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Sommario del 02/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • L'Europa non sarebbe più Europa se il matrimonio sparisse o fosse trasformato: così il Papa all'ambasciatore ungherese
  • Il Papa alla Messa di suffragio per Manuela Camagni: chi sta nella memoria di Dio è vivo
  • Altre udienze
  • L'influsso del cardinale Ratzinger nella revisione del sistema penale canonico
  • Mons. Tomasi all'Onu: contrastare gli streotipi sugli immigrati, risorsa non minaccia
  • Il segretario del Consiglio ecumenico delle Chiese in visita dal Papa
  • "La Via del Mare": inaugurata una nuova mostra ai Musei Vaticani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • 80 profughi eritrei in ostaggio al confine tra Egitto e Israele: i sequestratori ne uccidono sei
  • Il vertice dell'Osce in Kazakhstan si arena sui conflitti regionali
  • Giornata internazionale contro le nuove schiavitù
  • Trent'anni fa il barbaro eccidio di quattro missionarie di Maryknoll nel Salvador
  • Il dramma dell'aborto e i suoi retroscena in un libro presentato all'Università Europea di Roma
  • Chiesa e Società

  • Tre milioni di persone chiedono ai governi priorità nella lotta alla fame nel mondo
  • L'Onu denuncia milioni di vittime tra i lavoratori domestici, oggetto di abusi e maltrattamenti
  • Messaggio del segretario generale dell’Onu per la Giornata per i diritti dei disabili
  • Iraq: i vescovi protestano con il governo per il cristiano ucciso a Mosul
  • India: dopo 26 anni solo Chiesa e Ong assistono le vittime del disastro di Bhopal
  • Pakistan: si teme per la sicurezza di Asia Bibi. Polemiche sul blocco alla grazia
  • Indonesia: dieci arresti per gli attacchi ai cristiani. Cresce l'intolleranza religiosa
  • Congo: due militari arrestati per l’omicidio del parroco di Kanyabayonga
  • Colera ad Haiti: aumentano vittime e contagi
  • Conferenza sul clima: la Caritas chiede di agire contro i cambiamenti climatici
  • Venezuela: appello della Chiesa alle autorità per le forti piogge che hanno colpito il Paese
  • Convegno Caritas sulle donne migranti: alto il numero di suicidi in Libano e Giordania
  • Francia. Le conclusioni della Settimana sociale: il futuro è vivere insieme
  • Irlanda: I cappellani irlandesi lamentano la grave situazione nelle carceri
  • Nord Irlanda: appello di mons. Treanor contro povertà ed esclusione sociale
  • Germania: i "Cantori della stella" per i bambini di Haiti
  • Lettere dei vescovi coreani per l’Avvento: promuovere una nuova evangelizzazione
  • Una mostra in Vaticano su Gaudì e la Sagrada Familia
  • Messaggio Cei: l'insegnamento della religione per elaborare un progetto di vita
  • Loreto: il cardinale Rylko aprirà il Forum europeo dei giovani
  • Taiwan: primo Superiore generale non cinese per i “Discepoli del Signore”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il direttore del Fmi: la crisi in Europa è ancora forte, la ripresa stenta
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'Europa non sarebbe più Europa se il matrimonio sparisse o fosse trasformato: così il Papa all'ambasciatore ungherese

    ◊   "L'Europa non sarebbe più Europa" se "il matrimonio come forma di ordinamento basilare del rapporto tra uomo e donna" e "cellula fondante" della società sparisse o venisse sostanzialmente trasformato: è quanto sottolinea il Papa nel discorso rivolto stamani al nuovo ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, il sig. Gábor Győriványi, che ha presentato le sue Lettere credenziali in Vaticano. Il Santo Padre, dopo aver ricordato che all’inizio del prossimo anno toccherà all’Ungheria assumere, per la prima volta, la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, auspica che la nuova Costituzione ungherese sia ispirata ai valori cristiani, in modo particolare per quanto concerne “la posizione del matrimonio e della famiglia nella società”. Quindi, ha affermato che l'Ungheria è chiamata "ad essere mediatrice tra Oriente ed Occidente". Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “Il matrimonio – ricorda il Pontefice – ha dato all’Europa il suo particolare aspetto e umanesimo, anche e proprio perché si è dovuta apprendere e conseguire continuamente la caratteristica di fedeltà e di rinuncia”. “L’Europa non sarebbe più Europa – osserva – se tale cellula basilare della costruzione sociale sparisse o venisse sostanzialmente trasformata”. Il matrimonio e la famiglia sono oggi colpiti dall’erosione dei loro “valori di stabilità e indissolubilità”, a causa di una “crescente liberalizzazione del diritto di divorzio”, dell’abitudine sempre più diffusa alla convivenza e “per diversi generi di unione che non hanno alcun fondamento nella storia della cultura e del diritto in Europa”. La Chiesa – aggiunge il Papa – non può approvare “iniziative legislative che implichino una valorizzazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia”. Tali modelli contribuiscono “all’indebolimento dei principi del diritto naturale e così alla relativizzazione della legislazione”, nonché della “consapevolezza dei valori della società”.

    Una "società - ha sottolineato - sempre più globalizzata, che ci rende vicini ma non fratelli". La ragione – osserva – è in grado “di garantire l’uguaglianza tra gli uomini” ma “non riesce a fondare la fraternità”, che in un certo senso – fa notare il Pontefice – “è l’altro lato della libertà e dell’uguaglianza”. “Essa apre all’altruismo, al senso civico, all’attenzione verso l’altro”. Benedetto XVI ricorda anche la storia recente dell’Ungheria segnata, dopo la Seconda Guerra Mondiale, dalla drammatica esperienza del regime comunista. Il Papa auspica che “le profonde ferite di quella visione materialistica dell’uomo”, possano continuare “a guarire in un clima di pace, libertà e rispetto della dignità dell’uomo”. Il Santo Padre sottolinea, infine, come la fede cattolica sia, senza dubbio, “parte dei pilastri fondamentali della storia dell’Ungheria”. “Il senso di giustizia e le virtù umane” del grande re ungherese Santo Stefano “sono un alto punto di riferimento che funge da stimolo e imperativo, oggi come allora, a quanti è affidato un ruolo di governo”.

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    Il Papa alla Messa di suffragio per Manuela Camagni: chi sta nella memoria di Dio è vivo

    ◊   Benedetto XVI ha celebrato stamani nella Cappella Paolina in Vaticano una Messa in suffragio di Manuela Camagni, la Memor Domini della famiglia pontificia, scomparsa tragicamente il 23 novembre scorso. Nell’omelia, il Papa ha ricordato con profonda gratitudine la testimonianza di fede, saggezza e carità della laica consacrata e si è soffermato su cosa significhi “memoria di Dio”. Una memoria, ha sottolineato, che non guarda al passato, ma che è segno della presenza viva del Signore nella vita di ogni uomo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Nella profondità del nostro essere è iscritta la memoria del Creatore”. Riprendendo San Bonaventura, Benedetto XVI ha incentrato la sua omelia sul tema della memoria di Dio, vissuta quotidianamente con gioia dalla Memor Domini, Manuela Camagni. Proprio perché “questa memoria è iscritta nel nostro essere – ha detto il Papa – possiamo ricordarci, vedere le Sue tracce” nel Creato. Una memoria, ha osservato, che “non è solo memoria di un passato, perché l’origine è presente, è memoria della presenza del Signore”:

    “E’ anche memoria del futuro, perché è certezza che veniamo dalla bontà di Dio e siamo chiamati ad arrivare alla bontà di Dio. Perciò in questa memoria è presente l’elemento della gioia, la nostra origine nella gioia che è Dio e la nostra chiamata ad arrivare alla grande gioia. E sappiamo che Manuela era una persona interiormente penetrata dalla gioia, proprio di quella gioia che proviene dalla memoria di Dio”.

    Tuttavia, avverte il Santo Padre, la nostra memoria, come la nostra esistenza, “è ferita dal peccato”. La memoria di Dio è dunque “oscurata”, “coperta da altre memorie superficiali” che non permettono di andare fino in fondo, fino alla vera memoria. Proprio a causa di questo “oblio di Dio”, è la riflessione del Papa, anche la gioia è coperta, oscurata e la cerchiamo perciò “in diversi luoghi”:

    “Vediamo oggi questa ricerca disperata della gioia che si allontana sempre più dalla sua vera fonte, dalla vera gioia. Oblio di Dio, oblio della nostra vera memoria: Manuela non era di quelli che avevano dimenticato la memoria, ha vissuto proprio nella viva memoria del Creatore. Nella gioia della Sua creazione, vedendo la trasparenza di Dio in tutto il Creato, anche negli avvenimenti quotidiani della nostra vita, ha compreso che da questa memoria viene la gioia”.

    In quanto Memor Domini, ha detto ancora il Papa, Manuela sapeva che Dio è più forte della morte, è fonte di vita eterna:

    “Dio non è un Dio dei morti, è un Dio dei vivi e chi fa parte del nome di Dio, chi sta nella memoria di Dio è vivo, anzi, noi uomini, con la nostra memoria possiamo conservare solo purtroppo un’ombra delle persone che abbiamo amato. Ma la memoria di Dio non conserva solo ombre, è origine di vita: qui vivono i morti, nella Sua vita e con la Sua vita sono entrati nella memoria di Dio che è vita”.

    Il Papa ha concluso la sua omelia, sottolineando che nella liturgia rinnovata dopo il Concilio Vaticano II, si canta l’ Alleluja anche nella Messa per i defunti. Noi, ha riconosciuto, “sentiamo soprattutto il dolore della perdita, sentiamo l’assenza, il passato”. Ma, ha aggiunto, la “liturgia sa che noi siamo nello stesso Corpo di Cristo” e viviamo nella memoria di Dio:

    “In questo incrocio della Sua memoria e della nostra memoria siamo uniti, siamo vivi e preghiamo il Signore che sempre più possiamo sentire questa comunione di memoria, che la nostra memoria di Dio in Cristo diventi sempre più viva e così possiamo sentire che la nostra vera vita è in Lui e qui siamo tutti insieme”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia, con i vice-presidenti mons. Laurent Ulrich, arcivescovo di Lille, mons. Hippolyte Simon, arcivescovo di Clermont, e con il segretario generale mons. Antoine Hérouard. Successivamente ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza Episcopale delle Filippine, in visita “ad Limina”.

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    L'influsso del cardinale Ratzinger nella revisione del sistema penale canonico

    ◊   Che il cardinale Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, avesse svolto un ruolo fondamentale nel rinnovamento della disciplina penale della Chiesa, in modo da renderla più rapida ed efficace per far fronte a casi di sacerdoti che si fossero resi colpevoli di gravi e scandalosi comportamenti, era già ben noto a chi aveva seguito più da vicino la sua attività. Ma ora viene chiaramente testimoniato anche da una documentazione finora inedita, che viene pubblicata in un articolo firmato dal segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, mons. I. Arrieta, sull’Osservatore Romano del 2 dicembre e – in forma più completa – sulla Civiltà Cattolica del 4 dicembre.

    Si tratta di uno scambio di lettere del 1988 fra l’allora cardinale Ratzinger e il presidente dell’allora Pontificia Commissione per l’Interpretazione autentica del nuovo Codice di Diritto Canonico, cardinale Castillo Lara. L’autore dell’articolo illustra i motivi per cui a quel tempo la richiesta del cardinale Ratzinger non ebbe seguito, ma dimostra come quell’iniziativa sia in chiara continuità con altre iniziative successive, che portarono all’estensione delle competenze della Congregazione per la Dottrina della Fede sui “delitti più gravi” (compresi quelli sugli abusi sessuali nei confronti di minori da parte di membri del clero), e alla preparazione e promulgazione (nel 2001 e in forma aggiornata nel 2010) delle norme relative ad essi. E non è da dimenticare anche un’altra iniziativa meno nota, ma nella stessa direzione, del cardinale Ratzinger come relatore della Plenaria della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli nel 1997, per la richiesta al Papa Giovanni Paolo II di “facoltà speciali” affinché la Congregazione potesse intervenire più rapidamente in determinate situazioni penali.

    Mons. Arrieta conclude che l’azione decisa per il rinnovamento della disciplina penale, ispirata alle esigenze della giustizia e alla tutela del bene dei fedeli, è una delle “costanti” che ha caratterizzato l’azione di Joseph Ratzinger. Non è dunque strano che ora, come Papa, nel 2007 abbia anche dato mandato al Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi di procedere a una riforma della parte del Codice di Diritto Canonico del 1983 dedicata al sistema penale della Chiesa.

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    Mons. Tomasi all'Onu: contrastare gli streotipi sugli immigrati, risorsa non minaccia

    ◊   Si devono rinnovare gli sforzi tesi a contrastare gli stereotipi sugli immigrati e ad invertire la tendenza che ignora il loro grande contributo. E’ quanto ha affermato l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, intervenendo martedì scorso alla 99.ma sessione del Consiglio dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che si conclude oggi nella città elvetica. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il perdurare della crisi economica ha provocato “un impatto negativo in molti settori della società”. Anche gli immigrati hanno pagato un “prezzo” che ha comportato, ad esempio, l’imposizione di “limiti nell’immigrazione legale, il rafforzamento dei controlli alle frontiere e il mancato rinnovo dei permessi di lavoro”. Si tratta di misure – fa notare mons. Silvano Maria Tomasi – che spesso sono state adottate in risposta a legittime preoccupazioni legate alla sicurezza ma anche in seguito a pressioni dell’opinione pubblica. In diversi casi – aggiunge il presule - si è anche venuta a creare “una percezione di rifiuto e di paura” ritenendo che gli immigrati possano rendere ancora più gravosa la competizione per il lavoro e diventare anche “una minaccia per la coesione nazionale”. “Un’immagine distorta degli immigrati – osserva poi l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi - può influenzare l’azione politica”: una contraddizione evidente è quella che vede, da un lato, il mercato delle economie sviluppate ed emergenti alimentare una crescente domanda di lavoratori immigrati e, dall’altro, l’adozione di politiche di respingimento.

    Le politiche pubbliche sul fenomeno dell’immigrazione nella prospettiva dei diritti umani spesso incontrano grande resistenza. Il presule sottolinea, quindi, che è necessario “rinnovare gli sforzi tesi a contrastare gli stereotipi”, spesso accentuati nell’attuale situazione economica. Si deve anche invertire “una tendenza che impedisce riforme legislative e ignora il grande contributo dei migranti”. La Chiesa – spiega poi mons. Silvano Maria Tomasi – ha raccolto numerose testimonianze di immigrati che non sono in grado di tornare nei loro Paesi. Molti di questi immigrati sono ‘intrappolati’ in una prospettiva senza futuro, non hanno “accesso ai diritti sociali di base” e vivono “nella costante paura di essere arrestati”. Per raggiungere risultati efficaci nella gestione delle migrazioni si deve dunque rafforzare “la cooperazione tra gli Stati”. Gravi fenomeni transnazionali, come il traffico di flussi immigratori irregolari, richiedono una migliore pianificazione globale. Questa collaborazione tra i Paesi – conclude il presule - diventa urgente per raggiungere l’obiettivo fondamentale di consentire ai migranti “di essere partner nello sviluppo economico” riconoscendo i loro diritti umani e il fatto che fanno parte della famiglia umana.

    Sottolineando la centralità della cooperazione, l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra ricorda infine il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 2011. “La Chiesa – scrive il Papa - non cessa di ricordare che il senso profondo di questo processo epocale e il suo criterio etico fondamentale sono dati proprio dall’unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene. Tutti, dunque, fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale”.

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    Il segretario del Consiglio ecumenico delle Chiese in visita dal Papa

    ◊   Da domani al 5 dicembre, una delegazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec) di Ginevra, presieduta dal segretario generale, il reverendo Olav Fykse Tveit, sarà in Vaticano in visita ufficiale al Santo Padre e al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Come avvenuto con i suoi predecessori, informa una nota della Sala Stampa, è consuetudine che, in seguito alla sua elezione, il nuovo segretario generale si rechi in visita ufficiale alla Santa Sede. Il reverendo Tveit, pastore luterano della Chiesa di Norvegia, ha assunto il suo nuovo incarico il primo gennaio 2010. Sabato 4 dicembre la delegazione sarà ricevuta dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e farà visita alla Segreteria di Stato. In seguito, la delegazione sarà ricevuta in udienza privata dal Papa. Durante la sua permanenza a Roma, il reverendo Tveit pronuncerà una omelia in occasione della celebrazione della liturgia nella chiesa metodista di via XX Settembre, a cui seguirà un incontro con rappresentanti delle congregazioni protestanti locali presso la chiesa valdese di via IV Novembre. Inoltre, la delegazione sarà accolta presso la sede della Comunità di Sant’Egidio ed il Centro del Movimento dei Focolari.

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    "La Via del Mare": inaugurata una nuova mostra ai Musei Vaticani

    ◊   Il mare e la navigazione come denominatore comune dei popoli di tutto il mondo in ogni epoca. E’ questo il tema de “La Via del mare”, la nuova mostra inaugurata ieri ai Musei Vaticani nella Rampa elicoidale del nuovo ingresso. In esposizione una rara piroga delle Isole Salomone, arredi nautici, foto e sessanta modelli di imbarcazioni di tutti i continenti, in un allestimento ricco di valori simbolici. Il servizio di Michele Raviart:

    (musica)

    Il viaggio dell’uomo attraverso gli oceani è un percorso simbolico che si snoda lungo la Rampa elicoidale dei Musei Vaticani. Si comincia con “Ivukapi”, una rara piroga cerimoniale in legno delle Isole Salomone, donata a Papa Pio XI nel 1929 e perfettamente conservata e restaurata. “La Via del Mare” sale e percorre tutti i continenti attraverso sessanta modelli di navi, recuperati dai depositi del Museo Etnografico e, in gran parte, realizzati in occasione della Grande Esposizione Missionaria di Roma del 1925. Un evento capitale nella storia dei Musei Vaticani, come ci spiega il prof. Arnold Nesselrath, delegato scientifico dei Musei:

    “E’ stato praticamente l’inizio dell’apertura dei Musei Vaticani alle culture nel mondo. Questa è una cosa che Papa Pio XI ha voluto manifestare con un grande evento, chiedendo a tutti i missionari di contribuire a questa mostra. Tante di queste opere sono rimaste e questi modelli sono delle ricostruzioni in miniatura fatte con materiali naturali ed arrivano a rifiniture che rassomigliano all’arte astratta di Kandinsky. I Musei Vaticani rappresentano il principale museo della Chiesa universale e dialogano con tutte le culture del mondo”.

    Un veliero inglese che faceva la spola tra Inghilterra e Australia; un’“imbarcazione drago” cinese in avorio; canoe degli Alacaluf della Terra del fuoco; zattere provenienti dal Mozambico. Una traversata suggestiva che coinvolge tutta l’umanità e che culmina, al termine della Rampa, con la visione della Cupola di San Pietro, simbolo della Chiesa di Roma, che è essa stessa “Barca di Pietro”. La mostra, che durerà un anno, recupera così, in maniera brillante e carica di significati, uno spazio dei Musei che veniva spesso trascurato dai visitatori. Padre Nicola Mapelli, direttore del Museo Missionario Etnologico:

    “L’idea di fondo era quella di cercare un allestimento che avesse potuto attrarre le persone a camminare su questa Rampa elicoidale. Era proprio la volontà di condurre i visitatori a vedere questa Cupola: facendo, però, loro capire che non vengono semplicemente a visitare un museo dedicato esclusivamente all’arte rinascimentale occidentale, ma che si tratta di un museo che è aperto a tutto il mondo, alle arti di tutto il mondo e che accoglie persone di tutto il mondo. Le imbarcazioni simboleggiano un po’ questo andare oltre i propri confini e raggiungere un diverso Paese, raggiungere diverse realtà. Vogliamo trasmettere questo messaggio e penso che ci siamo riusciti”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nella memoria di Dio: Benedetto XVI celebra nella cappella Paolina la Messa in suffragio di Manuela Camagni.

    Contraddizioni della ripresa: in prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sulla mancanza di una strategia complessiva per la crescita economica.

    L'Europa non sarebbe più Europa se il matrimonio sparisse: il Papa al nuovo ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede.

    Il volume "Singolarissimo giornale. I 150 anni dell' 'Osservatore Romano' ", curato dall'ambasciatore Antonio Zanardi Landi e dal direttore: in cultura, i testi del ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, del sottosegretario alla presidenza italiana del Consiglio dei ministri, Gianni Letta, e dell'ambasciatore Zanardi Landi.

    Sacra Scrittura e popolo di Dio: la relazione del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, in apertura del convegno "La Sacra Scrittura nella vita e nella missione della Chiesa".

    Il Paese delle differenze: Antonio Paolucci su una mostra, alla Venaria Reale, per il centocinquantenario dell'unità d'Italia.

    Nell'informazione religiosa, l'intervento del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, al X forum del Progetto culturale su "Nei 150 anni dell'Unità d'Italia. Tradizione e progetto".

    Nell'informazione vaticana, il cardinale Raffaele Martino a proposito della Campagna promossa dal Consiglio d'Europa contro la violenza sui minori.

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    Oggi in Primo Piano



    80 profughi eritrei in ostaggio al confine tra Egitto e Israele: i sequestratori ne uccidono sei

    ◊   Da oltre un mese, circa 80 profughi eritrei sono sequestrati da trafficanti di esseri umani, in condizioni drammatiche, al confine tra Egitto e Israele. A denunciare la loro situazione è l’agenzia Habeshia per la cooperazione allo sviluppo. I profughi raccontano di essere partiti da Tripoli, in Libia, per andare in Israele. Hanno pagato due mila dollari ma al loro arrivo i trafficanti hanno preteso 8 mila dollari per la loro liberazione. Sei profughi sono stati uccisi dai sequestratori, altri vengono torturati o bastonati. Una situazione, dunque, tragica che richiama l'attenzione della comunità internazionale sulle condizioni di migliaia di persone in fuga dai loro Paesi. Per una più ampia valutazione attualizzata dei flussi migratori nella società globalizzata ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande il presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò:

    R. – Quando il pensiero è rivolto agli impegni ai quali sono intervenuto recentemente, come l’incontro continentale che si è svolto a Bogotá, in Colombia, sulla pastorale delle migrazioni economiche e migrazioni forzate in America Latina e nei Caraibi, e come anche la Conferenza che si sta svolgendo in questi giorni in Senegal - durante la quale ho fatto il discorso inaugurale - organizzata dalla Caritas Internationalis sul tema “Il volto femminile delle migrazioni”, ribadisco che il nostro Pontificio Consiglio segue con attenzione tutti i problemi inerenti ai flussi migratori in ogni parte del mondo. Tutto ciò, soprattutto, con riferimento ai diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie. La preoccupazione si fa ancora più acuta, in questi giorni, nell’apprendere di nuove situazioni di inaudita drammaticità che coinvolgono persone innocenti, persone che vengono maltrattate, torturate e persino uccise da trafficanti di esseri umani senza scrupoli. A riguardo, come ha affermato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, intervenendo ieri al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, l’Osce, che si sta celebrando ad Astana, in Kazakistan, in questo tempo di crisi economica c’è la tendenza a dimenticare i diritti dei migranti.

    D. – Secondo la dottrina della Chiesa, eccellenza, quali sono i diritti del migrante?

    R. – Dobbiamo ricordare, in ogni caso, che i migranti sono dotati di diritti inalienabili, che non possono né essere violati né tantomeno ignorati, come ha detto Papa Benedetto XVI nella “Caritas in veritate”. Lo status di migrante non cancella, evidentemente, la sua dignità umana. In riferimento, poi, ai diritti del migrante, non possiamo dimenticare la famiglia, che è l’oggetto della prossima Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata il prossimo 16 gennaio 2011. (vv)

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    Il vertice dell'Osce in Kazakhstan si arena sui conflitti regionali

    ◊   E’ stata la discussione sul documento finale a caratterizzare, oggi ad Astana, in Kazakhstan, la giornata conclusiva del vertice dei leader dei 56 Paesi aderenti all’Osce. La riunione è stata convocata per rilanciare l’organizzazione, con lo scopo di creare uno ''spazio unico di difesa'' nel continente eurasiatico. Il dibattito, però, si è arenato sui cosiddetti 'conflitti congelati': quello russo-georgiano per l’Ossezia del Sud, quello armeno-azerbaigiano per il Nagorno-Karabak e quello moldavo-ucraino per la Transnistria. In particolare, a suscitare le reazioni dei rappresentanti russi è stato il concetto di integrità territoriale della Georgia. Sui motivi che hanno portato alle nuove tensioni tra Mosca e Tbilisi, dopo la guerra dell’estate 2008, Giada Aquilino ha intervistato Vittorio Strada, storico della cultura russa:

    R. – E’ una questione che è sempre stata sul tappeto, dal momento che l’integrità territoriale della Georgia non c’è. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, sono stati rispettati i confini delle Repubbliche che vi facevano parte, al di là di ogni contenzioso. Nel caso della Georgia, due sue parti – l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud – si sono rese autonome e dopo lo scontro di due anni fa sono diventate dei protettorati della Russia, con basi militari russe. Questo è il punto. La Georgia vuole ricostruire l’integralità del suo territorio e, allo stesso modo, si è comportata la Federazione russa quando la Cecenia minacciava di staccarsi: la forza con cui la Cecenia è stata ricondotta all’interno dei confini della Federazione russa ha dato alla Georgia, nonostante il tentativo fallito, la possibilità di rivendicare la sua sovranità su queste due parti, che sono appunto parti integranti del suo territorio.

    D. – Ci sono altre ragioni strategiche che spingono questi Paesi ad avere attenzione verso le due entità, Abkhazia e Ossezia del Sud?

    R. – Il problema è quello del rispetto dell’integrità territoriale. Certamente la Russia ha degli interessi militari molto forti nel mantenere le proprie basi militari nell’Abkhazia e nell’Ossezia del Sud, come anche interessi economici e politici, proprio di prestigio, di forza.

    D. – C’è poi la questione del gas e dei gasdotti, peraltro al centro dei dossier rivelati da Wikileaks. Perché quell’area è così strategica?

    R. – Tutta la zona del Caucaso è piena di tensioni dal punto di vista etnico e nazionale. E’ poi piena di enormi interessi economici proprio per via di questi gasdotti, che la Russia tende a tenere sotto il proprio controllo, per mantenere una sorta di monopolio dei rifornimenti di gas e di petrolio verso l’Europa occidentale. Quindi è contraria ad una diversificazione di condotti di queste materie prime preziose verso l’Occidente. La Georgia, invece, rientra in un’altra sfera di politica; fa la sua politica nazionale e quindi il contenzioso è multiplo. (vv)

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    Giornata internazionale contro le nuove schiavitù

    ◊   “L’abolizione ufficiale della tratta nel XIX secolo non ha sradicato questa pratica che persiste ancora oggi in forme diverse”. E’ la denuncia del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon che, in occasione dell’odierna Giornata contro la schiavitù, ha di fatto invitato ad un maggiore impegno nella lotta contro questa piaga dell’umanità, che si incarna in orrori come la tratta di esseri umani. Massimiliano Menichetti:

    Almeno 27 milioni di persone nel mondo sono vittime, secondo l’Onu, delle nuove schiavitù: tratta di esseri umani, sfruttamento sessuale e lavorativo. A voler spezzare questa spirale di orrore nel cammino dei diritti umani, l’impegno costante delle Nazioni Unite che sin dal 2 dicembre 1949 - anno in cui l'Assemblea generale adottò la Convenzione per la repressione e l'abolizione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione - ha indetto la Giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù. A fianco delle istituzioni molte organizzazioni non governative e associazioni, concordi nell’affermare che per sconfiggere questa piaga è necessario lottare contro povertà, analfabetismo, disuguaglianze economiche e sociali, bandendo ogni forma di violenza. Le schiave oggi hanno il volto delle prostitute, donne ingannate e portate via dal proprio Paese, picchiate, violentate e poi gettate in strada. Gli schiavi hanno gli occhi degli irregolari, impiegati nei cantieri, in agricoltura o negli allevamenti. Poi, ci sono i sorrisi amari dei piccoli sfruttati nel lavoro, sessualmente o nell’accattonaggio privati per sempre del diritto ad essere bambini. Carlotta Bellini di Save the Children Italia:

    R. – I minori coinvolti nel fenomeno della tratta sono più di un milione. E’ un fenomeno che prevede che sia il minore sia l’adulto vengano reclutati nel Paese di origine e trasportati in un Paese di destinazione al fine dello sfruttamento che può essere sessuale oppure lavorativo.

    D. – Quali sono in Europa i Paesi di origine e di destinazione dello sfruttamento minorile?

    R. – I Paesi di origine sono soprattutto la Romania e la Bulgaria. Per quanto riguarda i Paesi di destinazione posso citare l’Italia, la Danimarca ma anche la Germania.

    D. – Qual è il panorama nel mondo?

    R. – Fuori dall’Europa, in questo momento, il principale Paese di origine delle vittime di tratta è la Nigeria. Ci sono altri Paesi che ci preoccupano: l’India, in modo particolare, per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo e sicuramente la Thailandia per quel che riguarda lo sfruttamento sessuale. Anche in Sudamerica è presente questo problema e lì il fenomeno riguarda minori che vengono spostati - per esempio, minori provenienti dal Brasile - verso l’Europa e poi impiegati in lavori domestici. La tratta è molto diffusa.

    Drammatico è il fenomeno dei bambini soldato. Circa 300mila combattono attivamente negli eserciti in più di 40 Paesi del mondo, reclutati con la forza, torturati e costretti a diventare strumenti di morte. A preoccupare Save the Children anche il caso Sudafrica, un serbatoio per i mercanti di essere umani. Ancora Carlotta Bellini:

    Molti sono i minori che noi chiamiamo “minori migranti” che si spostano dallo Zimbabwe verso il Sudafrica. Gran parte di loro è sicuramente vittima di sfruttamento. Sono fenomeni di migrazione interna, difficili da stimare, difficili da controllare.

    D. – Grande è l’impegno per arginare il fenomeno della tratta: che cosa bisognerebbe migliorare?

    R. – Operare per garantire che ci siano delle procedure uniformi, per identificare le vittime di tratta e di sfruttamento. Occorre, inoltre, garantire un fortissimo coordinamento tra le forze di sicurezza dei Paesi di origine e i Paesi di destinazione affinché le vittime siano aiutate. Non dimentichiamo che fenomeni come questi sono legati alla criminalità organizzata e che lo sfruttamento genera un giro d’affari, difficilmente quantificabile, di milioni di euro.

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    Trent'anni fa il barbaro eccidio di quattro missionarie di Maryknoll nel Salvador

    ◊   Trent’anni fa, il 2 dicembre 1980, quattro missionarie cattoliche statunitensi di Maryknoll venivano stuprate e uccise nel Salvador dagli squadroni della morte, al servizio del regime salvadoregno. Il barbaro eccidio avveniva a pochi mesi dall’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero, caduto sotto i colpi di proiettile sparati da un sicario mentre celebrava la Messa. Per un ricordo di queste donne che hanno dato la vita per i poveri in nome del Vangelo, ascoltiamo suor Patricia Murray, della comunità di Maryknoll, intervistata da Philippa Hitchen:

    R. – The thing about them...
    Si trattava di persone comuni che hanno fatto delle cose straordinarie e sono diventate così straordinarie. Tutte loro avevano un meraviglioso senso dell’umorismo. Maura aveva origini irlandesi, amava danzare e ogni volta che c’era una festa ballava una tipica danza irlandese. Ita era molto intelligente e analizzava tutto con particolare acutezza. Le persone dicevano che Dorothy era “un’alleluja dalla testa ai piedi”: era una persona molto gioiosa. Jean era giovane, entusiasta, impulsiva a volte, ma era sempre molto attiva e le sembrava di non fare mai abbastanza per gli altri: era davvero gentile.

    D. – Ci dica qualcosa sul lavoro che stavano facendo in Salvador…

    R. – Given the situation...
    Data la situazione - si viveva davvero in uno stato di guerra civile - si poteva fare molto e le sorelle, che si trovavano a Chalatenango, lavoravano per i rifugiati: tentavano di trovare i mezzi per le persone che volevano scappare da quella situazione, perché era molto dura e c’erano molti scontri. C’è un detto africano che dice: “quando gli elefanti combattono è l’erba che viene calpestata”. E questo è quello che stava succedendo alle persone che vivevano in quella zona: erano loro a soffrire maggiormente. Jean e Dorothy, in particolare, facevano anche un gran lavoro di educazione e di catechismo, distribuivano il cibo.

    D. – Erano passati inoltre solo pochi mesi dall’assassinio dell’arcivescovo Oscar Romero. Queste donne quanto erano consce del pericolo in cui vivevano?

    R. – They knew they were in danger...
    Sapevano di essere in pericolo, sapevano che la situazione era pericolosa. Avevano ricevuto minacce di morte sulla porta di casa e alcune persone che stavano con i missionari di Maryknoll in Salvador erano state uccise dagli squadroni della morte. Quindi, erano consapevoli, ma allo stesso tempo erano anche molto pure, non pensavano di poter essere uccise. La cosa peggiore che potevano pensare era quella di essere espulse.

    D. – Quindi, cosa pensa abbia reso possibile questo assassinio?

    R. – I don’t know, it was like...
    Non lo so! E’ stato come se il governo e i militari si fossero drogati o qualcosa del genere! Uccidendo mons. Romero pochi mesi prima l’hanno fatta franca. Quindi, hanno continuato a farlo e non hanno mai pagato per questo. Le armi non hanno smesso di arrivare dagli Stati Uniti, anche se avevano ucciso l’arcivescovo Romero, ed è solo quando queste donne americane sono state uccise che le armi non sono più arrivate per circa due mesi. Poi, quando Reagan è diventato il nostro presidente, è cominciato di nuovo il rifornimento di armi per questi gruppi … così, non ci sono state conseguenze per loro.(ap)

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    Il dramma dell'aborto e i suoi retroscena in un libro presentato all'Università Europea di Roma

    ◊   L’interruzione della gravidanza analizzata da giuristi, psicologi, medici e studiosi. La descrive il libro “L’aborto e i suoi retroscena. Vita e maternità spezzate”, pubblicato da If Press, per far conoscere i diversi aspetti che essa implica e che molti non conoscono. Presentato ieri a Roma all’Università Europea, il volume nasce da una riflessione sui dati che riguardano la pratica abortiva in Europa. Ce ne parla Tiziana Campisi:

    Sono tre milioni gli aborti volontari contati nel 2008 nel continente europeo, un miliardo quelli degli ultimi trent’anni. Una pratica, quella abortiva, disciplinata dalla legge, ma che da sempre pone interrogativi di coscienza di fronte all’embrione dotato di un proprio patrimonio genetico sin dalla fusione dei due gameti – maschile e femminile – che lo hanno generato. Lo stesso Ippocrate già nel V secolo a. C., considerando la vita prenatale, affermava: “A nessuna donna io darò un medicinale abortivo”. Ma chi sceglie di abortire a quali conseguenze può andare incontro? Ce lo spiega Virginia Lalli, curatrice del libro “L’aborto e i suoi retroscena” insieme ad Alessia Affinito:

    R. - Oltre il 70 per cento delle donne che hanno abortito soffrono di sindrome post-aborto: flashback, allucinazioni diurne, incubi notturni e ci sono stati degli esiti anche molto drammatici.

    D. – Come porsi di fronte a queste problematiche?

    R. – Sicuramente con un maggiore sostegno alla maternità e quindi con un’applicazione dei primi articoli della legge 194 che prevedono una serie di misure di sostegno alle madri. Questa parte della legge è disattesa. Quindi, nei consultori, le donne non trovano l’aiuto del quale invece necessiterebbero.

    Ma quali altri retroscena considerare quando si parla di aborto? Risponde Alessia Affinito:

    “Il problema è cercare di capirne di più su questo fenomeno. Siamo stati allevati nella cultura che ci ha detto che l’aborto è un fatto privato, riguarda solo al donna. Ma non è così, perché ciascuno di noi fa parte di un sistema di relazioni, è un problema anche del padre, è un problema sociale”.

    Dunque, diritto e morale, in tema di aborto, sembrano in contrasto; come conciliare allora libertà individuale ed etica? Lo abbiamo chiesto a Mario Palmaro, docente di filosofia del diritto all’Università Europea di Roma:

    R. – A livello apparente sembra proprio che l’eventuale divieto dell’aborto neghi una libertà: quella della donna di decidere. La realtà, però, è che nell’aborto procurato i soggetti coinvolti sono due: il nascituro e la donna. Quindi questo significa che non possiamo considerare l’aborto procurato come una questione di coscienza, una questione da affidare alla volontà della donna, perché questa volontà collide con il diritto alla vita del nascituro. E’ perciò compito dell’ordinamento giuridico limitare la libertà della donna, in questo caso, per tutelare il diritto alla vita del nascituro. La libertà individuale di cui parla la nostra società spesso è intesa come libertà di fare ciò che si vuole, di essere guidati dai propri desideri, di trasformare i desideri in diritti. Viceversa, l’essere umano innocente ha un diritto alla vita che è più forte della volontà di rifiutare questa vita. La legge umana dovrebbe tutelare con particolare rigore la vita del concepito. Si scontrano due visioni del diritto: una di tipo positivista, per la quale esiste solo il diritto positivo, ed una, invece, di impostazione giusnaturalistica, che ritiene che la legge positiva deve essere conforme alla legge naturale. Se si riconosce l’esistenza della legge naturale, si capisce allora che tutte le leggi che ammettono l’aborto procurato sono gravemente ingiuste perché contrastano con un diritto fondamentale: quello alla vita.

    D. – C’è un modo per rispondere alle problematiche che oggi vengono poste, a proposito dell’aborto, per fronteggiare la realtà legislativa esistente?

    R. – Innanzitutto credo che il primo passo sia giudicare, con particolare severità e con molta chiarezza, le leggi ingiuste per quello che sono. Questo non comporta automaticamente la loro eliminazione, che invece è un processo politico e culturale molto più lungo, ma il primo gradino consiste proprio nel giudizio chiaro, netto, severo, sulle ingiustizie di una legge come la 194 o come leggi simili. Questo giudizio, poi, mette in moto una serie di atti che, a seconda delle proprie competenze – come ad esempio quella del politico – possono cercare di camminare in quella direzione. (vv)

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    Chiesa e Società



    Tre milioni di persone chiedono ai governi priorità nella lotta alla fame nel mondo

    ◊   Oltre tre milioni di persone hanno aderito alla petizione “1billionhungry” lanciata dalla Fao per porre fine alla fame nel mondo. Le firme raccolte sono state presentate ai governi il 30 novembre scorso nella sede della stessa agenzia dell’Onu. Secondo le ultime stime il numero di affamati nel mondo è pari a 925 milioni. L'anno scorso, la crisi economica mondiale e l'aumento dei prezzi alimentari, per la prima volta, nella storia avevano spinto tale cifra oltre la soglia del miliardo. "Milioni di persone da ogni parte del mondo chiedono un cambiamento, ed esortano i leader politici a prendere ha commentato il direttore generale della Fao Jacque Diouf. "Mi auguro davvero – ha aggiunto - che le loro richieste vengano ascoltate. Sconfiggere la fame è un traguardo realistico per i nostri tempi, a patto che vengano adottate soluzioni politiche, economiche, finanziarie e tecniche lungimiranti e durature". L'obiettivo iniziale della Fao era di raccogliere un milione di firme, ma il successo della campagna ha confermato con quanta forza può reagire la gente, una volta che è messa a conoscenza delle dimensioni della fame. Sostenuta da celebrità internazionali, atleti, attori, cantanti, intellettuali e stelle del calcio europeo, la campagna ha raggiunto milioni di persone in tutto il mondo tramite migliaia di eventi e si è ulteriormente diffusa via internet, soprattutto grazie ai social network. Il sostegno alla campagna "1billionhungry" è arrivato anche da un crescente numero di leader politici in tutto il mondo, tra cui i presidenti brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, argentino Cristina Fernández de Kirchner, honduregno Porfirio Lobo, rwandese Paul Kagame, guatemalteco Álvaro Colóm Caballeros, dominicano Leonel Fernández, e il primo ministro nepalese Madhav Kumar. La campagna - sostenuta dalle altre agenzie delle Nazioni Unite, da molti media, Ong, enti pubblici e privati e università - entra ora in una seconda fase per mantenere il problema della fame al centro dell'attenzione mondiale. "Il successo della Campagna 1billionhungry - ha sottolienato Diouf - dà ancora più urgenza e significato al nostro lavoro. Ci dà degli alleati che non pensavamo di avere. E questo movimento continuerà nella nuova fase della campagna", sulla quale è possibile informarsi visitando il sito www.1billionhungry.org. (R.G.)

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    L'Onu denuncia milioni di vittime tra i lavoratori domestici, oggetto di abusi e maltrattamenti

    ◊   Tra le vittime più nascoste delle moderne forme di schiavitù sono i lavoratori domestici, sottoposti ad abusi, maltrattamenti e violenze entro le mura delle case. A denunciarlo è Gulnara Shahinian, relatrice speciale dell’Onu sulle forme contemporanee di schiavitù. “I lavoratori domestici vittime di abuso – sia di natura fisica, emotiva o sessuale – vengono effettivamente trattati come schiavi”, ha sottolineato Shahinian nel discorso pronunciato ieri nella Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù. Questa forma di schiavitù avviene tra le pareti domestiche di tutto il mondo e le vittime rimangano in gran parte invisibili, ha aggiunto Shahinian, raccontando di aver “visto donne sottoposte a condizioni di schiavitù sin dalla nascita”, di aver “parlato con bambini ceduti a ‘famiglie adottive’, che poi li sfruttavano in maniera spietata come schiavi domestici, invece di prendersi cura di loro e di educarli”, di aver “conosciuto lavoratori autonomi migranti il cui sogno di guadagnare all’estero per sfamare le proprie famiglie si è rivelato un incubo di sfruttamento e umiliazione”. Se il lavoro domestico retribuito e rispettoso della dignità delle persone apporta un valido contributo alla società, quando le persone e le famiglie hanno “la possibilità di raggiungere un giusto equilibrio tra le proprie responsabilità professionali e personali”, questo non deve farci dimenticare - ha sollecitato l’esperta Onu - che milioni di soggetti vulnerabili affrontano una realtà diversa. La maggioranza delle vittime di abusi nel lavoro domestico sono ragazze e donne, oltre che bambini, nonostante alcun minore di 18 anni – ha rammentato la relatrice Onu - “deve vivere insieme al proprio datore di lavoro domestico o lavorare all’estero in quanto lavoratore autonomo”. “Inoltre dovrebbe essere vietato assumere minori che abbiano meno di 15 anni di età o che stiano ancora completando il ciclo di istruzione obbligatoria nel caso cui questo possa interferire con l’istruzione a cui tale gruppo ha diritto.” Negli ultimi anni, si è registrato un forte aumento della migrazione di donne per lavori domestici tanto da divenire uno dei fattori chiave per la femminilizzazione dei flussi migratori. A causa dell’aumento della domanda di lavoro domestico da parte dei Paesi più ricchi, un’intera industria del lavoro domestico migrante ha comportato forti disparità nel campo dei redditi globali e delle agenzie di collocamento transnazionali. “I lavoratori domestici migranti sono vulnerabili a farsi soggiogare perché si trovano spesso in condizioni di migranti precari costretti a far fronte a vari pregiudizi”, ha affermato Shahinian. “Gli Stati dovrebbero agire per ridurre l’invisibilità dello sfruttamento dei lavoratori domestici emanando norme che vietino il lavoro domestico minorile, che permettano ai lavoratori domestici di scegliere se vivere o meno con il proprio datore di lavoro e che regolino ogni aspetto di tale lavoro: dal reclutamento, alla sistemazione sul posto di lavoro, al lavoro domestico dei migranti”, ha sollecitato Shahinian. Le vittime della servitù dovrebbero ricevere ogni forma di protezione necessaria al pari delle vittime di altri crimini. In particolare, “Il personale diplomatico colto in flagrante a compiere tali crimini dovrebbe essere privato delle proprie immunità e processato”, ha chiesto Shahinian, esortando gli Stati ad impegnarsi per elaborare la Convenzione sul lavoro dignitoso per i lavoratori domestici dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. (R.G.)

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    Messaggio del segretario generale dell’Onu per la Giornata per i diritti dei disabili

    ◊   “Mantenere la promessa: inserire la disabilità negli Obiettivi di Sviluppo per il Millennio”. Questo il tema della Giornata internazionale per i diritti dei disabili, che verrà celebrata domani. Tra gli impegni presi al Summit per gli Obiettivi del Millennio, nel settembre scorso, c’è infatti quello di migliorare la vita delle persone con disabilità, fisiche, mentali e sensoriali, che colpiscono circa il 10% della popolazione mondiale, concentrate nei Paesi in via di sviluppo, dove la percentuale raddoppia. Persone spesso vittime di disoccupazione, private del diritto all’educazione e dell’accesso a cure mediche adeguate. “Occorre che i governi facciano di più - scrive il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon nel suo Messaggio per la Giornata – al fine di sostenere le persone con disabilità. Questo significa rendere effettiva la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità”. “In questa Giornata Internazionale, - sollecita quindi Ban Ki-moon - riconosciamo che le battaglie contro la povertà, le malattie e la discriminazione non saranno mai vinte senza delle leggi, delle politiche e dei programmi specifici che rafforzino questo gruppo. Nonostante questi ostacoli - ricorda ancora Ba Ki-moon - molte persone con disabilità hanno mostrato grande coraggio e determinazione”. E se “continuiamo ad essere ispirati da coloro che riescono a raggiungere i più alti livelli di realizzazione umana, questi successi – sottolinea il numero uno dell’Onu - non devono oscurare le difficoltà cui devono far fronte le persone che vivono in condizioni disperate e privati dei diritti, delle prerogative e delle opportunità di cui godono i loro concittadini. Allora “impegniamoci - conclude il segretario generale dell’Onu - per mantenere viva la promessa degli Obiettivi del Millennio nella comunità delle persone con disabilità. E includiamole non solo come beneficiari ma anche come importanti agenti per il cambiamento nella nostra campagna dei prossimi cinque anni per raggiungere” quegli Obiettivi entro il 2015. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Iraq: i vescovi protestano con il governo per il cristiano ucciso a Mosul

    ◊   Vescovi e i rappresentanti cristiani si sono ritirati da una Conferenza su “Coesistenza e tolleranza sociale” organizzata a Erbil dal ministero irakeno dei Diritti umani. Il gesto voleva essere una protesta contro l'ennesimo delitto compiuto ai danni dei cristiani. Il giorno prima, infatti, vi è stata un'altra vittima cristiana a Mosul. Si tratta di Fadi Walid Gabriel, 26 anni, siro ortodosso, rimasto vittima di un omicidio a sangue freddo compiuto da tre uomini. L’uccisione del giovane ingegnere - riferisce l'agenzia AsiaNews - è avvenuta due giorni fa, il 30 novembre, e il funerale è stato celebrato ieri. Fadi Walid era nel suo negozio, nel quartiere Zuhoor di Mosul, dove era anche la sua residenza, quando tre uomini armati hanno fatto irruzione, e sotto la minaccia delle armi l’hanno obbligato a uscire. L’hanno condotto in un negozio nei pressi, vuoto, e l’hanno giustiziato a sangue freddo. Con la morte di Fadi Walid sale a otto il numero dei cristiani siri assassinati dopo il massacro della chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad. In segno di protesta contro quella che sembra un’ondata inarrestabile di violenze contro la minoranza cristiana, tutti i rappresentanti delle comunità cristiane si sono ritirate dalla conferenza su "Coesistenza e tolleranza sociale" organizzata dal ministero per i Diritti umani irakeno. Fonti locali affermano che il vescovo Afak Assadorian, presidente del Consiglio delle chiese in Iraq ha dato il segnale del ritiro. Sia Assadorian che gli altri vescovi presenti hanno espresso pubblicamente il loro sdegno verso questo ennesimo attacco ai cristiani. La sessione è stata sospesa, e c’è stato un incontro di emergenza per convincere la delegazione cristiana a rientrare. Il che è accaduto dopo aver ottenuto l’assicurazione che le loro richieste verranno scritte nel “Manifesto” che sarà pubblicato alla fine della conferenza. Dopo la ripresa dei lavori, in un breve discorso, l'arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako ha detto: “E’ nostro diritto democratico chiedere al governo irakeno e al ministro della Difesa di imporre il loro controllo e proteggere i cristiani in Iraq; devono proteggere tutti, ma in questo momento particolarmente i cristiani irakeni”. (R.P.)

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    India: dopo 26 anni solo Chiesa e Ong assistono le vittime del disastro di Bhopal

    ◊   La popolazione di Bophal (Madhya Pradesh) ricorda oggi le vittime della fuga di 40 tonnellate di gas tossico che il 2 dicembre 1984 ha fatto 20mila vittime e intossicato quasi 600mila persone. Questa mattina oltre 500 persone rese disabili dall’inalazione del gas, hanno manifestato davanti agli ex stabilimenti della Union Carbide, multinazionale statunitense responsabile del disastro. “Dopo 26 anni di sforzi - afferma all'agenzia AsiaNews fratel Michael Francis, del Seminario maggiore di S. Carlo - le vittime della tragedia di Bophal guardano ancora al governo e sperano un giorno di ottenere giustizia. Ma la giustizia ritardata è giustizia negata”. A tutt’oggi, Warren Anderson, l’allora presidente di Union Carbide Corporation è latitante. Le otto persone condannate a due anni di reclusione lo scorso 9 giugno sono già libere su cauzione. Fratel Francis sottolinea che in questi anni solo Chiesa e Organizzazioni non governative si sono prese cura delle vittime, fornendo loro assistenza medica e legale. “In questa circostanza difficile – aggiunge – la popolazione di Bophal continuerà la sua battaglia, mostrando al mondo i danni delle intossicazioni chimiche provocate dal comportamento irresponsabile delle multinazionali”. Provocato da una fuga di 40 tonnellate di isocianato di metile (cianuro) dallo stabilimento di pesticidi della Union Carbide, il disastro di Bophal è considerato una delle più gravi tragedie ambientali della storia. A tutt’oggi i dati sono incerti. Le stime sul numero di avvelenamenti causati dal gas tossico parlano di almeno cinquemila persone uccise poche ore dopo la fuga, 15mila nei mesi successivi. I disabili permanenti sarebbero superiori a 150 mila. Il governo del Madhya Pradesh considera ormai l’area fuori pericolo, ma negli ospedali di Bophal si presentano ogni giorno 6mila persone con problemi respiratori, motori e celebrali legati alla tragedia. (R.P.)

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    Pakistan: si teme per la sicurezza di Asia Bibi. Polemiche sul blocco alla grazia

    ◊   La presidentessa della Commissione nazionale dello status delle donne, Hanis Haroon, ha detto che la Commissione è preoccupata per la sicurezza di Asia Bibi, ancora in prigione, mentre si attende che venga fissata la data per l’esame dell’appello presentato dalla sua famiglia contro la sentenza di primo grado che la condanna a morte per blasfemia. E in Pakistan - riferisce l'agenzia AsiaNews - intanto scoppia la polemica sulla decisione dell’alta Corte di Lahore di bloccare preventivamente un’eventuale grazia da parte del presidente Asif Ali Zardari, mentre continua il dibattito sulla necessità di modificare o cancellare la legge sulla blasfemia. Il presidente dell’associazione di avvocati della suprema Corte, Asma Jahangir, ha attaccato ieri la dichiarazione dell’alta Corte di Lahore. L'alta Corte aveva dichiarato che il presidente Zardari non poteva concedere la grazia ad Asia Bibi prima che fosse esaminato l'appello contro la condanna a morte. Asma Jahangir si è detta sorpresa che sia stato ordinato un blocco su un’azione che deve ancora avvenire. Inoltre ha criticato l’idea di sospendere, in questo modo, le prerogative costituzionali del governo. “Se vogliono diventare popolari, ci sono altri modi per farlo. Non devono manipolare le leggi, dal momento che i verdetti della Corte stabiliscono un precedente”. Un esperto costituzionale, il dott. Basharat Qadir, ha avvalorato questa tesi, dal momento che l’art. 45 della Costituzione dà il potere al Presidente di concedere la grazia, modificare o annullare, oltre che sospendere, qualsiasi sentenza emanata da ogni Corte, tribunale o altre autorità. Continua il dibattito sulla legge sulla blasfemia. Asma Jahangir l’ha criticata nella sua forma attuale, osservando che le leggi dovrebbero proteggere le minoranze religiose, e non fornire uno strumento per opprimere la gente in nome della religione. Il ministro per le Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti ha detto di aver raccomandato modifiche sostanziali al testo della legge, e ha annunciato che il Presidente ha formato una commissione di alto livello che dopo aver consultato tutti gli interessati, compresi studiosi religiosi e leader politici, presenterà al Parlamento i risultati del suo lavoro. L’ex presidente del Consiglio di ideologia islamica, il dott. Khalid Masood ha detto che c’è “analfabetismo religioso” anche fra le persone di cultura. E ha aggiunto che da nessuna parte nel Corano si parla di pena di morte per chi commette blasfemia. (R.P.)

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    Indonesia: dieci arresti per gli attacchi ai cristiani. Cresce l'intolleranza religiosa

    ◊   La polizia indonesiana ha arrestato dieci militanti radicali islamici, accusati di aver aggredito domenica scorsa due leader cristiani nel sobborgo di Bekasi, parte della megalopoli Giacarta. Il pastore Luspida Simandjunktak e l’anziano Hasean Lumbantoruan Sihombing sono stati fermati, percossi e accoltellati da un gruppo di almeno sette uomini, mentre si recavano in chiesa alle 9 del mattino. I due sono stati portati in ospedale e l’anziano versa in gravi condizioni. Le indagini della polizia, sollecitate dalla comunità cristiana e anche da diversi esponenti politici indonesiani, si sono subito rivolte verso i gruppi islamici integralisti che già in passato avevano attaccato luoghi di culto cristiani o promosso manifestazioni anticristiane, incitando all’odio religioso. Fra i dieci arresti vi è infatti Murhali Barda, leader del movimento radicale “Fronte Islamico di Difesa” (FPI) a Bekasi. L’uomo è accusato di aver incitato i militanti all’aggressione. L’episodio ha confermato i dati di una inchiesta diffusa nei giorni scorsi dall’Istituto per la Democrazia e la Pace “Setara”, think-tank indipendente con sede a Giacarta. L’inchiesta ha registrato il parere di 1.200 persone, di diverse comunità religiose, residenti a Giacarta, nei sobborghi di Bekasi, Bogor e Depok e nella cittadina di Tangerang, luoghi dove nei mesi scorsi si sono verificati episodi di intolleranza religiosa. Secondo i risultati inviati all’agenzia Fides, il 49.5% degli intervistati non accetta la costruzione di un luogo di culto nel quartiere dove vive, se è di una fede differente dalla propria; l’84% non gradisce che un membro della propria famiglia abbracci una religione diversa dalla propria. Secondo l’Istituto, nel 2010 sono almeno 64 gli incidenti di natura religiosa come aggressioni, attacchi contro luoghi di culto, irruzioni per impedire lo svolgimento di assemblee di preghiera. Nel 2009, afferma il “Setara”, sono stati 18, e nel 2008 solo 17. Emerge, dunque, la crescita dell’intolleranza religiosa, specialmente nell’area della “grande Giacarta”, concludono i ricercatori. Fonti della Chiesa indonesiana esprimono preoccupazione “soprattutto nei sobborghi di Giacarta, dove si incrociano problemi sociali, disoccupazione, povertà, immigrazione, frutto dell’urbanizzazione incontrollata, foriera di tensioni sociali. In tale contesto, l’elemento religioso è un fattore identitario e coagulante per tutte le comunità, sia per i cristiani che per i musulmani. Qui gruppi radicali come il Fpi prosperano e trovano spazio, proponendo una visione integralista dell’islam”. Di recente, in un’intervista all’agenzia Fides, mons. Johannes Pujasumarta, segretario della Conferenza episcopale dell’Indonesia, aveva segnalato l’escalation di attacchi contro le chiese cristiane. (R.P.)

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    Congo: due militari arrestati per l’omicidio del parroco di Kanyabayonga

    ◊   Sono stati arrestati i presunti assassini di don Christian Bakulene, parroco di Kanyabayonga, nel Territorio di Lubero (nord Kivu nell’est della Repubblica Democratica del Congo), ucciso l’8 novembre scorso. Secondo quanto riporta l’agenzia Dia di Kinshasa, ripresa dalla Fides, i due uomini accusati dell’omicidio del sacerdote sono due soldati delle Fardc (Forze Armate delle Repubblica Democratica del Congo, l’esercito regolare) appartenenti alla seconda brigata integrata, la cui base si trova a Luofu, nel sud Lubero, a 200 km da Goma, il capoluogo della provincia del Nord Kivu. Secondo la Dia, l’arresto dei due militari costituisce il primo risultato dell’inchiesta dalla Commissione mista creata per indagare sull’omicidio, formata da rappresentanti delle Fardc, della procura militare, dell’amministrazione locale e dei servizi di polizia. Il Presidente della Commissione ha affermato che le indagini proseguono per accertare il movente dell’omicidio. L’assassinio di don Bakulene aveva suscitato profonda commozione nella popolazione locale. A fine novembre il clero della diocesi di Butembo-Beni aveva denunciato l’esistenza di “un genocidio in gestazione” nel nord Kivu. (R.P.)

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    Colera ad Haiti: aumentano vittime e contagi

    ◊   Sono salite a 1817 le vittime dell’epidemia di colera che da metà ottobre si registra ad Haiti, secondo l’ultimo bilancio diffuso dal ministero della Sanità pubblica e della popolazione (Mspp) riportato dai principali media locali. In un mese e mezzo, circa 90.000 persone sono state contagiate: di queste, 32.207 hanno avuto accesso al ricovero ospedaliero. L’area più colpita resta quella del dipartimento dell’Artibonite, in cui sono stati censiti i primi casi, con 40.500 contagi e oltre 760 morti. Nessuna vittima è stata registrata per ora nella regione di Nippes, dove la malattia è comparsa più tardi, mentre resta alta l’allerta nei dipartimenti di Grand Anse, Nord e Sud, su cui, tuttavia, il ministero non ha fornito dati. Assente dal paese da almeno un secolo, il batterio del colera era del tutto ignoto agli haitiani e ai loro sistemi immunitari, motivo per cui in alcuni casi la malattia conduce a una morte fulminante in sole poche ore. Il batterio, il cui ceppo è simile a quello presente in Asia, secondo esperti epidemiologici sentiti dall'agenzia Misna, non avrebbe potuto svilupparsi autonomamente ma sarebbe stato importato da fuori. (R.P.)

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    Conferenza sul clima: la Caritas chiede di agire contro i cambiamenti climatici

    ◊   La Commissione episcopale per la pastorale sociale (Ceps)-Caritas Messicana, alla guida di trenta delegazioni Caritas dei cinque continenti, ha chiesto a Cancún che i Governi di tutto il mondo “compiano progressi nel finanziamento e nell'adattamento e raggiungano un accordo legalmente vincolante nella Conferenza Onu sui cambiamenti climatici”. La Conferenza è iniziata questo fine settimana nel porto turistico di Cancún, sulla Riviera Maya del Messico, e durerà fino al 10 dicembre. La Caritas - riferisce l'agenzia Zenit - chiede che si elabori una mappa concreta del percorso per raggiungere per la fine del 2011 la meta di un accordo post-Kyoto che sia caratterizzato dalla giustizia. A questo proposito, monsignor Gustavo Rodríguez Vega, vescovo di Nuevo Laredo e presidente della Caritas Messicana, ha sottolineato che “la Terra ci è stata concessa affinché la custodissimo. Averne cura non è un beneficio solo per noi, come generazione attuale, ma anche per le generazioni future. E' un gesto d'amore e di solidarietà per gli esseri umani del futuro”. La Caritas chiede ai Paesi ricchi di rispondere ai loro doveri finanziari nei confronti di quelli in via di sviluppo, fornendo i 30.000 milioni di dollari in aiuti che hanno promesso per programmi che promuovano l'adattamento ai cambiamenti climatici. Devono beneficiarne le comunità più povere che non dispongono della capacità necessaria per rispondere alle difficili condizioni climatiche che stanno già sopportando, secondo quanto si apprende dal rapporto che verrà presentato in questi giorni dalla delegazione dell'organismo caritativo della Chiesa cattolica in tutto il mondo. I Paesi sviluppati devono anche rispettare la promessa di finanziamento di 100.000 milioni di dollari come aiuto annuale a lungo termine entro il 2020. Questo finanziamento, ha sottolineato la stessa fonte, deve essere trasparente, rispondere a priorità nazionali e locali e andare ad aggiungersi agli Aiuti Ufficiali allo Sviluppo. E' fondamentale raggiungere un accordo mondiale che sia giusto e legalmente vincolante e che si basi sul Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici, che si concluderà alla fine del 2012. I Paesi sviluppati devono ridurre le proprie emissioni di gas serra di oltre il 40% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. Quelli in via di sviluppo devono ricevere aiuti nei loro sforzi per limitare la crescita di queste emissioni. (R.P.)

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    Venezuela: appello della Chiesa alle autorità per le forti piogge che hanno colpito il Paese

    ◊   Il presidente della Conferenza episcopale venezuelana, mons. Ubaldo Santana Sequera, arcivescovo di Maracaibo, ha lanciato un appello ai dirigenti locali e regionali per lavorare insieme contro le avversità contingenti che attraversa il paese a causa dalle forti piogge. Mons. Santana - riporta l'agenzia Fides - ha osservato che "finora la risposta delle nostre agenzie governative è stata molto rapida, e in generale anche quella di tutti i servizi regionali e comunali per far fronte all'emergenza sorta nelle loro circoscrizioni. Vorrei chiedere di collaborare di più e lavorare più strettamente insieme, per superare in questo momento ogni tipo di conflitto politico, di partito, elettorale ed ideologico” ha esortato il presule. “Anche se pensiamo che domenica prossima ci saranno le elezioni, adesso dobbiamo pensare al bene dei nostri fratelli che soffrono i danni della natura. Dobbiamo unire le forze, le risorse, per soccorrerli meglio e al più presto possibile” ha concluso. Se la stagione delle piogge in Venezuela è una consuetudine, così non si può dire dell’intensità con cui si stanno abbattendo senza sosta, provocando frane e alluvioni, con conseguenti tristi bilanci in termini di vite umane. Il presidente Chavez ha già dichiarato lo Stato d’emergenza nei due distretti su cui si estende Caracas (Miranda e Capital), in quello di Vargas e in quello di Falcon, il primo ad essere colpito, dove 32.000 persone sono già state evacuate. Secondo le agenzie, il bilancio provvisorio parla di 25 morti e migliaia di case parzialmente o totalmente danneggiate dalle inondazioni. Secondo le ultime notizie 33.442 persone risultano colpite dalle piogge, cioè 7.500 famiglie sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni. (R.P.)

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    Convegno Caritas sulle donne migranti: alto il numero di suicidi in Libano e Giordania

    ◊   I suicidi delle donne immigrate dall’Indonesia e dall’Etiopia, che lavorano come domestiche in Libano e in Giordania e vengono sfruttate sul posto di lavoro o per scopi sessuali: è il tragico fenomeno denunciato in questi giorni a Saly, in Senegal, durante la conferenza promossa da Caritas internationalis su “Il volto femminile delle migrazioni”, in corso dal 30 novembre e che si conclude oggi. Najla Chahda, direttrice del Centro per migranti di Caritas Libano (che ha tre centri a Beirut e dintorni per donne vittime di tratta, con bambini e ammalate), ha parlato di “un alto numero di suicidi tra le donne etiopi”: a luglio una lavoratrice domestica si è gettata dall’ottavo piano dell’abitazione dove lavorava, a Msaytbeh. Altre quattro donne etiopi si sono uccise l’anno scorso. Il suicidio è un problema serio, anche tra le donne indonesiane. Molte temono che il marito rimasto a casa, si sposi con una seconda moglie, mentre loro lavorano per mandare soldi alla famiglia. Stessa situazione si ripete in Giordania. “Tante donne indonesiane si uccidono gettandosi dalla finestra – ha raccontato Suhad Zarafili, della Caritas della Giordania . Nella nostra clinica curiamo tante donne migranti malate fisicamente e psicologicamente per il duro lavoro e gli abusi subiti. Soffrono moltissimo, soprattutto se hanno lasciato i figli a casa”. Molte donne soffrono di schizofrenia, alcune smettono di mangiare, altre diventano violente e aggrediscono i loro datori di lavoro. Merlie B. Mendoza, della Caritas di Manila, ha parlato di “milioni di migranti filippini che fuggono dalla povertà e dai disastri ambientali. Dobbiamo fare in modo che la conferenza non si concluda solo con raccomandazioni politiche, ma che porti cambiamenti positivi, sostanziali, sulla vita delle persone di cui si parla”.(C.P.)

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    Francia. Le conclusioni della Settimana sociale: il futuro è vivere insieme

    ◊   Domenica scorsa si è conclusa a Parigi, l’85.ma edizione delle settimane sociali di Francia, dal tema “ Migranti, un futuro da costruire insieme”. Il presidente Jerome Vignon ha posto l’accento sulla necessità di modificare l’opinione generale sull’immigrazione, fatta principalmente di stereotipi dettati da diffidenze e paure, e di guardare lontano, situando la questione nel lungo periodo e invitando a considerare l’integrazione dell’altro, del diverso, come un processo inevitabile. “Non bisogna riflettere soltanto sul futuro dei migranti nel nostro Paese ma anche sul futuro del nostro Paese con i migranti, in un mondo, come quello di domani, caratterizzato molto probabilmente dalla crescita delle mobilità e degli scambi e dall'importanza delle appartenances ouvertes, fondate su una cultura dell'accoglienza nei confronti dello straniero”. L'immigrazione in Francia — ha detto il responsabile citando le statistiche mostrate all'assemblea da François Héran, direttore dell'Istituto nazionale di studi demografici — è “un'infusione lenta ma regolare, oltre che antica”. Alla lunga trasformerà e consoliderà la società in maniera profonda e pertanto è necessario vedere nell'immigrazione una risorsa che “ci aiuta a vivere il presente come promessa di un futuro migliore”. Questo discorso non vale solo per la Francia ma per tutta l'Europa, alle prese con un processo planetario di mobilità che la coinvolge: lontano dall'essere una nuova invasione (Héran ha mostrato che dei milioni di persone che ogni giorno nel mondo attraversano le frontiere, i migranti sono solo 1 su 400), tale processo prepara la strada a una ripresa dello sviluppo delle nazioni del sud, Africa compresa. È dunque controproducente per l'Europa ignorare o, peggio, contrastare il bisogno di emigrazione dei Paesi in via di sviluppo. Meglio sarebbe — ha detto Vignon — assecondare questa prospettiva, cominciando a pensare ad una politica di regolazione dei flussi migratori meglio coordinata e soprattutto proporzionata alla crescita economica delle nazioni interessate. Il presidente al riguardo chiede ai senatori di migliorare il progetto di legge Besson sull'immigrazione, l'integrazione e la nazionalità, già adottato dall'Assemblea nazionale il 12 ottobre scorso, nel suo intervento di chiusura ha auspicato che tutta la società partecipi al successo di quello che viene definito il “modello di integrazione alla francese”. Un modello, sia chiaro, che è ancora in evoluzione e che deve prevedere, fra l'altro, una piena osmosi culturale con la folta comunità musulmana, come ricordato anche dall'antropologa Dounia Bouzar, esperta di Islam. L’osservatore Romano rende noto che nella sua conclusione, il presidente delle Settimane sociali ha dichiarato che la Francia, ha bisogno di una “conferenza nazionale del vivere insieme” che riunisca imprese, strutture educative e sociali, istituzioni caritative, rappresentanti di Chiese e religioni e in questa sede i cristiani insieme a ebrei e musulmani “potrebbero rendere conto di un impegno, quello del dialogo interreligioso, antidoto prezioso contro tutti i fondamentalismi”. (C.P.)

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    Irlanda: I cappellani irlandesi lamentano la grave situazione nelle carceri

    ◊   Un rapporto sulle pessime condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti è stato reso noto dai cappellani delle carceri irlandesi. Una situazione carceraria, definita “disumana”, che si fa sempre più insostenibile a causa di continui episodi di violenza, del crescente uso di sostanze stupefacenti tra i detenuti e del sovraffollamento. Nelle quattordici carceri irlandesi operano ventisette persone, tra cappellani, sacerdoti, religiosi e laici, che lavorano ogni giorno a fianco dei detenuti e delle loro famiglie. “È scoraggiante — ha dichiarato all’Osservatore padre Ciarán Enright, responsabile della cappellania del carcere di Arbour Hill — dover registrare ogni anno che non vi sono segnali di miglioramento, rispetto alla situazione dell'anno precedente. I cappellani sono costretti a subire una politicizzazione del sistema della giustizia penale che non riesce ad affrontare il vero problema della criminalità e della prevenzione. Il problema del sovraffollamento è così preoccupante — ha aggiunto padre Enright — che la scorsa estate 129 detenuti del carcere di Mountjoy non avevano nemmeno un materasso sul quale dormire. Nella prigione di Wheatfield un anziano di 75 anni è stato costretto a dormire su un materasso steso sul pavimento. In celle anguste dove convivono fino a quattro detenuti, spesso l'unico servizio igienico è un vaso da notte”. I cappellani nel rapporto hanno evidenziato come le notizie che spesso accompagnano alcune scarcerazioni rendano sempre più difficile il reinserimento degli ex detenuti nella comunità. Un esempio lampante — si legge nella nota del responsabile - è rappresentato dal rilascio di un detenuto, Larry Murphy; in quell'occasione i giornali hanno prodotto un circolo mediatico che ha alimentato paura e ansia nella società irlandese, la messa in pericolo della vita di una persona e la creazione di panico immotivato. In un'altra occasione, un detenuto che doveva essere visitato in un ospedale è stato preso di mira all'uscita dal carcere da un folto gruppo di giornalisti e fotografi. Il comunicato evidenzia anche come all'interno delle carceri si susseguano quotidianamente episodi di estrema violenza: tra i più diffusi, l'utilizzo di una lama per sfregiare in modo permanente il volto di un detenuto. Il centro di recupero per giovani e minori “St Patrick” viene indicato dai cappellani come motivo di grave preoccupazione. La struttura è in diretta violazione della convenzione dell'Onu sui diritti del fanciullo che vieta la detenzione dei ragazzi, al di sotto dei 18 anni, insieme agli adulti. Al “St Patrick” non viene applicata nessuna protezione nei confronti dei minori. Qui, un giovane su quattro si trova in carcere cautelare rinchiuso per 23 ore al giorno senza fare nulla. I laboratori per i giovani vengono descritti come uno spreco di denaro e non offrono una formazione alla persona. I cappellani comunque si auspicano di rendere più sicure le prigioni e soprattutto libere dalla droga per l'interesse di tutti ma l'unico ostacolo al momento sembrerebbe essere la volontà politica. (C.P.)

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    Nord Irlanda: appello di mons. Treanor contro povertà ed esclusione sociale

    ◊   Un appello per “una nuova mobilitazione di partecipazione spontanea volta a contrastare la povertà e l’esclusione nella nostra società”. A rivolgerlo - riferisce l'agenzia Sir - è stato ieri da Belfast mons. Noel Treanor, vescovo di Down and Connor e delegato per l’Irlanda presso la Comece (Commissione episcopati Comunità europea), nel suo intervento al lancio del documento “Affrontare la sfida della povertà nell’Irlanda del Nord”, elaborato in collaborazione con la Northern Ireland Catholic Commission on Social Affairs, la Society of St. Vincent de Paul e il St. Mary’s University College. “L’Unione europea – Commissione, Parlamento e Consiglio europei – ha riconosciuto che un’efficace azione contro la povertà richiede la partnership attiva dei settori pubblico, privato e del volontariato come vettore chiave per incrementare le politiche e le azioni volte a promuovere l’inclusione sociale”, ha affermato mons. Treanor. Per questo la lotta contro la povertà esige “il mutuo riconoscimento delle rispettive competenze ed esperienze” di tutti “i settori coinvolti” in questo ambito. “C’è bisogno – ha aggiunto il vescovo - di un maggior numero” di persone che offrano volontariamente “sostegno concreto, parole di affetto e ascolto a chi è nel bisogno. Mentre si avvicina il Natale – osserva mons. Treanor – la gente è preoccupata. La fiducia è diminuita, scarsa la speranza nel futuro… Nell’Irlanda del Nord oggi non sono poche le famiglie a temere la prossima bolletta, a non poter accendere il riscaldamento, a non avere denaro per i regali ai bambini”. Secondo il documento presentato ieri, aggiunge il vescovo, “l’Irlanda del Nord rimane una delle aree più periferiche ed economicamente svantaggiate dell’Ue”, dove “circa 110mila minori vivono in povertà, più del doppio che nelle altre regioni del Regno Unito”. Povero è anche il 41% delle famiglie monogenitoriali e il 33% dei pensionati delle aree rurali. Alta la percentuale di “lavoratori poveri”. “La crescita della nostra economia sociale di mercato è vitale per lo sviluppo integrale di una futura economia in cui il profitto e il capitale siano al servizio delle persone” avverte mons. Treanor, secondo il quale “la partecipazione volontaria e l’azione sussidiaria sono il capitale d’impresa dell’economia sociale di mercato. Esse sono essenziali per guidare l’economia verso i suoi obiettivi umani e sociali”. Dal presule, infine, l’invito “alle sorelle e ai fratelli nelle Chiese cristiane” a “testimoniare e a lavorare per una società più coesa, condivisa e riconciliata”. (R.P.)

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    Germania: i "Cantori della stella" per i bambini di Haiti

    ◊   È giunta al suo 60° anniversario la raccolta di fondi per i bambini organizzata in Germania dagli “Sternsinger”, i Cantori della stella, presentata ieri ad Aquisgrana. Nel periodo dell’Avvento, i bambini tedeschi raccoglieranno denaro in salvadanai colorati in cartone, che verranno poi portati in parrocchia tra il 27 dicembre e il 6 gennaio prossimi, in occasione della Giornata missionaria mondiale. L’opera missionaria dei Cantori della stella - riferisce l'agenzia Sir - ha preparato per l’occasione una serie di materiali che verranno distribuiti nelle comunità parrocchiali, nelle scuole e negli asili. Nell’edizione dell’anno scorso, i bambini avevano raccolto circa 2 milioni di euro con cui sono stati finanziati progetti di aiuto per bambini di tutto il mondo. Questo anno, la campagna è dedicata ai bambini di Haiti, colpiti dal terremoto del gennaio scorso. Nei materiali informativi sulla raccolta fondi, i bambini di Haiti raccontano cosa vorrebbero per Natale nella difficile situazione che stanno vivendo. (R.P.)

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    Lettere dei vescovi coreani per l’Avvento: promuovere una nuova evangelizzazione

    ◊   L’Avvento “sia il motore che spinge una nuova evangelizzazione, per affrontare una nuova era e le sfide che porta con sé”. È il senso generale delle Lettere pastorali inviate dai vescovi della Corea del Sud alle proprie diocesi in occasione della prima domenica di Avvento. I presuli, uniti, hanno chiesto ai fedeli di “non limitarsi a un’evangelizzazione interna, ma rinnovare con il proprio comportamento la Chiesa e rafforzare la spiritualità della comunità”. Il cardinale Nicholas Cheong Jin-suk, arcivescovo di Seoul, ha sottolineato che la priorità – sia della Chiesa che dei cattolici – è quella di “ricordare e nutrire la propria fede con impegno. Inoltre, con la mente rivolta al 200° anniversario dell’istituzione del vicariato apostolico di Corea che cadrà nel 2031, dobbiamo impegnarci per un rinnovamento globale”. L’arcivescovo di Daegu, mons. Thaddeus Cho Hwan-gil, scrive: “La presenza della Chiesa si giustifica e si rinnova con l’evangelizzazione, che va aggiornata ai tempi in cui viviamo. I fedeli devono comprendere questa missione e non dimenticare mai l’importanza e l’urgenza di realizzare la propria vocazione divina”. L’arcivescovo di Kwangju, mons. Hyginus Kim Hee-joong, punta invece sulla rivitalizzazione della liturgia “essenza della vita e della missione della Chiesa”. Nella sua Lettera, intitolata “Comunità di evangelizzazione concentrate sull’Eucarestia”, il presule scrive: “Spero che il 2011 possa essere l’anno del rinnovamento dei fedeli, in modo che possano comprendere appieno l’importanza della liturgia”. Infine il vescovo di Chunchon, mons. Lucas Kim Woon-hoe, che ha firmato la sua prima Lettera pastorale: nel testo, il prelato chiede ai fedeli di ridare slancio alle attività missionarie, promuovere la formazione sacerdotale e impegnarsi nel lavoro pastorale “soprattutto a favore dei giovani, strada sicura per rafforzare la propria spiritualità”. (R.P.)

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    Una mostra in Vaticano su Gaudì e la Sagrada Familia

    ◊   In programma una serie di manifestazioni culturali in Vaticano,per presentare l’importanza artistica e spirituale di Antonio Gaudì e della“Sagrada Familia” per far conoscere i diversi aspetti della cultura e dell’arte catalana. A promuoverle sono la Fundació Joan Maragall (FJM) e la Fundació “Junta Constructora del Templo de la Sagrada Familia”, in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura. Gli eventi si terranno la prossima primavera. Una mostra - intitolata, “Gaudì e la Sagrada Familia di Barcellona: Arte, scienza e spiritualità” - sarà aperta dal 1º aprile al 15 maggio 2011, nel Braccio di Carlo Magno in Vaticano. E’ articolata secondo un percorso in sei grandi capitoli attraverso il quale sarà possibile inquadrare storicamente la figura di Antoni Gaudì, e la sua opera, in particolare la Sagrada Familia, di cui verranno presentati sia gli aspetti tecnici che il messaggio religioso. Tra gli oggetti in mostra vi saranno modelli costruiti da Gaudì, piani, mobili e oggetti liturgici disegnati dallo stesso architetto, provenienti dalle collezioni del Museo della Sagrada Familia, nonché fotografie e materiale audiovisivo. In parallelo, ci sarà un fitto programma di attività culturali e accademiche, per far conoscere diversi aspetti della cultura e della Chiesa catalana, sia del tempo di Gaudì, sia del momento presente. Tra le attività organizzate a Roma durante la mostra, bisogna ricordare l’incontro tra il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ,e l’architetto spagnolo Santiago Calatrava, che si terrà il 12 aprile 2011. Tema del dialogo: Architettura e fede, architettura e trascendenza. A chiusura delle manifestazioni di cultura catalana in Italia e in Vaticano, il 12 maggio 2011, il Coro di voci bianche del Monastero di Montserrat, offrirà un concerto nella Chiesa di Montserrat a Roma. Questa presenza della cultura catalana in Vaticano, rafforza i legami di collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura, avviati dalla fondazione Joan Maragall sotto la presidenza del cardinale Poupard, e manifesta l’impegno nel dialogo tra fede e cultura. Allo stesso tempo si prefigge di far conoscere la realtà del mondo culturale catalano e il suo ruolo nella Chiesa. Attraverso la mostra e le iniziative culturali, le due fondazioni promotrici intendono andare oltre la figura di Antonio Gaudì e collocarlo nel contesto europeo del suo tempo. (C.P.)

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    Messaggio Cei: l'insegnamento della religione per elaborare un progetto di vita

    ◊   “Siamo persuasi che la dimensione religiosa è costitutiva dell’essere umano e che l’Insegnamento della religione cattolica (Irc) può aiutare i giovani a interrogarsi e riflettere, per elaborare un progetto di vita capace di arricchire la loro formazione, con particolare riferimento agli aspetti spirituali ed etici dell’esistenza, stimolandoli a interpretare correttamente il contesto storico, culturale e umano della società, in vista del loro coinvolgimento nella costruzione della convivenza umana”. E’ il “cuore” del Messaggio della presidenza della Cei - ripreso dall'agenzia Sir - in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno scolastico 2011-2012. “Per la Chiesa in Italia – esordiscono i vescovi - questo è un anno speciale, perché segna l’inizio di un decennio caratterizzato da una rinnovata attenzione all’educazione, riconoscendo nell’arte delicata e sublime dell’educare una sfida culturale e un segno dei tempi”. “Lo studio delle fonti e delle forme storiche del cattolicesimo è parte integrante della conoscenza del patrimonio storico, culturale e sociale del popolo italiano e delle radici cristiane della cultura europea”, si legge infatti negli Orientamenti Cei per questo decennio. Nell’anno scolastico 2009-2010 l’Irc è stato scelto dal 90% delle famiglie e degli alunni delle scuole statali. Dato, questo, che sale al 90.80%, se si tiene conto anche di quanti frequentano scuole cattoliche. Per la Cei, la scuola costituisce “un luogo irrinunciabile per promuovere l’educazione della persona” e l’Irc “permette di affrontare le questioni inerenti il senso della vita e il valore della persona alla luce della Bibbia e della tradizione cristiana”. Tale insegnamento, inoltre, “si inserisce oggi nel processo di riforma della scuola italiana”. “Gli insegnanti di religione cattolica – assicurano i vescovi - forti di una formazione umana e spirituale radicata nell’appartenenza ecclesiale e arricchiti nella cura costante di una professionalità adeguata alle nuove sfide culturali, si offrono come protagonisti, in sinergia con i colleghi delle altre discipline, di un’azione pedagogica illuminata dalla fiducia nella vita e dalla speranza, capace di raggiungere il cuore e la mente dei giovani, facendo leva sulle loro migliori risorse e proiettandoli verso quei traguardi di senso che lasciano intravedere la bellezza di una vita autenticamente buona”. L’alto tasso di adesione all’Irc, per la Chiesa italiana, “attesta la forza di attrazione di questa disciplina, di cui gli stessi avvalentisi sono i testimoni più efficaci”. “Proprio a questi studenti e alle loro famiglie – la conclusione del messaggio - chiediamo di incoraggiare positivamente quanti non l’hanno ancora scelta, affinché scoprano la ricchezza della dimensione religiosa della vita umana e la sua valenza educativa”. (R.P.)

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    Loreto: il cardinale Rylko aprirà il Forum europeo dei giovani

    ◊   Sarà il cardinale Stanislaw Rylko ad aprire, il prossimo 5 dicembre, il Forum dei giovani europei “Da EurHope a EurHome: ‘Ecco la vostra casa’. Loreto capitale dei giovani d’Europa” che si terrà fino al 10 dicembre nella città del Santuario. L’iniziativa - il programma completo è su www.giovaniloreto.it - è organizzata nel contesto delle celebrazioni per il decennale del Centro Giovanni Paolo II di Loreto e ha il patrocinio del Pontificio consiglio per i laici. All’evento - riferisce l'agenzia Sir - parteciperanno cinque giovani di una ventina Paesi europei, indicati delle conferenze episcopali nazionali di Belgio, Croazia, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Malta, Moldavia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina e Ungheria più alcuni rappresentanti di gruppi e movimenti come Comunità cenacolo, Giovani per un mondo unito (Focolari), Gifra, Usmi, Foi, Istituzione teresiana, Serve di Maria Riparatrice. Durante l’evento i giovani ascolteranno delle relazioni e discuteranno delle loro esperienze in diversi laboratori: il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, concluderà il Forum presiedendo le celebrazioni del 9 e 10 dicembre, solennità della Beata vergine di Loreto. (R.P.)

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    Taiwan: primo Superiore generale non cinese per i “Discepoli del Signore”

    ◊   Padre Xie Qi Long, finora superiore provinciale della provincia della Malaysia, è stato eletto Superiore generale dei “Discepoli del Signore”, la congregazione religiosa nazionale cinese fondata dal cardinale Celso Costantini. Padre Xie Qi Long è il primo non cinese a ricoprire l’incarico di Superiore generale della congregazione. L’ultimo Capitolo generale, svoltosi dall’8 al 12 novembre, ha confermato due decisioni importanti riguardanti il futuro della congregazione: la lingua cinese è la lingua ufficiale della congregazione, tutte le province della congregazione possono accogliere le vocazioni che non sono di origine cinese. Dal 1981 la provincia del sud est asiatico aveva cominciato ad accogliere le vocazioni non cinesi, ma questa possibilità non riguardava tutta la congregazione. Dopo tre turni di votazioni, alla presenza di Mons. Joseph Hong Shan Chuan, arcivescovo di Tai Pei e presidente della Conferenza episcopale regionale di Taiwan, i 28 capitolari provenienti da Indonesia, Singapore, Canada, Malaysia, Italia e regione di Taiwan hanno eletto padre Xie come nuovo Superiore generale, che inizierà il suo mandato alle fine di gennaio 2011. La congregazione dei “Discepoli del Signore” è stata fondata nel 1927 da mons. Celso Costantini (1876-1958), il primo Delegato apostolico in Cina (per ben 11 anni, dal 1922) e in seguito Segretario della Congregazione dell’Evangelizzazione dei Popoli (per 17 anni), per promuovere l’evangelizzazione in Cina fatta dai cinesi. Grazie al suo impegno nacque anche la prima Universitа cattolica cinese di Fu Ren, che oggi si trova a Taiwan, e Papa Pio XI nel 1926 consacrò i primi sei vescovi di origine cinese nella Basilica di S. Pietro.(R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il direttore del Fmi: la crisi in Europa è ancora forte, la ripresa stenta

    ◊   La crisi in Europa “è ancora forte” e la ripresa “stenta”. Lo ha detto il direttore del Fondo monetario internazionale (Fmi), Dominique Strauss-Kahn, nel corso di una conferenza in India. Ha anche affermato che i prossimi direttori di Fmi e Banca mondiale non dovrebbero provenire nè dall'Europa nè dagli Stati Uniti. Fino ad oggi, in base ad un accordo informale, a guidare le due istituzioni internazionali sono stati americani ed europei. Proprio questa mattina, l’Eurostat ha diffuso i dati del Prodotto interno lordo (pil) nella zona Euro, che cresce dello 0,4% nel terzo trimestre e dell'1,9% su base annuale. Differenze notevoli, però, sono da segnalare tra la Germania, il cui il pil è salito dello 0,7%, e la Grecia, dove scende dell’1,1%. Per una lettura del fenomeno, Eugenio Bonanata ha intervistato l’economista Riccardo Moro:

    R. – Il primo dato è sicuramente quello di un continente che ha molte differenze al proprio interno e che risponde con una certa fatica alla crisi. Il trend complessivo annuale di 1.9 è positivo, tuttavia inferiore a quello di altre aree del pianeta, in modo particolare a quello dei Paesi emergenti, ma anche quello dei Paesi a minor reddito.

    D. – Quali sono le previsioni per il futuro?

    R. – Le previsioni per i prossimi due anni segnalano un trend non così positivo per la Germania. Si prevede cioè un dato molto positivo dovuto fondamentalmente alle esportazioni tedesche ed un dato nel complesso un po' migliore per gli altri Paesi. Il che potrebbe farci pensare ad un equilibrio, una convergenza maggiore tra i Paesi. Detto in sintesi: la crisi non è finita - questi dati infatti lo dimostrano - però ci avviamo verso una risalita. Non velocissima ma verso una risalita, con delle differenze pesanti oggi e probabilmente con una maggiore uniformità domani.

    D. – Qual è stata, fino ad ora, secondo lei, la risposta europea alla crisi?

    R. – Sono un pò severo. Secondo me, soprattutto nei mesi scorsi, non c’è stata una buona risposta. I leader non hanno dimostrato quello che una volta si chiamava “senso dello Stato” – che serve tanto anche oggi – laddove dev’essere chiaro che per “Stato”, oggi, dobbiamo intendere Europa. Ci sono state delle gelosie – anche pesanti – abbiamo consentito che per sette mesi si parlasse della possibilità di uscire dall’euro e quindi di chiudere l’esperienza della moneta unica, quando sappiamo tutti che ad esempio non esiste clausola, nell’accordo che ha creato l’euro, che consenta di terminare quest’esperienza. Cioè: abbiamo parlato di una cosa che non esisteva.

    D. – Ma chi ci ha guadagnato?

    R. – Abbiamo fatto un regalo straordinario agli speculatori grazie alle lentezze con cui si è giunti, finalmente, a costituire uno strumento ordinario d’intervento nelle situazioni di crisi. Oggi, quello strumento c’è, lo si sta usando con l’Irlanda, è disponibile per il Portogallo ed eventualmente la Spagna, governi nazionali si stanno attrezzando per riforme che certamente comportano una fatica in termini di consenso politico ma mi sembra che si stia rispondendo meglio. Il fatto è che, onestamente, non sembra emergere, neanche dopo questi errori, una leadership con un’autorevolezza tale da permettere di catalizzare intorno a sé fiducia e consenso, sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista finanziario.

    Italia, la Camera sospende le sedute fino alla mozione di sfiducia del 14 dicembre
    Niente sedute alla Camera, in Italia, dalla prossima settimana fino al 13 dicembre: lo ha deciso la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che annuncia che dopo il dl sicurezza l'Aula tornerà a riunirsi non prima della data prevista per la presentazione della mozione di sfiducia al governo. È passata, dunque, la richiesta avanzata dal Pdl. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, ha detto che “in pendenza di una mozione di sfiducia non è opportuno che in Aula si affrontino questioni delicate, in quanto prevale la questione di carattere generale”. Secondo Cicchitto, la scelta “è politica e deriva dalla delicatezza dell'attuale momento politico”. L'opposizione ha protestato per la scelta, “determinata da ragioni politiche”, avendo proposto di proseguire con il calendario dei lavori inizialmente fissato. Intanto, dopo la riunione che si è tenuta questa mattina tra i leader di Fli, Udc e Api, Francesco Rutelli, dell’Api, assicura che “c’è una convergenza ampia e solida”.

    Gigantesco incendio sulle pendici del Monte Carmelo: decine di morti
    Un gigantesco incendio è scoppiato sulle pendici del monte Carmelo, nel nord di Israele, causando almeno 40 morti. L'incendio sta distruggendo centinaia di ettari di bosco, interessando anche le aree abitate. Vigili del fuoco e polizia hanno imposto lo sgombero degli abitanti da alcuni centri, come il kibbutz Bet Oren e un grande albergo nelle vicinanze. L'episodio più grave ha interessato lo sgombero dei detenuti da una prigione nell'area minacciata dai roghi. Il bus su cui viaggiavano è stato travolto dalle fiamme. Si ignorano le cause dell'incendio, che sembra sia scoppiato in diversi punti. Non si esclude una matrice dolosa.

    Due palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza
    Due palestinesi sono stati uccisi la scorsa notte dal fuoco di soldati israeliani nella Striscia di Gaza, mentre stavano cercando di collocare esplosivi accanto al reticolato di confine con Israele. Lo ha riferito la radio pubblica israeliana. In Cisgiordania, intanto, l'annuncio dell'approvazione di un nuovo piano di costruzione di 625 nuovi alloggi a Pisgat Zeev, un insediamento ebraico nella periferia di Gerusalemme est, ha suscitato oggi una dura reazione dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), che ha accusato Israele di non essere interessato ai negoziati di pace diretti. Per la ripresa di questi ultimi, i palestinesi chiedono una moratoria di tutti gli insediamenti in tutti i territori che essi rivendicano. L'assenso dato al piano da parte della Commissione per l'edilizia e la progettazione urbana del municipio di Gerusalemme è un segnale che Israele non vuole e non è pronto a un accordo che permetta la ripresa dei negoziati, ha detto una fonte dell'Anp. Pisgat Zeev si trova in Cisgiordania, ma in territorio che Israele, assieme ad altre aree, ha annesso all'area municipale di Gerusalemme dopo l'occupazione del settore orientale della città nel conflitto del 1967. La comunità internazionale non riconosce l'annessione israeliana e nemmeno lo status di Gerusalemme come capitale di Israele.

    Ancora un soldato Isaf ucciso in Afghanistan, il terzo in 48 ore
    Un secondo soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) è morto oggi in Afghanistan, portando a tre il numero dei decessi nelle prime 48 ore di dicembre. Lo riferisce la stessa Isaf a Kabul. Il militare è morto nel sud del Paese, in seguito a un attacco degli insorti. Sono 673 le vittime militari straniere in Afghanistan dall'inizio del 2010.

    Prosegue la mobilitazione per evitare la pena di morte per Tareq Aziz
    Grazia per Tarek Aziz, nel pieno rispetto delle autorità irachene e con l'unico obiettivo di “salvaguardare la vita umana”. È questa la richiesta consegnata oggi nelle mani dell'ambasciatore iracheno a Roma, Saywan Barzani. Una battaglia contro la pena di morte, che il rappresentante diplomatico, di principio, condivide, anche se il suo popolo, assicura, non è ancora pronto ad un tale cambiamento. Barzani assicura che il presidente della Repubblica iracheno, Talabani, come lui è “contrario alla pena di morte” e che l'istanza, voluta dal figlio di Aziz e consegnata oggi dall'avvocato Remo Di Martino, verrà girata alle “più alte autorità “ a Baghdad.

    Cina, poche speranze per i minatori intrappolati in una miniera a Xiangtan
    Sono poche le speranze di trovare in vita i sette minatori che da martedì scorso sono intrappolati nel fondo di una miniera a Xiangtan, nella provincia centrale cinese dell'Hubei. Secondo quanto riferisce l'agenzia Nuova Cina, oltre all'acqua che i soccorritori stanno cercando di pompare fuori, stamattina un crollo nella miniera sta complicando le operazioni di soccorso. Secondo i soccorritori, il livello di ossigeno nel cunicolo nel quale sono intrappolati i minatori è sceso a causa del crollo e c'è la concreta possibilità che i minatori siano rimasti soffocati. In ogni caso, sono state azionate ancora più idrovore e chiamate altre squadre che stanno cercando di aprire varchi nel luogo del crollo.(Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 336

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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