolamentata dal decreto legislativo 297/1994”, norma che è retaggio di leggi più antiche, come i Regi decreti del 1928 e del 1924. (F.C.)

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    Appello di stampa e movimenti missionari: non chiudere le sedi Rai nel sud del mondo

    ◊   “Non chiudete le sedi Rai nel Sud del mondo”: è l’appello lanciato ieri ai vertici del Servizio pubblico radiotelevisivo dalla Federazione nazionale della Stampa (Fnsi), insieme all’associazione Articolo 21, alle riviste Nigrizia e Redattore Sociale, all’agenzia Misna e al movimento Tavola della pace, che hanno inoltrato una nota di protesta. L’iniziativa è volta a scongiurare la chiusura di cinque sedi di corrispondenza - quali Beirut, Il Cairo, Nairobi, Nuova Delhi, Buenos Aires - strategiche per l’informazione da aree in via di sviluppo, oltre che la soppressione del canale Rai Med. “Tutti possono ormai scrivere di tutto da ogni dove. Ma nulla può sostituire la capacità di un giornalista di cercare e raccogliere le notizie sul posto dove si formano”, sottolineano i firmatari dell’appello. “Chiudere questi uffici nel Mediterraneo, in Africa, Asia e America Latina vorrebbe dire chiudere gli occhi degli italiani sul mondo in un tempo in cui grandi sfide mondiali ci impongono una crescente attenzione e impegno”. Questi uffici – prosegue la nota - “sono un elemento indispensabile non solo della Rai” ma del “sistema democratico”. Per questo “hanno bisogno di essere potenziati e sostenuti da nuovi spazi nei palinsesti quotidiani capaci di portare in primo piano la vita delle persone e dei popoli. Con questo stesso spirito – si legge ancora nella nota - chiediamo il rilancio di Rai Med che deve diventare il nostro principale strumento d’incontro, conoscenza e dialogo con i popoli, le culture e le religioni che con noi si specchiano nel Mediterraneo”. Alla protesta si è unita la Federazione della Stampa missionaria italiana (Fesmi), cui aderiscono una quarantina di testate, tra cui la rivista internazionale dei gesuiti 'Popoli'. I missionari evidenziano in un comunicato la gravità di una decisione “contraddittoria” “miope” e “controproducente”, mirata ad eliminare “entrambe le sedi africane”, “l’unica in America Latina”, e quelle in “un Paese così “importante, non solo politicamente ed economicamente, come l’India” e in “un Paese-simbolo come il Libano”. “L’ipotesi di chiudere un terzo delle sedi di corrispondenza nel mondo è grave – sottolineano i missionari - perché va a colpire il Sud del mondo, quella parte di pianeta già oggi marginale nel circuito informativo italiano. È grave perché ispirata a criteri economicisti che, come tali, dovrebbero essere estranei a un Servizio pubblico che voglia qualificarsi davvero come tale” “semmai, vigilando sugli esosi compensi alle ‘star’ del piccolo schermo o sugli sprechi”, denuncia il comunicato. “Notizie non gossip”, chiedono infine i missionari alla Rai, rilanciando l’appello già pubblicato nel 2006 sull’intero circuito delle riviste della Fesmi. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Caso Crisafulli: Salvatore vuole vivere

    ◊   Fermato in extremis il "viaggio della morte" in Belgio di Salvatore Crisafulli, l’uomo da sette anni completamente paralizzato, a causa di un incidente stradale, che aveva chiesto l'eutanasia. Salvatore avrebbe infatti espresso – ha riferito ieri il fratello Pietro - la sua intenzione di volere continuare a vivere e di volere combattere. E noi rispettiamo la sua volontà”, ha detto. “Era sua la scelta dell'eutanasia, adesso è sua quella di non volere morire. Siamo sollevati per questa decisione – ha aggiunto il familiare - ma anche preoccupati perché senza un'assistenza ospedaliera a casa, 24 ore al giorno, è veramente difficile andare avanti. Speriamo adesso che i politici mantengano finalmente le loro promesse", ha concluso Pietro Crisafulli che insieme alla sua famiglia lotta da tempo per ottenere un'assistenza personalizzata con operatori specializzati per alleviare le sofferenze del fratello. Molti ricordano che nei mesi scorsi la stessa famiglia Crisafulli si era schierata pubblicamente per mantenere in vita Eluana Englaro. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iraq: 20 pellegrini uccisi a Kerbala durante una festa sciita

    ◊   Sale a venti morti e 113 feriti il bilancio dell'attentato dinamitardo compiuto stamani a est di Kerbala, città santa sciita nel sud dell'Iraq. L'ordigno sembra fosse stato nascosto in una motocicletta, alle porte orientali di Kerbala, dove da giorni affluiscono decine di migliaia di pellegrini sciiti per le celebrazioni dell'Arbain, che segneranno il loro culmine venerdì prossimo. L'Arbain è una delle ricorrenze più sentite dagli sciiti e segna la fine dei 40 giorni di lutto osservati ogni anno in occasione dell'anniversario dell'uccisione dell'imam al Hussein, nipote del profeta Maometto, nell'anno 681, il cui mausoleo sorge a Kerbala. Da diversi anni, i pellegrinaggi a Kerbala sono un obiettivo ricorrente del terrorismo. Appena due giorni fa, oltre 40 persone dirette a piedi al mausoleo dell'imam Hussein sono state uccise e un centinaio di altre ferite in un attentato messo a segno da una donna kamikaze alle porte di Baghdad. Ieri sera, poco prima della mezzanotte, altri due pellegrini sono stati uccisi e 23 altri feriti in un'esplosione ancora una volta a Kerbala.

    Pakistan - attentato in una scuola: nove morti, tra cui tre soldati Usa
    Nove vittime per un attentato stamani nel villaggio pakistano di Koto, nella provincia della Frontiera del nord-ovest (Nwfp): sono morti tre militari statunitensi, tre studentesse, due civili e un soldato pakistano. Lo scoppio è avvenuto nel distretto di Lower Dir, mentre stava per essere inaugurata una scuola del villaggio con la partecipazione di un folto gruppo di allieve e insegnanti, decine dei quali sono rimasti feriti. E ieri, sempre in Pakistan, l'attacco di un gruppo di velivoli senza pilota (droni) statunitensi su varie località del Waziristan settentrionale ha causato 31 morti e decine di feriti. Il bilancio ieri era stato fissato a 17 morti, ma durante la notte numerosi feriti sono deceduti negli ospedali della zona. Fra le vittime, si teme che oltre ai talebani vi siano anche cittadini stranieri e abitanti dei villaggi che si erano avvicinati ai luoghi colpiti con il primo lancio di missili. Il villaggio più colpito, si è appreso, è Deegan, a 30 chilometri da Miramshah, dove i talebani la settimana scorsa avevano rivendicato l'abbattimento di un drone.

    Cinque soldati italiani feriti in Afghanistan
    Bomba contro una pattuglia di militari italiani in Afghanistan: un soldato ha riportato un sospetto trauma cranico mentre per gli altri quattro, tutti a bordo di un blindato "Lince", si parla di leggere contusioni. L'esplosione si è verificata a circa quattro chilometri dalla Fob (Forward operating base) di Shindand, la base operativa avanzata che ospita i militari italiani della Task force center. Intanto, il direttore dell'intelligence nazionale Usa, Dennis Blair, ha detto oggi in una testimonianza al Congresso che i talebani in Afghanistan stanno adattando la loro strategia alla presenza di più truppe Usa e per questo “stanno diventando sempre più pericolosi”. Blair ha aggiunto che, al contrario, i membri di Al Qaeda in Afghanistan hanno dato negli ultimi anni un “contributo modesto” alle attività degli insorti nel Paese. Intanto, il dialogo con i talebani, possibilmente moderati - che ha ricevuto appoggio alla recente Conferenza di Londra sull'Afghanistan come opzione per arrivare dopo otto anni là dove le armi non hanno potuto - sta prendendo quota, con la notizia ora di un incontro svoltosi giorni fa in segreto alle Isole Maldive. E oggi il presidente afghano, Hamid Karzai, ha lasciato Kabul per una visita ufficiale in Arabia Saudita, durante la quale si discuterà con re Abdullah delle prospettive di dialogo fra il suo governo e gli oppositori islamici. Sul terreno, nelle ultime ore due soldati americani sono morti nell'Afghanistan meridionale per l'esplosione di un rudimentale ordigno. Dall'inizio del conflitto nel 2001, sono 979 i militari statunitensi morti in Afghanistan.

    Berlusconi applaudito alla Knesset, nel pomeriggio l’incontro con Abu Mazen
    Per 12 volte i parlamentari israeliani della Knesset hanno applaudito il premier italiano, Silvio Berlusconi, che ha parlato nell'emiciclo, primo fra i presidenti del Consiglio italiani. Standig ovation del presidente Peres, del premier Netanyahu, della leader dell'opposizione Tzipi Livni. Da tutti parole di apprezzamento per il discorso di Berlusconi, che ha parlato di “unità nella difesa della democrazia libera dal fanatismo” e “dall'uso della violenza che strumentalizza il nome di Dio”. Ha ribadito che l’Italia sostiene da sempre la soluzione di due Stati, quello ebraico e quello palestinese, che vivano vicini in pace e in sicurezza. Ha poi affermato che l'Italia si è opposta al Rapporto Goldstone dell'Onu, relativo all’intervento di Tel Aviv a Gaza a fine 2008 e inizio 2009. Questo perchè Israele, secondo Berlusconi, dispiegò “una giusta reazione” ai missili di Hamas da Gaza. A proposito della minaccia nucleare che viene dall’Iran, il premier italiano ha difeso la scelta di “sanzioni efficaci”. Da parte sua, l'omologo israeliano, Netanyahu, ha ricordato come la madre di Berlusconi intervenne su un treno per difendere una ragazza ebrea da un soldato tedesco. Per questo episodio, il comune di Arconate (Milano), il 24 giugno 2007, ha conferito la cittadinanza onoraria alla madre di Silvio Berlusconi. Resta da dire che nel pomeriggio il premier italiano sarà a Betlemme per incontrare il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen.

    La Corte dell’Aja si pronuncia sulle accuse di genocidio al presidente sudanese
    La Corte penale internazionale dell'Aja si esprimerà oggi sull'appello presentato dal procuratore, Luis Moreno Ocampo, per ottenere un mandato d'arresto nei confronti del presidente sudanese, Omar Al Bashir, anche per il reato di genocidio. Il capo di Stato africano è già accusato di crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella regione sudanese del Darfur. Intanto, per un’altra zona del Sudan è allarme: nelle regioni meridionali è emergenza fame. Il servizio di Giulio Albanese:

     
    Mentre il Sudan è in piena campagna elettorale in vista delle delicate elezioni del prossimo aprile - le prime dopo 22 anni di guerra civile - proprio nelle regioni meridionali l’emergenza umanitaria è in crescita esponenziale. Stando ad autorevoli fonti della società civile e del Programma alimentare mondiale (Pam), il numero delle persone che hanno bisogno di assistenza alimentare è più che quadruplicato, passato da un milione nel 2009 a quattro milioni e 300 mila unità quest’anno. Le cause sono molteplici e comunque sintomatiche del malessere in cui versa l’intera regione: dalla siccità alla mancanza di infrastrutture per la raccolta delle acque, per non parlare degli scontri tra le varie etnie per il controllo delle sorgenti d’acqua e dei pascoli. Una debolezza, questa, del Sud di tradizioni animista e cristiana, che avvantaggia decisamente il governo centrale di Khartoum, in vista del referendum del prossimo anno che dovrebbe sancire – anche se sono ancora molte le incognite – l’autodeterminazione delle regioni meridionali. Da rilevare che lo scorso anno il conflitto nel Sudan meridionale ha ucciso 2.500 persone, mentre sono 350 mila gli sfollati che hanno dovuto abbandonare la propria casa mentre la siccità ha distrutto i loro raccolti. Per questo dal giugno scorso il Programma alimentare mondiale ha trasformato la precedente operazione di ricostruzione in una vera e propria operazione d’emergenza, prima che sia troppo tardi.

     
    Il presidente egiziano Mubarak a Tripoli
    Il presidente egiziano, Hosni Mubarak, è partito oggi per Tripoli per colloqui con il leader libico, Muammar Gheddafi. I due capi di Stato affronteranno i temi degli sviluppi politico-diplomatici nella regione mediorientale, delle relazioni tra i due Paesi e degli sforzi politici per i processi di riconciliazione araba e africana. Mubarak è accompagnato dal ministro degli Esteri, Ahmed Abul Gheit, dell'Informazione, Anas el Fiqi, e da altri dignitari.

    Via libera dell’Ue al piano anticrisi del governo greco
    La Commissione Ue, pur dando il via libera al piano anticrisi messo a punto dalla Grecia (definendolo “ambizioso ma realizzabile”), mette Atene sotto stretta sorveglianza per evitare che ci possano essere ritardi sulla tabella di marcia, che prevede il ritorno del deficit greco sotto il 3% entro il 2012. Nelle raccomandazioni approvate oggi dall'esecutivo europeo, si sottolinea come per Atene ci siano dei rischi sulla strada del risanamento che potrebbero richiedere ulteriori misure correttive, poichè l'obiettivo del 2012 va raggiunto a tutti i costi, senza ritardi. Per questo, il governo ellenico dovrà inviare a metà marzo un primo rapporto dettagliato sull'attuazione del programma di stabilità e un secondo a metà maggio, e i successivi ogni trimestre. Nel complesso, sono quattro i documenti adottati oggi dalla Commissione Ue e che ora dovranno essere approvati dal Consiglio Ecofin del 16 febbraio: un'opinione sulla situazione complessiva della Grecia, due raccomandazioni (una sulle misure per ridurre il deficit e una sulle necessarie riforme strutturali) e l'avvio di una procedura di infrazione sulle statistiche “fasulle”, che erano state comunicate a Bruxelles dal governo precedente a quello guidato da Georges Papandreou. In particolare, ad Atene si chiede di intervenire con una drastica riduzione dei salari pubblici a tutti i livelli, compreso il governo.

    Tensione fra Cina e Stati Uniti per l’incontro tra Obama e il Dalai Lama
    Sale la tensione tra Cina e Stati Uniti. Alla Cina che ammoniva il presidente Obama che un incontro con il Dalai Lama sarebbe stato dannoso per i rapporti tra le due nazioni, la Casa Bianca ha risposto immediatamente annunciando che il presidente Usa incontrerà il leader religioso in occasione del suo prossimo viaggio negli Stati Uniti, che comincerà il 16 febbraio. Il portavoce della Casa Bianca, Bill Burton, ha inoltre sottolineato che Obama aveva già espresso ai dirigenti cinesi, in occasione del suo viaggio di novembre in Cina, l’intenzione di incontrare il leader religioso tibetano. Il Dalai Lama aveva visitato gli Stati Uniti poco prima del viaggio di novembre di Obama in Cina e il presidente Usa aveva ritenuto opportuno non incontrare all'epoca il leader tibetano. L'episodio si inserisce in una situazione di tensione tra i due Paesi per una serie di problemi: dalla censura cinese a Google alla vendita di armi Usa a Taiwan.

    Primarie segnate dall’astensione in Illinois
    Ha vinto l’astensione in Illinois. Si sono svolte ieri le elezioni primarie per decidere i candidati che dovranno battersi per conquistare il seggio senatoriale lasciato libero da Barack Obama una volta divenuto presidente. Nello Stato americano ha votato solo il 25-30% degli aventi diritto, anche se qualcuno sottolinea che la neve può aver creato problemi. Sul fronte repubblicano ha vinto il moderato Mark Kirk, mentre tra le fila democratiche è uscito vincitore Alexi Giannoulias, amico personale di Obama. Testa a testa, invece, nella corsa per l’elezione del possibile governatore dell’Illinois: tra i repubblicani sembra in vantaggio Pat Quinn e tra i democratici è dato come favorito Bill Brady.

    Enorme incendio a Mogadiscio
    Un enorme incendio, non ancora del tutto domato, ha devastato la notte scorsa il mercato di Bakara, il più grande di Mogadiscio, in Somalia. Secondo fonti locali, le fiamme sarebbero state provocate da colpi di mortaio che hanno colpito l’area del mercato in cui si vendono petrolio e benzina. I commercianti hanno stimato danni del valore di almeno 10 mila dollari. Centinaia di persone hanno cercato di spegnere l’incendio per salvare i numerosi negozi presenti, senza riuscirvi. Al momento, non si sa chi abbia sferrato l’attacco. Secondo le autorità locali ed alcuni osservatori, i responsabili sarebbero gruppi vicini ad Al Quaeda, come gli Shabaab o i Giovani Mujhahidin.

    Oltre 20 persone morte in Tanzania per un incidente stradale
    Ventiquattro persone sono morte e 51 sono rimaste ferite ieri sera nello scontro tra due autobus nel nord della Tanzania. Lo ha reso noto il portavoce della polizia della regione di Tanga, Simon Mgawe. In Tanzania, gli incidenti stradali sono frequenti a causa dell'imprudenza dei conducenti ma anche del cattivo stato dei veicoli e delle strade. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 34

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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