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Sommario del 26/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus: imitare la santa Famiglia per superare nell'amore le difficoltà. Appello di pace dopo le nuove violenze anticristiane
  • La carità è la forza che cambia il mondo: così il Papa durante il pranzo con i poveri in Vaticano
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuovi scontri in Nigeria dopo gli attacchi alle chiese
  • Cristiani perseguitati e discriminati nel mondo: poca attenzione dai media
  • Aiuto alla Chiesa che Soffre: il martirio cristiano è seguire Gesù per amore dell’uomo e della libertà
  • Tensione tra le Coree. La Cina tenta la mediazione
  • Festa della santa Famiglia: le famiglie, cuore della società
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Iraq: Natale senza attacchi contro le comunità cristiane
  • Nepal: Gesuiti al lavoro per costruire nuove scuole
  • Coniugare carità e verità: un gruppo internazionale risponde all'appello di Benedetto XVI
  • Settimana nazionale delle vocazioni negli Usa
  • Al via il nuovo canale di Youtube per le vocazioni dei salesiani
  • Senegal. Al via il “Festival delle arti nere”
  • A Roma un corso per religiose sulla direzione spirituale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Paura nel Pacifico a sei anni dallo tsunami che ha devastato i Paesi dell'Oceano Indiano

  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus: imitare la santa Famiglia per superare nell'amore le difficoltà. Appello di pace dopo le nuove violenze anticristiane

    ◊   Il Papa, all’Angelus oggi in Piazza San Pietro, ha invitato ad accogliere come “modello di vita” la santa Famiglia, che oggi la Chiesa festeggia, per superare nell’amore prove e preoccupazioni. Ha quindi sottolineato quanto sia importante che ogni bambino, venendo al mondo, sia accolto dall’amore del padre e della madre. Infine, ha lanciato un nuovo appello di pace dopo le violenze anticristiane in Nigeria e nelle Filippine. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il Papa invita a contemplare la scena della santa Famiglia nella Grotta di Betlemme: “il piccolo Gesù appare al centro dell’affetto e delle premure dei suoi genitori”. Maria e Giuseppe custodiscono nei loro cuori il mistero della nascita del Figlio di Dio:

    “Eppure, la nascita di ogni bambino porta con sé qualcosa di questo mistero! Lo sanno bene i genitori che lo ricevono come un dono e che, spesso, così ne parlano. A tutti noi è capitato di sentir dire a un papà e a una mamma: ‘Questo bambino è un dono, un miracolo!’”.

    “In effetti – ha affermato il Papa - gli esseri umani vivono la procreazione non come mero atto riproduttivo, ma ne percepiscono la ricchezza, intuiscono che ogni creatura umana che si affaccia sulla terra è il ‘segno’ per eccellenza del Creatore e Padre che è nei cieli”:

    “Quant’è importante, allora, che ogni bambino, venendo al mondo, sia accolto dal calore di una famiglia! Non importano le comodità esteriori: Gesù è nato in una stalla e come prima culla ha avuto una mangiatoia, ma l’amore di Maria e di Giuseppe gli ha fatto sentire la tenerezza e la bellezza di essere amati. Di questo hanno bisogno i bambini: dell’amore del padre e della madre. E’ questo che dà loro sicurezza e che, nella crescita, permette la scoperta del senso della vita”.

    Benedetto XVI ricorda che la santa Famiglia di Nazareth ha attraversato molte prove, come la fuga in Egitto, ma che, confidando nella divina Provvidenza, ha assicurato a Gesù “un’infanzia serena e una solida educazione”. La santa Famiglia – aggiunge - “è certamente singolare e irripetibile, ma al tempo stesso è ‘modello di vita’ per ogni famiglia” che su questo esempio è chiamata ad affrontare problemi e preoccupazioni “con profondo amore e reciproca comprensione”:

    “Affidiamo pertanto alla Madonna e a san Giuseppe tutte le famiglie, affinché non si scoraggino di fronte alle prove e alle difficoltà, ma coltivino sempre l’amore coniugale e si dedichino con fiducia al servizio della vita e dell’educazione”.

    Dopo la preghiera dell’Angelus, il Papa ricorda con tristezza le violenze che hanno continuato a colpire anche in questi giorni di festa i cristiani come “l’attentato in una chiesa cattolica nelle Filippine, mentre si celebravano i riti del giorno di Natale” e “l’attacco a chiese cristiane in Nigeria”. Ma “la terra – ha sottolineato - si è macchiata ancora di sangue in altre parti del mondo come in Pakistan”:

    “Desidero esprimere il mio sentito cordoglio per le vittime di queste assurde violenze, e ripeto ancora una volta l’appello ad abbandonare la via dell’odio per trovare soluzioni pacifiche dei conflitti e donare alle care popolazioni sicurezza e serenità. In questo giorno in cui celebriamo la Santa Famiglia, che visse la drammatica esperienza di dover fuggire in Egitto per la furia omicida di Erode, ricordiamo anche tutti coloro – in particolare le famiglie - che sono costretti ad abbandonare le proprie case a causa della guerra, della violenza e dell’intolleranza. Vi invito, quindi, ad unirvi a me nella preghiera per chiedere con forza al Signore che tocchi il cuore degli uomini e porti speranza, riconciliazione e pace”.

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    La carità è la forza che cambia il mondo: così il Papa durante il pranzo con i poveri in Vaticano

    ◊   “La carità è la vera forza che cambia il mondo”. Così Benedetto XVI al termine del pranzo con i circa 250 poveri assistiti dalle diverse comunità romane delle Missionarie della Carità, che si è svolto oggi presso l’atrio dell’Aula Paolo VI in Vaticano, per il centesimo anniversario della nascita della Beata Madre Teresa di Calcutta. Presenti anche molti religiosi e religiose che il Papa ha ringraziato per il loro umile servizio ai più bisognosi. Al termine del pranzo anche il saluto di suor Prema, superiora generale delle Missionarie della Carità. Il servizio di Cecilia Seppia:

    La voce del Papa svela la gioia di condividere il Natale con chi è povero, solo, emarginato, ma anche con chi dona la sua vita per gli altri in modo umile e discreto. Quella stessa gioia annunciata dagli angeli ai pastori di Betlemme davanti la grotta, che ha accolto il Salvatore, si respira qui nell’Atrio dell’Aula Paolo VI, in Vaticano, dove Benedetto XVI ha pranzato oggi con 250 poveri accompagnati da altrettanti religiosi e religiose della grande Famiglia fondata da Madre Teresa di Calcutta:

    “Il Bambino che vediamo nella grotta è Dio stesso che si è fatto uomo, per mostrarci quanto ci vuole bene, quanto ci ama: Dio è diventato uno di noi, per farsi vicino a ciascuno, per vincere il male, per liberarci dal peccato, per darci speranza, per dirci che non siamo mai soli”.

    A tavola con il Pontefice, siedono 14 ospiti delle diverse case di accoglienza, con lui anche suor Prema, l’attuale superiora generale delle Missionarie, fra Sebastian, co-fondatore e superiore generale dei Fratelli, e fra Brian, superiore generale dei sacerdoti e postulatore della Causa di Canonizzazione della Beata di Calcutta. E proprio sulla testimonianza di vita di Madre Teresa si sofferma il Pontefice definendola un riflesso di luce dell’amore di Dio:

    “La beata Teresa di Calcutta ha vissuto la carità verso tutti senza distinzione, ma con una preferenza per i più poveri e abbandonati: un segno luminoso della paternità e della bontà di Dio. Ha saputo riconoscere in ognuno il volto di Cristo, da Lei amato con tutta se stessa”.

    “La carità, ribadisce il Papa è sempre la vera forza che cambia il mondo”. Per questo a chi si domanda perché Madre Teresa sia diventata così famosa, Benedetto XVI risponde:

    “Perché è vissuta in modo umile e nascosto, per amore e nell’amore di Dio. Ella stessa affermava che il suo più grande premio era amare Gesù e servirlo nei poveri”.

    Grazie a Madre Teresa dice ancora Benedetto XVI ci rendiamo conto di come la nostra vita possa cambiare, di come la nostra anima possa diventare specchio della luce di Cristo ed illuminare gli altri. “E’ Lei che ci ha donato la consolazione e la certezza che Dio non abbandona mai nessuno e la sua missione - afferma il Santo Padre - continua attraverso quanti in ogni angolo del mondo vivono il suo carisma scegliendo di essere missionari della Carità”. Quindi il grazie a tutti coloro che donano la propria vita per gli altri, spesso in modo nascosto agli occhi degli uomini ma straordinario e prezioso per il cuore di Dio:

    “All’uomo spesso in ricerca di felicità illusorie, la vostra testimonianza di vita dice dove si trova la vera gioia: nel condividere, nel donare, nell’amare con la stessa gratuità di Dio che rompe la logica dell’egoismo umano”.

    Poi il saluto agli ospiti, agli amici e a tutti i presenti che hanno condiviso questo momento gioioso di comunione e fraternità:

    “Cari amici! Sappiate che il Papa vi vuole bene” …. (applausi)

    Ma sul clima in cui si è svolto questo incontro conviviale ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – Il clima è stato estremamente sereno e composto. Il Papa è arrivato poco prima dell’una ed è stato accolto sulla porta da suor Mary Prema, che è la superiora generale, dal padre Sebastian, che è il superiore del ramo maschile, e da fratel Brian che è il superiore dei fratelli contemplativi. Il Papa è stato anche accolto da un’altra piccola rappresentanza di ospiti delle varie comunità delle Suore di Madre Teresa, che erano vestiti in forma di sacra rappresentazione: c’erano un San Giuseppe e una Madonna con un piccolo bambino e poi c’erano i Re Magi. Hanno accolto il Papa ed hanno fatto dei piccoli doni. C’era un bel coro di suore di Madre Teresa, che cantavano canti natalizi e che hanno accompagnato l’arrivo del Papa e l’inizio del pranzo. Il Papa ha attraversato la grande “assemblea”, perché erano presenti più di 500 persone, sedute intorno a quattro file di tavoli, messi molto fitti proprio perché lo spazio non è immenso. Passando tra di loro si è fermato a salutare tante persone e in particolare i bambini. Arrivando, gli è stata messa una corona di fiori bianchi e gialli al collo secondo l’uso indiano classico ed anche di Madre Teresa. C’è stata molta gioia e anche molta compostezza: si vedeva che gli ospiti di queste comunità sentivano di trovarsi in un ambiente un po’ diverso dal solito e quindi erano molto rispettosi, ma anche - naturalmente - molto contenti. Hanno saluto il Papa con un bell’applauso. Il Papa era seduto ad un tavolo centrale insieme alla madre superiora e ai due superiori dei rami maschili, ma anche con tanti ospiti delle comunità: accanto a lui c’era - da una parte - un signore che viene dalla Svizzera e - dall’altra - una signora che viene dall’Italia. Erano 14 gli ospiti, in rappresentanza di tutte le comunità, che sedevano attorno a lui, al tavolo centrale.

    D. - I missionari e le missionarie di Madre Teresa assistono a Roma tantissimi poveri, persone senza fissa dimora, detenuti, malati di Aids: anche in Vaticano - e forse molti non lo sanno - c’è una struttura di accoglienza…

    R. - Sì, c’è la “Casa dono di Maria”, che da molti anni fa un’accoglienza ai poveri, distribuendo anche pasti alle persone che non hanno da mangiare e che vengono ogni giorno a bussare alla porta delle suore di Madre Teresa per ricevere accoglienza. Ci sono anche molti che portano a questa casa generi alimentari e aiuti, in modo tale da partecipare alla carità che passa attraverso le suore. (mg)

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    Oggi in Primo Piano



    Nuovi scontri in Nigeria dopo gli attacchi alle chiese

    ◊   Proseguono le violenze in Nigeria: oggi, nella città di Jos, che segna il confine tra il nord a maggioranza musulmana e il sud prevalentemente cristiano, si registrano nuovi scontri tra le due comunità: almeno una persona è morta e molti edifici sono stati dati alle fiamme. Le violenze fanno seguito ai recenti attacchi anticristiani che hanno fatto almeno 38 morti: sono infatti sei le vittime degli assalti di estremisti islamici, nella notte di Natale, contro alcune chiese a Maiduguri, nel nord-est del Paese. Tra i morti, anche un sacerdote. A Jos sono almeno 32 le vittime in seguito al lancio di sette bombe alla vigilia di Natale. Diversi esponenti delle istituzioni escludono tuttavia la matrice religiosa degli attacchi, che avrebbero invece un obiettivo politico volto a creare “un clima d’instabilità” in vista delle presidenziali in programma per il prossimo aprile. Per un’analisi della situazione Marco Guerra ha raccolto il commento di padre Giulio Albanese, direttore di Popoli e Missione, rivista delle Pontificie Opere Missionarie:

    R. - Si tratta di una vecchia storia: non fosse altro perché in Nigeria questi fatti di cronaca nera sono molto frequenti. Nel 2010, centinaia di persone hanno perso la vita a causa di scontri che hanno certamente una valenza “religiosa”, ma anche per certi versi legata alla questione etnica e direi soprattutto alla questione economica e politica. Non dimentichiamo che in questo momento il potere centrale, quello del governo federale di Abuja, è molto debole e vi è una crisi economica che penalizza soprattutto i ceti meno abbienti. A questo si aggiunga il fatto che, comunque, in ogni caso c’è una rivalità anche tra comunità islamiche e comunità cristiane. Quando parliamo di comunità cristiane, dobbiamo però precisare che la Nigeria è uno dei Paesi in Africa con il più alto numero di “independent churches”, ovvero sette che hanno spesso una caratterizzazione abbastanza integralista. Da questo punto di vista è importante non dividere lo scenario tra buoni e cattivi, ma è necessario capire che il contesto della Nigeria è davvero estremamente complesso.

    D. - In vista delle presidenziali di aprile, bisogna attendersi un’escalation di queste violenze?

    R. - Non è da escludere, perché - come dicevo prima - il potere centrale, quello cioè del governo federale di Abuja, è un potere molto debole e dunque i vari Stati e i vari governatorati, in una maniera o nell’altra, tendono a portare l’acqua al proprio mulino. A questo si aggiunga il fatto che proprio perché la Nigeria galleggia sul petrolio, ci sono dei poteri - più o meno occulti - legati al business del petrolio che utilizzano l’arma degli scontri proprio per indebolire lo stato di diritto.

    D. - L’attacco alle Chiese è avvenuto nel nord del Paese a maggioranza musulmana… In generale è garantita la libertà religiosa in Nigeria?

    R. - Formalmente sì, anche perché la Nigeria - è bene rammentarlo - non è una Repubblica islamica, come invece molto volte si pensa, ma è uno Stato federale. Il dettato costituzionale, la massima legge dello Stato, ha una valenza laica che difende l’autonomia delle varie comunità religiose e, dunque, la libertà di esprimere la propria fede. Purtroppo, però, in questi anni sono stati commessi una serie di errori: ai tempi del presidente Olusegun Obasanjo è stata concessa negli Stati del Nord l’applicazione della sharia. Naturalmente tutto questo è motivo di grande tensione.

    D. - E’ possibile una vera pacificazione tra le diverse anime del Paese, soprattutto fra quella cristiana e quella musulmana?

    R. - E’ un discorso, questo, che non riguarda solo le comunità musulmane e quelle cristiane. Direi che riguarda, in senso lato, l’intera società civile nigeriana: c’è bisogno di giustizia sociale! Credo che questo sia l’unico deterrente per ridare speranza alla gente, in un Paese in cui l’uno per cento della popolazione detiene oltre l’80 per cento della ricchezza nazionale. La responsabilità ricade naturalmente - innanzitutto e soprattutto - sulle classi dirigenti, che molte volte seguono delle logiche clientelari, acuendo così la divaricazione tra i ceti, tra i ricchi e i poveri. (mg)

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    Cristiani perseguitati e discriminati nel mondo: poca attenzione dai media

    ◊   Nel giorno in cui si ricorda anche Santo Stefano, primo martire cristiano, la Chiesa si sente particolarmente vicina a tutte le comunità ecclesiali perseguitate nel mondo. Ieri il Papa, nel suo Messaggio natalizio, ha elevato la sua preghiera a Dio perché “doni perseveranza a tutte le comunità cristiane che soffrono discriminazione e persecuzione” ispirando “i leader politici e religiosi ad impegnarsi per il pieno rispetto della libertà religiosa di tutti”. Già nel discorso alla Curia Romana, il 20 dicembre scorso, Benedetto XVI aveva levato un accorato appello a fermare la cristianofobia nel mondo. D’altro canto, se negli ultimi mesi ha avuto una certa diffusione il caso di Asia Bibi, la madre di 5 figli condannata a morte in Pakistan per blasfemìa, molto spesso le persecuzioni anticristiane non ricevono attenzione dai media. Alessandro Gisotti ne ha parlato con padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia AsiaNews:

    R. – E’ molto buono che il caso di Asia Bibi sia arrivato sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo perché finalmente ha mostrato un po’ di luce sulla situazione terribile dei cristiani in Pakistan: sono una minoranza piccolissima ma sono veramente bersagliati come non mai. Non c’è soltanto un’emarginazione dal punto di vista sociale per cui ai cristiani non è concesso avere certi lavori e certe cariche ma c’è questa legge sulla blasfemia che li colpisce in un modo totalmente violento e imprevedibile. Asia Bibi è un po’ il simbolo di tutta questa sofferenza e di tutto questo lavoro di testimonianza che sta facendo la comunità cristiana in Pakistan.

    D. – Quali sono le situazioni che destano maggiore preoccupazione guardando soprattutto all’anno che si sta chiudendo?

    R. - Una delle situazioni di maggiore preoccupazione nel mondo mediorientale è quella dell’Iraq dove il governo non riesce a garantire assolutamente la sicurezza della vita dei cristiani che pure sono una minoranza così preziosa per la storia dell’Iraq e per lo stesso Paese, per la sua stessa cultura. Bisogna però dire che questa situazione, dove appunto c’è insicurezza in Medio Oriente, ha una sua “fonte” nell’Arabia Saudita dove, non dimentichiamolo, ci sono milioni di cristiani andati lì a lavorare e dove non c’è possibilità di celebrare Messa, di pregare in privato, dove non è possibile neanche finire di costruire una piccola cappellina. Poi, secondo me, la situazione più drammatica e più dolorosa è quella dei cristiani, dei pochi cristiani che ci sono in Nord Corea. Lì c’è una dittatura di tipo ideologico e basta che uno abbia la Bibbia che viene condannato a morte. Direi che la Nord Corea è la punta dell’iceberg di una persecuzione da parte del mondo comunista che ha sempre detto che la religione è l’oppio dei popoli e quindi ha cercato sempre di eliminarla oppure di dominarla in qualche modo. Quindi, dietro la Nord Corea metterei la Cina.

    D. – Nel discorso alla Curia Romana il Papa ha levato un forte appello a fermare la cristianofobia nel mondo. Come assumere questo impegno anche nell’informazione?

    R. – Nell’informazione è importante che tutti questi fatti e queste violenze vengano denunciate e vengano messe in chiaro perché molto spesso da parte dell’Occidente, in particolare, c’è un po’ la “politica dello struzzo”: non vedere, non parlare, così si può andare avanti a commerciare. L’Occidente e l’Oriente, invece, dialoghino non soltanto sul commercio ma anche sulle rispettive culture e portino l’uno all’altro l’impegno per migliorare la dignità dell’uomo perché, di fatto, i contatti tra i vari Paesi ormai sono soltanto di tipo strettamente economico e questo impoverisce il valore della persona umana. (bf)

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    Aiuto alla Chiesa che Soffre: il martirio cristiano è seguire Gesù per amore dell’uomo e della libertà

    ◊   Sulla vicinanza della Chiesa ai fratelli perseguitati in odio alla fede e sul valore della testimonianza cristiana fino al sacrificio della vita, Alessandro Gisotti ha intervistato il presidente della sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre, mons. Sante Babolin:

    R. – Questa vicinanza – 25, 26 dicembre, che la Chiesa fin dai primi secoli ha congiunto - c’è perché Stefano testimonia la fede a Gesù attraverso il martirio: dona la sua vita, versa il suo sangue, per testimoniare che Gesù è davvero il Figlio di Dio; lui paga con la vita la proclamazione di questo Vangelo, di questa bella notizia. Benedetto XVI, nel 2007, in una splendida catechesi su Santo Stefano dice che è Stefano colui che introduce Paolo nella fede.

    D. – Proprio come Santo Stefano, duemila anni fa, anche oggi in tante parti del mondo i cristiani sono perseguitati per la loro testimonianza al Vangelo. Il martirio è proprio dell’essere cristiano...

    R. – Il martirio è proprio dell’essere cristiano, perché Gesù ce lo ha detto, quando dichiara le condizioni che uno deve accettare per diventare suo discepolo: rinnegare se stesso e assumere la sua croce fino a dare la vita. Quindi, in questa obbedienza - alla verità e a Dio - si inserisce anche la possibilità del martirio, di dare cioè la vita per la fedeltà alla verità e per la fedeltà a Cristo, che è la rivelazione di Dio. Il martirio è intrinseco alla fede, non nel senso che io devo cercare il martirio, ma nel senso che devo tenere presente che il martirio può esserci per me. E i cristiani che oggi danno la vita per Cristo, che soffrono per Cristo, da una parte richiamano all’impegno della fede e, nello stesso tempo, diventano loro stessi, come Stefano, un annuncio della salvezza e introducono altri alla fede, come ha fatto Stefano nei confronti di Paolo.

    D. – Cosa possono fare i cristiani dell’Occidente, a volte anche indifferente purtroppo, per aiutare questi fratelli perseguitati, specie in un tempo forte come quello del Natale...

    R. – I cristiani dell’Occidente innanzitutto dovrebbero conoscere quello che accade, e cioè il martirio di tanti confratelli nella fede dovrebbe essere conosciuto. Viviamo in un mondo in cui la comunicazione è essenziale. Quindi, comunicare, far conoscere che ci sono cristiani che pagano con la vita la loro fedeltà a Cristo. Per noi che abbiamo la possibilità di vivere la fede senza versare il sangue, è importante saperlo, perché è un incoraggiamento anche per noi a perseverare. Il martirio dei cristiani va a favore anche dei non cristiani, cioè di ogni uomo, perché il cristiano dà la vita per una fede che implica il rispetto della libertà, che implica l’amore verso l’uomo. (ap)

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    Tensione tra le Coree. La Cina tenta la mediazione

    ◊   Nella penisola coreana non si attenuano le tensioni. Il regime comunista della Corea del Nord minaccia un attacco atomico contro la Corea del Sud. Da parte sua, Seul risponde di essere pronta alla guerra. Nel prossimo febbraio il ministro della Difesa sudcoreana dovrebbe recarsi a Pechino per discutere con le autorità cinesi una via d’uscita ad una crisi che si fa sempre più pericolosa. Ma come valutare questo scenario? Eugenio Bonanata ha intervistato Emanuele Giordana, direttore di Lettera 22:

    R. – La minaccia di usare il deterrente nucleare chiaramente spaventa di più dopo che, non molte settimane fa, la Corea del Nord ha attaccato la Corea del Sud con un lancio di missili, uccidendo militari e civili. E’ questo che, naturalmente, rende l’escalation delle parole – a cui ormai siamo abituati da diversi anni – più pericolosa, anche in vista del fatto che c’è sostanzialmente uno stallo diplomatico.

    D. – Tra l’altro, Seul chiede segnali distensivi da parte di Pyongyang per dare avvio ad un qualsiasi tipo di negoziato …

    R. – La Corea del Sud, però, da un po’ di anni a questa parte ha chiuso con la cosiddetta ‘politica di una nuova primavera’, che era stata inaugurata dalla vecchia presidenza. Le ultime manovre militari sono un segnale che in realtà contraddice queste aperture, ed è anche abbastanza evidente che senza un mediatore terzo la questione non si risolve: i due Paesi sono ancora formalmente in guerra e forse questo sarebbe un passo necessario, che però rimane impossibile finché c’è questa contrapposizione diretta tra i due governi. Naturalmente, quello di Pyongyang è quello che ha le posizioni più dure e quindi bisognerebbe incominciare da lì.

    D. – La riunificazione tra le due Coree, di cui si era parlato in questi mesi, appare comunque un’ipotesi ormai tramontata, alla luce degli ultimi sviluppi?

    R. – Tramontata forse no, nel senso che abbiamo capito che da più parti c’è questa volontà e naturalmente un cambio di leadership a Pyongyang potrebbe riesumare questa ipotesi che, tutto sommato, ai nordcoreani potrebbe anche fare comodo. Certo, in questo momento è difficile che ci si possa pensare: possiamo soltanto sperare che il figlio di Kim Jong Il, di cui non sappiamo assolutamente nulla, e alcuni settori dell’esercito, della nomenclatura, che probabilmente sopportano con difficoltà questo regime, cambino direzione. Pensare ad una vera e propria riunificazione dei due Paesi è soltanto un’ipotesi di lungo periodo in cui, al momento, possiamo solo mettere le nostre speranze, senza avere nessun tassello che indichi che si vada in quella direzione.

    D. – Pyongyang ha spesso agitato lo spettro del nucleare, sotto varie forme, anche per procurarsi beni di prima necessità. Sembra, però, che ora il regime lo stia facendo per fini politici, più strategici …

    R. – La vicenda del nucleare ormai è diventata il modello utilizzato un po’ da tutti per agitare uno spauracchio: lo fanno gli iraniani e lo fanno i nordcoreani, ma lo fanno in un certo senso anche i Paesi che possiedono la bomba atomica e che fanno parte di un “club” molto ristretto a cui qualcuno è ammesso e altri no, e in cui per qualcuno – penso, ad esempio, ad Israele ma anche all’India – è tollerato il possesso di queste armi, anche se non hanno firmato il Trattato di non proliferazione nucleare. Quindi c’è un problema generale che dev’essere risolto. Chiaramente, nelle mani di un Paese non democratico l’atomica resta un pericolo! (gf)

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    Festa della santa Famiglia: le famiglie, cuore della società

    ◊   Oggi, dunque, la Chiesa celebra la Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, che il Papa oggi all’Angelus ha definito “singolare e irripetibile”, eppure da accogliere come “modello di vita”. Ma come considerare la famiglia alla luce della Rivelazione cristiana? Fausta Speranza lo ha chiesto a suor Maria Trigìla, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, particolarmente impegnata nel suo apostolato con bambini e famiglie:

    “La famiglia è il riflesso del mistero della Trinità. L’amore che intercorre tra Padre, Figlio e Spirito Santo, viene vissuto, riflesso, tra marito e moglie e in riferimento con i figli. La famiglia si sente riflesso dell’amore della Trinità. Da qui viene il prendersi cura: cioè, in questa relazione reciproca tra marito e moglie in riferimento ai figli, si considera l’altro come una parte essenziale di se stessi. Io senza l’altro sono una persona divisa a metà, una persona incompleta. Prendersi cura dell’altro significa essere disponibile per l’altro a 360 gradi, ma soprattutto significa dire: io sono qui, ci sono, e se ci sono, ci sono per te. E allora, questo porta anche al superamento degli individualismi, degli egoismi, del ritenere la famiglia o l’altro semplicemente come una cellula puramente sociale. Se invece comincio a vedere l’altro nella sua profondità, nella sua dignità, allora il “servo per amore” viene fuori spontaneamente, senza bisogno che io me lo costruisca, oppure senza bisogno di dovere dire a me stesso: sono tuo servo. No! Io sono disponibile per te, io ci sono per te. In tutto questo, la coppia già è famiglia. Nel momento in cui arrivano i figli, i figli completano questo concetto di famiglia, questo essere dono l’uno per l’altro”.(gf)

    La giornata odierna vale anche per ricordare il ruolo delle famiglie nella società, in particolare in questo tempo di crisi. Luca Collodi ne ha parlato con Edo Patriarca, segretario del Comitato organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani, in riferimento alla situazione dell’Italia:

    “Questo Paese sta reggendo, ancora una volta, perché le famiglie sono parsimoniose, perché le famiglie non si sono indebitate, perché le famiglie sanno risparmiare, sanno mettere da parte l’euro giorno dopo giorno. Ecco: le nostre famiglie sanno fare la finanziaria. Io credo che questo Paese dovrebbe dare una medaglia d’oro alla famiglia italiana, a questa famiglia tanto bistrattata che ha fatto sì che questo Paese reggesse la crisi. Gli altri Paesi hanno debiti certamente minori dei nostri, però hanno in alcuni casi grandissimi indebitamenti privati. Noi abbiamo un debito pubblico immenso, spaventoso, però abbiamo la fortuna di avere una società civile, la famiglia soprattutto, che continua a risparmiare. Credo che questo sia un dato di un valore enorme, e credo che in questo campo i cattolici abbiano dato il loro contributo. Per anni, il Forum delle famiglie, noi tutti, abbiamo ribadito e ribadito ancora che la famiglia è il cuore di questo Paese, e la crisi l’ha mostrato nuovamente. E dunque si attende una politica che finalmente la sostenga, l’aiuti: soprattutto quelle famiglie che hanno tanti bambini e che rischiano la povertà. Non è giusto che una Repubblica come la nostra debba permettere l’impoverimento a coloro che fanno figli, che sono, ancora una volta, la nostra speranza”.(gf)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa Domenica che celebra la Santa Famiglia, la liturgia ci presenta il passo in cui, subito dopo la partenza dei Magi da Betlemme, un angelo del Signore appare in sogno a Giuseppe dicendogli:

    «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Siamo ancora immersi nella gioia del Natale – e desidero fare gli auguri a tutti gli ascoltatori. Ma la festa della Sacra Famiglia, che la liturgia propone nella domenica fra Natale e Capodanno, spinge il nostro sguardo e la nostra fede a meditare la tragedia della fuga precipitosa in Egitto: Giuseppe, la sua sposa Maria e il bambino devono scappare. Una scena dolce solo nelle leggende e nelle pitture: perché doveva essere una notte di paura e angoscia, e il viaggio faticoso, penoso e pieno di insidie. E non era neanche tanto breve. Soli e sradicati, clandestini e senza risorse di nessun genere: questo appaiono per ora i membri di questa famigliola di rifugiati. La consapevolezza di un piano misterioso di Dio in quella condizione non doveva essere molto facile: eppure vanno e rimangono almeno alcuni anni. Anni oscuri, ma anche di affetto reciproco fra loro, di povertà e memorie intime. Proprio come per tante famiglie oggi, tanti immigrati, profughi, rifugiati: una esperienza difficile a cui neppure il Figlio di Dio è stato sottratto. Abbiamo in questa pagina evangelica una sorgente di luce che ci interpella, ma anche illumina e sostiene tante tragedie e consola tante lacrime segrete”.

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    Chiesa e Società



    Iraq: Natale senza attacchi contro le comunità cristiane

    ◊   E' trascorso senza particolari incidenti il Natale per i cristiani in Iraq, bersagliati negli ultimi mesi dalla violenza estremista. A Baghdad le celebrazioni si sono svolte in tono minore per la paura degli attentati minacciati da gruppi vicini ad Al Qaida e responsabili del sanguinoso raid lo scorso 31 ottobre nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad, costato la vita a oltre 50 fedeli e a due sacerdoti. Una quarantina di cristiani hanno comunque voluto assistere alla Messa della Notte celebrata nella Chiesa di San Giuseppe, situata nel centro della capitale irachena, 'sfidando' i terroristi tra eccezionali misure di sicurezza. Lo stesso hanno ieri questa mattina altri 300 fedeli, recatisi simbolicamente proprio nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad. Malgrado la mobilitazione delle forze di sicurezza, diverse chiese cattoliche nel Paese hanno comunque rinunciato alla Messa di Mezzanotte e moltissimi fedeli hanno scelto di trascorrere le feste nella provincia settentrionale del Kurdistan, oasi di relativa calma per la minoranza cristiana. A differenza di altre parti del Paese, in Kurdistan le chiese hanno potuto addobbarsi per le feste con luci e decorazioni natalizie. Ad Arbil, Ainkawa, e nelle altre città della provincia - presidiate comunque da centinaia di poliziotti e numerosi check-point a protezione delle chiese - sono apparsi per le strade anche i tradizionali alberi natalizi. Malgrado gli appelli delle autorità però, le violenze contro la minoranza cristiana stanno causando un vero e proprio 'esodo': la comunità cristiana in Iraq conta adesso infatti circa 500 mila fedeli contro gli oltre 800 mila del 2003.

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    Nepal: Gesuiti al lavoro per costruire nuove scuole

    ◊   Sessanta anni dopo aver aperto la prima scuola in Nepal, i Gesuiti continuano ad espandere l'apostolato educativo nel Paese e proprio qualche giorno fa è stato aggiunto un altro piano - il quarto - alla St. Xavier's School, la scuola che la Compagnia di Gesù dirige a Kathmandu. L'edificio è fra i più grandi del suo genere in tutta la nazione. Nato come istituto riservato ai ragazzi, dieci anni fa ha iniziato ad accogliere anche le ragazze, per offrire loro una formazione completa. Ma la St. Xavier's School è solo una tra tante: già nel 1999, i Gesuiti realizzarono due scuole nell'Est del Nepal orientale, a 10 chilometri dal confine con l'India, frequentate dai figli delle famiglie più povere. Nei prossimi mesi è invece prevista l’apertura di nuovi istituti nella regione di Pokhara, ad Ovest di Kathmandu, dove i religiosi hanno recentemente acquistato diversi ettari di terreno. "Il colore rosso della mia stola ricorda i sacrifici di tanti sostenitori - genitori, insegnanti, studenti e gesuiti - che hanno reso possibile realizzare sempre più pienamente il motto della scuola: Vivere per Dio, lavorare per il Nepal": queste le parole pronunciate lo scorso 3 dicembre, festa di San Francesco Saverio, durante la cerimonia di benedizione dei nuovi locali, dal vicario apostolico del Nepal, mons. Anthony Sharma, anch'egli gesuita, che ha voluto sottolineare l’impegno costante nell’evangelizzazione dei giovani e nella loro formazione intellettuale, oltre che spirituale. (C.S.)

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    Coniugare carità e verità: un gruppo internazionale risponde all'appello di Benedetto XVI

    ◊   Una rete di movimenti e organizzazioni punta a rispondere all'appello di Benedetto XVI a riscoprire il significato cristiano del servizio sociale. Il nome del gruppo - secondo quanto riporta l’agenzia Zenit, -è CiVI, Caritas in Veritate International, dal titolo dell'ultima Enciclica del Pontefice. L'obiettivo è quello di “reclutare, formare e inviare giovani volontari dotati di aiuti materiali – insieme al messaggio della verità – per opere di carità e sostegno spirituale in zone di crisi umanitarie”. L'organismo si basa su un gruppo di movimenti internazionali nella Chiesa chiamato Youth Arise International, che ha iniziato la sua attività all'inizio degli anni Novanta. Nel 2000, la "rete" si è unita formando una nuova organizzazione, “Partnership for China”, uno sforzo internazionale per stabilire comunità di fede, basate sulle parrocchie, in Cina. Ispirati all'Enciclica di Papa Benedetto XVI “Deus Caritas est” e spinti dalla grande necessità di coniugare il messaggio del Vangelo con opere di carità, molti leader di organizzazioni intercorrelate esistenti hanno ora deciso di collegare i propri sforzi, fondando appunto Caritas in Veritate International. Uno dei progetti della rete CiVI, come ha spiegato Henry Cappello, presidente della rete, è aiutare Haiti, devastata dal terremoto del 12 gennaio scorso e colpita ora da una terribile epidemia di colera. Per far fronte alle necessità fondamentali del Paese - ovvero aiutare 1,3 milioni di bambini e adulti sfollati che vivono nelle tende, senza condizioni sanitarie adeguate, acqua pulita, cibo o sicurezza - CiVI ha lanciato anche il progetto “Tents to Homes”, grazie al quale 500 famiglie che attualmente vivono nelle tende avranno una casa. In questo villaggio ci saranno una chiesa, una scuola, un centro per le vittime di abusi e un centro per i missionari. La rete CiVI sarà anche impegnata in un altro sforzo per la nuova evangelizzazione, in cooperazione con il sacerdote gesuita Robert Spitzer e il Magis Center of Reason and Faith di Orange County (California, Stati Uniti). Lavoreranno alla versione internazionale dell'approccio di padre Spitzer all'evangelizzazione intellettuale nei settori della fisica, della filosofia e della matematica, della metafisica e dell'esegesi storica, mostrando le ultime prove dell'esistenza di Dio e della storicità di Gesù. La rete CiVI è orientata da vari consulenti spirituali, tra cui il cardinale Paul Josef Cordes, presidente emerito del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, l'arcivescovo Alberto Taveira Corrêa di Belém do Pará (in Brasile, il vescovo Thomas Olmsted di Phoenix, in Arizona, negli Stati Uniti, il vescovo Joseph Grech di Sandhurst, in Australia, e il vescovo Sam Jacobs di Houma-Thibodaux, in Louisiana, negli Stati Uniti. (C.S.)

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    Settimana nazionale delle vocazioni negli Usa

    ◊   Promuovere le vocazioni sacerdotali attraverso la preghiera e l’educazione religiosa. Con questo obiettivo prende il via negli Stati Uniti la Settimana nazionale delle vocazioni che secondo l’annuncio della Conferenza episcopale statunitense si svolgerà dal 9 al 15 gennaio 2011. “È nostra responsabilità incoraggiare i giovani a mostrarsi generosi quando avvertono la possibilità di rispondere positivamente alla chiamata di Dio per servire la Chiesa”, scrive in un comunicato, il presidente del Committee on Clergy, Consecrated Life and Vocations, l'arcivescovo di Saint Louis, Robert James Carlson, secondo cui è fondamentale che i genitori, le famiglie e le comunità parrocchiali si sentano partecipi nell'azione d'incoraggiare i giovani e nel far crescere la cultura vocazionale. Per il direttore esecutivo del Secretariat of Clergy, Consecrated Life and Vocations (Cclv) della Usccb, padre Shawn McKnight, sono molti i modi di essere chiamati alla scelta vocazionale. “Come Gesù ha avuto bisogno dei sensi umani per udire la voce del Padre – sostiene il presule - così i nostri giovani hanno bisogno di ascoltare parole d'incoraggiamento dagli amici. Solo in questo modo, ha puntualizzato, la chiamata di Dio si manifesta nell'ambito della Chiesa”. Il direttore associato della Cclv, suor Mary Joanna Ruhland, ha aggiunto che “molti giovani non hanno mai preso in considerazione la chiamata al sacerdozio o alla vita consacrata per il semplice motivo che nessuno li ha mai sollecitati a compiere una scelta così importante”. Intanto, da un recente sondaggio statistico condotto tra i fedeli della California risulta che molti fedeli hanno aumentato il loro impegno grazie all’ascolto di trasmissioni da parte delle radio cattoliche. Ai questionari del sondaggio, diffusi per mezzo della rete virtuale, hanno risposto 1.900 persone. Secondo i risultati dell'inchiesta, 581 intervistati hanno affermato che i programmi radiofonici sono stati d'aiuto per educare i loro figli nella dottrina religiosa. Altri hanno dichiarato che le trasmissioni hanno aiutato il ritorno alle pratiche religiose e che la radio è stata utile per convincerli a chiedere la loro ammissione ai sacramenti. Nell'aprile scorso poi, la Usccb ha pubblicato uno studio dal titolo «The Class of 2010. Survey of Ordinands to the Priesthood» dal quale emerge la stretta collaborazione tra il clero e l'intera comunità dei fedeli per promuovere le vocazioni. In tale contesto, l'episcopato ha lanciato una serie d'iniziative, tra cui anche un sito internet, che contiene risorse per aiutare uomini e donne a discernere la propria vocazione e anche materiale per famiglie, educatori e promotori vocazionali. (C.S.)

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    Al via il nuovo canale di Youtube per le vocazioni dei salesiani

    ◊   Le storie di vocazione di tanti salesiani sbarcano sul web: sta infatti per essere aperto “VeniteeVedrete2011”, nuovo canale di YouTube attraverso il quale sarà possibile ascoltare e conoscere tante testimonianze di vita, ma non solo. L’iniziativa, promossa dall'ufficio per la comunicazione sociale della Congregazione, grazie alla collaborazione di varie realtà prepara e accompagna il lancio della "Strenna" del rettor maggiore, don Pascual Chávez, per il 2011. Tra gli inviti che don Chávez farà nel suo commento alla "Strenna" “Venite e Vedrete” c’è quello a vivere e testimoniare la vocazione salesiana, esortazione che ha ispirato l’idea di far raccontare ad alcuni membri della famiglia salesiana, dei vari gruppi, la propria storia vocazionale in modo semplice e diretto. I brevi racconti, in lingua originale, saranno facilmente anche consultabili grazie ad una pagina specifica che il sito www.sdb.org aprirà a breve. Per implementare il numero dei racconti è stato fatto un appello ai corrispondenti e collaboratori di Ans, l’agenzia di stampa salesiana, che hanno iniziato a rispondere inviando i filmati. Alcuni video sono stati realizzati dai giovani salesiani studenti di teologia dell’Istituto Internazionale Don Bosco di Torino. (C.S.)

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    Senegal. Al via il “Festival delle arti nere”

    ◊   Dakar accende i riflettori sulle arti africane con il "FESMAN, il Festival delle arti nere". Qui nella capitale senegalese fino al 31 dicembre sarà possibile conoscere da vicino le tante espressioni artistiche della popolazione africana. Inaugurato nel 1966 dall'allora presidente Léopold Sedar Senghor, sulla scia dell'entusiasmo generato dalle indipendenze africane, questa kermesse ha come obiettivo principale quello di raccontare al mondo l'arte del continente e rivendicarne l'importanza per il progresso globale. Per l’occasione, scrittori musicisti e danzatori provenienti da oltre 80 Paesi si esibiranno per ricordare le stelle del passato e del presente: da Bob Marley a Miriam Makeba. Nomi di prima linea anche tra i promotori: dall'ex presidente senegalese, Abdou Diouf, alla direttrice generale dell'Unesco Irina Bokova e al Premio Nobel per la letteratura nigeriano Wole Soyinka. Ospite d’onore il Brasile che partecipa all’evento - secondo quanto riferito da un portavoce - per ritrovare simbolicamente nella “negritude” la propria tradizione e dimostrare che la cultura può essere un canale privilegiato di comunione tra i continenti. Molti i turisti, ma soprattutto senegalesi a riempire i teatri, le piazze, i cinema, gli atéliers e i concerti, tutti gratuiti. Sebbene non manchino le critiche - dovute soprattutto all'esclusione di parte della popolazione dal programma, alla concentrazione di quasi tutte le attività previste nella sola città di Dakar relative al budget di oltre 60 milioni di euro devoluto per l'evento, (una cifra enorme per un Paese che nelle zone rurali soffre ancora una grave situazione di povertà) - il FESMAN sarà un palcoscenico importante per parlare ai politici, per elaborare la rinascita dell'Africa, partendo proprio dal riconoscimento - del suo contributo specifico alle civiltà del mondo. (C.S.)

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    A Roma un corso per religiose sulla direzione spirituale

    ◊   Si svolgerà a Roma all’inizio del nuovo anno, un corso per religiose sulla direzione spirituale e il progetto di vita. “La vocazione alla vita consacrata rappresenta un elemento indispensabile per lo sviluppo della Chiesa e si propone come una presenza viva ed attiva della nostra epoca”: così gli organizzatori che ribadiscono come l’elemento fondamentale nell’esistenza delle persone consacrate sia sicuramente la conoscenza di se stessi “nel cammino dell’accompagnamento spirituale”. Per questo motivo, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum ha voluto organizzare questo seminario sul tema: “Verso la pienezza della vita spirituale: la direzione spirituale con il progetto di vita”. L'evento in programma dal 3 al 5 gennaio 2011, dalle 9.30 alle 17.30, in via degli Aldobrandeschi 190, si propone di creare ed affrontare un dibattito su numerose questioni ritenute cruciali per chi sceglie questa vocazione, come il rapporto tra ascetica e mistica; l’analisi delle virtù spirituali e di quelle umane; premesse e principi del progetto di vita; principi psicologici della crescita spirituale; elaborazione del progetto di vita. L’obiettivo del corso, così come di tutte le attività dell’Istituto, è quello di creare le condizioni per una vita religiosa completa in ogni sua dimensione: umana, formativa, spirituale e psicologica. (C.S.)

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    24 Ore nel Mondo



    Paura nel Pacifico a sei anni dallo tsunami che ha devastato i Paesi dell'Oceano Indiano

    ◊   Un terremoto di magnitudo 4.9 ha scosso la Nuova Zelanda. Non vi sono feriti, ma alcune abitazioni a Christchurch hanno subito danni. Il sisma giunge dopo la violenta scossa di magnitudo 7.3, verificatasi ieri nel Pacifico, a circa 135 km dalle Isole Vanuatu, che ha provocato uno tsunami di modeste proporzioni. L’evento ha rievocato il devastante tsunami del 26 Dicembre 2004, che rappresenta una cicatrice indelebile nella memoria delle popolazioni rivierasche dei dodici Paesi colpiti, molti dei quali ancora alle prese con le opere di ricostruzione. Per il punto della situazione sentiamo il servizio di Stefano Vecchia:

    I soccorsi, equivalenti a 7 miliardi di dollari, hanno permesso in alcuni dei Paesi interessati sulle sponde asiatiche dell'Oceano Indiano una ricostruzione piena e sovente innovativa. Con effetti positivi sullo sviluppo delle popolazioni colpite, spesso però associata a disgregazione sociale dovuta all'allontanamento forzato dei luoghi abituali di residenza e di lavoro. Così è stato in India e nello Sri Lanka, ad esempio. La ricostruzione nella provincia indonesiana di Aceh, dove si è registrata la maggioranza delle 230 mila vittime complessive, è generalmente risultata più difficile e lunga del previsto, affiancata però a un processo di pacificazione che ha messo fine al conflitto tra guerriglia islamista e truppe governative. Pronto il recupero delle Maldive, colpite in modo limitato, mentre ancora oggi sono ignoti i danni in Myanmar, interessato pesantemente dall'onda anomala, ma dove non è mai stato autorizzato l’intervento umanitario internazionale. Solo per approssimazione - a fronte delle 5.400 vittime ufficiali, in parte turisti stranieri - si conosce la sorte di migliaia di profughi e immigrati birmani in Thailandia, - spazzati via sulle coste dove pensavano di avere trovato rifugio da povertà e persecuzione. Mentre si attende il completamento entro il marzo 2011 della rete di avvistamento che va sotto il nome di Sistema di primo allarme per l'Oceano Indiano, le devastazioni portate da uno tsunami sulle coste di Sumatra e nell'arcipelago delle Mentawai lo scorso 25 ottobre hanno messo ancora un volta in evidenza le carenze del sistema di allerta per le popolazioni costiere, sovente troppo lento o addirittura inesistente.

    Gaza
    Resta alta la tensione tra Israele e la Striscia di Gaza. Due combattenti della Jihad Islamica sono stati uccisi stamani nel sud della Striscia, nel corso di uno scontro a fuoco con l'esercito israeliano. Meno di 24 ore prima l’aviazione dello Stato ebraico aveva condotto quattro attacchi su obiettivi strategici, ferendo almeno 2 persone. Le incursioni sono avvenute in risposta al lancio di diversi colpi di mortaio sul territorio di Israele.

    Egitto-Israele
    Le diplomazie di Israele ed Egitto stanno lavorando a un nuovo incontro, da tenersi a Sharm- el-Sheikh, fra il presidente egiziano Hosni Mubarak e il premier israeliano Benyamin Netanyahu. Lo si apprende dalla radio di Stato israeliana, secondo cui da parte egiziana è stato suggerito che l'incontro avvenga in settimana, mentre Israele preferisce rinviarlo all'inizio del prossimo anno per consentire così a Netanyahu di concentrarsi sul voto della nuova legge finanziaria. All'ordine del giorno ci sarebbero: la necessità di rilanciare il processo di pace israelo-palestinese; il contenimento di Hamas a Gaza; e, la "minaccia nucleare" iraniana.

    Pakistan
    Il Pakistan ancora sotto shock all’indomani del sanguinoso attacco a Khar, tra i profughi in fila per ricevere generi alimentari, che ha provocato 46 morti e che è stato portato a termine, per la prima volta nella storia del Paese, da un attentatore suicida donna. Secondo DawnNews Tv, la polizia scientifica ha raccolto elementi che non lasciano dubbi sul sesso dell’attentatore. Molti testimoni sopravvissuti all'esplosione avevano sostenuto fin dal primo momento di aver sentito gridare una donna un attimo prima dell'attentato. Intanto il premier pachistano, Yusuf Raza Gilani, è tornato a condannare gli attacchi degli aerei senza pilota statunitensi sulle roccaforti dei talebani. Questi attacchi "accrescono i nostri problemi invece di risolverli" ha detto Gilani, sostenendo, tra l'altro, che sarebbe meglio trasferire questa tecnologia nelle mani del Pakistan.

    Iran esecuzioni
    Non si fermano le esecuzioni capitali in Iran. Secondo quanto riferisce la stampa di Teheran, in un solo giorno, sette uomini sono stati impiccati: sei per traffico di droga e uno per violenza sessuale. Salgono così a 167 le esecuzioni capitali in Iran nel 2010, dove la pena di morte è prevista anche per i “colpevoli” di adulterio e omosessualità.

    Egitto incidente
    Otto turisti americani - due uomini e sei donne - sono morti in un incidente stradale nei pressi di Assuan, nel sud dell'Egitto. Il bus sul quale viaggiavano trasportava 37 turisti e si trovava a 22 chilometri da Assuan, diretto ai templi di Abu Simbel, quando ha investito un autocarro carico di sabbia parcheggiato sul ciglio della strada.

    Messico
    Natale di sangue a Ciudad Juarez, roccaforte del narcotraffico in Messico, nei pressi del confine con gli Stati Uniti. In due giorni, 13 persone hanno perso la vita nella guerra fra i diversi clan, che ha causato 12 mila vittime nel corso dell'anno. Negli ultimi quattro anni, dopo che il presidente Felipe Calderon ha ingaggiato una lotta senza quartiere ai cartelli della droga, circa 30 mila persone sono morte nella guerra fra gang e più di 27 mila sono state arrestate.

    Olanda-terrorismo
    L'intelligence olandese ha arrestato ieri a Rotterdam 12 somali sospettati di "coinvolgimento in attività terroristiche". Lo ha riferito la Procura Generale, aggiungendo che - secondo gli investigatori - gli arrestati, di età compresa tra i 19 e i 48 anni, stavano probabilmente preparando un attentato in territorio olandese. Nel corso dell'operazione sono state setacciati quattro appartamenti e due camere d'albergo, ma le perquisizioni non hanno portato al ritrovamento di armi o di esplosivi. Gli arrestati sono ora a disposizione dell'autorità giudiziaria a Houten, nel centro del Paese. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 360

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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