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Sommario del 28/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il 2010 di Benedetto XVI: un anno intenso raccontato da padre Federico Lombardi
  • Nella Festa dei Santi Martiri Innocenti, gli insegnamenti del Papa che invitano a custodire la stagione dell'infanzia
  • Nomina in Burkina Faso
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Dal sisma di Haiti al Trattato Start, un bilancio internazionale del 2010
  • Essere rifugiato in Italia, averne i diritti ma non gli aiuti
  • I genitori di Yara Gambirasio: ridateci nostra figlia. La testimonianza del parroco di Brembate
  • In Vaticano, il 36.mo Congresso dei “Pueri Cantores”, quando la musica dei giovani parla allo spirito
  • Il ciclo sui documenti del Vaticano II: la "Gaudium et spes" promulgata da Paolo VI nel 1965
  • Chiesa e Società

  • Nigeria: sale il bilancio delle vittime a Jos, la polizia arresta alcuni sospettati
  • Iraq. Un Natale sottotono per motivi di sicurezza: veglie celebrate solo al nord
  • Filippine. Natale a Mindanao: chiese piene nonostante i timori di attentati
  • India. Natale in Orissa: messaggio di fraternità di mons. Cheenath
  • Pakistan: anche a Natale è continuata la mobilitazione per Asia Bibi
  • Libano: timori per l'annuncio del Tribunale Onu sull'attentato Hariri
  • Venezuela: il cardinale Jorge Urosa-Savino invita a lavorare per la pace
  • Le speranze dell’Africa nelle omelie di Natale
  • Uganda: dopo 40 anni torna la febbre gialla. L'epidemia colpisce al nord
  • Cina: nel suo messaggio natalizio mons. Tong chiede il rispetto dei diritti umani
  • Shangai: onorificenze per chi si è distinto nell’organizzazione dell’Expo
  • La diocesi cinese di Xi Chang ha festeggiato 100 anni di evangelizzazione
  • Sud Corea: settimana della Santificazione della Famiglia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Due uomini impiccati oggi in Iran: uno per spionaggio, un altro per appartenenza ai Mujaheddin del Popolo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il 2010 di Benedetto XVI: un anno intenso raccontato da padre Federico Lombardi

    ◊   Cinque viaggi internazionali, quattro visite pastorali in Italia, un’Esortazione apostolica, un Concistoro e un sinodo, 45 udienze generali con quella di domani, un libro intervista. Sono alcuni dei numeri che hanno caratterizzato il 2010 di Benedetto XVI. Un anno, ha riconosciuto il Papa nel discorso alla Curia Romana, segnato dallo scandalo degli abusi da parte di membri del clero. Proprio da questa dolorosa vicenda, muove la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che in questa intervista di Alessandro Gisotti si sofferma sui passaggi salienti del 2010 del Papa:

    R. – Il problema di quest’anno non è del tutto nuovo. In Paesi come gli Stati Uniti si era posto già una decina di anni fa con grande intensità. Anche in Irlanda il problema risale agli anni passati e, nel corso del 2009, era già stato affrontato dal Papa, insieme ad alcuni vescovi irlandesi: il Papa aveva annunciato la sua lettera ai cattolici d’Irlanda su questo tema. E’ vero, però, che nel corso di quest’anno il problema si è posto con forza anche in altri Paesi europei e questo ha suscitato notevole reazione e sconcerto. Il Pontefice ha fatto molti atti e molti interventi, che sono stati esemplari, su come affrontare, e con quale spirito, questo problema. Ha dimostrato con l’ascolto delle vittime in varie occasioni un atteggiamento di prontezza ad ascoltare, a capire, a partecipare alla sofferenza. Ha invitato in molti casi la Chiesa a un rinnovamento profondo: ricordiamo il discorso finale dell’Anno sacerdotale che ci ha toccato tutti molto profondamente. Ha poi anche incoraggiato concretamente tutti quelli che si impegnano nel campo della prevenzione, del risanamento di queste ferite. Siamo quindi nella giusta direzione per superare il dramma di questo scandalo, che ha ferito profondamente tante persone, ma che deve essere preso come occasione per un rinnovamento, per una capacità di ascolto, per una riflessione in profondità su tutti i temi. Non solo, dunque, sul tema della santità sacerdotale, ma anche sui temi della sessualità e del rispetto della persona nel mondo di oggi, dove tante volte questo rispetto manca proprio per quanto riguarda la dimensione della sessualità e dell’affettività. Da questo grande dramma, io spero possa venire per la Chiesa un impulso di rinnovamento e anche di impegno su frontiere più approfondite per un servizio alla dignità della persona umana, alla santità della vita.

    D. – Il Papa ha dedicato alla libertà religiosa il messaggio per la Giornata mondiale della pace: un tema di drammatica attualità, vista anche la recrudescenza delle persecuzioni anticristiane...

    R. – Noi di solito, pensando alle persecuzioni, alle difficoltà dei cristiani, guardiamo principalmente ai Paesi del Medio Oriente, però è vero, purtroppo, che anche in tante altre regioni del mondo ci sono problemi: pensiamo ai fatti accaduti in India, nelle Filippine e in altre parti dell’Asia. Ciò che ci ha molto addolorato, in particolare in questi ultimi mesi, sono i problemi posti alla libertà di religione, di coscienza dei cristiani in Cina. Su questo vi sono stati alcuni interventi importanti e anche molto espliciti da parte delle autorità vaticane. Il documento per la Giornata Mondiale della pace di quest’anno ha tuttavia invitato anche ad allargare lo sguardo sull’Occidente, sulle società secolarizzate. Il termine “cristianofobia” è stato usato per la prima volta dal Papa nel discorso alla Curia Romana, ed è qualcosa che riguarda anche i nostri Paesi e le nostre culture: questo tentativo di emarginare dalla vita pubblica, in particolare, i segni cristiani e le espressioni della vita cristiana. Insistere sul diritto di praticare esplicitamente e liberamente la fede cristiana in tutte le aree del mondo, anche in quelle dei Paesi secolarizzati, come contributo alla vita buona della società, è stato uno dei messaggi più significativi del Santo Padre durante il viaggio nel Regno Unito ed è stato molto ascoltato, in particolare nel discorso a Westminster Hall.

    D. – Uno dei momenti forti nella vita della Chiesa del 2010 è stato il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Anche in questa occasione il Papa ci ha ricordato, come fa costantemente, quanto i cristiani, e non solo in Terra Santa, siano promotori di riconciliazione, costruttori di pace...

    R. – Sì, pure se purtroppo ci sono stati, anche dopo il Sinodo, segni di violenza e di difficoltà per i cristiani - ricordiamo l’attentato alla chiesa di Baghdad - il Sinodo ha dato un’impressione di vitalità, di impegno, di desiderio di testimoniare attivamente, da parte dei cristiani dei diversi riti, delle diverse comunità nella regione. Quindi, è stato anche un segno di speranza, nonostante le difficoltà che perdurano.

    D. – Benedetto XVI ha compiuto molti viaggi quest’anno: quattro in Italia e cinque internazionali. Quello nel Regno Unito, come lui stesso ha affermato, resta memorabile, anche per la Beatificazione di John Henry Newman...

    R. – La figura di Newman è stata importante, in questo viaggio. La figura di Newman per questo Pontefice è una figura di significato cruciale per il rapporto tra fede, ragione e spiritualità. Nell’ultimo discorso alla Curia romana, il Papa ha messo in rilievo un aspetto in più, che non aveva approfondito durante il viaggio nel Regno Unito, cioè quello della coscienza: cosa significa la coscienza, per il cardinale Newman, come criterio di guida nel cammino della ricerca della verità. La personalità di Newman, soprattutto per il mondo anglofono, ma anche per la Chiesa universale, viene proposta dal Papa come una figura luminosa, in un tempo in cui bisogna trovare sia pure tra difficoltà, ma con costanza, il cammino nel contesto di un dibattito culturale, religioso, spirituale molto impegnativo.

    D. – Tra le decisioni di largo orizzonte prese dal Papa quest’anno c’è l’istituzione di un dicastero per la Nuova Evangelizzazione. Pensiamo anche alla formula del “Cortile dei gentili”, proposta da Benedetto XVI per gli uomini del nostro tempo...

    R. – La costituzione di un nuovo Dicastero è stata forse una sorpresa, perché non si pensava che occorressero nuove istituzioni nell’ambito della Curia romana. E’ un messaggio, però, molto chiaro: il messaggio della priorità dell’annuncio, dell’annuncio del Vangelo, nella missione della Chiesa, sempre attraverso i tempi, anche in situazioni difficili. Il dicastero della Nuova Evangelizzazione è un messaggio specifico, ma deve lavorare nel contesto della più ampia missione della Chiesa, tematizzando proprio l’annuncio esplicito del Vangelo nel mondo di oggi.

    D. – Lei ha definito il libro intervista “Luce del mondo” un “atto di vero coraggio comunicativo”. Qual è la sfida che, secondo lei, Benedetto XVI lancia agli operatori della comunicazione, un fenomeno questo che contraddistingue, quasi definisce l’era in cui viviamo?

    R. – Noi continuiamo a scoprire le caratteristiche specifiche di Papa Benedetto XVI nella direzione della comunicazione. Vi era l’idea che fosse un Papa non comunicativo, rispetto al suo grande predecessore. In realtà, sta trovando delle formule che sono sue, caratteristiche, ma nuove - anche da parte di un Papa - per comunicare il messaggio. Pensiamo allo stesso libro “Gesù di Nazareth” di cui stiamo attendendo il secondo volume e di cui poi speriamo di avere il completamento con un terzo volume: un libro di carattere teologico-spirituale, scritto personalmente da un Papa teologo è anch’esso una grande novità di questo Pontificato, come lo è anche il libro-intervista. Questo mostra certamente la riflessione e la ricerca da parte del Papa di trovare le vie adatte e consone, anche, alla sua personalità comunicativa. Vorrei aggiungere anche le altre forme classiche della sua comunicazione, che sono le omelie, le catechesi o i grandi discorsi. Le omelie, in particolare, qualificano il servizio di questo Papa come un grande contributo alla sintesi fra teologia e spiritualità per la Chiesa di oggi: è un maestro di omiletica per la Chiesa intera. (ap)

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    Nella Festa dei Santi Martiri Innocenti, gli insegnamenti del Papa che invitano a custodire la stagione dell'infanzia

    ◊   “Le vittime immolate dalla ferocia di Erode”, che rendono testimonianza a Cristo “non con le Parole, ma con il sangue”, ci ricordano che “il martirio è dono gratuito del Signore” e ricordano anche “l'eminente dignità dei bambini nella Chiesa”. Sono queste alcune parole del Messale Romano con le quali la liturgia di oggi celebra la memoria degli Innocenti Martiri, fatti uccidere dal re Erode che intendeva colpire Gesù Bambino. In questo servizio, Alessandro De Carolis ripropone alcune considerazioni di Benedetto XVI sul tema dell’infanzia e della sua protezione:

    Il frastuono dei cavalli lanciati al galoppo o la cadenza militare di un reparto di soldati che avanza, echeggianti tra le case della Betlemme dell’anno zero, non sono poi così lontani dai suoni della violenza che oggi troppo spesso imperversa su bambini e bambine che non saranno mai adulti, di età o di mente: perché trasformati in ridotte e stordite macchine da guerra in guerre che capiscono solo i grandi, o schiavizzati da soprusi abominevoli dentro case che sono sporchi “paradisi” solo per i grandi, o venduti perché sfortunatamente sono una bocca di troppo da sfamare o soppressi perché del sesso sbagliato o non adeguatamente sani e selezionati, o considerati un mero assemblaggio di pezzi di ricambio e quindi deturpati da un bisturi o nemmeno mai dati alla luce, perché ciò che ai grandi interessa non è il loro sorriso sul viso paffuto, ma solo qualche filamento del loro Dna.

    L’Erode il grande sanguinario, che roso dal sospetto manda a sterminare gli Innocenti celebrati e pianti oggi dalla Chiesa, rivive nei tanti “Erode” che fanno altrettanto venti secoli dopo, solo con armi diverse e talvolta nemmeno con quelle. La follia omicida del re biblico, e di tanti violenti di oggi, è una furia che si abbatte – aveva osservato un anno fa Benedetto XVI – sui più inermi, coloro nei cui occhi si riflettono intatti i colori del vero Paradiso:

    “I volti dei bambini sono come un riflesso della visione di Dio sul mondo. Perché allora spegnere i loro sorrisi? Perché avvelenare i loro cuori? Purtroppo, l’icona della Madre di Dio della tenerezza trova il suo tragico contrario nelle dolorose immagini di tanti bambini e delle loro madri in balia di guerre e violenze: profughi, rifugiati, migranti forzati”. (Messa 1 gennaio 2010)

    I “volti dei piccoli innocenti”, “scavati dalla fame e dalle malattie, volti sfigurati dal dolore e dalla disperazione”, aveva scandito il Papa, “sono un appello silenzioso alla nostra responsabilità”:

    “Di fronte alla loro condizione inerme, crollano tutte le false giustificazioni della guerra e della violenza. Dobbiamo semplicemente convertirci a progetti di pace, deporre le armi di ogni tipo e impegnarci tutti insieme a costruire un mondo più degno dell’uomo”. (Messa 1 gennaio 2010)

    I Martiri Innocenti di Betlemme sono dunque l’icona dell’infanzia violata, da cui parte un grido muto che attraversa tutta la storia e tutte le coscienze. Un grido al quale un paio d’anni fa, con grande partecipazione personale, Benedetto XVI ha prestato queste parole:

    “Vorrei cogliere l'occasione per lanciare un grido a favore dell'infanzia: prendiamoci cura dei piccoli! Bisogna amarli e aiutarli a crescere. Lo dico ai genitori, ma anche alle istituzioni. Nel lanciare questo appello, il mio pensiero va all’infanzia di ogni parte del mondo, particolarmente a quella più indifesa, sfruttata e abusata. Affido ogni bambino al cuore di Cristo, che ha detto: “Lasciate che i bambini vengano a me!”. (Angelus, 2 marzo 2008)

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    Nomina in Burkina Faso

    ◊   In Burkina Faso, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Manga, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Wenceslas Compaoré. Al suo posto, il Papa ha nominato il sacerdote Gabriel Sayaogo, vicario generale della diocesi di Ouahigouya. Il neo presule, 48 anni, ha studiato in patria e in Italia, presso la Pontificia Università Urbaniana, dove si è laureato in Diritto Canonico. Ordinato sacerdote, ha ricoperto gli incarichi di vicario parrocchiale e poi parroco della Cattedrale di Ouahigouya, docente di Diritto canonico, amministratore apostolico di Ouahigouya.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il Bambino abbandonato: in prima pagina, in una traduzione di Ferdinando Cancelli, passi dell'omelia tenuta nella notte di Natale del 1994 da Christian de Chergé, priore del monastero cistercense Notre-Dame de Atlas a Tibhirine, in Algeria.

    Assolo cinese: in rilievo, nell'informazione internazionale, l'annuncio della Banca popolare di Pechino di un rialzo del costo denaro per frenare l'inflazione (ma la reazione da parte delle principali Borse mondiali resta tiepida).

    Nei deserti di sale dell'assenza: in cultura, Cristiana Dobner recensisce la raccolta di saggi "Sulla mistica" di Michel de Certeau.

    Spiritualità della somiglianza: Luigi Padovese sul mistero dell'Incarnazione secondo Ireneo di Lione.

    In equilibrio tra mistica e poesia: Pietro Viotto ricorda, a cinquant'anni dalla morte, Raissa Maritain.

    Raffaele Alessandrini su Puskin romanista, che sapeva tutto della Città eterna (ma non ci venne mai).

    L'ansia della verità: Sabino Caronia a proposito delle domande di senso nella poetica di Michail Bulgakov.

    All'alba del primo giorno: Timothy Verdon sull'"Adorazione dei pastori" di Giorgione.

    Nell'informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

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    Oggi in Primo Piano



    Dal sisma di Haiti al Trattato Start, un bilancio internazionale del 2010

    ◊   Fine anno, tempo di bilanci. Il 2010 è cominciato con un terremoto, quello devastante di Haiti, a cui hanno fatto seguito il sisma in Cile e le alluvioni in Pakistan. A livello internazionale, proprio gli ultimi giorni hanno fatto segnare un passo in avanti nella riduzione degli arsenali nucleari, con il nuovo Trattato Start Usa-Russia. Ce ne parla Luigi Geninazzi, inviato speciale del quotidiano “Avvenire”, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Dovremmo ricordare cosa succedeva, quanto si parlava, si litigava e si discuteva su questa problematica negli anni ’70 e negli anni ’80, senza poi arrivare a grandi risultati. Questa è una riduzione molto significativa sia da parte degli Stati Uniti che da parte della Federazione Russa. Già due anni fa si era profilato questo accordo: ci sono stati poi degli intoppi di carattere di politica interna negli Stati Uniti, perché il Congresso ha un po’ puntato i piedi. Adesso La Duma farà ora le sue osservazioni: ma ci sarà la firma ufficiale, che senza dubbio rappresenta un grande passo in avanti, anche se rimangono migliaia di testate nucleari da una parte e dall’altra.

    D. – Un altro avvenimento è stato la fine ufficiale della guerra in Iraq, promessa già in campagna elettorale dal presidente statunitense Obama. Quale situazione rimane sul terreno, anche relativamente alla condizione dei cristiani?

    R. – E’ una situazione molto precaria: il governo ha impiegato nove mesi ad insediarsi, alcune cariche importanti di ministeri non sono ancora state assegnate e alcune "caselle" non sono ancora state riempite. Tutto rimane ancora molto difficile: ci sono ancora scontri di tipo etnico, ci sono ancora scontri di potere al vertice. Tutto questo si intreccia e si scatena contro la parte più debole, che sono i cristiani. I cristiani sono perseguitati, ma non hanno nessun potere: non sono come gli sciiti, i curdi o i sunniti che hanno delle roccaforti di potere, che hanno delle lobby dentro il potere. I cristiani non hanno niente, non hanno nessuno.

    D. – Dall’Iraq alla pace in tutto il Medio Oriente, i negoziati israelo-palestinesi sembrano in fase di stallo…

    R. - I palestinesi sono molto deboli: la leadership palestinese – come sappiamo - è divisa. Il presidente Abu Mazen non ha nessun controllo su Gaza, che è tenuta in mano dagli estremisti del movimento Hamas. Certe condizioni – che ai tempi di Arafat era difficile ottenere, come il netto impegno per fermare le azioni di terrorismo – sono pienamente rispettate dall’Autorità palestinese di Abu Mazen; non da Hamas, ovviamente, su cui non ha nessun potere. Per cui, tutto potrebbe far pensare che si possa arrivare facilmente ad un accordo, però questo accordo non arriva. All’inizio, lo stesso Obama ha alzato la voce con il premier israeliano, Netanyhau, per cercare di bloccare gli insediamenti, anche se questo non ha prodotto grandi effetti e gli insediamenti continuano. Appare chiaro quindi che se un giorno mai si arriverà a uno Stato palestinese, al momento non si vede ancora una possibile data per la realizzazione di questo.

    D. - La crisi economica ha toccato soprattutto l’Europa negli ultimi mesi, con situazioni preoccupanti in Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda. Di contro, poi, c’è la crescita dei colossi asiatici come la Cina e l’India. Si va verso nuovi assetti internazionali?

    R. - Con l’ultimo vertice di Lisbona si è cercato di mettere in atto un grande piano affinché non si corressero più questi rischi, visto come sono sprofondate la Grecia e l’Irlanda e visto che ora si parla di Portogallo e anche di Spagna, che sembra essere sempre più in bilico, senza contare cosa potrebbe succedere all’Italia o ad altri Paesi. E' chiaro quindi che c’è una debolezza strutturale. L’Europa ha poi tante risorse culturali di grandi tradizione, che però non riesce a giocarsi sullo scacchiere internazionale. Io credo si tratti di un problema di volontà politica, mentre alcuni colossi che si affacciano nel mondo - pensiamo solo alla Cina e all’India, non si fanno tanti scrupoli. Basti pensare alla Cina che praticamente tiene in pugno l’economia degli Stati Uniti, perché tiene tutto il debito americano.

    D. – Il 2010 è stato anche l’anno delle grandi catastrofi naturali: ricordiamo i terremoti ad Haiti e in Cile, ma anche le alluvioni in Pakistan. Quanto la comunità internazionale è pronta a far fronte ad eventi del genere?

    R. – Dopo il Protocollo di Kyoto, si stanno facendo dei passi in avanti. Ma sono ancora passi in avanti molto timidi, perché anche lì è molto difficile avere una governance a livello globale su questi problemi. (bf)

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    Essere rifugiato in Italia, averne i diritti ma non gli aiuti

    ◊   Via dei Villini a Roma: negli ultimi giorni è al centro dell’attenzione per la situazione di drammatico degrado in cui vivono decine e decine di rifugiati somali che hanno trovato riparo proprio nell’ex ambasciata del loro Paese, abbandonata da anni. L’orrore delle condizioni di vita in cui versano queste persone in realtà colpisce gli oltre 1.500 rifugiati che vivono nella capitale, così come molti altri distribuiti nel resto del Paese. Persone che lasciano i loro Paesi per sfuggire alle persecuzioni e che in Italia anziché trovare riparo si ritrovano a vivere in veri e propri ghetti. E’ quello che denuncia da tempo il Consiglio italiano per i rifugiati. Francesca Sabatinelli ha intervistato Valeria Carlini, responsabile delle relazioni esterne del Cir:

    R. – La realtà è che la condizione di queste persone peggiora una volta ottenuto uno status di protezione, perché non hanno più la certezza di essere ospitati nei centri di accoglienza messi a disposizione dallo Stato italiano. Infatti, una volta ottenuto lo status di rifugiato si può essere accolti ma non si ha più il diritto ad essere accolti. Questo vuol dire che dopo un brevissimo tempo dall’arrivo in Italia, dopo un’accoglienza in un centro governativo ampio, con pochissimi servizi, le persone possono essere messe sulla strada con un permesso di soggiorno di cinque anni in mano e con tutti i diritti che però si svuotano dei contenuti di protezione vera e propria.

    D. – Questo svuotamento dei diritti significa che lo Stato italiano non provvede in alcun modo, né con un sussidio, né tantomeno con la ricerca di alloggi o di lavoro?

    R. - La nostra legge dice che un rifugiato può essere accolto in un sistema di protezione, ma il sistema di protezione realizzato dallo Stato italiano al momento ha tremila posti di accoglienza per 17 mila richiedenti asilo dello scorso anno, per metà dei quali si è ottenuto poi il riconoscimento dello status di rifugiato. Chiaramente, i posti sono insufficienti ad accogliere tutti. Si tratta si posti di accoglienza che poi durano un periodo di tempo limitato, sei mesi o al massimo un anno: un anno in cui la persona arriva in Italia fortemente traumatizzata e vulnerabile e dovrebbe compiere un percorso di formazione linguistica, professionale e di inserimento lavorativo. E’ evidente che non tutti riescono a fare un percorso così complesso in un tempo così ridotto. Ancor più grave è che non tutti hanno accesso ad un sistema che non riesce ad accogliere tutti quelli che arrivano nel nostro Paese.

    D. – Anche dal punto di vista sanitario, quindi, ci sono le ovvie ricadute...

    R. – Le ovvie ricadute ci sono nel momento in cui gruppi di rifugiati - gruppi di persone che hanno tutti i diritti di stare in Italia - si trovano costrette a vivere in veri e propri slum, all’interno di grandi realtà metropolitane. E’ evidente che laddove si viva in posti occupati all’interno di binari di una stazione ferroviaria o in caseggiati fatiscenti, anche le condizioni igienico-sanitarie precipitino e che la condizione di salute di queste persone peggiori vorticosamente. E questo succede anche dove tutti i diritti sanitari di cittadinanza vengono garantiti da un sistema legislativo che però, poi, non prevede servizi attraverso i quali metterli in atto.

    D. – Roma è stata alla ribalta in questi ultimi giorni, ma non è l’unico caso in Italia...

    R. – Sicuramente Roma, che viene chiamata da molti la seconda Lampedusa d’Italia, è una città che ha una tradizione di presenza di rifugiati più elevata di altre realtà metropolitane. Ma anche Milano ha vissuto momenti di grave crisi, anche Torino con la caserma di via Asti ha riportato alla cronaca momenti di grande tensione in questo tempo. Senza pensare poi ai tanti immigrati di Castel Volturno, tra cui tantissimi sono rifugiati o sotto protezione internazionale. Il panorama, quindi, è drammatico in molte realtà d’Italia.

    D. – Come Cir quali sono le richieste al governo italiano?

    R. – Noi, da sempre, insistiamo sulla necessità di creare dei programmi di integrazione per i rifugiati che prevedano un’accoglienza e una capacità di inserire i rifugiati in un’autonomia alloggiativa dopo il riconoscimento del loro status. E’ indegno che nella nostra legislazione questo non venga previsto per coloro a cui lo Stato dà protezione. Da sempre, inoltre, promuoviamo una legge organica sull’asilo all’interno della quale l’integrazione dei rifugiati rappresenti un capitolo specifico e importante. (bf)

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    I genitori di Yara Gambirasio: ridateci nostra figlia. La testimonianza del parroco di Brembate

    ◊   Vincendo la riservatezza che li ha contraddistinti per oltre 30 giorni dalla scomparsa della loro figlia, i genitori di Yara Gambirasio oggi hanno voluto affrontare giornalisti e telecamere per lanciare un appello a chi può averla rapita. Dal piccolo comune di Brembate di Sopra nel bergamasco hanno ringraziato quanti si stanno impegnando senza sosta nelle ricerche e hanno chiesto con semplicità e compostezza: “Noi vi preghiamo, ridateci nostra figlia, aiutateci a ricomporre il puzzle della nostra quotidianità: non meritiamo di proseguire la nostra vita senza il sorriso di Yara”. Una testimonianza forte di amore in un momento drammatico, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso, don Corinno Scotti, parroco di Santa Maria Assunta a Brembate di Sopra, vicino alla famiglia:

    R. - Domenica scorsa, è venuto il nostro vescovo a celebrare ed erano presenti anche i genitori e i fratellini. E’ stata una celebrazione molto intensa, molto partecipata. Noi dobbiamo sperare, anche quando sembra che la speranza non ci sia più. Sono uscito in questo istante dalla chiesa e posso dire che c’è sempre, sempre, sempre gente in raccoglimento e in preghiera. Gente che scrive messaggi e preghiere e li mette davanti all’altare della Madonna, dove c’è un cartello con scritto: “Yara, la tua comunità spera, prega e ti ama”. Il papà mi ha detto: “Yara sta unendo l’Italia in questa comunione di preghiera”.

    D. - I genitori, parlando oggi, hanno dato la testimonianza di una famiglia semplice - come loro stessi hanno detto - che ha basato la propria unità sull’amore e sul rispetto. E’ una testimonianza d’amore in questo momento…

    R. - Sicuramente. Non hanno mai pronunciato una parola di rabbia. Mi hanno detto: “Ci sentiamo amati da tutti”.

    D. - Hanno anche detto che non implorano pietà, non si fanno domande, ma vorrebbero solo riaverla, perché nel loro cuore c’è la convinzione che qualcuno l’abbia portata via…

    R. - C’è la speranza, anche perché gli investigatori finora non hanno mai messo in previsione che possa essere morta.

    D. - Tra i ragazzi della sua età, c’è qualche sentimento particolare che lei ha raccolto?

    R. - Ho tenuto una veglia di preghiera riservata proprio ai ragazzi. Ho detto loro che un’esperienza di questo tipo ci dice come la vita sia bella e gioiosa, ma anche difficile e dura. Questa è un’esperienza che deve aiutarli a crescere, a scoprire la presenza del male: quando la cattiveria arriva a questo punto qui, il dolore è immane.

    D. - Qual è stata la loro risposta?

    R. - La loro risposta è soprattutto nei biglietti che lasciano in chiesa. Tutti cominciano con: “Ti aspettiamo”… “Ti vogliamo bene”… “Siamo vicini a te e ai tuoi genitori”…

    D. - A quanti volessero, da lontano, essere veramente vicino a loro e continuare a sostenerli, cosa possiamo dire?

    R. - Possiamo dire sicuramente che siamo cristiani, siamo i discepoli di colui che ha fatto della preghiera il senso della sua vita: così deve essere ora per noi. Il Signore ascolta sempre.(mg)

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    In Vaticano, il 36.mo Congresso dei “Pueri Cantores”, quando la musica dei giovani parla allo spirito

    ◊   Concerti natalizi, momenti di adorazione eucaristica e di preghiera scandiscono il XXXVI Congresso internazionale della Federazione Internazionale dei “Pueri Cantores”, che si apre oggi pomeriggio in Vaticano, alla presenza del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il primo concerto di questa istituzione si è tenuto nel 1944, ma le origini dei “Pueri Cantores” sono antichissime: risalgono a San Gregorio Magno e rientrano nella tradizione liturgica della Chiesa di accompagnare le celebrazioni con il canto di piccoli e grandi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    (Canto Astro del Ciel dei Pueri Cantores)

    Sono diverse le iniziative, gli incontri e i concerti che compongono lo ‘spartito’ del Congresso internazionale dei Pueri Cantores a Roma. Ricorda questi appuntamenti, non solo musicali, Robert Michaels, vicepresidente per l’Europa della Federazione Internazionale dei Pueri Cantores:

    “Oggi, c’è l’inaugurazione del Congresso in Vaticano, durante la quale ci sarà una cosa veramente particolare: la consegna da parte del cardinale Tarcisio Bertone delle reliquie di San Domenico Savio alla Federazione dei Pueri Cantores. Domani, poi, ci sarà il concerto di gala nella Basilica di Santa Maria Maggiore alle 20.30. Ciascun gruppo di cori terrà quindi dei concerti in 25 diverse chiese di Roma, che ospiteranno due o tre cori. infine, ci sarà l’incontro con il Santo Padre”.

    L’incontro di giovedì prossimo con il Papa e l’intero Congresso saranno scanditi dal motto del Congresso “Deus Caritas Est” che, richiamandosi all’enciclica del Santo Padre, pone in rilievo la finalità primaria di portare nel mondo, anche attraverso la musica, il messaggio dell’amore di Dio:

    “E’ interessante vedere come proprio questa Enciclica sia stata una delle prime encicliche in cui si fa riferimento specifico alla musica e al potere della musica di suscitare sentimenti di pace e di fratellanza fra le persone. Il riferimento a questa Enciclica è quindi volutamente parte integrante di tutto il Congresso”.

    A Roma sono presenti, per il Congresso, un centinaio di cori con 3000 voci e 1.300 accompagnatori provenienti da 14 nazioni. La musica travalica ogni confine e diventa un ponte tra l’uomo e Dio. Ancora Robert Michaels:

    “Un ponte tra uomo e Dio, ma anche un ponte tra uomo e uomo, perché non sempre - purtroppo - è facile intendersi fra persone che hanno diverse provenienze. E’ molto importante che le persone riescano ad avere una certa intesa e, certamente, il canto corale insegna ai ragazzi l’importanza dell’armonia, del lavorare insieme per costruire la pace”.(mg)

    (musica)

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    Il ciclo sui documenti del Vaticano II: la "Gaudium et spes" promulgata da Paolo VI nel 1965

    ◊   L’ultimo giorno del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre 1965, fu anche il giorno della promulgazione da parte di Paolo VI della Costituzione dogmatica Gaudium et spes, uno dei testi più importanti prodotti dall’assise, nella quale la Chiesa si sofferma sull’attualità del mondo e sulla necessità di riallacciare nuovi legami con “gli uomini e le donne di buona volontà”, per costruire la pace e la giustizia. Nel viaggio iniziato alcune settimane fa alla ricoperta dei documenti conciliari, il gesuita padre Dariusz Kowalczyk rilegge l’importanza della Gaudium et spes a 45 anni di distanza:

    Nel corso di una discussione sulla situazione della Chiesa un confratello mi ha detto “Ci basta il Vangelo e la Gaudium et spes”. Nel passato però spesso sentivo l'opinione che l’interpretazione della Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo fosse troppo ottimista e addirittura ingenua. Joseph Ratzinger ha notato che insieme alla Gaudium et spes dovremmo tener sempre presente l'“Imitazione di Cristo”, il libretto che riflette la tradizione monastica medievale. La spiritualità “solidale con il mondo” va accompagnata quindi dalla spiritualità della “fuga dal secolo”. Bisogna trovare un punto di equilibrio tra il giusto impegno per il mondo e la tensione verso la vita eterna. “Tra i compiti più urgenti per il cristiano – afferma Ratzinger – c’è il recupero della capacità di opporsi a molte tendenze della cultura circostante, rinunziando a certa solidarietà euforica post-conciliare”. La Gaudium et spes, letta senza un presupposto ideologico, appare molto equilibrata.

    Oggi, l’analisi conciliare della condizione dell’uomo nel mondo è ancora più attuale che 45 anni fa. I padri del Concilio affermano: “il mondo si presenta oggi potente e debole, capace di operare il meglio e il peggio, […] l'uomo prende coscienza che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate, e che possono schiacciarlo o servirgli” (n. 9). Benedetto XVI recentemente ha indicato la possibilità del peggio con una frase assai drammatica: “Il nostro futuro e il destino del nostro pianeta sono in pericolo”. Tale diagnosi non può che suscitare degli interrogativi più profondi nel cuore umano. Per rispondere a simili domande, il Concilio ha affermato di volere scrutare – insieme a tutti gli uomini di buona volontà – i segni dei tempi per riformulare, nel mondo contemporaneo, la risposta che è stata già data in Gesù Cristo: “la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana”. (n. 10).

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    Chiesa e Società



    Nigeria: sale il bilancio delle vittime a Jos, la polizia arresta alcuni sospettati

    ◊   Sono 80 i cadaveri recuperati finora nella città di Jos, teatro dalla vigilia di Natale di diversi attentati e scontri violenti, mentre i feriti che si contano negli ospedali sono 189. È questo l’ultimo bilancio fornito dall’Agenzia per le emergenze della Nigeria, ma le cifre potrebbero continuare a salire. Dopo le esplosioni del 24, nella città capitale dello Stato del Plateau, rivendicate da una setta islamica attraverso un comunicato su internet, si sono verificate rappresaglie in alcuni quartieri in cui molte case sono state date alle fiamme e tante persone sono state costrette a rifugiarsi in edifici pubblici. Secondo fonti nigeriane questi scontri avrebbero causato altre otto vittime. Proprio di essere responsabili di questi scontri sono sospettate le sei persone arrestate in queste ore dalle Forze dell’ordine. Tre di loro, due di nazionalità nigeriana e uno originario del Ciad, bloccati nella zona di Dogon Dutse, sono stati trovati in possesso di esplosivo: secondo gli inquirenti stavano organizzando un attentato in una chiesa e risultano sospettati anche degli attentati della notte di Natale. Tuttavia si fa strada tra gli inquirenti l’ipotesi secondo la quale le violenze anticristiane sarebbero da riferire a una tensione di natura politica e non religiosa. È questa l’opinione anche dell'arcivescovo di Jos, mons. Ignatius Ayau Kaigama, intervistato dal quotidiano Avvenire: "Gruppi e partiti manipolano la religione per nascondere conflitti economici o politici - ha detto - la religione può diventare un'arma potente, dato che qui è vissuta in modo molto intenso". D'accordo anche il Superiore generale della Società Missioni africane, padre Maurice Henry, che, intervistato dall'agenzia Misna, ha criticato fortemente chi, invece, “insiste sulla matrice etnica e religiosa, che qui rappresenta solo un elemento marginale”. A sostegno di questa tesi, l’argomentazione secondo cui la maggior parte delle sette bombe scoppiate a Jos erano collocate in luoghi frequentati da chiunque e non solo da cristiani. Ora la situazione è più tranquilla anche grazie all’ampio dispiegamento di forze, mentre il governo di Abuja ha espresso una totale condanna a questi atti definiti “terroristici”, ricevendo anche il sostegno dell’Unione Africana. (A cura di Roberta Barbi)

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    Iraq. Un Natale sottotono per motivi di sicurezza: veglie celebrate solo al nord

    ◊   “Le chiese sono diventate come fortezze nelle quali non si prega come dovrebbe”. Così alcuni fedeli sintetizzano all'agenzia AsiaNews l’atmosfera del Natale come la si è vissuta quest’anno in Iraq, dove le celebrazioni della Notte Santa sono state proibite per motivi di sicurezza, dopo il terribile attentato del 31 ottobre nella chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Baghdad. A Kirkuk, ad esempio, la messa solenne è stata officiata la mattina del 25, alla presenza delle autorità locali, dei capi della polizia e dell’esercito, dei capi tribù, di alcuni esponenti politici e del rappresentante del grande ayatollah, Alì al Sistani, mentre fuori le forze dell’ordine presidiavano l’edificio. Molte famiglie cristiane fuggite a nord, nel Kurdistan, invece, hanno potuto partecipare alla veglia a Soulaymanyia, dove la first lady ha distribuito regali ai bambini e durante la quale i fedeli hanno indossato un nastro rosso sulle spalle per commemorare le vittime dell’attacco e per dire che a Natale speranza e pace sono legate al sacrificio: “La speranza c’è – testimoniano i sacerdoti iracheni – ma è fragile come la fragilità degli uomini”. (R.B.)

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    Filippine. Natale a Mindanao: chiese piene nonostante i timori di attentati

    ◊   Resta alta la tensione a Jolo, nell'isola di Mindanao. Fonti di AsiaNews a Mindanao sottolineano la preoccupazione per la mancanza di sicurezza in una zona da anni bersaglio dei terroristi islamici. “La cappella – afferma la fonte - è situata all’interno di un campo militare e mi ha colpito molto che le forze di sicurezza non siano riuscite a fermare l’attentatore”. Infatti, la bomba è stata piazzata proprio sotto il soffitto della chiesa ed è stata fatta detonare per colpire i fedeli durante la messa. “L’attentatore – aggiunge la fonte - ha avuto tutto il tempo di agire senza essere disturbato”. La notizia dell’attacco ha destato preoccupazione e paura tra la popolazione di Mindanao, ma secondo padre Giulio Mariani, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere racconta che come ogni anno migliaia di persone hanno partecipato alle celebrazioni natalizie. “A differenza dell’Europa – afferma – dove la gente riempie le chiese solo la notte di Natale, qui a Mindanao abbiamo la gioia di avere alle nostre celebrazioni centinaia di fedeli già durante la novena del Gallo, messa celebrata all’alba per rendere grazie in vista del Natale. Moltissimi giovani hanno preferito la messa di mezzanotte”. Il sacerdote dice che “questo è un segno che c’è ancora molta speranza tra la popolazione". Intanto, il presidente Beniño Aquino ha confermato ieri i sospetti sul coinvolgimento degli estremisti islamici di Abu Sayyaf nell’attentato, anche se a tutt’oggi non vi sono rivendicazioni. "La comunità islamica è scontenta di questa situazione – continua – e ha manifestato la sua vicinanza ai cristiani durante il Natale, soprattutto dopo la notizia dell’attacco di Jolo”. Padre Mariani dice che il dialogo interreligioso andrà avanti nonostante gli attacchi dei terroristi islamici e cristiani e musulmani continueranno a partecipare alle festività di entrambe le fedi come segno di solidarietà e amicizia. (R.P.)

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    India. Natale in Orissa: messaggio di fraternità di mons. Cheenath

    ◊   “Il messaggio di Natale per noi è che Dio viene da noi ed è nei cuori di tutti. Trovarlo nella nostra vita quotidiana è ‘mukti’, salvezza, trovarlo negli altri è fratellanza universale”. Così mons. Raphael Cheenath, l’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, nello Stato dell’Orissa, teatro dei sanguinosi pogrom anticristiani del 2007 e del 2008, ha raccontato ad AsiaNews come si è svolto il Natale nell’area, con tanta paura tra i fedeli per la possibilità di violenze e attentati che fortunatamente non si sono verificati. Le autorità, in via precauzionale, hanno fornito protezione alle chiese più grandi. “L’amore di Cristo ispira i cristiani in Orissa a essere abbastanza forti da resistere alle pressioni della società – ha aggiunto il presule – quindi il messaggio di questo Natale è rompere le barriere e i muri di casta, colore, fede e religione per creare una comunità di fratelli e sorelle uniti nell’amore, inclusi i nostri fratelli indù”. L’arcivescovo ha sottolineato che Cristo è venuto per stabilire la supremazia dell’amore, che ha la prevalenza su tutte le altre virtù: “Noi in Orissa e Kandhamal cerchiamo di raggiungere i poveri, i dalit e i tribali, così che possano essere liberati da alcune delle tradizioni e dei costumi delle classi superiori della società”. Il presule, infine, ha tenuto a evidenziare come oggi la maggioranza dell’umanità soffra la fame, la povertà, le malattie e la persecuzione religiosa: “Siamo dunque capaci di accettarci come fratelli e sorelle? – si domanda – credo che il nostro sarà un mondo migliore quando saremo in grado di vedere la bontà negli altri, non solo le mancanze e gli errori, quando saremo capaci di vivere in fraternità e non di odiarci”. (R.B.)

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    Pakistan: anche a Natale è continuata la mobilitazione per Asia Bibi

    ◊   Il Natale non ha fermato in Pakistan la mobilitazione per Asia Bibi, la donna cattolica condannata a morte per blasfemia, per la quale l’Alta Corte di Lahore non ha ancora fissato la data dell’udienza d’appello. L'agenzia AsiaNews riferisce che su questa vicenda continua lo scontro tra la maggioranza islamica e la comunità cristiana nel Paese, a partire dal sito web del Pakistan Christian Post, punto di riferimento per i cristiani, che è stato oscurato da un attacco di hacker musulmani. Momenti di tensione il giorno di Natale a Lahore, quando si sono sfiorate due manifestazioni di attivisti, rispettivamente una del gruppo islamico Tahaffuz-i-Namoos-i-Risalat, a favore della legge sulla blasfemia e contro la grazia ad Asia Bibi; l’altra, organizzata dall’Alleanza democratica del Pakistan, su posizioni diametralmente opposte. A Karachi, infine, i “Cittadini per la democrazia” hanno lanciato una campagna nazionale per emendare la controversa legge: la riunione fondante si è svolta il 26 dicembre e vi hanno preso parte 28 denominazioni diverse. (R.B.)

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    Libano: timori per l'annuncio del Tribunale Onu sull'attentato Hariri

    ◊   Cresce la preoccupazione in Libano per le possibili violente reazioni all’annuncio, ritenuto ormai prossimo, di coloro che il Tribunale speciale per il Libano (Tsl), promosso dall’Onu, accuserà di essere i responsabili dell’assassinio dell’ex premier Rafic Hariri e di altri omicidi politici avvenuti in Libano dopo il 2005. Ieri - riferisce l'agenzia AsiaNews - l’ex ambasciatore americano all’Onu, John Bolton, ha sostenuto che l’atto di accusa è “molto vicino” e che imputati saranno “alti esponenti” di Hezbollah e della Siria. Tutto ciò fa crescere i timori, espressi anche da vescovi e sacerdoti cristiani nel corso delle celebrazioni natalizie, che la vicenda possa fare da innesco a sanguinosi scontri tra sciiti (Hezbollah) e sunniti, visto che lo era Hariri e lo è la componente maggioritaria della popolazione e anche del parlamento. “Nessuno – ha detto ieri il patriarca maronita Nasrallah Sfeir – ignora le sfide delle quali il Libano è stato testimone in passato e quelle che ci sono ancora. Viviamo - ha aggiunto - giorni difficili, ma noi preghiamo perchè la situazione migliori e il nuovo anno sia portatore di bene e i libanesi siano uniti per il bene del Paese”. Alla messa natalizia del cardinale ha assistito anche il presidente della Repubblica, Michel Suleiman che, proprio andando alla celebrazione si è rifiutato di parlare di crisi, affermando che “l’impasse politica si sta avviando a soluzione”. Un invito alle parti a mantenere la calma e a ricorrere a mezzi legali è venuto dal vescovo greco-ortodosso di Beirut, Elias Audi. “Perché – ha chiesto – non aspettare per il risultato delle indagini con calma e pazienza e avvalersi del dibattito legale per risolvere le nostre controversie, invece che ricorrere a provocazioni che possono appiccare il fuoco?”. Da parte sua, il vescovo maronita della capitale, Boulos Matar, che domenica ha incontrato l’ambasciatore iraniano Ghazanfar Roknabadi, ha avvertito che non ci sarebbero alternative all’attuale modello di coesistenza che esiste in Libano, se il Paese dovesse andare al collasso. (R.P.)

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    Venezuela: il cardinale Jorge Urosa-Savino invita a lavorare per la pace

    ◊   Il cardinale arcivescovo di Caracas, Jorge Urosa-Savino, ha espresso il timore che in Venezuela si instauri una dittatura. Secondo quanto riferisce la stampa locale ripresa dall'agenzia Fides, l’arcivescovo di Caracas, ha sottolineato l’importanza che tutti i venezuelani lavorino per la pace, qualunque sia il posto di lavoro che occupano nella società. Ma ha manifestato anche il suo timore per il destino verso cui si sta indirizzando il Paese. Il cardinale, riferendosi alle forti critiche espresse dal presidente Hugo Chavez nei confronti della Chiesa in Venezuela, ha affermato alla televisione: “Se qualcuno si arrabbia perché l'episcopato segnala che ci sono prigionieri politici, se qualcuno si sente offeso perché chiediamo di rispettare il diritto di informazione, ci dispiace molto, ma questo è un postulato della Costituzione”. L'arcivescovo di Caracas ha manifestato la preoccupazione che il Venezuela si avvii verso la dittatura con queste parole: “chi è alla guida del governo deve prendere in considerazione la grande responsabilità che ha dinanzi alla storia e dinanzi a Dio, se vogliono imporre una dittatura totalitaria, questa sarebbe certamente una cosa terribile per il Venezuela”. La Chiesa cattolica ha espresso la sua profonda preoccupazione dopo il recente operato dell’Assemblea Nazionale, che ha approvato 22 leggi in solo due settimane per consolidare il sistema socialista prima della scadenza del suo mandato, il 4 gennaio 2011. (R.P.)

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    Le speranze dell’Africa nelle omelie di Natale

    ◊   Un continente con un futuro “sempre più incerto”: così Benedetto XVI ha definito l’Africa nell’omelia del giorno di Natale, in cui ha ricordato tutti i Paesi africani “colpiti dall’assenza di stabilità” come il Congo, il Darfur, la Somalia, la Costa d’Avorio e il Madagascar. Il giorno in cui si festeggia la nascita di Gesù, è comunque per ognuno occasione di pace e riconciliazione, anche nelle situazioni più difficili, come hanno sottolineato nelle loro omelie natalizie alcuni arcivescovi del continente: “Una pace durevole non potrà essere raggiunta senza giustizia, verità e amore – sono state le parole pronunciate dall’arcivescovo di Kinshasa, cardinale Laurent Monsengwo Pasinya nella Cattedrale Nostra Signora di Lingwala – in Congo il popolo non è più all’oscuro di quello che sta accadendo, del fatto che si sta affermando una cultura di menzogna, ingiustizia, corruzione, odio e morte”. Il porporato, poi, riferisce la Misna, ha messo in guardia contro il rischio di banalizzare la morte e ha invitato governanti e cittadini a un “risveglio della nazione”. Anche l’arcivescovo di Dakar, capitale del Senegal, cardinale Théodore Adrien Sarr, si è rivolto alle autorità del Paese affinché creino “le condizioni per una pace definitiva in Casamance”, la regione meridionale che dal 1982 è teatro di un conflitto armato che coinvolge i ribelli del Movimento delle forze democratiche, e ascoltino “il grido di disperazione e di paura delle popolazioni, dando prova di rispetto per la vita umana”. Il porporato ha citato anche la Costa d’Avorio, in preda a una delicata crisi post-elettorale. (R.B.)

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    Uganda: dopo 40 anni torna la febbre gialla. L'epidemia colpisce al nord

    ◊   Sono 45 le persone morte e 183 quelle contagiate da un’eccezionale epidemia di febbre gialla che da quasi un mese è in corso nel nord dell’Uganda. Lo ha fatto sapere il direttore generale del ministero della Sanità di Kampala, Kenya Mugisha, facendo il punto sull’epidemia della malattia, che era assente dall’Uganda dal 1970. Secondo i dati dei responsabili sanitari ugandesi, l’epidemia interessa al momento 10 distretti del Paese, prevalentemente nel nord, dopo che nelle ultime ore sono stati confermati casi anche nel distretto di Kotido che si somma così alle altre nove zone del Paese (Abim, Agago, Lamwo, Kitgum, Pader, Gulu, Arua, Kaabong e Lira) dove la febbre gialla è tornata a fare la sua comparsa già da alcune settimane. Il governo ha annunciato a breve una massiccia campagna di vaccinazione, condotta dal ministero della Sanità di Kampala e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms/Who), che interesserà due milioni e mezzo di ugandesi. L’Oms e Kampala - riferisce l'agenzia Misna - avrebbero infatti raggiunto un accordo per importare la quantità necessaria di vaccini il prima possibile. Essendo assente dal Paese da 40 anni, infatti, il vaccino contro la febbre gialla non era presente nelle scorte del Paese. A causa dell’epidemia in corso, infine, anche agli stranieri che si recheranno in Uganda viene richieste la vaccinazione da febbre gialla, da compiersi almeno dieci giorni prima dell’arrivo nel Paese. (R.P.)

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    Cina: nel suo messaggio natalizio mons. Tong chiede il rispetto dei diritti umani

    ◊   Nel suo messaggio natalizio, il vescovo di Hong, mons. John Tong Hon, esprime “4 sogni per la diocesi del Territorio: evangelizzazione, vocazioni, maggior cura della Chiesa universale e divenire una Chiesa-ponte con la Cina”. “Vorrei che continuassimo ad evangelizzare – ha detto mons. Tong - in tutte le nazioni del mondo, perché questa è la missione che Cristo ha dato alle nazioni dai suoi discepoli; vorrei che venisse compiuto ogni sforzo per le vocazioni, perché “la messe è molta, ma gli operai sono pochi”; vorrei che tutti noi fossimo più concentrati sulla Chiesa universale, perché Hong Kong è una città cosmopolita e noi facciamo parte di un corpo unico con i fratelli di tutto il mondo; e infine vorrei che continuassimo tutti a essere una Chiesa-ponte con la Cina, che si sta aprendo, ma ha ancora tante lacerazioni all’interno che vanno sanate”. Nella Cina continentale, scrive mons. Tong, “ci sono una serie di stelle luminose che, come quella che guidò i Magi verso la Grotta della Natività, possono guidare il Paese verso una migliore evoluzione. Queste stelle sono tutti coloro che hanno risposto all’appello del Papa teso a proteggere i neonati dall’infanticidio e i feti dall’aborto; Liu Xiaobo, che è in prigione per aver promosso i diritti umani; Zhao Lianhai, che ha rivelato la verità sullo scandalo del latte adulterato”. Il presule cinese, ovviamente, - riferisce l’agenzia AsiaNews - non dimentica i cattolici cinesi quando nel suo lungo messaggio natalizio scrive che “fra le stelle ci sono anche i membri del clero sotterraneo, dietro le sbarre per aver difeso la libertà religiosa, così come i membri della Chiesa ufficiale che sono stati costretti a partecipare ad una ordinazione episcopale illecita e a partecipare all’ottava Assemblea dei cattolici cinesi, nonostante le molte proteste. Io rispetto molto tutti loro. Spero e prego che possano essere liberati al più presto, e possano godere di nuovo dei loro diritti civili e della loro libertà di culto, in modo da poter contribuire ancora di più alla società, garantendo alla nostra nazione la possibilità di guadagnarsi ancora di più il rispetto internazionale”. (R.P.)

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    Shangai: onorificenze per chi si è distinto nell’organizzazione dell’Expo

    ◊   Atto finale dell'Esposizione universale che dal 1° maggio al 31 ottobre 2010 ha portato a Shanghai 73 milioni di visitatori. Ieri nella Grande Sala del Popolo affacciata su Piazza Tiananmen a Pechino si è tenuta la cerimonia di assegnazione dei riconoscimenti a chi si è distinto nell'organizzazione e nello svolgimento di un evento eccezionale per qualità e numero di visitatori. Un atto autocelebrativo, quello presenziato dal primo ministro Wen Jiabao, che si è tenuto nella sede abituale dei Congressi del Partito comunista cinese per ricordare un evento universale nel nome, ma che è stato soprattutto vetrina della capacità cinese e del nuovo, determinante, ruolo internazionale del grande Paese asiatico. Complessivamente, infatti, solo il 5,8% dei visitatori è arrivato dall'estero in una Shanghai che nell'occasione si è affermata tra le più moderne e funzionali metropoli asiatiche. Tenendo conto che le statistiche considerano Hong Kong, Macau e Taiwan realtà straniere, ne risulta che l'Expo, più che universale, sia stato un grande evento interno, con notevoli implicazioni politiche ed economiche. Le onorificenze del Comitato centrale del Partito comunista e del Consiglio di Stato sono state assegnate e 377 istituzioni e 519 individui. Tra le prime, la regione ad amministrazione speciale di Hong Kong, tra i secondi, i familiari di quattro operai e tecnici vittime di incidenti durante i lavori dell'Expo. (A cura di Stefano Vecchia)

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    La diocesi cinese di Xi Chang ha festeggiato 100 anni di evangelizzazione

    ◊   Oltre 500 fedeli della diocesi di Xi Chang, nella provincia del Si Chuan, hanno partecipato alla solenne Concelebrazione eucaristica durante la quale hanno ringraziato il Signore per i 100 anni di evangelizzazione. Inoltre durante la Messa presieduta il 14 dicembre da mons. He Ze Qing, vescovo della diocesi di Wan Zhou, nella stessa provincia, sono stati ordinati tre sacerdoti diocesani. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, la solenne liturgia è stata concelebrata da 26 sacerdoti. Il responsabile della diocesi di Xi Chang ha sottolineato nella circostanza che la celebrazione dei 100 anni d’evangelizzazione “è un segno di partenza del nuovo sforzo missionario nella società odierna”. La diocesi di Xi Chang (in origine Ning Yuan) era una missione della Società per le Missioni Estere di Parigi (Mep). Ha fatto parte del vicariato apostolico di Kientchang dal 1910 ed è diventato vicariato apostolico di Ning Yuan nel 1924. Oggi la diocesi conta oltre 30.000 fedeli, decine di sacerdoti, una quarantina di religiose della Congregazione diocesana della Sacra Famiglia e della Congregazione delle Missionarie Oblate della Sacra Famiglia, 11 parrocchie e 6 stazioni missionarie. Inoltre la Congregazione della Sacra Famiglia è anche un punto di riferimento per la formazione delle vocazioni religiose di tutte le diocesi del sud-ovest del continente. Dal 1993, anno della sua fondazione, al 2005, ha formato ben 90 religiose della regione. Essendo un centro industriale (qui si trova il “China Xi Chang Satellite Launch Center”), la Chiesa è molto attiva tra gli operai e nell’ospedale. Le suore Missionarie Oblate lavorano presso il Centro di Riabilitazione di De Chang. (R.P.)

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    Sud Corea: settimana della Santificazione della Famiglia

    ◊   In occasione della Settimana per la Santificazione della Famiglia, che ha avuto inizio dalla festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, domenica scorsa, mons. Paul Hwang Cheol-soo, presidente del Comitato per la pastorale familiare in seno alla Conferenza episcopale coreana (Cbck), ha pubblicato un messaggio ripreso dall'agenzia Fides, in cui esorta i fedeli a riflettere sul vero significato dell’amore coniugale che Dio ha concesso loro al fine di realizzare una autentica comunicazione interpersonale. Nel messaggio, intitolato "Ristabilire l’amore coniugale come amore sacramentale", mons. Hwang esprime la sua preoccupazione per la situazione attuale, in cui molte coppie sposate, giorno per giorno, sono diventate infedeli alle promesse matrimoniali della reciproca donazione totale di sé all’altro. Ed ha sottolineato: "i coniugi devono sempre rinnovare il loro irrevocabile consenso coniugale ad impegnare tutta la loro vita per l'amore incondizionato e la fedeltà costante, affidandosi all'amore di Cristo". (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Due uomini impiccati oggi in Iran: uno per spionaggio, un altro per appartenenza ai Mujaheddin del Popolo

    ◊   Due uomini giustiziati oggi in Iran. Un iraniano condannato per spionaggio in favore di Israele è stato impiccato stamani nel carcere di Evin, a Teheran. Lo ha reso noto la Procura della capitale iraniana, aggiungendo che nella stessa prigione sempre oggi è stata eseguita la condanna di un altro uomo, riconosciuto colpevole di appartenenza ai Mujaheddin del Popolo, la maggiore organizzazione di opposizione al regime iraniano. In un comunicato della Procura citato dall'agenzia ufficiale Irna, si afferma che la “spia” di Israele, Ali-Akbar Siadat, ha passato informazioni al servizio segreto di quel Paese, il Mossad, dal 2005 al 2008, quando fu arrestato mentre cercava di lasciare l'Iran con sua moglie. Siadat avrebbe incontrato gli agenti israeliani durante viaggi in Turchia, Olanda e Thailandia e avrebbe ricevuto complessivamente 60.000 dollari per fornire loro informazioni in particolare sugli aerei da combattimento in dotazione alle forze iraniane e su basi aeree militari. Nel 2008 era stato impiccato in Iran un imprenditore, Ali Ashtari, riconosciuto anch'egli colpevole di avere spiato per Israele, Paese al quale la Repubblica islamica nega il diritto all'esistenza e di cui il presidente Mahmud Ahmadinejad ha più volte profetizzato l'imminente scomparsa. L'altro impiccato di oggi ad Evin si chiamava Ali Saremi ed era stato condannato alla pena capitale dopo essere stato riconosciuto colpevole di Moharebeh (Guerra contro Dio) e propaganda contro il sistema islamico di governo in Iran per avere militato nelle file dei Mujaheddin del Popolo fin dal 1982. Anche Saremi era stato arrestato nel 2008. I Mujaheddin del Popolo hanno rivendicato vari attentati in Iran nei primi anni seguiti alla rivoluzione del 1979 e sono stati inseriti nella lista delle organizzazioni terroristiche di Unione Europea e Stati Uniti. Nel 2009, dopo la smilitarizzazione dell’organizzazione, l’Ue ha rimosso i Mujaheddin del Popolo dalla lista delle organizzazioni terroristiche e in molti chiedono che Washington faccia altrettanto.

    In Afghanistan catturato leader talebano
    Un reparto militare congiunto afghano ed internazionale ha realizzato ieri a Kandahar un’operazione di sicurezza localizzando e catturando un leader talebano soprannominato “il dottore” per la sua grande abilità nel confezionare complessi ordigni esplosivi. Lo riferisce oggi la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) a Kabul. L'uomo, si precisa, teneva una vera e propria scuola di addestramento alla costruzione di ied, rudimentali ordigni esplosivi utilizzati contro gli automezzi dell'esercito afghano e della stessa Isaf. “Il dottore” è ritenuto responsabile del sanguinoso attentato del 12 dicembre scorso a Sangsar, in cui morirono sei soldati americani e due afghani, nonchè al centro di una rete finanziaria a sostegno delle operazioni dei kamikaze nella provincia di Kandahar.

    Ancora violenza in Pakistan
    All’indomani delle commemorazioni nel terzo anniversario dell’uccisione del premier, la signora Benazir Buttho, stamani un attentato dinamitardo ha colpito l’università di Karachi, provocando fortunatamente solo feriti lievi. Intanto, nel nord, gli aerei senza pilota americani hanno bombardato basi talebane nel Waziristan causando almeno 17 morti. Ce ne parla Maurizio Salvi:

    Oggi, per il secondo giorno consecutivo, i velivoli senza pilota americani sono entrati in azione sul Waziristan settentrionale, contribuendo a mantenere alta la tensione al confine con l’Afghanistan, dove i talebani continuano a costituire un duro ostacolo per le truppe pachistane, quelle afghane e per la coalizione internazionale basata a Kabul. Il raid aereo ha avuto come obiettivo due edifici ritenuti basi della cosiddetta rete Akane, contro cui sono stati sparati quattro missili. Quest’attacco è stato seguito quasi subito da un attentato all’università di Karachi, da poco riaperta, e dove varie persone sono rimaste ferite dallo scoppio di un pacco bomba nascosto in un cespuglio non lontano da una moschea. Proprio a Karachi era atteso, oggi, il presidente Asif Ali Zardari, che dopo aver partecipato ieri alla commemorazione del terzo anniversario dell’uccisione di sua moglie ed ex premier pachistano, Benazir Bhutto, deve affrontare una pericolosa crisi politica. L’Mqm, il terzo partito del Paese, infatti, ha annunciato l’uscita dei suoi due ministri dal governo, senza tuttavia per il momento passare all’opposizione.(mg)

    Ancora 300 eritrei in mano dei predoni del Sinai
    Sono circa 300 gli eritrei ancora nelle mani dei predoni del Sinai che chiedono il pagamento di un riscatto per lasciarli andare, nonostante molti di loro abbiano già pagato ingenti somme di denaro per raggiungere il confine con Israele. È quanto ha appreso l'Ansa da fonti locali. Altri 900 migranti di altre nazionalità hanno pagato le somme richieste e aspettano di poter partire e tentare l'ingresso in Israele. Gli eritrei sarebbero ostaggio di una decina di trafficanti bene armati. All'origine del sequestro dei migranti eritrei da parte dei beduini, ci sarebbe inoltre una sorta di vendetta: lo scorso settembre, a quanto si apprende, un gruppo di 25 immigrati ha tentato di fuggire dai trafficanti. Sono quindi scoppiati dei tafferugli in cui sono rimasti uccisi sei eritrei e un beduino. Da allora, le condizioni degli eritrei trattenuti dai beduini sarebbero peggiorate e sfociate in abusi e violenze.

    Il ministro degli Esteri cinese sarà negli Usa a inizio 2011
    Il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, sarà in visita negli Stati Uniti agli inizi del prossimo anno. Lo ha riferito oggi a Pechino in conferenza stampa la portavoce del ministro, Jiang Yu. La visita, su invito del segretario di Stato americano Hillary Clinton, si terrà dal 3 al 7 gennaio. Ieri il governo cinese aveva ufficializzato la visita a Pechino del segretario di Stato americano per la difesa, Robert Gates, dal 9 al 12 gennaio prossimi.

    La Russia, processo all'ex magnate del petrolio Mikhail Khodorovsky
    La Russia considera "inaccettabili" le pressioni di Usa ed Ue sul processo all'ex magnate del petrolio Mikhail Khodorovsky. Lo ha detto il ministero degli Esteri russo in un comunicato. "I tentativi di far pressione sulla nostra giustizia sono inaccettabili", afferma il comunicato commentando "le dichiarazioni fatte a Washington e in alcune capitali dell'Unione europea". L'Alto rappresentante della politica estera della Ue Catherine Ashton ha assicurato che seguirà molto da vicino gli sviluppi della situazione e ha detto di voler ricordare a Mosca gli impegni assunti in materia di rispetto dei diritti umani. E la Casa Bianca si è detta “profondamente preoccupata” per le indicazioni provenienti da Mosca in base alle quali l'ex magnate del petrolio russo Mikhal Khodorkovski e Platon Lebedev verranno condannati per la seconda volta. Il portavoce del presidente Usa, Gibbs, scrive in un comunicato che “l'applicazione a prima vista selettiva della legge nei confronti di questi due individui indebolisce la reputazione della Russa in quanto paese impegnato ad approfondire la nozione di Stato di diritto”.

    Migliora la situazione maltempo negli Stati Uniti, ma non a Mosca
    Gli aeroporti statunitensi sulla costa orientale, stretta nella morsa del maltempo che ha portato una tormenta di neve tra le più significative degli ultimi 20 anni, stanno lentamente tornando alla normalità, mentre resta critica la situazione a Mosca. La procura ha disposto un’inchiesta sui disservizi. Negli Stati Uniti hanno riaperto i tre aeroporti di New York, quelli di Boston e Philadelphia. A New York, l'aeroporto La Guardia ha aperto una pista, nello scalo è previsto l'atterraggio di circa 10 aerei nelle prossime ore. Due le partenze previste. La decisione ha sbloccato la situazione negli scali mondiali. Nel complesso, ieri negli Usa, sono stati cancellati 4.155 voli, portando a circa 7.000 le cancellazioni dovute al maltempo nel corso delle festività natalizie. I meteorologi prevedono miglioramenti nelle prossime ore, con la tormenta di neve che si sposta verso il Canada. Resta paralizzato, per il terzo giorno consecutivo, il traffico aereo a Mosca: i due aeroporti della capitale russa sono praticamente fermi. Nella notte dal Domodedovo, sono decollati circa 150 aerei sui 700 previsti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 362

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