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Sommario del 05/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • All'Angelus appello di Benedetto XVI affinché nel mondo cessino situazioni di violenza e intolleranza. Il Papa ricorda gli attentati in Iraq, gli scontri in Egitto e il dramma dei profughi eritrei tenuti in ostaggio nel deserto del Sinai
  • Celebrati ieri i funerali del cardinale Michele Giordano, arcivescovo emerito di Napoli
  • Oggi in Primo Piano

  • Localizzato a circa 50 chilometri dal confine con Israele il gruppo di profughi eritrei sequestrati da trafficanti
  • Da domani i negoziati a Ginevra sul programma nucleare iraniano
  • Oggi la “Giornata internazionale del volontario” indetta dall’Onu
  • Rapporto della fondazione Migrantes, oltre 4 milioni gli italiani all’estero
  • Stili di vita degli adolescenti al centro dell’indagine della Società italiana di pediatria
  • India, programma rivolto ai giovani per una sessualità responsabile
  • L’Istituto Massimo dei gesuiti celebra il 50.mo all'Eur a Roma. Con noi, il rettore padre Tata
  • Chiesa e Società

  • Il Nunzio in Iraq: una conferenza dei cristiani per fermare l'esodo
  • Allarme Kenya. Nel 2011 cresceranno insicurezza alimentare, epidemie e conflitti
  • Solidarietà: Intersos raccoglie fondi natalizi per Pakistan e Sud Sudan
  • Cina. Nella diocesi di Tai Yuan il cammino spirituale dei sacerdoti verso il Natale
  • Terra Santa: il sito del Museo della Natività di Betlemme è on line
  • Comunità missionaria di Villaregia: un presepe vivente per ricordare i più bisognosi
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tensione in Costa D'Avorio: Gbagbo e Ouattara si sono auto proclamati presidenti del Paese
  • Il Papa e la Santa Sede



    All'Angelus appello di Benedetto XVI affinché nel mondo cessino situazioni di violenza e intolleranza. Il Papa ricorda gli attentati in Iraq, gli scontri in Egitto e il dramma dei profughi eritrei tenuti in ostaggio nel deserto del Sinai

    ◊   All’Angelus Benedetto XVI ha ricordato che oggi nella Messa della seconda Domenica d’Avvento “veniamo esortati alla conversione dei cuori, rivoltaci da Giovanni Battista, il profeta della riva del Giordano”. “Egli ricorda a tutti – ha aggiunto il Papa - che il Regno dei cieli è vicino!”. Il Santo Padre ha auspicato che l’Avvento sia “occasione per preparare nel cuore la via al Signore”. Dopo l’Angelus, il Santo Padre ha lanciato un accorato appello affinché cessino situazioni di violenza, intolleranza e sofferenza presenti nel mondo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    In questo tempo di Avvento, in cui i cristiani sono chiamati ad alimentare l’attesa del Signore e ad accoglierlo, il Papa esorta a pregare per quanti soffrono a causa di attentati, violenze e drammatiche forme di sfruttamento:

    “Vi invito a pregare per tutte le situazioni di violenza, di intolleranza, di sofferenza che ci sono nel mondo, affinché la venuta di Gesù porti consolazione, riconciliazione e pace. Penso alle tante situazioni difficili, come i continui attentati che si verificano in Iraq contro cristiani e musulmani, agli scontri in Egitto in cui vi sono stati morti e feriti, alle vittime di trafficanti e di criminali, come il dramma degli ostaggi eritrei e di altre nazionalità, nel deserto del Sinai. Il rispetto dei diritti di tutti è il presupposto per la civile convivenza. La nostra preghiera al Signore e la nostra solidarietà possano portare speranza a coloro che si trovano nella sofferenza”.

    Nel Tempo dell’Avvento – aggiunge Benedetto XVI – siamo chiamati “ad ascoltare la voce di Dio, che risuona nel deserto del mondo attraverso le Sacre Scritture, specialmente quando sono predicate con la forza dello Spirito Santo”:

    “La fede, infatti, si fortifica quanto più si lascia illuminare dalla Parola divina, da “tutto ciò che – come ci ricorda l’apostolo Paolo – è stato scritto prima di noi… per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza” (Rm 15,4).

    Il modello dell’ascolto è la Vergine Maria:

    “Contemplando nella Madre di Dio un’esistenza totalmente modellata dalla Parola, ci scopriamo anche noi chiamati ad entrare nel mistero della fede, mediante la quale Cristo viene a dimorare nella nostra vita. Ogni cristiano che crede, ci ricorda sant’Ambrogio, in un certo senso concepisce e genera il Verbo di Dio”.

    “La nostra salvezza – sottolinea il Santo Padre ricordando le parole del teologo Romano Guardini – poggia su una venuta”. Il Vangelo di oggi – osserva il Papa - ci presenta la figura di San Giovanni Battista che “chiamò il popolo a convertirsi per essere pronto all’imminente venuta del Signore”.

    “Il Precursore di Gesù, posto tra l’Antica e la Nuova Alleanza, è come una stella che precede il sorgere del Sole, di Cristo, di Colui, cioè, sul quale – secondo un’altra profezia di Isaia – si poserà lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore”.

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    Celebrati ieri i funerali del cardinale Michele Giordano, arcivescovo emerito di Napoli

    ◊   Migliaia di persone hanno partecipato ieri pomeriggio a Napoli, nella Basilica dell’Incoronata, ai funerali del cardinale Michele Giordano, arcivescovo emerito del capoluogo partenopeo, spentosi la notte di giovedì scorso. In un telegramma inviato all'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, il Papa ha espresso il proprio cordoglio per la morte del porporato che – scrive il Santo Padre - “ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa” attraverso un’“intensa opera pastorale”. A presiedere il rito funebre il cardinale Crescenzio Sepe che, al microfono di Adriana Masotti, ricorda da quali passi biblici sia stata orientata la sua omelia:

    R. - Nell’omelia, partendo anzitutto dai passi biblici che leggiamo sul Buon Pastore, ci siamo domandati chi è il Buon Pastore? Chi è il vescovo? Colui che è assimilato sacramentalmente a Cristo Sacerdote, che agisce come Cristo ha agito e come il Buon Pastore incarna Cristo nell’oggi della Chiesa e lo sa annunziare con gioia, con fedeltà, anche quando costa. Il Buon Pastore sa portare anche sulle sue spalle quelle pecore che si perdono, conosce le pecore per nome, sa dialogare con loro. Tutto questo è stato il cardinale Giordano in quella che è stata l’attività pastorale nelle varie diocesi che ha servito e poi soprattutto a Napoli. Nella celebrazione, abbiamo ricordato la sua costante e instancabile azione missionaria che ha visto crescere la nostra Chiesa nell’amore verso Cristo. Una Chiesa che gravita nella sua azione pastorale, che è impegnata nella comunità territoriale, che è aperta all’ascolto e che è sensibile a tutte le aspettative - molto particolari - del nostro Popolo di Dio, proprio perché attenta alle problematiche anche sociali, che spesso accompagnano e rendono difficile poi questa stessa azione pastorale. Importanti poi i suoi scritti che rappresentano una testimonianza di un’attività e di un indirizzo pastorale che si è rivolto soprattutto alle parrocchie, alle comunità religiose, al laicato per incarnare la Parola di Dio in questa nostra realtà. Il cardinale Giordano è stato un testimone, alle volte silenzioso e alle volte anche sofferente, di questa realtà che oggi ha lasciato in eredità a noi.

    D. - Cardinal Sepe, c’è qualche elemento o una caratteristica della persona e dell’opera del cardinale Giordano che ha lasciato particolare traccia nella sua attuale azione pastorale a Napoli?

    R. - Sì, soprattutto l’impegno che ha messo nell’azione pastorale riguardante specificatamente la famiglia e i giovani: un’azione che è stata anche molto apprezzata, che è stata molto incisiva e che ha lasciato dei semi che stiamo cercando di far crescere e di sviluppare anche nella nostra azione pastorale. (mg)

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    Oggi in Primo Piano



    Localizzato a circa 50 chilometri dal confine con Israele il gruppo di profughi eritrei sequestrati da trafficanti

    ◊   Il Papa all'Angelus ha dunque lanciato un accorato appello per gli oltre 80 profughi eritrei sequestrati nel deserto del Sinai. I profughi sono stati localizzati. Sono tenuti prigionieri in territorio egiziano a circa 50 chilometri dal confine con Israele. I trafficanti che li hanno sequestrati, pretendono il pagamento di 8 mila dollari per il rilascio di ognuno di loro. La situazione dei profughi eritrei è resa ancora più grave anche dalle politiche sempre più stringenti sull’immigrazione adottate dall’Unione Europea. Misure che vengono aggirate tramite le nuove rotte dell’immigrazione, come conferma Christopher Hein, direttore del Centro Italiano per i Rifugiati (Cir), intervistato da Marco Guerra:

    R. – E’ parte di un dramma certamente ben più vasto di gente che disperatamente cerca vie per arrivare nel territorio dell’Unione Europea. Le misure che sono state prese, rendono questo tentativo sempre più difficile a cominciare da qualche anno fa, quando molti africani arrivavano in Europa passando per lo Stretto di Gibilterra. Poi la Spagna ha chiuso questa via con la forza militare. Questo movimento si è successivamente spostato nell’enclave spagnola in territorio marocchino, ma comunque sempre parte dell’Unione Europea. Quindi è stato elevato il muro intorno a questa enclave spagnola e la rotta si è spostata verso le Isole Canarie. A quel punto, la Spagna è intervenuta nei Paesi di transito – Mauritania e Senegal – e ha chiuso anche questi passaggi. L’Italia ha poi raggiunto l’accordo con la Libia e ha assicurato anche tutto il supporto logistico e tecnico. Però non c’è stata una soluzione per chi, come gli eritrei, non può tornare nella propria terra. Sono infatti rifugiati e temono per la loro incolumità e per la loro vita. Questa è una situazione in cui più si mettono in atto misure di contrasto e di vigilanza delle frontiere europee, più si aumenta il mercato delle organizzazioni criminali che ne approfittano. La risposta, secondo noi, è quella di aprire finalmente canali per un arrivo protetto, un arrivo legale di queste persone, senza che debbano mettere a rischio la propria vita.

    D. – Cosa potrebbe avvenire al gruppo di questi profughi dopo un eventuale rilascio?

    R. – In Egitto rischiano di essere confinati in un centro di detenzione delle autorità egiziane. Ma in tal caso ci sarebbe, comunque, un modo per contattare l’ufficio dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati e cercare di far riconoscere loro lo status di rifugiati. L’Egitto ha aderito e ha ratificato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, pur non avendo dato grande attuazione a questo impegno internazionale. La possibilità di ottenere protezione in Egitto esiste ma la via da percorrere non è facile.

    D. – Per i rifugiati ci sono convenzioni che prevedono particolari tutele. E’ così difficile applicarle?

    R. – Fino a 20 anni fa, la stragrande maggioranza di rifugiati è arrivata in Europa in modo regolare, perché non c’era ancora questo rigido sistema di visti d’ingresso. Era quindi molto più facile anche per i cittadini provenienti da Paesi terzi entrare nel territorio della comunità europea. Da quando, poi, in Europa sono state introdotte tutte queste misure per una maggiore sorveglianza delle frontiere con le operazioni coordinate dall’agenzia Fronte che gestisce gli sforzi delle polizie di frontiera - con il regime dei visti d’ingresso che praticamente ormai si applicano a tutti gli Stati africani e alla stragrande maggioranza degli Stati asiatici - le conseguenze sono che oggi non ci sono più ponti per entrare nella “Fortezza Europa”. (gf)

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    Da domani i negoziati a Ginevra sul programma nucleare iraniano

    ◊   Riprendono domani in Svizzera i negoziati sul programma nucleare dell’Iran. Rappresentanti dei cosiddetto gruppo “5 più 1”, formato da Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania più la Repubblica Islamica, discuteranno su possibili vie di intesa. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha ribadito che l'Iran è pronto ad affrontare i negoziati e ha aggiunto che i "diritti inalienabili" del suo Paese rimangono fuori discussione. Le autorià del Paese hanno anche annunciato progressi sul fronte della produzione di uranio arricchito. Sul possibile successo di questa tornata negoziale, Giancarlo La Vella ha intervistato Angelo Baracca, esperto di disarmo nucleare e docente all’Università di Firenze:

    R. – Sono molto scettico perché non mi pare che ci sia la volontà politica. Il problema in sé credo che potrebbe essere stato risolto molto prima con la volontà di trovare, intanto, un terreno comune e poi di allargare il negoziato a tutti i problemi politici della regione. Una regione in cui è evidente che l’Iran ha ambizioni. Ma la Repubblica islamica ha anche la capacità di giocare un ruolo politico dominante di potenza locale. E in fin dei conti è stato l’Iran il reale vincitore della guerra che gli Stati Uniti hanno sferrato all’Iraq. Quindi si tratta di allargare il negoziato e, in termini più generali, di imporre delle reali condizioni concrete in cui l’Iran non possa utilizzare il suo programma per fini militari.

    D. – Tale questione sta dividendo anche il mondo arabo. Quali effetti potranno esserci?

    R. – La situazione è molto fluida. Nella regione anche le tensioni sono enormi, non solo per la presenza di Israele, ma se parlassimo di mondo musulmano, abbiamo anche il Pakistan che ha un ingente arsenale nucleare. L’Afghanistan, poi, è uno dei punti caldi in cui Iran, Pakistan, India, giocano ruoli diversi. Quindi fra la questione del Pakistan, quella palestinese, la questione delle risorse della regione, il problema credo che sia piuttosto difficile fare delle previsioni.

    D. – Siamo sempre sul piano della deterrenza quando viene annunciato un programma nucleare o c’è il rischio che si passi poi a via di fatto...

    R. – Il rischio vero di armi nucleari della Corea del Nord come dell’Iran, non è a mio parere che questi Paesi possano sferrare un attacco nucleare, perché poi verrebbero cancellati dalla carta geografica. Avere le armi nucleari è veramente un deterrente per non venire attaccati, anche se un domani l’Iran avesse 10 testate nucleari sarebbe suicida sferrare per esempio un attacco ad Israele. Avere armi nucleari certamente rompe un monopolio che in quella regione di Israele, purtroppo, è una escalation di tensioni. D’altra parte la soluzione del problema dell’Iran è stato sul tappeto varie volte e, visto che c’era un primo terreno di trattativa, si poteva lavorare su quello e ampliarlo. Il primo punto sarebbe la volontà politica che però comporta anche l’abbassamento delle aspirazioni, delle tensioni in quella regione. Dei rischi di proliferazione ci si preoccupa per certi Paesi e non ci si preoccupa per altri. Non è l’aspetto tecnico, ma è l’aspetto politico che domina a mio parere.

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    Oggi la “Giornata internazionale del volontario” indetta dall’Onu

    ◊   Si celebra oggi la “Giornata internazionale del volontario” indetta dall’Onu. Nel messaggio per questa Giornata, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon sottolinea l'impegno e la dedizione di “milioni di persone nel mondo che dedicano il proprio tempo e il proprio talento per affrontare sfide globali: dal lavoro dei volontari impegnati nelle proprie comunità per limitare gli impatti dei cambiamenti climatici e per la riduzione della povertà, a coloro che sostengono le cause della pace e della giustizia nel mondo”. In vista dell’odierna Giornata, la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontariato (Focsiv) ha assegnato il Premio del Volontariato Internazionale ad uno degli oltre 1.000 giovani attivi in tutto il mondo. Si chiama Alberto Acquistapace, ha 29 anni e, dopo aver lavorato in Vietnam, è ora impegnato ad Haiti in un progetto legato alla distribuzione dell'acqua. Ma perché molti giovani fanno la scelta del volontariato? Gabriella Ceraso lo ha chiesto proprio ad Alberto Acquistapace:

    R. - L’idea è di fare un lavoro utile e di conoscere un po’ il mondo. E’ sicuramente un impegno bello e certamente molto vario.

    D. - Quanto si può fare oggi con il tuo impegno e con quello degli altri che hanno fatto la tua scelta?

    R. - Si può fare tutto. E’ importante che vi sia soprattutto la cooperazione della popolazione locale. Il problema principale che abbiamo adesso ad Haiti come cooperazione internazionale è che lo Stato haitiano è completamente immobile ed essendo immobile lo Stato haitiano, sono immobili tutte le varie istituzioni pubbliche locali. Deve esserci la comunità internazionale, ma deve anche esserci soprattutto la comunità locale.

    D. - La tua organizzazione ha un obiettivo specifico, quello della crescita di un Paese. Ma cosa significata questo?

    R. - Vuol dire non aspettarsi che avvenga il miracolo istantaneo, vuol dire avere un po’ di pazienza, vuol dire che quel facciamo oggi può essere utile non soltanto nel breve periodo, ma potrà essere utile per sempre. Chiaramente noi facciamo sviluppo per cercare di migliorare la qualità della vita delle persone. Il fine ultimo è la vita delle persone.

    D. - Ad Haiti, ad esempio, cosa significa far crescere questa isola che è uno dei posti più poveri del mondo?

    R. - Il problema grosso di Haiti non è fare le cose, ma far sì che rimangano. E’ per questo che noi stiamo investendo un tempo sulla partecipazione e sulla formazione alla gestione.

    D. - Esattamente su cosa state lavorando?

    R. - Abbiamo riabilitato un acquedotto e stiamo ora facendo dei pozzi e delle latrine per alcune scuole e creando dei comitati di gestione.

    D. - Cosa ci vuole per fare questo lavoro? Dedizione e forza d’animo?

    R. - Dedizione, sicuramente sì: non ci sono orari e se salta fuori qualcosa e c’è bisogno di farlo, si fa. E’ necessario non perdersi d’animo quando ci sono le delusioni e saper apprezzare le soddisfazioni, perché altrimenti c’è il rischio ad un certo punto di mollare tutto! (mg)

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    Rapporto della fondazione Migrantes, oltre 4 milioni gli italiani all’estero

    ◊   Aumentano gli italiani all’estero: oggi costituiscono il 6,7% della popolazione italiana, un numero quasi pari a quello degli immigrati residenti nel Belpaese. E’ la fotografia del rapporto della fondazione Migrantes “Italiani nel mondo”, presentato nei giorni scorsi a Roma. La maggior parte degli emigrati è di origine meridionale e si sente ben integrata. Europa e America restano le mete privilegiate. In crescita il fenomeno della cosiddetta “fuga di cervelli”. Sul rapporto, Paolo Ondarza ha intervistato mons. Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes:

    R. – La Chiesa italiana segue da sempre – e il Rapporto lo sottolinea – il mondo dell’emigrazione italiana. L’emigrazione italiana è un’emigrazione giovanile di persone che hanno una cultura medio-alta. E’ un fenomeno che, quindi, ci aiuta a leggere forse una povertà di politiche giovanili e la necessità di una riforma universitaria, che colleghi studio e lavoro.

    D. – Faceva riferimento a quella che viene definita la fuga dei cervelli in Italia. Questo è sempre un male o può anche costituire un bene?

    R. – Di fronte alla crisi, chi è andato all’estero e ha avuto un certo successo, se messo in rete anche con la ricerca italiana, la cultura italiana, l’economia italiana, può costituire un valore aggiunto. In questo senso, allora, riteniamo importante che questa non sia considerata una “fuga”, ma semplicemente una “delocalizzazione” e che comunque non possa non essere letta con riferimento all’economia e alla cultura italiana, come lo sono le migliaia di imprese all’estero ed anche l’economia all’estero. Non è un caso che il secondo padiglione per numero di visitatori all’Expo a Shangai, dopo quello cinese, sia stato quello italiano.

    D. – Cosa dire dell’integrazione degli italiani all’estero?

    R. – Anche la storia dell’emigrazione italiana dimostra come l’integrazione non avvenga con una bacchetta magica, ma sia un percorso dinamico, un percorso d’incontro che ha bisogno di anni, di decenni, di molta attenzione e di molta sensibilità.

    D. – Ritiene che questo possa essere anche un parametro da adottare nei comportamenti finalizzati ad una buona integrazione di chi viene in Italia?

    R. – Certo. La nostra storia dovrebbe essere indicativa di come non sia facile l’integrazione per una persona che arriva in un Paese. C’è bisogno di servizi, di accompagnamento, di attenzione alla scuola per costruire un’integrazione e non invece nuovi luoghi di conflittualità nella mobilità. (ap)

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    Stili di vita degli adolescenti al centro dell’indagine della Società italiana di pediatria

    ◊   Sono stati pubblicati di recente i risultati dell’indagine “Abitudini e stili di vita degli adolescenti”, condotta dalla Società Italiana di pediatria su un campione di 1.300 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 14 anni. L’inchiesta è stata patrocinata dal Ministero della gioventù e prende in considerazione famiglia, comportamenti a rischio, comunicazione e tendenze negli stili di vita degli adolescenti. Anna Rita Cristaino ha raccolto il commento di Alberto Ugazio, presidente della Società Italiana di Pediatria:

    R. – E’ un dato che per tanti versi ci ha sorpreso, ma per molti altri confortato: l’adolescente guarda molto alla famiglia, chiede di più alla famiglia, addirittura chiede più regole! Magari sarà un atteggiamento dell’adolescente che poi ama anche violare le regole che la famiglia gli dà, ma sappiamo bene che questo violare le regole fa parte del suo processo di crescita fisiologico. Certamente, il compito veramente importante è quello dei genitori, quindi guidare la crescita psicologica, culturale, etica dei propri figli, fin dai primi anni della vita, quando ad esempio vengono manifestate, vengono ragionate quelle regole che poi gli adolescenti dichiarano di voler avere. Queste regole non si possono imporre a dodici, a tredici a quattordici anni ...

    D. – I dati dicono che gli adolescenti preferiscono internet alla tv ...

    R. – Per un verso, li ho considerati molto favorevolmente, perché indubbiamente internet rappresenta una finestra sul mondo. La televisione invece, è una sorta di gabbia e il nostro ruolo è meramente passivo e recettivo. I social network sono un fatto per certi versi positivo, perché denunciano quanto meno una volontà di essere in contatto con gli altri coetanei, con tutto il mondo. D’altra parte, però, sappiamo anche che i social network si prestano ad una comunicazione molto superficiale e che qualche volta sono una sorta di surrogato virtuale di una conoscenza personale, che indubbiamente rimane una delle pietre miliari della vita umana.

    D. – Un altro dato è il calo del fenomeno del bullismo e del consumo di alcol e di sigarette …

    R. – Quest’inversione di tendenza parrebbe significativa, proprio perché tocca un po’ tutte le realtà dei comportamenti a rischio. Per questo, la mia personale valutazione è comunque molto positiva. (ma)

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    India, programma rivolto ai giovani per una sessualità responsabile

    ◊   Suor Bernardette Sangma, indiana, Figlia di Maria Ausiliatrice, si occupa da diversi anni di promozione e diritti umani, in particolare di progetti legati a donne e giovani. Nell’ambito dell’educazione alla prevenzione del contagio dell’Aids ha promosso la diffusione di progetti in molte nazioni dell’Asia come India, Cambogia, Thailandia, Filippine e in 22 nazioni africane tra cui il Sud- Africa. Il programma rivolto ai giovani, i più esposti al rischio di ammalarsi, parla di prevenzione all’Aids attraverso un discorso educativo ampio che abbraccia le tematiche dell’affettività e della corporeità. Ascoltiamo proprio suor Bernardette Sangma intervistata da Adriana Masotti:

    R. – Il progetto che abbiamo realizzato si concretizza in un programma di cinque giorni con giovani di tutte le fedi e di un’età molto variegata. In questi cinque giorni, noi proponiamo un accompagnamento e una campagna d’informazione per aiutarli a fare scelte responsabili, soprattutto nell’ambito della sessualità. La nostra proposta è fondata sui valori. Per quanto riguarda i giovani cristiani, sono i valori cristiani. Per chi non è di fede cristiana, proponiamo i valori umani. Alla fine dei cinque giorni, invitiamo i giovani a fare liberamente una promessa di astinenza proprio per poi vivere la loro sessualità in pienezza, per non fare un cattivo uso della propria sessualità.

    D. – Che impatto ha il vostro programma su di loro?

    R. – L’eco è molto positiva. I giovani ci dicono: “Per la prima volta nella nostra vita riusciamo a parlare di questa dimensione della persona umana in modo libero”. Infatti in tanti contesti è ancora molto forte una specie di tabù per quanto riguarda la sessualità. I genitori, gli adulti, spesso non affrontano apertamente questa tematica con i giovani e le giovani. Per questo la risonanza che ci torna è positiva per questa possibilità di dialogare su questo argomento. Un altro aspetto è certamente la valorizzazione della loro sessualità umana. Una giovane diceva: “Ho apprezzato ad apprezzare la mia corporeità, la mia sessualità”.

    D. – Suor Bernardette, la vostra proposta educativa – nel suo insieme – può essere uno strumento valido, anche nei confronti della prevenzione all’Aids?

    R. – Sì, perché riusciamo a far capire ai giovani che la prevenzione del contagio e quindi della malattia resta proprio in questa scelta strategica della loro vita: fare scelte responsabili nell’ambito della sessualità. (gf)

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    L’Istituto Massimo dei gesuiti celebra il 50.mo all'Eur a Roma. Con noi, il rettore padre Tata

    ◊   L’Istituto Massimiliano Massimo dei gesuiti celebra i suoi cinquant’anni di presenza al quartiere Eur di Roma. Un evento che viene ricordato con una serie di eventi celebrativi, dal 7 al 10 dicembre, a cui prenderanno parte, tra gli altri, anche il cardinale vicario Agostino Vallini e il sindaco capitolino Gianni Alemanno. Sul valore di queste celebrazioni, Alessandro Gisotti ha intervistato il rettore del Massimo, padre Francesco Tata:

    R. – C’è sembrata l’occasione opportuna non tanto per celebrare noi stessi, quanto per creare una nuova opportunità di approfondimento, di riflessione, per immedesimarci nuovamente nel nostro ruolo di educatori e permettere alla comunità civile ed ecclesiale di condividere le nostre aspirazioni.

    D. – Quali sono i tratti distintivi della proposta educativa dell’Istituto Massimo?

    R. – Intanto, l’Istituto Massimo si colloca nel contesto delle scuole dei Gesuiti, non solo italiane ma europee e mondiali. In questa linea, cerchiamo di collocarci anche noi. Quindi, fornire una cultura, una competenza solida e allo stesso tempo far crescere i nostri alunni insieme alle famiglie, farli crescere in una relazione sociale, in una capacità di dialogo e di discernimento, insegnare loro ad avere un metodo di studio rigoroso per cui poi nella vita servirà essere seri, moralmente attendibili, eticamente corretti… Tutto questo quadro risponde ad un desiderio “apostolico” dei nostri collegi, cioè di formare persone vive che contribuiscano alla presenza della Chiesa nel tessuto sociale di oggi, e che sappiano testimoniare, condividere messaggi costruttivi con la società civile.

    D. – Dunque, in un periodo particolarmente contrassegnato dalla frammentazione, se vogliamo anche dalla confusione, purtroppo anche in ambito educativo, il “Massimo” punta ad una crescita della persona nella sua integralità, non per compartimenti?

    R. – Proprio così. Mettersi in contatto, in una relazione positiva con gli altri; creare una socialità, sapere quindi essere attenti a tutte le fasce di popolazione …

    D. – E da ultimo, quali sono le sue speranze per gli anni a venire, partendo da questa celebrazione del 50.mo?

    R. – Il desiderio è che l’integrazione avvenga anche con le famiglie, perché sia un’opera educativa condivisa: le famiglie ci affidano i figli, noi cerchiamo di essere in contatto ed in dialogo con loro affinché l’alunno non sia abbandonato ma possa avere una attività tra noi e la famiglia. (gf)

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    Chiesa e Società



    Il Nunzio in Iraq: una conferenza dei cristiani per fermare l'esodo

    ◊   Il Papa all’Angelus ha dunque fatto riferimento anche all’Iraq, dove cresce l’esodo dei cristiani a causa delle violenze. Ieri il nunzio apostolico in Iraq e Giordania, mons. Giorgio Lingua, aspettando l’odierna visita nella capitale irachena del ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, ha proposto di “convocare una conferenza di tutti i cristiani iracheni, laici ed ecclesiastici, per valutare quanto sta accadendo e fare proposte concrete per fermare l'esodo”. Il nunzio ha quindi riferito che “i vescovi caldei hanno rivolto un appello alle autorità religiose musulmane affinché sia espressa una pubblica condanna contro le azioni violente che colpiscono le minoranze religiose”, per “chiarire che le violenze contro i cristiani sono illegittime e contrarie ai principi della religione islamica”. Ma proprio dall’incontro fra Frattini e il premier iracheno Al Maliki, oggi, l’annuncio di una possibile svolta: le autorità irachene hanno deciso di istituire una commissione parlamentare e una task-force della polizia per la protezione delle minoranze cristiane.(C.D.L.)

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    Allarme Kenya. Nel 2011 cresceranno insicurezza alimentare, epidemie e conflitti

    ◊   C’è preoccupazione per il futuro del Kenya, dove le agenzie umanitarie prevedono per il 2011 l’acuirsi di epidemie, conflitti armati e insicurezza alimentare, come pure l’incremento del flusso di profughi provenienti dalla Somalia. L’allarme riguarda soprattutto la difficoltà di raggiungere i popoli più bisognosi a causa delle piogge che da circa un anno colpiscono il Paese e che hanno causato uno stato di povertà ciclica nelle zone più aride: secondo fonti umanitarie ufficiali il numero dei beneficiari di aiuti alimentari è passato da 3,8 milioni a 1,2 milioni, mentre una nota del Vice ministro del Ministero dello Stato per i Programmi Speciali, Mahmoud Ali, riferisce che nel Paese circa 250 mila adulti e 40 mila bambini con meno di cinque anni sono affetti rispettivamente da malnutrizione moderata e acuta. Nel Paese la siccità e la carenza di acqua favoriscono le epidemie di colera e nel 2009 sono stati registrati 8 mila casi. Inoltre durante i periodi di siccità aumentano i conflitti per l'acqua e per i pascoli soprattutto nelle zone più aride, dove, secondo le previsioni, verranno sfollate circa 10 mila persone. Al riguardo, urge una pianificazione di emergenza per il probabile aumento di richieste di asilo tra i profughi del Sud – Sudan che potrebbero essere 20 mila nel primo semestre del 2011 e circa 80 mila in più nel secondo semestre. Non meno grave l’emergenza causata dal flusso di profughi provenienti dalla Somalia: attualmente sono oltre 412 mila con un incremento mensile di 4 mila, ma il governo prevede che entro la fine del 2011 raggiungeranno i 455 mila. Decisa la possibilità di assicura un’assistenza umanitaria continua. (C.D.L.)

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    Solidarietà: Intersos raccoglie fondi natalizi per Pakistan e Sud Sudan

    ◊   Per raccogliere fondi a favore delle vittime delle alluvioni in Pakistan e del conflitto che affligge il Sud del Sudan, l’Ong Intersos, Organizzazione umanitaria per l’emergenza, lancia una campagna natalizia. Marco Rotelli, direttore generale Intersos, rende noto all’agenzia Sir che grazie all’aiuto di molti sostenitori è stato possibile soccorrere migliaia di persone in zone difficili, sia in Pakistan che in Sudan. Questo Natale - ha precisato il responsabile - “sarà un Natale di solidarietà, regalando la crema biologica al cioccolato da spalmare 'Deanocciola' potremmo donare speranza a tanti”. L’Ong inoltre fa sapere che in Pakistan, dopo le tremende alluvioni dell’agosto scorso quasi 18 milioni di persone vivono in condizioni precarie e 2 milioni di case sono danneggiate, più della metà dei raccolti è andata distrutta, mentre il Sud Sudan è uscito dalla guerra civile, conclusa nel 2005. I conflitti interetnici non si sono mai placati, provocando molte vittime nel 2009 in Darfur. Oggi, alla vigilia del referendum di gennaio 2011 per la separazione del Sud dal Nord del Paese, si rischia lo scoppio di nuove violenze. ( C.P.)

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    Cina. Nella diocesi di Tai Yuan il cammino spirituale dei sacerdoti verso il Natale

    ◊   Si moltiplicano le iniziative di preparazione al Natale per i sacerdoti cinesi della diocesi di Tai Yuan, guidati dal Coadiutore, mons. Paolo Meng Ningyou. Secondo quanto riferito dall’agenzia Fides, dal 22 al 24 novembre i sacerdoti hanno seguito un corso di pastorale matrimoniale per meglio rispondere alle esigenze sociali delle comunità loro affidate, e dal 30 novembre al primo dicembre, circa venti sacerdoti diocesani insieme a mons. Meng, alle suore della Congregazione diocesana delle Missionarie della Madonna Addolorata e ad un gruppo di laici, hanno partecipato ad un incontro di lettura spirituale condividendo alcuni temi di attualità: “la spiritualità sacerdotale”, “la pastorale giovanile”, “il matrimonio e la famiglia”, “pastorale ed evangelizzazione”. Mons. Meng ha parlato della formazione della persona e delle persone che si occupano di formazione, le quali – ha osservato - “devono sempre fare riferimento all’origine del bene, che è Dio”. Le suore hanno presentato la storia, l’attualità e le sfide che la loro Congregazione deve oggi affrontare, i sacerdoti più anziani hanno condiviso la loro esperienza di ministero pastorale, mentre i fedeli laici hanno parlato infine dell’evangelizzazione attraverso i mass media. (C.D.L.)

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    Terra Santa: il sito del Museo della Natività di Betlemme è on line

    ◊   E’ possibile esplorare on line il sito del Museo della Natività di Betlemme. Ancora in fase di sviluppo l’area in lingua italiana e inglese, ma si prevede anche la versione in lingua araba. Il museo, promosso dall’Unesco e inaugurato alla vigilia di Natale 1999, raccoglie oltre 200 rappresentazioni della Natività, presepi di vario stile e dimensione, che trovano spazio nelle sale al pian terreno del Convento Salesiano, fatto di articoli in pietra, nicchie architettoniche che esaltano la nobiltà dei manufatti. I presepi esposti provengono da tutte le parti del mondo: figurine intagliate nel legno provenienti dalle diverse tradizioni africane, opere asiatiche, le scene europee che spaziano dalle più rigorose rappresentazioni tradizionali a opere originalissime. La collezione dei presepi esposta, riflette il ruolo privilegiato che la storia religiosa e artistica italiana ha avuto nella tradizione mondiale, dallo spirito delle origini del presepe vivente di Francesco a Greccio e del primo presepe scolpito da Arnolfo di Cambio a Santa Maria Maggiore a Roma. (C.P.)

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    Comunità missionaria di Villaregia: un presepe vivente per ricordare i più bisognosi

    ◊   Grande evento di solidarietà in programma a Roma, per un Natale che dall’Italia getta i ponti fino al Brasile, e guarda ai bambini delle favelas, un popolo che grida ma che spesso non viene ascoltato. La Comunità missionaria di Villaregia da vita alla quarta edizione del Presepe Vivente Missionario, il 2 e 6 gennaio 2011, negli spazi della sede romana. Un salto indietro nel tempo, oltre 2000 anni fa, per assistere a un evento che unisce arte, cultura, spiritualità e solidarietà. Oltre 150 le comparse e i personaggi che, con costumi storici, ambientazioni originali e arti e mestieri di 2000 anni fa, ricostruiranno la Betlemme dei tempi di Gesù. Quest’anno l’attenzione è puntata sul Brasile ed in particolare sul progetto del Centro di accoglienza per i bambini delle favelas di Belo Horizonte, creato e gestito dai missionari di Villaregia. “Il nostro intento è quello di aiutare i visitatori ad entrare nella gioia del Natale, a stupirsi per l’amore di Dio che si fa bambino - spiega Padre Antonio Serrau, responsabile della Comunità Missionaria di Villaregia - per questo cercheremo di ricreare l’ambientazione nei minimi dettagli e di proclamare la Buona Notizia della nascita di Gesù e del suo amore per ciascuno attraverso un percorso spirituale e artistico. Ma non vogliamo e non possiamo dimenticare i nostri fratelli più poveri, amati da Dio e verso i quali Lui stesso ci invia, per essere espressione del suo Amore. Non possiamo dimenticarli e vogliamo aiutarli attraverso questa iniziativa”. Il 6 gennaio è attesa la presenza del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che visiterà il presepe e premierà le prime tre classi vincitrici del Concorso “Sogna il tuo presepe”, dedicato agli alunni delle scuole materne ed elementari: le scuole possono partecipare all’iniziativa iscrivendosi e inviando il proprio presepe costruito con qualsiasi materiale. L’ingresso all’evento è gratuito, ma le offerte saranno destinate al Progetto del Centro in Brasile. (C.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tensione in Costa D'Avorio: Gbagbo e Ouattara si sono auto proclamati presidenti del Paese

    ◊   Cresce la preoccupazione della Comunità internazionale per quanto sta avvenendo in Costa D’Avorio. Il Paese africano si trova ad avere due presidenti: il capo di stato uscente, Gbagbo, e l’ex primo ministro Ouattara. Entrambi, infatti, rivendicano la vittoria nella tornata del 28 novembre scorso e ieri hanno prestato giuramento. La crisi rischia di provocare disordini e violenze, tanto che si agita lo spettro della guerra civile. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    La tensione è alle stelle nella capitale Abidjan, dove nelle ultime 24 ore ci sono state già due vittime nei primi scontri tra le opposte fazioni. In città è appena arrivato l’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki, con l’obiettivo di attivare una mediazione tra le parti in vista di una soluzione pacifica della crisi. A dargli l’investitura è stata l’Unione Africana, che come Unione Europea, Stati Uniti e Onu, nelle ultime ore ha preso posizione a favore di Ouattara dato inizialmente per vincente alle presidenziali. L’ex primo ministro attraverso una lettera si è autoproclamato Capo dello Stato, in risposta al giuramento di Gbagbo trasmesso poco prima in diretta televisiva dal palazzo presidenziale di Abidjan. Sullo sfondo si stagliano le divisioni. Quella istituzionale tra la Commissione elettorale indipendente e il Consiglio Costituzionale, che ha ribaltato il risultato della tornata sulla base di presunti brogli, e quella sociale tra il sud a maggioranza cristiana e il nord prevalentemente musulmano. Ed è proprio nel nord che si radica la base di consenso di Ouattara il quale ha affidato l’incarico di formare un nuovo governo all’ex leader ribelle Guillaume Soro, già alla guida dell’esecutivo ivoriano in virtù di un accordo di pace siglato con Gbagbo nel 2007. Tutto però resta estremamente instabile. Poco fa la Comunità economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest, Cedeao, ha condannato l’investitura di Gbagbo annunciando una riunione straordinaria dell’organismo, martedì, ad Abuja, in Nigeria, per decidere le misure da prendere. Intanto, mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, ha esortato la popolazione alla calma e ha assicurato il massimo impegno per la pace e la sicurezza. Gli Stati Uniti hanno sconsigliato ai propri cittadini di recarsi nel Paese. Il Fondo Monetario Internazionale, infine, ha fatto sapere che non lavorerà con un governo non riconosciuto dall’Onu.

    Egitto elezioni
    Seggi aperti stamattina in Egitto per il secondo turno delle legislative segnate dal boicottaggio del principale partito di opposizione, quello dei Fratelli Musulmani. Sul primo turno di domenica scorsa - vinto dal partito del presidente Mubarak, il Partito nazionale democratico - pesano le accuse di brogli e i sospetti di irregolarità avanzati anche dagli Stati Uniti. I seggi del parlamento in palio oggi sono 283 su un totale di 508. Il partito al potere, che nella competizione odierna affronta soltanto piccole formazioni, ne ha già conquistati 209 la settimana scorsa.

    Abu Mazen
    Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha minacciato lo scioglimento dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) se dovesse protrarsi l’attuale impasse nei negoziati di pace con Israele. Il leader arabo, durante un’intervista trasmessa ieri dalla televisione palestinese, è tornato a puntare il dito contro l’espansione degli insediamenti ebraici nei territori occupati e ha espresso preoccupazione per l’appoggio statunitense.

    Israele
    In Israele migliora la situazione sul monte Carmelo colpito giovedì scorso da un gigantesco rogo che ha provocato 42 vittime, migliaia di evacuati e la distruzione di oltre 4 mila ettari di boschi. Più 30 velivoli anti-incendi, inviati da diversi paesi stranieri, in azione da ieri, sono riusciti a circoscrivere il fuoco in diversi punti anche se le fiamme non sono state ancora domate del tutto. La stampa locale critica la gestione dell’emergenza da parte del governo che stamattina si è riunito eccezionalmente nella zona della catastrofe stanziando una prima tranche di aiuti a favore della popolazione colpita. Si tratta dell’equivalente di 12 milioni di euro per la ricostruzione di case e attività commerciali danneggiate, da realizzare entro i prossimi sette giorni.

    Afghanistan
    In Afghanistan due soldati della Nato sono morti nell’esplosione all’esterno di una base militare nella provincia sudorientale di Paktia. L’episodio, avvenuto stamattina, ha provocato almeno sei feriti. In precedenza i talebani avevano rivendicato l’attacco sostenendo di aver ucciso 19 militari.

    Afghanistan-Pakistan
    Afghanistan e Pakistan supereranno da soli, senza l’aiuto di un Paese terzo, le difficoltà nelle relazioni bilaterali. Lo ha affermato il presidente afghano Karzai, incontrando ieri a Kabul il premier pakistano Gilad. I due hanno concordato sulla necessità di raggiungere un accordo per superare i problemi esistenti. Karzai non ha escluso la possibilità di coinvolgere Islamabad nell’addestramento dei propri soldati.

    Spagna voli
    Lento ritorno alla normalità nel settore aeroportuale spagnolo all’indomani della riapertura dello spazio aereo del Paese, in seguito allo sciopero dei controllori di volo. Le autorità hanno garantito piena operatività entro le prossime ore escludendo disservizi durante le feste natalizie. Ieri pomeriggio i primi decolli, ma la situazione europea risente ancora di ritardi e cancellazioni. L’attività nelle torri di controllo degli scali iberici prosegue sotto la sorveglianza di 190 soldati. Intanto durerà per altri 15 giorni lo stato d’allerta imposto dall’esecutivo, che ha provocato il ritorno al lavoro di quasi tutti gli uomini-radar e l’apertura di procedimenti disciplinari nei confronti di quelli che hanno aderito all’agitazione.

    Wikileaks
    Wikileaks continua a funzionare dopo la breve interruzione di sabato, malgrado lo stop alle donazioni on line stabilito dalla società che gestiva il servizio. Secondo il fondatore del sito internet, Assange, sui cui pende un mandato d’arresto internazionale, si tratta di azioni dettate dalla paura “di perdere il favore degli Usa”. Intanto, mentre si attende la pubblicazione di nuovi documenti riservati, il suo avvocato ha affermato che la caccia nei confronti di Assange – accusato di stupro dalla Svezia – “sembra avere motivazioni politiche”. Il legale, inoltre, ha detto di temere che il suo assistito possa essere estradato negli Stati Uniti una volta arrestato dalle autorità svedesi.

    Messico Clima
    Prosegue a Cancun, in Messico, la sedicesima conferenza dell’ONU sul clima. Al vertice, che terminerà il prossimo 10 dicembre, si lavora per un accordo sulla riduzione dei gas serra in vista dell’appuntamento dell’anno prossimo a Durban, in Sudafrica. I negoziati si basano su un testo che insiste sull’impegno dei governi a favore dell’obiettivo, già fissato l’anno scorso a Copenaghen, senza tuttavia definire nel dettaglio i parametri da osservare. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 339

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