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Sommario del 04/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Andare incontro a chi è solo, malato ed anziano: l’intenzione di preghiera del Papa per il mese di dicembre
  • Benedetto XVI riceve il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese
  • Altre udienze e nomine
  • Il cardinale Bertone a Karaganda: il rispetto dei diritti di tutti è presupposto della convivenza umana
  • Per la vita nascente. L’editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Profughi eritrei prigionieri nel Sinai. I Gesuiti del Centro Astalli: cosa fa l'Europa?
  • Il cardinale Ruini: i cattolici italiani per il bene del Paese siano veramente e semplicemente cattolici
  • Rapporto Unicef: disuguaglianze tra i bambini nei Paesi ricchi
  • Nei cinema italiani "Il responsabile delle risorse umane" del regista israeliano Eran Riklis
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della seconda Domenica di Avvento
  • Chiesa e Società

  • Gli integralisti islamici: eliminare il ministro cattolico Bhatti che lotta contro la legge sulla blasfemia
  • Pakistan: leader religiosi cristiani e musulmani chiedono la modifica della legge sulla blasfemia
  • Mobilitazione dei vescovi brasiliani per la protezione costituzionale della vita
  • I vescovi Usa: il Congresso sblocchi la legge sulla cittadinanza ai figli di immigrati irregolari
  • Messaggio dell'episcopato della Patagonia: dalla famiglia parte la ricostruzione della società
  • Scuole cattoliche a rischio chiusura in Indonesia
  • India. La Chiesa impegnata contro il lavoro minorile: i ragazzi devono andare a scuola
  • Il vescovo di Como: "Mostriamo ai bambini il vero volto del Natale"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Due morti in Costa D’Avorio per gli scontri post-elettorali
  • Il Papa e la Santa Sede



    Andare incontro a chi è solo, malato ed anziano: l’intenzione di preghiera del Papa per il mese di dicembre

    ◊   “Perché l’esperienza della sofferenza sia occasione per comprendere le situazioni di disagio e di dolore in cui versano le persone sole, gli ammalati e gli anziani, e stimoli tutti ad andare loro incontro con generosità”: così, il Papa nell’intenzione generale di preghiera per questo mese di dicembre. Un tema, quello della sofferenza, che Benedetto XVI ha affrontato tante volte e al quale ha dedicato pagine luminose della sua Enciclica “Spe salvi”. In questo servizio di Alessandro Gisotti, riascoltiamo le parole del Papa in risposta ad un giovane sacerdote, affetto da sclerosi multipla, durante un incontro con il clero di Bressanone, nell’agosto del 2008:

    Portare con coraggio e umiltà la Croce, mostrare che la sofferenza può essere una straordinaria esperienza d’amore. Di fronte alla toccante testimonianza di un sacerdote gravemente malato, Benedetto XVI indica l’esempio del suo amato predecessore, Giovanni Paolo II che ha seguito il Signore portando la Croce:

    “Questa umiltà, questa pazienza con la quale ha accettato quasi la distruzione del suo corpo, la crescente incapacità di usare la parola, lui che era stato maestro della parola. E così ci ha mostrato - mi sembra - visibilmente questa verità profonda che il Signore ci ha redento con la sua Croce, con la Passione come estremo atto del suo amore”.

    Karol Wojtyla, osserva il Papa, “ha mostrato che la sofferenza non è solo un non, un qualcosa di negativo, la mancanza di qualche cosa, ma è una realtà positiva”:

    “Che la sofferenza accettata nell’amore di Cristo, nell’amore di Dio e degli altri è una forza redentrice, una forza dell’amore e non meno potente che i grandi atti che aveva fatto nella prima parte del suo Pontificato. Ci ha insegnato un nuovo amore per i sofferenti e fatto capire che cosa vuol dire "nella Croce e per la Croce siamo salvati”.

    Dio, ribadisce Benedetto XVI, è amore e “nell’identificarsi con la nostra sofferenza di esseri umani ci prende nelle sue mani e ci immerge nel suo amore”:

    “Perciò mi sembra che noi tutti – e sempre di nuovo in un mondo che vive di attivismo, di giovinezza, dell’essere giovane, forte, bello, del riuscire a fare grandi cose – dobbiamo imparare la verità dell’amore che si fa passione e proprio così redime l’uomo e lo unisce con Dio amore. Quindi vorrei ringraziare tutti coloro che accettano la sofferenza, che soffrono con il Signore e vorrei incoraggiare tutti noi ad avere un cuore aperto per i sofferenti, per gli anziani e capire che proprio la loro passione è una sorgente di rinnovamento per l’umanità e crea in noi amore e ci unisce al Signore”.

    “Ma alla fine – ammette – è sempre difficile soffrire”. Per questo, è la sua esortazione, bisogna assistere quanto più possibile quelli che soffrono, con “il rispetto per il valore della vita umana, proprio della vita sofferente fino alla fine”. La sofferenza, afferma, “la passione è presenza dell’amore di Cristo, è sfida per noi ad unirci con questa sua passione”:

    “Dobbiamo amare i sofferenti non solo con le parole, ma con tutta la nostra azione e il nostro impegno. Mi sembra che solo così siamo cristiani realmente. Ho scritto nella mia Enciclica ‘Spe salvi’ che la capacità di accettare la sofferenza e i sofferenti è misura dell’umanità che si possiede".

    Per una riflessione sull’intenzione di preghiera del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci:

    R. – Mi sembra che il Santo Padre abbia toccato uno dei punti fondamentali della nostra esperienza di fede, quello di saper aprire gli occhi, il “vedere”. Il “vedere” che troviamo nel Vangelo, nella parabola del Buon samaritano: “Lo vide e si fermò”. Credo che ci suggerisca proprio di aprire gli occhi su una realtà che nel nostro tempo è molto importante: la realtà della sofferenza, della malattia; la realtà degli anziani e della solitudine degli anziani. Ce ne sono molti nella nostra città: vivono nelle loro case e, molte volte, sembrano essere quasi “murati vivi” al settimo o l’ottavo piano. Per questo, forse, non li vediamo. Il Santo Padre ci chiede di aprire gli occhi e di cercare di vedere concretamente la realtà.

    D. – Che cosa fa concretamente la Caritas per rispondere a questa intenzione di preghiera del Papa?

    R. – Abbiamo attivato - e stiamo cercando di incrementarlo sempre di più - un servizio che si chiama “Servizio alla persona”. Si tratta di volontari che si recano negli appartamenti per dare non solamente un contributo di servizi, ma anche per attutire e smorzare la solitudine e la paura degli anziani. Qui a Roma ci sono tante esperienze di questo tipo: c’è una parrocchia che ha attivato un servizio di teleassistenza così da far superare la paura che gli anziani hanno di rimanere soli. Questa paura è molto forte, molto grande, soprattutto quando si avvicina la sera, la notte.

    D. – A Natale celebriamo Dio che ci viene incontro, che si fa vicino all’uomo. Un’occasione ideale per farci anche noi prossimi a chi è solo, a chi è nel bisogno…

    R. – Credo che il punto centrale sia proprio questo e le parole di Gesù - nel capitolo 25 di Matteo - ci dicono proprio questo: “Qualunque cosa farete al più piccolo dei vostri fratelli, l’avrete fatto a me”. E l’attenzione all’ultimo oggi appare ancora più necessaria, poiché non riusciamo più a riconoscere nel volto dell’altro, il volto di Cristo. Questa nostra attenzione è per non fare diventare il Natale solamente una memoria storica di un fatto avvenuto: il Signore viene, viene continuamente e si manifesta a ciascuno di noi, anche nel volto dei più piccoli, dei più poveri: Lui è lì, ce lo ha detto Lui. (bf)

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    Benedetto XVI riceve il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il dott. Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), e seguito. Il dott. Olav Fykse Tveit, alla guida di una delegazione del Consiglio, ha iniziato ieri una visita ufficiale di 3 giorni al Santo Padre e al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, secondo una consuetudine che vede il nuovo segretario generale recarsi in visita alla Santa Sede dopo la sua elezione. Il dott. Tveit, pastore Luterano della Chiesa di Norvegia, ha assunto il suo nuovo incarico il primo gennaio 2010; lo accompagnano la consorte, Anna Bjorvatten, Georges Lemopoulos, vice segretario generale del Cec, il dott. John Gibaut, direttore della Commissione “Fede e Costituzione”, il dott. Martin Robra, direttore dei programmi del Cec, la rev.da Fulata Mbano-Moyo, responsabile del programma sul ruolo delle donne nella Chiesa e nella società e il sig. Mark Beach, direttore delle comunicazioni. Durante la permanenza a Roma, il segretario generale pronuncerà una omelia in occasione della celebrazione della liturgia nella chiesa metodista di Via XX settembre e incontrerà i rappresentanti delle congregazioni protestanti locali presso la chiesa valdese di Via IV Novembre. La delegazione sarà inoltre accolta presso la sede della Comunità di Sant’Egidio per la celebrazione ecumenica di preghiera, in cui il dott. Tveit terrà l’omelia, e al Centro del Movimento dei Focolari. (M.V.)

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.

    Il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di vescovo ausiliare della diocesi di Hildesheim (Germania), presentata da mons. Hans-Georg Koitz, per raggiunti limiti di età. Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare di Hildesheim il rev. Heinz-Günter Bongartz, del clero della medesima diocesi, direttore del Dipartimento "Personale Pastorale" della Curia vescovile e Canonico del Capitolo Cattedrale di Hildesheim, assegnandogli la sede titolare vescovile di Bonusta. Il rev. Heinz-Günter Bongartz è nato il 5 marzo 1955 a Gütersloh. È stato ordinato sacerdote il 5 giugno 1982 a Hildesheim.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo ordinario militare per la Polonia mons. Józef Guzdek, finora vescovo titolare di Treba e ausiliare dell’arcidiocesi di Kraków. Mons. Józef Guzdek è nato il 18 marzo 1956 a Chocznia, nei pressi di Wadowice, arcidiocesi di Kraków. È stato ordinato sacerdote il 17 maggio 1981 e incardinato nell’arcidiocesi di Kraków. Eletto alla Chiesa titolare di Treba con l’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Kraków il 14 agosto 2004, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 15 settembre del medesimo anno.

    Il Santo Padre ha nominato consiglieri della Penitenzieria Apostolica don Enrique Colom Costa, della Prelatura Personale dell'Opus Dei, professore ordinario di Teologia Morale presso la Pontificia Università della Santa Croce, e don Paolo Carlotti, salesiano, professore ordinario di Teologia Morale Fondamentale presso la Pontificia Università Salesiana in Roma.

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    Il cardinale Bertone a Karaganda: il rispetto dei diritti di tutti è presupposto della convivenza umana

    ◊   Si conclude oggi la visita pastorale in Kazakhstan del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Dopo aver partecipato nei giorni scorsi al vertice dell’Osce ad Astana, il porporato ha celebrato stamani, a Karaganda, la Santa Messa nella cattedrale di San Giuseppe. Per i cristiani – ha ricordato il cardinale Tarcisio Bertone durante l’omelia – l’Avvento è un tempo di attesa e di speranza, di ascolto e di riflessione, “purché ci si lasci guidare dalla liturgia che invita ad andare incontro al Signore che viene”. Il porporato ha anche esortato i fedeli a testimoniare la carità “nell’amore fraterno e nel servizio ai poveri, ai malati, agli esclusi” e ad essere “artefici di riconciliazione e di pace”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La festa del Natale che si avvicina, ridesta negli uomini “una meravigliosa speranza nel progetto di Dio” che, malgrado tutte le difficoltà presenti nel mondo, si realizza in Gesù. Il messaggio spirituale dell’Avvento, tempo liturgico che ci prepara al Natale, ci proietta “verso il ritorno glorioso del Signore”. Andare incontro alla Parola di Dio – sottolinea il cardinale Tarcisio Bertone – significa anche “cambiare mentalità”: “Chi vuole trovare Dio, deve continuamente camminare interiormente, andare in una direzione diversa da quella che ci indica una mentalità materialista, individualista, edonista”. Ogni giorno la realtà concreta che ci circonda – aggiunge il porporato – irrompe “in tutte le circostanze della vita quotidiana”. Ma, in realtà, l’invisibile è più grande e vale più di tutto il visibile. “Per sperimentare questa verità, è necessario cambiare mentalità, superare l’illusione che l’uomo abbia solo una dimensione orizzontale, visibile, e diventare sensibili e attenti nei confronti della sua dimensione verticale, dell’invisibile”. Si deve dunque trasformare “il modo di pensare”, affinché Dio divenga presente tra gli uomini e per mezzo degli uomini in tutte le terre del mondo. La missione di ogni sacerdote è di annunciare il Vangelo, di preparare la strada del Signore e non la propria, affinché “ogni fedele possa vivere l’incontro personale con Cristo risorto”. Il cristiano – sottolinea poi il segretario di Stato – “deve inserirsi nell’ambiente sociale in cui vive, in una realtà talvolta difficile, testimoniando l’amore di Dio”. Il rispetto dei diritti di ciascuno, anche se di convinzioni personali diverse, è “il presupposto di ogni convivenza autenticamente umana”. Il cardinale Tarcisio Bertone ha anche ricordato sacerdoti che hanno dato grande testimonianza di fede durante il periodo sovietico. Prima della Santa Messa nella cattedrale di Karaganda, il segretario di Stato ha visitato i cantieri della nuova cattedrale cattolica dedicata alla Madonna di Fatima e altre opere ecclesiali. In Kazakhstan, con oltre 15 milioni di abitanti a larga maggioranza musulmana, vive una comunità cristiana ortodossa che rappresenta circa il 13% della popolazione. I cattolici sono oltre 200 mila.

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    Per la vita nascente. L’editoriale di padre Lombardi

    ◊   “La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura”: è l'accorato appello lanciato all’inizio dell’Avvento da Benedetto XVI. Un’esortazione per la vita nascente sulla quale si sofferma padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Pregare e impegnarsi in favore della vita nascente. E’ l’invito che ci è stato rivolto dal Papa nella vigilia della prima Domenica di questo Avvento, tempo di attesa e di conversione per prepararci a celebrare ancora una volta l’evento sconcertante e straordinario della nascita del Figlio di Dio in mezzo a noi: Dio che si fa carne, Dio nel grembo di una madre, Dio bambino, Dio vicino. Come dirci con più forza che la nostra dignità è altissima? Che dobbiamo essere amati e rispettati e protetti fin da quando cominciamo ad essere tessuti nel grembo delle nostre madri? Non siamo mai stati semplicemente “un grumo di materiale biologico”. Siamo sempre stati, fin dall’inizio, un progetto concreto che si sviluppava verso l’intelligenza, la libertà e l’amore, aperto sul vero, sul bello, sul buono, sull’infinito. Un progetto che a sua volta non può che nascere da una sorgente misteriosamente grande, capace di darvi origine e di chiamare a un rapporto concreto di amore. Il sorriso dei bimbi, fin da quando vengono alla luce, lo lascia intuire. Sorriso contagioso, che invita ad amare e a ringraziare, nella meraviglia per un dono più grande di noi. Benedetto XVI ammonisce: “Purtroppo, anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento”, e perciò fa appello alla responsabilità di tutti e di ciascuno: “Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana!”. Quale mondo trova Gesù che nasce? Quale mondo prepariamo ad ogni bimbo? Dobbiamo amare la vita perché ogni bambino possa ringraziare di essere venuto al mondo e imparare ad amare la sua vita, gli altri…e Dio.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Viaggio extragalattico tra i mille mondi possibili: in prima pagina, José G. Funes in merito alle domande sulla vita nell'universo.

    Il rispetto dei diritti di tutti presupposto per la convivenza: nell'informazione vaticana, la visita del cardinale Tarcisio Bertone alla comunità cattolica nel Kazakhstan.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la promessa di Obama all'Afghanistan: i talebani e Al Qaeda, alla fine, saranno sconfitti.

    Tra sapienza e stoltezza: in cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi al congresso "La Sacra Scrittura nella vita e nella missione della Chiesa".

    Un articolo di Chino Biscontin dal titolo "Ma l'omelia non è una conferenza": dalla "Verbum Domini" consigli per una buona predicazione.

    Silvia Guidi sulle conclusioni del forum del Progetto Culturale promosso dalla Chiesa italiana.

    Variazioni africane sul nichilismo: un'opera dell'economista della Banca Mondiale, Celestin Monga, recensita da Gilbert Tsogli.

    Piramidi di specchi: Luca Pellegrini intervista Pier'Alli, regista del "Moise e Pharaon" di Rossini che ha aperto la stagione del Teatro dell'Opera di Roma.

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    Oggi in Primo Piano



    Profughi eritrei prigionieri nel Sinai. I Gesuiti del Centro Astalli: cosa fa l'Europa?

    ◊   La comunità internazionale continua a seguire con il fiato sospeso la vicenda dei circa 80 profughi eritrei da diverse settimane nelle mani di un gruppo di predoni in una località del deserto del Sinai, al confine tra Egitto e Israele. Le loro condizioni di salute si fanno di giorno in giorno sempre più gravi. Gli esuli si erano affidati ai trafficanti per 2mila dollari pur di raggiungere il territorio israeliano: i sequestratori ne chiedono ora il quadruplo. I fuggitivi si sono trasformati così in ostaggi, sei dei quali sarebbero già stati uccisi. Intanto diverse associazioni umanitarie, fra cui la Comunità di Sant’Egidio, hanno lanciato un nuovo appello alle Nazioni Unite e alle istituzioni europee affiché intervengano per la risoluzione di questa vicenda. Ma per quali motivi si è sviluppata questa drammatica situazione? Marco Guerra lo ha chiesto a padre Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia:

    R. – Questa situazione si è creata poiché il flusso di profughi che partiva dall’Eritrea, dall’Etiopia, dal Sudan, attraversando il deserto e giungendo in Libia, ha poi grandi difficoltà a compiere la traversata per venire in Europa. L’adozione dei respingimenti ha provocato questo fenomeno - che non è il solo - e ha portato le persone a sperimentare nuove rotte. L’episodio che stiamo commentando dimostra come la situazione, per chi è costretto a scappare dal proprio Paese, diventa più difficile, più rischiosa e più costosa.

    D. - Che cosa prevedono le nuove rotte?

    R. - Le nuove rotte sono diventate certamente più lunghe. Le persone che sono state costrette a fuggire dai loro Paesi a causa di persecuzioni politiche o religiose, raccontano di essersi imbarcati in Senegal e di essere sbarcati nel porto di Napoli o sulle coste della Calabria … Il viaggio - la fuga - diventa ancora più costosa, perché bisogna pagare il passaporto che consente di viaggiare in aereo: tant’è vero che il ministro dell’Interno, dopo aver bloccato il flusso di Lampedusa, si diceva preoccupato del possibile arrivo negli aeroporti. Una persona che rischia la propria vita pur di scappare dalle persecuzioni, non si ferma sicuramente davanti ad un provvedimento come quello dei respingimenti! Se io rischio la mia vita e la metto in gioco, e l’unica possibilità è quella di fuggire, qualunque strada pericolosa io debba affrontare, la percorro! Non immaginiamo nemmeno quante persone muoiano intraprendendo questo viaggio, questa fuga, pur di cercare di salvare la propria vita.

    D. - L’Europa rimane la principale meta di chi scappa dalla povertà, dalla miseria: non è auspicabile un approccio comune dell’Ue al tema dell’immigrazione e della tratta degli esseri umani?

    R. - Ci battiamo per affermare, ancora una volta, che l’agire per contrastare il fenomeno è soltanto un dispendio di energie, sia a livello di risorse umane che economiche. Tutti dovrebbero prendere coscienza del fatto che accogliere in maniera umana e dignitosa, rispettando queste persone e i diritti stessi di queste persone rappresenti l’unica strada per dare una risposta a questo fenomeno, riuscendo anche a far passare il messaggio che c’è una volontà onesta di governare questo fenomeno, cercando insieme di risolvere i problemi nei Paesi di provenienza.

    D. - Al momento gli ostaggi sono in una località del Sinai: perché le autorità egiziane non intervengono?

    R. - Un gruppo di eritrei - e questo è tristissimo dirlo! - non interessa le autorità. Se è necessario iniziare una guerra per un pozzo di petrolio o per un qualcosa di materiale che ha un valore, allora sì che ci si mobilita! Per le persone sembra essere più difficile riuscire a farlo… Questo non riguarda soltanto le autorità egiziane: anche l’Unione Europea cosa dice o cosa sta facendo? I Paesi civili e democratici, cosa hanno detto e soprattutto cosa sono pronti a fare per salvare queste vite umane? (mg)

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    Il cardinale Ruini: i cattolici italiani per il bene del Paese siano veramente e semplicemente cattolici

    ◊   "Di fronte ai compiti storici che lo attendono, il cristianesimo ha grande bisogno di ritrovare la propria unità" superando fratture e polarizzazioni interne: è quanto ha affermato il cardinale Camillo Ruini durante il suo intervento conclusivo al X Forum del Progetto culturale incentrato sul tema “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia” e promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana. Le prospettive dell’Italia – sottolinea il porporato - non possono prescindere dal contesto geo-politico globale. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il cardinale Camillo Ruini, presidente del Progetto culturale della Cei - sottolinea i “rapidi spostamenti dei centri di gravità”, riferendosi al peso assunto dalla Cina e a quello che acquisirà sempre più l’India. L’Europa vede inoltre “diminuire il proprio ruolo economico e politico” e il porporato ricorda, in particolare, come Benedetto XVI abbia ripetutamente denunciato “quello strano odio” dell’Europa verso se stessa, che è la ragione più profonda della sua crisi. L’Europa deve dunque trovare la strada di una sua “interna unità e solidarietà più vera”. Questo odio – aggiunge – chiama in causa anche il cristianesimo da un duplice punto di vista:

    “In primo luogo il cristianesimo sembra essere l’oggetto principale dell’odio e del distacco dell’Europa da se stessa e dalle sue radici; a un livello più profondo, l’odio di sé ha in qualche misura intaccato il cristianesimo stesso, gli uomini e le forme in cui esso si incarna, svuotandolo dall’interno del suo vigore e del suo fascino”.

    Il cardinale Camillo Ruini si sofferma poi sulla situazione italiana. Nelle circostanze attuali – fa notare il porporato – è facile identificare per l’Italia fonti di rischi “nelle difficoltà del momento politico” e “nella crisi economico – finanziaria internazionale”. Tra le cause più profonde di questi rischi, che possono rivelarsi dei pericoli per l’unità nazionale e lo sviluppo dell’Italia, il cardinale Camillo Ruini individua “la difficile riformabilità” del sistema italiano, legata anche ad una “altrettanto difficile governabilità”:

    “Ritengo, come opinione puramente personale, che un contributo al funzionamento del nostro sistema politico potrebbe venire da un rafforzamento istituzionale dell’esecutivo, naturalmente nel pieno rispetto della distinzione tra i poteri dello Stato. Per la medesima ragione mi sembra importante mantenere, in una forma o nell’altra, un sistema elettorale di tipo maggioritario. Nella stessa direzione sembra spingere l’attuazione del federalismo”.

    Il cardinale Camillo Ruini ricorda infine le parole di Giovanni Paolo II nella lettera del 1994 ai vescovi italiani sulle responsabilità dei cattolici: “Le tendenze che oggi mirano a indebolire l’Italia – si legge nel documento – sono negative per l’Europa stessa e nascono sullo sfondo della negazione del cristianesimo… All’Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo”. Il porporato parla infine della necessità per i cattolici italiani di essere, nel loro impegno per il Paese, anzitutto genuinamente e concretamente "cattolici":

    “Essere veramente, e vorrei dire semplicemente, cattolici è la premessa ineludibile per un impegno che sia storicamente efficace e al contempo davvero orientato in senso cristiano e cattolico. A questo fine, nella situazione attuale, bisogna saper reagire a quella 'secolarizzazione interna' che insidia i cattolici e la stessa Chiesa”.

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    Rapporto Unicef: disuguaglianze tra i bambini nei Paesi ricchi

    ◊   In Italia, in Grecia, in Belgio, nel Regno Unito e negli Stati Uniti i bambini sono a maggior rischio di essere lasciati ai margini del benessere sociale rispetto ai bambini di numerose altre nazioni industrializzate. Lo rivela il Rapporto dell’Unicef “Bambini e adolescenti ai margini” che classifica, per la prima volta, 24 Paesi dell'Osce sulla base dei livelli di diseguaglianza negli ambiti della salute, dell’istruzione e del benessere materiale dell’infanzia. Ai primi posti i Paesi scandinavi, la Svizzera e l’Olanda. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Leonardo Menchini, curatore del Rapporto:

    R. – In particolare, il Rapporto si propone di esaminare il divario tra le condizioni considerate “normali” nella società e le condizioni dei bambini più svantaggiati. Quando questo gap è molto ampio, ci troviamo di fronte ad un rischio di esclusione sociale.

    D. – Italia, Stati Uniti, Grecia, Belgio, Regno Unito sembrerebbero – dal vostro Rapporto – lasciare più indietro i bambini svantaggiati. Questo che cosa vuol dire?

    R. – Ci sono tante ragioni che non vengono investigate, nello specifico, per ciascun Paese. Però, evidentemente, le politiche sociali, le politiche di trasferimenti monetari sono meno efficaci nel contenere la povertà. Ci sono alcuni Paesi che fanno decisamente meglio, e questi Paesi hanno incorporato nelle loro politiche un’ottica di equità e quindi c’è un risultato concreto.

    D. – Paesi ricchi, bambini poco curati …

    R. – Di per sé, la ricchezza media non ci racconta tutta la storia. Dipende anche da com’è distribuita, questa ricchezza, ma anche da quali sono le priorità sociali, quale il grado di accoglimento delle persone all’interno dei servizi … Che negli Stati Uniti ci siano livelli di disuguaglianza più accentuati non ci sorprende; sorprende piuttosto il fatto che molto spesso questo non venga considerato come un problema. In realtà, maggiore equità rende la società anche più coesa e quindi riduce determinati costi sociali.

    D. – Possiamo segnalare, nonostante tutto, aree più virtuose?

    R. – Nel campo dell’istruzione, la Finlandia sta investendo nell’equità e nell’eccellenza. Quello che avviene per la riduzione della povertà nell’Europa settentrionale è positivo: c’è il comune elemento che qualcosa possa essere fatto attraverso le politiche economiche e le politiche sociali.

    D. – Quindi si possono spezzare dinamiche di povertà e di diseguaglianza?

    R. – Questa ricerca mostra che non è vero che c’è una contraddizione tra obiettivi di eccellenza per una parte della popolazione, e maggiore equità nella distribuzione. La Finlandia è uno dei Paesi con i risultati più elevati nella dimensione educativa, ma anche con i livelli più bassi di istruzione.

    D. – Le diseguaglianze fanno capo comunque e sempre a determinati tipi di politica? Quali le più virtuose?

    R. – Sono le politiche del mercato del lavoro, le politiche fiscali e dei trasferimenti alle famiglie, ma anche all’interno dei sistemi educativi dell’equità nelle parte bassa della distribuzione: il che non significa livellamento totale, ma significa soprattutto far innalzare i livelli più bassi per portarli verso la linea mediana della società. Questi scopi vengono perseguiti con politiche che hanno un riferimento particolare all’equità.

    D. – Ci sono conclusioni di fondo a cui siete giunti?

    R. – Innanzitutto, c’è la richiesta di fare attenzione a questi problemi e non guardare a quello che è il benessere medio in una società. Il secondo aspetto è che le politiche sono rilevanti e quindi questa attenzione per l’infanzia e per l’equità dovrebbe essere maggiormente parte di un patrimonio collettivo. (gf)

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    Nei cinema italiani "Il responsabile delle risorse umane" del regista israeliano Eran Riklis

    ◊   Sugli schermi italiani , da ieri, "Il responsabile delle risorse umane", il film candidato da Israele ai prossimi Oscar, che il regista israeliano Eran Riklis, già noto e apprezzato al pubblico per i precedenti "La sposa siriana" e "Il giardino dei limoni", ha tratto dall'omonimo romanzo di Abraham B. Yehoshua. Una storia profondamente umana in cui il protagonista, e molti altri personaggi con lui, nel corso di un viaggio inaspettato, imparano a conoscere la vita e se stessi, a condividere esperienze e dolori, a guardare il futuro con altra luce. Il servizio di Luca Pellegrini:

    (trailer)
    Il suo ingegnere è stato vittima di un attentato suicida, al mercato Mahane Yehuda. E' rimasta in obitorio perché nessuno si è accorto della sua sparizione poi le hanno trovato in tasca il cedolino della busta paga e ora scaricano tutte le colpe su di me e sulla vedova e accusano l'azienda di negligenza criminale e mancanza di umanità...

    Lui è il responsabile delle risorse umane di un grosso panificio di Gerusalemme e l'accusa che grava sulla sua vita e sull'azienda è la mancanza di umanità nei confronti di una vittima innocente del terrorismo, Yulia, una romena sconosciuta ai più, messa agli angoli come tanti immigrati, dipendente prima e dimenticata poi, da morta, in una cella dell'obitorio. Un petulante giornalista scopre il caso e mette sotto torchio i colpevoli che per pulirsi la coscienza decidono di tributare a Yulia un doveroso funerale nel suo sperduto paese d'origine. Per il protagonista, accompagnato da personaggi surreali e in contatto con realtà inaspettate, inizia un viaggio attraverso un mondo sconosciuto che diventa per lui purificazione e rinnovamento, una nuova fase della vita, un nuovo rapporto col prossimo. "Avevo la sensazione - confessa il regista Eran Riklis - che la sua missione consistesse nello scoprire se stesso, un compito molto vicino a quello del cinema. A poco a poco questa missione gli entra dentro, diventa per lui qualche cosa di intimo e di emotivo, ma la portata di quell'incarico è anche nazionale". Insomma, per il bravo e sensibile regista israeliano, che riesce a tenere perfettamente in equilibrio la tragedia e il sorriso, la realtà e la finzione, mettendo a confronto uomini e donne dalle culture e fedi diverse, il viaggio del "responsabile delle risorse umane" seguito, anzi quasi segnato, dalla presenza ingombrante e determinante della bara di Julia, svela l'animo non soltanto del singolo, ma di una intera società. L'urgenza è quella di trasformare l'autocommiserazione singola e collettiva in umanità riconciliata, nel presente e per il futuro, di sciogliere il cinismo che detta regole e spesso leggi. Un film amaro e dolce insieme, che sente della presenza di una forte origine letteraria come quella del romanzo di Yehoshua, interpretato da attori che sanno esprimere tutta la sgradevolezza iniziale e la dolcezza finale, quando si decide che le spoglie debbano tornare in Terra Santa, a Gerusalemme, la città della sperata e perduta felicità di Yulia, dove lei ha perso per caso la vita, dove molti desiderano, di proposito, ricominciarla.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della seconda Domenica di Avvento

    ◊   In questa seconda Domenica di Avvento, la liturgia ci presenta la predicazione di Giovanni il Battista nel deserto della Giudea. In tanti accorrono in questa zona e lungo il Giordano facendosi battezzare da lui nel fiume Giordano e confessando i loro peccati. Il precursore del Cristo si rivolge, con parole forti, soprattutto a farisei e sadducei:

    “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Parole forti e taglienti quelle di Giovanni Battista, aspre e infuocate come il deserto dove si era ritirato: “Convertitevi”, “Razza di vipere!”, “La scure sta per colpire”. L’evangelista Matteo inoltre crea uno scenario che non sembra lasciare scampo: troppi si illudono di cavarsela con qualche rito stropicciato, lasciando intatto dentro il cuore il groviglio di ipocrisie e di compromessi. Essere eredi di Abramo esige ben altro. Dio sta per venire, il suo regno ormai incombe, la sua prossimità esige cambio di vita e disponibilità a uscire dalle ipocrisie: per accogliere il Messia atteso dai poveri e dagli umili. La sua venuta è come fuoco: bisogna esporsi a questa ustione, lasciarsi immergere (battezzare) nella sua novità, che sfida illusioni e presunzioni di essere a posto. Forse per molti di noi la preoccupazione più urgente non è la conversione, ma sono i regali da comprare, le feste da organizzare e dentro cui stordirci. Sono sentieri storti, su cui Dio non passa, e anche noi inciampiamo, affannati e idolatrici. Che aspettiamo a cambiare seriamente, a fare “frutto degno di conversione”?

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    Chiesa e Società



    Minacce di morte degli integralisti islamici pachistani contro il ministro cattolico Bhatti

    ◊   L’organizzazione terrorista di matrice islamica “Lashkar-e-Toiba”, una delle maggiori dell’Asia del Sud, e altri gruppi talebani hanno lanciato un proclama ufficiale (una sorta di fatwa) contro il ministro delle Minoranze religiose, il cattolico Shabhaz Bhatti. Come informano affidabili fonti di Fides in Pakistan, il ministro è ora nel mirino dei militanti: diventa – dicono - “obiettivo legittimo” e “va ucciso perché complice di blasfemia”. Il proclama sarebbe motivato dall’impegno di Bhatti per la revisione della legge sulla blasfemia. Il ministro aveva già ricevuto avvertimenti e minacce: l’organizzazione radicale “Majlis Ahrar-e-Islam,” nei giorni scorsi gli aveva intimato di “tenere la bocca chiusa e non criticare la legge sulla blasfemia”. Mesi fa il capo religioso Ahmed Mian Hammadi l’aveva accusato di blasfemia, minacciandolo di “decapitazione”. La posizione del ministro sul caso di Asia Bibi - la donna cristiana madre di 5 figli condannata a morte perché accusata di blasfemia - e il suo sforzo concreto per condurre in porto un progetto di revisione della legge hanno generato, in un crescente clima di intolleranza, la nuova fatwa di gruppi terroristici della galassia talebana. Da parte sua il ministro Bhatti non si lascia scoraggiare né impressionare dalle nuove minacce dei gruppi terroristi: “La mia missione per la giustizia, per i diritti umani, per la tutela delle minoranze continuerà – ha detto in una intervista rilasciata in esclusiva all’Agenzia Fides - confido nell’aiuto di Dio. Il presidente Zardari ha mostrato grande attenzione e sensibilità verso i problemi delle minoranze e, nonostante le pressioni, ha espresso la chiara volontà di rivedere la legge sulla blasfemia”. Sull’appello lanciato dal Papa per la liberazione di Asia Bibi, il ministro Bhatti ha detto: “Sono profondamente credente, e le parole del Papa sono molto importanti per la mia vita. Lo ringrazio per la sua vicinanza e per la solidarietà con i cristiani del Pakistan. Il suo conforto mi incoraggia a testimoniare la fede nella mia vita, nonostante le difficoltà. Chiedo al Santo Padre e a tutti i fedeli del mondo di pregare per me”. Mehdi Hasan, presidente della “Commissione per i Diritti Umani del Pakistan” commenta a Fides: “Condanniamo questi proclami irresponsabili dei gruppi estremisti ed esprimiamo solidarietà al ministro Bahtti. Siamo in una situazione di crescente polarizzazione e intolleranza. Ma alcuni partiti politici cercano di sfruttare il sostegno dei gruppi militati islamici. E’ compito del governo fermare i terroristi, ma anche il governo è sotto pressione”. “La situazione sociale sta prendendo una brutta piega e la tensione cresce. Le pressioni dei gruppi fondamentalisti si fanno più forti e le manifestazioni si susseguono. Siamo preoccupati per possibili violenze sui leader cristiani e sui luoghi di culto”, dice una fonte di Fides nella comunità cristiana. Gruppi islamici radicali ieri hanno manifestato a Quetta e a Lahore, chiedendo la namuus-e-risalaat, il cosiddetto “rispetto del Profeta”. Il mullah Yousaf Qureshi, della moschea Masjid Mohabaat Khan a Peshawar, ha messo una taglia di 500mila rupie sulla testa di Asia Bibi, diffidando il governo da ogni mossa di modifica della legge sulla blasfemia. Domani, 5 dicembre, si prepara un’altra manifestazione a Islamabad per mettere sotto pressione le istituzioni politiche e giudiziarie: il 6 dicembre, infatti, l’Alta Corte di Lahore dovrebbe pronunciarsi sulla petizione che vorrebbe impedire al presidente di concedere la grazia, e annunciare la data della prima udienza per il processo di appello ad Asia Bibi.

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    Pakistan: leader religiosi cristiani e musulmani chiedono la modifica della legge sulla blasfemia

    ◊   “La legge sulla blasfemia è discriminatoria ed è utilizzata dai singoli per risolvere le proprie dispute personali”. È quanto è emerso dal seminario dal titolo “La legge sulla blasfemia, una chiamata per la sua revisione”, organizzato lo scorso 2 dicembre dal Centro di studi laico Jinnah Institute di Islamabad. L’incontro – riferisce l’agenzia Asianews - è stato realizzato per chiedere al governo una eventuale modifica della legge alla luce del recente caso di Asia Bibi. Ad esso hanno partecipato leader religiosi cristiani e musulmani, rappresentanti di organizzazioni non governative e membri della società civile. Presente anche Shahbaz Bhatti, ministro cattolico per le minoranze. Durante l’incontro i partecipanti hanno discusso il disegno di legge presentato all’Assemblea nazionale dall’ex ministro per l’informazione e i media Sherry Rehmanil. La proposta consiste nella modifica delle sezioni 295 A e C del Codice penale pakistano e 298 del Codice di procedura penale. Essa intende garantire a tutti i cittadini un uguale diritto alla tutela costituzionale ed evitare i frequenti errori di interpretazione in nome di blasfemia. "Nella legge attuale la definizione di blasfemia è un termine vago – ha affermato mons. Rufin Anthony, arcivescovo di Islamabad - ma porta comunque a una condanna a morte obbligatoria secondo la sezione 295C del codice penale". "E' essenziale – aggiunge il prelato – non solo rimuovere l’utilizzo infame della legge sulla blasfemia, ma anche capire la strada da seguire per migliorare la nostra società". Anche Javed Ahmad Ghamdi, studioso di religione musulmana, ha criticato la legge, che consente continue discriminazioni a danno delle minoranze. Egli ha sottolineato soprattutto la necessità di rivedere la norma alla luce degli insegnamenti islamici in modo da non consentire ai giudici di creare scappatoie per aggirare il diritto. Secondo i dati della Commissione nazionale di giustizia e pace della Chiesa cattolica (Ncjp), dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. La legge sulla blasfemia costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite.

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    Mobilitazione dei vescovi brasiliani per la protezione costituzionale della vita

    ◊   "La Costituzione federale brasiliana prevede già che la vita non può essere violata, ma non specifica a che punto. Vogliamo che la Costituzione dello Stato dichiari esplicitamente che la vita umana inizia dal concepimento e finisce con la morte naturale". I presuli del Brasile- riferisce L’Osservatore Romano - sollecitano la protezione costituzionale per il nascituro. Quattro diocesi dello Stato brasiliano di São Paulo hanno annunciato uno sforzo comune per evitare la legalizzazione dell'aborto. Le diocesi di Taubaté, Lorena, Caraguatatuba e Guarulhos stanno promuovendo una campagna di sensibilizzazione in dimensione sociale e istituzionale per modificare la Costituzione. "Tale campagna, al momento, sta impedendo — ha sottolineato Hermes Nery, il coordinatore della commissione pro-life per la diocesi di Taubaté — la legalizzazione dell'aborto". L'iniziativa è stata lanciata il 27 novembre nella cattedrale diocesana di Taubaté. Lo scopo è quello di raccogliere 300.000 firme necessarie alla formulazione di una proposta di modifica alla Costituzione dello Stato di São Paulo. Secondo monsignor Carmo João Rhoden, vescovo di Taubaté «questa iniziativa è importante, considerando che tutti i sondaggi mostrano che il popolo brasiliano è a favore della vita e quindi contro l'aborto. La gente è per la tutela della vita umana dal momento del concepimento fino alla morte naturale». Monsignor Luiz Gonzaga Bergonzini, vescovo di Guarulhos ha ribadito, in una sua pubblicazione dal titolo "Lo Stato sulla difesa della vita", che lo "sforzo corale per la promozione di una cultura della vita è il primo, necessario passo per impedire la legalizzazione dell'aborto nella Costituzione federale". La vita — ribadisce il presule, il quale più volte e con forza ha criticato quanti spingono verso la legalizzazione dell'aborto e dell'eutanasia — "è il valore più grande che abbiamo e che dovrebbe essere difeso, promosso fin dal concepimento in tutte le condizioni e le fasi temporali, fino alla morte naturale". Mai prima d'oggi in Brasile la questione bioetica si è trasformata in vero ago della bilancia di una contesa elettorale. Dopo settimane di polemiche, alla fine della campagna anche, la neopresidente eletta della Repubblica Dilma Rousseff è venuta incontro alle richieste della Chiesa brasiliana promettendo di non presentare nessuna legge che legalizzi l'aborto o il matrimonio tra omosessuali. La Chiesa cattolica brasiliana, che rappresenta 125 milioni di fedeli, durante la campagna per le elezioni presidenziali ha parlato di valori e di orientamenti. "È nostro diritto e dovere — aveva sottolineato la Conferenza episcopale — guidare i fedeli, soprattutto nelle scelte che hanno a che vedere con la fede e la morale cristiana. Ma riaffermiamo che la Conferenza episcopale non indica nessun candidato, la cui scelta è un atto libero e cosciente di ogni cittadino".

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    I vescovi Usa: il Congresso sblocchi la legge sulla cittadinanza ai figli di immigrati irregolari

    ◊   I vescovi degli Stati Uniti chiedono di sbloccare la cosiddetta Dream Act, la legge che, se approvata, permetterebbe ai figli di immigrati irregolari di diventare cittadini statunitensi a patto di frequentare l’università o di arruolarsi nell’esercito. La misura inserita in un progetto di legge sulla spesa della difesa e che doveva conquistare all’Amministrazione Obama l’appoggio dell’elettorato latino per le elezioni di medio termine del 4 novembre scorso, è rimasta lettera morta a causa dell’opposizione dei Repubblicani, con il risultato che figli degli immigrati, finito il liceo, sono destinati a rimanere bloccati in quel limbo legale cui sono condannati i loro genitori. Per i vescovi l’approvazione della legge Dream (acronimo di “Development, Relief, and Education for Alien Minors”, corrispondente alla parola “sogno” in inglese) è invece “la cosa giusta da fare”. Così si esprime una lettera ai membri del Congresso firmata da mons. José Gomez, presidente della Commissione per i migranti della Conferenza episcopale (USCCB). “Con l’approvazione di questa legge possiamo accogliere una nuova generazione di americani che un giorno diventeranno i leader della nostra nazione”, si legge nella missiva. Rispondendo alle obiezioni di chi accusa i promotori dell’iniziativa di voler introdurre un’amnistia per tutti gli immigrati irregolari, i vescovi invitano a non trascurare il fatto che queste persone sono entrate irregolarmente negli Stati Uniti insieme ai loro genitori quando erano minori e quindi non per loro volontà: “Al loro posto avremmo tutti fatto lo stesso”, scrivono. Inoltre, sottolinea la lettera, si tratta di “giovani con un incredibile talento ed energia che aspettano l’opportunità di mettere questo talento a disposizione della nazione. Sarebbe quindi folle negargli questa opportunità”. Di qui l’appello ad accelerare l’iter legislativo del provvedimento: “Ci sono momenti in cui una proposta deve essere varata semplicemente perché è la cosa giusta da fare e questo è uno di quei casi. La Dream Act – conclude la missiva – è una soluzione pratica, giusta e compassionevole per migliaia di giovani nel nostro Paese che vogliono semplicemente realizzare le loro potenzialità e contribuire al benessere del Paese”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Messaggio dell'episcopato della Patagonia: dalla famiglia parte la ricostruzione della società

    ◊   Un invito a valorizzare il matrimonio e la famiglia è stato rivolto dai vescovi della regione della Patagonia-Comahue ai fedeli argentini in occasione del Natale. Lo riferisce L’Osservatore Romano. "Ogni anno il Natale si presenta con un messaggio semplice, ma sempre nuovo. Semplice perché ci porta la buona novella che un bambino è nato, un fatto di tutti i giorni, di tutte le ore. Nuovo — prosegue il messaggio dei presuli — perché ogni bambino è unico, ha potenzialità e caratteristiche proprie, un suo futuro. Ogni bimbo è un dono per gli altri, per la sua famiglia, la patria, la Chiesa e l'umanità. Ogni bambino è una novità per la storia. E quel bambino che nasce è il Figlio di Dio che si fa uomo, anche se piccolo e fragile, porta con sé una novità che trascende qualsiasi calcolo umano". I presuli argentini hanno sottolineato che «le celebrazioni del bicentenario del nostro Paese (25 maggio-9 luglio 2016) le abbiamo avviate con la speranza di poter segnare in maniera profonda l'inizio del terzo millennio e la direzione della nostra patria. Come Chiesa ci siamo proposti di contribuire a creare una società senza esclusi, nella giustizia e nella solidarietà. Vi invitiamo a immaginare una società così, in cui tutti possiamo sentirci responsabili della realizzazione di un progetto che non esclude nessuno, né per la sua cultura, né per i suoi mezzi economici, né per la sua religione o per il suo sesso, che propone nella verità una convivenza piena, resa possibile e trasformata dal bambino che nasce». I presuli ribadiscono l'importanza del matrimonio e della famiglia come prima fondamentale istituzione della società, lo Stato con l'autonomia dei suoi poteri, le scuole e le università che sono educatrici delle persone e il lavoro che nobilita l'uomo e lo completa. "Gesù — hanno aggiunto i vescovi — nasce per rivelarci e manifestarci con la sua vita e la sua parola la buona novella che Dio è Padre, un Padre buono che vuole il meglio per ogni uomo e donna. Lui vuole la felicità piena e vera. Ma non in un contesto magico. Dio, attraverso Gesù Cristo, entra in dialogo con noi, ci propone il suo piano, ci invita a farlo nostro con una partecipazione libera e impegnata. Il Natale è inizio e invito di tutto ciò. Gesù, per primo, accetta, fa suo il disegno d'amore del Padre e ci dona la sua grazia in modo che possiamo accettarlo e viverlo. L'intera vita di Gesù è un ascolto costante del Padre, della sua parola, del suo amore. Gesù — concludono i vescovi — afferma che in ogni istante nella volontà del Padre c'è la vita piena. Egli percorre questo cammino di pienezza fin dalla nascita, partecipando attivamente alla sua società e alle istituzioni che la formavano. Visse in una famiglia, si unì alla sinagoga e al tempio con tutto ciò che di religioso e civile avevano. Visse la situazione sociale e politica del suo popolo in modo critico, e a partire dal progetto di felicità del Padre ha contribuito al rinnovamento di quelle istituzioni".


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    Scuole cattoliche a rischio chiusura in Indonesia

    ◊   Scuole cattoliche a rischio chiusura in Indonesia: il governo di Jakarta vuole chiedere il ritiro degli insegnanti statali dalle scuole cattoliche, costringendo le fondazioni a pagare a sue spese lo stipendio di nuovi docenti. Se il progetto andrà in porto, le scuole delle aree più isolate e povere rischiano di dover chiudere per bancarotta. Le famiglie degli studenti, infatti, non sarebbero in grado di sostenere delle rette elevate, sufficienti a pagare nuovi insegnanti. Educatori cattolici, dirigenti scolastici ed esperti hanno manifestato ad AsiaNews forti preoccupazioni. Budijuwono Onggobawono, direttore operativo della scuola cattolica Saint John di Tangerang (provincia di Java), spiega: “Per nessuna scuola non statale è possibile sostituire un insegnante all’improvviso. Oltretutto, un altro problema è il loro pagamento”. Lo Stato garantisce alle scuole statali un pacchetto di aiuti finanziari chiamato Bantuan Operasional Sekolah. Per le scuole private invece non è previsto niente, e l’unica fonte di finanziamento per le attività scolastiche proviene dai genitori degli studenti. Nel corso degli anni, il ministero della Pubblica istruzione ha praticato questa politica: “prestare” i suoi insegnanti alle scuole cattoliche, come aiuto all’istruzione privata. La Costituzione indonesiana, del 1945, prevede infatti che lo Stato si prenda le sue responsabilità nell’educazione dei cittadini. Con questo spirito il Ministero mandava i docenti “in missione” in una scuola non statale, provvedendo al loro stipendio come se lavorassero in strutture statali. “Tale proposta è contraria alla nostra Costituzione”, ha commentato la scorsa settimana Sulistiyo, capo dell’Associazione degli insegnanti indonesiani (Pgri), accusando lo Stato di praticare un atteggiamento discriminatorio tra scuole pubbliche e non statali. E Iwan Hermawan, segretario generale dell’Associazione degli insegnanti indipendenti ha aggiunto: “Se questo piano sarà applicato, è certo che decine di scuole non statali finiranno in bancarotta, e dovranno chiudere”. Un esperto di educazione cattolica, che preferisce rimanere anonimo, ha dichiarato all’agenzia del Pime: “Il problema principale risiede nella National Education Law, secondo a quale il governo è autorizzato a essere responsabile solo delle scuole statali. Quindi, bisognerebbe presentare un ricorso per modificare la legge”. Fratel Frans Sugi, della fondazione cattolica Pangudi Luhur, ha dichiarato: “Al momento non siamo ancora stati informati in maniera ufficiale dalle autorità su questa delicata questione. Ma se la proposta sarà messa in pratica, saremo costretti a trovare 80 nuovi insegnanti”. La fondazione di fratel Sugi è gestita dai fratelli della Fratris Immacolata Conceptionis (Fic), una prestigiosa Congregazione cattolica con più di 1500 insegnanti distribuiti in decine di scuole in tutto il Paese. (M.G.)

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    India. La Chiesa impegnata contro il lavoro minorile: i ragazzi devono andare a scuola

    ◊   Sostegno economico e formazione scolastica, in questo consiste il programma contro lo sfruttamento del lavoro minorile portato avanti dalla diocesi indiana di Jalpaiguri dal 2004. L’impegno della Chiesa in questa regione dell’India è rivolto in favore di oltre 2mila famiglie di tribali e fuori casta che lavorano per poche rupie al giorno nelle piantagioni di tè del West Bengal. Si tratta di bambini e genitori impiegati nei campi col timore della fame. Padre Isudarshan Minj, direttore dei servizi sociali della diocesi, spiega ad AsiaNews che “i genitori non vogliono che i loro bambini vadano a scuola, non comprendono il valore dell’educazione e li incoraggiano a lavorare con loro nelle piantagioni”. Il sacerdote sottolinea che gran parte dei braccianti provengono dalle aree più povere dello Stato, sono sfruttati e sottopagati. Ciò che li spinge a far lavorare anche i figli è la paura della fame. Con visite quotidiane nelle baracche dei contadini, padre Minji e il suo gruppo di volontari convincono le famiglie a mandare i figli a scuola. “I bambini non possono restare senza un’educazione – prosegue il sacerdote – il rischio è che svolgano a vita il lavoro dei genitori. Così noi insegniamo loro a leggere e a scrivere creando anche una maggiore consapevolezza nelle famiglie, che spesso subiscono violazioni dei diritti umani”. A tutt’oggi la diocesi organizza corsi e finanzia la formazione di oltre 500 bambini. (M.G.)

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    Il vescovo di Como: "Mostriamo ai bambini il vero volto del Natale"

    ◊   “Aiutiamo i bambini a scoprire il vero volto di Natale. E’ importante non perdere mai la bussola: Natale è Gesù che nasce. Dobbiamo ricordare pertanto il dono gratuito per eccellenza: un Bambino, che nasce in povertà, per portare la salvezza a tutti gli uomini": è questo il senso del coinvolgimento del vescovo di Como, mons. Diego Coletti, in una serie di appuntamenti cittadini, organizzati da associazioni e parrocchie in vista del Natale. Da molti anni a Como si organizza la ‘Città dei balocchi’, una manifestazione pensata soprattutto per i bambini e le famiglie. Tra le iniziative previste oggi, presso la chiesa di san Giacomo, ci sarà l’inaugurazione della Mostra sui presepi, promossa in collaborazione con il Gruppo turistico rebbiese. “Un’occasione – sottolinea mons. Coletti – all'agenzia Sir, per conoscere e ammirare questa tradizionale e artigianale espressione di fede e arte. Ma, soprattutto, un’opportunità per sostenere le comunità cristiane di Terra Santa, attraverso la vendita di presepi provenienti dalla Palestina”. Il presule sarà presente anche ad una particolare iniziativa al Teatro Sociale di Como, mercoledì 8 dicembre. In serata un attore racconterà la “vera” storia di Babbo Natale, mentre a conclusione sarà il vescovo a rivolgere una riflessione ai bambini. “Una figura – spiega il vescovo – che affonda le sue radici nella persona di san Nicola, originario dell’Asia e poi giunto in Italia e in Europa. Il culto di questo santo vescovo martire (da qui il colore rosso delle sue vesti) ha dato origine alla diffusione del personaggio mitico di santa Klaus, specie nei Paesi scandinavi. La tradizione di Babbo Natale nasce dalla generosità di questo santo, il quale donò tutti i suoi beni per aiutare i bisognosi, con particolare riguardo ai più piccoli. In molte Chiese, quindi, è considerato custode dei bambini”. Altri appuntamenti diocesani previsti; il 12 dicembre, in piazza Duomo, il presepe vivente e il 16 dicembre, in Cattedrale, alle ore 17, l’inizio della Novena di Natale con i bambini. “Stiamo camminando verso il Santo Natale – afferma a conclusione il vescovo – Il senso di attesa verso l’evento della Nascita ci coinvolge pienamente e personalmente. La gioia per Dio che si fa Uomo diventa anche espressione esteriore. Ha senso pieno, solo in quest’ottica, il desiderio di luce e di festa che avvolge le nostre città”.(C.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Due morti in Costa D’Avorio per gli scontri post-elettorali

    ◊   Due morti in Costa D’Avorio per gli scontri post elettorali. La comunità internazionale riconosce la vittoria di Quattara, ma il presidente uscente Gbagbo non lascia il potere. Cresce la tensione in Costa D’Avorio, almeno due morti ad Abidjan per gli scontri della notte scorsa in un quartiere popolare della capitale. I disordini sono scoppiati dopo che il Consiglio costituzionale ha dichiarato vincitore del secondo turno delle presidenziali di domenica scorsa il capo di Stato uscente Gbagbo, rovesciando i risultati diffusi dalla Commissione elettorale che invece aveva assegnato la vittoria al candidato dell’opposizione, Ouattara. Intanto, dopo l’Onu, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, anche il presidente francese Sarkozy ha lanciato un appello alla calma e ha chiesto al Paese africano di riconoscere “l’incontestabile vittoria” dell’ex primo ministro Quattara.

    Spagna
    In Spagna, il governo ha decretato lo stato di allerta nel Paese in seguito al caos negli aeroporti provocato dallo sciopero dei controllori di volo proclamato ieri. La misura, adottata dopo una riunione straordinaria del Consiglio dei Ministri, prevede l’arresto per quanti si rifiuteranno di lavorare. Il controllo dello spazio aereo passa inoltre nelle mani dell’esercito. Diverse compagnie, intanto, hanno già annunciato la cancellazione dei voli fino alle sei di domani mattina. Inevitabili le ripercussioni anche in altri Paesi. Lo sciopero è frutto di una dura vertenza sugli orari di lavoro e sul progetto di privatizzare alcuni rami del settore. L’esecutivo, attraverso il vice premier Rubalcaba ha ribadito che si tratta di un conflitto con una corporazione professionale che “sottopone a ricatto i cittadini per conservare i suoi privilegi intollerabili”.

    Italia
    Tra le forze politiche italiane è ormai scontro aperto in vista del voto di fiducia di Senato e Camera in programma il 14 dicembre. Ieri, Futuro e Libertà, Udc e Alleanza per l’Italia hanno presentato una mozione comune contro il governo. Ma il premier Berlusconi è convinto di avere ancora la maggioranza e nello stesso tempo afferma che è irresponsabile aprire la crisi. Intanto il Capo dello Stato Napolitano ribadisce le sue prerogative in caso di crisi. Il servizio di Giampiero Guadagni:

    Si avvicina il 14 dicembre, giorno davvero decisivo: c’è il voto di fiducia del Parlamento; e la pronuncia della Corte costituzionale sul legittimo impedimento, cioè sulla possibilità di sospendere i processi per le più alte cariche dello Stato durante il loro mandato. E così, nel terreno di battaglia della politica italiana non c’è davvero un minuto di tregua. Battaglia alimentata anche dai documenti americani riservati pubblicati dal sito Wikileaks e che per ora riguardano il presidente del Consiglio in carica. L’era di Berlusconi è ormai alla fine, sostengono dall’opposizione Pd e Italia dei valori. Mentre l’Udc di Casini, i finiani di Futuro e libertà e l’Api di Rutelli hanno presentato ieri una mozione di sfiducia al Governo, raccogliendo 85 firme. Considerando anche le altre mozioni di sfiducia, dovrebbero essere in tutto 317 i deputati contrari a questo esecutivo. Governo che ormai non c’è più, commenta il presidente della Camera Fini. Che spiega: non è vero che il Terzo Polo vuole fare patti con la sinistra. Fli piuttosto vuole costruire il nuovo centrodestra. Una prospettiva inesistente, secondo Berlusconi, convinto di uscire dal voto del 14 dicembre ancora con una maggioranza. Altrimenti, dice, la strada è quella delle elezioni anticipate. Ma secondo Fini, dopo il voto del Parlamento non ci sarà comunque il ritorno alle urne perché, sostiene la terza carica dello Stato, Napolitano sa cosa deve fare. Una frase, quella di Fini, che ha suscitato le reazioni del Pdl. Alcune anche scomposte, come quella del coordinatore Verdini che ha espresso disinteresse politico per le prerogative del capo dello Stato, nel senso che il centrodestra contesterà comunque un eventuale "ribaltone". Le parole di Verdini sono duramente stigmatizzate dall’opposizione. Questa mattina tutti cercano di smorzare i toni. Per Berlusconi sarebbe irresponsabile aprire ora la crisi. E il capo dei deputati del Pdl Cicchitto conferma rispetto per Napolitano e apre a modifiche della legge elettorale. Ieri sera, il Quirinale con una nota ufficiosa ma ferma aveva ricordato che nessuna presa di posizione politica, di qualsiasi parte, può oscurare il fatto che ci sono prerogative di esclusiva competenza del presidente della Repubblica. Insomma, l’ultima parola sulla crisi parlamentare spetta al Capo dello Stato.

    Iraq
    Nuova ondata di attacchi in Iraq contro i pellegrini sciiti, perlopiù iraniani in visita presso alcuni mausolei. Almeno 13 persone sono morte in mattinata a Baghdad, dove, secondo fonti di stampa, sarebbero esplose tre autobombe. Nel mirino della guerriglia un pullman, un’abitazione privata dove alloggiavano i fedeli e un mercato frequentato prevalentemente da sciiti. Gli attentati hanno provocato anche un’ottantina di feriti.

    Iran
    L’Iran valuta positivamente la ripresa dei colloqui con la comunità internazionale sul suo programma nucleare con l’incontro fissato per lunedì a Ginevra. Possono costituire la base per avviare un miglioramento nei rapporti, ha affermato il capo negoziatore iraniano Jalili che tuttavia ha ribadito che il suo Paese non cederà sul suo “diritto” al nucleare civile. Dello stesso avviso anche il ministro degli Esteri di Teheran, Mottaki, secondo il quale l’economia della Repubblica islamica non ha subito alcun danno dalle sanzioni inflitte fino ad ora dall’Occidente. L’Iran – ha spiegato – non ha interesse nei confronti di armi di distruzione di massa e non ha alcuna intenzione di utilizzare la forza contro i suoi vicini.

    Israele: incendio sul Monte Carmelo
    In Israele, continua ad infuriare l’incendio scoppiato giovedì scorso sul monte Carmelo, vicino ad Haifa. Secondo quanto riferisce AsiaNews un gruppo vicino ad Al Qaeda avrebbe rivendicato su Internet l’origine del rogo, ma le autorità scartano la pista dolosa. Le fiamme, intanto, alimentate dal forte vento, hanno già provocato 42 vittime, tanto che nel Paese si parla di “catastrofe nazionale”. Il premier israeliano Netanyahu ha chiesto in prima persona a numerosi capi di Stato stranieri l’invio di nuovi aiuti. In queste ore da diversi paesi sono giunti pompieri e aerei antincendio. Lo conferma, al microfono di Antonella Palermo, suor Edith, del Convento carmelitano Stella Maris che si trova proprio sul Monte Carmelo:

    R. - Sono arrivati aerei dalla Russia, dalla Grecia, dalla Turchia; altri ne sono attesi dalla Spagna, dalla Francia: si tratta di particolari aerei per spegnere il fuoco. Gli aerei della Russia stanno svolgendo un lavoro molto importante: riescono, infatti, a scaricare ogni volta fino a 42 tonnellate di acqua sull’incendio. C’è purtroppo un forte vento: un vento proveniente dal deserto, dall’Oriente, che soffia a 40-60 chilometri orari; un vento molto secco, che non contiene neanche il 5 per cento di umidità … Questo non aiuta per niente, anzi contribuisce a far propagare l’incendio! Stanno continuando a lavorare per non farlo arrivare ai centri abitati.

    D. – Voi che siete nel convento, come state?

    R. - In convento stiamo bene, perché l’incendio è ancora abbastanza lontano. Anche nell’altro nostro convento, che si trova proprio sulla cima del Monte Carmelo, i padri stanno tutti bene. Li abbiamo sentiti al telefono. L’aria è un po’ pesante e la temperatura raggiunge i 26 gradi. Per il momento, comunque, qui al convento va tutto bene.

    D. - Di cosa avete bisogno in questo momento? Cosa si sente di chiedere?

    R. - Bisogna pregare perché venga la pioggia. Noi stiamo tutti pregando e tutti imploriamo la pioggia, perché potrebbe rappresentare l’unica soluzione: gli sforzi umani, per quanto importanti, non riescono a vincere l’incendio. Ci vuole un aiuto dal cielo: la pioggia, una bella pioggia che riesca a spegnere tutti questi fuochi! (mg)

    Pakistan-Afghanistan
    Il primo ministro pakistano Gilani è arrivato oggi a Kabul in Afghanistan per una visita ufficiale di due giorni destinata a rafforzare le relazioni commerciali tra i due Paesi. Nei prossimi incontri con le autorità locali il leader di Islamabad discuterà temi come la lotta al terrorismo e il processo di pace afghano promosso dal presidente Hamid Karzai.

    Obama-Afghanistan
    Il presidente statunitense Obama è tornato oggi negli Stati Uniti dopo la sua visita a sorpresa di ieri in Afghanistan, con l’obiettivo di ringraziare i militari impegnati nel Paese in vista del Natale. Nell’occasione il capo della Casa Bianca ha assicurato che “Al Qaeda sarà sconfitta”, pur ammettendo che le difficoltà non sono finite. Obama, a causa delle avverse condizioni climatiche, non ha potuto incontrare di persona il suo collega Karzai. Tuttavia durante una telefonata ha ribadito la necessità di preparare il Paese alla transizione.

    Usa: cresce la disoccupazione
    Gli Stati Uniti sono alle prese con il più alto tasso di disoccupazione dai tempi della Seconda guerra mondiale: 9,8 per cento, secondo gli ultimi dati diffusi ieri. Il presidente Obama ha lanciato l’allarme, spronando i membri della sua amministrazione a trovare una soluzione ai guasti provocati dalla recessione. Il servizio da New York è di Elena Molinari:

    La ripresa è troppo debole, l’economia americana crea meno posti di lavoro del previsto e il tasso di disoccupazione sale ai massimi da aprile, sottolineando la continua debolezza del mercato del lavoro statunitense. Questi i dati emersi ieri, che hanno evidenziato come i posti di lavoro creati lo scorso mese sono stati solo 39 mila. Le rilevazioni mettono in evidenza inoltre come gli americani in cerca di lavoro siano 15 milioni mentre il 42 percento è senza lavoro da oltre sei mesi. Il tasso di disoccupazione si attesta dunque al 9,8%, ma sale al 17% se nel calcolo vengono compresi anche coloro che hanno smesso di cercare un occupazione e quelli che hanno accettato un part-time, anche se volevano un lavoro a tempo pieno. Si tratta, dunque, del periodo più lungo con un tasso di disoccupazione così elevato dalla Seconda Guerra Mondiale. Una situazione che la Casa Bianca ha definito inaccettabile: è necessario, ha detto il portavoce del presidente Obama, che l’occupazione cresca in modo sostenuto per recuperare le perdite registrate a causa della recessione. (ma)

    Sarkozy-India
    E’ partita da Bangalore, oggi, la missione di quattro giorni in India del presidente francese Sarkozy che mira a siglare con le autorità locali accordi commerciali nel campo dei reattori nucleari. Mentre nello Stato del Maharashtra ci sono state proteste contro il progetto di costruzione di una centrale atomica da parte di una società francese, il capo dell’Eliseo ha ribadito il suo appoggio alla candidatura del Paese indiano ad un seggio permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il programma della visita prevede lunedì a New Delhi l’incontro con il premier indiano Singh. A seguire la tappa a Mumbai per ricordare le vittime dell’attacco terroristico dell’11 novembre 2008.

    Cina-Nobel
    Più di 40 esuli cinesi parteciperanno alla cerimonia di consegna del premio Nobel per la pace al dissidente detenuto in Cina Liu Xiaobo. Lo afferma oggi la stampa di Hong Kong. La cerimonia si svolgerà il 10 dicembre a Oslo, in Norvegia. All’appuntamento non ci sarà ovviamente il protagonista, Liu, che sta scontando una condanna a 11 anni di prigione. Sarà assente anche sua moglie, Liu Xia, ai domiciliari da circa due mesi. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 338

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