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Sommario del 17/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • La Santa Sede: gravi violazioni della libertà religiosa in Cina
  • Il Papa al nuovo ambasciatore d’Italia: la dimensione religiosa favorisce l’autentico progresso del Paese
  • Benedetto XVI: dall'albero di Natale e dal presepe un messaggio di fraternità che spegne la tristezza
  • Benedetto XVI agli universitari: occorre una nuova classe di intellettuali
  • Pontificie Accademie. Il Papa invita i teologi a seguire la via della bellezza
  • Giubileo per Napoli. Il Papa: i cristiani siano alternativi per una società più giusta e fraterna
  • Domani il Papa nella Biblioteca Apostolica Vaticana restaurata
  • Predica d’Avvento. Padre Cantalamessa: solo l’amore apre il cuore di chi fa della ragione un idolo
  • Altre udienze e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Europa: sì al diritto alla vita del bambino non nato, l'aborto non è un diritto
  • Scontri in Costa d'Avorio: decine di morti
  • Il premier cinese Wen Jabao in Pakistan
  • Crolla il numero dei richiedenti asilo in Italia
  • Tavola rotonda in vista del prossimo Meeting di Rimini
  • Chiesa e Società

  • Iraq. Denuncia dell’Onu: “I cristiani costretti a fuggire”. Natale di paura per chi resta
  • India: attacco vandalico a un santuario mariano di Guntkal
  • Egitto. Il vescovo di Luxor: "Il dialogo è l'unica via contro le persecuzioni religiose"
  • Profughi eritrei nel Sinai: il Parlamento europeo chiede all'Egitto di attivarsi
  • Nel mondo il matrimonio precoce è una forma di violenza e un abuso dei diritti umani
  • Australia: dolore dei vescovi per la tragedia del mare al largo delle coste del Paese
  • A Gerusalemme un incontro fra ebrei e cristiani sui frutti del Sinodo per il Medio Oriente
  • Haiti: l'impegno della Camillian task force nella regione di Jeremie colpita dal colera
  • Colombia. Messaggio dei vescovi: "Natale sarà la guida per la ricostruzione"
  • Guatemala: Chiesa e società civile contro violenza e impunità
  • Perù: l'arcidiocesi di Huancayo proclama il 2011 anno dell’Azione sociale della Chiesa
  • Sud Sudan: Medici Senza frontiere interviene per far fronte all'epidemia di Kala azar
  • Il cardinale Bagnasco ai parlamentari italiani: “non rinunciare mai al dialogo”
  • La Chiesa cattolica Ucraina al fianco del comitato che protegge la moralità
  • In Germania aprirà a breve la prima scuola multireligiosa della Germania
  • 24 Ore nel Mondo

  • Alta tensione tra le due Coree. Pyongyang: il conflitto è solo questione di tempo
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Santa Sede: gravi violazioni della libertà religiosa in Cina

    ◊   La Santa Sede “con profondo dolore” deplora modalità e svolgimento dell’Ottava Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi, svoltasi a Pechino dal 7 al 9 dicembre scorsi, con la partecipazione forzata di numerosi vescovi, sacerdoti, religiose e fedeli laici. E’ quanto afferma oggi un comunicato della Sala Stampa vaticana. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Le modalità della convocazione dell’assemblea ed il suo svolgimento – afferma il comunicato – “manifestano un atteggiamento repressivo nei confronti dell’esercizio della libertà religiosa, che si auspicava ormai superato nell’odierna Cina. La persistente volontà di controllare la sfera più intima dei cittadini, qual è la loro coscienza, e d’ingerirsi nella vita interna della Chiesa cattolica, non fa onore alla Cina; anzi – prosegue la nota vaticana - sembra un segno di timore e di debolezza, prima che di forza; di un’intransigente intolleranza, più che di apertura alla libertà e al rispetto effettivo sia della dignità umana sia di una corretta distinzione tra la sfera civile e quella religiosa”. “A più riprese la Santa Sede aveva fatto conoscere, prima di tutto ai pastori ma pure a tutti i fedeli, anche pubblicamente, che non dovevano partecipare all’evento. Ognuno di coloro che erano presenti – sottolinea il comunicato - sa in che misura è responsabile davanti a Dio e alla Chiesa. I vescovi, in particolare, e i sacerdoti saranno anche posti di fronte alle attese delle rispettive comunità, che guardano al proprio pastore e hanno diritto di ricevere da lui guida e sicurezza nella fede e nella vita morale”.

    La Santa Sede denuncia il fatto che molti vescovi e sacerdoti sono stati forzati a partecipare all’Assemblea: si tratta di “una grave violazione dei loro diritti umani, in particolare della loro libertà di religione e di coscienza”. La Sede Apostolica esprime nello stesso tempo “la sua stima più profonda a quanti, in diverse modalità, hanno testimoniato la fede con coraggio e invita gli altri a pregare, a fare penitenza e, con le opere, a riaffermare la propria volontà di seguire Cristo con amore, in piena comunione con la Chiesa universale”. “A coloro che portano nel cuore sconcerto e profonda sofferenza, domandandosi come sia possibile che il proprio vescovo o i propri sacerdoti abbiano partecipato all’Assemblea, la Santa Sede chiede di rimanere saldi e pazienti nella fede; li invita a prendere atto delle pressioni subite da molti dei loro pastori e a pregare per loro; li esorta a continuare coraggiosamente a sostenerli di fronte alle ingiuste imposizioni che incontrano nell’esercizio del loro ministero”.

    Durante l’Assemblea sono stati designati i responsabili della cosiddetta Conferenza Episcopale e dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese. Il comunicato ricorda che “l'attuale Collegio dei Vescovi Cattolici di Cina non è riconosciuto come Conferenza Episcopale dalla Sede Apostolica: non ne fanno parte i vescovi «clandestini», cioè non riconosciuti dal governo, che sono in comunione con il Papa; include presuli, che sono tuttora illegittimi, ed è retta da Statuti, che contengono elementi inconciliabili con la dottrina cattolica. E’ profondamente deplorevole – si afferma - che sia stato designato a presiederla un vescovo non legittimo. Per quanto poi concerne la dichiarata finalità di attuare i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa”, il comunicato ricorda “che essa è inconciliabile con la dottrina cattolica, che fin dagli antichi Simboli di fede professa la Chiesa «una, santa, cattolica e apostolica»”. Si definisce, quindi, “deprecabile anche la designazione di un presule legittimo a presiedere l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese”. Per la Santa Sede “non è questo il cammino che la Chiesa deve compiere nel contesto di un grande e nobile Paese, che suscita attenzione nell’opinione pubblica mondiale per le significative mete raggiunte in tanti ambiti, ma trova ancora difficile attuare gli esigenti dettami di una vera libertà religiosa, che nella sua Costituzione pur professa di rispettare. Per giunta, l’Assemblea ha reso più arduo il cammino di riconciliazione fra i cattolici delle «comunità clandestine» e quelli delle «comunità ufficiali», provocando una ferita profonda non solo alla Chiesa in Cina, ma anche alla Chiesa universale”.

    “La Santa Sede si rammarica profondamente per il fatto che la celebrazione della suddetta Assemblea, come pure la recente ordinazione episcopale senza l’indispensabile mandato pontificio, abbiano danneggiato unilateralmente il dialogo e il clima di fiducia, avviati nei rapporti con il governo della Repubblica Popolare Cinese. La Santa Sede, mentre riafferma la propria volontà di dialogare onestamente, sente il dovere di precisare che atti inaccettabili ed ostili” come questi “provocano nei fedeli, dentro e fuori della Cina, una grave perdita di quella fiducia che è necessaria per superare le difficoltà e costruire una relazione corretta con la Chiesa, a vantaggio del bene comune”. Alla luce di quanto è avvenuto – conclude la nota vaticana – “rimane urgente” l’invito che il Papa ha rivolto a tutti i cattolici del mondo, il primo dicembre scorso, “a pregare per la Chiesa in Cina, che sta vivendo momenti particolarmente difficili”.

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    Il Papa al nuovo ambasciatore d’Italia: la dimensione religiosa favorisce l’autentico progresso del Paese

    ◊   Lo Stato tuteli il ruolo della religione nella sfera pubblica: è l’esortazione di Benedetto XVI nel discorso di stamani al nuovo ambasciatore italiano, Francesco Maria Greco, ricevuto in Vaticano per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il nuovo ambasciatore succede nell’incarico ad Antonio Zanardi Landi. Il Papa si è soffermato sul contributo che la Chiesa e i credenti hanno offerto alla società italiana in questi 150 anni di unità nazionale. Quindi, ha ringraziato il governo italiano per essersi opposto all’eliminazione del Crocifisso dai luoghi pubblici e per il suo impegno in favore delle minoranze cristiane perseguitate. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Le celebrazioni per il 150.mo anniversario dell’unità d’Italia, osserva il Papa, offrono l’occasione per una “riflessione non solo di tipo commemorativo, ma anche di carattere progettuale”, assai opportuna “nella difficile fase storica attuale, nazionale ed internazionale”. Il Papa si dice lieto per il coinvolgimento di pastori e comunità ecclesiali nella “rievocazione del processo di unificazione della nazione iniziato nel 1861”. Un cammino, constata, “a volte faticoso e contrastato”. Benedetto XVI mette l’accento sulla “corretta distinzione” e le “giuste forme di collaborazione” fra comunità civile e religiosa che hanno condotto all’odierna “fisionomia dello Stato italiano”. E ribadisce che la storia e la cultura dell’Italia sono “profondamente segnate dalla Chiesa cattolica”. Tali caratteristiche, “che da secoli fanno parte del patrimonio storico e culturale dell’Italia – avverte il Papa – non possono essere negate, dimenticate o emarginate”. E rammenta che quando si è cercato di farlo, “si sono causati pericolosi squilibri e dolorose fratture nella vita sociale del Paese”. Si sofferma così sull’importanza dei Patti Lateranensi e l’Accordo di modifica del Concordato. Accordi, afferma, volti ad assicurare al Pontefice e alla Santa Sede “piena sovranità e indipendenza”.

    Questi patti internazionali, soggiunge il Papa, “non sono espressione di una volontà della Chiesa o della Santa Sede di ottenere potere, privilegi o posizioni di vantaggio economico e sociale” né di sconfinare dalla sua missione. Al contrario, evidenzia, tali accordi “hanno il loro fondamento nella giusta volontà da parte dello Stato di garantire ai singoli e alla Chiesa il pieno esercizio della libertà religiosa”. Un diritto, ribadisce, che “ha una dimensione non solo personale”. Per questo, è la sua esortazione, “lo Stato è chiamato a tutelare non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione e delle comunità religiose nella sfera pubblica”.

    “Il retto esercizio e il corrispettivo riconoscimento di questo diritto – prosegue il Papa – consentono alla società di avvalersi delle risorse morali e della generosa attività dei credenti”. Dunque, è il suo monito, “non si può pensare di conseguire l’autentico progresso sociale, percorrendo la via dell’emarginazione o perfino del rifiuto esplicito del fattore religioso, come ai nostri tempi si tende a fare con varie modalità”. Il Pontefice indica in particolare “il tentativo di eliminare dai luoghi pubblici l’esposizione dei simboli religiosi, primo fra tutti il Crocifisso, che è certamente l’emblema per eccellenza della fede cristiana, ma che, allo stesso tempo, parla a tutti gli uomini di buona volontà e, come tale, non è fattore che discrimina”. Esprime, così, apprezzamento al governo italiano per aver agito “in conformità a una corretta visione della laicità e alla luce della sua storia, cultura e tradizione, trovando in ciò il positivo sostegno anche di altre nazioni europee”.

    Al contempo, il Papa ricorda che le cronache recenti “ci testimoniano come ai nostri giorni vengano compiute anche delle aperte violazioni della libertà religiosa”. La società italiana e le sue autorità, rileva con gratitudine, hanno dimostrato “una particolare sensibilità per la sorte di quelle minoranze cristiane, che, a motivo della loro fede, subiscono violenze, vengono discriminate o sono costrette ad una forzata emigrazione dalla loro patria”. Ed auspica dunque che possa “crescere ovunque la consapevolezza di questa problematica” e siano “intensificati gli sforzi per vedere realizzato, ovunque e per tutti, il pieno rispetto della libertà religiosa”.

    Nel suo discorso, il Papa non manca di assicurare le sue preghiere per la gente d’Italia che, annota, mostra affetto ed entusiasmo nei suoi confronti a Roma come durante le sue visite pastorali nel Paese. Benedetto XVI auspica per il popolo italiano di conservare il “tesoro prezioso della fede cristiana” e di ricevere da Dio “i doni della concordia e della prosperità”. Dal canto suo, l’ambasciatore Greco ha sottolineato il comune impegno dell’Italia e della Santa Sede su molti fronti, dall’abolizione della pena di morte, alla pace, allo sviluppo sostenibile. Infine, ha assicurato l’impegno del governo italiano in favore delle minoranze cristiane perseguitate.

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    Benedetto XVI: dall'albero di Natale e dal presepe un messaggio di fraternità che spegne la tristezza

    ◊   Un simbolo che “arricchisce il valore simbolico del presepe” e che assieme all’icona di Betlemme parla al mondo di speranza e di pace. Sono i pensieri con i quali Benedetto XVI ha parlato questa mattina dell’Albero di Natale che alle 16.30 di oggi verrà inaugurato e acceso in Piazza San Pietro. Alto oltre 90 metri, l’abete proviene da una vallata del Sud Tirolo ed è stato consegnato idealmente al Papa da una delegazione locale di circa 300 persone, accolta in Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Un incontro tradizionale di questi tempi in Vaticano, ma per molti versi un tuffo all’indietro, che ha risvegliato memorie di luoghi e di volti cari, e in compagnia di persone che hanno portato tra gli affreschi rinascimentali della Sala Clementina il sapore familiare di un Natale così come vissuto dalle sue parti. Per Benedetto XVI accogliere la folta delegazione dal Sud Tirolo – zona da cui proviene il monumentale Albero di Natale donato al Vaticano – è stata una festa dei sentimenti e della gratitudine, ma anche un momento per riflettere su cosa significhino, accanto alla scena della Natività, le luci e le decorazioni che svettano ogni anno sul presepe nel cuore di Piazza San Pietro e in milioni di case nel mondo:

    “L’albero di Natale arricchisce il valore simbolico del presepe, che è un messaggio di fraternità e di amicizia; un invito all’unità e alla pace; un invito a far posto, nella nostra vita e nella società, a Dio, il quale ci offre il suo amore onnipotente attraverso la fragile figura di un Bimbo, perché vuole che al suo amore rispondiamo liberamente con il nostro amore".

    Tagliato “senza arrecare danno” al bosco in cui era cresciuto – ai 1500 metri di una tenuta nei pressi di Luson, comune di 1500 abitanti in Provincia di Bolzano – l’Albero di Natale di 5 tonnellate di peso e di 26 metri di altezza che fronteggia la Basilica Vaticana verrà inaugurato nel pomeriggio dal presidente del Governatorato della Città del Vaticano, il cardinale Giovanni Lajolo. Le luci che verranno accese, ha soggiunto Benedetto XVI, sono il segno “della luce che Cristo, con la sua nascita, ha recato all’umanità”, per dissipare tra gli uomini “le tenebre dell’errore, della tristezza e del peccato”:

    “Il presepe e l’albero portano quindi un messaggio di speranza e di amore, e aiutano a creare il clima propizio per vivere nella giusta dimensione spirituale e religiosa il mistero della Nascita del Redentore”.

    Accogliendo la delegazione sudtirolese con un lungo preambolo in lingua tedesca, il Papa ha ringraziato diffusamente i presenti, a partire dalle autorità civili e religiose, per il dono di un abete rosso, destinato ad abbellire il Palazzo apostolico, ma specialmente per aver portato a Roma, ha soggiunto, anche “i costumi tradizionali, la musica natalizia e le specialità gastronomiche locali” della loro “meravigliosa terra”. Citate e apprezzate dal Papa le “stelle di paglia”, realizzate dalle donne di Bressanone, che sono, ha detto, “un elemento tipico della tradizione dei Paesi di lingua tedesca per l’addobbo dell’albero di Natale”. Ma un grazie ancor più sentito, Benedetto XVI lo ha rivolto al sindaco di Naz-Sciaves per il fatto di volergli conferire…

    “…die Ehrenbürgerwürde verleihen...
    …la cittadinanza onoraria in ricordo della mia cara nonna materna che era originaria di Rasa, una frazione del comune. Un cordiale ‘Dio ve ne renda merito’ per tutte queste gradite manifestazioni del vostro affetto!”.

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    Benedetto XVI agli universitari: occorre una nuova classe di intellettuali

    ◊   Tornare alla grotta di Betlemme significa percorrere un cammino capace di far sperimentare la vicinanza totale e gratuita di Dio, che rinnova e sostiene l’uomo. Così in sintesi il Papa, ieri sera in San Pietro, dove ha presieduto la preghiera dei Vespri con gli Universitari degli Atenei romani in preparazione al Natale. Benedetto XVI ha ribadito che si avverte il bisogno di una nuova classe di intellettuali, sottolineando che l’Università è chiamata a svolgere questo ruolo e che la Chiesa se ne fa convinta e fattiva sostenitrice. Massimiliano Menichetti.

    Una Basilica scaldata dall’affetto dei tanti giovani presenti che si sono stretti in preghiera con il Papa guardando con fiducia alla venuta di Gesù. In questa cornice Benedetto XVI ha mostrato nella Grotta di Betlemme il cammino che libera “il cuore da ogni fermento di insofferenza e di falsa attesa”, che può sempre annidarsi se si dimentica “che Dio è già venuto, è già operante nella nostra storia” e “chiede di essere accolto”:

    "Tornare lì, in quel luogo umile e angusto, non è un semplice itinerario ideale: è il cammino che siamo chiamati a percorrere sperimentando nell’oggi la vicinanza di Dio e la sua azione che rinnova e sostiene la nostra esistenza".

    Guardando ad una “società sempre più dinamica”, il Papa ha ribadito che “la pazienza e la costanza cristiana non sono sinonimo di apatia o di rassegnazione, ma sono virtù di chi sa rispettare i tempi e i modi della condizione umana”. E riferendosi alla realtà di Cristo incarnatosi nel seno della Vergine Maria ha ribadito che il “Creatore non è un despota che ordina e interviene con potenza nella storia, ma piuttosto è come l’agricoltore che semina, fa crescere e fa portare frutto”:

    "Andiamo anche noi verso Betlemme con lo sguardo rivolto al Dio paziente e fedele, che sa aspettare, che sa fermarsi, che sa rispettare i tempi della nostra esistenza. Quel Bambino che incontreremo è la manifestazione piena del mistero dell’amore di Dio che ama donando la vita, che ama in modo disinteressato, che ci insegna ad amare e che chiede solo di essere amato".

    Il Papa ha mostrato dunque la Grotta di Betlemme come un “itinerario di liberazione interiore ed esperienza di libertà profonda che spinge” ad “andare verso Dio” che “ci accompagna nelle nostre scelte quotidiane” e “ci parla nel segreto del cuore e nelle Sacre Scritture”:

    "Egli vuole infondere coraggio alla nostra vita, specialmente nei momenti in cui ci sentiamo stanchi e affaticati e abbiamo bisogno di ritrovare la serenità del cammino e sentirci con gioia pellegrini verso l’eternità. 'La venuta del Signore è vicina'. E’ l’annuncio che riempie di emozione e di stupore questa celebrazione, e che rende il nostro passo veloce e spedito verso la Grotta. Il Bambino che troveremo, tra Maria e Giuseppe, è il Logos-Amore, la Parola che può dare consistenza piena alla nostra vita".

    Parlando poi ai ragazzi della necessità di una profonda azione educativa e di un continuo discernimento, che “devono coinvolgere tutta la comunità accademica, favorendo quella sintesi tra formazione intellettuale, disciplina morale e impegno religioso”, ha parlato della “pazienza del costruire” opera che non può essere realizzata “da menti e cuori distratti e superficiali”:

    "Nei nostri tempi si avverte il bisogno di una nuova classe di intellettuali capaci di interpretare le dinamiche sociali e culturali offrendo soluzioni non astratte, ma concrete e realistiche. L’Università è chiamata a svolgere questo ruolo insostituibile e la Chiesa se ne fa convinta e fattiva sostenitrice".

    Volgendosi alla comunità universitaria romana ha evidenziato il prezioso lavoro svolto dalle cappellanie e dalle realtà ecclesiali ed ha invitato a “superare precomprensioni e pregiudizi che talvolta impediscono lo sviluppo di una cultura autentica” indicando nel lavoro sinergico tra le Facoltà teologiche e le Università la via per un nuovo dialogo tra la fede cristiana e i diversi saperi, al fine di “servire l’uomo nella sua pienezza”. Poi riferendosi al passaggio, dalla delegazione universitaria africana a quella spagnola, dell’Icona di Maria Sedes Sapientiae che segna il pellegrinaggio dell’effigie mariana in tutte le Università di Spagna, ha affidato l’intera comunità universitaria alla Vergine, dando appuntamento a Madrid 2011.

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    Pontificie Accademie. Il Papa invita i teologi a seguire la via della bellezza

    ◊   Si è svolta ieri pomeriggio a Roma la XV Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie sul tema de “L’Assunzione di Maria, segno di consolazione e di sicura speranza” in occasione del 60.mo anniversario della Proclamazione del Dogma mariano da parte di Pio XII. Il Papa, in un messaggio inviato al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di Coordinamento fra le Pontificie Accademie, ha invitato a lasciarsi guidare da Maria “per essere annunciatori e testimoni della speranza che scaturisce dalla contemplazione dei Misteri di Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. Maria, infatti, come insegna il Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, è segno di speranza certa e di consolazione per il Popolo di Dio pellegrino nella storia”. “Maria – ha aggiunto il Pontefice - è la stella splendente di luce e di bellezza, che annuncia e anticipa il nostro futuro, la condizione definitiva a cui Dio, Padre ricco di misericordia, ci chiama. I Padri e i Dottori della Chiesa, facendosi eco anche del comune sentire dei fedeli e riflettendo su ciò che la liturgia celebrava, hanno proclamato il singolare privilegio di Maria, hanno illustrato la sua luminosa bellezza, che sostiene e nutre la nostra speranza”. “Percorrendo, allora, quella via pulchritudinis che il Servo di Dio Paolo VI indicò come fecondo itinerario di ricerca teologica e mariologica – ha affermato Benedetto XVI - vorrei notare la profonda sintonia tra il pensiero teologico e mistico, la liturgia, la devozione mariana e le opere d’arte, che, con lo splendore dei colori e delle forme, cantano il mistero dell’Assunzione di Maria e la sua gloria celeste accanto al Figlio. Tra quest’ultime, vi invito ad ammirarne due particolarmente significative in Roma: i mosaici absidali delle basiliche mariane di S. Maria Maggiore e di S. Maria in Trastevere. Riflessione teologica e spirituale, liturgia, devozione mariana, rappresentazione artistica formano davvero un tutt’uno, un messaggio completo ed efficace, capace di suscitare la meraviglia degli occhi, di toccare il cuore e di provocare l’intelligenza ad una comprensione ancora più profonda del mistero di Maria, in cui vediamo chiaramente riflesso e annunziato il nostro destino, la nostra speranza”. Il Papa ha quindi invitato gli studiosi di Teologia e di Mariologia a percorrere la via pulchritudinis, auspicando che, “anche ai nostri giorni, grazie a una maggiore collaborazione tra teologi, liturgisti e artisti, si possano offrire all’ammirazione e alla contemplazione di tutti, messaggi incisivi ed efficaci”. Il Pontefice, infine ha assegnato ex aequo il Premio delle Pontificie Accademie Ecclesiastiche alla “Marian Academy of India”, giovane e attiva società mariologica-mariana che ha sede a Bangalore, in India - rappresentata dal suo presidente il rev. Kulandaisamy Rayar -, e al prof. Luìs Alberto Esteves dos Santos Casimiro per la sua poderosa Dissertazione dottorale dal titolo A Anunciação do Senhor na pintura quinhentista portuguesa (1500-1550). Análise geométrica, iconográfica e significado iconológico. Come segno di apprezzamento e di incoraggiamento, è stata poi offerta la Medaglia del Pontificato al Gruppo “Gen Verde”, espressione del Movimento dei Focolari, per il suo impegno artistico fortemente impregnato dei valori evangelici e aperto al dialogo tra i popoli e le culture.

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    Giubileo per Napoli. Il Papa: i cristiani siano alternativi per una società più giusta e fraterna

    ◊   “Nei diversi ambienti di vita, i cristiani sono chiamati ad essere operatori di verità e testimoni coraggiosi del Vangelo; ciascuno può e deve adoperarsi a far sì che i valori spirituali ed etici, tradotti in stile di vita, offrano un contributo determinante all’edificazione di una società più giusta e fraterna”. E’ quanto scrive Benedetto XVI nel messaggio inviato al cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, in occasione dell’apertura, ieri, del Giubileo speciale per la città partenopea. Il Papa sottolinea che occorrerà impegnarsi per assicurare, con l’ispirazione e la forza che vengono da Dio, “rapporti di autentica carità, che si esprimano in forme concrete di solidarietà e di servizio, in modo da mostrare esempi di vita alternativi, accessibili a tutti e, nello stesso tempo, emblematici”. “Così si potrà rafforzare la consapevolezza che anche oggi, come sempre, il seme del Regno di Dio è presente ed attivo: un seme carico di avvenire, capace, se accolto in modo personale e generoso, di trasformare anche le situazioni più difficili e di rinnovare il cuore ed il volto di Napoli”. Un volto cittadino oggi sfigurato da “modelli negativi e devianti” che – spiega il Santo Padre – “incidono fortemente sulla vita familiare e sociale, in particolare sulle nuove generazioni”. Nell’attuale contesto socio-culturale è anche doloroso “constatare il diffondersi di una visione secolaristica della vita e l’irruenza di mali che affliggono il consorzio civile, insidiato dall’individualismo”. Occorre dunque formare uomini e donne “di forte personalità, di solida fede e di coerente vita cristiana”. Nel messaggio, Benedetto XVI ricorda anche la visita pastorale a Napoli del 21 novembre del 2007 e “l’abbraccio affettuoso” ricevuto dalla dal popolo partenopeo. Questa comunità – scrive il Papa – ha “un patrimonio religioso prezioso, che esige la coerenza della fedeltà e il coraggio della testimonianza”. L’Anno giubilare intende proprio avviare, attraverso la ricchezza di questa testimonianza, un cammino di solidarietà, rinascita e riscatto cittadino. Il “Giubileo per Napoli”, aperto ieri e indetto dal cardinale Crescenzio Sepe, coinvolgerà durante tutto il 2011 le diverse componenti civili ed ecclesiali per concorrere ad una ripresa incisiva e duratura dell’intero tessuto sociale. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Domani il Papa nella Biblioteca Apostolica Vaticana restaurata

    ◊   Il Papa visita domani alle 11.00 la Biblioteca Apostolica Vaticana, restituita il 20 settembre scorso agli studiosi del mondo intero dopo tre anni di lavori di restauro e ristrutturazione. Benedetto XVI vi si era già recato il 25 giugno 2007 nell’imminenza della chiusura e ora torna per costatare di persona il nuovo volto della Biblioteca dei Papi. Nella Lettera indirizzata al cardinale Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, lo scorso 9 novembre, il Pontefice ricordava che la Biblioteca è parte integrante degli strumenti necessari allo svolgimento del Ministero petrino, un mezzo prezioso al quale il Vescovo di Roma non può e non intende rinunciare. Ma con quale stato d’animo è atteso domani il Papa? Lo spiega, al microfono di Fabio Colagrande, mons. Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana.

    R. – E’ un atteggiamento di piena accoglienza e anche di fierezza, per poter mostrare al Santo Padre quello che siamo riusciti a compiere nei tre anni di chiusura. Sappiamo che lui stesso teneva al fatto che non si andasse oltre ai tre anni di lavori e che si potesse riaprire bene, riaprire con tutte le cose in ordine e sistemate. Speriamo di poterglielo mostrare. Aggiungerei anche che ogni incontro è come una possibilità di comunione, una chiamata alla comunione. In questo caso, per noi, la comunione ha sempre in sè questo mistero di unità della Chiesa, nel quale la Biblioteca Apostolica Vaticana si sa coinvolta e si sente coinvolta.

    D. – Durante la visita, al Papa verranno presentati i lavori che si sono svolti in questi anni, ma Benedetto XVI potrà anche osservare da vicino alcuni dei beni che sono conservati nella vostra Biblioteca...

    R. – Sì: abbiamo pensato, mentre il Santo Padre girerà per le sale e vedrà i lavori che sono stati compiuti, di presentargli da parte dei vari responsabili e incaricati alcuni dei nostri beni, i famosi “tesori dell’umanità”: manoscritti, un incunabolo, un documento d’archivio, delle monete, una stampa antica. Grazie a questi documenti vogliamo idealmente ricordargli e presentargli tutto quell’immenso “patrimonio dell’umanità” che è conservato in Biblioteca e di cui il Papa conosce bene il valore e il significato.

    D. – Nella lettera che ha indirizzato al cardinal Farina, in occasione della vostra riapertura, Benedetto XVI parla di una sua personale vicinanza di uomo di studio alla Biblioteca Vaticana. C’è un rapporto particolare tra questo Pontefice e l’istituzione di cui lei è prefetto?

    R. – Certo, e gliene siamo immensamente grati. Vuol dire che viene colto il valore di questa istituzione come istituzione culturale all’interno della Santa Sede, alla quale la Santa Sede stessa tiene e alla quale dà un grande significato, perché la cultura è ritenuta importante e fondamentale nello sviluppo dell’umanità e poi perché questa istituzione è anche un’istituzione di frontiera. La cultura è dialogo con le altre persone, con le altre istituzioni, con le altre culture. La Biblioteca Vaticana, mi sembra che possa svolgere questo compito, facilitata dai beni che possiede e grazie alla chiarezza dei rapporti che riesce ad intrattenere.

    D. – Proprio per questo il Papa in quella lettera parla della Biblioteca come di un’istituzione radicata nelle esigenze del governo della Chiesa, quindi tutt’altro che accessoria ...

    R. – Questo ci ha fatto molto piacere, se posso dirlo in maniera semplice e schietta, e ovviamente ci dà una responsabilità. Non è quindi un “di più” o una casualità: “è successo che la Biblioteca rimanesse legata a questo ambiente”: no. E’ sentita come uno strumento fondamentale dell’azione della stessa Chiesa: ci sentiamo alla radice.

    D. – Avete previsto dei doni particolari per il Papa che viene a visitarvi per la vigilia di Natale?

    R. – Sì, dei doni molto simbolici, che però per noi hanno un forte significato. Regaleremo al Papa l’agenda per il 2011, che è stata preparata dalla Biblioteca e contiene nelle varie pagine raffigurazioni dei nostri beni più importanti: manoscritti, stampe, monete, incisioni ed altri materiali. Poi gli regaleremo anche una medaglia commemorativa della riapertura della Biblioteca, che è stata, infatti, coniata dalla ditta Pessina, in cui è raffigurato su un lato lo stesso Papa Benedetto XVI con, sullo sfondo, il Salone Sistino, e, dall’altro lato, l’ingresso della Biblioteca, uno dei luoghi che è stato maggiormente trasformato. Il terzo dono è un volume - “La casa sulla roccia” - composto dalle Romite del Sacro Monte di Varese, le suore di clausura di quella comunità, che mostra i luoghi del monastero e a fronte presenta delle riflessioni da parte di queste suore, che sono il sostegno spirituale della Biblioteca, grazie alla loro preghiera. Siamo anche andati a visitarle con il cardinale Bibliotecario; le sentiamo così importanti per noi che vogliamo lasciare al Papa questo segno e fargli sapere come riusciamo ad andare avanti: grazie al loro sostegno. (ap)

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    Predica d’Avvento. Padre Cantalamessa: solo l’amore apre il cuore di chi fa della ragione un idolo

    ◊   Padre Raniero Cantalamessa ha tenuto stamani nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, la sua terza ed ultima predica d’Avvento alla presenza del Papa e della famiglia pontificia. Il religioso cappuccino ha parlato del razionalismo, che insieme allo scientismo ateo e al secolarismo, contribuisce ad allontanare tanta parte della cultura moderna dal Vangelo. Di fronte a quanti fanno della ragione un vero e proprio idolo, il predicatore della Casa pontificia ha affermato che la strada migliore per annunciare Gesù, più che un argomentare razionale di senso opposto, è la concreta esperienza cristiana. Solo la testimonianza vissuta della carità può fare breccia nel cuore dei razionalisti. “La verità – ha detto padre Cantalamessa citando il Beato Newman – è rimasta salda nel mondo non per virtù di un sistema, non grazie a libri o argomentazioni, non per merito del potere temporale, ma grazie all’influenza di uomini” che con la loro vita rendono visibile l’amore di Dio. (S.C.)

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il prof. Carl A. Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo, con mons. William Edward Lori, vescovo di Bridgeport (Stati Uniti d’America); il cardinale Agostino Vallini, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma.
    Il Papa riceve questo pomeriggio il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Benedetto XVI ha nominato vescovo di Damongo (Ghana) mons. Peter Paul Angkyier, già vicario generale e consultore diocesano di Damongo. Mons. Peter Paul Angkyier è nato il 26 novembre 1961 a Nandon, nel distretto di Wa dell’Upper West Region, diocesi di Wa. È stato ordinato sacerdote il 15 agosto 1992 ed incardinato nell’arcidiocesi di Tamale, prima di passare alla diocesi di Damongo al momento della sua creazione (1995). Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: 1992-1993: vicario parrocchiale nella parrocchia dei "Martyrs of Uganda" a Bole; 1993-1994: parroco della parrocchia di St. Anne; 1994-1996: cappellano degli studenti africani presso l’arcidiocesi di Vienna, in Austria; 1996-2000: studi per la Licenza in Psicologia Religiosa presso l’Università Gregoriana a Roma; 2000-2003: insegnante e direttore spirituale presso il Seminario Maggiore St. Augustine di Tamale; 2002-2009: vicario generale di Damongo e professore al Seminario Maggiore di St. Augustine.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Distinzione e collaborazione: Benedetto XVI al nuovo ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede.

    In prima pagina, Lucetta Scaraffia sul messaggio “non convenzionale” del Papa per la Giornata mondiale della pace 2011.

    Nell’informazione internazionale, un articolo di Luca M. Possati dal titolo “La pace è possibile in Medio Oriente”.

    La mostra “Donna allo specchio. Tiziano a Milano”: in cultura, stralci di alcuni saggi che accompagnano il visitatore a una conoscenza a trecentosessanta gradi del capolavoro cinquecentesco.

    Se l’oggi è dei farabutti, il futuro è in mano a Dio: Antonio Filipazzi sulla profezia di Pio XI nel 1938 di fronte all’Anschluss.

    L’eterno pentagramma: su Maria maestra di preghiera stralci del primo capitolo del libro “Arte della preghiera” di Timothy Verdon.

    La leggenda di Blake Edwards: Emilio Ranzato ricorda l’alchimista che voleva smontare Hollywood.

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    Oggi in Primo Piano



    Europa: sì al diritto alla vita del bambino non nato, l'aborto non è un diritto

    ◊   L’aborto non può essere un diritto riconosciuto in base alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: è questo in sostanza un importante principio ribadito dalla Corte di Strasburgo con la pubblicazione ieri della sentenza su tre casi di donne residenti in Irlanda. La Corte però accoglie in parte l’istanza di una sola delle tre lamentando la poca chiarezza legislativa di Dublino. Il servizio di Fausta Speranza:

    La Corte di Strasburgo ribadisce il diritto alla vita come non era stato fatto prima e chiarisce che l’aborto può essere solo un’eccezione a questo diritto e non un diritto di per sé. Questo è il punto centrale. I casi in esame alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, che fa capo al Consiglio d’Europa, erano tre, presentati contestualmente nel luglio 2005: tre donne, di cui due irlandesi e una lituana ma residente in Irlanda. Hanno fatto ricorso alla Corte lamentando violazioni di diritti umani in termini di disagi, spese eccessive, umiliazioni per il fatto di essere dovute andare all’estero per abortire, visto il divieto di farlo in Irlanda. In sostanza nei primi due casi la Corte ha rigettato la rivendicazione di un presunto diritto ad abortire nel proprio Paese. Anche se ci sono stati 11 voti contro e sei pro. Il terzo caso riguardava una donna malata di cancro che si era sottoposta a cure chemioterapiche controindicate in caso di gravidanza senza sapere di essere incinta e che rischiava, proseguendo la gravidanza, una recidiva del male, oltre a danni sul bimbo. In questo caso, all’unanimità, la Corte ha chiesto a Dublino di risarcire la donna di 15.000 euro ritenendo che non c’è opportuna chiarezza nella legislazione irlandese per il caso di donne che rischiano con una gravidanza la vita. Dunque, sostanzialmente i giudici di Strasburgo chiedono a Dublino di indicare inequivocabilmente (al momento ci sono la Costituzione e alcuni emendamenti diversamente interpretabili) quando una donna, la cui vita è seriamente messa in pericolo dalla gravidanza, possa interromperla legalmente. Resta da dire che la Corte ha deliberato su questi casi il 9 dicembre 2009 e che ieri ha pubblicato la sentenza, come di consuetudine contestualmente con le motivazioni. Inoltre, è interessante notare che per questi casi è stato deciso subito il ricorso diretto alla Camera Alta (17 giudici), ultima istanza, senza passare per la prima Camera. Ma per una valutazione approfondita di tutto il pronunciamento, abbiamo parlato con Grégor Puppinck, direttore generale del Centro Europeo per la giustizia e i diritti dell’uomo che ha sede a Strasburgo e che è tra le istituzioni o associazioni che in quanto ‘parti terze’ hanno presentato osservazioni su questi casi ai giudici:

    R. – It is very important because clearly …
    Sì, è molto importante perché ha dato una risposta chiara. Molte persone, diverse lobbies, molti politici hanno tentato di fare pressione sulla Corte affinché creasse un diritto all’aborto, perché la maggior parte dei Paesi europei hanno legalizzato l’aborto. E questi gruppi sostenevano che, dato che quasi tutti i Paesi europei hanno legalizzato l’aborto, lo sparuto numero di Paesi tra cui Irlanda, Malta e Polonia che ancora lo vietano, dovrebbero essere costretti a legalizzarlo. Il concetto era quello di creare un “consenso”. Questi Paesi sostengono che in Europa c’è grande consenso nei riguardi dell’aborto in Europa, dunque tutti avrebbero il dovere di riconoscerlo al fine di avere una legislazione uguale. Da parte sua, la Corte ha detto chiaramente “no”. E dunque il fatto che in Europa ci sia largo consenso nei riguardi dell’aborto non avrà alcuna conseguenza sulla libertà dell’Irlanda, sulla sua sovranità nel proibire l’aborto. Un altro elemento positivo è che per la prima volta la Corte, la Camera alta della Corte, ha riconosciuto il concetto di “diritto alla vita” del bambino non nato. La Corte ha quindi ammesso che esiste un diritto alla vita del bambino non nato, mentre finora la Corte aveva sempre rifiutato di riconoscere tale diritto autonomamente. Prima, la Corte sosteneva che spettava agli Stati nazionali riconoscere o meno, garantire o meno, protezione della vita e tutela della vita del bambino non nato. Oggi la Corte ha ammesso che esiste un diritto alla vita del bambino non nato.

    D. – Perché la Corte ha riconosciuto una violazione di diritto nel terzo caso, il caso della donna lituana residente in Irlanda?

    R. – For the Court, this right to life of the unborn, which is autonomous, which is …
    Per la Corte, il diritto alla vita del bambino non nato – un diritto autonomo e legittimo – non è però assoluto. La Corte ha affermato che in alcuni casi può essere legittimo limitare e bilanciare il diritto della vita del bambino non nato rispetto ad interessi in conflitto, come la vita o la salute della madre. Per la Corte, a volte è possibile o anche doveroso limitare tale diritto rispetto agli interessi o ai diritti di altre persone. C’è poi una seconda parte della sentenza, con la quale peraltro io sono in forte disaccordo, ed è quella per cui la Corte, nei riguardi specificatamente dell’Irlanda e non più del principio generale, ha affermato che l’Irlanda avrebbe dovuto trovare la strada, per questa terza richiedente, per sapere se la persona avesse i requisiti per essere autorizzata ad un aborto legale in Irlanda. Il governo irlandese, quindi, è stato accusato dalla Corte non per avere proibito l’aborto, ma perché la Corte ha considerato che l’Irlanda avrebbe dovuto informare la richiedente in merito ai requisiti richiesti per poter procedere ad un aborto legale. Infatti, la Corte di Strasburgo ha stabilito, basandosi su un’interpretazione di un articolo della Costituzione, che in Irlanda esiste un diritto all’aborto quando la vita della madre è in pericolo. Il punto è che questo in realtà non è molto chiaro e non c’è accordo sull’interpretazione della Costituzione irlandese. Insomma, per essere chiari: da un lato, la Corte ha affermato principi generali molto buoni che riguardano tutti gli Stati membri, e questo è molto positivo: no al diritto all’aborto e sì al diritto alla vita del bambino non nato. Dall’altro lato, la Corte ha interpretato – secondo me in maniera errata - la Costituzione irlandese in modo tale che l’Irlanda potrebbe essere invogliata a legalizzare l’aborto in termini più ampi, quando la vita della madre fosse a rischio. (gf)

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    Scontri in Costa d'Avorio: decine di morti

    ◊   Clima sempre più da guerra civile in Costa D’Avorio. Gli scontri di ieri ad Abidjan hanno provocato la morte di almeno 20 persone, tra miliziani, fedeli al presidente uscente Gbagbo, e manifestanti sostenitori del presidente eletto, Ouattara. Anche oggi si temono nuove violenze. Intanto, la comunità internazionale sta facendo fronte comune, condannando le violenze ed esortando le parti al dialogo. Dopo Onu e Stati Uniti, oggi si è pronunciata l’Unione Europea. In una nota l’Alto rappresentante per la politica estera, Catherine Ashton, ha espresso preoccupazione per l'aumento delle tensioni, deplorando qualsiasi ricorso alle violenze. Della situazione Giancarlo La Vella ha parlato con un missionario nel Paese africano del quale non facciamo il nome per motivi di sicurezza:

    R. - E’ il dramma dell’Africa: chi si siede sul trono presidenziale non vuole lasciare. Questo è il problema. E’ una situazione catastrofica.

    D. - C’è il rischio che ritornino i tempi drammatici della guerra civile, come nel 2002?

    R. - Io conosco tanti militari. Anche loro sono stanchi di questa situazione ed infatti nessuno vuole la guerra. Ma certamente c’è il rischio.

    D. - C’è qualcosa che non si conosce di quanto sta avvenendo in Costa d’Avorio?

    R. - Qui dalle 10 del mattino fino al tardo pomeriggio avvengono sparatorie continue, una dopo l’altra. Non possiamo uscire, la gente rimane bloccata in casa. Non si può continuare così. La cosa grave, purtroppo, è che ci sono stati dei morti e ci sono dei feriti.

    D. - E’ uno scontro che sta avvenendo ad lati livelli, tra i due presidenti. La gente come sta vivendo questa situazione?

    R. - La gente sta subendo questa situazione. La gente ha vissuto sempre con la speranza che le elezioni presidenziali potessero risolvere il problema e portare la pace. Dieci anni di trattative, di accordi: la gente è stanca! Adesso ci troviamo peggio di prima.

    D. - In questa situazione drammatica qual è il ruolo di voi missionari?

    R. - La nostra missione è unica: portare il Vangelo, chiamare alla conversione l’un l’altro, convertirsi tutti, perché la luce arriva tra le tenebre. Quello che ha guastato questo Paese sono proprio le sue ricchezze: l’uomo nell’abbondanza non capisce niente, è uno stolto, questa è la realtà. Questo ci dà più slancio, perché se non abbiamo cristiani solidi nella fede, alla fine vanno dietro alle sette che proclamano la felicità subitanea. Questo ci sta aiutando ad andare in profondità, verso la profondità della fede. Abbiamo bisogno di cristiani solidi davanti a queste sfide, altrimenti è inutile e questo lo può fare solo la Chiesa, la comunione, la pace, l’amore. Questo è un miracolo. (vv)

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    Il premier cinese Wen Jabao in Pakistan

    ◊   Il premier cinese Wen Jabao è da oggi a Islamabad per una visita di tre giorni in Pakistan, dopo una missione appena conclusa in India. Ad accompagnare il leader di Pechino, che è stato ricevuto all'aeroporto dal collega pakistano, Yusouf Raza Gilani, è una delegazione di circa 200 imprenditori ed uomini d'affari. Oltre ai colloqui con lo stesso Gilani e con il presidente Asif Ali Zardari, il premier cinese domenica pronuncerà un discorso in parlamento. Il Pakistan è considerato da Pechino alleato di primo piano. Sui motivi di tali rapporti, Giada Aquilino ha intervistato Fernando Mezzetti, commentatore di politica asiatica:

    R. – Il Pakistan è alle spalle dell’India: in rapporto alla Cina, è geograficamente un bastione sull’altro lato dell’India. Trovo molto naturale che c’entri la geopolitica, così come è naturale che Wen Jabao, dopo la visita in India, sia andato in Pakistan proprio a sottolineare dov’è il vero impegno cinese, cioè nel sostegno al Pakistan per bilanciare l’India. La ragione principale del viaggio in India è di sviluppare i rapporti economici ma, in realtà, cercare di tranquillizzare Nuova Delhi. Si usa parlare del “dragone cinese” e dell’“elefante indiano” entrambi in sviluppo, anche se lo sviluppo cinese è infinitamente superiore a quello indiano. Lo scopo di Wen Jabao è quello di mandare un messaggio: che in Asia c’è posto per lo sviluppo di entrambi, sia dell’elefante sia del dragone, senza che la rivalità provochi tensione.

    D. – Eppure con l’India, nonostante le ribadite relazioni strategiche durante la tappa a New Delhi del premier cinese Wen Jabao, permangono le tensioni relative ai 3500 km di frontiera comune e al Kashmir...

    R. – In termini politici, la visita avviene proprio in un momento di tensioni più che mai vive e persistenti tra i due Paesi. La Cina non dimentica quello che è successo in Tibet nel 2008, che ha messo in pericolo la sua stabilità proprio ai confini con l’India, come pure il fatto che New Delhi sostenga il governo del Dalai Lama in esilio, ospitandolo sul proprio territorio. Così come l’India non può non notare lo sviluppo di infrastrutture difensive e militari cinesi proprio ai suoi confini – sappiamo bene che il difensivo è relativo: può anche avere un doppio scopo – e, al tempo stesso, il potenziamento della flotta cinese d’alto mare per cercare di controllare le vie d’acqua sull’Oceano Indiano: la Cina, infatti, importa ormai gran parte del suo fabbisogno energetico, sempre crescente – come il petrolio – dal Medio Oriente ed esporta molto verso tutto il mondo. Quindi, c’è una spinta naturale ad avere il controllo delle vie d’acqua e a intrattenere rapporti politici e militari con i Paesi che hanno i porti lungo le vie d’acqua. Quindi, da una parte, a nord, l’India sente su di sé l’incombere della potenza cinese, al confine con l’Himalaya, mentre a sud c’è una sempre crescente e maggior presenza militare e navale cinese nell’Oceano Indiano.

    D. – Le tv indiane hanno notato il silenzio del premier cinese sulla strage di Mumbai del 2008, considerata opera di un gruppo estremista pakistano. Che interessi ci sono tra Cina e Pakistan?

    R. – Il Pakistan si dice sostenga tacitamente alcuni tipi di militanza estremista musulmana. Ciò imbarazza molto la Cina, perché militanti musulmani sono presenti anche nel Xinjiang, che è l’estremo occidente cinese, una regione un tempo a maggioranza musulmana: questa maggioranza oggi è divenuta minoranza, per effetto di migrazioni interne. Questo è un elemento di frizione tra Cina e Pakistan: l’atteggiamento verso la militanza musulmana estremista. Ma, al tempo stesso, è l’elemento di sospetto di Nuova Delhi verso il Pakistan e verso la Cina stessa, che non condanna apertamente la strage di Mumbai, per non irritare il Pakistan, che è suo maggiore alleato e una parte dei cui servizi aveva appoggiato o aveva chiuso gli occhi di fronte all’organizzazione di quella strage. (ap)

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    Crolla il numero dei richiedenti asilo in Italia

    ◊   Dal 2002 al 2009, sono stati oltre 26 mila 400 i richiedenti asilo assistiti dagli enti locali. Eppure, secondo l'Unhcr, sono ancora troppe le persone che vivono in condizioni di difficoltà. Stamani, Anci e Ministero dell'interno hanno presentato il rapporto Spar, l’organismo che si occupa di dare protezione ai rifugiati. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Un lavoro prezioso da parte di 123 enti locali tra Comuni e province, ma che non sempre riesce a intercettare tutte le situazioni di disagio. Tra i 26.432 richiedenti protezione internazionale dal 2002, il 74% sono uomini. Dal 2005 ad oggi, poi, sono 529 i bambini nati da una mamma accolta nei progetti Spar. E proprio verso i più piccoli si sta concentrando l'attenzione degli enti locali, visto che nel 2006 i minori accolti erano 31 mentre nel 2009 sono stati ben 320. Le nazioni d'arrivo sono da anni le stesse, dunque: Eritrea, Somalia, Etipioa, Nigeria e Turchia. Le eccellenze nell’assistenza si trovano soprattutto nei comuni medio-piccoli. Flavio Zanconato, vicepresidente dell’Anci:

    “Noi siamo una struttura che accoglie e che sarebbe in grado di sviluppare ulteriormente il proprio lavoro, di estenderlo. Abbiamo però bisogno di maggiori risorse. Adesso sono più di mille le persone che hanno chiesto accoglienza e non siamo in grado di accoglierle e con risorse maggiori potremmo accoglierle tutte. Dovremmo avere maggiori risorse dallo Stato per poter svolgere quest’attività in modo più ampio”.

    Certo, la politica dei respingimenti non aiuta. Il numero richiedenti asilo in Italia è drasticamente crollato e in molti preferiscono andare in Gran Bretagna, Germania o Scandinavia perché lì hanno più tutele. Laurens Jolles, direttore dell’Unhcr per il Sud Europa:

    “Ciò vuol dire che coloro che hanno necessità e non sono riusciti ad entrare nel sistema Spar, hanno un problema. Basta infatti vedere alcune delle grandi città italiane, ad esempio Milano, Torino e Roma: ci sono delle persone che vivono nella marginalità, spesso in situazioni abbastanza deplorevoli”.

    Insomma, l’Italia può fare ancora molto per accogliere chi fugge da guerre e persecuzioni.

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    Tavola rotonda in vista del prossimo Meeting di Rimini

    ◊   “Verso il Meeting della Certezza”: questo il tema della tavola rotonda organizzata dal Meeting per l’Amicizia fra i Popoli ieri sera a Roma. Un’occasione per fare gli auguri di Natale e per approfondire il tema della “certezza” in vista del Meeting 2011 che si terrà, come di consueto, a Rimini dal 21 al 27 agosto e che avrà, appunto, come titolo: “E l’esistenza diventa un’immensa certezza”. Ad intervenire anche il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Debora Donnini ha intervistato la presidente del Meeting, Emilia Guarnieri.

    R. – Siamo in un tempo di incertezza, non solo nel senso che la situazione politica è incerta, che la situazione economica è incerta, ma è come si stesse logorando la certezza che l’uomo ha di sé. Siamo in un tempo in cui – il Santo Padre lo ricorda molto spesso – il relativismo sembra ormai dominare, invadere tutto fino a convincerci che in fondo, non esiste più neanche una certezza di sé. Quello che invece non solo sperimentiamo come esperienza personale che si rafforza quotidianamente nell’esperienza cristiana ma che incontriamo proprio nelle persone, è che esiste al fondo di ognuno la certezza del bisogno di vivere la propria vita con senso e con gusto.

    D. – Qualche esempio?

    R. – L’esempio recente è il Meeting che abbiamo tenuto con gli amici egiziani al Cairo alla fine di ottobre: amici egiziani, di religione musulmana, con personalità anche di peso, di impegno sociale, di livello politico e istituzionale rilevante. Quello che, insieme a loro, abbiamo verificato è che veramente l’esperienza del desiderio del cuore è qualcosa di certo che appartiene a tutti gli uomini. L’amico Wael Farouq, che ha avuto l’idea del Meeting al Cairo, diceva proprio che tutte le persone che hanno partecipato in Egitto, questi 200 volontari egiziani, avevano veramente consapevolezza di fare qualcosa per incrementare la certezza del loro desiderio e della loro domanda. Quindi la certezza da cui noi intendiamo partire è anzitutto la certezza che l’uomo ha di esserci.

    D. – Poi voi parlate anche della certezza della presenza di Gesù Cristo …

    R. – Certo! Proprio questa certezza del cuore, se è vera, è qualcosa che mette in moto. La prima cosa che accade all’uomo è rendersi conto che non si è fatto da solo e questo gli rende possibile l’incontro, da un lato, con chi possa rispondere alla sua domanda e dall’altro, con chi possa svelargli da chi è stato fatto, per chi vive. L’esperienza che il Meeting propone è proprio quella di un soggetto cristiano che si muove nella realtà e nella storia.

    D. – Sono intervenuti all’incontro anche il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, e Andrea Simoncini, docente di diritto costituzionale all’Università di Firenze. Perché avete scelto queste personalità?

    R. – Il cardinale Tauran interviene proprio sull’onda di questo grande tema dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso come esperienza di certezza e non di relativismo. Il professor Simoncini tratta il tema del diritto e dei diritti: infatti, oggi non si capisce più a che cosa abbia diritto l’uomo, e la grande confusione su questo argomento è una delle tante esche di cui si nutrono il relativismo e il nichilismo di oggi. (gf)

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    Chiesa e Società



    Iraq. Denuncia dell’Onu: “I cristiani costretti a fuggire”. Natale di paura per chi resta

    ◊   I cristiani continuano a scappare dall’Iraq per paura che si ripetano attentati come quello del 31 ottobre contro la chiesa Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Baghdad, in cui persero la vita due sacerdoti e oltre 50 fedeli. La denuncia, oggi a Ginevra, da parte dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite (Acnur), secondo il quale la Svezia nei giorni scorsi, avrebbe respinto con la forza, 20 rifugiati iracheni di confessione cristiana. “Un lento, ma costante esodo”: così Melissa Fleming, portavoce dell’Acnur, ha definito la progressiva fuga di cristiani dall’Iraq verso zone più sicure come la piana di Ninive o il Kurdistan, oppure, chi può, all’estero. Secondo una stima del 2009, i cristiani nel Paese sono tra i 5 e i 600mila tra caldei, siro-cattolici e siro-ortodossi. Oltre il 50% di essi, prima dell’attacco del 31 ottobre scorso, viveva nella capitale, ma forte era la presenza anche a Mosul, con una comunità di circa 50mila persone, ora ridotta a non più di 7-8mila. E proprio a Mosul, che è una delle città più colpite dalla violenza anticristiana, a Natale resteranno aperte solo tre chiese, con polizia ed esercito a presidiare la zona; saranno abolite le veglie notturne e mantenute solo le celebrazioni del 25, per ragioni di sicurezza. “I fedeli ormai hanno quasi tutti lasciato la città – è la testimonianza dell’arcivescovo mons. Emil Shimoun Nona – le Messe del 25 saranno celebrate in spirito di preghiera e condivisione verso le famiglie vittime degli attacchi anticristiani”. La situazione non è migliore a Kirkuk, come racconta all'agenzia Sir l’arcivescovo, mons. Louis Sako: “La strage degli innocenti ordinata da Erode che leggiamo nel Nuovo Testamento la viviamo sulla nostra pelle ogni giorno – ha detto - possiamo proteggere le chiese, ma non loro. Una volta usciti, infatti, sarebbero bersagli, tra l’altro anche riconoscibili dagli abiti della festa indossati”. Potranno, invece, assistere alla veglia di Natale, 100 profughi accolti nella parrocchia di Sulemanya, nel Kurdistan iracheno, dove la situazione è più tranquilla. (A cura di Roberta Barbi)

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    India: attacco vandalico a un santuario mariano di Guntkal

    ◊   Il santuario mariano di Nostra Signora della Salute a Guntkal, nella diocesi di Kurnool, in Andra Pradesh, è stato attaccato da vandali che hanno distrutto statue, simulacri e dipinti sacri. E’ quanto l’agenzia Fides apprende dalla Conferenza episcopale dell’India, che ha manifestato “preoccupazione dolore per gli episodi di violenza ai danni di strutture, luoghi e persone cristiane, che ancora si verificano con frequenza in India”. Le statue della Madre di Dio, di San Giovanni e di Maria Maddalena sono state sfigurate e decapitate. Il parroco locale, padre Rachumala Prakash Reddy, ha informato che domenica scorsa i fedeli che si erano recati in chiesa per la messa domenicale hanno costatato i danni compiuti dagli ignoti vandali. Mons. Anthony Poola, vescovo di Kurnool, deplorando l’incidente e confortando il parroco, ha chiesto alla comunità cristiana locale – che stava pianificando una manifestazione pubblica di protesta – di non reagire e di mantenere la calma per non rischiare di innescare una spirale di reazioni violente da parte di provocatori che cercano lo scontro interreligioso. Il vescovo ha invece annunciato che la comunità si riunirà in preghiera e celebrerà un Santa Messa, pregano per la pace e in riparazione degli atti dissacratori. Secondo i cristiani locali, l’attacco è riconducibile a esponenti di gruppi estremisti indù che non vedono di buon occhio l’opera dei cristiani nella area, fatto comune anche a molti altri stati dell’India. La Chiesa indiana ha comunque ribadito che “ nonostante gli episodi violenza e le sofferenze, i cristiani continueranno a pregare e operare per la pace e l’armonia nel paese”. La Chiesa di Nostra Signora della Salute è stata elevata a rango di santuario nel 1999. E’ meta di pellegrinaggi ed è visitata, ogni anno, da migliaia di persone fra fedeli cattolici e non. (R.P.)


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    Egitto. Il vescovo di Luxor: "Il dialogo è l'unica via contro le persecuzioni religiose"

    ◊   “La Chiesa da quando è nata, anche e soprattutto nella persona di Gesù Cristo, vive all’ombra della croce. Ma questa è la forza di noi cristiani, fin dalle persecuzioni dei primi martiri ai tempi dell’Impero romano” . E’ quanto dichiara all’agenzia Fides mons. Joannes Zakaria, vescovo dei copti cattolici di Luxor, in un primo commento del messaggio di Papa Benedetto XVI in occasione della Giornata mondiale per la pace 2011che si celebrerà il prossimo 1° gennaio. “Quindi - prosegue il presule Zakaria - non possiamo tacere sulle violazioni della libertà religiosa che avvengono in diverse parti del mondo. Penso non solo ad alcuni Paesi arabi e musulmani, ma anche a quello che avviene nel mondo induista, e nella stessa Europa dove forme di laicismo estremo minano l’annuncio cristiano. Il Santo Padre infatti lo ha ricordato anche nel Messaggio per la Pace ”. Il vescovo spiega che “per vivere in pace e in armonia tra persone di fedi diverse bisogna superare paure e diffidenze reciproche ed aprirsi al dialogo. Mi sembra infine - afferma il presule - che molti problemi, anche di rapporti interreligiosi, derivino dalla politica mondiale che, invece di favorire il dialogo tra i popoli, le culture e le fedi, promuove gli interessi di pochi grandi gruppi finanziari, che tendono a ridurre l’uomo ad un mero strumento e ad un semplice consumatore. Abbiamo bisogno - conclude il vescovo - di ritrovare la nostra umanità piena, anche per il bene del creato, minacciato da uno sfruttamento delle risorse naturali, che non solo inquina ma è anche disumano” . (C.P.)


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    Profughi eritrei nel Sinai: il Parlamento europeo chiede all'Egitto di attivarsi

    ◊   “Siamo molto contenti che il Parlamento europeo abbia rivolto un forte appello al governo egiziano. Visti i rapporti molto stretti tra l’Egitto e l’Ue, e tra l’Italia e l’Egitto, speriamo che la risoluzione del Parlamento europeo induca le autorità egiziane a muoversi”, anche se nella risoluzione “non è stata inclusa la nostra proposta, ossia permettere ‘l’evacuazione umanitaria’ dei rifugiati dall’Egitto all’Europa”. E’ il commento all'agenzia Sir di Christopher Hein, a proposito della risoluzione approvata ieri dal Parlamento europeo, che “sollecita le autorità egiziane a prendere tutte le misure necessarie per assicurarsi della liberazione degli eritrei tenuti in ostaggio” nel Sinai. Questo pomeriggio, riferisce Hein, avremo anche un incontro con l’ambasciatore d’Egitto presso la Santa Sede. “Noi pensiamo che anche l’Unione Europea dovrebbe fare la sua parte – precisa Hein -. Continueremo chiedere ‘evacuazione umanitaria’ dei profughi, perché pensiamo sia importante non lasciare sole le autorità egiziane e anche perché sappiamo che se gli ostaggi venissero liberati dai trafficanti rischierebbero di essere arrestati di nuovo dalle forze dell’ordine egiziane, come accaduto tante altre volte, visto che l’Egitto non garantisce protezione umanitaria per chi è costretto a fuggire dall’Eritrea, dall’Etiopia, dalla Somalia e da altri Paesi. Sappiamo abbastanza concretamente dove sono – sottolinea Hein - ma non possiamo certo fare un’azione nel territorio di uno Stato sovrano. Allora cerchiamo di informare e sensibilizzare l’opinione pubblica e politica in Italia e in Europa affinché a loro volta allarmino le autorità egiziane”. In diverse zone del Sinai vi sono circa un migliaio di migranti presi in ostaggio dai trafficanti, che chiedono loro riscatti esosi per la liberazione. Il gruppo con cui è in contatto quotidiano don Mosè Zerai, dell’agenzia Habeshia, è composto da 250 persone, di cui una ottantina provenienti dalla Libia, molti respinti del mar Mediterraneo. Una ottantina hanno pagato una quota di 500 dollari a testa per evitare di essere uccisi, ma nessuno ha potuto pagare gli 8.000 richiesti dai trafficanti per la liberazione. Vi sono anche donne incinte e bambini ma in una località diversa dalla baracca dove sono tutti gli altri. “Questa situazione – osserva Hein - è molto simile a quanto accade in Messico, al confine con il Texas, dove il sequestro di massa dei migranti per estorcere denaro dai familiari è oramai da tempo una micidiale prassi”. Il fatto che nel Sinai vengano sequestrati migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana, precisa, “è noto da tempo. Ma è forse la prima volta che, attraverso l’organizzazione delle comunità eritree, abbiamo più informazioni ed un allarme espresso da organizzazioni e politici”. (R.P.)


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    Nel mondo il matrimonio precoce è una forma di violenza e un abuso dei diritti umani

    ◊   Il Senato degli Stati Uniti ha appena adottato l' 'International Protecting Girls by Preventing Child Marriage Act', contro il matrimonio precoce di ragazze minorenni causa spesso di morte. In molti Paesi in via di sviluppo, infatti, le cause principali dei decessi tra le ragazze adolescenti sono le complicazioni relative alla gravidanza e al parto. Per le ragazze costrette a sposarsi a 14 anni o ancora prima - riporta l'agenzia Fides - la possibilità di morire nei mesi della gravidanza o al momento del parto è 5 volte superiore rispetto a quelle che si sposano tra i 20 e i 24 anni di età. Inoltre il matrimonio precoce comporta un alto rischio di contagio di Hiv/Aids. Da uno studio effettuato sulle ragazze tra i 15 e i 19 anni di Kisumu, in Kenya, risulta che circa il 33% di quelle sposate sono sieropositive, rispetto al 22.3% delle loro coetanee sessualmente attive, non sposate. In tutto il mondo, ci sono oltre 60 milioni di ragazze tra i 20 e 24 anni che si sono sposate prima di aver compito 18 anni. I matrimoni precoci e forzati sono considerati come una forma di violenza contro le donne e di violazione dei loro diritti. Secondo le attiviste dell'International Women's Health Coalition (Iwhc) manca una vera e propria educazione, devono essere smontati miti e preconcetti tra le tante famiglie che considerano le figlie femmine come un peso economico, o di nessun valore rispetto ai figli maschi. Alcune poi sono preoccupate che le figlie possano rimanere incinta prima del matrimonio e di conseguenza considerano quello precoce come una salvezza. In Asia, Africa e America Latina l'organizzazione è impegnata con le comunità locali per prevenire o eliminare queste forme di matrimoni. In Camerun e Nigeria, ad esempio, i partner dell'Iwhc stanno promuovendo incentivi e campagne per l'abolizione dei matrimoni precoci. (R.P.)


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    Australia: dolore dei vescovi per la tragedia del mare al largo delle coste del Paese

    ◊   La Chiesa australiana ritiene prematuro e pericoloso il rientro in patria dei rifugiati afgani attualmente ospitati in Australia. In questo senso si è espresso ieri mons. Joseph Grech, vescovo incaricato per i migranti della Conferenza episcopale, commentando la notizia dell’imminente firma di un accordo tra il governo australiano e le autorità di Kabul per il rimpatrio 300 rifugiati afgani di etnia Hazara. Secondo mons. Grech – riferisce l’agenzia Cns -, non esistono le condizioni per il loro rientro in Afghanistan “considerato ancora molto pericoloso”. Dello stesso tenore il giudizio del direttore dell’Ufficio migranti e rifugiati dei vescovi, padre Maurizio Pettina, secondo il quale non ci sono sufficienti informazioni sulla situazione in Afghanistan per decidere il loro rimpatrio. “Si tratta di persone che hanno validi motivi per fuggire dal loro Paese e bisognose di protezione internazionale”, si legge in una nota che chiede al governo australiano di “valutare attentamente” la decisione “considerato il numero crescente di arrivi in Australia da questa parte del mondo”. La vicenda del rimpatrio dei rifugiati afgani è salita agli onori delle cronache in concomitanza con la notizia della morte di 50 richiedenti asilo, in gran parte iracheni e iraniani, annegati ieri al largo delle coste australiane. L’imbarcazione sulla quale erano trasportati è affondata a 1.600 miglia da Perth. Secondo mons. Grech, questa ennesima tragedia dell’immigrazione conferma la complessità della questione dell’accoglienza dei richiedenti asilo: “Dobbiamo riconoscere che c’è gente che fugge da situazioni disperate e considerare seriamente i motivi che spingono queste persone a prendere la decisione di partire”, ha detto il presule. La Chiesa australiana è intervenuta più volte in questi anni sulle rigide politiche migratorie in vigore in Australia. Nelle mire dell’episcopato vi è, tra l’altro, la cosiddetta “Pacific Solution” che regola la valutazione delle domande degli immigrati clandestini prevedendo la detenzione dei richiedenti asilo in isole australiane, ma fuori dalla “zona di immigrazione”. In Australia dal 2001 sono arrivati più di 14.mila boat people, la metà dei quali ha ottenuto asilo. Secondo le ultime statistiche delle Nazioni Unite il numero dei richiedenti asilo nel Paese nel 2009 avrebbe subito un balzo del 30%. (L.Z.)


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    A Gerusalemme un incontro fra ebrei e cristiani sui frutti del Sinodo per il Medio Oriente

    ◊   Mercoledì scorso, si è svolto a Gerusalemme, presso la sede dell’Istituto per gli Studi israeliani, un incontro tra l’Assemblea degli ordinari cattolici in Terra Santa e il Centro di Gerusalemme per il dialogo tra ebrei e cristiani in cui si è parlato del Sinodo dei vescovi sul Medio Oriente, che si è svolto in Vaticano dal 10 al 24 ottobre scorsi. All’incontro hanno partecipato, tra gli altri, il nunzio apostolico in Israele, mons. Antonio Franco, il vicario patriarcale latino per Israele, mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, un rappresentante del Ministero dell’Interno, Cesar Marjieh e un rappresentante del Ministero degli Esteri, Bahij Mansour. Prima di iniziare i lavori, l’assemblea ha ricordato il fondatore del Centro di Gerusalemme per le relazioni tra ebrei e cristiani, scomparso il 3 novembre scorso, che ha molto contribuito a instaurare un dialogo tra le due grandi religioni. A intervenire all’incontro sono stati il vescovo ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme, William Shomali, il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, il patriarca vicario dei cattolici di espressione ebraica in Israele, padre David Neuhaus, il diacono Soubhi Makhoul, amministratore dell’esarcato maronita a Gerusalemme e Hana Bendcowsky per la Radio Vaticana. Infine, delle nuove sfide che si trova ad affrontare la Chiesa cattolica, ha parlato Amnon Ramon, ricercatore presso l’Istituto di Gerusalemme per gli studi israelitici; dell’urgente bisogno di una maggiore conoscenza in Israele sui cristiani, invece, ha parlato Rabbi Ron Kronish. (R.B.)

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    Haiti: l'impegno della Camillian task force nella regione di Jeremie colpita dal colera

    ◊   Continua l’azione della Camillian task force ad Haiti. Il gruppo, guidato da padre Scott Binet, da qualche tempo risiede nell’isola per portare soccorso sia alle persone rimaste senza casa a causa del terremoto del 12 gennaio, sia ai malati di colera della regione di Jeremie, dove raramente arrivano gli aiuti. “la situazione è peggiore di quanto pensassimo – ha raccontato all'agenzia Fides Theresia Sinaga, volontaria appena arrivata ad Haiti – un sacerdote del posto ci ha detto che la settimana scorsa sono morte 11 persone, ieri altre due e nell’unico ospedale della zona, a Irois, si registrano 375 casi sospetti”. (R.B.)

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    Colombia. Messaggio dei vescovi: "Natale sarà la guida per la ricostruzione"

    ◊   “La preparazione di questo anno per la festa del Natale è segnata dalla forza della natura che, a causa delle piogge torrenziali, ha terrorizzato milioni di colombiani, con una forza inusuale di distruzione”, afferma la Conferenza episcopale della Colombia in una lettera pastorale, inviata alla agenzia Fides e pubblicata in occasione di Natale. Il messaggio invita a ricordare a quanti sono morti nella frana di Bello e a tutti gli sfollati di Cundinamarca, Chocó e la regione Caribe, come anche della periferia di Bogotà e Medellin. Vengono ricordati anche le popolazioni che vivono sulla riva del fiume Cauca e Magdalena che hanno perso casa, lavoro e terreni. “Il Natale diventerà per le comunità che hanno perso tutto e che vivono in rifugi o accolti nelle case di amici e vicini, la forza e il coraggio di iniziare la via della ricostruzione dei loro progetti di vita personale e comunitaria. Il Natale sarà la luce per tutti i colombiani e ci farà da guida per impegnarci insieme nella ricostruzione delle regioni colpite”, continua il messaggio. I vescovi invitano tutti a compiere segni concreti di solidarietà e di vivere la spiritualità di Natale nelle case, nel quartiere o per strada condividendo con gli altri, in particolare con quelli che vivono in solitudine, nell’estrema povertà, che sono sfollati o che sono vittime di violazioni dei loro diritti. Il messaggio conclude invitando alla preghiera perché cessi definitivamente il flagello della violenza, dei sequestri, dell’ingiustizia. A tal fine i vescovi invitano i fedeli a pregare per i gruppi armati e per i governanti, per avere la pace e una patria fraterna e solidale. Il documento è firmato da mons. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá e presidente della Conferenza episcopale della Colombia. (R.P.)

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    Guatemala: Chiesa e società civile contro violenza e impunità

    ◊   Sono oltre 62.000 i guatemaltechi assassinati dalla fine della lunga guerra civile cominciata nel 1960 e terminata con gli accordi di pace del 29 dicembre 1996 con un bilancio di oltre 250.000 morti. E chi si batte per difendere i diritti umani in Guatemala, paga in prima persona, come Emilia Quan Stackman, sociologa, 33 anni, sequestrata e uccisa nei giorni scorsi a Paquix, nel dipartimento di Huehuetenango: un crimine commesso in un Paese in cui, secondo la Corte internazionale contro l’impunità, il 98% degli omicidi non viene investigato. “La violenza crescente ha diverse origini. Tra queste, anche le politiche portate avanti dai diversi governi:” dice all'agenzia Misna Nery Rodenas, direttore dell’Ufficio per i diritti umani dell’arcivescovado di Guatemala (Odhag), già guidato da mons. Juan José Gerardi Conedera, assassinato il 26 aprile 1998, due giorni dopo aver diffuso il rapporto sulle atrocità della guerra ‘Guatemala nunca más’ (Guatemala mai più). Proprio uno studio recente dell’Odhag ha documentato che dall’arrivo della pace, le vittime della violenza sono costantemente salite: durante l’amministrazione del presidente Álvaro Arzú (1996-2000) se ne sono contate 13.582; sotto Alfonso Portillo (2000-2004) 14.000 e col suo successore Oscar Berger 21.511. “Durante il mandato di Berger sono state effettuate molte azioni repressive e commesse esecuzioni arbitrarie. Per questo tra i governi di Portillo e Berger c’è un aumento del 53% degli omicidi. Tra il governo di Berger e quello attuale del presidente Alvaro Colom l’aumento si è mantenuto ma, secondo il nostro studio, pari al 14%” aggiunge Rodenas. E’ sbagliato, tra l’altro, credere – osserva il direttore dell’Odhag – che la violenza “sia un’esclusiva delle classi meno abbienti. Certamente esiste molta violenza nei settori esclusi, dove hanno origine le ‘maras’ (o ‘pandillas’, bande criminali giovanili diffuse in tutto il Centroamerica), ma è una percentuale minore rispetto al crimine organizzato, da cui si origina la maggior parte della violenza”. Per frenarla, dice ancora Rodenas, “bisogna rendere operativo il sistema dell’amministrazione della giustizia”. Il cosiddetto ‘Accordo nazionale per il progresso della sicurezza e della giustizia’, firmato nel 2009 dai responsabili dei tre poteri dello Stato e dal procuratore generale, include ben 101 punti relativi alla riforma dell’amministrazione giudiziaria, “ma secondo un recente rapporto – evidenzia il direttore dell’Odhag - solo il 14% di questi punti sono stati applicati. L’arcivescovo metropolitano, il cardinale Rodolfo Quezada, e personalità come il procuratore dei diritti umani Sergio Morales, il rettore dell’Università statale di San Carlos Eduardo Gálvez e il presidente dell’Alleanza evangelica del Guatemala Jorge Morales, hanno accettato di entrare nella commissione di verifica dell’accordo ma si sono ritirati constatandone il mancato rispetto. Bisogna riprendere questo accordo – conclude Rodenas - per compiere quelle riforme istituzionali essenziali per lottare con più efficacia contro la delinquenza e l’impunità. Ma sono necessari cambiamenti profondi per rafforzare l’inclusione sociale”. (R.P.)


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    Perù: l'arcidiocesi di Huancayo proclama il 2011 anno dell’Azione sociale della Chiesa

    ◊   L’arcidiocesi di Huancayo, ha proclamato il 2011, anno dedicato all'azione sociale a favore dei poveri, i sofferenti, i diseredati dalla società, in base alle indicazione della Dottrina Sociale della Chiesa. Lo ha annunciato mons. Pedro Barreto, arcivescovo di Huancayo, nella celebrazione della Giornata della Chiesa diocesana, nel fare un bilancio dell’Anno della Comunione (2010). In questa occasione - riferisce l'agenzia Fides - mons. Barreto ha esposto le attività programmate per il 2011. Il presule ha ricordato che il documento di Aparecida indica alle Chiese locali la missione di promuovere un rinnovato impegno a rafforzare una pastorale sociale strutturata, in modo organizzato ed integrale. La pastorale sociale deve in particolare prestare primaria attenzione alle realtà di esclusione e di emarginazione dei gruppi sociali più vulnerabili. A questo proposito, l’arcivescovo di Huancayo ha ricordato che i vicariati dovrebbero promuovere attività delle comunità parrocchiali specialmente nelle zone più remote e più dimenticate, “dove molti dei nostri fratelli hanno bisogno tutti i giorni della nostra solidarietà e del nostro sostegno”. Mons. Barreto ha infine annunciato che nei prossimi mesi darà priorità ai giovani. A tal fine sono in corso di preparazione eventi speciali come concerti, incontri, conferenze e un Congresso a livello arcidiocesano. In questo modo la Chiesa in Huancayo si prepara ad affrontare le sfide pastorali fino al 2015 sotto la guida della Missione Continentale. (R.P.)


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    Sud Sudan: Medici Senza frontiere interviene per far fronte all'epidemia di Kala azar

    ◊   A poche settimane dal referendum sulla secessione del 9 gennaio, contenere la peggiore epidemia di Kala azar degli ultimi otto anni è una sfida quotidiana. La gravità di questa epidemia è solo uno dei sintomi dell’ampia crisi medico-umanitaria che sta affrontando la regione, con una profonda mancanza di accesso all’assistenza sanitaria, oltre alla malnutrizione cronica, alle frequenti insorgenze di malattie prevenibili e all’insicurezza che allontana le comunità e consuma vite umane. Il Kala azar, o leishmaniosi viscerale, è una malattia tropicale dimenticata che si contrae attraverso la puntura di un insetto, vettore del parassita, ed è endemica nel Sud Sudan. I sintomi comprendono l’ingrossamento della milza, febbre, debolezza e debilitazione fisica. Prospera nelle zone povere, remote e instabili con un limitato accesso alle cure mediche. “Con il Kala azar, salvare le vite è una lotta contro il tempo. Tuttavia è una lotta spesso persa prima ancora che cominci, perché tre quarti della popolazione non ha accesso alle cure mediche di base e il debole sistema sanitario non riesce a far fronte a tali emergenze”, dichiara Elin Jones, coordinatore dell’organizzazione umanitaria di Medici Senza Frontiere(Msf). Se non curato, il Kala azar è mortale in quasi il 100% dei casi, ma se presa in tempo, la guarigione è assicurata nel 95% dei casi. Alla fine di novembre, Msf aveva già curato 2.355 persone per la malattia nelle regioni dell'Upper Nile, Unity e Jonglei, un numero di pazienti otto volte superiore a quello registrato nello stesso periodo dello scorso anno. L’attuale diffusione è stata ulteriormente aggravata dal fatto che il sistema immunitario delle persone era già indebolito per via dei crescenti tassi di malnutrizione di quest’anno. Nei primi dieci mesi del 2010, Msf ha ricoverato nelle proprie cliniche 13.800 persone affette da malnutrizione severa, il 20% in più rispetto al 2009 e il 50% in più rispetto allo stesso periodo del 2008. Inoltre decine di migliaia di persone stanno rientrando in Sud Sudan dal Nord Sudan e dall’estero, in tempo per il prossimo referendum di gennaio e di conseguenza saranno esposti a malattie endemiche nel Sud come la malaria, il morbillo, la meningite e la tubercolosi. Inoltre, l’insicurezza rimane una realtà costante in Sud Sudan. Nel 2010 sono state uccise più di 900 persone e 215.000 persone sono sfollate a causa delle violenze tra tribù rivali.“Mentre il mondo ha gli occhi puntati sulla politica per l’imminente referendum, non bisogna perdere di vista le persone che sprofondano da un’emergenza ad un’altra”, dichiara Rob Mulder, capo missione di Msf in Sud Sudan. “Il Paese rimane immerso in una crisi umanitaria e, poichè ci vorranno anni perché si costituisca un sistema sanitario che funzioni, bisogna rispondere ai bisogni della popolazione per quanto riguarda cibo, riparo e cure mediche. Sarà necessaria una forte risposta all’emergenza da parte del governo e dalla comunità internazionale”. Msf fornisce assistenza medico-umanitaria d’emergenza in Sudan dal 1979. Al momento Msf gestisce 27 progetti in 13 stati del Paese, fornendo una vasta gamma di servizi incluse cure mediche di primo e secondo livello, risposta alle emergenze quando si manifestano, supporto nutrizionale, assistenza ostetrica, trattamento per il Kala azar, assistenza psicologica, chirurgia e pediatria.(C.P.)


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    Il cardinale Bagnasco ai parlamentari italiani: “non rinunciare mai al dialogo”

    ◊   Un invito a non rinunciare mai al dialogo con gli altri e a mantenere la volontà di dialogare: “quando tale volontà è inquinata, allora non c’è neppure desiderio di ascoltare, di sforzarsi di capire l’altro, di porsi dal suo punto di vista, di dirgli qualcosa di significativo. Allora nasce un dialogo tra sordi e tutto tende a essere distorto, a volte urlato nei toni, nei modi e nelle parole”. Così il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, si è rivolto ai parlamentari italiani durante la Messa celebrata per loro in vista del Natale, nella chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza a Roma. Il porporato, riferisce l'agenzia Sir, ha ricordato che Paolo VI definiva la politica “la forma più alta di carità”; il mondo politico è chiamato a essere “un punto di riferimento dell’arte del dialogo”, deve “saper guardare alto e lontano”. La qualità più grande che un politico deve possedere, è “quel senso di umanità e di moderazione” che costituisce l’anima della gente, un’anima “non generata dallo Stato, perché lo precede – ha concluso il cardinale – quest’anima, però, lo Stato ha il compito di preservarla e di promuoverla. È un patrimonio spirituale che non può essere dilapidato, ma solo custodito e incrementato, consapevoli che, se venisse a mancare, lo Stato s’impoverirebbe fino a ridursi a una burocrazia mercantile, forse efficiente ma senza vita”. (R.B.)

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    La Chiesa cattolica Ucraina al fianco del comitato che protegge la moralità

    ◊   La richiesta di non chiudere il comitato nazionale di esperti che si occupano della protezione della pubblica moralità, è giunta al presidente ucraino Viktor Janukovi dall’arcivescovo maggiore di Kyiv-Haly, cardinale Lubomyr Husar, a capo della Chiesa greco-cattolica del Paese. La preoccupazione del porporato, riferisce L’Osservatore Romano, riguarda soprattutto bambini e giovani, che sono i soggetti più a rischio di essere minati da una corruzione morale “seminata a profusione” anche dai media. Il comitato in questione, formato nel novembre 2003, lavora a stretto contatto con il Consigilio delle Chiese e delle organizzazioni religiose di tutta l’Ucraina. (R.B.)

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    In Germania aprirà a breve la prima scuola multireligiosa della Germania

    ◊   In Germania aprirà a Osnabrück, terza città per popolazione della Bassa Sassonia, la prima scuola multireligiosa della Germania, frequentata da bambini di fede cristiana, ebraica e musulmana. Lo ha deciso — riferisce l'Ansa — il Consiglio comunale della città, con 25 voti a favore e 21 contrari, come ha annunciato ieri la responsabile per le scuole, Rita Maria Rzyski. Secondo i programmi, preparati dalla diocesi di Osnabrück in collaborazione con la comunità ebraica e l’associazione dei musulmani della Bassa Sassonia, dal prossimo anno scolastico 2011-2012 partirà la scuola elementare. I bambini avranno la possibilità di studiare insieme, conoscere la religione e le tradizioni delle altre fedi e celebrare insieme le festività religiose. Il progetto operativo verrà delineato prossimamente da una commissione già creata per questo scopo.(C.P.)


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    24 Ore nel Mondo



    Alta tensione tra le due Coree. Pyongyang: il conflitto è solo questione di tempo

    ◊   Sempre più concreta la minaccia di un conflitto tra le due Coree. Fonti nordcoreane affermano che “la guerra nella penisola coreana è soltanto questione di tempo”. Se scoppierà il conflitto - aggiunge il sito governativo - si arriverà alla "guerra nucleare". Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La Corea del Nord attaccherà la Corea del Sud se il governo di Seul, come annunciato, darà avvio prossimamente a nuove esercitazioni di artiglieria sull’isola di Yeonpyeong, bombardata recentemente dal Nord. A riferirlo è l’agenzia di stampa nordcoreana Kcna. Le autorità nordcoreane hanno anche dichiarato che “un’eventuale nuova guerra con la Corea del Sud non potrà che essere di tipo nucleare” e non sarà limitata alla penisola coreana. Il sito governativo di Pyongyang ‘Uriminzokkiri’ sottolinea poi che “non si tratta di capire se ci sarà guerra o pace nella regione coreana, ma di stabilire quando scoppierà il conflitto”. Sull’altro versante, il bombardamento nordcoreano sull’isola di Yeonpyeong, avvenuto lo scorso 23 novembre e costato la vita a quattro persone, ha provocato crescente allarmismo in tutta la Corea del Sud. Il governo sudcoreano ha precisato inoltre che le annunciate manovre militari di artiglieria sull’isola di Yeonpyeong erano già previste da tempo. Ieri, intanto, si è svolta in Corea del Sud la più importante esercitazione di difesa civile degli ultimi decenni. Decine di migliaia di persone hanno simulato un’evacuazione di massa. L’intelligence sudcoreana denuncia infine, da parte del governo di Pyongyang, la costruzione di un nuovo tunnel sotterraneo per test nucleari.

    Pakistan, 26 morti per raid americani nel nord
    Tre attacchi compiuti nelle ultime ore da aerei da combattimento americani nel Khyber, area tribale nel nord ovest del Pakistan, hanno provocato la morte di almeno 26 persone. E’ quanto rendono noto fonti di sicurezza pachistane aggiungendo che obiettivo dei raid sono state basi di guerriglieri talebani e di militanti di al Qaeda. La maggior parte delle vittime apparteneva al movimento ultra-integralistico ‘Tehreek-i-Taliban’, la principale formazione dei talebani attiva in Pakistan.

    Processo di pace israelo-palestinese
    La ripresa dei negoziati di pace israelo-palestinesi è condizionata ad un’offerta seria che garantisca la fine del conflitto. E’ quanto si legge in un documento firmato dai ministri degli Esteri della lega Araba, riuniti al Cairo. Intanto, Unione Europea e Stati Uniti hanno ribadito il loro “impegno” per la creazione di uno Stato palestinese sovrano e di uno Stato d’Israele di cui sia garantita la sicurezza.

    Consiglio europeo: varato fondo salva Stati ma niente eurobond
    A Bruxelles seconda giornata del Consiglio europeo, che ieri ha dato il via libera alla creazione di un Fondo salva-Stati permanente a partire dalla metà del 2013 e alle necessarie modifiche del Trattato di Lisbona. I lavori sull’accordo intergovernativo che istituisce il futuro meccanismo finanziario salva-Stati dovranno essere ultimati entro marzo. Nulla di fatto, invece, sull’emissione di titoli europei, gli eurobond, soprattutto per la contrarietà di Francia e Germania. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha dichiarato che “gli eurobond non eliminerebbero le debolezze in Europa mentre eliminerebbero la pressione sugli stati indebitati per risanare i propri bilanci”. Di parere diverso, invece, il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, secondo cui l’emissione di euro-obbligazioni è un'ipotesi che “merita di essere studiata nella sua fattibilità”.

    Irlanda declassata da Moody’s
    L’agenzia internazionale Moody’s ha ridotto di cinque livelli il rating dell’Irlanda. La decisione è stata presa per le passività delle banche, l’accresciuta incertezza del quadro economico e il declino della forza finanziaria di Dublino. Lo scenario irlandese - spiega Moody’s - potrebbe ulteriormente peggiorare nel caso in cui la crescita dovesse dimostrarsi inferiore a quanto previsto e se i costi per riportare la stabilità nel sistema bancario nazionale dovessero superare le stime. L’Irlanda, intanto, ha ottenuto il via libera del Fondo Monetario Internazionale per il versamento del prestito da 22,5 miliardi di Euro. L’operazione fa parte del pacchetto di salvataggio da 85 miliardi cofinanziato dai Paesi dell’Eurozona attraverso il Fondo europeo di stabilizzazione e dai prestiti bilaterali di Gran Bretagna, Danimarca e Svezia.

    Wikileaks: Assange libero
    Julian Assange, fondatore del sito del sito Wikileaks, è uscito ieri dal carcere, dopo il no dell’Alta Corte di Londra al ricorso della Svezia che contestava la libertà su cauzione. "La giustizia britannica non è morta", ha detto Assange, aggiungendo che continuerà a battersi per la sua innocenza e che da domani riprenderà a lavorare. Oltre al pagamento di 200 mila sterline, il giudice ha stabilito l’obbligo di firma ogni giorno in commissariato e l'uso di un braccialetto elettronico. La Svezia chiede l'estradizione per presunti reati sessuali.

    Stati Uniti, la Camera approva piano di sgravi fiscali
    La Camera dei Rappresentanti americana ha approvato il piano di sgravi fiscali approntato dal presidente Barack Obama d’intesa con i repubblicani. Il pacchetto di misure finanziarie, per complessivi 858 miliardi di dollari, è teso a rilanciare l'economia statunitense dopo la crisi economica globale. La legge prevede l'estensione per due anni a tutti i cittadini statunitensi degli sgravi fiscali adottati nel 2001 e nel 2003, il prolungamento per 13 mesi dei sussidi di disoccupazione, e una riduzione delle trattenute fiscali sugli stipendi e delle tasse pagate dalla società.

    Usa, eseguita pena capitale con veleno per animali
    Negli Stati Uniti, è stata eseguita ieri la prima condanna a morte con un veleno per animali. Lo Stato dell’Oklahoma ha stabilito di ricorrere a questo strumento di morte per l’impossibilità di reperire il Sodium Thiopental, il sedativo utilizzato nelle esecuzioni capitali. L’uomo ucciso con veleno per animali si chiamava John David Duty, di 58 anni. Le sue ultime parole sono state indirizzate alla famiglia di Curtis Wise, il compagno di cella che ha ucciso: “Desidero presentare le mie scuse. Spero che un giorno potrete perdonarmi. Grazie Signore Gesù, sono pronto a rientrare nella tua casa”.

    Scioperi in Grecia
    In Grecia non si fermano le proteste. Oggi sarà la volta dei medici ospedalieri e per la fine settimana è prevista la protesta dei giornalisti. Ieri sono rimasti bloccati i trasporti pubblici. In sciopero per 24 ore metropolitane, autobus e treni contro riforme e privatizzazioni del settore. Mercoledì scorso, durante manifestazioni violente contro la politica economica e di austerity del governo, i manifestanti hanno lanciato ad Atene bombe carta contro la polizia e l’ex ministro conservatore Hatzidakis, lievemente ferito, è stato costretto a rifugiarsi in un edificio.

    Ucraina, rissa in Parlamento
    Nel Parlamento ucraino è scoppiata ieri sera una rissa che si è conclusa con cinque deputati finiti al pronto soccorso. L’episodio è avvenuto quando gli oppositori del governo hanno fisicamente bloccato il lavoro dell’esecutivo occupando i banchi dell’aula. In pochi minuti la situazione è degenerata e i politici sono arrivati ben presto alle mani. Gli oppositori, appartenenti al partito di Julia Tymoshenko hanno contestato al governo di Viktor Yanukovich, filorusso, di voler mettere da parte la Tymoshenko. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 351

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