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Sommario del 09/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Omaggio all'Immacolata. Il Papa: siamo tutti figli di Dio, senza distinzione di nazionalità, colore o lingua
  • Ripresi i colloqui tra la Santa Sede e l’Olp
  • Presentato il nuovo Museo di Propaganda Fide, 400 anni di storia missionaria e di capolavori d'arte esposti al pubblico
  • Mons. Vegliò: sostanziale fallimento della Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Bce: economia in ripresa nell'eurozona, ma preoccupa il debito pubblico
  • Cile: 83 detenuti morti tra le fiamme. Il cardinale Errázuriz: piena emergenza nelle carceri
  • Giornata contro la corruzione. Ban Ki-moon: una piaga che minaccia sviluppo e democrazia
  • Veglia con il cardinale Bagnasco per la Solennità della Vergine di Loreto
  • La Comunità di Sant'Egidio presenta la "Guida dei poveri": in Italia urgono politiche per la famiglia
  • Alla Lateranense l'anteprima del film di Susanne Bier "In un mondo migliore"
  • Chiesa e Società

  • Giornata per i Diritti umani: si moltiplicano gli appelli per la liberazione di Asia Bibi
  • Congo: ucciso un seminarista gesuita alla periferia di Kinshasa
  • Bomba in una chiesa di Central Java in Indonesia: l’arcivescovo esorta alla calma
  • Indonesia: i leader religiosi chiedono un impegno più deciso contro la corruzione
  • India: severa condanna della Chiesa all'attentato di Varanasi
  • Unicef: ancora lontana la fine della crisi per i bambini del Pakistan
  • Rapporto sulle discriminazioni dei cristiani in Europa
  • Australia: l’assemblea dell’episcopato ricorda le iniziative per sostenere i cristiani in difficoltà
  • Dramma degli ostaggi africani nel Sinai. Don Zerai: sale la paura
  • Somalia: in migliaia a rischio per la grave siccità che ha colpito la regione di Mudug
  • Burkina Faso: i vescovi chiedono ai politici un maggior impegno per il bene comune
  • Vietnam: montagnard in preghiera picchiati e minacciati dalla polizia
  • Un Forum per contrastare la tratta delle persone in Cambogia
  • Celebrata nelle case guanelliane dell'India la Giornata mondiale dei disabili
  • Irlanda: misure eccezionali contro la crisi. Chiesa impegnata nel sostenere la popolazione
  • Vescovi del Portogallo: "nella crisi economica riscoprire la carità cristiana"
  • Hong Kong: Seminario dei gesuiti per commemorare padre Matteo Ricci
  • I giovani di Taizé in Cile per l’incontro internazionale in America Latina
  • Filippine: giunte domenica nel Paese le reliquie di Don Bosco
  • Terra Santa: tavole rotonde su Natale e temi sociali
  • Presentazione del libro “La fede dei piccoli” con prefazione di mons. Georg Ratzinger
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’Onu: Israele rispetti gli obblighi sulle colonie
  • Il Papa e la Santa Sede



    Omaggio all'Immacolata. Il Papa: siamo tutti figli di Dio, senza distinzione di nazionalità, colore o lingua

    ◊   Siamo tutti figli di Dio, “una grande famiglia” senza distinzione di nazionalità, di colore o di lingua: con queste parole, ieri pomeriggio, Benedetto XVI ha reso il tradizionale omaggio alla statua dell’Immacolata di Piazza di Spagna, a Roma. Il messaggio di Maria, ha ribadito il Papa, è quello di fiducia e speranza per il mondo intero. Al suo arrivo, il Santo Padre è stato accolto dal cardinale vicario, Agostino Vallini, dal sindaco della città, Gianni Alemanno, e da tantissimi fedeli. Il servizio di Isabella Piro:

    (canto)

    È un sole pallido quello che colora Piazza di Spagna all’arrivo del Papa, un sole che esce a fatica dalle nubi gonfie di pioggia, ma che scalda i tantissimi fedeli e pellegrini radunati ai piedi di Maria. D’altronde Benedetto XVI lo ricorda: quello che si riceve dalla Madre di Dio è sempre molto di più rispetto a quello che si offre. Perché Maria ci parla con la Parola di Dio e il suo messaggio è Gesù:

    "Maria ci dice che siamo tutti chiamati ad aprirci all’azione dello Spirito Santo per poter giungere, nel nostro destino finale, ad essere immacolati, pienamente e definitivamente liberi dal male. Ce lo dice con la sua stessa santità, con uno sguardo pieno di speranza e di compassione, che evoca parole come queste: 'Non temere, figlio, Dio ti vuole bene; ti ama personalmente'".

    È rivolto a tutti il messaggio di Maria, continua il Papa, “anche a chi non ci pensa, a chi non ricorda neppure la Festa dell’Immacolata, a chi si sente solo e abbandonato”, perché lo sguardo di Maria “è lo sguardo di Dio su ciascuno”:

    "Anche se tutti parlassero male di noi, lei, la Madre, direbbe bene, perché il suo cuore immacolato è sintonizzato con la misericordia di Dio. Così lei vede la Città: non come un agglomerato anonimo, ma come una costellazione dove Dio conosce tutti personalmente per nome, ad uno ad uno, e ci chiama a risplendere della sua luce. E quelli che agli occhi del mondo sono i primi, per Dio sono gli ultimi; quelli che sono piccoli, per Dio sono grandi".

    La Madre di Dio è Colei che conosce più di tutti la potenza della grazia divina, afferma Benedetto XVI, e sa che nulla è impossibile a Dio, “capace addirittura di trarre il bene dal male”:

    "Ecco, cari fratelli e sorelle, il messaggio che riceviamo qui, ai piedi di Maria Immacolata. È un messaggio di fiducia per ogni persona di questa Città e del mondo intero. Un messaggio di speranza non fatto di parole, ma della sua stessa storia: lei, una donna della nostra stirpe, che ha dato alla luce il Figlio di Dio e ha condiviso tutta la propria esistenza con Lui!"

    Il nostro destino, allora, è proprio questo: essere santi come Dio Padre, essere immacolati come Gesù:

    "…essere figli amati, tutti adottati per formare una grande famiglia, senza confini di nazionalità, di colore, di lingua, perché uno solo è Dio, Padre di ogni uomo".

    Infine, il Papa chiede a Maria il conforto per i malati, il coraggio per i giovani, il sostegno per le famiglie, affinché tutti abbiano la forza di “rigettare il male e scegliere il bene”, anche quando questo “costa e comporta l’andare contro-corrente”.

    (canto)

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    Ripresi i colloqui tra la Santa Sede e l’Olp

    ◊   Sono ripresi martedì scorso, a Ramallah, presso la sede del presidente palestinese Mahmoud Abbas, i colloqui fra la Santa Sede e l’Olp in seguito all’Accordo Fondamentale del 2000. “I colloqui – riferisce un comunicato congiunto - sono volti al conseguimento di un accordo internazionale complessivo che regoli e promuova la presenza e le attività della Chiesa Cattolica nei Territori Palestinesi, per rafforzare le speciali relazioni tra la Santa Sede e l’Olp”. I colloqui sono stati presieduti congiuntamente da mons. Ettore Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, e dal sig. Ziad Al-Bandak, consigliere del presidente per le Relazioni con i Cristiani. “I colloqui – prosegue il comunicato - si sono svolti in un’atmosfera cordiale. Entrambe le parti hanno concordato di stabilire un gruppo di lavoro che elabori il summenzionato accordo complessivo”. La delegazione della Santa Sede era composta da: mons. Antonio Franco, delegato apostolico a Gerusalemme e in Palestina; mons. Salim Sayegh, vicario generale del Patriarcato Latino ad Amman; mons. Maurizio Malvestiti, sotto-segretario della Congregazione per le Chiese Orientali; mons. Alberto Ortega, officiale della Segreteria di Stato; mons. Waldemar Sommertag, consigliere della Delegazione Apostolica a Gerusalemme; dott. Ghassan Faramand, consigliere legale e padre Emil Salayta, presidente del Tribunale Ecclesiastico in Gerusalemme. La delegazione palestinese era composta da: dott. Nabil Shath, membro del Comitato Centrale; sig. Nimer Hamad, consigliere del presidente; l’ambasciatore Shawqi Armali; dott. Ramzi Khouri, capo del Fondo Nazionale Palestinese; dott. Bernard Sabella, membro del Consiglio Legislativo Palestinese; e sig. Issa Kassissieh, vice-capo del Dipartimento per i Negoziati.

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    Presentato il nuovo Museo di Propaganda Fide, 400 anni di storia missionaria e di capolavori d'arte esposti al pubblico

    ◊   Uno scrigno di spiritualità missionaria, di arte figurativa e di etnografia antico di 400 anni e per la prima volta aperto al pubblico. E’ il nuovo Museo Missionario di Propaganda Fide, presentato stamattina ai media da padre Massimo Cenci, sottosegretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e dal prof. Francesco Buranelli, segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Un’esposizione di circa 1250 metri quadrati ricca di capolavori e di reperti che raccontano la storia dell’incontro del Vangelo con le culture dei cinque continenti. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Che cosa fosse la "mission" di una istituzione culturale – termine anglosassone oggi tanto in voga – i Papi mecenati lo sapevano già 500 anni fa: vuol dire avere un “progetto educativo” e un “mondo da rappresentare”, comunicati con un preciso “stile”. Ancor più chiara allora è la finalità culturale e artistica di un Museo che nasce nel cuore di un organismo vaticano che dal 1627 ha per “mission” l’annuncio del Vangelo. Il prof. Buranelli lo ha illustrato con chiarezza, spiegando che nell’immaginare il nuovo percorso museale lo spirito di fondo è stato dettato dall’insegnamento di Cristo agli Apostoli: “Euntes docete omnes gentes”, andate e insegnate a tutte le genti:

    “La missione si identifica in qualche modo nel materiale e nel nome del Museo Missionario di Propaganda Fide, perché oggi un museo moderno non è altro che un luogo di incontro e di confronto tra culture. Allora cosa potesse essere più favorevole che non recuperare tutto un patrimonio che era conservato qui nel dicastero, frutto di questo incontro di culture? Noi abbiamo una sezione di quadri italiani, romani, di grandissimo valore artistico e, allo stesso tempo, abbiamo documenti, opere, dipinti che i missionari o le missioni hanno mandato a Roma. Per cui è un museo molto eclettico. Non deve scioccare, quindi, se abbiamo dipinti giapponesi o zanne d’avorio africane vicini ai grandi nomi dell’arte italiana”.

    All’interno del Palazzo di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, teatro di una “sfida” a distanza tra due geni dell’architettura seicentesca come il Bernini e il Borromini, una delle prime tappe è tecnologica: un database permette di consultare oltre 10 mila fotografie dell’Agenzia Fides che documentano decenni di viaggi missionari, restituendone la dimensione apostolica e insieme avventurosa. E poi disegni e rapporti di viaggio, lettere e stampe, e le migliaia di volumi, molti dei quali antichissimi, della “Biblioteca Barberini” accompagnano il visitatore in un percorso dove a ogni passo si può ammirare la mano di un artista, magari sconosciuto, di una lontana terra d’Africa o d’Oriente, fino alle grandi tele sei-settecentesche di un Salvator Rosa o di Jan Frans Von Bloemen. Tutto raccolto e catalogato all’insegna di quel processo che un missionario mette in atto quando annuncia il Vangelo in una realtà che ancora non lo conosce, l’inculturazione:

    “E’ uno degli aspetti del Museo. Oggi, in termini - direi - più laici, potremmo dire che ha un fortissimo valore etno-antropologico, ma è poi la stessa cosa. E’ un museo dove si vive questo incontro di culture, che venne fatto dai missionari con il rispetto e con la valorizzazione delle culture del posto; con la valorizzazione delle differenze e delle uguaglianze in un mondo che - purtroppo - con la globalizzazione se da una parte ha portato ricchezza e maggiore conoscenza reciproca, dall’altra parte ha livellato tutte quelle che erano le differenze e i valori di ogni cultura”.

    Padre Massimo Cenci, religioso del Pontificio Istituto Missioni Estere, per un certo tempo missionario in Amazzonia, ha puntualizzato in conferenza stampa, moderata dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che una tale ricchezza culturale e artistica può essere compresa solo se entrando nel Museo di Propaganda Fide non si dimentica che il bello in esposizione è figlio di un’anima e di una tradizione pastorale:

    D. - A noi interessava soprattutto riaffermare e presentare l’identità, il significato, il senso della Congregazione missionaria che è Propaganda Fide. Ci sembrava quindi importante includere tutto un percorso che ripropone, in fondo, tutta la bellezza della vita missionaria della Chiesa. La Chiesa è fatta per l’uomo: Dio si dà all’uomo per salvarlo. E proprio il bellissimo momento di proposta che il Santo Padre ha fatto ieri in Piazza di Spagna sintetizza proprio il cuore della missione.

    D. - Questo percorso all’interno di un Museo che mostra la vitalità antica della Chiesa missionaria può essere considerato un viatico per il presente e il futuro della missione della Chiesa?

    R. - Io spero proprio in un rilancio della missione, che questa bellezza entusiasmi la gente, che dia nuovo spessore alla nostra fede.

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    Mons. Vegliò: sostanziale fallimento della Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori

    ◊   L’arcivescovo Antonio Maria Vegliò interverrà domani al Campidoglio al Convegno “Mattone su Mattone. Un progetto di cooperazione transnazionale tra Italia, Spagna e Filippine”. Nella lectio magistralis, che siamo in grado di anticipare, il presidente del dicastero vaticano per i Migranti e gli Itineranti ribadisce che le politiche migratorie, a livello nazionale e internazionale, “devono tener conto della centralità della persona umana e della sua intangibile dignità”. Per questo, sottolinea mons. Vegliò, “l’inviolabilità dei diritti umani fondamentali” va riaffermata “indipendentemente dalla situazione migratoria contingente”. L’impegno “nella difesa e nella promozione della dignità umana – avverte il presule – non può essere sottomesso a interessi economici o di sicurezza nazionale”. Del resto, il capo dicastero vaticano parla di un “sostanziale fallimento” della Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori, giacché quasi tutti i Paesi di destinazione dei flussi migratori non l’hanno sottoscritta. Mons. Vegliò mette l’accento sugli aspetti positivi del nesso tra migrazione e sviluppo, osservando che “le migrazioni internazionali portano trasformazioni economiche positive”.

    Al contempo, prosegue il presule, “bisogna notare che la contraddizione fra tentativo di arginare gli arrivi e necessità di giovani lavoratori impone costante attenzione ai temi della sicurezza e della legalità”. Come anche al “contrasto all’immigrazione irregolare, legata anche al traffico di esseri umani, e del contenimento di eventuali comportamenti di intolleranza e di xenofobia”. Il diritto degli Stati alla gestione dell’immigrazione, ribadisce mons. Vegliò, “deve, in ogni caso, prevedere misure chiare e praticabili per gli ingressi regolari nel Paese, vegliare sul mercato del lavoro per ostacolare coloro che sfruttano i lavoratori migranti, mettere in atto misure di integrazione quotidiana”. L’arcivescovo Vegliò chiede agli Stati anche di “contrastare comportamenti di xenofobia, promuovere quelle forme di convivenza sociale, culturale e religiosa che ogni società plurale esige e di distinguere, infine, tra il diritto di emigrare, che non può essere limitato, e il diritto di immigrare, che lo può essere in vista del bene comune”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per un’umanità senza confini di nazionalità, colore, lingua: la preghiera del Papa davanti all’Immacolata in piazza di Spagna.

    Nell’informazione internazionale, il comunicato congiunto sulla ripresa dei colloqui tra Santa Sede e Olp.

    In rilievo la tensione tra Bruxelles e Berlino sui bond che sciolgono l’Europa.

    Convegno, a Palazzo della Cancelleria, per il bicentenario della Pontificia Accademia Romana di Archeologia: in cultura, l’intervento del presidente Letizia Pani Ermini e il saluto del cardinale Tarcisio Bertone.

    La liturgia è un allenamento: il cardinale arcivescovo Angelo Bagnasco alla presentazione, a Genova, dell’undicesimo volume dell’Opera omnia di Joseph Ratzinger “Teologia della liturgia. La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana”.

    Bellezza e missione: Silvia Guidi sull’inaugurazione, a Roma, del nuovo Museo di Propaganda Fide.

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    Oggi in Primo Piano



    Bce: economia in ripresa nell'eurozona, ma preoccupa il debito pubblico

    ◊   Per la Bce, i tassi d'interesse dell'area Euro continuano ad essere “adeguati”, l'inflazione dovrebbe aumentare ma in modo moderato, e soprattutto viene confermata la ripresa dell'economia. Nel suo bollettino, l’istituto di Francoforte afferma poi che la sostenibilità dei bilanci di alcuni Paesi dell'area Euro desta ancora “viva preoccupazione”, dunque per il 2011 servono nuovi tagli di spesa. Alessandro Guarasci:

    L’economia dà segnali di ripresa, ma bisogna fare attenzione ai bilanci pubblici per evitare nuove speculazioni. La Banca centrale, nel bollettino di dicembre, evidenzia comunque che la dinamica della ripresa presenta “incertezze”. In particolare “permangono timori riguardo al riemergere di tensioni nei mercati finanziari”. Per la Bce “è probabile che il debito pubblico in rapporto al Pil aumenti in tutti i Paesi dell'area Euro nel 2011 e in quasi tutti nel 2012, a eccezione di Germania e Italia”. La Banca centrale europea nota come, nel 2012, il rapporto medio debito/Pil dell'area Euro è atteso all'87,8%. “Però, quattro Paesi dell'area (Belgio, Irlanda, Grecia e Italia) - scrive la Bce - registrerebbero rapporti debito/Pil superiori al 100%”. Ed ancora, la disoccupazione. Fra la fine del 2007 e la metà del 2010 il tasso dei senza lavoro in Europa ha visto gli incrementi più forti in Spagna e Irlanda, mentre altrove l'aumento è stato moderato. In Italia, la crescita è stata del due per cento. Fa eccezione la Germania, dove il tasso di disoccupazione è di fatto diminuito nel periodo considerato.

    Dell’importanza dell’impegno a risanare i bilanci, richiesto dalla Bce agli Stati Ue, e dei rischi delle speculazioni, Fausta Speranza ha parlato con l’economista Alberto Quadrio Curzio:

    R. – Sono raccomandazioni, per molti versi, previste e prevedibili, in quanto la maggiore preoccupazione della Bce è che i bilanci pubblici degli Stati di Eurolandia, e più in generale dell’Unione Europea a 27, vengano rapidamente risanati per evitare attacchi speculativi che, indubbiamente, negli ultimi mesi sono stati piuttosto vigorosi contro l’Unione Europea, in particolare contro Stati che sono obiettivamente in difficoltà.

    D. – Ci spiega qualcosa di più di questa dinamica di speculazione?

    R. – La dinamica speculativa si è manifestata negli ultimi mesi contro i Paesi periferici dell’Unione economica monetaria, e cioè soprattutto contro la Grecia e l’Irlanda, ma anche contro il Portogallo e, infine, la Spagna, che non è certamente un Paese periferico. La speculazione ha determinato un forte aumento dei tassi di interesse che vengono pagati sui titoli di Stato emessi da questi Paesi. Questo aumento del tasso di interesse rappresenta un onere per i Paesi che, ovviamente, devono pagare più interessi. Nel contempo, gli speculatori sperano anche, o speravano, di poter vendere oggi dei titoli, abbassandone il prezzo, ma di poterli ricomperare in futuro ad un prezzo più basso. Detto in modo più chiaro: se uno speculatore vende oggi un titolo senza possederlo ma con l’impegno a consegnarlo più tardi e riesce a ricomperarlo più tardi ad un prezzo più basso per consegnarlo, ha avuto un guadagno tra il momento in cui l’ha venduto ad un certo prezzo, senza averlo, e il momento in cui lo compra ad un prezzo più basso per consegnarlo alla persona, alla banca o ad un soggetto a cui l’ha venduto senza averlo. E’ un meccanismo piuttosto complesso, ma in sostanza punta sui guadagni differenziali, quando i prezzi delle obbligazioni cambiano.

    D. – Chi sono questi speculatori?

    R. – Gli speculatori sono di due tipi: ci sono quelli che svolgono operazioni di compravendita, che non sono effettivamente speculative, ma sono operazioni per guadagnare il ragionevole; ci sono poi degli operatori, che credo siano un numero relativamente limitato – e ritengo anche che siano basati soprattutto in talune grandi piazze finanziarie americane – che invece pongono in essere delle operazioni di grande dimensione, che possono poi generare gli effetti che essi stessi desiderano che si generino. Quindi, per dare una spiegazione più concreta: pensare che un Paese come la Spagna possa dichiarare bancarotta è assolutamente inconcepibile; tuttavia, gli interessi sui titoli di Stato spagnoli sono molto aumentati negli ultimi tempi per il timore che questo accada, timore generato da vendite massicce da parte di questi operatori dei titoli spagnoli stessi.

    D. – In tutto questo si parla di bond europei…

    R. – A mio avviso, è una proposta di importanza straordinaria. Debbo dire che l’insistenza del ministro Tremonti – insistenza che peraltro riprende anche le proposte del presidente della repubblica italiana Napolitano e, prima ancora, del presidente Ciampi ed anche di Romano Prodi, ex premieri italiano ed ex presidente della Commissione Europea – è molto importante. Se l’Europa riuscisse ad emettere suoi titoli di Stato, i mercati riprenderebbero con tassi di interesse molto più bassi, perché attaccare l’Europa è molto difficile: attaccare singoli Stati è più facile, ma attaccare un’entità che è quasi la più grande entità economica del mondo è molto più difficile. Per fare questo ci sono delle tematiche tecniche che non possiamo approfondire ora, ma ce ne sono anche di politiche, e cioè il fatto che la Germania non è favorevole. Credo che sia un grave errore da parte della Germania, perché di tanto in tanto dovrà pur sempre intervenire per sostenere Stati in difficoltà: se concordasse sulle emissioni di euro-bond, probabilmente non sarebbe più necessario intervenire a sostegno di alcuno Stato, perché con quelli si eviterebbe la speculazione. (ap)

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    Cile: 83 detenuti morti tra le fiamme. Il cardinale Errázuriz: piena emergenza nelle carceri

    ◊   Soffocati o bruciati dalle fiamme: così sono morti ieri in Cile 83 dei quasi due mila detenuti di un sovraffollato penitenziario di Santiago. All’origine della tragedia ci sono le gravi carenze del sistema carcerario che accomunano molti penitenziari dell'America Latina, come conferma al microfono di Amedeo Lomonaco Luis Badilla, giornalista cileno della nostra emittente:

    R. - Soltanto poche settimane fa c’è stato un incendio in un carcere del salvadoregno, nel quale sono morti bruciati 24 giovani. Ora c’è stato questo nuovo incendio a Santiago del Cile. Non è, purtroppo, la prima volta che in questi ultimi mesi, in questi ultimi anni, si registrano in l’America Latina episodi simili. “Questo dimostra - come ha detto il cardinale di Santiago del Cile, Francisco Javier Errázuriz - che ci troviamo di fronte ad un’emergenza che riguarda l’intero sistema carcerario latinoamericano”.

    D. - Un sistema carcerario caratterizzato anzitutto dal sovraffollamento, ma anche da altre terribili condizioni…

    R. - Anzitutto le strutture materiali: le carceri latinoamericane sono i fabbricati più scadenti di tutta l’America Latina e questo non solo perché spesso si tratta di vecchie costruzioni che erano state realizzate per altre ragioni e per altri motivi, ma anche perché non hanno nessun tipo di manutenzione. In media, poi, quasi il 90 per cento delle carceri ha una popolazione che è esattamente il doppio di quella che dovrebbe avere e per la quale è stata costruita. E’ un sistema carcerario dove non c’è nessuna condizione minima per la riabilitazione. Ricordo che l’episcopato cileno, non più di cinque mesi fa, in un documento specifico, avvertiva le autorità del Paese sul pericolo che si annidava nei penitenziari cileni, dal punto di vista di quella che la pastorale cilena chiamava la “convivenza carceraria”.

    D. - Di fronte a questo dramma, prosegue l’impegno della Chiesa dell’America Latina per cercare di aiutare la popolazione carceraria …

    R. - L’opinione pubblica latinoamericana non ha coscienza del problema o dell’emergenza carceraria. La Chiesa è praticamente l’unica voce a sottolineare continuamente questo problema e ad esercitare pressioni sulle autorità. Certamente, si tratta anche di un problema di risorse finanziarie, di risorse economiche ma, come dicevano i vescovi cileni, “non necessariamente occorrono molte risorse finanziarie per umanizzare il carcere”. Lo si può umanizzare anche nella povertà. Si può vivere da detenuto col rispetto della propria dignità anche nella povertà. Non occorre risolvere il tutto con grandi somme economiche. "Spesso - aggiungevano i vescovi cileni - la questione delle grandi somme finanziarie ed economiche può essere tra l’altro una scusa o un pretesto per non fare nulla”. (mg)

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    Giornata contro la corruzione. Ban Ki-moon: una piaga che minaccia sviluppo e democrazia

    ◊   La corruzione è una minaccia per sviluppo, democrazia e stabilità. Così il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon nel suo messaggio in occasione dell’odierna Giornata Internazionale contro la Corruzione. Proprio oggi l’organizzazione Trasparency International, da sempre impegnata nella lotta al fenomeno nell’ambito dell’associazione transnazionale Flare (Freedom Legality and Rights in Europe), denuncia in un rapporto che l’impatto della corruzione è pari al 10 per cento del Prodotto interno lordo mondiale. Eugenio Bonanata ne ha parlato con il presidente, Maria Serena Brassiolo:

    R. – Un punto sicuramente certo è che dove c’è corruzione c’è povertà, perché gli investimenti sono diretti ad azioni e opere che non sono nell’interesse dei cittadini come collettività, ma di singoli cittadini che continuano ad arricchirsi dove i beni messi a disposizione di altri Paesi o frutto del lavoro e delle tasse non vengono utilizzati per il bene comune.

    D. – Quali sono i settori maggiormente colpiti dal fenomeno?

    R. – I settori cambiano molto da Paese a Paese. Mentre in Italia, per esempio, l’esercito, la polizia vengono considerati “virtuosi”, in certi Paesi dell’Africa, del Sudest asiatico, del Sudamerica, la polizia e l’esercito, invece, sono considerati tra i più corrotti. In Italia poi c’è poca corruzione nel settore dell’educazione, mentre in alcuni Paesi la corruzione nel settore dell’educazione è molto alta perché non ci sono abbastanza scuole, non ci sono abbastanza insegnanti e quindi accedere all’educazione non è così facile.

    D. – La corruzione riguarda sia il settore privato che quello pubblico, inclusi anche i partiti politici …

    R. – I partiti politici, in tutto il mondo, vengono considerati tra i settori civili più corrotti. Non i singoli parlamentari, non i singoli governi, ma proprio i partiti.

    D. – La corruzione parlamentare accomuna Paesi ricchi e Paesi poveri …

    R. – Sì, perché così è la percezione delle persone: che in quei settori non ci sia trasparenza e ci siano molti maneggi che vengono fatti dietro le quinte … Effettivamente, è un grave problema per la democrazia.

    D. – Cosa fare per arginare il fenomeno? La confisca dei beni alle organizzazioni illecite sembra essere la strada più importante, più efficace …

    R. – La confisca dei beni è una grande strada e noi vediamo quanto, negli ultimi tempi, questa strada abbia dato i suoi frutti. L’altra strada riguarda la responsabilità personale di tutti i cittadini: infatti, se tutti i cittadini denunciassero i casi in cui vedono qualcosa che non funziona, ma soprattutto casi di malversazione che possono rientrare nei casi di corruzione, o anche l’utilizzo di materiali scadenti per un treno o per un’auto, che poi potrebbe causare un incidente. E’ proprio questa assunzione di responsabilità personale dei cittadini che può far cambiare la situazione. Ed è questo su cui soprattutto i giornalisti devono puntare, più che andare dietro a fatti clamorosi di cronaca che sicuramente riescono a turbare le persone più fragili; è importante sollecitare i cittadini a prendere coscienza del loro valore in quanto cittadini. (gf)

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    Veglia con il cardinale Bagnasco per la Solennità della Vergine di Loreto

    ◊   Grande attesa a Loreto per la Veglia di stasera alla vigilia della Solennità della Beata Vergine Lauretana. La celebrazione sarà presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che domani mattina presiederà anche il solenne Pontificale nel 90.mo anniversario della proclamazione della Vergine di Loreto a Patrona universale dell’Aviazione. Per una testimonianza sul clima che si respira a Loreto, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Giuliano Viabile, rettore della Basilica della Santa Casa:

    R. - Ci stiamo preparando con grande attesa, perché è sempre un grande evento e non solo per noi di Loreto, ma per tutta l’Italia: sin da questa mattina abbiamo notato in Basilica un grande movimento. Tanti i pellegrini che vengono per assistere alle ore 21 ad una veglia, cui seguirà la Messa e la processione. C’è grande attesa per un evento ormai storico: sono secoli che a Loreto si tramanda questa grande tradizione. Un evento grande, perché i pellegrini hanno una grande devozione per Maria. Abbiamo visto ieri - Festa dell’Immacolata - un flusso enorme di pellegrini.

    D. - C’è un accento, una sottolineatura particolare nelle celebrazioni di quest’anno della Vergine Lauretana?

    R. - Sì. Quest’anno c’è un evento particolare: avremo, ad Ancona, il Congresso Eucaristico che si terrà dal 3 all’11 settembre, con la presenza del Papa. Questa veglia, quindi, l’abbiamo voluta incentrare sul Santo Rosario, ma un Rosario tutto dedicato all’Eucaristia e lo abbiamo intitolato “Maria, donna eucaristica, ci dona Gesù, pane di vita per il mondo”. Abbiamo poi avuto una coincidenza particolare: la metropolìa di Ancona ha cinque diocesi e ad ogni diocesi abbiamo affidato la meditazione di un mistero - logicamente, i misteri che riguardano l’Eucaristia - e per un’ora mediteremo, con il cardinale Bagnasco, questo grande Mistero eucaristico, perché vogliamo prepararci con Maria a questo grande evento della Chiesa italiana.

    D. - Per gli aviatori, la Vergine di Loreto ha davvero un valore particolare e quest’anno c’è poi anche un importante anniversario…

    R. - Quest’anno celebriamo il 90.mo della Madonna di Loreto, Patrona dell’Aviazione: fu Benedetto XV a proclamare la Madonna di Loreto Patrona degli aereonautici e quindi di tutti coloro che sono in volo. In modo particolare qui a Loreto è stata costruita, già da tempo, una scuola di perfezionamento sottufficiali dell’Aereonautica Militare. Quest’anno, per questa occasione, è prevista anche la presenza del generale di squadra aerea, Pasquale Preziosa, che sarà con noi domani - alle ore 11.00 - insieme al cardinale Angelo Bagnasco. (mg)

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    La Comunità di Sant'Egidio presenta la "Guida dei poveri": in Italia urgono politiche per la famiglia

    ◊   In Italia urgono politiche a favore della famiglia. E’ questo in sintesi l’appello lanciato oggi da Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio, alla presentazione - stamani - della 21.ma edizione della cosiddetta “Guida Michelin dei poveri. Dove mangiare, dormire e lavarsi”, che riguarda la città di Roma. Uno strumento con indirizzi e numeri telefonici per chi ha necessità di sapere dove poter avere dei pasti gratuitamente, dormire, curarsi e ricevere importanti informazioni. In occasione di questa presentazione sono stati anche diffusi alcuni dati sulla povertà in Italia. Debora Donnini ha intervistato Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:

    R. - Il problema è che aumenta la fragilità sociale in Italia: è una costante da alcuni anni. Ci sono i dati ufficiali dell’Istat che parlano del 13 per cento degli italiani che vivono sotto la soglia di povertà; ci sono poi i dati europei che parlano invece del 19 per cento e quindi di un italiano su cinque che è in situazione di grave sofferenza. Abbiamo più di due milioni e mezzo di persone in stato di estrema povertà, il che vuol dire che effettivamente non ce la fanno. Se guardiamo a Roma, oltre alle persone che vivono per strada, oltre a mille persone che vivono in abitazioni che non sono abitazioni ma baracche, abbiamo 30 mila anziani che, tra problemi fisici e totale isolamento, sono a rischio elevatissimo.

    D. - Titolo di questa conferenza stampa è “La crisi in Italia, come uscirne a partire dagli ultimi”: quali sono le vostre proposte?

    R. - La prima proposta è che o l’Italia smette di essere il penultimo Paese in Europa per aiuti alla famiglia o la famiglia si distrugge. E visto che è quella che mantiene il Welfare in Italia, anche nei tempi di crisi, l’unica politica seria da fare oggi in Italia, e con coraggio, è quello di un aiuto serio alla famiglia. La secondo cosa è che bisogna lavorare legalmente per creare una politica per gli anziani: noi abbiamo un'ampia popolazione anziana. L’Italia è uno dei Paesi con più anziani al mondo e quindi dobbiamo assolutamente - per esempio - invertire il modello di sviluppo della sanità e del sistema socio-sanitario. Non tanto per quanto riguarda le Rsa, le lunghe degenze e gli interventi in ospedale, ma dobbiamo ritornare ad una assistenza domiciliare diffusa che assista tutti gli anziani ultrasettantacinquenni e che diminuisca il rischio: questo comporterà che si andrà meno in ospedale, se non nei casi in cui è davvero urgente. Tutto questo, risparmiando!

    D. - Avete presentato la 21.ma edizione della cosiddetta “Guida Michelin dei poveri. Dove mangiare, dormire e lavarsi”, che riguarda la città di Roma: qual è il senso di questa iniziativa?

    R. - Sono 200 pagine di indirizzi. Noi eravamo gli unici a conoscerli tutti, mentre chi viveva per strada ne conosceva uno o due. Abbiamo iniziato, più di 20 anni fa, e abbiamo fatto questo regalo a chi vive in strada e a chi si occupa dei più poveri. Oggi questa iniziativa, fortunatamente, è copiata in varie città d’Italia ed è anche copiata in varie città di Europa. In realtà si tratta semplicemente di una guida alla sopravvivenza: è quello che permette in un giorno terribile e di freddo di non sbagliare indirizzo e di non morire di freddo … (mg)

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    Alla Lateranense l'anteprima del film di Susanne Bier "In un mondo migliore"

    ◊   “In un mondo migliore”, l’ultimo film della regista danese Susanne Bier che ha recentemente vinto il Gran Premio della Giuria e il Premio del Pubblico al Festival di Roma ed è il candidato danese all’Oscar, viene presentato in anteprima nazionale oggi pomeriggio alle ore 16 nell’Aula Magna Benedetto XVI della Pontificia Università Lateranense, una proiezione organizzata nell’ambito della Pastorale universitaria dell’Ateneo. Il servizio di Luca Pellegrini.

    Vendetta e perdono, perdono e vendetta: l’Africa e l’Occidente coltivano le stesse pericolose inclinazioni. Instillare una medicina morale per curare ferite dell’animo e del corpo diventa una priorità umana e sociale, altrimenti si apre il caos del cuore e della vita. “In un mondo migliore” è un titolo che rispecchia una speranza e una volontà. Adolescenti nel contesto danese che sembrano avere tutto e coltivano invece la rabbia e il dolore, popoli sulla soglia della civiltà, privati di attenzione, sostegno e regole che disperatamente combattono per una sussistenza semplicemente umana. Tra tutti loro si apre un varco, rappresentato dalla volontà di Anton, un medico, che non è capace di reagire con violenza alla violenza, ma coltiva l’utopia della ragione e dell’amore. Il film di Susanne Bier ha tutte le qualità e le caratteristiche per essere proiettato in anteprima all’Università Lateranense, come spiega il suo rettore, mons. Enrico dal Covolo, che ha caldeggiato questa iniziativa:

    “‘In un mondo migliore’, con la sua tematica a carattere educativa, si pone in continuità con una delle istanze della nostra Università, quella di sollecitare la comunità accademica e soprattutto gli studenti, a discernere e ad agire nei confronti dell’emergenza educativa. Intendiamo inoltre, soprattutto in questi giorni di Avvento, favorire con questo momento di condivisione, il clima di famiglia che sempre più deve caratterizzare l’Università del Papa. In una parola, si tratta di coltivare un cuore in ascolto dell’altro”.

    Susanne Bier si mantiene fedele all’ispirazione che ha da sempre contrassegnato il suo cinema, raccontare l’uomo e le sue lacerazioni quando posto dinnanzi a decisioni ineluttabili, dalle quali dipendono il bene o il male di molti. Il medico Anton combatte la violenza con la ragione e il cuore: è un eroe del nostro tempo?

    R. – For me, he is very much a contemporary hero, …
    Per me, è veramente un eroe del nostro tempo, perché è una persona che vuole fare semplicemente la cosa giusta, e dal film si percepisce quanto sia difficile essere una persona umana semplicemente degna di questo nome. E lui vuole essere così, fare semplicemente ciò che è giusto … ed è per questo che è un vero essere umano, è veramente un eroe del nostro tempo.

    D. – E’ rimasta sorpresa dalla reazione unanime di consenso al film da parte della critica e del pubblico?

    R. – I was happily surprised, because you never know, …
    Sono rimasta piacevolmente sorpresa, perché non sai mai se riesci a comunicare quello che veramente vuoi far passare. A volte, pensi di comunicare una cosa e invece non ci riesci … Sono stata molto contenta e piacevolmente sorpresa. E’ stato un film importante, per me, e sono molto contenta del fatto che sia stato accolto in termini così positivi. (gf)

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    Chiesa e Società



    Giornata per i Diritti umani: si moltiplicano gli appelli per la liberazione di Asia Bibi

    ◊   “La Giornata per i Diritti Umani 2010 è l’occasione per focalizzare l’attenzione sugli articoli del Codice Penale che compongono la cosiddetta legge sulla blasfemia. E’ un provvedimento che permette e giustifica ingiustizie, discriminazioni e persecuzioni, è una legge da abolire”. E’ quanto dichiara all’agenzia Fides padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, alla vigilia della Giornata Mondiale per i Diritti Umani, promossa dall’Onu. La legge colpisce le minoranze religiose, ma anche fedeli musulmani. “Per questo – osserva il direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan - vorrei ricordare quanto affermano eminenti leader islamici moderati: la legge rappresenta un tradimento anche dell’islam, in quanto non è contenuta nel Corano, e Maometto non vorrebbe certo si commettessero violenze e omicidi in suo nome”. La Giornata che si celebrerà domani - aggiunge padre Rodrigues – “cade in un periodo di grande tensione nel Paese, dovuta agli echi del caso di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte proprio per un uso iniquo della legge sulla blasfemia”. Si moltiplicano intanto, non solo in Pakistan, gli sforzi in favore della donna. Il comitato pakistano-americano - ricorda l'agenzia AsiaNews - chiede in particolare ad organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti umani, di far pressione sul governo di Islamabad affinché Asia Bibi venga rilasciata. Si chiede anche di abolire o emendare la legge sulla blasfemia. “Questa legge – osserva il Comitato pakistano americano – incoraggia alcuni elementi che istituzionalizzano l’intolleranza in nome della religione e diffondono la persecuzione sociale e la discriminazione legale”. (A.L.)

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    Congo: ucciso un seminarista gesuita alla periferia di Kinshasa

    ◊   Un giovane seminarista gesuita è stato ucciso domenica scorsa alla periferia di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo. Nicolas Eklou Kolma, originario del Togo, religioso in formazione giunto da appena 2 mesi a Kimwenza, stava rientrando in comunità, a Canisius, insieme ad altri religiosi, dopo aver preso parte ad un incontro di confratelli. Durante il tragitto, intorno alle 23, un individuo col volto coperto, in tenuta militare, armato, si è avvicinato al gruppo di religiosi parlando loro in lingala. Non comprendendo le loro risposte in francese, l’individuo ha cominciato a minacciarli intimando loro di seguirlo, di mettersi in ginocchio e di tenere le mani alzate, quindi ha chiesto al giovane Nicolas Eklou di avanzare. A quel punto dall’arma dell’individuo è partito un colpo, poi ne sono stati esplosi ancora quattro. Avvertita la polizia dagli altri religiosi fuggiti per paura degli spari, il corpo del gesuita è stato portato alla camera mortuaria dell'ospedale di Monkole, gestito dall’Opus Dei. Nicolas Eklou Komla, era nato il 4 giugno 1985 in Togo, ed era entrato nella Compagnia di Gesù il 7 ottobre 2008. Aveva emesso i primi voti il 2 ottobre scorso. Nicolas Eklou Komla era giunto nella Repubblica Democratica del Congo due mesi fa per studiare filosofia. I funerali del seminarista si terranno sabato prossimo presso la Chiesa Sainte Marie de Kimwenza. Nicolas Eklou Komla verrà inumato nel cimitero dello scolasticato “St Pierre Canisius”di Kimwenza. (T.C.)

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    Bomba in una chiesa di Central Java in Indonesia: l’arcivescovo esorta alla calma

    ◊   Mons. Johannes Pujasumarta, arcivescovo di Semarang, ha richiamato l’intera comunità cattolica “alla calma”, dopo l’esplosione di due bombe nella chiesa di Cristo Re, nel distretto di Gawok (Kartasura, Central Java), mercoledì scorso. L’attentato - riferisce l'agenzia AsiaNews - è l’ultimo di una serie di attacchi contro luoghi di culto cristiani. L’ispettore capo Edward Aritonang della polizia di Central Java, non ha voluto rilasciare dichiarazioni circa il possibile esecutore del fatto. L’esplosivo era piazzato in due bidoni del latte, insieme a chiodi e piccole pietre. Tugimin, un locale che stava accompagnando la madre al mercato, ha assistito all’incidente e ha cercato di spegnere il fuoco causato dall’esplosione. Sempre mercoledì, altri due pacchi bomba sono stati trovati a Surakarta, circa 20 chilometri a est di Kartasura: il primo in un cantiere, il secondo vicino al distretto di polizia di Pasar Kliwon, sottodistretto della città. Edy Wirabumi, membro della famiglia reale di Kasunanan Surakarta, ha dichiarato: “Speriamo di non essere l’obiettivo di questi gesti provocatori. Non abbiamo nemici qui”. Domenica scorsa un altro pacco bomba era stato trovato nella chiesa protestante di Muria Indonesia a Surakarta, poco prima della messa. È del 1° dicembre scorso la sventata esplosione di granate artigianali nei pressi del santuario della Vergine Maria di Sendand Sriningsih. A ottobre, un altro pacco bomba era stato trovato in una chiesa protestante a GKJ Gebyog, in Kartasura. (R.P.)

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    Indonesia: i leader religiosi chiedono un impegno più deciso contro la corruzione

    ◊   I leader religiosi dell’Indonesia chiedono al governo di Giakarta un’azione più decisa e convinta contro la corruzione dilagante, vera e propria piaga del Paese a tutti i livelli. La richiesta è stata formulata durante un incontro interreligioso organizzato ieri nella capitale indonesiana, in occasione dell’odierna Giornata internazionale contro la Corruzione. All’incontro, ospitato dalla sede della Conferenza episcopale indonesiana (KWI) a Giakarta, hanno partecipato circa 200 leader religiosi, politici e esponenti della società civile. L’Indonesia risulta essere uno dei Paesi più corrotti dell’area pacifico-asiatica e nell’ultima classifica annuale di Transparency International figura al 110° posto su un totale di 178. Secondo mons. Martinus Dogma Situmorang, presidente della Conferenza episcopale indonesiana, le religioni, sono chiamate a fare sentire la loro viva voce e a svolgere quindi un ruolo profetico contro questa piaga che è anche il principale ostacolo allo sviluppo dell’Indonesia. “Non basta parlare dei problemi del Paese anche sui media. Dobbiamo guardare alle istituzioni e scuotere le nostre coscienze per affrontare la corruzione nell’interesse della nazione”, ha sottolineato il vescovo di Padang nel suo intervento ripreso dall’agenzia Ucan. E di scarsa coscienza e sensibilità al problema ha parlato anche il pastore Andreas Anangguru Yewangoe, presidente della Comunione delle Chiese dell’Indonesia che ha definito questo atteggiamento “pericoloso”. Secondo Din Syamsuddin, capo del Muhammadiyah, la seconda organizzazione islamica dell’Indonesia, il problema persiste anche perché la legge non viene fatta rispettare: “Ci vorrebbe un big bang, senza il quale gli effetti deterrenti non sarebbero abbastanza grandi”, ha detto. Un altro esponente musulmano intervenuto all’incontro ha evidenziato, da parte sua, anche le responsabilità dei cittadini indonesiani delle varie fedi. I partecipanti hanno concluso l’incontro stilando un elenco di richieste che saranno presentare al Presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono. (L.Z.)

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    India: severa condanna della Chiesa all'attentato di Varanasi

    ◊   Dura condanna della Chiesa indiana all’attentato che è costato la vita a una bambina di due anni e il ferimento di decine di persone a Varanasi. La polizia di Mumbai intanto ha trovato che l’e-mail di rivendicazione è stata inviata da un gruppo di mujaheddin indiani. I terroristi l’hanno inviata dopo aver “hackerato” la connessione di un sito registrato a Navi Mumbai. Nel frattempo - riferisce l'agenzia AsiaNews - una squadra di investigatori della polizia di Mumbai è stata inviata a Varanasi per ispezionare il luogo dell’attentato. Nell’attentato ha perso la vita una bambina di due anni, e oltre venti persone sono rimaste ferite; fra di loro quattro stranieri, di cui un italiano di Campomorone (Genova). La bomba, posta in un contenitore di metallo sul Dashashwamedh Ghat sulle rive del gange, è esplosa nel pomeriggio, attorno alle 18.30 di mercoledì scorso, mentre si stava svolgendo il rituale dell’accessione quotidiana della lampada, il Ganga Aarti. L’arcivescovo Albert D’Souza di Agra, segretario generale della Conferenza episcopale indiana, ha condannato l’attentato. “La Chiesa dell’India condanna questo attacco nei termini più forti possibili. E’ stato un atto di codardia e di odio verso l’umanità, in particolare verso persone innocenti e non colpevoli di nulla, che ne sono state vittime. Preghiamo per chi è morto, e per i feriti. La Chiesa cattolica - sostiene il presule - darà tutto l’appoggio e l’assistenza medica necessari alle vittime di questa violenza senza senso. Questa violenza irrazionale in un luogo religioso è una macchia vergognosa sull’India, e questa vergogna ha colpito anche dei turisti a Varanasi, che è sempre stato un luogo sacro da tempi immemorabili. Mentre ci avviciniamo al giorno in cui è nato il Principe della pace, - conclude mons. D'Souza - preghiamo per la pace nella nostra patria amata e preghiamo affinché il Principe della pace ispiri pensieri di pace nei cuori di quanti albergano violenza. Dio benedica l’India”. (R.P.)

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    Unicef: ancora lontana la fine della crisi per i bambini del Pakistan

    ◊   L’Unicef ricorda la gravità dell’emergenza umanitaria in Pakistan: con l’arrivo dell’inverno – si legge in un comunicato dell’organizzazione umanitaria - si aggraveranno i rischi per i bambini che già soffrono alti tassi di infezioni respiratorie acute e malnutrizione. Dopo oltre quattro mesi dalle peggiori alluvioni nella storia del Paese, si stanno diffondendo rapidamente anche nuovi casi di polio: dagli 89, registrati nel 2009, si è passati ai 126 di quest’anno. Questo dato rappresenta motivo di enorme preoccupazione specialmente perché il Pakistan aveva ottenuto importanti successi nella lotta contro la polio. “La conclusione di questa crisi – sottolinea Daniel Toole, direttore regionale dell’ufficio Unicef per l’Asia meridionale - è ancora lontana”. “Lo stato dell’emergenza - aggiunge - si è evoluto in maniera differente da una parte all’altra del Pakistan e gli interventi umanitari hanno dovuto adattarsi rapidamente per raggiungere le donne e i bambini che ne avevano bisogno poiché le loro necessità cambiavano di ora in ora”. Un quinto del territorio del Pakistan è stato devastato dalle alluvioni monsoniche che hanno colpito 20,3 milioni di persone. Circa 10.000 scuole e centri sanitari rurali sono stati danneggiati dalle alluvioni e importanti infrastrutture sono state distrutte o gravemente danneggiate, inclusi i sistemi idrici e sanitari, i ponti e le strade. “La dimensione di questa crisi rimane dunque impressionante. “L’impatto delle inondazioni in Pakistan – conclude Daniel Toole - sarà sentito anche negli anni a venire, quindi quanto più riusciamo a fare adesso tanto più i bambini e le famiglie avranno la possibilità di ristabilirsi, questo significa che abbiamo bisogno di fondi urgenti per fare al meglio il nostro lavoro”. L’Unicef ha bisogno di 82,1 milioni di dollari per continuare con i programmi salvavita e di recupero. Inoltre, per espandere il sostegno fortemente necessario per far fronte alla dilagante malnutrizione e per fermare la diffusione della polio, sono necessari fondi addizionali urgenti per fronteggiare le necessità che continueranno nel 2011. (A.L.)

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    Rapporto sulle discriminazioni dei cristiani in Europa

    ◊   I cristiani sono vittime di discriminazione e intolleranza anche in Europa. La lista dei fatti è lunga: limitazioni nella libertà di coscienza e di espressione, diffamazione e insulto anche a mezzo stampa, rimozione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici fino ad arrivare a veri e propri atti di vandalismo e di violenza. A fare il punto sulla situazione - riferisce l'agenzia Sir - è l’ “Osservatorio sulla intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa” che domani presenterà a Vienna un Rapporto in cui registra nell’arco di 5 anni “Fatti e Personaggi relativi al recente e crescente fenomeno di intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Europa”. Il Rapporto sarà presentato in occasione del “Meeting on Freedom of Religion” promosso oggi e domani a Vienna, dall'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce). Il documento – di 40 pagine e sotto embargo fino a domani – passa in rassegna dettagliata fatti e situazioni registrati nei diversi Paesi europei: Francia, Italia, Germania, Regno Unito, Svezia fino ad raggiungere la Turchia, la Grecia, l’Albania. "La libertà religiosa - spiega il direttore dell’Osservatorio Gudrun Kugler - è in pericolo soprattutto per quanto riguarda la sua dimensione pubblica e istituzionale. Abbiamo anche ricevuto molte segnalazioni – prosegue Kugler - sulla rimozione dei simboli cristiani, sulla rappresentazione travisata, stereotipata e negativa dei cristiani nei media, e sui disagi sociali di cui sono vittime i cristiani, come l'essere ridicolizzati o svantaggiati nei luoghi di lavoro. Lavoriamo per una maggiore consapevolezza di un problema crescente in Europa, come primo passo di un rimedio. Il nostro obiettivo sono diritti uguali per tutti, compresi i cristiani". Il documento si conclude con una serie di raccomandazioni ai governi dei Paesi europei, all’Unione Europea e alle istituzioni internazionali sui diritti umani. (R.P.)

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    Australia: l’assemblea dell’episcopato ricorda le iniziative per sostenere i cristiani in difficoltà

    ◊   Le numerose iniziative di solidarietà promosse in Australia e in altri Paesi in aiuto dei fedeli che vivono in condizioni di difficoltà sono state al centro dell’Assemblea plenaria dei vescovi australiani, tenutasi nei giorni scorsi presso il Mary MacKillop Place a North Sydney. Ai lavori sono intervenuti, tra gli altri, anche il cardinale Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, in Sudafrica, e il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, presidente della Caritas Internationalis. Il cardinale Maradiaga – riferisce l’Osservatore Romano - ha ricordato, in particolare, “l'importanza dell'insegnamento sociale della Chiesa e degli aiuti per i terremotati di Haiti”. Mons. Issam John Darwich, vescovo di Saint Michael’s of Sydney dei Greco-Melkiti, ha presentato inoltre una relazione sui lavori del Sinodo sul Medio Oriente tenutosi a Roma in ottobre. I vescovi australiani hanno sottoscritto un documento presentato da monsignor Djibrail Kassab, arcivescovo di San Tommaso apostolo di Sydney dei caldei, nel quale si esprime solidarietà ai cristiani che vivono, tra molte difficoltà, nell'area medio orientale. Un altro messaggio è stato inviato ai vescovi e ai cittadini della Nuova Zelanda per esprimere le condoglianze ai familiari dei ventinove minatori rimasti uccisi nell'esplosione di una galleria nella miniera di Greymouth. Nel corso dell'assemblea ai vescovi è stato mostrato inoltre un video sui problemi della Chiesa cattolica in Sudan girato da volontari della Caritas australiana. Tra i prossimi appuntamenti pastorali, i vescovi hanno discusso infine sulla preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù del 2011 a Madrid, in Spagna, alla quale parteciperanno circa cinquemila giovani australiani. Un altro grande incontro si terrà nell'aprile del prossimo anno in occasione del National Family Gathering per iniziativa dell'Archidiocesan Marriage, Family & Life Office di Melbourne e dell'Australian Catholic Marriage and Family Council. (A.L.)

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    Dramma degli ostaggi africani nel Sinai. Don Zerai: sale la paura

    ◊   “I carcerieri mostrano un certo nervosismo, hanno ripreso a picchiare i profughi e a chiedere altri soldi, dopo che domenica scorsa diverse famiglie avevano versato 500 dollari per scongiurare pericoli per i congiunti sotto sequestro. Ora, alle iniziali richieste economiche, se ne sono aggiunte delle altre”. A fare il punto all'agenzia Sir del caso dei 250 africani (74 eritrei) detenuti in catene nel Sinai da trafficanti di uomini è don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia per la cooperazione allo sviluppo (Ahcs), che da giorni tiene i contatti con gli ostaggi. L’ultimo colloquio risale a ieri sera, mentre si diffondono notizie circa l’individuazione del nascondiglio dei trafficanti. Secondo il sacerdote “questo nervosismo palesato dai rapitori potrebbe essere dovuto anche ad una trattativa in corso fra i servizi di sicurezza egiziani e i capi tribù della zona del Sinai dove sarebbero tenuti in ostaggio gli immigrati ormai da circa un mese. Di questo negoziato non abbiamo nessuna notizia ufficiale e la stessa Farnesina, da me sentita l’altro ieri, - ha detto il sacerdote - mi ha riferito che sono in attesa di comunicazioni dall’autorità egiziane. Speriamo che questo negoziato sia vero e che porti ad una veloce soluzione della vicenda. Il forte timore, ripeto, è che gli ostaggi vengano trasferiti in altri luoghi di detenzione”. “Nutriamo la speranza che si possa arrivare alla liberazione degli ostaggi – aggiunge don Zerai – ma è urgente pensare ad un piano di accoglienza e di protezione per queste persone una volta libere, magari con lo status di rifugiati. Non voglio polemizzare ma ricordo che tra i 250 ostaggi ce ne sono 80 provenienti dalla Libia, che sono stati respinti nel Mediterraneo tra il 2009 e 2010. L’ultimo respingimento di 22 eritrei risale al 6 giugno scorso. Qualcuno di questi 22 adesso - conclude - è ostaggio nel Sinai”. (R.P.)

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    Somalia: in migliaia a rischio per la grave siccità che ha colpito la regione di Mudug

    ◊   Sono almeno 5 mila le famiglie (30 mila persone) di 13 villaggi nordorientali e sudorientali della capitale regionale, Galkayo, in Somalia, ad avere immediato bisogno di aiuto in seguito alla grave siccità che sta attraversando la regione centrale di Mudung. Galkayo si trova 700 km a nord di Mogadiscio. La maggior parte della popolazione vive di pastorizia, e le scarse piogge hanno reso la situazione pesante per la loro economia familiare. Gli insediamenti più colpiti - riferisce l'agenzia Fides - sono stati quelli di Towfiq, Eil Dhanane, Dhinowda e Afbarwaqo, dove capre, pecore e bovini sono morti a causa della siccità mentre tanti altri capi di bestiame sono rimasti talmente indeboliti da non poter essere utilizzabili per il latte o la carne. La gravità della situazione ha anche obbligato alcuni nomadi a spostarsi verso le città. La popolazione ha urgente bisogno di acqua e cibo. Nella maggior parte della Somalia centrale non ha piovuto e i pozzi e i punti di raccolta delle acque si sono prosciugati, la gente non ha da bere. Secondo le Nazioni Unite, circa due milioni di somali hanno bisogno di aiuti umanitari. (R.P.)

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    Burkina Faso: i vescovi chiedono ai politici un maggior impegno per il bene comune

    ◊   Perché giunga ad una vera democrazia i vescovi del Burkina Faso ritengono necessario che il Paese costruisca ponti con le altre nazioni africane, ciò anche per un'integrazione regionale più forte come risposta alle sfide della globalizzazione e della dominazione delle potenze internazionali. Lo si legge nel messaggio che i presuli hanno voluto indirizzare ad uomini e donne, come riferisce il sito www.lepays.bf, in occasione del 50.mo anniversario di indipendenza del Paese pubblicato domenica scorsa. Nel lungo documento i vescovi analizzano la storia del Burkina Faso tracciando un bilancio dei progressi fatti dalla nazione ed evidenziano i mali della realtà attuale. Anzitutto la scarsa informazione ed istruzione fra la gente che impedisce di chiedere il giusto rendiconto ai politici, i quali hanno fatto uso del potere spesso non tenendo conto delle necessità della collettività. I presuli ricordano anche la perdita dei valori, la corruzione, l’illegalità, l’ingiustizia; riconoscono un debole sviluppo umano e una relativa insicurezza ed evidenziano situazioni di povertà e miseria. A fronte di tutto ciò invitano ad un impegno maggiore per il consolidamento della democrazia, per la promozione di una cultura di pace, che conduca all’omogeneità sociale e all’instaurazione del dialogo nella politica. Chiedono inoltre che l’accesso alla sanità sia consentito a tutti, che le scuole diventino luoghi di formazione intellettuale ed educazione morale e civica, che la famiglia venga salvaguardata e che sia riservata attenzione particolare ai giovani. Ricordando poi che ruolo della Chiesa è quello di essere fonte di luce e di incoraggiare gli uomini, i presuli chiedono ai governanti di servire il bene comune e ai cittadini di collaborare in uno spirito di verità, giustizia, solidarietà e libertà. Ai fedeli cristiani domandano in particolare di contribuire all’edificazione di una nazione sana e aperta a tutti e di impegnarsi per la difesa dell’umanità. Esprimendo infine la loro gioia per il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza del Paese, i vescovi assicurano la loro vicinanza al popolo invocando la misericordia di Dio per il Burkina Faso attraverso l’intercessione della Vergine Maria cui è consacrata la nazione. (T.C.)

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    Vietnam: montagnard in preghiera picchiati e minacciati dalla polizia

    ◊   E’ di 22 feriti il bilancio di un attacco portato da centinaia di agenti contro un centinaio di cattolici vietnamiti di etnia Degar, riuniti in preghiera. I vietnamiti di etnia Degar sono circa un milione, in maggioranza cristiani. I cattolici sono circa 200mila. A quanto riferisce la Montagnard Foundation all'agenzia AsiaNews, l’attacco è avvenuto l’11 novembre nel villaggio di Ploi Kret Krot, nella provincia di Gia Lai, ai confini con la Cambogia, dove eventi simili erano già accaduti due volte nei Paesi di Ploi Kuk Kong e Ploi Kuk Dak. Nell’ultimo, i fedeli erano riuniti in preghiera all’aperto, quando agenti di polizia hanno ingiunto di andarsene. Alla replica che essi non stavano commettendo alcun crimine, la polizia li ha attaccati, picchiando uomini, donne e bambini con bastoni, anche elettrici, e impadronendosi di croci, immagini della Madonna e altri oggetti religiosi. Chi ha potuto è fuggito nella foresta. Tra i 22 feriti, nove erano svenuti. Gli agenti hanno anche minacciato di arrestare gli abitanti se avessero riferito l’accaduto a media stranieri. Coloro che sono fuggiti restano nascosti, mentre la polizia dà loro la caccia, pattugli il villaggio e impone agli abitanti di restare in casa. (R.P.)

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    Un Forum per contrastare la tratta delle persone in Cambogia

    ◊   Anche l’Aibi (Associazioni Amici dei bambini) farà parte di un “Forum per contrastare il labour trafficking” che coinvolgerà tutte le principali organizzazioni impegnate nel contrasto del traffico umano dalla Cambogia ai Paesi limitrofi. L’obiettivo è riuscire a lavorare su cinque aree: prevenzione, protezione, miglioramento del contesto giuridico, maggiore coordinamento tra autorità e servizi sociali e maggiore accesso alle informazioni. La tratta delle persone - riferisce l'agenzia Sir - è uno dei problemi più gravi che deve affrontare la Cambogia. In un Paese dove il reddito medio pro capite è tra i più bassi del mondo e sistemi di sostegno statale sono quasi inesistenti, vittime ignare vengono attirate con false promesse di posti di lavoro o di matrimonio, si trovano poi costrette alla prostituzione o situazioni di sfruttamento del lavoro. Controllate con minacce, droga e forza fisica, le vittime della tratta sono spesso tenute in condizioni di semi-schiavitù, incapaci di fuggire. Durante gli incontri organizzati dal Forum saranno affrontate anche discussioni in merito ai servizi di riabilitazione per le vittime della tratta. Alloggi, consulenza psicologica, formazione e reinserimento lavorativo sono servizi essenziali che devono essere garantiti a queste persone per superare il trauma ed evitare di cadere nuovamente vittime del traffico. (R.P.)

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    Celebrata nelle case guanelliane dell'India la Giornata mondiale dei disabili

    ◊   “Un’occasione importante per sensibilizzare le persone in merito al valore e alla dignità di ogni vita”. Con queste parole don Piero Lippoli, segretario generale dell’Opera don Guanella, ricorda le finalità della Giornata mondiale dei disabili, che si è celebrata lo scorso 5 dicembre in tutta l’India e in particolare nelle case guanelliane. E’ stata anche un’occasione – aggiunge don Piero Lippoli - per “prendere coscienza del fatto che le persone con diversa abilità, pur riuscendo a fare poche cose, possiedono un dono particolare che i cosiddetti normodotati spesso non hanno: la capacità di amare”. La giornata si è svolta in varie regioni dell’India, da Bangalore a Poonamalle, da Cuddalore a Thalavadi, con modalità simili: la Santa Messa, giochi e danze offerti dai ragazzi, premi e regali per tutti, pranzo speciale, incontri di approfondimento con esperti in merito al tema della disabilità e alle sfide attuali nel contesto sociale indiano. “La gioia che si leggeva chiaramente sul volto di questi nostri fratelli giovani e adulti – sottolinea don Piero - ha ripagato i tanti sacrifici di un lavoro quotidiano e costante a servizio dei più poveri”. Diverse le autorità civili e religiose che hanno preso parte alle iniziative in segno di stima per il lavoro dei missionari. Tra i presenti anche induisti e musulmani. “Una testimonianza – conclude don Piero - che sta divenendo profetica anche per governanti e politici, in merito alla necessità di soccorrere con mezzi più appropriati e decisi questi fratelli più poveri”. (A.L.)

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    Irlanda: misure eccezionali contro la crisi. Chiesa impegnata nel sostenere la popolazione

    ◊   In Irlanda si cerca di rispondere alla crisi finanziaria che ha investito il Paese. Il piano di austerity 2011, presentato ieri in Parlamento, prevede risparmi per 6 miliardi di euro. La manovra toccherà pensioni, salari minimi e assegni familiari. Sarà ridotto del 10% il credito di imposta e per la prima volta la platea dei contribuenti viene allargata ad un’ampia fascia a basso reddito. Presentando la manovra, il ministro delle Finanze irlandese, Brian Lenihan, ha ricordato che queste eccezionali misure sono necessarie per affrontare “la peggiore crisi economica della storia irlandese”. Anche i vescovi irlandesi assicurano il loro impegno per sostenere la popolazione, condividendone preoccupazioni e problemi. Mons. Denis Brennan, vescovo di Ferns, sottolinea in una lettera inviata ai fedeli e ripresa dall’agenzia Sir che “molte persone sentono un senso di impotenza”. Allo sconvolgimento “per il rapido declino delle ricchezze” – aggiunge il presule – occorre reagire anche con proposte di solidarietà. “In tempi come questi – spiega mons. Denis Brennan – abbiamo bisogno di aiutarci a vicenda”. “I gruppi parrocchiali, le organizzazioni possono svolgere un ruolo fondamentale, creando comunità e un senso di appartenenza”. Il vescovo di Ferns ha infine ricordato la colletta annuale promossa dalla Società di San Vincenzo de Paoli che si terrà nelle parrocchie irlandesi fino al prossimo 12 dicembre. “Un’occasione – ha osservato il presule – per offrire speranza attraverso l’aiuto”. (A.L.)

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    Vescovi del Portogallo: "nella crisi economica riscoprire la carità cristiana"

    ◊   “L’estrema gravità della situazione economica attuale e la nostra corresponsabilità di fronte ad essa, rendono imperativo il serio impegno di tutti a favore del dialogo sociale, della negoziazione collettiva e della concertazione: è urgente riscoprire il vero e concreto valore della carità cristiana, mediante una serie di proposte e di interventi immediati di prossimità”. Così scrivono i vescovi portoghesi nel loro Messaggio per il Natale 2010, dal titolo emblematico “Corresponsabili nella speranza”. “Questo Natale – si legge - giunge in circostanze drammatiche per molte persone e famiglie portoghesi; per questo motivo, inviamo collettivamente un messaggio natalizio ai cristiani e a tutti coloro che vogliano ascoltare la nostra voce”. Non pretendendo di elencare i molti problemi che toccano la popolazione, - riferisce l'agenzia Sir - il testo sottolinea che “alla base delle cause finanziarie ed economiche della crisi si trova la non considerazione di valori e di principi etici fondamentali”. In direzione opposta, quella della costruzione della speranza, i vescovi riconoscono che gli evidenti segnali della presenza di Dio nel mondo, interpellano tutti “a riconoscere l’esistenza di un bene collettivo, a non dissipare il prezioso patrimonio democratico storicamente raggiunto, al superamento dei mali che ancora affliggono l’umanità. Tutti i cittadini e le loro istituzioni, le imprese e le altre organizzazioni sono soggetti attivi e destinatari di corresponsabilità, la quale si configura maggiormente giusta se pone la persona umana al centro delle proprie motivazioni”. Da qui l’appello ad un “serio impegno di tutti a favore del dialogo sociale, della negoziazione collettiva e della concertazione” per “riscoprire il vero e concreto valore della carità cristiana”. “È una speranza con tali fondamenta che è necessario costruire, mantenere e diffondere — conclude il documento dei vescovi — il tempo natalizio invita a questo annuncio di corresponsabilità di tutti e di ciascuno di noi, affinché si possa creare una nuova coscienza del bene comune che si attui in forza e coraggio per la promozione umana di tutti i portoghesi”. (R.P.)

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    Hong Kong: Seminario dei gesuiti per commemorare padre Matteo Ricci

    ◊   “Cercare Dio nella cultura” è il tema del Seminario promosso dai gesuiti di Hong Kong, dal 2 al 5 dicembre, per commemorare i 400 anni della morte del loro confratello, il missionario padre Matteo Ricci. Mons. John Tong, vescovo della diocesi di Hong Kong, ha preso parte al Seminario presiedendo anche l’Eucaristia dell’apertura. Secondo il vescovo, “l’evangelizzazione di padre Ricci è sostenuta dalla profonda vita contemplativa, vale dire è un complemento armonico tra vita contemplativa ed azione”. Quindi ha incoraggiato la missione dell’evangelizzazione di oggi: essa deve essere concentrata ed accompagnata da una intensa vita spirituale contemplativa, perché “la riflessione e la contemplazione di danno la forza del servizio. In questo modo viviamo autenticamente lo spirito Ricciano” ha sottolineato mons. Tong. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), oltre 300 partecipanti provenuti da luoghi diversi come Hong Kong, Taiwan, Inghilterra, Australia, India, Vietnam hanno partecipato al Seminario ed anche ai workshop spirituali nel Centro di Spiritualità di Sant'Ignazio. Tra loro erano presenti padre L. Gendron, superiore provinciale della provincia cinese dei gesuiti, molti superiori delle comunità asiatiche dei gesuiti insieme a gesuiti, esperti di spiritualità e fedeli laici che hanno fatto esperienza degli esercizio spirituali di Sant'Ignazio. (R.P.)

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    I giovani di Taizé in Cile per l’incontro internazionale in America Latina

    ◊   In un Continente recentemente segnato dalla sofferenza provocata dalle catastrofi naturali, i giovani della comunità ecumenica internazionale di Taizé si ritrovano fino a domenica prossima a Santiago del Cile per condividere nuovi passi del cammino verso la costruzione di un mondo più abitabile per tutti, un mondo di solidarietà e di pace. L'incontro organizzato a Santiago è anche un’occasione per ricordare in particolare nelle preghiere comuni le vittime del sisma dello scorso 27 febbraio, invitando i ragazzi a rafforzare i legami di solidarietà con i fratelli latino-americani. Il “Pellegrinaggio di fiducia per una terra fraterna” è soprattutto un momento per fermarsi, incontrarsi nel silenzio, nella preghiera, nella riflessione, nello scambio. “Tutti noi — spiega fratel Alois, priore di Taizé — percepiamo il bisogno di grandi cambiamenti nel nostro mondo. Le strutture della nostra società e i modelli di pensiero di ieri si rivelano inadeguati e insufficienti per consentire alle persone e ai popoli di vivere insieme nella pace. Ma scopriamo anche che il cambiamento necessario, in particolare una revisione del sistema economico e finanziario mondiale, non può avvenire senza un cambiamento del cuore umano. Ecco, noi vorremmo che l'incontro consenta a ciascuno di intraprendere o di approfondire un tale cambiamento del cuore”. Tre avvenimenti hanno segnato il 2010 del Cile: il terremoto, che ha causato quasi seicento morti, l'inizio delle celebrazioni, il 18 settembre, per il duecentesimo anniversario dell'indipendenza del Paese e l'apprensione e poi i festeggiamenti per la liberazione, dopo settanta giorni trascorsi a settecento metri di profondità, dei trentatré minatori di San José. Il Cile – sottolinea infine l’Osservatore Romano - è “un Paese dai forti contrasti, geografici e sociali, ma profondamente cattolico” e “capace di raccogliersi sotto la stessa bandiera, sia nel dolore che nella gioia provocati da tali eventi, e di riscoprire le proprie radici cristiane”. (A.L.)

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    Filippine: giunte domenica nel Paese le reliquie di Don Bosco

    ◊   Dopo 17 giorni nell’Ispettoria thailandese, domenica 5 dicembre l’urna di Don Bosco è giunta nelle Filippine, dove rimarrà per oltre un mese, visitando le opere del Paese con la più alta percentuale di cattolici di tutta l’Asia. Dopo un breve scalo tecnico presso l’aeroporto Mactan di Cebu – riferisce l’agenzia dei Salesiani Ans – le reliquie provenienti da Bangkok sono atterrate nelle prime ore della mattina di domenica a Bacolod, nell’isola di Negros, da cui ha avuto inizio la presenza salesiana nel Paese. Ad accogliere l’urna, accanto alla pista d’atterraggio, era presente un piccolo drappello di Salesiani, guidati da don George Militante, Superiore dell’Ispettoria “Maria Ausiliatrice” delle Filippine Sud (FIS), e da mons. Patrick Buzon, vescovo salesiano di Kabankalan. Appena fuori dal recinto dell’aeroporto stavano in attesa numerose persone, tra le quali il sindaco della città, il rappresentante della polizia locale, e vari pullman carichi degli studenti delle scuole salesiane. Dall’aeroporto l’intera compagnia ha formato una lungo corteo, composto da oltre 30 veicoli, che ha accompagnato l’urna di Don Bosco fino alla cattedrale di San Sebastiano. Lì, il vescovo della diocesi, mons. Vincent Macanan Navarra, ha celebrato un’Eucaristia alla presenza di migliaia di cattolici filippini che hanno riempito completamente la chiesa. Oltre ai membri della Famiglia Salesiana locale, molti dei fedeli sono stati richiamati dal programma lanciato dalla comunità salesiana locale, che nei giorni precedenti l’arrivo dell’urna ha divulgato attraverso i vari media numerose informazioni sulla storia di Don Bosco e dell’opera salesiana. Terminata la solenne celebrazione l’urna è rimasta esposta alla venerazione dei fedeli, fino alle due del pomeriggio. Un nuovo, lungo corteo di auto si è quindi diretto verso la parrocchia “San Giovanni Bosco” di Mambucal, facendo tappa in altre due chiese che si trovavano lungo il percorso. Giunta presso l’opera salesiana, l’urna è stata vegliata tutta la notte con canti e preghiere dalla comunità locale, guidata dal parroco don Andy Satura. All’alba di lunedì 6 dicembre, le reliquie sono state quindi portate al “Don Bosco Technical Institute” di Victorias. Quella nelle Filippine è la terza tappa asiatica del viaggio delle reliquie di Don Bosco, dopo la Corea e la Thailandia. Le reliquie – lo ricordiamo - sono state benedette il 25 aprile nella Basilica di Santa Maria Ausiliatrice di Torino dal Superiore Generale dei Salesiani, don Pascual Chávez Villanueva. Il pellegrinaggio terminerà nel 2015, secondo centenario della nascita del Santo. (L.Z.)

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    Terra Santa: tavole rotonde su Natale e temi sociali

    ◊   Violenza sociale e familiare, soprattutto tra i giovani e nelle scuole: su questi temi l’associazione “Voi siete miei fratelli” ha organizzato nei giorni scorsi a Kafr Yassif, in Terra Santa, una tavola rotonda. Circa 200 i partecipanti che hanno ascoltato tra gli altri mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Israele, che a partire dalla Bibbia, da alcuni esempi della storia e dell’attualità, ha cercato di mostrare come “la violenza nasce in fondo sempre nel cuore di una persona” e che “non bisogna certo sottovalutare la forza delle circostanze e le responsabilità della politica” anche se “la causa e dunque la soluzione sono interne e si trovano nel cuore della persona e quindi nell’educazione della famiglia, della scuola, della religione e dei mezzi di comunicazione”. Gli interventi, si legge sul sito www.lpj.org, hanno dato origine ad un dibattito assi vivace che ha coinvolto cristiani, drusi e musulmani in un confronto costruttivo. Sempre nei giorni scorsi, a Rameh, invece l’Associazione ecumenica “Shabab al-Kanissah” (giovani della Chiesa) ha coordinato, d’accordo con i parroci, Abuna Ilario Antoniazzi per i latini, Abuna William Abushqara per i melkiti e Abuna Georgius Khoury per gli ortodossi, una tavola rotonda a tre voci dal titolo: “Come prepararci a un Natale d’unità ?”. hanno parlato mons. Boutros Mouallem, greco melkita, che ha trattato il tema “I significati di Natale a partire dalla liturgia e dall’icona”; mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, che ha sviluppato “Il Natale della storia e della teologia per l’unità nella tradizione e nella vita” e mons. Atallah Hanna, ortodosso, che ha proposto “Il Natale nello spirito e nella carità per l’unità della Chiesa”. Le reazioni e domande del pubblico hanno lasciato emergere soprattutto la necessità, almeno sociale, di unificare le feste. (T.C.)

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    Presentazione del libro “La fede dei piccoli” con prefazione di mons. Georg Ratzinger

    ◊   “La nostra fede non si limita alla preghiera, all’interiorità e alla razionalità. La nostra fede afferra l’uomo intero. Tutto l’uomo è chiamato alla santità, e così egli deve tendervi attivamente con tutti i suoi sensi. Molti sacerdoti aspirano ad essere ‘moderni’, ‘al passo coi tempi ‘. Credono che la pietà popolare sia qualcosa di superato e, passo dopo passo, la espellono dalla vita della Chiesa. Il protestantesimo ha già abbandonato questa forma di pietà. Per i cristiani evangelici la Chiesa è presente unicamente lì dove si prega e dove vengono amministrati i sacramenti”. E’ quanto si legge nella prefazione scritta per il volume "La fede dei piccoli" edito dalla Libreria Editrice Vaticana da mons. Georg Ratzinger, fratello di Benedetto XVI. “Ma così si dimentica - aggiunge mons. Ratzinger - che la Chiesa è una realtà sempre presente che riempie tutta la nostra vita e che aspira a coinvolgerla integralmente. Purtroppo una simile tendenza ha cominciato a prender piede anche tra noi cattolici. Ci accorgiamo, però, che lì dove viene praticata solo una ‘religione razionale’, la fede perde forza e, prima o poi, scompare del tutto”. Il volume “La fede dei piccoli”, opera della principessa Elisabeth von Thurn und Taxis, verrà presentato nell’ambito de “I Venerdì di Propaganda: temi e autori” dalla stessa autrice oggi pomeriggio, alle ore 17.30, presso la Libreria Internazionale Paolo VI di via di Propaganda Fide a Roma. E’ importante – sottolinea infine mons. Georg Ratzinger – “che la pietà popolare continui a essere curata e alimentata con entusiasmo, così che possano goderne anche le generazioni future. La fede rimane viva solo se si rivolge a tutto l’uomo. E questo è il messaggio che rivolgo ai giovani cristiani di oggi. E così sono particolarmente contento del fatto che una giovane donna moderna, una giovane scrittrice, la voglia far conoscere e amare proprio alla sua generazione, mostrando questo: la pietà popolare ci avvicina a Gesù Cristo”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    L’Onu: Israele rispetti gli obblighi sulle colonie

    ◊   Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, deplora il fatto che Israele “non tenga conto degli appelli congiunti della comunità internazionale” per un congelamento degli insediamenti nel Territori palestinesi. Secondo quanto riferisce il suo portavoce, il numero uno del Palazzo di vetro chiede nuovamente a Israele di “rispettare gli obblighi delineati nella Road Map (del Quartetto per il Medio Oriente) sul congelamento delle attività di colonizzazione nei territori palestinesi occupati, Gerusalemme est compresa”. Intanto, prosegue l’impegno Usa per i negoziati: il primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Salam Fayyad, è partito oggi da Ramallah alla volta di Washington assieme al negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat, per colloqui col segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. Il confronto verterà sulla situazione creatasi dopo la rinuncia degli Usa ai tentativi di convincere Israele ad accettare una nuova moratoria degli insediamenti ebraici nei Territori occupati. Sempre oggi, il presidente palestinese, Abu Mazen, ha ribadito che la questione degli insediamenti è essenziale. Di quello che appare come un grave ostacolo ai negoziati di pace, Giancarlo La Vella ha parlato con Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:

    R. – Direi che, in realtà, i negoziati non sono mai ripresi, per cui alla fine sono durati meno di tre settimane. E’ probabile che, comunque, dietro le quinte proseguano quei colloqui indiretti che Washington porta avanti ormai da parecchio tempo e che vogliono provare a creare almeno un clima adatto alla gestione del conflitto per vedere se esistono spiragli per una trattativa. Ma l’esito di questi due mesi di stallo dimostra in maniera chiara che, in questo momento, non ci sono gli spazi per andare molto avanti in un accordo di pace.

    D. – Un’alternativa ai negoziati diretti non potrebbe essere una presenza molto più forte internazionale a livello di una mediazione che prenda in mano più decisamente la situazione?

    R. – Credo che oggi lo scenario sia soprattutto un altro: nella scorsa settimana il Brasile e l’Argentina sono stati i primi Paesi a riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese con un’iniziativa unilaterale e l’Uruguay farà la stessa cosa nell’arco di qualche mese. C’è una forte pressione da parte di nuovi soggetti che si muovono nel campo della politica internazionale, cercando nuovi spazi di protagonismo, che vogliono dare forza a questa proclamazione unilaterale dello Stato palestinese da parte delle autorità di Ramallah e, in particolare, del premier Salem Sayyad. Credo che questo oggi sia lo scenario con cui avremo a che fare. Se nemmeno questo negoziato riuscirà ad andare avanti, effettivamente sul terreno si vedranno poche alternative. Io credo che se non ci sarà da parte dell’amministrazione americana un successo in extremis, che porti in qualche modo a riaprire uno spiraglio al negoziato, questo sarà davvero il nuovo scenario politico con cui il Medio Oriente si troverà a confrontarsi. (ap)

    Ancora raid di Israele nella Striscia di Gaza: solo danni, nessuna vittima
    Israele ha condotto la scorsa notte raid aerei su quattro zone della Striscia di Gaza, senza causare vittime, dopo i colpi di mortaio partiti ieri sera dai territori palestinesi, uno dei quali ha causato il ferimento di un agricoltore israeliano nei pressi della linea di confine. Lo rendono noto responsabili dei Servizi di sicurezza di Israele. Circa 200 tra missili e colpi di mortaio sono stati sparati contro il territorio israeliano dalla Striscia di Gaza dall'inizio del 2010, secondo un bilancio dell'esercito d'Israele.

    L’Onu annuncia il sostegno al presidente eletto in Costa d’Avorio
    Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha annunciato ieri sera il suo sostegno ad Alassane Ouattara come presidente eletto della Costa d'Avorio, a seguito di accese discussioni a causa delle reticenze della Russia. In un chiaro avvertimento al presidente uscente, Laurent Gbagbo, “i membri del Consiglio di sicurezza condannano fermamente ogni tentativo di rovesciare la volontà del popolo”, si legge in una dichiarazione ufficiale. I 15 Paesi del Consiglio hanno anche brandito la minaccia di sanzioni nei confronti di chi mette a rischio il processo per la pace in Costa d'Avorio. Ouattara è stato proclamato vincitore da parte col 54,1% dei voti, ma il Consiglio costituzionale ivoriano ha invalidato tali dati dando Gbagbo presidente col 51,45%.

    Kamikaze nella provincia meridionale afghana di Kandahar
    Un kamikaze si è fatto esplodere nella provincia meridionale afghana di Kandahar vicino ad alcuni militari della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato), senza che per il momento sia chiaro il bilancio di eventuali vittime. Lo scrive l'agenzia di stampa Pajhwok. L'attacco è avvenuto nel distretto di Maiwand. Un portavoce della Nato ha detto all'agenzia che su di esso è stata aperta un'inchiesta e che per il momento si è a conoscenza soltanto del ferimento di una donna. Diversa invece la versione dei talebani, che per bocca di un portavoce, Qari Yusuf Ahmadi, hanno precisato che l'operazione è stata condotta ieri sera nell'area di Chalgazi Karez da Farid Ahmad, un giovane studente di Kandahar che parlava un inglese fluente e che, quando è stato circondato dai soldati stranieri, si è fatto esplodere. Ahmadi ha concluso dicendo che “oltre dieci soldati americani sono morti” nell'incidente, un bilancio però che non ha avuto alcuna conferma ufficiale.

    In vigore anche in Italia il test di lingua per stranieri per il permesso di soggiorno
    Entra in vigore oggi in Italia il decreto che subordina al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo, la ex carta di soggiorno. Gli esami possono essere prenotati on line sul sito del Ministero dell’interno ed inizieranno dal prossimo febbraio. Sono esenti i cittadini comunitari, i figli di extracomunitari sotto i 14 anni e gli stranieri affetti da gravi limitazioni alla capacità di apprendimento linguistico. Non sono inoltre tenuti allo svolgimento del test gli stranieri in possesso di attestato di conoscenza della lingua o di diploma di scuola secondaria di primo o secondo grado. La nuova procedura è già in vigore in alcuni Paesi dell’Unione Europea. Lo conferma Nicola Savioli del Servizio Immigrazione Patronato Acli, intervistato da Paolo Ondarza:

    R. – Effettivamente, è una procedura in uso presso la maggior parte dei Paesi della Comunità europea. Non è facile dare un giudizio in quanto, se da un punto di vista teorico è utile mettere come elemento anche la conoscenza della lingua italiana, che può essere non solo un onere ma anche un beneficio per l’immigrato stesso, bisogna poi vedere a quale livello venga posta l’asticella della conoscenza. Si parla di un livello “A2”, praticamente di conoscenza delle cose elementari, come essere in grado di rispondere ad una persona che ti chiede un’informazione…

    D. – Per quali categorie di extracomunitari viene introdotto il test di lingua italiana?

    R. – Solo per coloro che già soggiornano in Italia.

    D. – Quindi, per coloro che hanno già ottenuto un permesso di soggiorno?

    R. – Esatto: per coloro che sono in possesso da almeno cinque anni di un regolare permesso di soggiorno.

    D. – C’è il rischio di fare confusione? Che differenza c’è tra il permesso di soggiorno e il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo?

    R. – Il primo permesso è rilasciato in seguito alla regolarizzazione – l’ultima è stata nel 2009 – o a seguito di ingresso regolare in Italia, con visto, per motivi di lavoro, di famiglia o altra tipologia di visto. Il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo è invece a tempo indeterminato.

    D. – Questo test, secondo voi, potrebbe rallentare le procedure per il rilascio del permesso di soggiorno “Ce” per lungo periodo?

    R. – Sì, e anzi, si è posto un problema. Un conto è dire: “Faccio la domanda contestualmente”, cioè richiedo la ex-carta di soggiorno e richiedo anche il test. Un conto invece, come purtroppo sembrerebbe emergere, è che debba essere superato il test per fare poi richiesta del Permesso di soggiorno Ce. Quindi, il test diventa una sorta di pre-requisito e c’è il rischio che i tempi si allunghino di almeno sei mesi.

    D. – La critica che viene mossa è che non è lo Stato a pagare i corsi per l’apprendimento della lingua italiana, ma a questi devono pensare le associazioni che si occupano dell’inserimento degli immigrati…

    R. – Sì e forse, guardandolo da un punto di vista positivo, potrebbe trattarsi di un principio di sussidiarietà. Se invece si volesse guardare l’aspetto un po’ più negativo, effettivamente si tratta di un aggravio per l’immigrato stesso, anche se è corretto dire che di norma – almeno dal punto di vista della mia personale conoscenza pratica – un corso di 60 ore può costare dai 30 ai 50 euro. (gf)

    Negli Usa la Camera blocca la chiusura del carcere di Guantanamo
    La Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha di fatto bloccato la chiusura del carcere di Guantanamo, infliggendo così un duro colpo ad una delle politiche più fortemente volute dal presidente Barack Obama. Con 212 voti a favore e 206 contrari, la Camera ha adottato un disegno di legge sui capitoli di spesa per il 2011, destinata a permettere che i finanziamenti per il governo proseguano fino al settembre del prossimo anno. Un paragrafo del testo vieta espressamente l'utilizzo di fondi pubblici per l'eventuale trasferimento sul suolo americano dei 174 sospettati di terrorismo attualmente reclusi nel centro di detenzione allestito all'interno della base americana di Gantanamo, a Cuba. Se anche il Senato farà una scelta analoga, sarà impossibile portare i detenuti di Guantanamo davanti a un tribunale sul territorio statunitense. All'indomani del suo insediamento, Obama aveva firmato un decreto che disponeva la chiusura del carcere speciale entro il 22 gennaio 2010. A causa dell'opposizione incontrata nel Congresso, il presidente non ha potuto tener fede al suo impegno. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 342

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