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Sommario del 06/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Tempo d’Avvento. Il Papa: costruire un mondo migliore nell’attesa del mondo realmente migliore
  • Il Papa riceve il premier dell'Ungheria Viktor Orban: sottolineata l’importanza del cristianesimo nella vita del Paese
  • Altre udienze
  • Il segretario generale del Cec: la collaborazione con la Chiesa cattolica cresce di giorno in giorno
  • Il cardinale Bertone celebra una Messa di suffragio per la baronessa van Lynden-Lejten
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Uccisi a Baghdad altri due cristiani. Mons. Sako: siamo sotto attacco
  • Sempre più drammatica la situazione dei profughi prigionieri nel deserto del Sinai
  • Costa d'Avorio nel caos con due presidenti e due premier
  • Riaperti a Ginevra i colloqui sul programma nucleare iraniano
  • Premio Nobel alternativo al vescovo brasiliano Erwin Kräutler, difensore dei diritti degli Indios dell'Amazzonia
  • Chiesa e Società

  • Crisi politica in Costa d’Avorio: la Chiesa esorta al dialogo e alla calma
  • Iraq: continua l'esodo delle famiglie cristiane accolte dalle comunità in diaspora
  • I vescovi svizzeri in difesa del Crocifisso e dei fratelli cristiani in Iraq
  • Pakistan: si allungano i tempi processuali per Asia Bibi
  • India: i cristiani celebrano la “Domenica di liberazione dei dalit”
  • Indonesia: la Chiesa tenta il dialogo con l'islam radicale
  • Filippine: soddifazione dei vescovi per la tregua natalizia tra governo e guerriglia
  • Congo: appello del neo cardinale Monsengwo per la pace nell'est del Paese
  • Al via a Loreto il Forum dei giovani europei "Da Eurhope a Eurhome"
  • Spagna: gruppi radicali impediscono al cardinale Rouco Varela di parlare all'università
  • Perù: al via la legge sulla libertà religiosa; uguali diritti per le diverse confessioni
  • In Perù premio a mons. Barreto Jimeno, difensore della causa dei più poveri
  • Episcopati del Centro America e Messico: incontro sui nuovi media
  • Senegal: presto trasmetterà in Fm a Dakar una radio cattolica
  • La Apple ritira applicazione informatica che sostiene il matrimonio
  • Profughi del Kyrgyzstan: piano Onu per l’emergenza abitativa per l’inverno
  • Ucraina: il cardinale Husar esorta i cristiani a ravvivare il desiderio di unità
  • Terra Santa: inaugurata la strada per l'antico monastero ortodosso di San Giorgio in Koziba
  • Germania: 200 opere di solidarietà per il Natale dell'Ordine di Malta
  • 30.ma edizione del Premio mondiale Fernando Rielo di Poesia mistica
  • 24 Ore nel Mondo

  • Pakistan: decine di morti in un attentato al confine con l'Afghanistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Tempo d’Avvento. Il Papa: costruire un mondo migliore nell’attesa del mondo realmente migliore

    ◊   Il Papa, in questo Tempo forte dell’Avvento, ha invitato i fedeli a “vivere i gesti quotidiani con uno spirito nuovo, con il sentimento di un’attesa profonda, che solo la venuta di Dio può colmare”. La dimensione dell’attesa del Dio che viene è molto presente nelle risposte del Papa nel recente libro-intervista di Peter Seewald “Luce del mondo - Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi”. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Il Papa invita a costruire “un mondo migliore” nell’attesa che venga “il mondo realmente migliore”: un impegno nell’oggi che passa, dunque, con lo sguardo rivolto al domani che sarà per sempre. Ma “il nostro problema – afferma - consiste nel fatto che, per i troppi alberi, non riusciamo più a vedere la foresta intera”, cioè a causa di tutto il nostro “sapere non troviamo più la sapienza”, non riusciamo più a vedere ciò che è essenziale, ciò che resta. E osserva che oggi la predicazione sulla vita eterna è spesso oscurata dall’attenzione “unilaterale” alle vicende quotidiane: occorre invece “sfondare quest’orizzonte, ampliarlo” per invitare a guardare anche “alle cose ultime” che “sono come pane duro per gli uomini di oggi. Gli appaiono irreali”. Si vogliono “risposte concrete per l’oggi … ma sono risposte che restano a metà se non permettono anche di … riconoscere che io mi estendo oltre questa vita materiale, che c’è il giudizio … e l’eternità”.

    Gesù, infatti, lo dice con certezza: “io tornerò” e avrà luogo un “giudizio vero e proprio” che non possiamo non prendere sul serio. E’ necessaria una preparazione: siamo chiamati ad andare incontro alla venuta definitiva del Signore – sottolinea il Papa - andando “incontro alla sua misericordia, lasciandoci … modellare dalla misericordia di Dio come antidoto alla spietatezza del mondo; è questa … la preparazione perché Egli stesso venga con la sua misericordia”.

    In questa situazione, la missione della Chiesa è quella di salvare l’uomo dall’amore di sé “portato sino alla distruzione del mondo”. Il Papa spiega che “la Chiesa non grava gli uomini di un qualcosa, non propone un qualche sistema morale”. “Non siamo moralisti – dice con forza - ma a partire dal fondamento della fede , siamo portatori di un messaggio etico che dà orientamento agli uomini”. “Veramente decisivo è il fatto che essa dona Lui”, Cristo, aprendo “le porte che conducono a Dio” e offrendo agli uomini “quello che maggiormente attendono, quello di cui hanno più bisogno”, anche se non lo sanno. Donare Cristo soprattutto “per mezzo del grande miracolo dell’amore” grazie a uomini di Dio che “senza ricavarne alcun profitto …. motivati da Cristo, assistono gli altri, li aiutano. Questo carattere terapeutico del Cristianesimo, che guarisce e dà gratuitamente – afferma il Papa - dovrebbe … emergere molto più chiaramente” nella vita dei cristiani.

    Guardando al progresso odierno Benedetto XVI invita, inoltre, a porsi una domanda: “cosa è bene?”. Infatti “il bene viene prima dei beni”. Nell’attuale società del consumismo c’è una fame d’infinito che s’illude di saziarsi, ora e subito, con le cose materiali. Si vive spesso “per l’apparenza, - afferma il Papa - e trattiamo i grandi debiti come fossero qualcosa che fa parte di noi”. C’è bisogno invece di “una nuova e più profonda coscienza morale, una concreta disponibilità alla rinuncia”, alla sobrietà, ad una rinnovata disciplina assumendo come stile di vita “l’amore per il prossimo, portato sino alla rinuncia di sé”. La prospettiva cristiana supera sempre il godimento immediato per guardare oltre e avanti: “essere uomini – rileva il Pontefice - è come una scalata in montagna, con ripide salite; ma è attraverso di esse che raggiungiamo le cime e possiamo sperimentare la bellezza dell’essere”.

    Come entrare in questo nuovo modo di essere? Il Papa cita il monito di San Bernardo: “non perderti nell’attivismo”. “La sapienza dello scriba – dice il Siracide – si deve alle sue ore di quiete”: occorre avere il coraggio di fare silenzio per ascoltare Dio che “è voluto entrare nel mondo” e continua a venire e verrà definitivamente. E di fronte all’”arroganza dell’intelletto” che non comprende come Dio possa essersi fatto uomo in una Vergine, l’Onnipotente “non s’impone”, lascia all’uomo la libertà di dire sì perché “… la fede è sempre un accadere nella libertà”. La Chiesa – conclude il Papa - vuole annunciare questo: l’incontro con Cristo “apre veramente in noi nuove possibilità, dilatando il nostro cuore e il nostro spirito: la fede veramente conferisce alla nostra vita una ulteriore dimensione”, “dà gioia, allarga gli orizzonti” introducendo “in una realtà più grande … al di là di questa quotidianità”.

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    Il Papa riceve il premier dell'Ungheria Viktor Orban: sottolineata l’importanza del cristianesimo nella vita del Paese

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani il primo ministro ungherese Viktor Orban, che ha poi incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e il segretario per i Rapporti con gli Stati mons. Dominique Mamberti. “Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - il primo ministro ha illustrato l’attuale situazione sociale, economica e politica del Paese. È stata sottolineata l’importanza della tradizione cristiana nella vita della Nazione ed il ruolo della Chiesa Cattolica per il suo rinnovamento. Ci si è poi intrattenuti sul prossimo semestre di Presidenza ungherese dell’Unione Europea, rilevando alcune convergenze di vedute tra l’Ungheria e la Santa Sede sui principali temi che interessano il continente europeo. Infine, sono stati passati in rassegna alcuni temi riguardanti le relazioni e la cooperazione nella regione”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli; mons. Hans-Josef Becker, arcivescovo di Paderborn (Repubblica Federale di Germania); mons. Massimo Camisasca, superiore generale della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo.

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    Il segretario generale del Cec: la collaborazione con la Chiesa cattolica cresce di giorno in giorno

    ◊   Sabato scorso Benedetto XVI ha ricevuto il dott. Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec). Pastore Luterano della Chiesa di Norvegia, il dott. Tveit ha assunto il suo nuovo incarico il primo gennaio 2010. Philippa Hitchen gli ha chiesto di parlarci del suo incontro con il Papa:

    R. - We had a very open and friendly conversation…
    Abbiamo avuto una conversazione molto aperta e amichevole. Il Papa ha sottolineato, in modo molto cordiale ma anche molto forte, l’importanza del lavoro del Consiglio Ecumenico delle Chiese e quindi anche dell’incarico di nuovo segretario generale a cui sono stato chiamato. Ha espresso anche il suo interessamento per come stiamo sviluppando e pianificando il lavoro futuro. Lui stesso è stato impegnato nella nostra Commissione “Fede e Costituzione” e quindi conosce molto bene questa specifica dimensione del nostro lavoro. E’ certamente interessato al modo in cui affrontiamo le questioni teologiche e al fatto di come sia possibile rafforzare il lavoro per un’unità visibile tra le Chiese.

    D. – Quali sono i suoi auspici per il dialogo con la Chiesa cattolica?

    R. - I hope that the Roman Catholic Church can be even more involved in the work…
    Spero che la Chiesa cattolica possa essere maggiormente coinvolta nel lavoro che facciamo, potenziando così la nostra collaborazione, che è già molto vasta. Si tratta di una cooperazione che cresce ogni giorno. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese è una comunità fraterna che riunisce Chiese di tutto il mondo e quando viaggio ed incontro rappresentanti di Chiese che ne fanno parte, in molti casi, mi raccontano di quanto sia intensa la collaborazione con la Chiesa cattolica, sia a livello locale che nazionale. Per me, questa è la prova che le Chiese cristiane collaborano in molti contesti e in profondità in tutto il mondo. (mg)

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    Il cardinale Bertone celebra una Messa di suffragio per la baronessa van Lynden-Lejten

    ◊   Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha celebrato oggi nella Cappella Paolina, in Vaticano, una Messa di suffragio per la baronessa Henriette Johanna Cornelia Maria van Lynden-Lejten, ambasciatore dei Paesi Bassi presso la Santa Sede, spentasi dopo una dolorosa malattia lo scorso 6 novembre, all’età di 60 anni. Il porporato ha affermato nell’omelia che la baronessa, madre di tre figlie, “si è preparata all’incontro con il Signore, purificata dalla malattia e pienamente consapevole che mentre si stava distruggendo la dimora del suo esilio terreno, si costruiva per lei una dimora eterna nel Cielo”. Ha ricordato quindi che, pochi giorni prima della sua morte, rispondendo ad una Lettera di conforto da lui inviata a nome di Benedetto XVI, la baronessa “si esprimeva con toccanti parole di gratitudine e di ammirazione per il Sommo Pontefice, mostrando anche il suo attaccamento alle cose che Dio le aveva donato in questa vita. Parlava con nostalgia di quanto aveva potuto godere nello svolgimento del suo alto compito diplomatico: l’orizzonte delle numerose e qualificate amicizie incontrate e le bellezze di Roma. Ma dal suo scritto – ha sottolineato il cardinale Bertone - traspare soprattutto il totale abbandono alla volontà di Dio, che le chiedeva di lasciare la città degli uomini per approdare per sempre alla Città del cielo”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, l'appello lanciato dal Papa all'Angelus di domenica; il Pontefice si è riferito in particolare agli attentati in Iraq contro cristiani e musulmani, agli scontri in Egitto, al dramma degli ostaggi eritrei e di altre nazionalità nel deserto del Sinai e alle vittime di trafficanti e criminali.

    Nella pagina dell'informazione religiosa, di spalla, un articolo sulla recente riunione della Conferenza dei vescovi dell'America Latina nella quale si è fatto il punto sulla situazione dei diritti umani nel continente.

    In basso, un'intervista all'ebreo Joseph Weiler, docente alla New York University, avvocato che ha difeso la presenza del crocifisso nei luoghi pubblici.

    Nelle pagine del servizio vaticano, un articolo dedicato ai funerali del cardinale Michele Giordano celebrati nel pomeriggio di sabato a Napoli.

    Si svolge oggi a Roma presso l'Avvocatura generale dello Stato una giornata di studio su "Roma e il Sacco del 410. Realtà, interpretazione e mito". Nelle pagine centrali del giornale, dedicate alla cultura, sarà possibile leggere il contributo di Paolo Siniscalco, dedicato alla lettura che dell'evento hanno dato due grandi storici, Jacques Bénigne Bossuet ed Edward Gibbon.

    A pagina 5, ampi stralci della relazione che Sandra Isetta terrà domani pomeriggio a Genova, a Palazzo Ducale, in occasione della presentazione dell'XI volume dell'opera omnia di Joseph Ratzinger. All'incontro, che sarà introdotto e moderato dal direttore de "L'Osservatore Romano" Giovanni Maria Vian, interverranno il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, Lucetta Scaraffia e appunto, Sandra Isetta.

    Sempre a pagina 5, in basso, ampi stralci della prolusione che la storica Anna Foa ha tenuto a Roma in occasione del VI Congresso dell'Unione delle comunità ebraiche italiane.

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    Oggi in Primo Piano



    Uccisi a Baghdad altri due cristiani. Mons. Sako: siamo sotto attacco

    ◊   Benedetto XVI all’Angelus ha invitato ieri a pregare per tutte le situazioni di violenza e di sofferenza nel mondo e, tra queste, ha ricordato i continui attentati che si verificano in Iraq contro cristiani e musulmani. L’ultimo di una lunga serie di sanguinosi attacchi contro la comunità cristiana è avvenuto ieri, quando uomini armati hanno fatto irruzione in una casa uccidendo marito e moglie, entrambi cristiani. Sull’appello lanciato dal Papa ascoltiamo l’arcivescovo cattolico di Kirkuk, mons. Louis Sako, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. – Apprezziamo molto le parole del Santo Padre e la sua solidarietà. E’ veramente un padre che sente il dolore dei suoi figli e delle sue figlie. La situazione è brutta per i cristiani e i musulmani.

    D. – La situazione è drammatica e alle parole del Santo Padre di ieri all’Angelus è seguito, poi, un altro drammatico attacco in cui è rimasta vittima una coppia di anziani a Baghdad …

    R. – Si tratta di due cristiani, Hikmat Sammak e sua moglie Samira, avevano venduto la casa ed erano andati ad abitare al nord. Erano ritornati a Baghdad due giorni fa per completare le pratiche e vendere ciò che gli era rimasto. Alcuni criminali sono entrati in casa e li hanno accoltellati. E’ una cosa che fa paura, non c’è niente né di umano né di religioso. Noi siamo una minoranza e quando un cristiano viene rapito o assassinato tutta la comunità comincia ad avere paura. Non sappiamo dove stia andando il Paese.

    D. – Ieri il Papa all’Angelus ha anche detto che la voce di Dio risuona nel deserto del mondo …

    R. – Una voce nel deserto è molto importante perché nel deserto si è soli, quindi una voce è un grande sostegno e dà speranza, è come un po’ di luce nella notte. Questa voce, la voce del Santo Padre, la voce di Dio nella preghiera, nel servizio, ci dà forza ma nel quotidiano ci vuole anche l’aiuto una forza internazionale. C’è bisogno d’aiuto, l’Iraq ha bisogno di aiuto.

    D. – Ieri è stata istituita una task-force della polizia irachena proprio per proteggere le minoranze cristiane…

    R. – Io non credo che basti per assicurare realmente la sicurezza perché tante volte quando c’è un attentato non si riesce a sapere, a controllare. C’è confusione, c’è caos, la gente ha perso la fiducia. Noi cristiani siamo un obiettivo a Baghdad, a Mossul, e in queste città non c’è sicurezza. (bf)

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    Sempre più drammatica la situazione dei profughi prigionieri nel deserto del Sinai

    ◊   Il Papa ieri all'Angelus ha ricordato anche il dramma dei profughi eritrei e di altre nazionalità, tenuti in ostaggio da trafficanti nel deserto del Sinai. Sull’appello del Santo Padre e sulla situazione dei profughi, che attualmente si trovano in territorio egiziano al confine con Israele, ascoltiamo al microfono di Mathilde Auvillan il presidente di Habeshia, agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo, don Mussie Zerai:

    R. – Il Papa ha lanciato un appello perché vengano rispettati i diritti di queste persone e speriamo che questo appello spinga le autorità a livello internazionale, ma nello specifico le autorità egiziane, affinché intervengano per salvare queste persone, affinché siano liberate dalle mani di questi trafficanti. Speriamo che successivamente siano rispettati i diritti di questi profughi: devono essere rispettati e protetti e deve essere garantito quanto riconosciuto anche dal diritto internazionale.

    D. – Lei è in contatto stretto con loro. Cosa raccontano?

    R. – Le loro condizioni sono pessime, sia a livello igienico-sanitario, sia per le persone che sono ferite a causa delle continue percosse e dei maltrattamenti che subiscono. Alcuni avrebbero bisogno di assistenza medica che ovviamente non c'è. Ci sono donne incinte che avrebbero bisogno di controlli medici: non ne hanno ed, anzi, subiscono la fame e la sete. Oggi stesso ho avuto l’ultimo contatto con i ragazzi che mi raccontavano delle loro condizioni. Sono incatenati, da giorni senza cibo, e subiscono maltrattamenti continui perché i sequestratori vogliono che ciascuno di loro paghi 8 mila dollari. Visto poi che l’ultimatum scadeva ieri, tramite i rispettivi parenti, ciascuno ha già dovuto versare 500 dollari, almeno per avere salva la vita. Sappiamo che sei sono già stati uccisi, a causa di questa richiesta. C’è il rischio, anche, dell’uccisione di altri profughi. E’ questo il resoconto che mi danno. Sono nelle mani di beduini che li stanno ricattando, che li tengono in catene come si faceva una volta con gli schiavi.

    D. – Quanti sono i profughi tenuti in ostaggio?

    R. – I numeri dicono che si tratta di 250 profughi di cui 80 provenivano dalla Libia e andavano verso l’Egitto per attraversare il confine con Israele, visto che non avevano trovato la possibilità di venire in Europa dopo l’accordo Italia-Libia che ha chiuso il tratto di mare che porta a Lampedusa. Di questi 80, sei sono stati già uccisi. Sappiamo che tra di loro ci sono anche donne e bambini, solo che non abbiamo numeri certi: i profughi, per quanto ne sappiamo, sono tenuti separati in “recinti” diversi dove sono legati, con catene ai piedi. Quindi non hanno nemmeno la possibilità di raccontare quale sia la situazione degli altri. (gf)

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    Costa d'Avorio nel caos con due presidenti e due premier

    ◊   La Costa d’Avorio è un Paese sull’orlo di una guerra civile, dopo che ieri sia il presidente uscente Gbagbo, sia il candidato dell’opposizione Ouattarà si erano dichiarati vincitori delle presidenziali ed avevano ciascuno nominato un premier. Intanto questa mattina sono state riaperte le frontiere, che erano rimaste sigillate per una settimana, in seguito alle violenze scoppiate dopo la tornata elettorale. Da Bruxelles, intanto, giunge la notizia che l’Unione Europea potrebbe prendere in considerazione l'adozione di sanzioni se la situazione politica non sarà chiarita al più presto. L'ipotesi è stata avanzata da un portavoce dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Ue Catherine Ashton. Per una testimonianza sulla situazione nel Paese africano, Salvatore Sabatino ha raggiunto telefonicamente a Bouakè un missionario italiano, che per motivi di sicurezza preferisce restare nell’anonimato:

    R. – Qui la situazione è tranquilla, nel senso che tutti sono stati a casa nel fine settimana. La città è quasi deserta. Ci sono state delle manifestazioni, ma senza violenza. C’è un clima di attesa, con un po’ di tensione: si attende per sentire come finiranno le cose.

    D. – La gente comune come vive questi momenti di grande confusione politica?

    R. – C’è paura, incertezza e non si sa come andrà a finire. Comunque, a livello di cristiani, ieri il vescovo di Bouaké ci ha convocati nella cattedrale, che era molto affollata e ha lanciato un appello soprattutto all’unità, un appello a tutti i cristiani, affinché continuino a pregare, affinché nella Chiesa non ci siano divisioni a causa dell’appartenenza etnica, della nazionalità e della politica. Nella Chiesa cattolica sono tutti fratelli e sorelle e non si devono fare distinzioni. L’appello del vescovo a questa unità è stato veramente molto forte, come anche quello a non mescolarsi a questi problemi. Bisogna pregare - ha aggiunto il vescovo - affinché il corpo diplomatico e la comunità internazionale possano veramente incontrare le due parti, pacificarle e arrivare finalmente ad avere un solo presidente.

    D. – La sua personale impressione sul futuro della Costa d’Avorio...

    R. – Ho fiducia, nel senso che faccio appello a non mettere davanti l’appartenenza etnica o politica e a pregare affinché giustamente non si arrivi a manifestazioni violente e a spargimento inutile di sangue. Faccio un appello a questa fraternità e al fatto che gli stranieri siano accolti come erano accolti prima. L’Africa è una grande famiglia: siamo tutti fratelli e sorelle. Quindi, bisogna ritornare a questi vecchi principi, che erano e che sono buoni ancora oggi. Confido sempre che si possa arrivare ad una soluzione, che non porti ad uno spargimento di sangue inutile.(ap)

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    Riaperti a Ginevra i colloqui sul programma nucleare iraniano

    ◊   Dopo oltre un anno di stallo, si sono riaperti a Ginevra i colloqui tra l'Iran e il cosiddetto gruppo dei '5+1' - Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, più la Germania - sul controverso programma nucleare della Repubblica Islamica. A rappresentare la comunità internazionale è tuttavia la sola Catherine Ashton, responsabile per la Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'Unione Europea, mentre per la delegazione di Teheran è presente il capo negoziatore, Saeed Jalili. Il dialogo tra Teheran e il '5+1' si era interrotto per il rifiuto iraniano di accettare un eventuale scambio tra la rinuncia all'arricchimento in proprio dell'uranio e l'ottenimento di forniture di combustibile nucleare. Un punto che sembra aver perso d’attualità dopo l’annuncio di Teheran della raggiunta autosufficienza nel processo di arricchimento dell’uranio. Sentiamo il professor Maurizio Simoncelli, esperto di questioni nucleari per l’Arcihvio Disarmo. L’intervista è di Stefano Leszczynski.

    R. – Un dato nuovo è la dichiarazione del governo iraniano che praticamente annuncia di essere autosufficiente in materia nucleare. Questo vuol dire che Teheran non ha più bisogno di far arrivare prodotti fissili dall’esterno e non ha bisogno di tecnologie. In poche parole, è una dichiarazione di totale autonomia. Questo certamente va a complicare notevolmente il quadro internazionale.

    D. – Cosa è cambiato dopo il richiamo del direttore dell’Agenzia atomica, che ha detto: “Se l’Iran non ci permette di verificare, noi non possiamo escludere che stia preparando un programma militare nucleare”?

    R. – Questo è il grosso problema. Tutti quanti ormai tendono a considerare che l’Iran stia provando a fare questo passo che potrebbe permettergli di assumere un diverso ruolo nella geografia dell’area mediorientale, ma anche a livello asiatico.

    D. – Da un punto di vista di politica internazionale, c’è anche una novità in questi colloqui: il fatto che, in realtà, la comunità internazionale venga rappresentata da Catherine Ashton, la responsabile per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea…

    R. – E’ un segnale atteso da tanto tempo, che l’Unione Europea possa farsi sentire con una voce unitaria e non con più voci giocate secondo gli interessi delle singole cancellerie nazionali. Sarebbe opportuno che l’Europa, proprio per poter contare di più sulla scena internazionale, riuscisse ad esprimersi sempre e ovunque in modo coerente.

    D. – Wikileaks avrebbe anche svelato dei documenti in cui si parla di rapporti tra l’Iran e la Corea del Nord, in materia proprio di scambio di aiuti sul nucleare. Secondo lei si tratta di fantapolitica o è qualcosa di possibile?

    R. – Non mi sorprenderebbero accordi di questo genere, anche perché – ricordiamo – che la Corea utilizza il nucleare per una serie di partite economiche a livello internazionale.

    D. - Quindi, in questo senso, anche l‘incontro e il dialogo tra Obama e Hu Jintao, proprio sul nucleare iraniano, assume insomma anche un diverso significato?

    R. – Decisamente, perché il ruolo della Corea del Nord è destabilizzante non solamente nel quadro dell’Estremo Oriente ma, come vediamo, possiamo trovarlo anche nel quadro del Vicino e Medio Oriente. (ap)

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    Premio Nobel alternativo al vescovo brasiliano Erwin Kräutler, difensore dei diritti degli Indios dell'Amazzonia

    ◊   Una vita spesa per la Chiesa e per il bene degli Indios dell’Amazzonia: mons. Erwin Kräutler vescovo della prelatura di Xingu, in Brasile, riceve oggi il Right Livelihood Award, ovvero il ‘Premio al giusto modo di vivere’, il Nobel alternativo, che l’omonima fondazione assegna ogni anno, a Stoccolma presso la sede del Parlamento svedese, a quanti nel mondo si adoperano per una società migliore, autenticamente equa. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Una vita intera spesa a favore dei diritti umani e ambientali delle popolazioni indigene e per salvare la foresta amazzonica dalla distruzione: questa la motivazione del Right Livelihood Award a mons Kräutler. “Se l’Amazzonia è minacciata, lo è il mondo intero”: ha ripetuto ai giornalisti il presule, lo scorso aprile a Roma, durante la visita ad Limina dei vescovi brasiliani. 71 anni, nato in Austria, missionario del Preziosissimo Sangue, giunto in Amazzonia quando era ancora seminarista, poi divenuto sacerdote e nominato vescovo della più grande prelatura brasiliana, a Xingu, nello Stato del Parà, dove cinque anni fa ha trovato la morte suor Dorothy Stang, la religiosa d’origine statunitense assassinata per aver difeso i diritti delle popolazioni locali dell’Amazzonia, contro lo strapotere dei latifondisti. Così anche mons. Kräutler “da anni è minacciato di morte e perseguitato - rivela mons. Daniel Lagni direttore delle Pontificie Opere missionarie in Brasile - perché porta una bandiera, che non è personale ma rappresenta una causa sociale, la difesa dei più piccoli, dei poveri dell’Amazzonia”. Non una lotta politica la sua – sottolinea ancora mons. Lagni – ma una proposta evangelica “accanto agli indifesi”. Già presidente per due mandati del Consiglio missionario nazionale (Comina) e del Consiglio indigenista missionario (Cimi), la voce di mons. Kräutler risuona autorevole nell’episcopato brasiliano e tra la gente. L’ultima ‘battaglia’ è quella per impedire la costruzione di una gigantesca centrale idroelettrica, a Belo Monte, nel pieno della foresta amazzonica, la terza al mondo per potenza, che vede l’opposizione di numerose organizzazioni della società civile. Un fronte dunque ancora aperto, quello per tutelare gli Indios dell’Amazzonia e non solo loro se questa regione, patrimonio ecologico dell’umanità intera, viene saccheggiata per soddisfare gli interessi economici di pochi, come denuncia lo stesso mons. Erwin Kräutler al microfono di Cristiane Murray:

    R. - Oggi, nonostante la situazione continui ad essere sempre molto difficile, tanta gente che prima difendeva la nostra causa, i diritti degli indios, adesso non lo fa più, non li sostiene più, e questo è molto triste.

    D. – Per quale motivo? Ci sono degli interessi?

    R. – Sì, sicuramente interessi economici. Molti politici della regione amazzonica non hanno prospettive, guardano solo dove possono guadagnare soldi, senza nessuna apertura verso il futuro. Vedono lo sviluppo unicamente come profitto, come un guadagnare denaro. Non parlano di famiglia, di sanità, di educazione. Pensano solo ai soldi, ai soldi e ai soldi! L’essere umano viene dopo, anzi è scartato. Sembra che questo progetto di fare soldi sia il vero soggetto della storia e non l’essere umano. Se l’uomo si oppone a questo progetto, deve essere eliminato e così accade per gli indios e per chi li difende. Su questo punto sono molto intransigente. Gli indios hanno diritto al loro ambiente, alla loro vita, al loro habitat, e questo è scritto nella Costituzione brasiliana.

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    Chiesa e Società



    Crisi politica in Costa d’Avorio: la Chiesa esorta al dialogo e alla calma

    ◊   La Chiesa cattolica della Costa d’Avorio segue con attenzione la crisi politica scoppiata nel Paese dopo il ballottaggio presidenziale del 28 novembre e si propone come soggetto attivo nella mediazione tra i due leader politici che si sono dichiarati vincitori e si contendono sia la presidenza sia la guida del governo. L’Unione Africana ha inviato l’ex Presidente sudafricano Thabo Mbeki a mediare tra le due parti, “ma finora non vi sono spiragli per un’intesa, perché Gbagbo e Ouattara rimangono fermi sulle loro posizioni” dice all'agenzia Fides una fonte della Chiesa locale. Ieri mons. Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan e portavoce del collettivo dei capi religiosi per le elezioni “pacificate”, nel corso della cerimonia di consacrazione di una nuova chiesa ad Abidjan ha rivolto un appello a Gbagbo ed a Ouattara perché siano ragionevoli ed ha invitato la popolazione alla calma. “Mons. Kutwa ha ricordato ai fedeli che Dio non abbandonerà la Costa d’Avorio ed è ancora possibile trovare una soluzione pacifica” afferma ancora la fonte di Fides. “Secondo un giornale dell’opposizione, negli ultimi giorni in alcuni scontri in diverse aree della Costa d’Avorio vi sarebbero stati 54 morti, ma questa notizia non trova spazio nei media legati a Gbagbo. Si tratta di un’informazione difficile da verificare. Per impedire la diffusione di notizie e “rumori” che incitano gli animi della popolazione, è stato bloccato il servizio di invio di messaggi di testo dei cellulari (SMS)” conclude la fonte della Chiesa locale. (M.G.)

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    Iraq: continua l'esodo delle famiglie cristiane accolte dalle comunità in diaspora

    ◊   Nell’esodo dei fedeli cristiani dall’Iraq – che dopo le recenti violenze cercano rifugio in Europa, America, Oceania – centinaia di famiglie cattoliche caldee si sono rifugiate negli ultimi giorni in Turchia, in attesa di raggiungere Paesi dove vi sono folte comunità di fedeli cattolici Caldei della diaspora, pronti ad accoglierle. Il vicario patriarcale degli assiro-caldei in Turchia, mons. François Yakan, ha reso noto che la sua comunità sta accogliendo i rifugiati cristiani iracheni e li sta aiutando a sbrigare le pratiche legali e amministrative presso l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, per condurli verso paesi terzi. A coordinare l’accoglienza dei profughi cristiani iracheni nelle diverse nazioni - riferisce l'agenzia Fides - è "l'Associazione di solidarietà per emigrati e rifugiati” che raccoglie i fedeli assiro-caldei a livello internazionale. Mons. Yakan ha rimarcato che “i caldei sono emigrati in tutto il mondo e tutto il mondo ha le porte aperte per noi”, sottolineando che le comunità Caldee si sono adoperate per una colletta di solidarietà in favore dei loro fratelli che soffrono. Centinaia di famiglie cristiane si stanno trasferendo anche nel Kurdistan iracheno, restando in Iraq e rientrando nella categoria degli “sfollati interni”. L’autorità regionale del Kurdistan rende noto, però, di non avere ricevuto alcun sostegno dalla comunità internazionale, nè dal governo centrale, nonostante la crescente presenza di immigrati cristiani nella regione. I cristiani stanno ricevendo una buona accoglienza ma, se l’esodo continuerà, la regione potrebbe ben preso trovarsi in una crisi umanitaria: per questo, secondo gli osservatori, il flusso va guidato e controllato, mentre occorrono aiuti finanziari per garantire i servizi di accoglienza e i servizi sociali di base. (R.P.)

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    I vescovi svizzeri in difesa del Crocifisso e dei fratelli cristiani in Iraq

    ◊   La solidarietà ai cristiani iracheni perseguitati e i simboli religiosi nei luoghi pubblici sono i due principali temi al centro dei lavori della 290.ma assemblea ordinaria della Conferenza episcopale svizzera (Ces), svoltasi a Viège. I presuli, citati dall’Osservatore Romano, hanno denunciato “una forte ostilità manifestata contro i simboli religiosi nei luoghi pubblici”. Si tratta di una “corrente d'opinione che vuole confinare la religione alla sfera privata. È con soddisfazione che la Ces — hanno proseguito — ha preso atto che la maggioranza della popolazione sostiene la presenza dei simboli cristiani, in particolare i Crocifissi, nei luoghi pubblici”. La maggioranza, inoltre, riconosce che “con l'abolizione di questi simboli si corre il rischio di minare le fondamenta cristiane della nostra società e del nostro modo di vivere insieme senza costrizione”. Ne consegue il diritto di testimoniare pubblicamente e di vivere la fede attraverso segni visibili. “La libertà di credo e di coscienza — hanno aggiunto — è garantita solo se le espressioni di fede e i loro segni sono tollerati. Il divieto di esporre il Crocifisso nei luoghi pubblici non sarebbe espressione di tolleranza, ma di intolleranza poiché impedisce in pubblico l'espressione della fede cristiana”. La Conferenza episcopale svizzera ha poi espresso preoccupazione per le condizioni in cui sono costretti a vivere i cristiani in Iraq e hanno espresso la loro profonda solidarietà. “Siamo scioccati dalla situazione dei cristiani in Iraq”, si legge in un messaggio dell'episcopato elvetico, nel quale si parla dell'attacco sanguinoso avvenuto il 31 ottobre nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Baghdad, a causa del quale hanno perso la vita 58 fedeli. “L'attacco sembra rappresentare il culmine di una lunga serie di attentati contro la vita dei cristiani e di altre minoranze religiose. Questi atti di persecuzione — prosegue il comunicato della Ces — non sembrano volersi fermare. La vita dei cristiani in Medio Oriente, purtroppo, continua a peggiorare e a essere continuamente minacciata”. I vescovi svizzeri hanno ricordato il Sinodo speciale dei vescovi per il Medio Oriente dello scorso ottobre, fortemente voluto da Papa Benedetto XVI, a margine del quale è stato lanciato un accorato appello alla giustizia, alla pace, al rispetto dei diritti umani e alla libertà religiosa in tutto il Medio Oriente. La Conferenza episcopale ha quindi ringraziato tutte le organizzazioni umanitarie che assistono i cristiani cattolici che si trovano in Iraq e anche quelli costretti ad andare in esilio nei Paesi vicini, come Giordania, Libano e Siria. Infine, i vescovi hanno ribadito che il più forte sostegno che si può offrire ai cristiani iracheni è la preghiera e hanno invitato le parrocchie a celebrare la messa o altre funzioni liturgiche per tutti i perseguitati e i martirizzati a causa della loro fede. (M.G.)

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    Pakistan: si allungano i tempi processuali per Asia Bibi

    ◊   Natale in carcere per Asia Bibi, dopo che l’Alta Corte di Lahore oggi ha prolungato la sospensione della pena per la donna cristiana condannata a morte per blasfemia fino al 23 dicembre. Lo stesso giorno la Corte dovrebbe poi annunciare la data della prima udienza del processo di appello. “Sarà un Natale in cui tutti i cristiani del Pakistan ricorderanno e pregheranno per Asia e per la sua famiglia. Mentre la politica fa i suoi giochi, c’è una vittima innocente che soffre in carcere e dei bambini senza una madre”, ha commentato Haroon Barket Masih, responsabile della “Fondazione Masihi”, che si prende cura della famiglia e garantisce assistenza legale, notando che “il processo di appello si prevede possa durare circa un anno”. La Corte ha inoltre ordinato al governo del Pakistan di “non emendare la legge sulla blasfemia prima della decisione finale del processo su Asia Bibi”. Quest’ultima indicazione ha suscitato la contrarietà di avvocati, politici esponenti della società civile che denunciano un’evidente interferenza della magistratura sulle prerogative del Parlamento e del governo, che detengono il potere legislativo ed esecutivo. In molti definiscono l’ordinanza dell’Alta Corte “inammissibile, foriera soltanto di confusione di conflitto di poteri: la Corte non può condizionare in alcun modo il lavoro del Parlamento o del Governo”. Gli esponenti della società civile sentiti dall'agenzia Fides avvertono inoltre che “il caso di Asia Bibi si sta politicizzando, e, da un lato, vi sono tentativi di inserirlo in dispute politiche o in tatticismi; dall’altro è in atto una grossolana strumentalizzazione dei gruppi radicali islamici”. Ieri infatti a Islamabad, gli attivisti radicali della Jamaat-e-Islami hanno manifestato dinanzi al Parlamento, chiedendo al governo di occuparsi dei “problemi reali del Paese” e di lasciar perdere la revisione della legge sulla blasfemia. Intanto l’opera della Commissione incaricata dal Presidente Zardari di rivedere la legge sta per iniziare e, come dicono autorevoli fonti di Fides nel governo del Pakistan “la Commissione conta di esprimere un risultato e una proposta di revisione entro tre mesi”. Secondo dati ufficiali diffusi oggi dalla stampa pakistana, sono 130 le persone in carcere per blasfemia nelle diverse prigioni del Punjab. Di questi, 64 sono stati condannanti, mentre 52 sono sotto processo. Dei condannati, 12 (fra i quali Asia Bibi) sono condannati a morte mentre altri scontano l’ergastolo o altre pene. Solo otto sono i cristiani, i restanti 122 sono musulmani. (M.G.)

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    India: i cristiani celebrano la “Domenica di liberazione dei dalit”

    ◊   I cristiani in India hanno celebrato ieri la “Domenica di liberazione dei dalit”; una decisione presa di comune accordo dalla Conferenza episcopale cattolica indiana e dal Consiglio nazionale delle Chiese, per sensibilizzare i fedeli sulla situazione di ingiustizia che si perpetua nei confronti dei dalit sia cristiani che musulmani. Padre Vincent, uno specialista in questo campo che è stato segretario della Campagna nazionali per i diritti dei dalit , afferma all'agenzia AsiaNews che i cristiani dalit sono quelli più umiliati: "non hanno protezione legale (come i dalit indù); vengono perseguitati; la maggior parte di loro sono segregati, umiliati; una comunità priva di spazi e posizioni sociali, economici e politici dentro e fuori la chiesa”. In generale, il destino delle “Scheduled Castes”, cioè dei dalit, e delle Scheduled Tribes, delle tribù native, è molto triste. Dopo che sono passati così tanti anni dall’indipendenza dell’India, devono subire ancora molta oppressione e sofferenza. Ma i dalit cristiani e musulmani in particolare, soffrono ancora di più. Come risultato dell’ordinanza presidenziale del 1950, essi sono stati privati di tutte le facilitazioni a cui potrebbero far ricorso in base alla Costituzione, sulla base del fatto che queste due religioni non riconoscono le caste. Questa è un’anomalia, perché i dalit buddisti e jainisti godono di quei benefici, anche se le loro religioni non accettano le caste. Inoltre i dalit cristiani non sono coperti dalla Legge di prevenzione delle atrocità del 1989, e di conseguenza nei loro confronti c’è una violenza continua e crescente. Padre Vincent afferma: “E’ un peccato che nel momento in cui la Chiesa indiana è in maniera predominante una Chiesa dalit, dal momento che i dalit sono circa il 70% dei cristiani, nelle varie denominazioni, essa debba dedicare una giornata speciale a sollevare all’interno della Chiesa stessa il problema della preoccupazione che la situazione dei dalit suscita. Oltre a essere considerati e trattati da intoccabili, i dalit cristiani subiscono ogni tipo di oppressione e violenza”. E ha aggiunto: “La conversione non cambia le vite o lo status inumano dei dalit cristiani”. Sulla violenza padre Vincent spiega che “è la violenza da parte delle forze integraliste indù il cui slogan è 'l’India agli Indù'. Sebbene gli indù formino l’83% della popolazione totale dell’India, le forze integraliste sono contro la conversione della gente ad altre fedi, specialmente quella cristiana. Per almeno vent’anni una violenza su larga scala è stata scatenata contro i cristiani, dicendo di voler fermare le conversioni. Le situazioni peggiori sono state vissute dal cristiani dalit che vivono nelle campagne e dai tribali. Nelle aree urbane il danno più che dalla violenza contro le persone, è fatto alle strutture e agli edifici della Chiesa. Ma nelle aree rurali gli sciovinisti indù attaccano le persone, oltre a dare alle fiamme case, rifugi e sale di preghiera. Khandamal in Orissa è l’esempio recente su larga scale di ciò che accade ai dalit cristiani e tribali”. (R.P.)

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    Indonesia: la Chiesa tenta il dialogo con l'islam radicale

    ◊   In crescita in Indonesia l’intolleranza religiosa. Dai dati di un’indagine di un gruppo per la tutela dei diritti umani - ripresa dall'agenzia AsiaNews - risulta che circa il 50% degli interpellati ha dichiarato una totale opposizione alla costruzione, nella loro zona, di edifici religiosi di altre fedi, problema molto attuale nel Paese. Il distretto più intollerante è Bekasi, dove “il 74% degli intervistati ha indicato di rifiutare qualsiasi costruzione di luoghi di culto cristiani”. Nei mesi scorsi nella zona gruppi estremisti islamici si sono opposti anche con violenza alla costruzione di una chiesa del gruppo cristiano protestante Batak. Gli islamici accusano i cristiani di “fare proselitismo” tra i musulmani. Anche un recente rapporto dell’International Crisis Group avverte il governo indonesiano che la crescente intolleranza di gruppi islamici contro i cristiani, nella Grande Jakarta, “rischia di disintegrare il tessuto sociale e la pacifica convivenza che esiste da decenni”. Per fronteggiare questa escalation, la commissione Interreligiosa della Conferenza dei vescovi indonesiani, sta cercando di intensificare il confronto con le principali organizzazioni islamiche moderate, senza escludere i gruppi islamici più radicali come il Islamic defender Front. La proposta ha suscitato scetticismo in molti gruppi cattolici, ma secondo la conferenza episcopale si iniziano a cogliere i primi segni di un dialogo aperto ad un’atmosfera di reciproca comprensione. (C.P.)

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    Filippine: soddifazione dei vescovi per la tregua natalizia tra governo e guerriglia

    ◊   I vescovi filippini salutano con generale sollievo e soddisfazione il cessate-il-fuoco annunciato dal governo di Benigno Aquino con la guerriglia comunista durante il prossimo periodo natalizio. La tregua durerà dalla mezzanotte del 16 dicembre fino alla mezzanotte del 3 gennaio 2011 e dovrebbe preparare il terreno per la ripresa dei negoziati di pace. Mons. Antonio Ledesma , arcivescovo di Cagayan de Oro, ha parlato di uno sviluppo positivo esprimendo l’auspicio che “nella nuova tornata di negoziati le due parti possano giungere a una pace duratura”. Particolarmente felice della tregua - riferisce l’agenzia dei vescovi Cbcpnews - mons. Juan De Dios Pueblos, vescovo di Butuan, nel cui territorio, comprendente le province di Agusan del Norte e Agusan del Sur, la guerriglia maoista si è fatta sentire in questi anni. Secondo il presule, il cessate il fuoco offrirà l’occasione per lavorare per una pace a lungo termine. Mons. De Dios Pueblos è ottimista: “Abbiamo appena terminato la Settimana per la Pace a Mindanao in cui un nostro ospite musulmano ci ha ricordato che la Madonna è sempre stata un’icona di pace”, ha detto. Fiducioso anche mons. Vicente Navarra vescovo di Bacolod, un’altra area dove imperversa la guerriglia maoista. Il vescovo spera in una tregua che vada oltre il periodo natalizio: “Questo – dice - sarà possibile solo se le due parti tratteranno apertamente mettendo tutte le carte in tavola”. Mons. Ramon Arguelle, arcivescovo di Lipa e già ordinario militare delle Filippine, ha invitato, da parte sua, a pregare per una pace durevole fondata sull’amore nelle Filippine e perché “le armi cedano il passo ai mezzi per produrre cibo”. In più di 4 decenni la ribellione comunista nelle Filippine ha causato circa 40 mila vittime, oltre a ostacolare la crescita economica del Paese. Un altro fronte caldo per il governo di Manila resta la provincia meridionale di Mindanao, dove da anni è attiva una guerriglia secessionista musulmana. (L.Z.)

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    Congo: appello del neo cardinale Monsengwo per la pace nell'est del Paese

    ◊   Un forte richiamo ai politici perché rispondano alle attese della popolazione e un appello a porre fine alla guerra nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Sono questi due dei passaggi più significativi dell’omelia del neo cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, pronunciata ieri nella Messa celebrata nello stadio dei Martiri della capitale congolese. Si tratta della prima Messa presieduta dal neo cardinale Monsengwo da quando è rientrato nel Paese da Roma, dove ha partecipato al Concistoro del 20 novembre. Alla Messa hanno partecipato più di 100mila fedeli. Presenti erano il Capo dello Stato, Joseph Kabila, insieme alla moglie, i Presidente dei due rami del Parlamento, Evariste Boshab e Kengo wa Dondo, e il Primo Ministro, Adolphe Munito. “Il potere che non si occupa del bene comune è un potere senza uno scopo” ha affermato il cardinale Monsengwo. “Il potere ha senso solo se si ha cura degli altri, dei poveri e dei diseredati”. Il porporato ha poi rivolto un appello alle fazioni che si combattono nell’est del Paese perché depongano le armi: “invitiamo le persone coinvolte in questa guerra a deporre le armi e a fare la pace nella giustizia e nella riconciliazione. Il Papa ci chiede di impiegare tutte le vie del diritto nazionale e internazionale per mettere fine alla guerra nel Congo in generale, in particolare nell’est”. Il cardinale ha infine espresso la sua preoccupazione per il progressivo impoverimento della popolazione, ed ha accennato allo sfruttamento delle immense risorse naturali del Paese da parte di aziende straniere, delle quali non beneficia la maggioranza dei congolesi. (R.P.)

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    Al via a Loreto il Forum dei giovani europei "Da Eurhope a Eurhome"

    ◊   “Una nuova creatività e generosità nell’evangelizzazione” è l’invito e l’augurio che padre Eric Jacquinet, responsabile sezione Giovani del Pontificio Consiglio per i laici, ha rivolto ai partecipanti al Forum dei giovani europei “Da EurHope a EurHome: ‘Ecco la vostra casa’. Loreto capitale dei giovani d’Europa”, che si è aperto oggi. L’evento, che si concluderà il 10 dicembre, è organizzato nel contesto delle celebrazioni per il decennale del Centro Giovanni Paolo II di Loreto e vede la partecipazione di circa 120 ragazzi di una ventina Paesi europei, indicati dalle conferenze episcopali nazionali. Padre Jacquinet ha sottolineato che in “questi cinque giorni Gesù vuole specialmente guarirci dalla paralisi missionaria, e svegliare la nostra fede, speranza e carità” che è “un’energia fantastica” che ci “fa servire gli altri, studiare, lavorare, donare il nostro tempo, prendere iniziative”. Il sacerdote ha anche ricordato in questo processo di “guarigione” nessuno è solo, ma “siamo portati dalla fede degli altri, la fede della Chiesa”. Padre Jacquinet ha poi sottolineato che il Centro e le sue attività fanno parte “della grande dinamica di evangelizzazione” che comprende eventi come le Giornate Mondiali della Gioventù e ha invitato tutti i presenti all’appuntamento di agosto a Madrid. Nel portare stamattina il saluto del Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee) ai giovani europei riuniti a Loreto per il Forum il vice-segretario generale, don Ferenc Janka, ha notato che “c’è un filo rosso che unisce questo appuntamento con il lavoro della Ccee”. Uno dei compiti principali del Consiglio è, infatti, capire “come dare vita in Europa a un’evangelizzazione di qualità nuova e trovare una vera comunione”: per don Janka questo appuntamento è proprio “il segno di comunione vissuta” e apre le prospettive per quella “nuova evangelizzazione” di cui c’è bisogno. “Il mondo giovanile non è senza casa” ha sottolineato a sua volta don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale Cei per la pastorale giovanile, perché per molti di loro “la casa dice stabilità, relazioni intense e famiglia” che sono riconosciuti come i valori più importanti e di riferimento dei giovani, basta vedere le ricerche sociologiche degli ultimi anni. A questo proposito don Anselmi ha sottolineato che nel recente rapporto Iard sui ragazzi dai 15 ai 30 anni, il 52% dei giovani italiani si definisce “cattolico”: “un dato che considero positivo – ha spiegato - perché anche se non tutti sono praticanti vuol dire che il loro cuore è lì e che la Chiesa è considerata una casa accogliente e di riferimento. Il desiderio di una casa” è, per i giovani, “desiderio di una vita piena”: ad affermarlo, nella sua relazione di apertura a Loreto, è stato mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, assistente generale dell’Azione cattolica italiana e presidente della Commissione per il laicato della Cei. (R.P.)

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    Spagna: gruppi radicali impediscono al cardinale Rouco Varela di parlare all'università

    ◊   Gruppi radicali hanno impedito al cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, di pronunciare una conferenza all'Università Autonoma. Il porporato ha deciso di cancellare l'atto quando il Governo spagnolo ha avvertito di non poter garantire la sua sicurezza. Anche se l'arcivescovado di Madrid non ha pubblicato alcun comunicato, Análisis Digital, pubblicazione della Fondazione García Morente, promossa dall'arcivescovado, ricorda in un editoriale che l'intervento del presidente della Conferenza episcopale spagnola si inseriva nei preparativi della Giornata Mondiale della Gioventù, “che concentrerà a Madrid più di due milioni di giovani di tutto il mondo”. “L'atto non ha potuto celebrarsi per le minacce di gruppi antisistema che avevano annunciato il loro proposito di impedirlo con la violenza”, aggiunge. “Di conseguenza, gli universitari non potranno ascoltare la voce del cardinale-arcivescovo di Madrid, che avrebbe parlato loro del 'Dio sconosciuto' per gli spagnoli del nostro tempo, come fece San Paolo nell'areopago di Atene. La differenza è nel fatto che mentre San Paolo ha potuto parlare duemila anni fa del 'Dio sconosciuto' in tutta libertà, ora tutto un sistema democratico si è arreso di fronte alla minaccia di un'azione violenta, rifiutando di garantire la libertà e l'ordine nel campus universitario”, prosegue Análisis Digital. A suo avviso, ci si trova “di fronte a un flagrante abbandono di funzioni da parte della delegazione del Governo di Madrid, che si è rifiutata di difendere le libertà garantite dalla Costituzione, in connivenza con le autorità accademiche che organizzavano l'atto e che non hanno fatto nulla per difendere i loro studenti”. Secondo la pubblicazione, “ciò che è avvenuto è una nuova dimostrazione del paradigma culturale che cerca di imporre il laicismo aggressivo: tollerante con l'intolleranza dei violenti e implacabile con un bavaglio a ogni voce che ricordi Dio e il senso dell'esistenza dell'uomo. Con il paradosso aggiunto che la libertà e la verità danno fastidio laddove la conoscenza dovrebbe avere un posto importante, all'Università”. Dal canto suo l'Osservatorio antidiffamazione religiosa - riferisce l'agenzia Zenit - ha reso pubblico un comunicato in cui lamenta che in Spagna non viene garantita sufficientemente la libertà religiosa. “E' un episodio deplorevole il fatto che in un Paese che si definisce democratico, un cittadino non possa recarsi per motivi di sicurezza dove è stato invitato a pronunciare una conferenza su un tema come parlare di Dio”, ha affermato. (R.P.)

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    Perù: al via la legge sulla libertà religiosa; uguali diritti per le diverse confessioni

    ◊   Con 62 voti a favore e un'astensione il Congresso peruviano ha approvato la cosiddetta legge sulla libertà religiosa, che ha l'obiettivo di garantire il diritto fondamentale di ogni persona alla libertà di culto, come sancito dalla Costituzione. La legge fa esplicito riferimento al riconoscimento delle espressioni religiose dei popoli andini, amazzonici e afroperuviani e al diritto di praticare il rispettivo credo. “Si tratta di una norma storica, all'avanguardia e soprattutto giusta — ha commentato all’Osservatore Romano, Javier Valle Riestra, parlamentare appartenente alla coalizione di governo — perché riconosce l'assoluta libertà e lo stesso trattamento dello Stato nei confronti delle differenti religioni”. E per Alda Lazo, altro membro del Congresso, la legge è importante perché “promuove anche l'inclusione sociale”, riferendosi alle minoranze coinvolte dal dispositivo. Il provvedimento abbraccia molteplici aspetti della libertà del singolo individuo e delle istituzioni confessionali: dalla pratica dei riti, all'obbligo per scuole e luoghi di lavoro di rispettare i giorni considerati sacri dal credente, fino a includere la possibilità da parte degli enti religiosi di beneficiare di donazioni e di esenzioni tributarie. Le istituzioni iscritte nel registro degli enti religiosi che abbiano un manifesto radicamento nel territorio — si legge in uno degli articoli — “godranno di esoneri, benefici tributari e franchigie” attraverso specifiche convenzioni che potranno siglare con lo Stato. Ciò apre la possibilità che altre entità religiose possano accedere ad accordi, alla stregua del concordato che la Chiesa cattolica mantiene con la Repubblica peruviana. L'iscrizione nel registro, che ha come fine l'ottenimento del riconoscimento civile degli enti religiosi, è su base volontaria. Il provvedimento, inoltre, prevede il riconoscimento dei titoli accademici consegnati dal Seminario evangelico di Lima e dal Seminario biblico. Altro punto della nuova legge è l'obbligo, per tutte le istituzioni educative, di rispettare il diritto degli alunni a non frequentare i corsi di religione per motivi di coscienza, senza che ciò comprometta la loro carriera scolastica. Inoltre si stabilisce la validità dell'obiezione di coscienza anche nel caso che un individuo si rifiuti di adempiere un dovere legale in ragione delle proprie convinzioni morali o religiose. Le sole critiche raccolte dalla legge arrivano da alcuni rappresentanti delle comunità evangeliche del Perú, secondo il quali non sono state recepite le proposte che il gruppo delle minoranze religiose nel Paese ha avanzato fin dal 2007. “Le minoranze — ha dichiarato all'agenzia Efe il direttore esecutivo dell'Unione delle chiese cristiane evangeliche del Perú, Raquel Gago — volevano e speravano una legge inquadrata nella cornice del principio di laicità, con la separazione totale tra Stato e Chiesa. Non vogliamo privilegi economici perché alla lunga sono pregiudizievoli per le confessioni religiose e debilitano il sistema democratico”. Gli evangelici, con il 12,5%, rappresentano la seconda religione del Paese, dopo quella cattolica, seguita da oltre l'80% della popolazione.(M.G.)

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    In Perù premio a mons. Barreto Jimeno, difensore della causa dei più poveri

    ◊   L'Associazione coordinatrice nazionale dei diritti umani assegnerà il Premio annuale dei Diritti umani "Angel Escobar Jurado" all'arcivescovo di Huancayo, mons. Pedro Barreto Jimeno. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, il premio riconosce nella persona di mons. Barreto il prezioso "lavoro e contributo alla difesa dei diritti umani, e il suo fermo sostegno per i più poveri". L'arcivescovo di Huancayo è stato scelto come vincitore del premio per il comune accordo dell’organizzazione che riunisce ottanta organismi attivi ed impegnati nella promozione e nella difesa dei diritti umani. La cerimonia di premiazione si terrà il 10 dicembre presso l'auditorium del Colegio Medico del Perù, nel quartiere di Miraflores. Ángel Escobar Jurado è stato un difensore dei diritti umani durante gli anni del terrorismo, e sparì a Huancavelica nel 1990. La notizia è stata diffusa ad una decina di giorni dal sostegno espresso dalla Conferenza episcopale peruviana a mons. Barreto, dopo le aggressioni e le minacce subite. “La Chiesa cattolica in Huancayo ha riaffermato il suo impegno per difendere la vita, la salute, il lavoro dignitoso, la costruzione della pace avendo cura per il creato, e in una dichiarazione esprime il suo pieno sostegno, la fiducia e la fedeltà a mons. Pedro Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo, in seguito agli attacchi che ha ricevuto da un gruppo di abitanti di La Oroya”, si legge nella nota della Conferenza episcopale. Gli eventi si sono verificati a La Oroya il 15 novembre, quando mons. Barreto era presente alla conferenza stampa fatta da un team di avvocati americani sulla causa giudiziale di una compagnia americana (la Renco Group e il suo azionista Ira Rennert) per i danni recati ai bambini di La Oroya a causa dell'inquinamento ambientale. Un piccolo gruppo di persone male informate o motivate da altri interessi, ha avuto un comportamento violento e ha verbalmente attaccato l'arcivescovo, tentando di aggredirlo fisicamente. Dell’aggressione hanno fatto le spese il personale della Pastorale sociale dell'arcidiocesi e anche alcuni membri della Tavola rotonda ambientale regionale di Junin. (R.P.)

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    Episcopati del Centro America e Messico: incontro sui nuovi media

    ◊   A San Jose di Costa Rica, nei giorni scorsi si sono incontrati i Vescovi presidenti e segretari esecutivi delle Commissioni per la comunicazione, i media e i responsabili della Riial delle Conferenze episcopali del Centro America e del Messico. Obiettivo era trattare il tema della comunicazione. Nel messaggio pubblicato dai partecipanti, di cui è pervenuta copia all’agenzia Fides, viene presentata la realtà della zona, la natura della comunicazione, il rapporto tra l'evangelizzazione e i mezzi di comunicazione. La chiave del messaggio si può ritrovare in questo paragrafo: "Noi comprendiamo la missione, la comunione, l'evangelizzazione e la testimonianza come le azioni del discepolo missionario nel comunicare Cristo e il suo messaggio. In questo senso, dovrebbe essere chiaro che i membri della Chiesa - agendo secondo il Vangelo - quando evangelizzano stanno comunicando e quando comunicano stanno evangelizzando". E il messaggio continua: “La Chiesa non può fare l'errore di evangelizzare con vecchie strutture, e neanche di prescindere dai media e dalle nuove tecnologie. Perché usandole al servizio del Vangelo, esse offrono la possibilità di aumentare quasi senza limiti il campo di ascolto della Parola di Dio”. Il messaggio si conclude con delle richieste che vengono, in qualche modo, tratte dai suggerimenti del documento di Aparecida: la conoscenza di una nuova cultura della comunicazione; promuovere la formazione professionale; particolare attenzione ai direttori, programmatori, giornalisti; promuovere la creazione di mezzi di comunicazione nella Chiesa e rendere attuale la presenza dei media che esistono; educare alla formazione critica; promuovere una nuova cultura in grado di proteggere bambini e giovani; sviluppare politiche di comunicazione per una pastorale della comunicazione più efficace. (R.P.)

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    Senegal: presto trasmetterà in Fm a Dakar una radio cattolica

    ◊   Si chiamerà “Espérance Sénégal Fm” la radio della comunità cattolica del Senegal che attende l’attribuzione di una frequenza per poter iniziare le sue trasmissioni. L’emittente, la cui missione sarà principalmente quella di diffondere la buona novella, sarà animata da sacerdoti, catechisti, laici e giovani che svilupperanno temi di attualità, dibattiti educativi e programmi sulla cristianità. La radio, si legge sul sito www.walf.sn, trasmetterà inizialmente nella zona di Dakar ed estenderà la diffusione del suo palinsesto in tutto il Senegal in un secondo momento. Saranno trasmesse anche messe e liturgie. A finanziare l’emittente saranno le diocesi, l’Associazione dei dirigenti, imprenditori e quadri cattolici del Senegal (Adeccs) ed altre piccole istituzioni. (T.C.)

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    La Apple ritira applicazione informatica che sostiene il matrimonio

    ◊   La società informatica Apple ha deciso di ritirare dal commercio, su pressione di un'organizzazione a difesa dei diritti degli omosessuali, un'applicazione per i cellulari i-Phone volta al sostegno della “Dichiarazione di Manhattan”. L'appello è stato sottoscritto nel 2009 da oltre un centinaio di leader religiosi cattolici, ortodossi ed evangelici negli Stati Uniti a difesa della vita, del matrimonio, della libertà religiosa e dell'obiezione di coscienza. Nella dichiarazione fra l'altro il matrimonio è considerato come l'istituto originario e più importante per sostenere la salute, l'educazione e il benessere di tutti. L'applicazione era stata approvata dalla società per la vendita nei negozi, con il cosiddetto «rating 4+», ovvero non contenente alcun oggetto biasimevole. Tuttavia – come riporta l’Osservatore Romano - alcuni gruppi omosessuali, tramite il sito Change.org, avevano promosso una petizione on-line, contestando l'iniziativa della Apple chiedendone l'abolizione. Dalla Apple hanno giustificato il ritiro dal commercio dell'applicazione sottolineando che essa “viola le linee guida della società, offendendo larghi gruppi di persone”. I promotori della “Dichiarazione di Manhattan” hanno espresso perplessità in merito alla decisione dell'Apple e hanno osservato che la società informatica “ha ritirato l'applicazione a seguito della protesta di un piccolo e locale movimento che promuove il matrimonio tra persone dello stesso sesso e l'aborto”. Inoltre, si mette in luce che “il linguaggio usato nell'appello per difendere il matrimonio tra un uomo e una donna e la santità della vita, è civile, corretto e rispettoso”. In particolare, i promotori hanno chiesto, tramite una lettera, al fondatore e presidente dell'Apple, Steve Jobs, di ripristinare la vendita nei negozi dell'applicazione. A tale riguardo, è stata lanciata una campagna di raccolta firme che, finora, ha totalizzato 36.000 sottoscrizioni.(C.P.)

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    Profughi del Kyrgyzstan: piano Onu per l’emergenza abitativa per l’inverno

    ◊   Con la consegna di un’unità abitativa ad oltre 13.400 persone, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha completato il programma per gli alloggi d’emergenza nel Kyrgyzstan meridionale. A beneficiare dell’intervento dell’agenzia Onu sono i profughi causati dall’ondata di violenze interetniche del giugno scorso, che hanno fatto seguito alla crisi politica che ha portato al cambio di governo del Paese. Gli scontri sono costati la vita a più di 400 persone mentre gli sfollati sono 375mila, dei quali 75mila si sono rifugiati temporaneamente in Uzbekistan. Negli ultimi 100 giorni sono state riparate o ricostruite 2mila case, 1.700 delle quali erano andate distrutte. Il rapido completamento di questo programma è stato estremamente importante ed il merito è attribuibile all’impegno e allo sforzo di coordinamento con le organizzazioni partner, come anche al supporto del Presidente, del governo e di tutte le autorità del Kyrgyzstan. L’Unhcr ha edificato 4 alloggi temporanei su 5. Ora che gli alloggi sono stati costruiti e le persone si sono trasferite all’interno, l’Unhcr continuerà ad offrire la sua assistenza per ripristinare i documenti relativi alle case, alle terre e alle altre proprietà. La risposta da parte dei beneficiari è stata di grande entusiasmo. Con l’inizio dell’inverno, le temperature nel Kyrgyzstan meridionale sono già rigide e le previsioni per i prossimi giorni parlano di un crollo fino a meno 10 gradi. Gli sfollati hanno confessato che non si aspettavano di avere un tetto sotto cui ripararsi prima dell’inizio dell’inverno e solo pochi mesi fa molte persone pensavano di lasciare il paese. Tutti gli alloggi temporanei sono riscaldati e antisismici. Sono stati edificati sulle fondamenta delle case distrutte. Per la costruzione degli alloggi d’emergenza l’Unhcr ha affrontato spese per oltre 9 milioni di dollari e il budget disponibile per l’emergenza Kyrgyzstan per il 2010 ammonta in totale a 23 milioni di dollari. E ora che l’emergenza abitativa può dirsi conclusa, l’Unhcr fa sapere attraverso una nota che si concentrerà sulla ricostruzione di un processo di riconciliazione, in particolare promuovendo l’osservanza delle leggi e il rispetto dei diritti umani. In quest’area del Kyrgyzstan la situazione resta infatti ancora molto instabile. (M.G.)

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    Ucraina: il cardinale Husar esorta i cristiani a ravvivare il desiderio di unità

    ◊   “Il principale compito per tutti noi, cattolici, ortodossi e protestanti, è di risvegliare il desiderio di unità nella nazione”, un desiderio che oggi è ancora “troppo debole”. Così il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Kiev, nel suo intervento alla conferenza “Natura e manifestazioni dei rapporti fra le diverse denominazioni in Ucraina”, organizzata a Kiev da varie istituzioni religiose, scientifiche e pedagogiche. Riferendosi in particolare alle relazioni tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse in Ucraina, il porporato – citato dall’Osservatore Romano - ha detto che “non siamo preparati a sacrificarci abbastanza per raggiungere una reale unità cristiana” e “ciò vale per entrambe le parti”. Il cardinale Husar ha auspicato che il lavoro svolto da vescovi e preti all'interno dello specifico comitato per l'unità tra cattolici e ortodossi si allarghi all'esterno coinvolgendo tutte le componenti delle due comunità. E non ha mancato di sottolineare, in un panorama più ampio, l'importanza del Consiglio che in Ucraina riunisce tutte le organizzazioni religiose. Una nota di rammarico infine per l'«ineguale trattamento» delle Chiese da parte dello Stato e per la mancata soluzione del problema della restituzione dei beni ecclesiastici confiscati durante il regime sovietico. (M.G.)

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    Terra Santa: inaugurata la strada per l'antico monastero ortodosso di San Giorgio in Koziba

    ◊   Aperta qualche giorno fa in Terra Santa la strada per raggiungere il monastero ortodosso di San Giorgio in Koziba, situato tra Gerusalemme e Gerico. Realizzata lungo le pareti scoscese del Wadi Kelt, è stata inaugurata dal ministro israeliano del Turismo, Stas Misezhnikov, e dal patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Teofilo III. Ne dà notizia il portale www.terrasanta.net. Il monastero, che si trova a 9 chilometri circa da Gerico e a una ventina da Gerusalemme, è uno dei gioielli dell’architettura monastica di Terra Santa. Edificato nel 480 d.C, fu quasi abbandonato dopo una scorreria persiana che portò al massacro di 14 monaci. I crociati fecero qualche tentativo per il suo recupero nel 1179, ma per un restauro completo si dovette attendere il 1901, quando i lavori furono promossi dalla Chiesa ortodossa. Secondo la tradizione, nel luogo dove sorge oggi la laura di Koziba avrebbero sostato Sant'Elia, in viaggio per il Sinai, e San Gioacchino (il marito di Sant’Anna e padre della Vergine Maria) che proprio qui avrebbe ricevuto da un angelo l’annuncio dell'Immacolata concezione della Madonna. Il nome del monastero si deve a San Giorgio, nativo di Cipro. Sarebbe stato il fratello Eraclide a lasciare per primo l’isola per darsi, in Palestina, alla vita monastica. Dopo la morte dei genitori, anche Giorgio volle abbracciare la vita ascetica e raggiunse il fratello nella laura di Calamon, sulle rive del Giordano. Ancora troppo giovane per vivere la vita eremitica, Eraclide lo condusse però alla laura di Koziba introducendolo alla vita cenobitica. Proprio qui, dopo alterne vicende, Giorgio sarebbe morto circondato da fama di santità. (T.C.)

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    Germania: 200 opere di solidarietà per il Natale dell'Ordine di Malta

    ◊   In occasione della festa di San Nicola celebrata oggi, l’Ordine di Malta ha organizzato in tutta la Germania circa 200 azioni per persone sole, malate o anziani, sull’esempio del Santo che nella cultura occidentale è stato oscurato dalla figura fittizia e commerciale di Babbo Natale. “Per la giornata di San Nicola andiamo in posti in cui molte persone attendono una buona notizia: ospizi, ospedali e nelle strade”, ha annunciato Constantin von Brandenstein-Zeppelin, presidente dell’organizzazione. La commemorazione del vescovo di Mira - riferisce l'agenzia Sir - avverrà anche negli asili e nelle scuole, e coinvolgerà in totale oltre 50.000 persone in tutto il territorio tedesco. Tante le idee per celebrare il Santo: dalla distribuzione di minestre calde ai senzatetto ad Amburgo, alla presentazione della quinta rassegna cinematografica “Malteser Filmcafé, alla visita degli attori di un musical ai pazienti dell’ospedale dell’Ordine di Malta, alla partecipazione di anziani e disabili al concerto di natale a Regensburg. L’azione dell’Ordine di Malta è stata avviata all’inizio di novembre a Bamberg in collaborazione con il Bonifatiuswerk, l’opera di San Bonifacio, con la campagna che mira a far conoscere San Nicola, piuttosto che Babbo Natale. (R.P.)

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    30.ma edizione del Premio mondiale Fernando Rielo di Poesia mistica

    ◊   Tutto pronto all’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede per la 30.ma edizione del Premio Mondiale Fernando Rielo di Poesia mistica. Il prestigioso riconoscimento, creato da Fernando Rielo nel 1981 con il fine di promuovere la poesia mistica e far conoscere quei poeti che uniscano un’autentica espressione letteraria ad un’elevata spiritualità, sarà assegnato mercoledì 15 dicembre nel corso di una cerimonia presieduta da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa del Vaticano del Ctv e della nostra emittente. In lizza 208 opere giunte da 32 nazioni. Le opere che concorrono al Premio Mondiale di Poesia Mistica devono essere in spagnolo o inglese, inedite e avere un’estensione non inferiore ai 600 versi ne’ superiore ai 1300. Il vincitore riceverà un premio in denaro di 7.000 euro più l’edizione a stampa dell’opera. In una nota diffusa dagli organizzatori si ricorda che il riconoscimento internazionale dell’importanza del Premio ha permesso che la celebrazione delle precedenti edizioni si avvenuta in sedi internazionali prestigiose come le Nazioni Unite a New York, il Senato di Francia, l’Unesco a Parigi, il Campidoglio a Roma, la Sala Gotica del comune di Colonia, il Museo del Prado a Madrid, il comune di Madrid, la Sala Consigliare della Provincia di Bologna e l’Ambasciata spagnola presso la Santa Sede a Roma. Ma il premio in questi 30 anni è stato onorato soprattutto dai poeti vincitori, fra i quali si annoverano: José García Nieto, Luis López Anglada, José Javier Aleixandre, Valentín Arteaga y Rafael Alfaro (Spagna); Marin Sorescu (Romania); Alain Bosquet (Francia); Charles Carrère (Senegal); Daniel Ben Rafael Stawski (Israele); Takis Varvitsiotis (Grecia); Laureano Albán (Costa Rica); Mateja Matevski (Macedonia); Irma Bettancourt (Cile); Gilbert Gómez (Perú-España); e nell’ultima edizione il dominicano Fausto Antonio Leonardo Henríquez, con l’opera Gemidos del ciervo. Numerose anche le personalità del mondo religioso, civile e accademico che in questi anni hanno condiviso e sostenuto il progetto come membri del comitato d’onore. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Pakistan: decine di morti in un attentato al confine con l'Afghanistan

    ◊   Circa 50 persone sono morte e un centinaio sono rimaste ferite in una doppia esplosione in una strada nella Mohmand Agency, zona tribale pachistana al confine con l'Afghanistan. Lo riferisce Ary Tv. L'emittente aggiunge che dopo il duplice attentato a Ghalanai è stato imposto il coprifuoco. Nell'ufficio governativo era in corso una “jirga” (consiglio) di pace, secondo quanto riferisce il quotidiano The Express Tribune e proprio questa riunione poteva essere l'obiettivo dell'attentato. L'attacco ricorda quello avvenuto lo scorso luglio, sempre contro un”'assemblea di pace” costato la vita a 55 persone. E bisogna dire che nella notte nella zona tribale denominata Bajaur Agency al confine con l'Afghanistan estremisti islamici hanno distrutto con l'uso di esplosivi due scuole elementari. Secondo il quotidiano The Nation negli ultimi due anni circa 250 istituti scolastici sono stati distrutti dai fondamentalisti nelle zone tribali di confine. Di queste, un centinaio di scuole sono state distrutte in Bajaur, 86 nella Khyber Agency e 59 nella Mohmand Agency.

    In Afghanistan una mina uccide due agenti di polizia
    Due agenti di polizia sono morti oggi e altri due sono rimasti feriti quando il veicolo su cui viaggiavano nella provincia meridionale afghana di Kandahar è saltato su una mina collocata sul ciglio della strada. Lo scoppio - ha detto il vice capo della polizia colonnello Fazal Ahmad Sherzad - è avvenuto davanti alla Qabail High School, nel quartiere Family ad est della città. Da parte sua la polizia ha ucciso due militanti durante uno scontro a fuoco a Kandahar City.

    Accordo Afghanistan-Pakistan per la lotta al terrorismo
    Afghanistan e Pakistan si sono accordati per “eliminare i santuari del terrorismo nei loro rispettivi territori”, mentre Islamabad riconosce che “il processo di riconciliazione afghano deve essere guidato dagli afghani”. È quanto emerge dal comunicato congiunto firmato ieri a Kabul al termine di una visita di due giorni del premier pachistano Yousuf Raza Gilani. Per quanto riguarda il terrorismo, Gilani ed il presidente afghano Hamid Karzai ritengono che “i due Paesi rilanceranno la loro effettiva cooperazione per combattere e sconfiggere le minacce terroristiche ed eliminare le loro basi, dovunque esse siano”. Secondo gli analisti il testo contiene una novità sulla questione del processo di riconciliazione in Afghanistan e per il quale finora il Pakistan si considerava essenziale.

    Sale a 42 il numero dei morti per l’incendio sul monte Carmelo
    È salito a 42 il numero delle vittime dell'incendio sul monte Carmelo con la morte stamane nell'ospedale di Haifa della donna poliziotto Ahuva Tomer, 52 anni. Tomer era commissario capo della polizia di Haifa e lo scorso giovedì era rimasta ustionata in tutto il corpo mentre cercava di prestare soccorso ai passeggeri di un autobus di guardie carcerarie che si era capovolto ed era stato imprigionato dalle fiamme. Il gigantesco incendio sul monte Carmelo, alle porte di Haifa, ora è spento. L'arrivo della pioggia - dopo uno dei più lunghi periodi di siccità e di caldo eccezionale nella storia del Paese – ha facilitato nel corso della notte l'operato dei vigili del fuoco per spegnere gli ultimi tre focolai che erano rimasti accesi. I giornali riferiscono intanto che le prime stime dei danni causati dall'incendio ammontano a circa due miliardi di shekel (400 milioni di euro).

    Mobilitazione per un palestinese imprigionato per aver criticato l’Islam
    L'Ong per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch (HRW) ha chiesto all'Autorità palestinese l'immediata scarcerazione e la tutela dell'incolumità di un giovane palestinese che era stato arrestato un mese fa in Cisgiordania dopo essersi professato ateo e aver criticato l'Islam e altre religioni su un sito internet. “L'affermazione delle autorità palestinesi che Hasayin ha offeso i musulmani non può essere una giustificazione per una detenzione arbitraria” ha detto Joe Stork, vice direttore per il Medio Oriente di HRW, in un comunicato stampa. L'offesa di sentimenti religiosi è un reato previsto dal codice penale palestinese, che ha assorbito quello giordano. Ma secondo HRW leggi che penalizzano pacifiche critiche a convinzioni religiose violano standard internazionali di diritti umani.

    Ancora combattimenti e morti a Mogadiscio
    Almeno 22 morti e 35 feriti in nuovi sanguinosi scontri a Mogadiscio nel fine settimana tra i ribelli al Shabaab e i peacekeeper dell'Unione africana (Ua). Il primo ministro somalo Mohamed Abdullahi si è congratulato con i soldati del governo di transizione somalo (Tfg) affermando che le sue truppe hanno inflitto una sonora sconfitta ai ribelli Shabaab. Da parte loro gli integralisti hanno affermato di avere ucciso decine di truppe filo-governative. Recentemente il contingente di pace dell'Ua è stato aumentato di altri 850 soldati del Burundi, che si aggiungono agli 8.000 già presenti nel Paese del Corno d'Africa.

    Bond europei contro la crisi dell'Ue
    Dalle pagine del Financial Times il ministro dell’Economia italiano Tremonti e il collega lussemburghese Jean-Claude Juncker rilanciano oggi la proposta di creare dei bond europei per far fronte alla crisi e mandare un messaggio forte ai mercati globali. Per Tremonti e Juncker, il Consiglio europeo dovrebbe procedere già questo mese alla creazione di un’Agenzia Europea del Debito, EDA, "con il mandato di raggiungere gradualmente" un'emissione equivalente "al 40% del Pil dell'Unione Europea e di ogni Paese membro". Una proposta che però sembra non convincere a pieno il ministro delle Finanze tedesco Schauble. Debora Donnini ha intervistato Giacomo Vaciago, professore di Economia all’Università cattolica di Milano.

    R. – L’euro è una cosiddetta unione monetaria incompleta, perché nulla prevede di comune sulla gestione della finanza pubblica. E’ quindi una costruzione che o va avanti o va indietro. La proposta ragionevole, e non di oggi, di avere emissioni di debito sovrano comune, va chiaramente nella direzione di progredire sulla strada della graduale unificazione in senso federale dell’intera Europa, che ha sempre più senso con il passare degli anni, perché ormai i grandi Paesi del mondo sono Paesi da mezzo miliardo di abitanti.

    D. – Perché questi bond potrebbero essere un modo di rafforzare l’euro e, soprattutto, far fronte alla crisi?

    R. – La crisi dell’euro dell’ultimo anno fa sì che i mercati guardino ogni Paese e vedano se è divergente o meno rispetto al modello Germania. Un titolo comune diventa un’ancora forte per l’intera flottiglia dei Paesi dell’euro, ciascuno dei quali è forte nella misura in cui lo sono gli altri 15.

    D. – L’idea di Tremonti e Juncker sembra non convincere il ministro delle finanze tedesco, Schauble, che dice che questo richiederebbe cambiamenti fondamentali nei trattati europei e afferma che per costruire l’integrazione europea non si deve necessariamente ammortizzare tutto. Perché la Germania non è convinta?

    R. – Perché pensano che in questo momento a loro non convenga: è meglio insegnare virtù, ai Paesi che sono stati trasgressori, col bastone. Il che, nel breve periodo, è comprensibile, ma se i politici devono essere lungimiranti, è un peccato che si fermino a quanto vale oggi. Ha ragione Schauble quando dice che bisogna cambiare i trattati, però cominciare a lavorare in quella direzione manderebbe un messaggio ai mercati: abbiamo un futuro davanti.(ap)

    Accordo sul nucleare tra India e Francia
    India e Francia hanno siglato un contratto per la costruzione di due centrali nucleari nello Stato di Maharashtra, nell'India centrale. L'accordo, dal valore stimato di 9,3 miliardi di dollari, è stato firmato durante un incontro tra il presidente francese Nicolas Sarkozy e il primo ministro indiano Manmohan Singh questa mattina a New Delhi. Il colosso francese Areva Sa costruirà due reattori ad acqua pesante da 1.650 mw ciascuno, a Jaitpur, sulla costa del Mar Arabico.

    Usa e Cina cercano di disinnescare la tensione tra le due Coree
    Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha chiesto al presidente cinese, Hu Jintao - in una conversazione telefonica tra i due leader oggi - di rivolgere alla Corea del Nord un “messaggio chiaro” riguardo alle sue azioni considerate “inaccettabili”. Da parte sua, il leader cinese Hu Jintao ha sostenuto che la situazione nella penisola coreana è “delicata”. Il servizio di Fausta Speranza:

    “Se non verrà gestita correttamente ci sarà un aggravarsi della tensione”. Il presidente cinese si dice “fortemente preoccupato” e invita “tutte le parti interessate” alla “calma” e a ricercare una “risposta razionale”. La Cina, afferma, è “profondamente dispiaciuta” per le “perdite di vita e di proprietà nel duello di artiglierie del mese scorso” tre la due Coree. Nel bombardamento effettuato dalla Corea del Nord contro un'isola sudcoreana sono rimasti uccisi due militari e due civili. Intanto, la Corea del Sud ha iniziato oggi un altro ciclo di esercitazioni militari, a pochi giorni dalla fine di quelli avuti con gli Usa nel mar Giallo e mentre partecipa in qualità di osservatore alle manovre in corso tra Stati Uniti e Giappone che andranno avanti fino al 10 dicembre. L'iniziativa di Seul, sempre nell'ambito della risposta all'attacco d'artiglieria del 23 novembre della Corea del Nord contro l'isola di Yeonpyeong e costato la vita a 4 persone, durerà cinque giorni interessando 29 siti differenti, incluse le isole al limite delle acque territoriali con Pyongyang. In base a quanto riferito dal Comando delle forze Armate, in programma ci sono tiri d'artiglieria, manovre navali e di terra. La Corea del Sud, dopo il caso di Yeonpyeong, ha rafforzato le sue difese in cinque delle isole più settentrionali al confine con il Nord, schierando più soldati, lanciarazzi e missili di vario tipo.

    Medvedev non esclude di ricandidarsi nel 2012
    “Se la situazione del nostro Paese sarà normale e stabile e se avrò il sostegno della popolazione, non lo escludo. Ne ho già parlato”. Così il presidente russo Dmitri Medvedev torna a non escludere una sua possibile ricandidatura, per un secondo mandato presidenziale, nelle elezioni del 2012.

    Otto persone uccise tra cui un bambino in Daghestan
    Otto persone, tra cui un bambino di 9 anni colpito accidentalmente, sono rimaste uccise in un'operazione anti terrorismo nella provincia del Daghestan, vicino a Chechnya. Lo rende noto un portavoce del ministero degli Interni della repubblica del Caucaso del nord. Nel blitz - avvenuto ieri sera - sono rimasti uccisi sei sospetti militanti islamici ed uno dei poliziotti impegnati nell'operazione mentre il bambino è stato colpito accidentalmente da una pallottola nel corso dello scontro a fuoco. Ferito anche un pompiere, riferisce l'agenzia Interfax citando la polizia locale. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 340

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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