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Sommario del 20/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Curia Romana: volto della Chiesa sfigurato dalle colpe dei sacerdoti. Appello a fermare la cristianofobia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Corea del Sud: esercitazioni militari nel Mar Giallo. Pyongyang: provocazioni cui non vale la pena rispondere
  • Scontri in Bielorussia dopo la vittoria del presidente Lukashenko: centinaia di arresti
  • Sud Sudan: allarme di Msf per un'epidemia di Kala azar
  • Africa sub-sahariana: mancano un milione di insegnanti
  • Chiesa e Società

  • Iraq: Natale all'insegna della massima sicurezza dopo gli attentati ai cristiani
  • Indonesia: per il Natale i cristiani rifiutano la 'protezione' dei radicali islamici
  • A West Java proibita la Messa di Natale ai cattolici di Bogor
  • India: i cristiani di Mumbai celebrano il Natale con un grande raduno interreligioso
  • La preghiera del padre indiano Thomas Chirattavayalil per i suoi aggressori
  • Kenya. Violenze post-elettorali: il cardinale Njue invita i politici a non infiammare gli animi
  • Africa centrale: 19 Ong chiedono di fermare le stragi di civili dei ribelli dell'Lra
  • Giornata internazionale della solidarietà umana. Ban Ki-moon: più attenzione per i poveri
  • Costa Rica: messaggio finale dell’incontro sulle comunicazioni sociali di Celam e Riial
  • Nicaragua: la Chiesa chiede osservatori internazionali per le elezioni del 2011
  • Inaugurato in Colombia il nuovo seminario dei Guanelliani
  • Negli asili pubblici del Quebec è bandita la religione
  • Abusi in Irlanda: dichiarazione di mons. Martin su un nuovo Capitolo del Rapporto Murphy
  • Natale in Germania: messaggio comune di cattolici ed evangelici
  • Terra Santa: inaugurata nuova struttura del Caritas Baby Hospital di Betlemme
  • Comitato cattolico sull'inserimento dei cristiani nella vita pubbblica in Terra Santa
  • Camerun: lettera di mons. Hourgo sulle pratiche incompatibili con il Natale cristiano
  • Kenya: iniziativa sull'Aids per giovani giornalisti freelance di un'emittente radio
  • Taiwan: inaugurato il Centro di Servizio pastorale del santuario del Monte delle Beatitudini
  • Polonia: pellegrinaggio missionario dei bambini di Czestochowa a 20 anni dalla Redemptoris missio
  • 24 Ore nel Mondo

  • Somalia: due movimenti ribelli uniti contro il governo di transizione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Curia Romana: volto della Chiesa sfigurato dalle colpe dei sacerdoti. Appello a fermare la cristianofobia

    ◊   Lo scandalo della pedofilia nella Chiesa, il Sinodo per il Medio Oriente, la Beatificazione del cardinale Newman: sono i tre grandi temi intorno a cui è ruotato il discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana per i tradizionali auguri natalizi. In un memorabile intervento, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, il Papa ha sottolineato che dalle prove sconvolgenti di quest’anno, la Chiesa è esortata alla verità ed è chiamata al rinnovamento. Quindi ha lanciato un forte appello a fermare la cristianofobia nel mondo. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto al Papa dal cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, che ha annunciato un’importante iniziativa di solidarietà per le popolazioni di Haiti e dell’Iraq. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Come nel periodo del tramonto dell’Impero romano anche oggi, rileva Benedetto XVI, il mondo è angustiato, insicuro. C’è l’impressione, afferma, che “il consenso morale si stia dissolvendo, un consenso senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano”. Sembra inoltre che “le forze mobilitate per la difesa di tali strutture” siano “destinate all’insuccesso”. Il Papa invita allora i fedeli ad associarsi ad una preghiera del tempo di Avvento: “Sveglia, Signore, la tua potenza, e vieni”. E’ l’invocazione rivolta dai discepoli al Signore, che stava dormendo mentre la barca era in balia della tempesta. Ma Gesù rimprovera i discepoli perché è la loro fede che ha dormito:

    “La stessa cosa vuole dire anche a noi. Anche in noi tanto spesso la fede dorme. PreghiamoLo dunque di svegliarci dal sonno di una fede divenuta stanca e di ridare alla fede il potere di spostare i monti – cioè di dare l’ordine giusto alle cose del mondo”.

    Il pensiero del Pontefice va dunque all’Anno Sacerdotale, iniziato con gioia e concluso con gratitudine nonostante le “grandi angustie” che lo hanno accompagnato. “Ci siamo nuovamente resi conto – sottolinea – di quanto sia bello che esseri umani siano autorizzati a pronunciare in nome di Dio e con pieno potere la parola del perdono, e così siano in grado di cambiare il mondo, la vita”:

    “Tanto più siamo stati sconvolti quando, proprio in quest’anno e in una dimensione per noi inimmaginabile, siamo venuti a conoscenza di abusi contro i minori commessi da sacerdoti, che stravolgono il Sacramento nel suo contrario: sotto il manto del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano un danno per tutta la vita”.

    Il Papa ricorda una visione di Sant’Ildegarda di Bingen, del 1170, che, sottolinea, “descrive in modo sconvolgente ciò che abbiamo vissuto in quest’anno”. La Chiesa viene rappresentata come una sposa con il volto coperto di polvere, il vestito strappato, le scarpe insudiciate. La sposa parla a Sant’Ildegarda e afferma che le stimmate di Cristo restano aperte, “finché sono aperte le ferite dei peccati degli uomini”:

    “Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità”.

    Il Papa si sofferma ancora sulla straordinaria attualità della visione di Santa Ildegarda, in particolare laddove riguarda i peccati dei sacerdoti:

    “Nella visione di sant’Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è così che noi l’abbiamo visto. Il suo vestito è strappato – per la colpa dei sacerdoti. Così come lei l’ha visto ed espresso, l’abbiamo vissuto in quest’anno. Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. Solo la verità salva”.

    “Dobbiamo – prosegue – interrogarci su che cosa possiamo fare per riparare il più possibile l’ingiustizia avvenuta. Dobbiamo chiederci che cosa era sbagliato nel nostro annuncio, nell’intero nostro modo di configurare l’essere cristiano, così che una tale cosa potesse accadere”:

    “Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere. È questo anche il luogo per ringraziare di cuore tutti coloro che si impegnano per aiutare le vittime e per ridare loro la fiducia nella Chiesa, la capacità di credere al suo messaggio”.

    Benedetto XVI ricorda i suoi incontri con le vittime ed esprime gratitudine a quelle persone che, “con grande dedizione, stanno a fianco di chi soffre e ha subito danno”. Ringrazia così “i tanti buoni sacerdoti che trasmettono in umiltà e fedeltà la bontà del Signore e, in mezzo alle devastazioni, sono testimoni della bellezza non perduta del sacerdozio”. Il Papa allarga dunque l’orizzonte al contesto del nostro tempo. Denuncia con forza “il mercato della pornografia concernente i bambini”, “la devastazione psicologica di bambini in cui persone sono ridotte ad articolo di mercato”. Condanna il turismo sessuale, che specie nei Paesi in via di sviluppo minaccia un’intera generazione. Ancora, il problema della droga che con forza crescente stende i suoi tentacoli intorno al globo. Tutto questo, avverte, è “espressione eloquente della dittatura di mammona che perverte l’uomo”:

    “Ogni piacere diventa insufficiente e l’eccesso nell’inganno dell’ebbrezza diventa una violenza che dilania intere regioni, e questo in nome di un fatale fraintendimento della libertà, in cui proprio la libertà dell’uomo viene minata e alla fine annullata del tutto”.

    Per opporci a queste forze, aggiunge, “dobbiamo gettare uno sguardo sui loro fondamenti ideologici”. Negli anni 70’, rammenta, la “pedofilia venne teorizzata come una cosa del tutto conforme all’uomo e anche al bambino”. Si asseriva, “persino nell’ambito della teologia cattolica – rammenta il Papa - che non esisterebbero né il male in sé, né il bene in sé”, “tutto dipenderebbe dalle circostanze e dal fine inteso”. Gli “effetti di tali teorie – avverte - sono oggi evidenti”. È allora responsabilità della Chiesa, esorta il Pontefice, rendere “nuovamente udibili e comprensibili tra gli uomini” i criteri dell’ethos cristiano “come vie della vera umanità, nel contesto della preoccupazione per l’uomo, nella quale siamo immersi”. Il Papa rivolge dunque il pensiero al Sinodo delle Chiese del Medio Oriente e afferma con forza che “nella situazione attuale, i cristiani sono la minoranza più oppressa e tormentata”. Il Papa ricorda le parole del Consigliere del Muftì del Libano che al Sinodo denunciò “gli atti di violenza nei confronti dei cristiani”. Si dice profondamente grato per queste voci della ragione, ma constata, purtroppo “sono troppo deboli”:

    “Così le parole e i pensieri del Sinodo devono essere un forte grido rivolto a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristianofobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione”.

    Benedetto XVI dedica la parte finale del discorso all’indimenticabile viaggio nel Regno Unito. Ritorna con la memoria allo storico discorso a Westminster Hall, dove ha ribadito che la mera razionalità finalistica è “in realtà un accecamento della ragione”:

    “Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l’essenziale, di vedere Dio e l’uomo, ciò che è buono e ciò che è vero, è l’interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà. È in gioco il futuro del mondo”.

    Ha così rivolto l’attenzione alla Beatificazione del cardinale Newman, a cosa ci dice oggi la sua conversione. Il Papa ricorda che all’inizio il grande teologo pensava come gli uomini del suo tempo che il “reale” è ciò che è “materialmente afferrabile”:

    “Nella sua conversione Newman riconosce che le cose stanno proprio al contrario: che Dio e l’anima, l’essere se stesso dell’uomo a livello spirituale, costituiscono ciò che è veramente reale, ciò che conta. Sono molto più reali degli oggetti afferrabili. Questa conversione significa una svolta copernicana. Ciò che fino ad allora era apparso irreale e secondario si rivela come la cosa veramente decisiva”.

    “Dove avviene – soggiunge – una tale conversione, non cambia semplicemente una teoria, cambia la forma fondamentale della vita. Dal Beato Newman, afferma ancora, impariamo il significato autentico della parola coscienza". Questa non significa cadere nel soggettivismo, come vorrebbe il pensiero moderno:

    “Per lui 'coscienza' significa la capacità di verità dell’uomo: la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della sua esistenza – religione e morale – una verità, la verità. La coscienza, la capacità dell’uomo di riconoscere la verità, gli impone con ciò, al tempo stesso, il dovere di incamminarsi verso la verità, di cercarla e di sottomettersi ad essa laddove la incontra. Coscienza è capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità, che si mostra all’uomo che cerca col cuore aperto”.

    Il Papa non manca di ricordare i suoi altri viaggi apostolici internazionali. Eventi, sottolinea, in cui “si è reso nuovamente visibile che la fede non è una cosa del passato, ma un incontro con Dio” che “vive ed agisce adesso” e “ci apre la strada verso la gioia vera”.

    Durante l'udienza, il cardinale Angelo Sodano ha annunciato al Papa che i porporati hanno raccolto 200 mila dollari da devolvere, in parti uguali, ai poveri e malati di Haiti e dell’Iraq. La colletta era stata proposta dallo stesso cardinale decano, in occasione dell’ultimo Concistoro del 20 novembre. Le donazioni, frutto di offerte personali dei cardinali, saranno consegnate ai presuli dei due Paesi attraverso i nunzi, in occasione del Santo Natale.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il futuro del mondo: in prima pagina, un editoriale del direttore sul discorso di Benedetto XVI al collegio cardinalizio, alla Curia romana e al Governatorato.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, il maltempo che sta tenendo in ostaggio l’Europa.

    Permane alta la tensione nella penisola coreana.

    Tutto il mondo in una coppa: in cultura, Sandro Mazzola sul successo intercontinentale dell’Inter e sul futuro della società neroazzurra.

    A proposito delle sollecitazioni di Riccardo Muti dalle colonne del “Corriere della Sera”, un articolo di Marcello Filotei dal titolo “Musica sacra specchio dei tempi”.

    Quando si resta soli: Giovanni Cerro su individuo e collettività.

    Nei meandri dell’animo umano: Giulia Galeotti recensisce l’ultimo romanzo di Joyce Carol Oates “Una brava ragazza”.

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    Oggi in Primo Piano



    Corea del Sud: esercitazioni militari nel Mar Giallo. Pyongyang: provocazioni cui non vale la pena rispondere

    ◊   Nuove tensioni tra le due Coree. Oggi il Sud ha svolto esercitazioni militari nel Mar Giallo. L'esercito nordcoreano ha fatto sapere che ''non vale la pena'' rispondere alle ''provocazioni'' di Seul, anche se nei giorni scorsi Pyongyang aveva attaccato l’isola di Yeonpyeong, controllata dal Sud, e aveva pure minacciato ulteriori rappresaglie in risposta alle manovre della marina di Seul. In Corea del Sud, intanto, proseguono le manifestazioni pacifiste contro il rischio di guerra. Della situazione lungo il 38° parallelo, Giada Aquilino ha parlato con Rosella Ideo, esperta di Storia politica e diplomatica dell’Asia Orientale:

    R. – Quella di oggi, da parte della Corea del Sud, è stata un po’ una provocazione. C’è una tensione che sta pericolosamente salendo ed è una tensione in atto da quando, alla presidenza della Repubblica del Sud, c’è Lee Myung-bak. Direi che queste esercitazioni - che sono state stigmatizzate dalla Corea del Nord ancora prima che iniziassero e ancora prima dell’attacco violento di Pyongyang che ha provocato quattro morti sull’isolotto di Yeonpyeong, al limite della linea di confine marittima tra le due Coree - non fanno che aggravare la tensione, creando un clima decisamente pericoloso.

    D. – La Cina ha di fatto bloccato una risoluzione all’Onu sull’attacco nordcoreano contro Yeonpyeong. Che ruolo ha Pechino in questa crisi?

    R. – Sta guardando ad un quadro più ampio, che va al di là della pericolosa situazione della penisola coreana. C’è tensione nell’area perché c’è tensione tra gli Stati Uniti e la Cina; da settembre c’è tensione anche con il Giappone. Quindi di sottofondo c’è una lotta evidente tra le tre potenze nell’area, che sono – appunto – gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone per una situazione geopolitica mutata da quando la Cina, proprio quest’anno, ha effettivamente superato, come potenza economica, il Giappone. Per quello che riguarda la penisola coreana, la Cina non ha intenzione di appoggiare la posizione americana, che è una posizione di durezza, al fianco dell’alleato sudcoreano. E’ chiaro – ed è venuto fuori dai documenti di Wikileaks – che i cinesi non amano alla follia il regime nordcoreano che ha provocato parecchio imbarazzo alla stessa Cina; però, è chiaro anche che, per la Cina, la Corea e la penisola coreana rappresentano un cuscinetto strategico importante; in caso di riunificazione, sa benissimo che si ritroverebbe gli americani nel cortile di casa. Per questo, la Cina non ha la minima intenzione di appoggiare all’Onu nessuna risoluzione contro la Corea del Nord perché ciò aggraverebbe ancora di più – secondo Pechino – la tensione nell’area.

    D. – E la Russia, in questo quadro, che interessi ha?

    R. – La Russia ha una posizione abbastanza in appoggio a quella cinese, anche se i russi non sono tra i comprimari di questa disputa delle grandi potenze sulla penisola coreana. Però, c’è proprio un nuovo assetto che si sta configurando nell’area dell’Asia di Nordest e in questo assetto le potenze stanno testando un po’ fino a dove e fino a quando i loro interessi nazionali possano essere protetti e coperti. (gf)

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    Scontri in Bielorussia dopo la vittoria del presidente Lukashenko: centinaia di arresti

    ◊   Migliaia di oppositori in piazza, scontri e centinaia di arresti hanno accolto ieri sera in Bielorussia la vittoria di Alexander Lukashenko per un quarto mandato da presidente. Al potere ininterrottamente dal 1994, Lukashenko ha portato a casa il 79,7% dei voti. Migliaia i manifestanti che hanno cercato di dare l'assalto al palazzo dove hanno sede governo, parlamento e commissione elettorale, ma sono stati immediatamente respinti da una carica della polizia antisommossa schierata a difesa dell'edificio. Secondo varie fonti, 7 dei 9 candidati dell’opposizione alle presidenziali sono stati arrestati; fatto, questo, che ha causato la dura reazione di Unione europea e Stati Uniti, mentre si moltiplicano le denunce di brogli. La più forte giunge dagli osservatori dell’Osce, i quali hanno comunicato che non possono dare un giudizio positivo sullo svolgimento delle elezioni. Sulla situazione nel Paese, Salvatore Sabatino, ha chiesto un commento a Vittorio Strada, docente di Storia e Letteratura russa presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia:

    R. – Il fatto che ci siano state queste manifestazioni di protesta, di resistenza e di opposizione è un fatto positivo, che testimonia la vitalità della società civile bielorussa. Quanto al risultato delle elezioni – scontato per tutti gli osservatori e gli analisti – crea una situazione problematica, non tanto all’interno della Bielorussia, dove c’è questa opposizione, seppure minoritaria e repressa, ma nei rapporti internazionali.

    D. – L’Unione Europea ha mostrato negli ultimi anni un prudente disgelo nei confronti della Bielorussia, mentre gli Stati Uniti hanno di fatto condannato l’uso della forza in queste ore. Cosa possiamo attenderci ora sullo scacchiere internazionale?

    R. – La Bielorussia "fa gola" certamente alla Russia, che tratta e ha rapporti complessi e difficili con Lukashenko, ma che è arrivata ultimamente ad un compromesso, favorendo economicamente il potere di Lukashenko, con delle concessioni sui prodotti energetici, in particolare il petrolio. L’America è distante e può mantenere questo rapporto più forte, più rigido; l’Europa ha tutta la convenienza, pur mantenendo le distanze e protestando, a non perdere un rapporto di carattere economico con questo potere, che durerà ancora per anni.

    D. – Come diceva lei, l’opposizione c’è, eppure non riesce ad imporsi. Questa debolezza è legata anche al fatto che al suo interno è molto divisa?

    R. – Indubbiamente. Questo è il caso di molte opposizioni, che si sono determinate all’interno di Paesi ex comunisti: il potere ha una sua compattezza e una sua unità, oltre ad avere la forza repressiva naturalmente, mentre la debolezza dell’opposizione è la sua frammentazione. Pesa il fatto che non ci sia un fronte unico oppure che il fronte unico sia così composito, con alleanze precarie, non giustificate se non dall’opposizione stessa al potere, che rende questa opposizione debole. Avviene questo anche all’interno della stessa Russia. Sono delle opposizioni spontanee, un segno positivo della vitalità della società, tutto sommato, che però non riescono a costituirsi in un’organizzazione unitaria, capace di costituire un’alternativa politica al potere. Quindi, uno dei motivi di forza del potere sta anche in questa debolezza e frammentazione delle opposizioni.

    D. – Quello che governa Lukashenko è ancora un Paese con un’economia congelata ai tempi dell’Unione Sovietica. Come si inserisce nel contesto economico internazionale?

    R. – Dobbiamo riconoscere che Lukashenko ha una certa abilità, altrimenti non sarebbe rimasto al potere; è una persona che sa giocare su vari tavoli - su quello della Comunità Europea, su quello della Federazione Russa - e non si può non riconoscere anche che esiste un ampio margine di consenso, in una situazione di stabilità, di relativo benessere rispetto ad altre situazioni più catastrofiche dell’area ex sovietica. E questo è quello che garantisce a Lukashenko quel paradossale “consenso autoritario” di una parte della popolazione: l’economia, tutto sommato, è un’economia funzionante. (ap)

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    Sud Sudan: allarme di Msf per un'epidemia di Kala azar

    ◊   Bisogna intervenire il prima possibile per contenere i devastanti effetti dell’epidemia di Kala azar che ha colpito il Sud Sudan. E’ l’allarme lanciato dall’Organizzazione internazionale Medici Senza Frontiere che sta fronteggiando, in Africa, la peggiore diffusione di leshmaniosi viscerale degli ultimi otto anni. La patologia, se non curata, uccide nel 100% dei casi entro quattro mesi ed è uno dei sintomi dell’ampia crisi medico-umanitaria che ha colpito il Paese. Il Sud Sudan è stato devastato da un guerra civile durata 21 anni che ha ucciso due milioni di persone e creato sette milioni di sfollati. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Gianfranco De Maio, responsabile medico di Msf Italia.

    R. – Un’epidemia causata da un protozoo – la leishmania – che viene inoculata da un moscerino. Ci sono diverse forme in tutto il mondo, ma in alcune aree del globo – in particolare in Amazzonia, nell’Africa orientale e nel Golfo del Bengala – la malattia assume caratteri gravi, mortali perché interessa fegato, milza e linfonodi.

    D. – Dove si sta verificando questa epidemia?

    R. – Siamo nelle zone dell’Alto Nilo, quindi verso il confine con l’Uganda, nella zona di Bor, Pibor che ha sempre rappresentato il tallone d’Achille della regione, da un punto di vista sanitario.

    D. – Che dimensione ha il contagio?

    R. – Dobbiamo prendere i nostri numeri, perché è molto difficile estrapolarli in quanto spesso gli stessi dati demografici non sono chiari. Possiamo soltanto dire che nel 2010 noi avevamo trattato più di 3 mila persone: è evidentemente un dato allarmante perché poi dobbiamo moltiplicare per tutti i possibili casi che sono intorno e che non vengono alla nostra osservazione.

    D. – Quasi nel cento per cento dei casi, risulta mortale se non viene curata; se diagnosticata in tempo, invece, si risolve nel 95 per cento dei casi …

    R. – Certo. Il problema qual è? In particolare che nell’Africa orientale, quindi tra Sud Sudan, Etiopia e Nord Uganda, questa malattia colpisce popolazioni che sono estremamente marginali, quindi lontane da centri di salute: è difficilissimo fare arrivare i farmaci.

    D. – Come si può intervenire?

    R. – Tentare di accorciare i piani di trattamento, perché trattare una persona in quelle condizioni logistiche per un mese, o anche solo per quindici giorni, con lo stesso farmaco per endovena, è difficilissimo! Bisognerebbe bloccare queste persone, ricoverarle. Ma dove? E poi è assolutamente necessario l’abbassamento del prezzo dei farmaci efficaci!

    D. – Quindi, nell’immediato le speranze sono affidate ad organizzazioni come la vostra?

    R. – Assolutamente sì! A noi, ai missionari … alle uniche organizzazioni che per ora, in una situazione così instabile, sono presenti in maniera capillare nel territorio, dove – come dicevo – non arriva nessun altro.

    D. – Il Sud Sudan è stato teatro di una guerra civile che ha provocato due milioni di vittime e sette milioni di sfollati. La situazione sanitaria è drammatica; altissimo il tasso di malnutrizione. Il 9 gennaio ci sarà il referendum sulla secessione. Migliaia di persone rientreranno nel Paese: questo aumenterà il contagio?

    R. – Noi non immaginiamo che l’arrivo di queste persone per il referendum possa automaticamente, sic et simpliciter, far aumentare il numero di casi; certo, c’è una situazione sanitaria molto precaria e il peso di altre persone che vengono dall’estero potrebbe destabilizzare ancora di più un sistema già fragilissimo. (gf)

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    Africa sub-sahariana: mancano un milione di insegnanti

    ◊   La rivista “Mondo e Missione”, edita dal Pime, dedica nel numero di dicembre un approfondimento al mondo della formazione in Africa. Vengono presi in esame, in particolare, i dati di un dossier pubblicato dall’Unesco sul sistema educativo africano. Nello studio si ricorda anche che fra gli obiettivi di sviluppo del Millennio, sottoscritti da 191 Stati del mondo nel 2000, c’è quello di garantire l’educazione primaria universale entro il 2015. Su questo obiettivo del Millennio e sul dossier dell’Unesco si sofferma Giorgio Bernardelli, giornalista di “Mondo e Missione”, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. - Questo dossier cerca di vedere cosa servirebbe da qui al 2015 per realizzare questo obiettivo in tutto il mondo. Il dato che balza immediatamente all’occhio è la carenza di insegnanti nell’Africa sub-sahariana. Mancano 1 milione e 56 mila insegnanti, secondo queste stime dell’Unesco, per poter garantire a tutti i bambini di questi Paesi africani, il diritto all’istruzione primaria. Il dato interessante è capire anche come vengono ricavati questi dati. Perché servono tutti questi insegnanti? Sono dei dati molto interessanti sull’affollamento nelle classi, nelle scuole primarie attualmente in alcuni Paesi africani. L’Etiopia ha una media di 72,2 allievi per classe nelle scuole elementari; il Mozambico, 67,4… Si capisce bene, insomma, che in situazioni del genere far andare i ragazzi a scuola non è per forza di cose un sinonimo di accesso all’istruzione..

    D. - Dunque un sistema educativo in Africa molto deficitario. C’è, comunque, un Paese africano che può essere un po’ da modello per cercare di cambiare un po’ la rotta...

    R. - Ce ne sono alcuni in cui questa sete d’insegnanti è meno forte di altri, ad esempio il Senegal, dove si calcola che ne serviranno solo 5,6% come incremento. Un altro dato interessante, è che se l’Africa è il continente in cui questo fenomeno è più forte, è comunque una sete globale quella degli insegnanti; per esempio ne mancano 280 mila negli Stati arabi, anche in Asia 260 mila, questo per dire che gli obiettivi del Millennio non sono solo questione di strutture o di risorse dal punto di vista economico, ma chiedono anche un impegno sulle risorse umane, sulla formazione di personale qualificato in grado davvero di cogliere questa occasione per far fare passi avanti a questi Paesi.

    D. - Anche perché investire nell’educazione significa poi anche ottimizzare i flussi dell’immigrazione e avere effetti positivi in molti altri settori...

    R. - L’investimento sull’educazione può portare grandi benefici ed è anche un ambito in cui il mondo missionario, con la presenza di scuole in tanti Paesi, in tanti villaggi, ha dato moltissimo. L’esperienza dice che, dove l’istruzione, non solo quella primaria, riesce ad essere davvero uno strumento di crescita personale per dare obiettivi e prospettive, il salto di qualità è grande anche nella vita quotidiana delle persone. (ma)

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    Chiesa e Società



    Iraq: Natale all'insegna della massima sicurezza dopo gli attentati ai cristiani

    ◊   Dopo l'attentato alla cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e il continuo assassinio dei cristiani, non ci saranno Messe nella notte di Natale né a Bagdad, né a Mosul, né a Kirkuk. Per questioni di sicurezza, le chiese non avranno addobbi e decorazioni e le messe si celebreranno solo con la luce del giorno e con la massima sobrietà. Uno stato di tristezza e lutto perenne regna fra i cristiani. La preoccupazione è grande per il futuro dei giovani che da due mesi ormai non possono frequentare l’università. Da parte del governo non ci si aspetta nulla di rassicurante sul fronte della difesa dei cristiani: la leadership è troppo occupata nella formazione del nuovo esecutivo. A Kirkuk la sicurezza è un po’ migliore che nella capitale, ma anche qui ci sono rapimenti e minacce. “Per questo abbiamo deciso - spiega all’agenzia AsiaNews mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk - per la prima volta dopo sette anni dall’inizio della guerra, di non celebrare la Messa durante la notte. Di non fare festa: non ci sarà Babbo Natale per i bambini, non ci saranno cerimonie per gli auguri ufficiali con le autorità. Sono già sei settimane che non celebriamo messe per mancanza di sicurezza. Celebriamo solo nella tarda mattinata e il sabato nel pomeriggio. Per il momento abbiamo fermato anche la catechesi. Non abbiamo diritto di mettere a rischio la vita della gente. Ci sono guardie davanti a tutte le parrocchie, ma il problema è quando si esce in fila in strada. I cristiani sono un obiettivo facile. Anche quest’anno, nonostante tutto, pregheremo per la pace”. A conclusione il presule afferma: “Nella mia omelia insisterò sui problemi, gli scontri e le paure ma il Natale senz’altro porterà un messaggio di speranza. Evidentemente cielo e terra sono due realtà diverse. Al Natale è seguita la strage degli Innocenti. Anche per noi iracheni Natale, speranza e gioia sono legati a dolore e martirio. La pace è un progetto: gli uomini soprattutto quelli di buona volontà dovrebbero realizzarlo. Noi cristiani - conclude mons. Sako - se vogliamo essere cristiani e se accogliamo il Natale e il suo messaggio, dobbiamo essere veri artigiani della pace, della concordia fra i nostri fratelli e sorelle irachene”. (C.P.).

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    Indonesia: per il Natale i cristiani rifiutano la 'protezione' dei radicali islamici

    ◊   I cristiani indonesiani accolgono con sospetto le dichiarazioni del gruppo fondamentalista islamico Islamic Defender Front (Fpi) di voler proteggere le loro celebrazioni natalizie. “Noi diciamo di no a questa offerta, ha riferito all’agenzia AsiaNews un cattolico della diocesi Semarang, aggiungendo: “come mai un gruppo radicale che ha un record famigerato di violenze contro la comunità cristiana vuole ora essere così gentile con noi?”. Da rilevare che l’incontro svoltosi il 14 dicembre scorso tra Timur Pradopo, nuovo responsabile della Polizia di indonesiana e Risieq Shihab, capo dell’Fpi, il quale ha auspicato “che i cristiani celebrino il Natale nella felicità” perché “il loro diritto di culto” “dovrebbe essere rispettato da tutti i cittadini indonesiani". Al contempo Shihab ha sottolineato che saranno tutelate solo le comunità cristiane in regola con le procedure per il culto, molto rigide in Indonesia. Qualunque celebrazione cattolica e protestante che viola le regole sarà quindi interrotta dai membri del gruppo fondamentalista. Un cristiano di Jakarta, anonimo per motivi di sicurezza, guarda invece con preoccupazione alle dichiarazioni di Shihab e agli stretti rapporti tra Fpi e polizia. Infatti, secondo i media, Pradopo avrebbe partecipato in novembre alle celebrazioni per il 12mo anniversario del gruppo radicale. Padre Benny Susetyo Pr membro della Commissione interreligiosa per la Conferenza episcopale indonesiana sottolinea che è raro per i cattolici organizzare cordoni di sicurezza durante le celebrazioni natalizie e dice di essere sorpreso dalla dichiarazioni dell’Fpi. In Indonesia ogni parrocchia concorda il calendario delle celebrazioni con le autorità locali. Qualsiasi coinvolgimento di gruppi islamici deve essere preso in esame insieme ai membri del Nahdlatul Ulama (Nu), gruppo islamico moderato impegnato nel dialogo interreligioso. Andreas Yewangoe, presidente del Sinodo delle Chiese cristiane protestanti, dice che finora l’Fpi non ha fatto nessun comunicato ufficiale in merito a un eventuale coinvolgimento nelle operazioni di sicurezza. Egli fa notare che la presenza dell’Fpi durante le celebrazioni natalizie non sarà apprezzata dai cristiani. Il gruppo ha infatti alle spalle sette anni di continue violenze contro le comunità cattoliche e protestanti, come dimostrano i recenti casi di intolleranza avvenuti a Bandung (West Java), dove gli estremisti hanno distrutto due chiese domestiche e cinque case private della locale comunità cristiana. (R.G.)

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    A West Java proibita la Messa di Natale ai cattolici di Bogor

    ◊   Per Natale, il capo del distretto indonesiano di Bogor, ha proibito qualsiasi attività o celebrazione pubblica, compresa la Messa di Natale, ai cattolici della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista a Parung, Tulang Kuning, reggenza di Bogor, provincia di Java Occidentale. Il divieto ufficiale, tramite una lettera, è motivato con le solite ragioni usate da anni: la mancanza di un’autorizzazione per costruire un edificio religioso (chiamata Izin Mendirikan Bangunan - Imb), senza la quale il governo proibisce all’amministrazione della parrocchia persino di pregare sul proprio terreno. L’Imb è chiesto dalla legge indonesiana per qualsiasi edificio, ma i cristiani per realizzare edifici religiosi devono anche avere almeno 60 firme di residenti nella zona e l’approvazione del locale Gruppo per il dialogo intrerreligioso. Intanto la costruzione della chiesa è bloccata da tempo e i fedeli per pregare insieme si sono riuniti in strada sotto una tenda o in un ristorante. Ma le autorità locali interpretano la legge nel senso che, senza la chiesa, non sia permesso ai cristiani nemmeno riunirsi per pregare in pubblico. Ora i cattolici locali si chiedono come interpretare il divieto. Il parroco padre Gatot spiega ad AsiaNews che “non abbiamo idea su cosa fare, nonostante sia urgente trovare soluzioni pacifiche per consentire ai cattolici di professare la loro fede durante il Natale”. La situazione è preoccupante anche per le violenze subite in passato e perché alcuni fedeli, che chiedono l’anonimato, dicono che questo divieto è stato preceduto da ripetute minacce dagli estremisti islamici della zona, che non vogliono vederli tenere cerimonie in luoghi pubblici. Il timore è che i gruppi radicali possano usare questo divieto come pretesto per scatenare violenze, se i cattolici tengono le loro celebrazioni in luogo pubblico, ad esempio in ampie tende, oppure ospiti in un ristorante anche in villaggi vicini, come hanno giù fatto. Già nel 2005 la messa di Pasqua è stata interrotta dai gruppi estremisti. Nella Pasqua del 2008, centinaia di musulmani radicali hanno impedito l’accesso al terreno della Chiesa dove si voleva celebrare la Messa e la funzione è stata interrotta. Peraltro in seguito altre celebrazioni si sono svolte senza problemi. A Parung ci sono almeno 3mila cattolici. La diocesi locale è proprietaria dal 2001 di un terreno di 7.500 metri quadrati, sul quale costruire la chiesa. Ma i gruppi estremisti islamici lo hanno sempre impedito. Nell’aprile 2010 i musulmani radicali hanno pure impedito la messa di Pasqua. Le violenze degli islamici radicali hanno colpito non soltanto i fedeli della parrocchia S. Giovanni Battista, ma pure altri gruppi, come i fedeli della Gereja Kristen Indonesia (Gki, più nota come Yasmin Church). Nel Paese è in atto una crescente intolleranza dei musulmani radicali verso le altre fedi, che si esprime in modo sempre più violento, anche perché le autorità locali non intervengono con decisione per contrastarla. (R.P.)

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    India: i cristiani di Mumbai celebrano il Natale con un grande raduno interreligioso

    ◊   Una grande cena di Natale a Mumbai ha raccolto persone di ogni credo e professione per celebrare l’Avvento di Gesù. E’ stato un grande momento sociale, a cui hanno partecipato il cardinale di Mumbai Gracias e il clero, esponenti del corpo diplomatico, uomini d’affari e imprenditori cristiani. L’evento - riferisce l'agenzia AsiaNews - che ha raccolto più di 400 partecipanti, è stato organizzato da “Dimensions” e dalla Camera di Commercio internazionale cristiana, e si è svolto venerdì scorso al Trident Hotel. “Dimensions” è un Forum di uomini d’affari e imprenditori cristiani nato cinque anni orsono. L’associazione ha compiuto un notevole lavoro per riunire persone di diverse denominazioni cristiane, e aiutarle a lavorare all’interno della comunità. Freddy Mendonca, fondatore di “Dimensions”, è un fervente cattolico; la sua associazione, composta da oltre 600 membri, organizza incontri nelle differenti parrocchie della megalopoli indiana, e ogni mese raduna circa cento dei suoi esponenti, per creare un punto di contatto e di unione per piccoli imprenditori e professionisti cristiani per mettere a loro disposizione consigli e suggerimenti specialistici. Il cardinale Oswald Gracias ha ricordato nel suo discorso come la venuta di Gesù abbia cambiato e trasformato il mondo. “La nascita di Gesù è un tempo di gioia e di pace. Natale è un momento speciale, in cui Gesù viene nelle nostre vite, case, comunità, città, Paesi e nel mondo” Il cardinale Gracias ha ricordato il significato speciale di questo Natale, e del luogo in cui si è celebrato l’evento: “La nostra città di Mumbai, così sconvolta dalla violenza – anche l’hotel Trident fu uno dei bersagli dei terroristi del 26 novembre 2008 – il nostro Paese destabilizzato da atti di terrorismo, il mondo intero anelano alla pace”. Freddy Mendonca ha detto che “mi faceva soffrire nel vedere che molti cristiani erano timorosi nell’avviare e nel condurre avanti il loro lavoro, così ho deciso di fare qualche cosa. Dimensions è stata creata e basata su valori cristiani, per mettere in comune e organizzare le risorse e coltivare la crescita in uno spirito di eccellenza, trasparenza, impegno e fiducia”. Dimensions ha uffici a Navi Mumbai, Jaipur, Goa, Mangalore, Calcutta e Belgaum. Gul Kripalani, presidente della Camera di commercio internazionale cristiana ha detto: “Siamo grati che 2000 anni dopo la nascita di Gesù così tanti possano trarre ispirazione dalla Sua vita e dal Suo messaggio, ed essere confortati da Gesù che visse in circostanze di grande avversità una vita di sacrificio e di generosità”. (R.P.)

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    La preghiera del padre indiano Thomas Chirattavayalil per i suoi aggressori

    ◊   Padre Thomas Chirattavayalil, un sacerdote della diocesi di Satna, è stato aggredito nella notte del 16 dicembre da un gruppo di uomini armati e mascherati. Il sacerdote lavora a Odagady, un luogo di missione nel Madhya Pradesh e si occupa dei tribali e della loro situazione. All'agenzia AsiaNews, padre Thomas ha dichiarato: “Ho perdonato i miei aggressori. E prego per loro, affinché la nascita di Gesù possa portare speranza e pace nei loro cuori, nelle loro menti e nelle loro vita. La violenza che ho subito in questo tempo di Avvento porti nei cuori grazia e benedizioni ma soprattutto i suoi frutti per la missione della Chiesa a Satna, nel Madhya Pradesh e in India”. Il sacerdote spiega l’accaduto dicendo che gli aggressori gli hanno dato la caccia inseguendolo e picchiandolo selvaggiamente. Gli hanno inoltre ordinato di non gridare, ma sentendo dei movimenti, l’autista, il cuoco e l’animatore hanno cercato di uscire per aiutarlo. I malviventi però avevano chiuso le loro porte dall’esterno, e nessuno è stato in grado di uscire ad aiutarlo. Infine è riuscito a raggiungere la casa di Januna, un membro del Panchayath, il gruppo di anziani del paese, a circa mezzo km di distanza e si è salvato. Ha subito due ferite profonde sulla testa,sulle spalle e in altre parti del corpo. Padre Thomas è a Odagady da un anno e mezzo e sta cercando di lavorare per elevare le condizioni della povera gente. E’ senza dubbio esemplare quanto egli stesso dice: “Sono stato ordinato sacerdote per servire i poveri, e questo è il modo migliore per prepararmi alla venuta di Gesù, che venne povero fra i poveri e gli oppressi”. (C.P.)

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    Kenya. Violenze post-elettorali: il cardinale Njue invita i politici a non infiammare gli animi

    ◊   Mentre continuano le polemiche in Kenya sulla pubblicazione dei nomi dei 6 politici indagati da parte del procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Luis Moreno-Ocampo, accusati di aver organizzato le violenze che fecero seguito alle elezioni del 2007-2008, il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, ha invitato i leader politici a non fare dichiarazioni che rischiano di far precipitare il Paese in nuove violenze. Secondo quanto riferisce l’agenzia cattolica Cisa, ripresa dalla Fides, il cardinale Njue, che è anche presidente della Conferenza episcopale del Kenya (Kec) ha detto che la pubblicazione da parte della Cpi, dei nomi delle persone implicate nelle violenze post-elettorali, non deve dividere il Paese lungo linee tribali. Il porporato ha aggiunto che chiunque sarà trovato colpevole, deve confessare ed assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Tuttavia, ha ammonito che non si può condannare nessuno senza assicurargli un processo giusto ed equo. Il cardinale ha inoltre ribadito la posizione presa dai vescovi cattolici a sostegno della scelta della Cpi dell’Aja per giudicare i fatti del 2007-2008, ma non ha scartato l’opzione di ricorrere ad un tribunale locale per giudicare i principali responsabili e gli autori dei reati minori delle violenze post-elettorali. Il cardinale Njue ha sottolineato che la sorte del Kenya è più importante di quella di qualsiasi individuo, quindi la nomina dei 6 accusati non deve dividere la nazione, mettendo in guardia i keniani nei confronti di coloro che intendono compromettere la pace e la stabilità del Paese. “Vi deve essere sobrietà nel dibattito sulla questione del Tribunale dell’Aia e la tensione che vive il Paese non era necessaria. La situazione non deve sfuggire di mano anche quando le persone si lasciano andare alle proprie reazioni” ha concluso il cardinale. (R.P.)

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    Africa centrale: 19 Ong chiedono di fermare le stragi di civili dei ribelli dell'Lra

    ◊   Questo Natale bisogna impedire che si compia un nuovo massacro di civili in Africa centrale. È l’appello – di cui riferisce l’agenzia Sir - lanciato alla comunità internazionale da 19 Ong umanitarie, tra cui Cafod (Chatolic Overseas Development Agency), Christian Aid, Oxfam, Pax Christi Flanders. Il gruppo di Organizzazioni non governative ha redatto un rapporto sulle stragi compiute nell'Africa centrale dall'Esercito di Resistenza del Signore, Lord resistance army (Lra), la milizia armata più brutale nell'ultimo anno in Africa, che ha seminato morte e terrore prima in Uganda e ora nella Repubblica Democratica del Congo, in quella Centrafricana e in Sud Sudan. Il rapporto "Ghosts of Christmas Past" ricorda che nel periodo di Natale del 2008 l'Lra ha massacrato 865 uomini, donne e bambini nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo e nel Sud Sudan. Un anno dopo 300 persone sono state assassinate dallo stesso gruppo armato, capeggiato da Joseph Kony, sempre nel nord-est del Congo. Il gruppo di Ong chiede alla comunità internazionale di impedire che avvenga un massacro per il terzo anno consecutivo e che l'Onu crei un gruppo di esperti per affrontare la minaccia dell'Lra, che continua ad attaccare - si legge nel rapporto - comunità isolate in Sudan, Repubblica Centrafricana e Congo almeno quattro volte alla settimana. (R.G.)

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    Giornata internazionale della solidarietà umana. Ban Ki-moon: più attenzione per i poveri

    ◊   Si celebra oggi la Giornata internazionale della solidarietà umana. La solidarietà - dichiara il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon - è tra i “valori fondamentali, essenziali alle relazioni internazionali” del XXI secolo, come esplicita la Dichiarazione del Millennio, a sottolineare “l’importanza di agire in nome dei soggetti più vulnerabili della società”. Per questo “le sfide globali” – povertà, fame, degrado ambientale, miglioramento della sanità e dell’istruzione - devono essere gestite in modo da distribuire “costi e oneri tra i Paesi” secondo “principi” di equità e giustizia sociale. L’esame annuale dei progressi dimostra - spiega il segretario generale dell’Onu – la volontà di governi, Ong e privati di raggiungere gli obiettivi del Millennio entro il 2015. Ma, nonostante “segnali incoraggianti, restano profonde disparità, tra e all’interno dei Paesi”, e “i progressi compiuti - denuncia Ban Ki-moon - sono stati messi a repentaglio dallo sconvolgimento economico e finanziario, dalla volatilità dei prezzi degli alimenti e dei mercati energetici nonché dagli impatti dei disastri naturali e del cambiamento climatico”. Oggi abbiamo 64 milioni di poveri e 30 milioni di disoccupati in più rispetto al 2007. “Dimostriamoci” allora “solidali” - sollecita Ban Ki-moon – con “i poveri, i malati e gli anziani, le vittime di abusi, di discriminazione e di violazioni dei propri diritti, costruendo cosi un mondo migliore per tutti”. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Costa Rica: messaggio finale dell’incontro sulle comunicazioni sociali di Celam e Riial

    ◊   “La realtà quotidiana interpella i comunicatori cattolici chiamati a contribuire, insieme con la Chiesa, alla formazione delle coscienze”. Così si legge nel messaggio finale della riunione, che si è svolta nei giorni scorsi in Costa Rica, di numerosi vescovi del Messico e dell’America Centrale, assieme a giornalisti e operatori della comunicazioni, convocati dal Consiglio episcopale latinoamericano e dalla Riial (Rete informatica per l’America Latina). I presidenti e i segretari delle Commissioni episcopali per le comunicazioni sociali nei tre giorni di dibattito si sono soffermati, in particolare, nell’analisi della difficile realtà della regione, con particolare riferimento all’insicurezza cittadina che insidia la stabilità democratica. I partecipanti hanno scambiato notizie e informazioni su fenomeni come il narcotraffico, la crescita vertiginosa di omicidi di donne, soprattutto in Messico, aumento della povertà, criminalizzazione dei migranti e crescita del divario fra ricchi e poveri. “Sono queste alcune delle realtà che interpellano la comunicazione” rilevano i presuli e dunque “siamo chiamati a lavorare in favore della giustizia e della verità; ad educare nelle virtù individuali e politiche” e ciò, sottolineano, “è possibile anche tramite i mezzi di comunicazione e le nuove tecnologie”. In tale contesto i vescovi messicani e centroamericani ricordano le parole di Benedetto XVI che si leggono nell’esortazione postsinodale “Verbum domini”: “La Parola divina, oltre che nella forma stampata, deve risuonare anche attraverso le altre forme di comunicazione. Per questo, insieme ai Padri sinodali, desidero ringraziare i cattolici che si stanno impegnando con competenza per una presenza significativa nel mondo dei media, sollecitando un impegno ancora più ampio e qualificato”. I mass-media, che creano e animano la cosiddetta “cultura mediatica”, così come le nuove tecnologie che questi media usano, secondo i presuli, sono “uno strumento utile per un’umanizzazione globale” e quindi la Chiesa non può prescindere da questi strumenti”; anzi, deve fare di tutto per usarli con onestà, efficacia e coraggio. Questi mezzi, “posti al servizio del Vangelo offrono la possibilità di estendere, quasi senza confini, l’uditorio della Parola di Dio portando la Nuova Novella a milioni e milioni di persone. La Chiesa si sentirebbe colpevole davanti a Dio se non fosse in grado di usare questi potenti mezzi che l’intelligenza umana perfeziona ogni giorno di più”. Infine, i vescovi sottolineano come compito fondamentale dei vescovi, e in particolare delle Commissioni episcopali per la comunicazioni, sia di lavorare intensamente nella formazione di comunicatori cattolici consapevoli della loro responsabilità e soprattutto consapevoli della loro missione nella formazione delle coscienze e dell’opinione pubblica. (A cura di Luis Badilla)


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    Nicaragua: la Chiesa chiede osservatori internazionali per le elezioni del 2011

    ◊   La Chiesa cattolica in Nicaragua insiste sulla presenza di osservatori elettorali internazionali e nazionali per legittimare l'esito delle elezioni presidenziali e legislative che sono in calendario per novembre 2011, ha detto una fonte della Chiesa alla stampa locale.Il vescovo ausiliare di Managua, mons. Silvio Baez, ha detto in una dichiarazione al 'Canale 12' della televisione locale che “l'osservazione nazionale e internazionale è essenziale per legittimare le elezioni, altrimenti rimarrà sempre un dubbio” circa i risultati. Il vescovo - riporta l'agenzia Fides - ha raccomandato ai nicaraguensi di avere una "memoria storica" e di tenere conto che nel Paese si andrà alle elezioni generali con le stesse persone "che sono state responsabili della truffa del 2008", riferendosi al fatto che il Consiglio supremo elettorale (Cse) è composto dagli stessi responsabili dei comizi delle elezioni del 2008. "Penso che molti settori della popolazione continueranno a insistere su questo fatto (sul monitoraggio delle elezioni) e la Chiesa in particolare insisterà, perché è necessario che ci sia l'osservazione nazionale ed internazionale senza alcuna restrizione" ha detto mons. Baez. L'opposizione nicaraguense sostiene che nelle elezioni municipali del 9 novembre 2008 si sono registrati "brogli su larga scala" in oltre 40 Comuni del Paese ed anche le elezioni che si sono tenute nel 2008 nelle regioni autonome del sud e del nord dei Caraibi, sono stati contestate come fraudolente. Le dichiarazioni di mons. Baez sono simili alle critiche che i leader dell'opposizione hanno rivolto alle disposizioni del presidente del Cse, Roberto Rivas, il quale ha affermato che l'anno prossimo non ci saranno osservatori delle elezioni, ma solo "un sostegno elettorale". Secondo il leader dell'opposizione, questa decisione del Cse significa "zero osservazione elettorale" per l'anno prossimo, perché il termine "sostegno" non esiste nella legge elettorale, che è norma costituzionale, e per poterlo mettere in atto richiederebbe una modifica della Costituzione. Mons. Silvio Baez chiarisce che i membri della Conferenza episcopale del Nicaragua non ritengono loro compito fare dichiarazioni politiche, ma vogliono semplicemente il rispetto delle leggi. (R.P.)

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    Inaugurato in Colombia il nuovo seminario dei Guanelliani

    ◊   E’stato inaugurato ieri in Colombia a Bogotà, il nuovo seminario latinoamericano dei Guanelliani. A presiedere la celebrazione eucaristica l'arcivescovo di Bogotà, mons. Ruben Salazar Gomez, che ha quindi benedetto i locali del nuovo stabile. Il complesso, dedicato al Beato Luigi Guanella di cui è attesa nel 2011 la notizia della canonizzazione, accoglierà nel primo anno del 2011 due seminaristi del Paraguay e due dell'Argentina, che saranno a Bogotà per studiare teologia in una delle Università colombiane. “In questi giovani chiamati dalla Provvidenza – spiega all’agenzia Sir padre Carlos Blanchoud, consigliere generale e primo rettore - si manifesta allo stesso tempo entusiasmo ed insicurezza per un cammino tutto da scoprire, nella certezza che, come ricordava don Luigi, è Dio che fa”. “La casa – aggiunge padre Josè de Jesus Farina, vicerettore - sarà la sede del teologato per le tre Province latinoamericane ,Cruz del Sur, Nostra Signora di Guadalupe, Santa Cruz. Può ospitare al momento fino a 10 persone, poi bisognerà pensare ad un ampliamento”. In Sud America i Guanelliani sono presenti in Colombia, Brasile, Argentina, Cile, Messico, Paraguay e Guatemala, organizzati in tre Province, di cui fa parte anche la Spagna. Circa 100 i religiosi su un totale di 539. (C.P.)

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    Negli asili pubblici del Quebec è bandita la religione

    ◊   Da regione più cattolica del Nordamerica, il Québec si sta trasformando in una punta avanzata del secolarismo. Negli asili della provincia canadese non dovrà essere praticata alcuna religione. Il ministero della Famiglia ha infatti fatto sapere che la provincia bandisce ogni forma di religione negli asili statali o semi-statali che ricevono contributi pubblici, dal prossimo giugno. Per chi non rispetta la legge sono previste varie sanzioni, inclusa la perdita del sussidio del Governo. Chi gestisce gli asili può recitare le proprie preghiere ma non deve coinvolgere i bambini nei riti. Rappresentanti religiosi — sacerdoti, rabbini, imam — non possono più visitare gli asili. Simboli religiosi, come il crocifisso, sono consentiti, ma non possono essere utilizzati come strumenti di educazione. Il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec, è testimone tra i più consapevoli e critici della metamorfosi che “in pochi decenni ha riportato il cattolicissimo Quebec a essere terra di missione”. Dagli anni Sessanta — aveva evidenziato il porporato — il crollo è stato verticale: senza clamori una “rivoluzione tranquilla” ha trasformato il Paese in punta avanzata della secolarizzazione. Oggi meno del 5% dei cattolici partecipano alla messa domenicale, i battesimi sono sempre più rari, i matrimoni religiosi pochi, i funerali in gran parte civili. “Si deve imparare di nuovo il rispetto della religione – sono parole del porporato all’Osservatore Romano - che ha forgiato l'identità della popolazione e il rispetto di tutte le religioni, senza cedere alla pressione degli integralisti laici che reclamano l'esclusione della religione dallo spazio pubblico”. ( C.P.)

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    Abusi in Irlanda: dichiarazione di mons. Martin su un nuovo Capitolo del Rapporto Murphy

    ◊   L’alta Corte d’Irlanda ha autorizzato venerdì la pubblicazione di un capitolo mancante del Murphy Report, il rapporto governativo sugli abusi commessi su minori da esponenti del clero dell’arcidiocesi di Dublino dal 1975 al 2004. Si tratta del capitolo 19 riguardante un sacerdote, Tony Walsh, condannato agli inizi di dicembre a 16 anni di prigione per aver abusato sessualmente di tre bambini negli anni '70 e '80. La sua pubblicazione era stata rinviata in attesa della conclusione del processo. Come per i precedenti casi esaminati dal Rapporto Murphy, anche questo nuovo capitolo chiama in causa le responsabilità della polizia e delle autorità ecclesiastiche per non avere impedito a Walsh, per più di 15 anni fino al suo arresto nel 1996, di continuare a molestare bambini nonostante la sua condotta fosse nota. Una linea da cui l’arcivescovo di Dublino mons. Diarmuid Martin ha preso fermamente le distanze ribadendo in una nota, le “sue scuse senza riserve per il dolore causato e per il modo in cui la Chiesa locale ha gestito questi casi”. Nella dichiarazione, mons. Martin esprime parole di elogio per il coraggio delle vittime nel denunciare gli abusi subiti, un coraggio, afferma, “che ha fatto un gran bene ai bambini, alla società, ma soprattutto alla Chiesa e per il quale abbiamo tutti un debito di riconoscenza”. L’arcivescovo di Dublino conclude rinnovando l’appello rivolto neanche un mese fa per un rinnovamento profondo della Chiesa in Irlanda e in particolare a porre fine all’autoreferenzialità che l’ha contraddistinta negli anni passati: “Il primo passo verso questo rinnovamento – scrive - è riconoscere che cosa non ha funzionato e ammettere con onestà e ‘senza se e senza ma’ la gravità e l’enormità di quanto avvenuto”. Del Rapporto Murphy si attende ora la pubblicazione di un ultimo capitolo, il 20°, ancora in fase di elaborazione. Esso riguarda un caso ancora pendente e la sua pubblicazione è prevista nel mese di luglio 2011. (L.Z.)

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    Natale in Germania: messaggio comune di cattolici ed evangelici

    ◊   Un messaggio comune per il Natale: è la scelta dei responsabili per l'ecumenismo della Chiesa cattolica e di quella evangelica in Germania, rispettivamente mons. Gerhard Ludwig Müller (Ratisbona) e il vescovo di Braunschweig Friedrich Weber. Il messaggio è stato registrato ieri a Würzburg – riferisce l’agenzia Sir – per ribadire la volontà delle due Chiese cristiane di superare ciò che ancora le divide. “Il messaggio di Natale obbliga i cristiani all’unità”, ha sottolineato da parte cattolica mons. Müller. ”I nostri colloqui regolari con i partner dell’ecumenismo - ha spiegato - hanno anche l’obiettivo” di agire "per la dignità di tutti, ma soprattutto per la dignità di chi vive in povertà ed oppressione". Per questo ha concluso "L'unione ecumenica consente di avere speranza reciproca”. Il vescovo Weber, da parte evangelica, ha evidenziato che “il messaggio di Natale della venuta di Dio al mondo è il messaggio centrale” che si deve “continuare a trasmettere insieme in armonia". Pertanto, "anche nel nuovo anno – ha auspicato - i cristiani devono fare di tutto per ridurre al minimo le differenze ancora esistenti, affinché la nostra azione ecumenica non ostacoli il cammino di Dio”. (R.G.)

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    Terra Santa: inaugurata nuova struttura del Caritas Baby Hospital di Betlemme

    ◊   Una benedizione del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, e una Messa celebrata nella chiesa di Santa Caterina hanno suggellato - riferisce l'agenzia Sir - l’inaugurazione della nuova clinica del Caritas Baby Hospital, ospedale pediatrico della Caritas di Betlemme. Presenti alla cerimonia, svoltasi in questo fine settimana, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, mons. Antonio Franco, nunzio apostolico a Gerusalemme, Victor Batarseh, sindaco di Betlemme e di Michael Schweiger, presidente dell'organizzazione "Aiuto ai Bambini di Betlemme". La clinica, che ha iniziato la propria attività un anno fa, è ora dotata di un nuovo edificio che può ospitare anche 43 madri dei bambini – neonati e prematuri – ricoverati. Numerosi gli ospiti giunti da Germania, Svizzera e altri Paesi: dimostrazione, ha sottolineato mons. Twal, del fatto che "la piccola comunità cristiana non è sola”. Il patriarca ha poi ringraziato il personale ospedaliero per il suo lavoro quale “testimonianza dell'amore senza confini per il prossimo". Il cardinale Koch ha trasmesso anche le congratulazioni e il saluto di Benedetto XVI ed ha affermato che "i lavori di ampliamento del Baby Hospital sono un incoraggiamento per i cristiani svizzeri a continuare a sostenere l’ospedale”. (R.G.)

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    Comitato cattolico sull'inserimento dei cristiani nella vita pubbblica in Terra Santa

    ◊   La presenza dei cristiani nella vita pubblica e le opportunità di inserimento: di questo si è discusso in particolare nei giorni a scorsi nella Guesthouse dei siro-cattolici di Betlemme, in Terra Santa, alla 13.ma riunione annuale del Comitato cattolico pastorale generale. L’argomento, riferisce il sito www.lpj.org, è stato preceduto da una relazione del patriarca latino emerito di Gerusalemme Michel Sabbah sul recente Sinodo per il Medio Oriente, centrata in particolare sulle tematiche della comunione ecclesiale e della testimonianza. Ricordando che a caratterizzare il Sinodo è stato lo scambio e la comunicazione fraterni tra tutti i vescovi delle diverse Chiese sui juris e di vari Paesi, e dunque l’esperienza dell’unità vissuta nella diversità, il patriarca ha messo in risalto l’importanza del Comitato cattolico pastorale generale, strumento costante e efficace per il lavoro comune di tutte le Chiese, nonostante le sue imperfezioni pratiche e le circostanze non sempre favorevoli. Discutendo poi degli impegni da portare avanti, è stato pensato di creare strutture, a livello diocesano o parrocchiale, per seguire, formare e aggiornare pastoralmente gli operatori cristiani nella vita pubblica. La prossima riunione del Comitato cattolico pastorale generale è in programma in Giordania dal 7 al 9 novembre del prossimo anno e avrà come tema: “Lo spirito di preghiera e rinnovamento della vita spirituale nei fedeli”. (T.C.)

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    Camerun: lettera di mons. Hourgo sulle pratiche incompatibili con il Natale cristiano

    ◊   “La nascita di Cristo è una buona novella, una grande gioia che Dio vuole comunicare al mondo, dopo la sua Ascensione, Cristo ha voluto che i suoi discepoli continuassero la missione di annuncio della Buona Novella che deve raggiungere gli estremi confini della terra”: è quanto scrive nella lettera indirizzata ai fedeli in prossimità del Natale e pubblicata sul sito www.leffortcamerounais.info, mons. Barthélemy Yaouda Hourgo, vescovo di Yagoua, nel Camerun. “La festa di Natale – scrive il presule – non può avere senso per noi se non ci prepariamo individualmente, in famiglia e in comunità, per accogliere Dio che viene a dimorare tra gli uomini, in noi”. “A coloro che lo accolgono – prosegue il vescovo di Yagoua – Cristo dà il potere di divenire figli di Dio. E se siamo figli di Dio, come spiegare allora il ritorno a certe pratiche tradizionali incompatibili con la fede cristiana. Mi auguro che ciascuno di noi si interroghi su ciò che significa esser cristiano, e faccia un esame di coscienza personale alla luce della Parola di Dio”. Il presule invita inoltre a vivere l’Avvento come tempo per spargere i semi del Vangelo nelle famiglie, nei quartieri e nei villaggi e sottolinea che “tutti i membri della Chiesa, tutte le comunità cristiane devono sentirsi responsabili dell’annuncio della Buona Novella a tutte le nazioni”. Cosa che questo non vuol dire intraprendere un cammino di proselitismo, bensì valutare “in che modo mettere la Parola di Dio nel cuore delle nostre vite e delle nostre attività”. Una riflessione che rinvia “al mandato missionario affidato alla Chiesa e a tutti i battezzati”, ma che non può essere portato a termine se manca “una profonda conversione personale, comunitaria e pastorale”. (T.C.)

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    Kenya: iniziativa sull'Aids per giovani giornalisti freelance di un'emittente radio

    ◊   Radio Netherlands Worldwide (Rnw), emittente radiofonica globale, ha appena lanciato a Nairobi una nuova competizione attraverso il web per creare maggiore consapevolezza sull'impatto che Hiv e Aids hanno sui bambini contagiati e colpiti dalla malattia in Kenya e nel mondo in generale. Nel Paese africano si stima che ci siano circa 180 mila bambini minori di 14 anni contagiati dal virus dell'HIV. L'idea di creare un sito web con il blog sui bambini orfani dell'Hiv o sieropositivi è nata a metà novembre. "I Care: my blog, their voice," è aperto a giornalisti ed operatori sociali con l'obiettivo di raggiungere sempre più la popolazione giovanile. Sarà ricco di storie personali e professionali, fotografie, video, e al termine della competizione verranno premiati i cinque migliori blogger. Rnw ha avviato la redazione in Africa nel 2009 e ha un network di circa 25 giovani giornalisti freelance in 20 Paesi africani. (R.P.)

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    Taiwan: inaugurato il Centro di Servizio pastorale del santuario del Monte delle Beatitudini

    ◊   Il grande sogno del cardinale Paul Shan, vescovo emerito della diocesi di Kaohsiung e presidente emerito della Conferenza episcopale regionale di Taiwan, e quello di tanti cattolici taiwanesi si è finalmente realizzato. E’ stato infatti inaugurato l’11 dicembre scorso il complesso che accoglie il Centro di Servizio pastorale del santuario del Monte delle Beatitudini. Il Centro è stato fortemente voluto dal cardinale Shan, il quale ha simbolicamente aperto le porte dell’edificio con una “chiave d’oro”, guidando poi il corteo dei presenti, quindi ha presieduto la consacrazione e ringraziato tutti i benefatori. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, l’arcivescovo Peter Liu, attuale Ordinario della diocesi di Kaohsiung dove si trova il santuario, ha presieduto l’inaugurazione di una statua di bronzo che raffigura il cardinale Shan. Oltre 2.300 fedeli hanno partecipato alla solenne Eucaristia concelebrata da 6 vescovi e una cinquantina di sacerdoti nella chiesa che ha la forma di un granaio. Inoltre una gigantesca croce in legno in stile indigeno, realizzata da un sacerdote indigeno in soli quattro giorni, ha reso l’ambiente sacro ancora più accogliente e invitante alla preghiera. Particolarmente seguite sono state anche la processione mariana e la benedizione della Grotta della Madonna di Lourdes. Il complesso si articola su cinque piani, con due chiese dedicate rispettivamente alle Beatitudini e a san Paolo, una sala riunioni, gli alloggi, il convento delle suore, la zona amministrativa. Nel futuro si prevede anche la costruzione della Casa degli anziani, dell’orfanotrofio, del seminario missionario della diocesi e di un museo. (R.P.)

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    Polonia: pellegrinaggio missionario dei bambini di Czestochowa a 20 anni dalla Redemptoris missio

    ◊   Sabato scorso, la Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria dell’arcidiocesi di Czestochowa ha promosso un pellegrinaggio verso la chiesa di San Giacomo dove è stato presentato il materiale preparato per l’animazione missionaria di questo periodo ed è stato celebrato l’invio missionario dei bambini e dei ragazzi. “Vogliamo che i bambini e i ragazzi diano nuova forza spirituale alle Opere Missionarie della nostra Arcidiocesi - ha detto all’agenzia Fides don Jacek Gancarek, direttore diocesano delle Pom di Czestochowa -. Nel nostro incontro abbiamo voluto anche esprimere il nostro ringraziamento per il dono dell’enciclica missionaria di Giovanni Paolo II Redemptrois missio, che è stata pubblicata 20 anni fa”. All’iniziativa hanno partecipato tutti i responsabili delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) dell’arcidiocesi, insieme al direttore arcidiocesano, don Jacek Gancarek. Sono stati invitati in modo particolare i diversi gruppi missionari di giovani, bambini e ragazzi: il volontariato missionario, gli animatori, i gruppi del Rosario, la Militia Immaculatae, i gruppi delle Pom delle diverse parrocchie e scuole dell’arcidiocesi di Czestochowa. La Santa Messa è stata presieduta da mons. Stanislaw Nowak, arcivescovo di Czestochowa. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Somalia: due movimenti ribelli uniti contro il governo di transizione

    ◊   I due più forti gruppi ribelli somali, Al Shabaab e Hizbul Islam, si sono fusi insieme. La decisione è stata presa ieri, secondo quanto scrivono oggi le emittenti locali. Sheikh Hassan Dahir Aweys, leader degli Hizbul Islam, ha confermato che la sua milizia si è unita agli integralisti legati ad Al Qaeda e ha deciso di combattere al loro fianco contro il governo di transizione somalo (Tfg) e i peacekeeper Amisom dell'Unione africana (Ua). Tutte le basi del gruppo ribelle ad Afgoe, Elashaha-biyaha e nella capitale somala sono state confiscate dagli Al Shabaab, ha detto una fonte locale degli integralisti, citata dal sito Mareeg. I due gruppi si sono fronteggiati da anni per il controllo di diverse zone del sud e del centro del Paese. Negli ultimi mesi i combattimenti tra le due formazioni si sono intensificati con decine di morti in entrambi gli schieramenti. Intanto, secondo quanto riporta Radio Shabelle, il governo di Mogadiscio ha lanciato una nuova offensiva contro le forze integraliste. Il ministro dell'Interno, Abdishakur Sheikh Hassan Farah, ha promesso che entro cento giorni i ribelli “saranno sconfitti” e il popolo somalo sarà difeso dai “terroristi stranieri”. Riguardo alla sicurezza Farah ha aggiunto che Mogadiscio sarà divisa in “otto zone con 500 soldati in ognuna di queste”. Il piano prevede due fasi: “la prima che riguarda la liberazione della capitale somala dai ribelli e una seconda mirata alla riconquista di tutto il Paese”.

    Iraq: attesa per la lista dei ministri
    Non è stata annunciata stamani - come previsto - la lista dei ministri del nuovo governo iracheno, mentre si susseguono voci di un possibile annuncio dopodomani. Sabato scorso, dall'ufficio della Presidenza del Consiglio avevano riferito che oggi Maliki avrebbe presentato la squadra di governo al Parlamento. Il premier designato, già capo dell'esecutivo dal 2006 allo scorso febbraio, ha ricevuto ufficialmente l'incarico lo scorso 25 novembre e secondo la Costituzione irachena ha 30 giorni di tempo per presentare la formazione del governo.

    Ucciso in Pakistan leader di un gruppo legato ad Al Qaeda
    Ibn-e-Amin, uno dei comandanti più duri del movimento Tehrik-e-Taliban Pakistan (Ttp) e braccio destro del suo leader nella Valle dello Swat, Maulana Fazlullah, è stato ucciso venerdì nell'attacco di un aereo senza pilota (drone) americano nella Valle di Tirah della Khyber Agency, al confine con l'Afghanistan. Lo riferisce oggi Geo Tv. Nel maggio 2009 il governo di Islamabad aveva posto sulla testa del comandante del Ttp, che aveva meno di 40 anni, una taglia di 15 milioni di rupie (130.000 euro). Secondo fonti dell'intelligence, inoltre, Ibn-e-Amin aveva collegamenti con Al Qaeda ed era impegnato nel tentativo di riconciliare diverse fazioni dell'opposizione armata in conflitto.

    In Pakistan ennesimo attacco a convogli Nato diretti in Afghanistan
    Uomini armati hanno attaccato oggi nella Khyber Agency (Pakistan nord-occidentale) un convoglio di autobotti che trasportavano carburante per le truppe Nato operanti in Afghanistan, incendiandone due. Lo riferisce Geo Tv. Dopo aver sparato con armi automatiche nella zona di Katha Kashta, si è appreso, gli attaccanti hanno sparato razzi contro gli automezzi, colpendone due e provocando un incendio. La zona è stata isolata dalle forze di sicurezza, mentre il traffico sulla principale statale che collega il Pakistan all'Afghanistan è stato sospeso in attesa che i vigili del fuoco circoscrivano le fiamme.

    Tv israeliana: il premier palestinese chiede ad entrambe le parti di cercare la pace
    Il premier palestinese Salam Fayyad ha detto in un'intervista alla Tv israeliana 'Channel 2' che “nessuna delle due parti deve arrendersi” nella ricerca di una soluzione pacifica. Non capita di frequente che un esponente di alto rango dell'Anp venga intervistato dai media israeliani. Malgrado la nuova situazione di stallo venutasi a creare sulla questione degli insediamenti, Fayyad ha detto che “è possibile far avanzare il processo”. “Non bisogna scoraggiarsi perchè abbiamo fallito prima, non bisogna arrendersi”, ha aggiunto. All'intervista di Fayyad ha replicato indirettamente il premier israeliano Benyamin Netanyahu, che in un discorso ad un gruppo di ebrei americani ha detto ieri che “la ricerca della pace è importante” e che il suo governo “continuerà a perseguirla”. Nabil Shaat, uno dei principali negoziatori palestinesi, aveva invece affermato sabato che il processo di pace è in “coma profondo” e che i negoziati non riprenderanno a breve. “Questo è un processo privo di qualsiasi credibilità”, aveva aggiunto. Shaat in particolare aveva contestato il mancato rinnovo del blocco degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, decisione che ha portato alla sospensione dei negoziati diretti israelo-palestinesi ripresi a settembre sotto gli auspici degli Usa.

    Napolitano: le proteste non vanno ignorate, ma le violenze sono inammissibili
    In Italia, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato che “la protesta pacifica, benchè spesso sviata da inammissibili violenze, di tanti cittadini nelle strade delle nostre capitali, è una spia di malessere che le democrazie non possono ignorare”. Nel discorso pronunciato durante i tradizionali auguri al Corpo diplomatico, Napolitano ha parlato di “dibattito politico interno molto aspro e divisivo”, contrapponendo le tensioni politiche allo spirito unitario con il quale invece “è largamente condivisa la collocazione internazionale dell'Italia, come dicono anche le votazioni parlamentari”. Napolitano ha ricordato infine che 8.000 militari italiani sono impegnati in missioni di stabilizzazione all'estero autorizzate dalle Nazioni Unite.

    Haiti: attesa per i risultati definitivi delle elezioni
    Potrebbero essere gli esperti internazionali delle Nazioni Unite a stabilire l'origine dell'epidemia di colera scoppiata ad Haiti negli ultimi mesi e che ha già causato oltre 2.400 vittime. Il segretario generale dell’Onu sta, infatti, approntando una missione scientifica al riguardo. Intanto potrebbe ulteriormente slittare l’annuncio dei risultati definitivi del primo turno delle presidenziali del 28 novembre. Il servizio di Cèline Camoin

    Una misura precauzionale per evitare disordini e contestazioni e osservare una sorta di tregua natalizia, nel contenzioso che oppone i candidati politici, il consiglio elettorale provvisorio e il Governo uscente. I risultati del primo turno avevano suscitato proteste di strada e aspre critiche dell’opposizione e di parte della comunità internazionale. A chiedere formalmente il rinvio, è stata l’Organizzazione degli Stati americani, una proposta accolta del Presidente uscente Renè Preval, che la inoltrerà ufficialmente al Consiglio elettorale. Nessuna tregua, invece, nelle difficoltà quotidiane degli abitanti dell’area metropolitana di Port-au-Prince. Scarseggia il carburante e lunghe file di automobilisti, si osservano davanti alle stazioni di benzina. Sui marciapiedi fiorisce il mercato nero e i prezzi stanno salendo alle stelle. (ma)

    Almeno 27 morti e 50 feriti in Messico per l'esplosione di un oleodotto
    È di almeno 27 morti e 52 feriti il nuovo bilancio dell'esplosione di un oleodotto nella città messicana di Puebla, a 150 chilometri dalla capitale Città del Messico. La deflagrazione, avvenuta ieri notte, è stata violentissima e le fiamme hanno avvolto anche le case che sorgevano attorno, cogliendo molte persone nel sonno. A causarla potrebbero essere stati alcuni malviventi che hanno perforato le tubature per sottrarre petrolio e poi rivenderlo.(Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 354
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