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Sommario del 07/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Gli insegnamenti di Benedetto XVI sull’Immacolata: essere umili come Maria nell’affidarci alla volontà di Dio
  • Il cordoglio di Benedetto XVI per i sette ciclisti travolti e uccisi a Lamezia Terme
  • Nomina
  • Presentato il progetto di restauro conservativo dell’Archivio fotografico de L’Osservatore Romano
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Wikileaks, Assange arrestato a Londra. L'esperto: svelare i file non serve alla democrazia
  • Anche l'Argentina riconosce lo Stato palestinese, proteste di Israele
  • Scarcerato il marocchino arrestato per la scomparsa di Yara Gambirasio
  • Il cardinale Tettamanzi alla città di Milano: immigrato non è uguale a delinquente
  • Assisi, chiusura del centenario dell’elevazione di Santa Maria degli Angeli a Basilica Patriarcale e Cappella papale
  • Il ciclo della Radio Vaticana dedicato al Concilio: una riflessione sulla "Dei Verbum"
  • Chiesa e Società

  • Documento finale dell’incontro continentale latinoamericano di Pastorale delle Migrazioni
  • India: aggressioni sistematiche contro i cristiani in Karnataka
  • I vescovi iracheni parleranno al parlamento europeo del dramma dei cristiani
  • Pakistan: si accende lo scontro per modificare la legge sulla blasfemia
  • Egitto: copti protestano per chiedere giustizia per gli uccisi e libertà per gli arrestati
  • Sud dell’India nel piano dell’emergenza alluvioni. Circa 30 mila abitazioni distrutte
  • Colombia: oltre 100 sepolti vivi per la frana dopo le alluvioni
  • Rapporto Ifad: diminuisce la povertà rurale nel mondo
  • Stati Uniti: l'appello dei leader religiosi in difesa del matrimonio
  • Terra Santa: per l'incendio al Monte Carmelo la solidarietà delle Chiese cristiane
  • Il vescovo brasiliano mons. Klautler insignito ieri a Stoccolma del "Nobel Alternativo"
  • Messaggio dei vescovi maroniti su paralisi istituzionale e tutela ambientale
  • Il cardinale Bertone in visita a Macerata per il IV centenario di Padre Ricci
  • A Pretoria riunione dei vescovi dell'Africa del Sud su etica e buon governo
  • Sudan: il vescovo Kussala sul ruolo della Chiesa per il dopo-referendum
  • Rwanda: migliorano i tassi di mortalità materno-infantile
  • Camerun: l'impegno della Chiesa nell'educazione civica nelle parrocchie
  • Burkina Faso: aperto un Centro di riabilitazione per disabili
  • Cina: a Nan Chong nasce l’Associazione del Sacro Cuore di Gesù
  • Eletta la superiora generale delle Suore Missionarie del Sacro Costato
  • 24 Ore nel Mondo

  • Rischio di guerra civile sempre più elevato in Costa d’Avorio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Gli insegnamenti di Benedetto XVI sull’Immacolata: essere umili come Maria nell’affidarci alla volontà di Dio

    ◊   Domani, nella Solennità dell’Immacolata Concezione, Benedetto XVI reciterà l’Angelus in Piazza San Pietro alle ore 12. Quindi, alle ore 16, si recherà in Piazza di Spagna per il tradizionale atto di Venerazione dell’Immacolata. Il Pontefice sarà accolto dal cardinale vicario, Agostino Vallini, e dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Nel servizio di Alessandro Gisotti, ripercorriamo alcune riflessioni del Papa sul mistero dell’Immacolata Concezione di Maria:

    Maria è la donna che ha detto “sì” al bene e “no” al male. Benedetto XVI ci invita a guardare con fiducia alla Vergine, la fanciulla che ha avuto il coraggio di rifiutare gli inganni del potere e del piacere e si è invece affidata a Dio, al suo amore infinito. Ma perché Dio ha prescelto Maria per generare il suo Figlio Unigenito? Perché, si chiede il Papa, “tra tutte le donne, Dio ha scelto proprio Maria di Nazaret?”:

    “La risposta è nascosta nel mistero insondabile della divina volontà. Tuttavia c’è una ragione che il Vangelo pone in evidenza: la sua umiltà. Lo sottolinea bene Dante Alighieri nell’ultimo Canto del Paradiso: ‘Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, / umile ed alta più che creatura, / termine fisso d’eterno consiglio’… Sì, Dio è stato attratto dall’umiltà di Maria, che ha trovato grazia ai suoi occhi”. (Angelus, 8 dicembre 2006)

    Il mistero dell’Immacolata Concezione, osserva il Pontefice, ci mostra la vittoria della grazia di Cristo sul peccato originale. Una vittoria che avviene grazie al “sì” di Maria:

    “Satana ai primordi della creazione sembra avere la meglio, ma verrà un figlio di donna che gli schiaccerà la testa. Così, mediante la stirpe della donna, Dio stesso vincerà. Quella donna è la Vergine Maria, dalla quale è nato Gesù Cristo che, con il suo sacrificio, ha sconfitto una volta per sempre l’antico tentatore. Per questo, in tanti dipinti o statue dell’Immacolata, Ella è rappresentata nell’atto di schiacciare un serpente sotto il suo piede”. (Angelus, 8 dicembre 2009)

    Ecco perché, afferma il Papa, la festa dell’Immacolata ci invita ad avere speranza, anche “nelle prove della vita”, anche nelle tempeste che ci fanno vacillare:

    “Cari amici, che gioia immensa avere per madre Maria Immacolata! Ogni volta che sperimentiamo la nostra fragilità e la suggestione del male, possiamo rivolgerci a Lei, e il nostro cuore riceve luce e conforto”. (Angelus, 8 dicembre 2009)

    Al tempo stesso, Benedetto XVI ribadisce che Maria è Madre della Chiesa, come ha proclamato solennemente il Concilio Vaticano II. La Chiesa, constata il Papa, “anche se esposta agli influssi negativi del mondo, trova sempre in Lei la stella per orientarsi e seguire la rotta indicatale da Cristo”. E ci esorta dunque a seguire l’esempio di Maria, a trovare la vera libertà:

    “L'uomo che si abbandona totalmente nelle mani di Dio non diventa un burattino di Dio, una noiosa persona consenziente; egli non perde la sua libertà. Solo l'uomo che si affida totalmente a Dio trova la vera libertà, la vastità grande e creativa della libertà del bene. L'uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa divino, diventa veramente se stesso. L'uomo che si mette nelle mani di Dio non si allontana dagli altri, ritirandosi nella sua salvezza privata; al contrario, solo allora il suo cuore si desta veramente ed egli diventa una persona sensibile e perciò benevola ed aperta”. (Messa per l’Immacolata, 8 dicembre 2005)

    Sulla Solennità dell’Immacolata, e in particolare sul legame tra Giovanni Paolo II e la Vergine Maria, Emanuela Campanile ha intervistato mons. Giacomo Martinelli, delegato per la Consulta giovanile della Pontificia Accademia dell’Immacolata:

    R. - Giovanni Paolo II - che come tutti sanno aveva come motto il “totus tuus”, cioè aveva completamente consegnato sua vita e la sua volontà nelle mani di Maria - era convinto che - come del resto è nella sua stessa tradizione polacca - che se la vittoria della Chiesa verrà, verrà attraverso il cuore di Maria, attraverso Maria. Ed intendeva esattamente questo: come Maria collima totalmente nella sua volontà con la volontà di Dio - perché in lei non c’è stata nessuna “negatività” o come direbbe Benedetto XV, nessuna goccia di veleno che la separava dalla volontà di Dio - se anche, noi guidati da Maria, ci consacriamo a lei, diventiamo capaci di corrispondere come lei alla volontà di Dio. In questo senso, passa attraverso di noi quella forza dello spirito, che poi è la fonte per ogni vera evangelizzazione ecclesiale. Chi più di Maria aveva questa intimità con Cristo? Perciò alla sua scuola, noi possiamo ricevere quella forza - anche se, purtroppo, in questi ultimi decenni sembra talvolta essere in difficoltà l’efficacia pastorale della Chiesa - e proprio ritornando a Lei, imparando da Lei il metodo del “totus tuus”, della consacrazione a lei. Può diventare una strada, una strada decisiva per rinnovare la nuova evangelizzazione. Perciò, ogni generazione ha l’assoluta necessità di approfondire le ragioni non solo intellettuali del suo vivere, ma anche di purificare in una vita di offerta della propria libertà - quindi di sacrificio, di croce, di rinuncia - per scoprire sempre di nuovo e sempre più profondamente che senza questa potenza dello Spirito Santo - che per prima ha ricevuto la Vergine, fin dall’Annunciazione - noi non possiamo essere più forti del maligno. In questo senso, non si finisce mai di approfondire l’amore, perché si cresce sempre, mano a mano che si cresce nell’amore per Cristo. (bf)

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    Il cordoglio di Benedetto XVI per i sette ciclisti travolti e uccisi a Lamezia Terme

    ◊   Benedetto XVI ha espresso in un telegramma il suo profondo dolore per i sette ciclisti rimasti uccisi domenica scorsa a Lamezia Terme in un incidente stradale. Il Santo Padre ha assicurato “spiritualmente vicinanza ai familiari e all’intera comunità, tutti fortemente provati per la perdita dei propri cari ed affida le anime dei fratelli defunti alla materna intercessione della Beata Vergine Maria ed invia di cuore la confortatrice benedizione apostolica”. Il telegramma è stato letto durante i funerali, ai quali hanno partecipato stamani migliaia di persone, dal vescovo di Lamezia Terme, mons. Luigi Antonio Cantafora.

    Nell'omelia, il presule ha ricordato che "è solo alla luce di Gesù, il Crocifisso Risorto, che noi possiamo capire anche le vicende di persone che hanno sofferto, come Giobbe". "Giobbe - ha aggiunto mons. Cantafora - era un uomo integro, forte, retto, onesto, generoso". "In Giobbe - ha spiegato il vescovo di Lamezia Terme - può rispecchiarsi qualunque uomo di buona volontà che abbia il buon senso della vita e il senso di Dio". "Ma proprio quest'uomo, Giobbe, viene travolto da immani sciagure che si abbattono su di lui e sulla sua famiglia". "E' provato in tutto! E' il dramma che avvolge la nostra realtà. La prova c'è ed è per tutti, anche per i migliori, anche per gli innocenti".

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    Nomina

    ◊   In Messico Benedetto XVI ha nominato vescovo di Tabasco mons. Gerardo de Jesús Rojas López, finora vescovo di Nuevo Casas Grandes. Il 53.enne presule ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario diocesano di Agusascalientes. Ha ottenuto successivamente la licenza in Diritto canonico. Ordinato sacerdote, ha svolto l’incarico di parroco e di difensore del Vincolo e formatore e professore del Seminario diocesano. Dal 1994 al 2001, è stato vicario generale di Ciudad Juárez. Il 22 maggio 2004, Giovanni Paolo II lo ha nominato secondo Vescovo di Nuevo Casas Grandes. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 4 agosto successivo.

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    Presentato il progetto di restauro conservativo dell’Archivio fotografico de L’Osservatore Romano

    ◊   Si è tenuta questa mattina in Vaticano la conferenza Stampa di presentazione del progetto di restauro conservativo del Patrimonio storico culturale dell’Archivio fotografico de L’Osservatore Romano. Sono intervenuti, tra gli altri, don Giuseppe Colombara, direttore del Servizio Fotografico, mons. Salvatore Filippo Giuliano, presidente dell’Unione Promozione Cristiana, il dott. Gianluigi Linchi, responsabile del Progetto di restauro per conto del Servizio Fotografico, il dott. Gianfranco Proietti, esperto di informatica, il sig. Paolo Marrucci, esperto di tecniche di mantenimento e di parametri microclimatici. Moderatore, il giornalista e scrittore Marco Tosatti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un fondo di Inos Biffi sull'Immacolata dal titolo "Più su del perdono".

    Le terre della fame: in rilievo, nell'informazione internazionale, il "Rapporto sulla povertà rurale 2011" presentato dall'Ifad.

    Cronaca di un anacronismo perfetto: in cultura, la presentazione di Antonio Paolucci al volume "La Sala dell'Immacolata di Francesco Podesti. Storia di una committenza e di un restauro".

    Sole e luna tra dodici stelle: Timothy Verdon su Maria figura e anticipazione dell'umanità purificata.

    Un libro per tutte le età: il vescovo Vincenzo Paglia sull'ispirazione biblica della pastorale.

    Un articolo di Sandro Barbagallo dal titolo "Molti dubbi sulla sant'Agata di Modigliani": frettolosamente attribuito al pittore un ritratto ritrovato dietro una lettera del 1879 e presentato in una mostra a Catania.

    I novant'anni (il 9 dicembre) del presidente emerito della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi: nell'occasione, l'intervista di Arrigo Levi contenuta nel volume "Da Livorno al Quirinale. Storia di un italiano".

    Un articolo di Francesco M. Valiante dal titolo "La scatola verde del Vaticano": due anni fa entrava in funzione l'impianto fotovoltaico sulla copertura dell'Aula Paolo VI.

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    Oggi in Primo Piano



    Wikileaks, Assange arrestato a Londra. L'esperto: svelare i file non serve alla democrazia

    ◊   E’ finita poco prima di mezzogiorno di oggi, a Londra, la latitanza di Julian Assange, il fondatore del sito Wikileaks. Ad arrestare il 39.enne giornalista australiano è stata la polizia britannica, alla quale Assange si è consegnato di persona. Ricercato da un mandato di cattura dell'Interpol, il creatore di Wikileaks, ha spiegato Scotland Yard, “dovrà comparire oggi davanti alla Corte di giustizia di Westminster” per rispondere delle “accuse di coercizione, aggressione sessuale e stupro” a danno di due donne, per episodi commessi in Svezia lo scorso agosto. Sullo sfondo della cattura, la possibile estradizione negli Stati Uniti, che Assange rifiuta categoricamente. La pubblicazione su Wikileaks di file segreti della diplomazia statunitense sta creando da giorni seri imbarazzi e tensioni in campo internazionale. Ma questa operazione aiuta la trasparenza e la democrazia? Il collega della redazione francese, Xavier Sartre, lo ha chiesto a Dominique Wolton, direttore dell’Istituto di Scienze della comunicazione in Francia:

    R. – Si l’information mette en cause les individués …
    Se l’informazione mette a rischio gli individui, credo allora che la libertà di stampa debba tener conto anche della fragilità degli uomini. E questo i giornalisti lo dovrebbero sapere molto bene, poiché sono molto spesso minacciati dalle diverse situazioni nel mondo. Non vedo in nome di quale diritto o di quale dovere dell’informazione si debba mettere a rischio uomini e donne, renderli vulnerabili, gli esseri umani non sono computer. Sappiamo bene quanto sia necessaria esercitare una funzione critica, fondamentale per giornali e giornalisti, ma a condizione che sia basata su risultati d’inchiesta. Ma questi non sono i risultati di un’inchiesta, si tratta di un furto.

    D. – Questo tipo di trasparenza non è comunque utile in una democrazia?

    R. – Je ne pense pas que ca augment la crédibilité…
    Io non penso che questo possa aumentare la credibilità della stampa e della democrazia. Quando ci sono elementi recettori di tanti segreti, e quando ci si trova a vivere in una logica del sospetto e della denuncia, allora questa non è democrazia. La democrazia non consiste nel fatto di ritenere che tutti i poteri siano “marci”, tranne ovviamente quello dell’informazione: la democrazia consiste nell’indicare ai cittadini cosa sia il bene e cosa sia il male da un punto di vista sociale, nei media come in altri settori. Non si può immaginare e credere che vi siano sempre dei complotti o delle strategie di menzogna, ovunque… Così facendo i cittadini non avranno più fiducia nei poteri politici, militari e diplomatici, né tantomeno nei mezzi di informazione.

    D. – La domanda allora è: perché i media si fanno essi stessi megafoni di Wikileaks?

    R. – L’absence di une riflassions…
    L’assenza di una riflessione nei media non è la sola: il mondo accademico non è certo migliore. L’assenza di una riflessione dei media sui limiti di Internet è follia: c’è una tale quantità di informazione per cui si crede che più essa abbonda, più si è democratici. Si sostiene, in questo caso, che le informazioni non è stato possibile verificarle, perché sono informazioni confidenziali, segrete. Il giornalista allora riferisce notizie e informazioni che egli stesso non ha verificato? Questo è già imbarazzante, perché la deontologia dei giornalisti prevede che questo tipo di materiale non possa essere pubblicato. Siamo completamente all’opposto del valore sulla libertà di stampa. I mezzi di informazione non riescono ad assumere una distanza critica. Il cuore dell’informazione nel mondo è rappresentato dalle informazioni verificate e costruite dai giornalisti. Ci sono quindi informazioni non verificate che provengono da varie fonti, ma il nostro lavoro, il nostro compito, la grandezza stessa del nostro lavoro ci dovrebbe imporre in alcuni casi di fare una scelta consapevole: quella di non diffondere e di non pubblicare. Spesso ci si giustifica dicendo che si tratta del dovere di informare o ci si mette una maschera dicendo che se non è questo giornale, allora lo sarà un altro a pubblicare. Ma la conseguenza di una concorrenza interna ai media non può giustificare il fatto di scaricare la coscienza per pubblicare il più velocemente possibile non importa cosa.

    D. – Qual è il rischio in un contesto di globalizzazione?

    R. – La globalisassions de l’information …
    La globalizzazione dell’informazione è come un palazzo che si può fondare su voci, rivelazione o scandali… Così facendo si arriverà esattamente al risultato contrario: non si aumenterà la coscienza democratica, ma si aumenterà soltanto il rifiuto della democrazia: ecco allora che avremmo costruito il palazzo delle voci e di tutte quelle volontà intenzionate a ridurre la libertà di informazione.

    D. – Allora ci si equivochiamo su cosa sia veramente la libertà di informazione?

    R. – La liberté d’information…
    La libertà di informazione non consiste nello stabilire una sorta di canale tra quello che è un attore politico, militare o diplomatico e la stampa: altrimenti i giornalisti non servirebbero a niente. Il lavoro di un giornalista è quello di scegliere ciò che deve tenere per sé come informazione, come conoscenza personale, come cultura personale e quello che può invece assumersi come responsabilità davanti all’opinione pubblica. L’autocensura fa parte della vita politica e non è ipocrisia. Per il fascino di un’abbondanza dell’informazione, i giornalisti dimenticano che la grandezza del loro mestiere è - giustamente - quella di non sottomettersi a tutto ciò, ma di porre una distanza rispetto alle fonti di informazione. Se lo fanno, la loro credibilità aumenterà nel mondo. Come purtroppo sappiamo, la credibilità dei media e dei giornalisti, negli ultimi 20 anni, è in calo. Quindi, non è che facendo questo che i cittadini avranno più fiducia nei giornalisti, anzi al contrario.(mg)

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    Anche l'Argentina riconosce lo Stato palestinese, proteste di Israele

    ◊   Dopo il Brasile, anche l’Argentina ha riconosciuto nelle ultime ore la Palestina quale Stato indipendente entro i confini del 1967. Nelle prossime settimane, pure l’Uruguay potrebbe farlo. Bolivia, Costa Rica, Cuba, Nicaragua e Venezuela nelle scorse settimane hanno già preso provvedimenti analoghi. Israele ha parlato di “interferenze” e si è detto rammaricato per la decisione. Sui motivi che hanno spinto i Paesi dell’area latinoamericana a intraprendere la strada del riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente, Giada Aquilino ha intervistato Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:

    R. - C’è un momento di stallo nel processo diplomatico, dovuto alla mancata accettazione di una ulteriore moratoria di tre mesi da parte di Israele. I palestinesi avevano già intenzione, insieme con la Lega araba, di formalizzare una richiesta al Consiglio di sicurezza dell’Onu per il riconoscimento dello Stato palestinese nei confini del ’67. Questa via, però, pare abbastanza preclusa da un probabile veto degli Stati Uniti nelle promesse fatte a Netanyahu per indurlo ad accettare la moratoria. Gli hanno anche promesso per un anno di bloccare qualsiasi risoluzione del Consiglio di sicurezza che possa essere contrastante con gli interessi dello Stato d’Israele. Quindi, ci potrà essere questa iniziativa di alcuni Paesi latinoamericani che va in quella direzione e che preme nel senso di un’iniziativa dei Paesi “emergenti” del mondo a favore della parte palestinese. Questo, tra l’altro, maschera anche una nuova iniziativa diplomatica del Brasile che è collegata anche alla Turchia: lo si è visto anche in relazione alla proposta di mediazione sul combustibile arricchito, al nucleare dell’Iran. Quindi, c’è un tentativo di nuova presenza nell’area mediorientale che collega queste nuove potenze emergenti che può avere sviluppi anche importanti.

    D. - Ci sono ragioni politiche e anche economiche dietro tali decisioni?

    R. - Quella è un’area rilevante. Il Brasile è una potenza petrolifera. C’è un asse Turchia-Brasile che si sta creando per una presenza, non dico alternativa ma integrativa, rispetto alla tradizionale presenza delle potenze occidentali.

    D. - Questi Paesi dell’area latinoamericana hanno parlato di riconoscimento dello Stato palestinese entro i confini del ’67: quali sono?

    R. - Sono quelli precedenti alla "Guerra dei sei giorni", la cosiddetta “linea verde”: Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est. E’ un po’ la valutazione storica anche del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Anche se in tutte queste varie formulazioni si accetta l’idea di possibili scambi alla pari di territori tra israeliani e palestinesi, un po’ come si è fatto anche nel trattato di pace con la Giordania.(bf)

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    Scarcerato il marocchino arrestato per la scomparsa di Yara Gambirasio

    ◊   Il giudice per le indagini preliminari di Bergamo Vincenza Maccora ha disposto oggi la scarcerazione di Mohammed Fikri, il marocchino fermato nei giorni scorsi per la vicenda della scomparsa di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra di cui non si hanno più notizie dal 26 novembre. Intanto, ieri è stato trasferito nel carcere di Lamezia Terme Chafik El Ketani, il marocchino di 21 anni che domenica mattina, a bordo di una Mercedes, ha travolto un gruppo di dieci ciclisti uccidendone sette. E’ accusato di omicidio colposo plurimo aggravato dalla guida sotto l'effetto della droga. I due episodi di cronaca hanno riaperto il dibattito sul rischio di xenofobia e razzismo in Italia. Fabio Colagrande ne ha parlato con Laura Zanfrini, docente di Sociologia delle migrazioni presso l'Università Cattolica di Milano:

    R. – E’ vero che tutte le statistiche ci dicono che c’è una sovrarappresentazione degli immigrati, in particolare, e della componente irregolare in carcere. Tuttavia, la stragrande maggioranza degli immigrati – marocchini compresi – non si macchia di alcun delitto, di alcun comportamento deviante. Quindi, è sempre sbagliato poi fare generalizzazioni per un intero gruppo o un’intera comunità, con alcune considerazioni che valgono solo per qualcuno dei suoi componenti. In queste due vicende, però, mi sembra di poter rilevare che gli organi di stampa hanno una grande responsabilità nell’aver fatto, se possibile, di tutto, per fomentare intolleranza e per fomentare un certo tipo di reazione. Se si osservavano alcune interviste fatte dalle televisioni a Brembate, c’era veramente la ricerca a tutti i costi di una reazione di tipo intollerante. Abbiamo avuto veramente una manifestazione di uso totalmente improprio del potere che i media hanno di influenzare l’opinione pubblica e di dirigere gli atteggiamenti in una direzione piuttosto che in un’altra.

    D. – Professoressa Zanfrini, dal punto di vista sociologico, qual è la molla che fa scattare la voglia di criminalizzare un gruppo etnico straniero e addossare a lui tutta la responsabilità?

    R. – Questa tendenza alla categorizzazione, al pregiudizio, alla ricerca del capro espiatorio, è un po’ insita nella nostra natura. I criminologi, da alcuni anni, ci restituiscono un dato che fa riflettere. L’Italia è relativamente un Paese sicuro, se rapportato all’esperienza di molte altre nazioni: abbiamo un tasso di omicidi che continua ad essere tra i più bassi del mondo, un tasso di delitti consumati e denunciati che va diminuendo nel corso degli anni. Però, contestualmente, le persone si sentono più insicure e in queste circostanze è abbastanza naturale la ricerca di un capro espiatorio. Gli psicologi sociali ci dicono che gli stranieri sono la categoria ideale per svolgere questo ruolo. Al contempo, però, l’insicurezza è un sentimento reale, che va ascoltato e va, in qualche maniera, contenuto.

    D. – A questo proposito, c’è stato chi ha detto: “La percezione che gli stranieri hanno dell’Italia è quella di un Paese permissivo, dove la certezza della pena è inesistente”...

    R. – Non solo hanno l’impressione di un Paese permissivo, ma hanno anche l’impressione di un Paese a bassissima cultura della legalità. Anche la criminalità, anche la devianza degli stranieri, per esempio, è molto più diffusa in quei contesti dove la criminalità locale, la criminalità organizzata, il lavoro nero sono diffusi. Molto meno nelle società locali, in cui c’è più integrazione.(ap)

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    Il cardinale Tettamanzi alla città di Milano: immigrato non è uguale a delinquente

    ◊   Si riconoscano i “diritti che hanno maturato con il loro lavoro”, senza discriminarli genericamente come criminali. E’ uno dei pensieri in favore degli immigrati che ieri sera, in una Basilica di Sant’Ambrogio gremita di autorità, ha espresso il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. Nel tradizionale Discorso alla città per la festa di Sant'Ambrogio, il porporato si è riferito agli ultimi tragici fatti di cronaca italiana per esortare a non lasciar prevalere l’odio razziale nei riguardi di chi è straniero. Il servizio, da Milano, di Fabio Brenna:

    Un invito ad essere come il seminatore della parabola, che “sparge il suo seme” non solo nel terreno buono, che a Milano c’è ed è importante, ma che si cura di non escludere nessuno, per rendere fertili anche gli esclusi e gli emarginati. E’ una sfida rivolta soprattutto agli amministratori, quella che l’arcivescovo di Milano ha rivolto nel tradizionale Discorso alla città, in occasione della festa del patrono Sant’Ambrogio. Il cardinale Tettamanzi tocca tutti i temi a lui cari da sempre: dall’emergenza lavoro a quella educativa; ripete la centralità della famiglia e la questione dell’immigrazione, con una propo sta finale di realizzare quattro “cantieri sociali”, che promuovano il bene che c’è e operino contro l’esclusione sociale. L’invito a seminare anche sulla pietra, fra i rovi o sulla strada significa innanzitutto non discriminare nessuno, a partire dai più deboli. Con evidente riferimento alle tragedie di questi giorni, in provincia di Bergamo come a Lamezia, il cardinale ripete l’invito a non giudicare:

    “Prego inoltre, perché non si sovrapponga genericamente a tutti gli immigrati la categoria della delinquenza: ogni persona di origine italiana o straniera deve essere sempre giudicata singolarmente per quella che è, non dimenticando mai che il giudizio più vero e definitivo è quello di Dio”.

    Il terreno buono su cui seminare c’è anche a Milano, ma bisogna sostenere adeguatamente il lavoro, le famiglie e tutte quelle realtà impegnate nella difficile sfida educativa. E continuare a seminare per rendere fertili anche le situazioni che appaiono senza speranza:

    “L’uomo della parabola prende in considerazione tutto il terreno che gli è affidato, tutto lo ritiene meritevole delle proprie cure: atteggiamento prezioso questo, per dare fiducia ad ogni realtà, per stimolare le diverse esperienze a dare il meglio di sé; atteggiamento che ancora oggi interroga chi ha competenza, vocazione e mandato di rendere migliore ogni tipo di terreno”.(ap)

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    Assisi, chiusura del centenario dell’elevazione di Santa Maria degli Angeli a Basilica Patriarcale e Cappella papale

    ◊   La comunità dei Frati Minori d'Assisi conclude oggi le celebrazioni per la chiusura del centenario dell’elevazione della Basilica di Santa Maria degli Angeli a Basilica Patriarcale e Cappella papale. Una festa particolarmente sentita per i religiosi, come spiega al microfono di Chiara Pagano il custode della Basilica, padre Fabrizio Migliasso:

    R. – Il 7 dicembre del 1910, con la consacrazione del nuovo altare della Basilica di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, otteniamo il titolo per la nostra chiesa di Basilica Patriarcale e Cappella papale, che San Pio X, Sommo Pontefice, aveva dato nel 1909, esattamente l’11 aprile. Per questo, concludiamo questo anno centenario con questa memoria, con questa festa.

    D. – Qual è il significato dell’odierno appuntamento, dal titolo “La Santa Sede e la Basilica papale di Santa Maria degli Angeli”?

    R. – Scrive San Francesco nella Regola bollata, che noi professiamo: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Questa è la vita del Vangelo di Gesù Cristo, che frate Francesco chiede al Signor Papa Innocenzo gli fosse concessa e confermata. Ed egli la concesse e la confermò, per lui e per i suoi frati, presenti e futuri. Frate Francesco, e chiunque sarà a capo di questa ‘religione’, promette obbedienza e reverenza al Signor Papa Innocenzo e ai suoi successori.

    D. – Come vivete voi francescani l’obbedienza al Romano Pontefice?

    R. – Questo è stato uno dei capisaldi dell’esperienza iniziale di San Francesco. Allora, uno dei rischi era quello di cadere nei gruppi ereticali e Francesco, sin dall’inizio, ha voluto mettersi in obbedienza, chiedere al Santo Padre di verificare il suo stato di vita. Mi piace citare una frase che ritroviamo nella "Vita prima" di Tommaso da Celano, uno dei biografi di San Francesco, di quando Innocenzo III dà l’approvazione appunto a Francesco di poter predicare, e dice: “Andate con Dio fratelli e, come Egli si degnerà di ispirarvi, predicate a tutti la penitenza. Quando il Signore Onnipotente vi farà crescere in numero e grazia ritornerete lieti a dirmelo ed io vi concederò con più sicurezza altri uffici più importanti”. A noi sembra oggi di voler continuare questo mandato di Innocenzo III, annunciando il Vangelo della misericordia, il Vangelo della conversione a tutte le creature. Prima di tutto agli uomini, in ogni condizione, in ogni situazione sociale – dai poveri ai ricchi – e soprattutto in una società dove forse si sta perdendo anche questo punto di riferimento. Quindi, un legame con la Santa Sede come successore di Pietro e, quindi, colui che ci conferma e ci custodisce anche in questo mandato di evangelizzazione, che nasce appunto da Innocenzo III. (ap)

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    Il ciclo della Radio Vaticana dedicato al Concilio: una riflessione sulla "Dei Verbum"

    ◊   Non uno sforzo umano di comprensione del mistero divino, ma una "comunicazione" di tale mistero fatta all'uomo direttamente da Dio. La religione cristiana si fonda su questo, sul concetto-cardine della "Rivelazione". Il Vaticano II lo ribadì solennemente il 18 novembre 1965, quando Paolo VI promulgò la Costituzione dogmatica Dei Verbum. E' su questo importantissimo documento che si sofferma oggi la quinta puntata del ciclo di riflessioni sul Concilio curate da padre Dariusz Kowalczyk:

    Qual è la specificità del cristianesimo che lo rende ben differente dalle altre religioni? Il termine-chiave per rispondere a tale domanda è “Rivelazione”. Non è dunque sorprendente che per molti uno dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II sia la Costituzione sulla Divina Rivelazione Dei Verbum, che ha trovato la sua recente continuazione nell’Esortazione postsinodale Verbum Domini del papa Benedetto XVI. Infatti, la fede cristiana non è una religione nata dallo sforzo umano di scoprire Dio. Questa è la risposta all’azione di Dio che ha voluto liberamente rivelarsi all’uomo.

    Il Concilio dice: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona […]. Dio volle manifestare e comunicare se stesso”. Allora la Rivelazione non è soltanto l'insieme delle verità di fede contenute nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. Anzi, non esiste un elenco dei dogmi che potrebbe pretendere di racchiudere tutta la fede cristiana. Al centro della Rivelazione sta l’incontro con la Persona, con Gesù Cristo. Perciò ogni riforma della Chiesa e nella Chiesa deve cominciare dall’esperienza viva di Gesù che ci è venuto e ci viene incontro. Tanti nuovi movimenti cattolici hanno il loro inizio in tale riscoperta. Giovanni Paolo II nella lettera Novo millennio ineunte, che costituisce un “testamento” del Papa per la Chiesa del XXI secolo, afferma: “No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi! Non si tratta, allora, di inventare un 'nuovo programma'. Il programma c'è già […] Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso”.

    L’aggiornamento conciliare consiste nel cercare una risposta giusta a questo “Io sono con voi”. Però – come ci ricorda il Concilio – non si può trovarla senza la lettura della Bibbia: “L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo”.

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    Chiesa e Società



    Documento finale dell’incontro continentale latinoamericano di Pastorale delle Migrazioni

    ◊   “Per una migliore pastorale delle migrazioni economiche e forzate in America Latina e nei Caraibi” è il tema dell'Incontro Continentale Latino-americano di Pastorale delle Migrazioni, che si è svolto a Bogotá, in Colombia, dal 17 al 20 novembre scorsi, organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in collaborazione con la Sezione per la Mobilità Umana del Celam (Consiglio Episcopale Latino-americano). Oggi ad oltre due settimane dalla conclusione dei lavori è stato pubblicato il documento finale dell’iniziativa che prende in esame diversi aspetti del fenomeno migratorio in America Latina, fra cui “l’arrivo di rifugiati, richiedenti asilo e migranti provenienti dall’Africa e dall’Asia, così come le migrazioni forzate a causa di disastri ecologici”. Si è osservato poi il crescente fenomeno delle migrazioni di ritorno. Di fronte a tutto ciò – si legge nel documento citato dall'agenzia Sir - si è sentita “l’urgenza di aiutare i migranti e tutti quelli che sono spaesati in questo duro cammino, di modo che si sentano come a casa nella terra che offre loro il pane per vivere e nella Chiesa dove il Pane della vita alimenta nuove speranze”. Più in generale nel documento si osserva che “c’è un notevole aumento tanto dell’emigrazione quanto dell’immigrazione, della femminilizzazione della migrazione, delle deportazioni massicce e del traffico di migranti e tratta delle persone, frutto anche della globalizzazione, della crisi del mercato liberale e dell’economia globale, in generale”. Il testo finale contiene anche delle raccomandazioni. Innanzitutto, l’invito alle comunità cristiane e a tutte le organizzazioni dei Paesi di destinazione “di sostenere le iniziative che cercano di costituire organizzazioni di migranti in modo che questi stessi possano offrire il loro contributo come attori e interlocutori nella società di arrivo”. È indispensabile, poi, che coloro che lavorano a favore dei migranti imparino ad ascoltarli, e questo è “di capitale importanza per restituire loro dignità umana”. Una raccomandazione anche a coinvolgere direttamente gli stessi migranti nelle azioni attive a favore di altre persone che condividono la loro condizione, in modo da creare “sinergia”. Importante la formazione dei migranti, “tanto nella vita di fede come in quella professionale e lavorativa, sforzandosi di aiutarli ad imparare la lingua del Paese di arrivo”. Ancora più importante “il rispetto dei diritti dei lavoratori migranti e consolidare l’integrazione tra le strutture delle organizzazioni di lavoratori già esistenti”. Un invito alle comunità cristiane a “rafforzare le organizzazioni nelle zone di frontiera costituendo così ponti solidi a favore dei migranti e di quelli che sono costretti a lasciare le loro case, accompagnando specialmente i deportati o gli espulsi e coloro che decidono volontariamente di tornare nei loro Paesi di origine”. (M.G.)

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    India: aggressioni sistematiche contro i cristiani in Karnataka

    ◊   Ancora attacchi contro i cristiani in Karnataka. Lo scorso 5 dicembre gruppi di estremisti indù hanno compiuto quattro differenti assalti contro cristiani protestanti. Il primo è avvenuto a danno della Gipsy Prayer Hall a Bangalore nella baraccapoli di Kengeri Upanagara. Qui gli estremisti hanno assaltato la chiesa mentre era in corso la messa domenicale, terrorizzando e minacciando i circa 50 partecipanti. Il distretto di Shimoga è stato teatro di altri due incidenti. Gli estremisti indù - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno picchiato e trascinato fuori dalle loro chiese quattro cristiani, facendoli arrestare dalla polizia con la falsa accusa di proselitismo. Il quarto incidente ha colpito i cristiani della Chiesa pentecostale di Jyothinagar (Bangalore). Un gruppo di 40 estremisti ha circondato l’edificio durante l’officio, lanciando pietre e gridando slogan anti-cristiani. Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians, afferma: “I quattro attacchi contro i cristiani in Karnataka riflettono la situazione di insicurezza e vulnerabilità in cui versa la minoranza cristiana. Questa situazione è indice del clima di paura e persecuzione in cui i cristiani sono costretti a praticare la loro fede in questo Stato governato dai nazionalisti del Partito Bharatiya Janata” (Pbj). “Gli attivisti del Bajrang Dal continuano ad assalire, percuotere e minacciare i cristiani. Questa è una sfida reale per la nostra democrazia laica. La situazione può peggiorare, se le autorità non intervengono”. “Le accuse di proselitismo del Sangh Parivar (estremisti indù) contro i cristiani sono prive di fondamento e false”. “La legge del Karnataka sulla Libertà di religione vuole evitare le conversioni forzate, ma viene spesso strumentalizzata e usata per criminalizzare le conversioni in genere ed è usata a estremisti indù con la complicità della polizia locale per colpire i cristiani”. “La cosa triste – prosegue Sajan – è che simili leggi sono state approvate non soltanto in Stati guidati dal Pbj, ma anche in Stati guidati dal Partito del Congresso (Pc). Per esempio. la Legge Anti-Conversione dell’Himachal è stata approvata durante il governo del Pc”. (R.P.)

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    I vescovi iracheni parleranno al parlamento europeo del dramma dei cristiani

    ◊   “Saremo al Parlamento europeo dove illustreremo la nostra situazione reale e faremo sentire la nostra voce all’Europa raccontando la nostra paura ma anche la nostra intenzione di non lasciare il Paese”. Così il vicario patriarcale caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, spiega all'agenzia Sir le motivazioni della visita di una delegazione di vescovi iracheni al Parlamento europeo in programma per il 14 e 15 dicembre prossimi. La delegazione sarà composta dallo stesso Warduni e dagli arcivescovi siro-cattolici di Baghdad e Mosul, mons. Matti Shaba Matoka e mons. Georges Casmoussa. L’iniziativa si colloca nel quadro di una serie di azioni volte a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni internazionali sulle violenze anticristiane. Tra queste azioni anche la Giornata di digiuno per i martiri della cattedrale siro-ortodossa di Baghdad, fissata per il 9 dicembre, dal Consiglio dei capi religiosi cristiani in Iraq. “In questa prospettiva – aggiunge mons. Warduni - trova ulteriore significato la richiesta ai nostri fedeli di astenersi da feste e mondanità per le prossime feste natalizie”. La richiesta è contenuta in un messaggio dei vescovi delle diverse confessioni cristiane presenti in Iraq i quali chiedono anche ai loro fedeli di stare vicini alle famiglie in lutto e di partecipare alla Messa di Natale con questa intenzione. Un incoraggiamento unito alla prudenza nel visitare le chiese ma senza prestare attenzione alle voci di possibili attentati. Nell’intervista il vicario caldeo definisce “un passo avanti” l’istituzione, da parte del Governo, della commissione parlamentare e di una task-force della polizia per la protezione delle minoranze cristiane: “Non vogliamo privilegi ma solo il rispetto dei nostri diritti”. (M.G.)

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    Pakistan: si accende lo scontro per modificare la legge sulla blasfemia

    ◊   In Pakistan è sempre più forte il confronto per modificare la legge sulla blasfemia, dopo la condanna a morte di Asia Bibi, donna cristiana madre di cinque figli. Ieri l’Associazione degli avvocati dell’Alta corte di Lahore ha adottato, all’unanimità, una risoluzione in cui si chiede al governo federale di non fare alcun emendamento alla sezione 295-c del Codice penale pakistano che prevede la pena di morte, o l’ergastolo, per chi è colpevole di blasfemia. L’Associazione ha inoltre dichiarato che il governo non deve cedere alle pressioni internazionali a questo riguardo. La risoluzione approvata afferma che i mezzi di comunicazione nazionali e internazionali e personalità eminenti hanno lanciato una campagna per obbligare il governo a modificare la legge sulla blasfemia. Mentre si attende che l’Alta corte di Lahore fissi la data per l’udienza di appello di Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia, crescono i timori che la donna possa restare vittima di un attentato. Secondo quanto riferisce l'agenzia AsiaNews, un totale di 46 persone sono state uccise, in maniera illegale, dal 1990 al 2010 in seguito ad accuse di blasfemia. Le informazioni hanno rivelato che 28 degli uccisi erano cristiani. Di questi 24 sono stati uccisi in Punjab, la regione in cui abitava Asia Bibi. Oltre ai 28 cristiani, sono stati uccisi 15 musulmani, due Ahmadi e un indù. Tutte queste persone sono state o uccise fuori del carcere, in seguito ad accuse di blasfemia, o sono stati trovate morte in prigione in circostanze sospette. Padre Abid Hahib, di Lahore, ha detto di credere che le uccisioni extra-giudiziarie sollevino il problema della sicurezza di chi è nella mani della polizia. “La Chiesa cattolica ha sempre condannato incidenti tragici di questo genere e da lungo tempo stiamo facendo campagna per l’abolizione di queste leggi”. Padre John Gill, osservatore responsabile per l’Asia del sud per Human Rights Watch, ha detto che il Pakistan resta un laboratorio di violazioni dei diritti umani in nome della religione se la legge sulla blasfemia non verrà modificata o abolita. La Commissione nazionale di giustizia e pace è fra le organizzazioni che chiedono l’abolizione di questa legge. Il segretario esecutivo Peter Jacob ha detto: “In una società come il Pakistan dove le persone possono essere facilmente istigate a farsi giustizia da sé, una legge del genere dovrebbe essere abolita immediatamente”. Lo studioso islamico Javed Ahmad Ghamidi ha detto che il Corano non parla di punizioni per la blasfemia. Intanto i parlamentari cristiani del Punjab hanno effettuato una protesta silenziosa uscendo dall’aula del Parlamento perché il presidente dell’Assemblea Rana Iqbal Ahmed ha impedito loro di prendere la parola sul caso di Asia Bibi, dicendo che era un argomento “sensibile” . Ma in seguito, quando ha parlato con molta veemenza sull’argomento Ali Haider Noor Niazi del Jamiat Ulema-e-Pakistan, un partito religioso islamico, il presidente non l’ha interrotto. (M.G.)

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    Egitto: copti protestano per chiedere giustizia per gli uccisi e libertà per gli arrestati

    ◊   Rilascio immediato delle persone ancora in carcere dopo le manifestazioni del 24 novembre a Talbiya e le dimissioni e la chiamata in giudizio del governatore di Giza e del responsabile della Sicurezza a Giza “che ha dato l’ordine di aprire il fuoco su protestanti copti disarmati”. È quanto chiedono alcune decine di cristiani copti e di musulmani che protestano dal 4 dicembre davanti alla Corte suprema del Cairo. I manifestanti vogliono anche attirare l’attenzione della Corte sull’uso di proiettili normali da parte delle forze dell’ordine durante le proteste, che hanno portato alla morte di quattro copti e al ferimento di altri 120, per la chiesa “negata” nella zona delle Piramidi. I manifestanti - riferisce l'agenzia AsiaNews - innalzano cartelli con le fotografie delle persone uccise e delle persone arrestate durante la dimostrazione. Cantano slogan contro il governatore che viene visto da molti come il responsabile degli incidenti. Secondo fonti copte, il governatore avrebbe infatti dato assicurazioni alle autorità religiose di aver modificato il permesso di costruzione della chiesa a Talbiya, solo 24 ore prima di mandare le forze di sicurezza per sigillare l’edificio. Il suo comportamento avrebbe così scatenato la protesta dei copti. Uno dei cartelli porta questa scritta: “In Egitto è più facile avere un permesso per un night club che per una chiesa”. Dal 24 novembre è in atto un braccio di ferro fra chiesa copta e le autorità di Giza. Fedeli copti e forze di sicurezza egiziane si sono affrontati per giorni davanti alla chiesa dei santi Maria e Michele a Talbiya, nella zona delle Piramidi, Giza; la polizia vuole fermare con vari pretesti i lavori di completamento della chiesa, che i radicali islamici non vogliono. (M.G.)

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    Sud dell’India nel piano dell’emergenza alluvioni. Circa 30 mila abitazioni distrutte

    ◊   Almeno 181 morti e decine di migliaia di sfollati. È il bilancio provvisorio delle inondazioni che stanno devastando il sud dell’India, e in particolare lo Stato del Tamil Nadu. Vari fiumi hanno rotto gli argini e molte città e villaggi sono state invase dall’acqua, in alcuni punti alta vari metri, che ha coperto anche vaste aree coltivate. Le autorità stanno cercando di affrontare l’emergenza allestendo tendopoli per ospitare le decine di migliaia di persone sfollate dalle loro case. I monsoni del nord-ovest, che in genere colpiscono questa parte dell’India fra ottobre e dicembre quest’anno sono stati particolarmente forti. Le piogge sono cresciute di intensità negli ultimi giorni, e hanno portato il totale delle vittime a 181 unità. La maggior parte delle persone sono morte a causa di crolli di edifici, annegamento e scariche elettriche. “Decine di migliaia di persone sono state sradicate dalle loro case, e circa 29 mila abitazioni di fango e canne sono andate distrutte” ha detto ad AsiaNews un funzionario dello Stato che sta facendo un inventario della situazione. In Tamil Nadu 11 dei 23 distretti sono stati pesantemente colpiti dalle alluvioni, in particolare quelli sulla costa del nord-est: Chennai, Cuddalore, Nagapattinam, Thanjavur, Thiruvarur e Villupuram. Le perdite fra i contadini appaiono molto alte. Una stima iniziale suggerisce che circa 150mila ettari di terra coltivata, in particolare a riso, siano andati perduti sotto le acque. Le operazioni di soccorso sono rese più difficili dal fatto che le inondazioni hanno provocato pesanti danni anche alle infrastrutture delle regioni colpite: strade, linee elettriche e ponti sono stati interrotti o danneggiati. La forza della tempesta non diminuirà almeno per altre 24 ore, a causa della depressione in corso sul golfo del Bengala. La perturbazione si sposterà verso lo stati vicino dell’Andra Pradesh. (M.G.)

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    Colombia: oltre 100 sepolti vivi per la frana dopo le alluvioni

    ◊   Sono 24 i corpi ritrovati fra le macerie e il fango dopo che una grande frana, causata dalle forti piogge, ha seppellito un quartiere nella cittadina colombiana di Bello alla periferia della città di Medellin (nord-ovest della Colombia). Il governo - riferisce l'agenzia Fides - ha dichiarato lo stato di emergenza nella zona colpita e mancano ancora un centinaio di persone all'appello. Le autorità hanno annunciato che le ricerche continueranno fino a quando le condizioni atmosferiche lo permetteranno. Si tratta della più grave tragedia avvenuta in questa stagione delle piogge in Colombia. I corpi dei 24 morti, tra i quali 10 bambini, sono stati trovati in momenti diversi e si prevede di celebrare i funerali nei prossimi giorni. La tragedia è stata causata dalla frana che ha spazzato via una quarantina di case nel quartiere di La Gabriela. Secondo l’ultimo rapporto della la Direzione dei Rischi, che dipende del Ministero degli Interni e della Giustizia, a causa delle piogge sono stati uccisi in Colombia finora 194 persone, 248 sono i feriti e 143 i dispersi. In totale ci sono 1,6 milioni di sfratati (circa 330.429 famiglie) in 28 dipartimenti (su 32) colpiti dalle peggiori piogge degli ultimi decenni in Colombia. Da parte del governo, si è riferito anche che le perdite complessive da questa calamità naturale potrebbe raggiungere oltre un miliardo di dollari. La tragedia umanitaria, che non ha precedenti in Colombia, potrebbe lasciare circa due milioni di senza tetto, pari al 4,3% della popolazione, secondo quanto ha detto il Presidente Juan Manuel Santos. L'arcivescovo di Medellin, mons. Ricardo Tobon Restrepo, ha chiamato alla solidarietà tutti i colombiani e ha detto in un'intervista all'agenzia Aciprensa, che “questi eventi sono dovuti al fatto che i contadini che vivevano lì sono stati sfollati dalle loro terre a causa della violenza e si sono dovuti accontentare del posto che avevano trovato, anche se geologicamente instabile, un luogo dove non c’è stato uno sviluppo urbano regolare”. (R.P.)

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    Rapporto Ifad: diminuisce la povertà rurale nel mondo

    ◊   Negli ultimi dieci anni almeno 350 milioni di abitanti delle zone rurali del mondo sono riusciti a uscire dal vincolo della povertà. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto sulla povertà rurale stilato del Fondo internazionale per lo Sviluppo agricolo (Ifad) e presentato a Roma da Kanayo F. Nwanze, presidente dell’agenzia delle Nazioni Unite. Lo studio, di cui dà notizia l'agenzia Misna, rileva poi che i migliori progressi sono stati accertati in Asia orientale, in particolare in Cina, dove la povertà assoluta - coloro che vivono con meno di un euro al giorno – è diminuita da 365 milioni a 117, ovvero un calo del 29%. In totale controtendenza l’Africa subsahariana dove il livello di povertà nelle zone rurali ha avuto un “aumento allarmante”: da 268 a 306 milioni, considerando inoltre che quasi un terzo della popolazione mondiale che vive in condizioni di povertà, vive nel continente. Per l’occasione il numero uno dell’Ifad ha quindi sottolineato che “è giunto il momento di considerare i piccoli agricoltori e gli imprenditori rurali poveri in un modo completamente nuovo: non come casi umani da compatire, ma come persone che, con la loro capacità di innovare, il loro dinamismo e il loro impegno, porteranno benessere alle proprie comunità e una maggiore sicurezza alimentare al mondo nei prossimi decenni. Persiste la necessità pressante di investire di più e in modo più efficiente nell’agricoltura e nello sviluppo rurale”, ha proseguito Nwanze, valutando “un nuovo approccio all’agricoltura su piccola scala che sia al tempo stesso sostenibile e orientato al mercato”. Oltre a prezzi sempre più instabili degli alimenti sul mercato, anche il cambiamento climatico ha influito nel limitare l’accesso alle risorse naturali e a rendere problematica la produzione agricola . “Dobbiamo riuscire a creare un contesto che permetta alle donne e agli uomini che vivono nelle aree rurali di superare i rischi e le sfide che si trovano ad affrontare nel loro sforzo di gestire con successo le proprie fattorie e le altre attività economiche che intraprendono” ha concluso Nwanze. Per quanto riguarda l'America Latina le zone agricole hanno diminuito la povertà assoluta di quasi il 50%. Rimane però “un numero importante di contadini che vivono con meno di un euro al giorno - si legge nel documento - e risulta quindi necessario un sistema agricolo più sostenibile e preparato ad affrontare i rischi ambientali e commerciali che si presentano e si presenteranno”. Tra le cause che influiscono sulle condizioni di vita “la scarsità di opportunità, le gravi disuguaglianze che colpiscono giovani, donne, bambini e un carente livello di istruzione e formazione”. In considerazione di una sostenuta crescita demografica, secondo l’Ifad entro il 2050 la produzione agricola deve aumentare di almeno il 70% rispetto ai livelli attuali. (M.G.)

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    Stati Uniti: l'appello dei leader religiosi in difesa del matrimonio

    ◊   “La tutela del matrimonio: un impegno comune” è il titolo della lettera aperta a firma dei leader di alcune delle più grandi comunità religiose negli Stati Uniti e pubblicata ieri per esprimere il loro impegno verso la protezione del matrimonio come l'unione di un uomo e una donna. Con la missiva, anglicani, battisti, cattolici, evangelici, ebrei, luterani, mormoni, ortodossi, pentecostali e comunità sikh negli Stati Uniti, hanno affermato l'importanza di preservare l’unico e vero significato di 'matrimonio'. "L'ampio consenso raccolto da questa lettera fra tutte le confessioni religiose è chiaro: l’istituto del matrimonio non impone la religione di nessuno, ma protegge il bene comune di tutti", ha detto l'arcivescovo di New York Timothy Dolan, appena eletto presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti e uno dei firmatari della lettera. "La gente di qualsiasi fede e non credente riconosce che quando la legge definisce il matrimonio tra un uomo e una donna, si legano giuridicamente una madre e un padre ai loro figli, rafforzando la cellula fondante della società umana". La pubblicazione della lettera arriva nello stesso giorno in cui ha preso il via l’udienza che impugna la sentenza del giudice della California, Vaughn Walker, che nell’agosto scorso aveva definito “privo di fondamento” considerare il matrimonio come un’unione tra un uomo e una donna. “Oggi è il momento di difendere il matrimonio e il suo significato immutabile, ci auguriamo che questa lettera possa favorire proprio questo”, ha ribadito l'arcivescovo Dolan. (M.G.)

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    Terra Santa: per l'incendio al Monte Carmelo la solidarietà delle Chiese cristiane

    ◊   Una delegazione di leader cristiani, tra i quali i vescovi mons. Elias Shacour, melkita, mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario latino, e mons. Riah Abu al-Assal, emerito anglicano, lo scorso 4 dicembre hanno fatto visita ad Haifa, al quartier generale delle operazioni per spegnere l’incendio che ha colpito il Monte Carmelo e che ha provocato la morte di 42 persone, molte decine di feriti, villaggi completamente evacuati, 4 milioni di alberi bruciati. Nel corso dell’incontro, secondo quanto riferisce il Patriarcato latino di Gerusalemme, i vescovi, “interpretando il sentimento generale della popolazione cristiana, hanno espresso condoglianze per i defunti, impegno di volontariato e di accoglienza, se necessario, delle Istituzioni cristiane, e disponibilità a partecipare alla ricostruzione, soprattutto nel rimboschimento tramite i giovani e le scuole. Mons. Marcuzzo - riporta l'agenzia Sir - ha comunicato anche la solidarietà del Patriarca di Gerusalemme, Fouad Twal, nonché l’interessamento di Benedetto XVI”. La delegazione si è poi recata a Isfya, paese toccato dall’incendio, dove vivono delle comunità cristiane. Per domare l’incendio sono giunti in soccorso di Israele mezzi da Giordania, Cipro, Turchia, Grecia, Italia, Francia e Usa. (R.P.)

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    Il vescovo brasiliano mons. Klautler insignito ieri a Stoccolma del "Nobel Alternativo"

    ◊   Ha parlato del “dolore, della disperazione e dell’insicurezza“ che affliggono gli indios Guarani mons. (‘Dom’) Erwin Krautler - appartenente alla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue e vescovo della prelatura amazzonica dello Xingu (la più vasta del Brasile) – insignito ieri di fronte al parlamento svedese del premio ‘Right Livelihood Award’, il cosiddetto Nobel Alternativo. Onorato “per aver speso una vita intera a lavorare per i diritti umani e ambientali dei popoli indigeni e per i suoi instancabili sforzi volti a salvare la foresta amazzonica dalla distruzione”, mons. Krautler ha tenuto un duro discorso in cui ha ricordato la difficile situazione in cui vivono gli indigeni guaranì e in generale le popolazioni indie dell’Amazzonia brasiliane. “Confinati in aree troppo piccole in cui i giovani non vedono prospettive per il futuro e in cui si registrano allarmanti tassi di suicidio – ha detto il vescovo - Il governo attuale sta ignorando questo crudele genocidio, in atto proprio sotto i suoi occhi”. Krautler - riferisce l'agenzia Misna - ha ricordato anche la minaccia posta a parte dell’Amazzonia brasiliana dalla gigantesca diga di Belo Monte, sottolineando come il “progetto non ha mai preso in considerazione i diritti e le preoccupazioni legittime della popolazione dello Xingu”. I popoli indigeni “sanno molto bene che non sopravvivranno se l’Amazzonia continuerà ad essere oltraggiata e rasa al suolo. La sua distruzione sarà la vera apocalisse”. Il vescovo ha affermato che “il problema principale dell’Amazzonia, ha a che fare con la proprietà e l’utilizzo della terra”, e che “la violenza nelle zone rurali è legata alla concentrazione della proprietà della terra nelle mani di pochi e alla vergognosa impunità riservata ai criminali. Loro uccidono e non succede nulla!”. Krautler, classe 1939, nato in Austria, da anni è minacciato di morte e perseguitato per la sua attività in difesa dei poveri dell’Amazzonia. (R.P.)

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    Messaggio dei vescovi maroniti su paralisi istituzionale e tutela ambientale

    ◊   Essere protagonisti del proprio futuro e prendere le decisioni cruciali per il Paese. È l’esortazione rivolta al popolo libanese dai vescovi maroniti del Libano contenuta nel messaggio finale del loro incontro mensile che si è svolto il 1° dicembre a Bkerké sotto la presidenza del patriarca cardinale Nasrallah Sfeir. “La paralisi delle istituzioni costituzionali e l'attesa per soluzioni dall'estero riflettono l'indebolimento della nostra volontà nazionale – si legge nel testo citato dall'agenzia Sir -. Bisogna, al contrario, che i libanesi si incontrino, si consultino e si accordino per prendere decisioni cruciali per risparmiare al Paese un ulteriore deterioramento a livello politico, sociale e della sicurezza”. Nel documento, reso noto dal patriarcato maronita, i presuli esortano, inoltre, “i responsabili e tutti i libanesi a prendere misure supplementari per proteggere l'ambiente, e a non degradare la natura tagliando i boschi”. Al contrario, si legge nel testo, “dobbiamo prenderci cura del nostro patrimonio forestale che va in fumo mentre il processo di desertificazione avanza. Questo fenomeno cambierà, Dio non voglia, il volto del Libano”. A tale riguardo i vescovi maroniti “chiamano i fedeli a pregare per invocare sul Libano e su tutta la regione il dono della pioggia”. Il messaggio si chiude con gli auguri per le prossime festività natalizie al Libano, patria di tutti al di là delle appartenenze etniche o politiche”. (M.G.)

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    Il cardinale Bertone in visita a Macerata per il IV centenario di Padre Ricci

    ◊   In occasione della solennità dell’Immacolata Concezione, domani il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano, farà visita alla comunità diocesana di Macerata. Mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata–Tolentino–Recanati–Cingoli–Treia, accoglierà il cardinale nella diocesi che sta festeggiando i 400 anni di padre Matteo Ricci e i 120 anni della fondazione dell’Istituto salesiano San Giuseppe di Macerata. Seguirà un benvenuto da parte di don Dalmazio Maggi, direttore dell’Istituto salesiano di Macerata, che parlerà a nome dei confratelli e dei laici da sempre a servizio dei giovani con l’intento di farli crescere come “onesti cittadini e buoni cristiani”. Diversi i rappresentanti dei vari gruppi e delle associazioni giovanili che, ispirandosi all’esempio di don Bosco, si impegnano nel realizzare concretamente il suo progetto attraverso differenti attività. “Si tratta di impegni di tipo educativo e pastorale – spiega don Maggi all'agenzia Sir -, nella scuola e nell’oratorio, con attenzione ai gruppi del Movimento Giovanile Salesiano, che rispondono agli interessi di tipo sportivo, culturale, sociale e missionario”. (M.G.)

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    A Pretoria riunione dei vescovi dell'Africa del Sud su etica e buon governo

    ◊   I vescovi di Angola, Sao Tomé e Principe, Lesotho, Mozambico, Namibia, Botswana e Swaziland hanno aperto ieri a Pretoria, in Sud Africa per la riunione interregionale degli episcopati dell’Africa del Sud (Imbisa). Al centro dell’incontro - che si concluderà il 13 dicembre - si colloca un’ampia discussione su temi quali il buon governo, l’etica e l’autonomia economica nell’era postcoloniale, che darà modo al centinaio di presuli presenti di valutare i passi compiuti dalle Chiese della regione in termini di erogazione di servizi, di assunzione di responsabilità e di vicinanza ai bisogni delle popolazioni; nell’ambito dei lavori, un seminario sarà specialmente dedicato al buon governo all’interno della Chiesa, con particolare riferimento all’autosostentamento. L’incontro si apre con una solenne Celebrazione Eucaristica nella cattedrale del Sacro Cuore di Pretoria, cui farà seguito un incontro informale al quale sono stati invitati arcivescovi e rappresentanti di diverse comunità di fede in Sud Africa, l’Associazione nazionale religiosa per lo sviluppo sociale, il nunzio apostolico in Sud Africa e ambasciatori dei Paesi dell’Imbisa. A chiudere la riunione sarà una liturgia eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Johannesburg, mons. Buti Tlhagale, presidente della Conferenza episcopale dell’Africa Meridionale, nella Chiesa della Regina Mundi, a Soweto. (M.V.)

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    Sudan: il vescovo Kussala sul ruolo della Chiesa per il dopo-referendum

    ◊   “I cittadini del Sud-Sudan si aspettano molto dal referendum del 9 gennaio. Pensano che l’indipendenza sarà tutta rose e fiori e che andrà tutto bene, mentre i politici non pensano che al potere e alle ricchezze che esso porta”. È quanto ha affermato mons. Eduard Hilboro Kussala, vescovo di Tombura-Yambio, in un’intervista rilasciata nei giorni scorsi all’agenzia Cns. Secondo il presule, compito fondamentale della Chiesa locale oggi è appunto di fare comprendere ai sudanesi del Sud e del Nord le nuove responsabilità che comporterà l’indipendenza, qualora vincesse il sì: “Dobbiamo aiutare a instillare l’orgoglio di appartenere a una nazione e fare capire alla gente che non si può essere liberi se non insieme e non esclusivamente nel proprio gruppo etnico. Siamo una comunità multiculturale e multireligiosa e dobbiamo rispettarci reciprocamente. Lo stesso – aggiunge - vale per i politici: devono impegnarsi e occorre aiutarli a elaborare una visione del futuro. Nessuno oggi sembra avere questa visione: la maggior parte sembra ignorare in che direzione andiamo. Ma noi abbiamo bisogno di un gruppo dirigente che pensi al futuro, perché non avremo sempre al nostro fianco la comunità internazionale”. Il presule non nasconde in proposito i suoi timori: “La gente in Sud Sudan non ha mai avuto un proprio governo, lo ha avuto solo negli ultimi cinque anni (dopo la firma dell’accordo di pace nel 2005) e abbiamo visto le difficoltà che abbiamo incontrato: la mancanza di vere leggi, lo scarso rispetto della legalità e della dignità della persona. Il rischio, dopo l’indipendenza, è che gli attuali dirigenti in Sud Sudan possano riprendere la lotta tra loro. Non vogliamo vedere dittatori sostituiti da altri dittatori”, dice mons. Kussala. Nell’intervista il vescovo lamenta anche il tentativo di alcuni politici di marginalizzare la Chiesa che pure ha avuto un ruolo importante durante la guerra. Ma a preoccupare il vescovo di Tombura-Yambiuo è anche la reazione negativa del governo di Khartum ai risultati della consultazione elettorale. Le recenti dichiarazioni di alcuni esponenti governativi sulla sorte dei sud-sudanesi residenti nel Nord qualora vincesse il sì all’indipendenza fanno temere il peggio. Kussala conclude l’intervista invocando la solidarietà della Chiesa degli Stati Uniti: “Abbiamo bisogno che i cattolici americani facciano sentire la loro voce presso l’Amministrazione di Washington”, ha detto il presule ricordando che è stato anche grazie alle pressioni degli Stati Uniti che la pace in Sudan è diventata possibile. (L.Z.)

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    Rwanda: migliorano i tassi di mortalità materno-infantile

    ◊   In Rwanda, uno dei Paesi con i peggiori indicatori al mondo per la mortalità materno infantile, il governo si sta impegnando per assicurare l'accesso all'assistenza medica salvavita per le mamme e i loro bambini. Tra gli obiettivi - riferisce l'agenzia Fides - quello di vaccinare oltre 5 milioni di bambini e oltre 300 mila mamme contro il tetano e somministrare vitamina A. Il Paese ha registrato un importante successo nei programmi sanitari materno-infantili, riducendo la mortalità dei bambini con meno di cinque anni da 152 ogni 1000 nati vivi nel 2005 a 103 nel 2008, e il tasso di mortalità di quelli con meno di un anno di età da 86 ogni 1000 nati vivi nel 2005 a 62 nel 2008. La mortalità materna è diminuita da 750 ogni 100 mila nati vivi nel 2005 a 383 nel 2009. Al confronto, il vicino Uganda ha un tasso di mortalità dei bambini con meno di 5 anni di 130 ogni 1000 nati vivi e un tasso di mortalità materna di 440 ogni 100 mila, mentre il Kenya registra rispettivamente 130 ogni 1000 nati vivi e 560 ogni 100 mila. Inoltre, in Rwanda operano circa 60 mila agenti sanitari e grazie al loro lavoro di sensibilizzazione i livelli delle malattie stanno calando. Il Paese ha una copertura di vaccini del 97% per difterite, tetano e pertosse. Nel 2009, è stato uno dei primi Paesi africani ad introdurre nel programma di vaccinazioni il vaccino pneumococcico coniugato per prevenire le malattie da pneumococco che ogni anno uccidono circa 800 mila bambini con meno di cinque anni di età, in particolare nei paesi più poveri. Per il 2011 il Rwanda prevede di inserire anche i vaccini contro il rotavirus che ogni anno uccide oltre mezzo milione di bambini in tutto il mondo, e contro il papilloma virus (HPV), che può predisporre le donne al cancro dell'utero. Tuttavia c'è ancora molto da fare, il sistema sanitario deve migliorare, ad esempio, il distretto di Gicumbi, che ha una popolazione totale di circa 300 mila persone, ha 21 centri sanitari distribuiti in maniera difforme. In tutto il Rwanda c'è un solo medico ogni 12 mila persone ed una infermiera ogni 1.690. (R.P.)

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    Camerun: l'impegno della Chiesa nell'educazione civica nelle parrocchie

    ◊   Sensibilizzare tutti i cittadini, e soprattutto i cristiani, sui diritti e doveri legati al voto e alla partecipazione alla gestione degli affari pubblici; preparare i giovani alla politica; invitare al rispetto delle leggi nei procedimenti elettorali: sono alcuni dei propositi del Servizio nazionale Giustizia e Pace delle diocesi del Camerun che nei giorni scorsi si è riunito a Mvolyé per l’assemblea generale annuale. Durante l’incontro, riferisce il sito www.leffortcamerounais.info, è stato analizzato il bilancio delle attività di questi ultimi anni e tra i progetti da realizzare è stato incluso un programma di giustizia riparatrice per crimini e delitti. Per tale motivo è volontà del Servizio trovare soluzioni ai problemi di salute, equilibrio psicologico e reinserimento dei carcerati. Per promuovere sempre più la giustizia è stata pensata la promozione di arbitrati e mediazioni che possano risolvere conflitti e favorire la riconciliazione, incoraggiando la creazione di strutture delegate a tal proposito in ogni parrocchia. Per l’anno prossimo gli sforzi si concentreranno nella preparazione delle elezioni presidenziali e dell’incontro mondiale dei cappellani delle carceri previsto per il mese di agosto, e ancora si intende proseguire l’educazione civica con la produzione di manuali da diffondere, la lotta alla corruzione e la promozione della dignità della donna. (T.C.)

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    Burkina Faso: aperto un Centro di riabilitazione per disabili

    ◊   È stato inaugurato nei giorni scorsi ad Ougadougou, nel Burkina Faso, un centro di riabilitazione per portatori di handicap. A gestirlo, riferisce il sito www.lobersavateur.bf, è la comunità Don Orione della congregazione “La piccola opera della divina provvidenza”, che, con il sostegno della fondazione olandese Liliane – organizzazione umanitaria operante nei Paesi in via di sviluppo per migliorare le condizioni di vita dei minori disabili – e di benefattori italiani, ha allestito una struttura specializzata. La congregazione ha voluto in questo modo restare fedele al proprio carisma di evangelizzazione e di promozione umana attraverso opere di carità, in un contesto di povertà e di precarietà in cui molti necessitano di strutture sanitarie e scolastiche. Il centro di riabilitazione vuole in particolare offrire assistenza e ridare il sorriso a bambini e giovani, e se con le sue strutture potrà contribuire al miglioramento delle condizioni sanitarie delle persone disabili, potrà rendere un servizio ancora più efficiente non appena sarà dotato interamente di tutti gli arredi di cui necessita. Per tale motivo il direttore della comunità Don Orione, padre Mathieu Zongo, ha fatto appello alla generosità e alla solidarietà di buone volontà. (T.C.)

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    Cina: a Nan Chong nasce l’Associazione del Sacro Cuore di Gesù

    ◊   La tradizionale devozione al Sacro Cuore di Gesù, a cui è dedicata la cattedrale della diocesi di Nan Chong (provincia di Si Chuan) ha fatto nascere una nuova associazione di fedeli: l’Associazione del Sacro Cuore di Gesù. Contestualmente è stata consacrata e inaugurata una statua di bronzo dedicata al Sacro Cuore, iniziativa resa possibile grazie anche dalla testimonianza sulla devozione al Sacro Cuore durante la Giornata Mondiale Missionaria.
    Oltre 600 fedeli hanno preso parte alla cerimonia ufficiale di costituzione dell’Associazione, tenutasi il 3 novembre scorso. Oggi la parrocchia - riferisce l'agenzia Fides - ha anche una piccola cappella che permette ai fedeli di adorare il Sacro Cuore di Gesù 24 ore su 24, riprendendo la tradizione della Adorazione collettiva ogni primo venerdì del mese. Fin dagli anni '50 del secolo scorso, i fedeli della diocesi di Nan Chong erano già molto devoti al Sacro Cuore e per partecipare all’Adorazione di ogni primo venerdì, alcuni di loro camminavano 60km, fin dalla notte precedente. In una solenne Eucarestia in vista del Natale, il parroco ha invitato tutti a seguire le orme di quei semplici fedeli “perché grazie al Sacro Cuore, la nostra comunità ha potuto sopravvivere a oltre mezzo secolo di vicissitudini. Oggi abbiamo una fede consolidata, una comunità molto devota e religiosa. Ma non dobbiamo fermarci qui, perché la missione dell’evangelizzazione ci aspetta”. (R.P.)

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    Eletta la superiora generale delle Suore Missionarie del Sacro Costato

    ◊   Madre Gabriella Panella è la nuova superiora generale delle Suore Missionarie del Sacro Costato. La suora è stata eletta oggi dalle sorelle Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata, riunite dal 30 novembre in Capitolo Generale sul tema “Fissando gli occhi su Cristo dal costato trafitto, riprendiamo con slancio il nostro cammino, fedeli alla nostra consacrazione, testimoni di comunione e annunziatrici di speranza”. Dopo tre giorni di preghiera e di discernimento – si legge nella nota diffusa dalla congregazione -, sotto la guida del padre gesuita Vincenzo Sibilio, hanno dato inizio ai lavori capitolari e questa mattina, sotto la presidenza di mons. Benedetto Tuzia, vescovo ausiliare per il settore ovest della diocesi di Roma, hanno eletto la superiora generale della congregazione. Le Suore Missionarie del Sacro Costato, fondate nel 1908 dal sacerdote Eustachio Montemurro a Gravina di Puglia, incarnano il loro carisma di amore e di riparazione al Sacro Cuore di Gesù nell’educazione dell’infanzia e della gioventù, nell’insegnamento del Catechismo e apostolato parrocchiale, nelle Missioni estere, nell’assistenza spirituale e fisica dei poveri e dei malati e in ogni altra opera di carità ordinata alla gloria di Dio e al bene comune. Attualmente sono 460, presenti in Italia, Taiwan, Stati Uniti d’America, Isole Filippine, Brasile, Ecuador, Albania, Indonesia, Vietnam e Cina. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Rischio di guerra civile sempre più elevato in Costa d’Avorio

    ◊   L’ultimo grave ostacolo alla pacificazione in Costa d’Avorio viene dal capo di Stato uscente, Laurent Gbagbo, che ha nuovamente rifiutato di riconoscere la vittoria del candidato dell’opposizione, Alassane Ouattara, al ballottaggio per le presidenziali del 28 novembre scorso. Secondo fonti di Ong sul posto, almeno 20 persone avrebbero perso la vita nel corso delle violenze scaturite dal contestato voto. A causa del clima tesissimo, l’Onu ha invitato il proprio personale non essenziale a lasciare il Paese. Cresce, intanto, la preoccupazione nella comunità internazionale. Il presidente degli Stati Uniti, Obama, ha esortato Gbagbo a riconoscere la legittimità dell’affermazione di Ouattara. E anche da parte dell’Unione Africana c’è stato un tentativo, purtroppo fallito, di mediazione. Sugli sviluppi della situazione in Costa d’Avorio, Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente nel Paese africano un missionario, di cui non facciamo il nome per motivi di sicurezza:

    R. – La situazione è difficile ed è un po’ bloccata. Adesso speriamo che si trovi una soluzione, una via d’uscita, che dipende in larga parte dai protagonisti. Bisogna riconoscere quello che dice la legge. Noi stiamo pregando dall’inizio di questo processo di pace, perché tutti accettino la decisione finale.

    D. - Per raggiungere questo obiettivo è importante che ci sia una mediazione forte a livello internazionale a questo punto?

    R. – E’ una possibilità, un’opportunità, però la decisione finale dipende anche dalle forti pressioni che verranno dall’estero, per il bene della Costa d’Avorio che ha tanto sofferto.

    D. – Come fare per incarnare all’interno delle istituzioni del Paese - e in questo i missionari hanno un ruolo importante - quelle che sono le regole fondamentali della democrazia, cioè il rispetto delle regole, innanzitutto?

    R. - Ci sono stati molti miglioramenti, c’è stata una grande evoluzione, però c’è ancora molto da fare e c’è da lavorare per formare, per rendere cosciente la gente, affinché si possa accettare la volontà del popolo.(bf)

    Noto miliziano jihadista ucciso a Mogadiscio
    Un noto miliziano jihadista nato nello Yemen, fedele ai ribelli al Shabaab legati ad al Qaeda, è stato ucciso in recenti scontri avvenuti a Mogadiscio dai soldati del governo di transizione somalo (Tfg). Secondo quanto stimano fonti di intelligence, i combattenti stranieri che si sono uniti ai ribelli al Shabaab in Somalia, sono tra i 300 e i 1.200. Molti di loro provengono dai Paesi vicini come Kenya, Sudan, Tanzania e Yemen. Sempre nella giornata di domenica, almeno 22 persone, in maggioranza ribelli, hanno perso la vita in altri combattimenti con i soldati di Mogadiscio nelle regioni centrali del Paese del Corno d'Africa, a circa 330 chilometri a nord ovest della capitale.

    Nucleare iraniano: appuntamento per un nuovo incontro a gennaio
    L'Alta rappresentante per la politica estera dell'Ue, Catherine Ashton, ha definito oggi “dettagliate e sostanziali” le discussioni di Ginevra sul nucleare iraniano ed ha confermato la decisione di tenere un nuovo incontro a Istanbul, a fine gennaio. L'obiettivo sarà di trovare idee pratiche e modi di cooperare, ha detto Ashton in una dichiarazione alla stampa al termine di due giorni di colloqui tra l'Iran ed il gruppo 5+1. Le discussioni - ha detto Ashton - sono state “incentrate sul programma nucleare iranano ed il bisogno per l'Iran di rispettare gli obblighi internazionali”.

    Non si ferma l’emergenza colera ad Haiti. Tensioni in attesa del risultato del voto
    Nulla sembra riuscire a fermare il colera ad Haiti dove, secondo gli ultimi dati, l'epidemia ha ormai superato la soglia dei 2.000 morti. In questa drammatica emergenza, crescono le tensioni in attesa dei primi risultati delle presidenziali del 28 novembre. Da Port-au-Prince, Sara Milanese:

    Oggi Haiti si sveglia sospesa tra la tensione per l’attesa dei risultati, almeno parziali, e le richieste sempre più pressanti di annullamento del voto. La denuncia di brogli, lanciata da 12 dei 18 candidati presidenziali, a voto non ancora chiuso, ha avuto un effetto immediato. In particolare, a Port-au-Prince, nel quartiere centrale di Delmas, ci sono state continue proteste contro Jules Celestin, il candidato espressione del governo in carica, accusato di avere manipolato il voto. Nella bidonville di Martisan, una delle zone più violente della capitale, si sono intensificate le violenze tra bande: una chiara reazione agli scontri politici in corso. La vera preoccupazione della gente continua però ad essere il colera. Sono almeno duemila le vittime ufficiali, finora: un dato molto sottostimato, perché in alcuni dei punti di trattamento della malaria il lavoro è così pressante, che è impossibile tenere il conto di malati e morti.(ap)

    Guerra di informazioni militari tra le due Coree
    La Corea del Nord può schierare una nuova e pericolosa classe di mini-sottomarini capaci di lanciare siluri, facendo ipotizzare la preparazione di altri attacchi dopo quello che a marzo ha causato l'affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan e la morte di 46 marinai. È quanto scrive il quotidiano di Seul, il JoongAng Ilbo, citando fonti secondo cui i servizi di intelligence di Usa e Corea del Sud hanno avuto l'occasione di esaminare le immagini satellitari dalle quali sono emersi “chiaramente” i tubi lanciasiluri di 4 metri sporgere dai 'Daedong-B', i sommergibili nuovi di zecca di 17 metri di lunghezza, 4 metri di larghezza e appena 2,2 metri di altezza. Numeri che fanno dell'ultimo ritrovato bellico di Pyongyang, pronto anche per l'export, uno speciale sottomarino tascabile. La Corea del Nord, secondo le fonti, avrebbe organizzato “intense esercitazioni militari a luglio e di recente (la scorsa settimana, ndr), proprio mentre Corea del Sud e Usa erano impegnati in esercitazioni congiunte”. Sulla base delle prove raccolte, le autorità di intelligence ritengono che la Corea del Nord sia in grado di portare a segno attacchi con i suoi Daedong-B, insieme alla più grande classe Yono, che il governo di Seul ritiene abbia affondato la Cheonan. Pyongyang non ha fatto finora minacce dirette verso il Sud, almeno prima di marzo, ma la preferenza della Corea del Nord per i siluri è nota per essere tra le armi più caldeggiate sia dal fondatore del regime Kim Il-sung, sia da suo figlio, l'attuale 'caro leader' Kim Jong-il.

    Slitta il patto di libero scambio tra UE e India
    Il patto di libero scambio tra India e Unione Europea non sarà pronto per il summit di venerdì a Bruxelles, secondo una fonte diplomatica citata dall'agenzia di stampa Pti. In base a quanto riferito dall'ambasciatore tedesco a New Delhi, Thomas Matussek, “ci sono ancora delle divergenze e i negoziatori sperano di arrivare presto a un compromesso”. L'intesa, in discussione da tre anni, doveva essere finalizzata nel vertice indo-europeo a cui parteciperà il premier Manmohan Singh. Finora è stato deciso di rimuovere le barriere doganali per il 90% delle merci scambiate, ma rimangono ancora dei nodi da risolvere, tra cui l'inclusione dei diritti di proprietà intellettuale, le normative ambientali e gli standard minimi di lavoro. A questo proposito continuano in India le proteste da parte di Ong e associazioni di malati di Aids che vogliono bloccare le trattative tra i 27 paese europei e il governo di New Delhi. Una manifestazione si è tenuta ieri nello stato nord orientale del Manipur. Alcune clausole inserite nel futuro patto rischiano infatti di ridurre o bloccare l'accesso ai prodotti generici a basso costo, tra cui i farmaci usati per curare l'Hiv.

    L’Ecofin licenzia il piano di aiuti da 85 miliardi all’Irlanda
    L'Ecofin ha dato il via libera formale al piano di aiuti da 85 miliardi di Euro all'Irlanda, targato Ue-Fmi. Il piano di aiuti ammonta a 85 miliardi di Euro, di cui 35 miliardi per la ricapitalizzazione delle banche irlandesi (10 miliardi da utilizzare immediatamente) e 50 miliardi per finanziare il bilancio statale. Le misure di sostegno alle banche - secondo quanto prevede l'accordo raggiunto con Dublino - per la metà (17,5 miliardi di euro) sarà finanziato dalla stessa Irlanda, attraverso le sue riserve di liquidità e una parte dei capitali detenuti nel Fondo previdenziale nazionale irlandese. Il resto della somma sarà suddiviso in parti uguali (22,5 miliardi a testa) tra il Fondo salva-Stati (Efsf) di cui sono azionisti i Paesi euro; il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsm) insieme a prestiti bilaterali di Regno Unito, Danimarca e Svezia; il Fondo monetario internazionale. I prestiti saranno erogati (la prima tranche è prevista in gennaio) sulla base del programma negoziato con Dublino, che comporterà innanzitutto una profonda ristrutturazione del sistema bancario irlandese, oltre a riforme per sostenere la crescita e riportare il deficit sotto il 3% entro il 2015.

    18 Paesi oltre la Cina non saranno alla cerimonia del Nobel per la Pace
    Il Comitato norvegese per il premio Nobel per la Pace ha reso noto che 18 Paesi oltre alla Cina hanno deciso di disertare la cerimonia di premiazione del dissidente cinese Liu Xiaobo, prevista per venerdì a Oslo. Si tratta di Russia, Kazhakstan, Colombia, Tunisia, Arabia Saudita, Pakistan, Serbia, Iraq, Iran, Vietnam, Afghanistan, Venezuela, Filippine, Egitto, Sudan, Ucraina, Cuba e Marocco. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 341

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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