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Sommario del 29/08/2010
◊ Una preghiera che rafforzi la fiducia nel buon esito delle operazioni di soccorso. Benedetto XVI l’ha levata questa mattina, dopo la preghiera dell’Angelus a Castel Gandolfo, dedicandola ai minatori cileni da giorni al centro di un complesso intervento per riportarli alla luce dopo il crollo che li ha intrappolati a decine di metri di profondità nella regione di Atacama. Il Papa ha pure esortato alla tutela dell’ambiente per la salvaguardia della pace nel mondo, invitando tutti a riscoprire il valore dell’umiltà del quale Cristo, ha detto, è l’assoluto “modello”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Consegnare alle nuove generazioni un ambiente integro vuol dire consegnare ai giovani una terra in pace. Quella stessa terra che talvolta reagisce duramente agli interventi umani, causando lutti o talvolta drammi non meno angosciosi. Come è il caso dei 33 minatori intrappolati nelle viscere della miniera cilena della regione di Atacama, la cui vicenda e quella dei loro familiari in attesa è da giorni al centro dell’attenzione internazionale per la delicatezza dei lavori che saranno necessari per trarli in salvo. A loro e ai loro cari, Benedetto XVI ha voluto far arrivare da Roma questo pensiero di solidarietà:
“A ellos y a sus familiares los encomiendo…
Affido loro e i loro familiari all'intercessione di San Lorenzo, assicurando la mia spirituale vicinanza e la mia costante preghiera, perché mantengano la serenità nella speranza di una conclusione positiva dei lavori che stanno svolgendosi per salvarli”.
Le preghiere per i minatori cileni sono state levate dal Papa dopo la preghiera dell’Angelus insieme con un pensiero per l’imminente celebrazione della Giornata per la salvaguardia del Creato, promossa dai vescovi italiani per il prossimo primo settembre:
“E’ un appuntamento ormai abituale, importante anche sul piano ecumenico. Quest’anno ci ricorda che non ci può essere pace senza rispetto dell’ambiente. Abbiamo infatti il dovere di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente conservarla. Il Signore ci aiuti in questo compito!”.
Nella riflessione spirituale prima dell’Angelus, Benedetto XVI si era soffermato su una delle notizie umanamente più rivoluzionarie portate dalla Buona Notizia del Vangelo, quella che nel Regno di Dio considera più grande chi è più piccolo. E tra le tante immagini indelebili con le quali Cristo ha spiegato questo concetto c’è la parabola presente nelle letture liturgiche della domenica. Nel proporre la scena del banchetto nuziale e con essa l’invito a scegliere l’ultimo posto a tavola piuttosto che il primo – col rischio di vedersi in quest’ultimo caso pubblicamente umiliati – “il Signore non intende – ha osservato il Papa – dare una lezione sul galateo, né sulla gerarchia tra le diverse autorità”:
“Egli insiste piuttosto su un punto decisivo, che è quello dell’umiltà: ‘chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato’. Questa parabola, in un significato più profondo, fa anche pensare alla posizione dell’uomo in rapporto a Dio. L’’ultimo posto’ può infatti rappresentare la condizione dell’umanità degradata dal peccato, condizione dalla quale solo l’incarnazione del Figlio Unigenito può risollevarla”.
E’ la mai troppo ripetuta lezione cristiana sull’umiltà che ha in Gesù, e soprattutto in Gesù crocifisso – ha affermato il Pontefice – un “modello” di “gratuità”:
“Da Lui apprendiamo la pazienza nelle tentazioni, la mitezza nelle offese, l’obbedienza a Dio nel dolore, in attesa che Colui che ci ha invitato ci dica: ‘Amico, vieni più avanti!’; il vero bene, infatti, è stare vicino a Lui”.
Il Papa ha concluso la riflessione con due esempi. Il primo, quello di San Luigi IX, re di Francia, ricordato in settimana dalla liturgia, che invitò nel suo “Testamento spirituale al figlio” a ringraziare umilmente il Signore per la prosperità e a “non diventare peggiore per vanagloria”. Il secondo esempio – suggerito dalla liturgia odierna che ne ricorda il martirio – è quello di San Giovanni Battista: il “più grande tra i profeti di Cristo, che ha saputo – ha affermato Benedetto XVI – rinnegare se stesso per fare spazio al Salvatore, e ha sofferto ed è morto per la verità”.
Nei saluti post-Angelus in sei lingue, tra molti applausi e brevi canti, il Papa ha salutato fra gli altri i molti ragazzi che hanno ricevuto o riceveranno la Cresima, un gruppo di Cooperatori Paolini e un altro di studenti del Pontificio Collegio Nordamericano.
◊ Un triduo solenne, celebrato nei giorni scorsi, ha posto in risalto il 15.mo centenario di fondazione del Santuario della Madonna della Mentorella, che sorge nella diocesi laziale di Tivoli. Affidato alla cura pastorale dei Padri resurrezionisti, è luogo di culto e meta di pellegrinaggi sin dal V secolo. Dopo le frequenti visite di Giovanni Paolo II, vi si è recato anche Benedetto XVI, pochi mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio. Ma la festa della Mentorella, per tradizione, ricorre l’ultima domenica di agosto e questa mattina è stato il cardinale Giovanni Battista Re, inviato speciale del Papa, a presiedere la Messa solenne. All'omelia, il porporato ha parlato del ruolo di "mediatrice" svolto dalla Vergine presso il Figlio, il quale - ha detto - "lo abbiamo ricevuto da Lei" e desidera "che andiamo a Lui mediante Maria". Sulla lunga storia del Santuario della Mentorella, Tiziana Campisi ha sentito il rettore, padre Adam Otrebski:
R. – Anche se quest’anno il nostro Santuario festeggia 1.500 anni, la tradizione e il culto in questa zona sono un po’ più antichi. Penso si debba risalire addirittura al culto pagano: questo era il tratto dei pellegrini che andavano a Palestrina – l’antica Preneste – al grande santuario pagano della dea Fortuna. Più tardi, all’epoca di Traiano, uno dei suoi grandi tribuni – Placido – era solito venire qui a caccia. Secondo la tradizione, quando sulla rupe che oggi si trova al di sopra della nostra chiesa Placido era in procinto di uccidere il cervo, tra le corna dell'animale gli apparve Gesù. Questo è stato per Placido il segno per la conversione. Si è convertito, ha preso il nome di Eustachio ed è stato in seguito martirizzato insieme con tutta la sua famiglia in uno dei circhi di Roma. Siccome in questa zona si era affermato il culto di Sant’Eustachio, l’Imperatore Costantino avrebbe costruito qui la prima chiesa-santuario dedicata proprio a Sant’Eustachio, che fu consacrata da Papa Silvestro I.
D. – I religiosi Resurrezionisti hanno la cura pastorale del Santuario della Mentorella dal 1883. Che cosa significa per voi celebrare il 15.mo centenario di questo luogo?
R. – Il 1883 è una bella data, perché con l’aiuto degli amici lo abbiamo riacquistato dallo Stato Pontificio. Siamo arrivati qua nel 1857, perché questo luogo lo abbiamo ricevuto da Pio IX come casa di villeggiatura. Noi siamo nati nel 1836 a Parigi e i primi padri cercavano una casa fuori Roma per riposarsi. Nel riceverla abbiamo però contratto l’obbligo di soggiornarvi per tutto l’anno e di mantenervi tutto l'anno la cura pastorale. Poi, con il 1870, è stato necessario ricapitolare tutto. Infatti, nel 1883, quando l’abbiamo riacquistato dallo Stato italiano, sono stati fatti i lavori: tutto in preparazione del Giubileo del 1900. In quella occasione, sono stati rianimati gli antichi pellegrinaggi e quindi la cura pastorale del luogo. Quelli che vengono cercano una cosa particolare: per arrivare qui, uno dev’essere grande, almeno nel cuore. Avere il cuore grande, perché? Perché cerca Dio, perché cerca l’aiuto, perché cerca il sostegno, cerca quello di cui ha bisogno.
D. – A ricordo del 15.mo centenario del Santuario della Madonna della Mentorella, quali parole vorrebbe lasciare nel cuore di ogni pellegrino?
R. – Che la Mamma aspetta; che la Mamma accoglie e noi siamo sempre lieti di essere testimoni e servitori di questo Santuario che per i secoli ha ricevuto i grandi ed i piccoli, i semplici e quelli un po’ più "complicati". E la Mamma accoglie anche noi e ci stringe al suo cuore.
◊ I cristiani dell’India celebrano oggi la “Giornata nazionale dei martiri” per ricordare sacerdoti, religiosi e laici che hanno perso la vita per la loro fede in Cristo. La Giornata è un’occasione, in particolare, per commemorare i cristiani uccisi nel 2008 in Orissa da estremisti indù. Su questa iniziativa, promossa nel nome di Cristo, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco il vescovo di Nashik, mons. Felix Anthony Machado:
R. – Il nostro Signore Gesù Cristo ci ha anche richiamato a fare il memoriale del Signore, nel senso di attuare di nuovo l’opera di salvezza in ogni Eucaristia. E, in questo senso, non possiamo dimenticare in India quello che per noi è il pellegrinaggio della Chiesa. Dobbiamo celebrare anche la vittoria del bene sul male. La Giornata deve essere un’occasione per ringraziare Dio, perché la sofferenza non è una maledizione di Dio. La sofferenza fa parte della vita di un cristiano e dobbiamo ringraziare il Signore, perché dalla Croce è germogliata la vita, la salvezza. E’ Lui che ci conduce e dobbiamo in fede camminare verso i frutti del Regno di Dio, frutti di giustizia, di pace, di riconciliazione.
D. – Uno dei frutti della sofferenza non deve essere la vendetta ma la riconciliazione. E poi è importante anche sottolineare che unite nelle celebrazioni di questa Giornata sono tutte le denominazioni cristiane presenti in India...
R. – E’ una Giornata per celebrare la maturità della fede cristiana. Come noi, tutti i cristiani delle varie Chiese sono attorno alla Croce. C’è anche gente di buona volontà di altre religioni, che denuncia quello che è successo. Anche loro partecipano a questa Giornata.
D. – E proprio queste persone sono la coscienza dell’India, la speranza dell’India...
R. – L’India ha molto bisogno di questo e ha molto bisogno della riconciliazione in senso vero. Sulla Croce, Gesù ha abolito tutto l’odio, tutto quello che è il male. E’ questo che i cristiani devono cercare di fare. Devono allargare questo desiderio per la pace, per la riconciliazione, con tutte le persone di buona volontà.
D. – Dare un messaggio di speranza nel segno della Croce e anche nel nome di Madre Teresa, di cui si è celebrato proprio in questi giorni l’anniversario dei 100 anni dalla nascita...
R. – Per noi, Madre Teresa è una guida per l’Asia: una guida che ci dice come essere un missionario oggi.
Missione del senatore italiano Alfredo Mantica in Rwanda, Kenya e Mozambico
◊ La cooperazione allo sviluppo e la lotta al terrorismo nel Corno d'Africa, alla luce dei gravi fatti dei giorni scorsi in Somalia, saranno i temi centrali della missione condotta dal sottosegretario agli Esteri italiano, Alfredo Mantica, in Rwanda, Kenya e Mozambico. La prima tappa del viaggio è dunque prevista a Kigali dove il sottosegretario incontrerà i rappresentanti del governo rwandese, dopo le recenti elezioni presidenziali del 9 agosto, e visiterà alcuni programmi di cooperazione condotti da Ong italiane. Sulle difficoltà e le aspettative che questi Paesi affrontano sentiamo lo stesso senatore Alfredo Mantica. Intervistato da Stefano Leszczynski:
R. - Il Rwanda, innanzitutto, credo debba trovare al suo interno una riconciliazione definitiva di superamento a quelli che sono i residuati del dramma del genocidio. Deve trovare una sua collocazione di equilibrio con il Congo, perché, evidentemente, una situazione come questa non può continuare e quindi in quel caso si tratta di avviare un processo di integrazione economico-sociale e politica tra questi quattro Paesi. E' l’unica strada - credo - perché nei Grandi laghi si possa conoscere uno sviluppo che potrebbe essere eccezionale, tenendo conto delle ricchezze esistenti: da quelle geologiche, all’acqua di cui il Congo è ricchissimo, alle miniere di coltre, alle miniere di oro.
D. - Altrettanto importante, forse meno da un punto di vista economico, ma sicuramente da un punto di vista strategico, anche il Kenya si trova in una posizione difficile da gestire politicamente...
R. - Il Kenya ha un grande confine con la Somalia e ha i porti come Mombasa, che sono strettamente legati anche ai traffici e quindi alla pirateria delle coste somale. In più il Kenya ha il problema dei profughi, che dalla Somalia fuggono normalmente verso il suo territorio. Quindi, il Kenya paga il prezzo della crisi somala e questo fa sì che sia diventato ormai, in questo momento, il luogo dove la comunità internazionale ha stabilito i suoi punti di osservazione nei confronti del dramma della Somalia. Purtroppo, la comunità internazionale, in queste vicende non ha secondo noi un’unità d’intenti e questo crea difficoltà.
D. - Invece, il Mozambico è un Paese dove l’Italia ha investito molto in termini di cooperazione. Quanto si diversifica dai primi due di cui abbiamo parlato?
R. - Credo si possa dire con orgoglio che il Mozambico è un caso di successo. Anche questo veniva da una drammatica guerra civile tra Frelimo e Renamo, è un Paese che viaggia a una media del sette-otto per cento d’incremento del prodotto interno lordo, anno dopo anno. E’ vero che era partito da una condizione di grande povertà e ancora oggi è un Paese lontano da standard di economie accettabili, però lo sforzo che si è compiuto è enorme.
◊ E’ stato il cardinale Walter Kasper a presiedere ieri pomeriggio, a L’Aquila, le celebrazioni per la 716.ma “Perdonanza Celestiniana”, rito collegato all’elezione al soglio di Pietro del Papa Celestino V e all’indulgenza plenaria concessa ai partecipanti all’Incoronazione del Pontefice, avvenuta il 29 agosto 1294. La Messa concelebrata nel Piazzale della Basilica di Santa Maria di Collemaggio ha visto anche la chiusura dell’“Anno Celestiniano” – indetto per commemorare gli 800 anni della nascita Celestino V – e il rito di apertura della Porta Santa. Questa sera, sarà l’arcivescovo de L’Aquila, Giuseppe Molinari, a presiedere la Santa Messa di conclusione della Perdonanza, con il rito di chiusura della Porta Santa. Dal capoluogo abruzzese, il servizio del nostro inviato, Giancarlo La Vella:
Anche quest’anno la Perdonanza offre significati ed emozioni del tutto particolari. La conclusione dell’Anno Celestiniano, presieduta ieri dal cardinale Walter Kasper, con l’apertura della Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio, ma anche le ferite ancora evidenti del terremoto del 6 aprile 2009, che la città dell’Aquila mostra a quanti in queste ore, a migliaia, vengono qui a lucrare l’indulgenza plenaria, celebrando quest’atto di fede voluto da Papa Celestino V 716 anni fa e che ancora oggi nel percorso di riconciliazione con il Signore, appare all’insegna dei concetti di misericordia e perdono.
Questi gli aspetti evidenziati dal cardinale Walter Kasper, ieri nella Santa Messa che ha iniziato ufficialmente le celebrazioni della Perdonananza di quest’anno. Il messaggio del perdono e della misericordia è un messaggio di speranza, ha detto il porporato nell’omelia:
“'Dio è Padre di misericordia e di conforto; lui conforta in ogni necessità', dice San Paolo. Con la misericordia Dio ci dà sempre di nuovo una chance, ci concede una nuova opportunità, un nuovo inizio. È di questo conforto e di questo incoraggiamento che abbiamo bisogno. Nel segno della misericordia di Dio si ha la forza ed il coraggio di ricostruire le case e le chiese della vostra città; la misericordia di Dio ci dà anche la forza di ricostruire la casa spirituale della città, della vita spirituale del nostro paese e della nostra Chiesa.
La ricostruzione materiale – ha detto ancora il cardinale Kasper – non deve far dimenticare però la ricostruzione spirituale, proprio nel rispetto del messaggio di Papa Celestino che alla Chiesa del 13.mo secolo – ricca, potente, mondana, ma in grave crisi interiore – chiedeva una svolta urgente, una ricostruzione e un rinnovamento spirituale appunto. Anche oggi – ha sottolineato il cardinale Kasper – questa esigenza è di grande attualità:
"Oggigiorno, in una situazione per molti aspetti diversa da quella del tredicesimo secolo, anche noi siamo segnati in Europa da una crisi della fede e della vita cristiana forse più profonda e più preoccupante di allora. La tentazione della mondanità incombe anche oggi nella Chiesa e nella nostra vita. L’Europa si sta allontanando da Dio e dalle sue radici cristiane. Più che mai, anche oggi, il messaggio di Papa Celestino, di penitenza, di perdono e di conversione interiore è attuale per prendere speranza e coraggio per la ricostruzione spirituale. Bisogna dunque pregare: 'Chiediamo misericordia e perdono'”.
Per ricostruire – ha poi detto il porporato – dobbiamo rimettere Dio al primo posto facendo di Lui il centro della nostra esistenza: solo così possiamo rendere solida l’edificazione della nostra vita personale e sociale e questo percorso è rappresentato dall’unica via verso il Signore, descritta qui all’Aquila poprio dal passaggio attraverso la Porta Santa:
"Nella nostra società d’oggi ci sono molte porte, attraverso le quali siamo invitati ad entrare da una pressante propaganda commerciale e dai mass media, porte che ci promettono facile accesso ad una vita apparentemente felice senza Dio e senza Gesù Cristo, porte aperte a falsi idoli moderni: idoli del denaro, idoli del consumo, idoli della moda, idoli del piacere… Lui è la porta alla vera vita, la porta per la ricostruzione della vita spirituale. Lui è la via, la verità e la vita".
Al cardinale Kasper, aveva rivolto il saluto di tutta la Chiesa dell’Aquila l’arcivescovo della città mons. Giuseppe Molinari. Forte la richiesta di preghiera del presule per quanti soffrono ancora oggi le conseguenze del sisma:
"Nel nostro cuore di aquilani, in questi sedici mesi, si sono alternati tanti pensieri e tante emozioni. Abbiamo sperimentato l’angoscia, la paura e il dolore. Ma anche la vicinanza e la solidarietà di tanti fratelli, di tutta l’Italia. Abbiamo sperimentato la morte nel cuore, per le nostre chiese, le nostre case e i nostri monumenti, che non ci sono più. Ma abbiamo anche sognato - e continuiamo a sognare - che un giorno, abbastanza vicino, la nostra città possa risorgere. Eminenza, preghi il Signore, insieme con noi, perché questo sogno possa realizzarsi. E possa realizzarsi presto. Sappiamo che è un sogno difficile. Ma per chi ha fede tutto possibile".
E proprio il tema della difficile ricostruzione è stata ieri evidenziato da parte della popolazione che ha voluto chiedere ai rappresentanti del governo, anche con qualche momento di tensione, tempi più brevi per un ritorno quanto più possibile celere alla normalità.
Stasera infine, dopo la celebrazione Eucaristica in Santa Maria di Collemaggio, il rito di chiusura della Porta Santa presieduto da mons. Molinari e il corteo di rientro della Bolla, il documento con cui Celestino V il 29 agosto 1294 indisse il rito della Perdonanza.
Ieri sera, il ministro provinciale dei Frati minori cappuccini d’Abruzzo, padre Carmine Ranieri, ha presieduto nella Basilica Santa Maria di Collemaggio all’Aquila, nell’ambito dei riti per la Perdonanza 2010, la celebrazione eucaristica per i volontari e gli scout. Al microfono di Fabio Colagrande, il religioso si sofferma sul significato della parola perdono:
R. - La parola perdono è una di quelle espressioni perenni che costellano il cielo cristiano. Quindi, direi che per questo popolo martoriato da questa triste vicenda è un messaggio di forte speranza e di incoraggiamento.
D. - Come è oggi lo stato d’animo della gente aquilana?
R. - C’è molta tenacia e molto desiderio di ristabilirsi qui suo territorio, di far ripartire l’economia. Di riappropriarsi della propria città, della propria identità di cittadini aquilani.
D. - Anche grazie alla fede, su ricordi di quelle sofferenze si può ricostruire, si può basare la rinascita, il cammino in qualche modo di Resurrezione di questa città?
R. - E’ soprattutto grazie alla fede. E’ questa la sorgente dalla quale attingere per una rinascita e uno sviluppo ulteriore di questo luogo.
D. - Quale messaggio ai volontari, agli scout, ai giovani?
R. - Che i valori della solidarietà si radichino sempre più alla sorgente del Vangelo, capace di chiamare fratello e tendere la mano a chiunque nell’ora della necessità.
D. - Quale preghiera fa padre Carmine per l’Aquila e per i suoi cittadini, in occasione di questa Perdonanza 2010?
R. - Posso formulare questo augurio: di avere sempre il cuore grato a Dio e, con umiltà, di poter percorrere le sue vie.
◊ ''L'equilibrio demografico non solo è necessario alla sopravvivenza fisica di una comunità, che senza bambini non ha futuro, ma è anche condizione per quella alleanza tra generazioni che e' essenziale per una normale dialettica democratica''. E' una delle affermazioni del cardinale arcivescovo di Genova, e presidente della Cei, Angelo Bagnasco, contenute nell'omelia dedicata alla ''famiglia, grembo di vita'' nella Messa di questa mattina per le celebrazioni del 520.mo anniversario dell'apparizione della Madonna della Guardia. Le parole del porporato richiamano i numerosi commenti suscitati dai recenti dati che vedono Italia, Spagna e Portogallo all'ultimo posto in Europa per ciò che riguarda le politiche di aiuto alla famiglia e alla maternità: l’1.2% destinato dall'Italia per questo comparto è quasi la metà del 2% medio del resto dell'Ue. I dati emergono dalla relazione annuale del Ministero italiano dell’economia. Alessandro Guarasci ha chiesto un commento all’economista Giacomo Vaciago:
R. – Noi, negli anni scorsi, abbiamo iniziato ad avere consapevolezza di questi problemi e abbiamo iniziato a fare le prime riforme del sistema pensionistico, prevedendo però tempi molto lunghi, perché nessun politico da noi, né di destra né di sinistra, vuole essere impopolare. Quindi, bisogna tornare a ragionare sul fatto che la famiglia è da favorire. I francesi non hanno la nostra demografia, ma hanno un sistema fiscale che è pensato per chi fa figli.
D. – Nei Paesi scandinavi la pensano diversamente…
R. – Attenzione, noi siamo come la Germania, anche la Germania ha demografia negativa e anche la Germania ha un problema di coesione sociale con i land orientali. Noi assomigliamo alla Germania, assomigliamo al Giappone: siamo Paesi industriali ricchi e con pochi figli. Questo è un problema. La Francia da anni ha una politica demografica, perché ha contrastato un precedente vuoto demografico che aveva. Non si cambia il modello di welfare se non si hanno obiettivi demografici e sulla popolazione.
D. – Forse non sarà il caso di recupeare anche un po’ di risorse con la lotta all’evasione fiscale?
R. – Fiscale, contributiva e così via. Però, anche se non tutti pagano tutte nel nostro Paese, chi le paga ne paga troppe. Il vero destinatario, beneficiario deve rimanere allora il contribuente onesto, non possiamo attribuirgli troppi obiettivi.
D. – Di questo passo, l’Italia avrà sempre una bassa natalità e dunque anche una scarsa ripresa economica, secondo lei?
R. – In questi anni abbiamo accolto molti immigrati, ci servivano e ci servono, e così si è ringiovanita la popolazione. L’immigrato non arriva a 60 anni e quindi ciò che succederà in Italia, è che nel medio-lungo periodo la natalità riprende, ma di etnia e religione diversa.
Conclusa la 33.ma edizione del Meeting di Rimini. Il bilancio con la presidente, Emilia Guarnieri
◊ Ieri, a Rimini si è chiusa la XXXIII edizione del Meeting per l’Amicizia fra i Popoli con la presentazione del libro di don Giussani: “L’io rinasce in un incontro”. Il testo raccoglie una parte delle lezioni e dei dialoghi di don Giussani con i responsabili degli universitari di Comunione e Liberazione. Una tematica, quella della rinascita da un incontro, che è stata al centro dell’ultima giornata del Meeting. Il servizio della nostra inviata a Rimini, Debora Donnini:
Per desiderare di rinascere, bisogna riconoscere di essere morti. Prende inizio da qui il discorso del giovane filosofo francese, Fabrice Hadjadj, di origini tunisine e di fede ebraica fino alla conversione al cristianesimo sui 30 anni. Alla presentazione del libro di don Giussani, Hadjadj sottolinea che la buona Notizia presuppone la cattiva della nostra infinita miseria. Il cuore è il centro di me stesso, afferma, eppure è un muscolo che io non comando. Questo significa che non mi sono dato la vita da solo, che il centro di me stesso non mi appartiene e che vi scorre un sangue che dovrà essere alla fine versato. Il problema è per chi e per che cosa versarlo. Il problema non è avere sempre più nuove conoscenze o una soluzione, ma uno scopo per il quale donarci. E per questo non serve il potere che al contrario riduce il desiderio perché vuole possedere, ma un incontro che sia capace di farmi rinascere, di ricevere la vita e darla.
Come è stato per tanti che hanno conosciuto don Giussani e lui li ha portati a Cristo. L’io, sostiene Hadjadj, riconosce di essere un destino perché risponde alla chiamata di un Dio che è Trinità e, dunque, comunione di persone. Ecco, allora, che cominciamo a risuscitare quando crediamo che ciascuno è tale che Dio sembra gioire nel suo volto, afferma richiamandosi a Dante. L’incontro è stato, dunque, un tema centrale come si è visto anche nella conferenza con il neuro scienziato, Giacomo Rizzolati. La neurofisiologia moderna, infatti, sostiene che il meccanismo attraverso cui conosciamo non è solo intellettuale, ma anche affettivo. La novità apportata dalla scoperta dei cosiddetti ‘neuroni a specchio’ è proprio quella di aver dimostrato che la nostra conoscenza passa attraverso il rapporto con l’altro ed è affettivamente legata ad un Tu. E, dunque, l’incontro è fondamentale e possibile per chi apre il suo cuore a cose grandi come ci ha ricordato il Meeting 2010.
Titolo del Meeting di Rimini di quest’anno: “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. Come si è declinata questa tematica in questa settimana del Meeting appena conclusa? Debora Donnini l’ha chiesto a Emilia Guarnieri, presidente del Meeting:
R. – Io credo, innanzitutto attraverso la presenza della gente, la presenza dei volontari, che sono stati la prima grande testimonianza di chi è qua proprio perché il cuore la spinge a desiderare cose grandi, perché i volontari che si spendono per un ideale sono la documentazione di questo. Si è declinato attraverso i racconti, le storie degli scienziati, dei grandi imprenditori che hanno documentato come si lavora, si opera, perché si è spinti da un desiderio di andare sempre oltre, di trovare sempre qualcosa di nuovo. Si è documentata attraverso la mostra sull’economia, dove proprio si è visto attraverso il percorso della mostra e quello che poi è stato detto dai relatori, che anche per l’economia o è un movimento dell’uomo e degli uomini, che rimette in moto la voglia di lavorare, la voglia di rischiare, la voglia di intraprendere, o altrimenti con le regole astratte dell’economia astratta si va solo verso la crisi, nella quale peraltro siamo finiti. Si è documentato attraverso la testimonianza un grande intervento del patriarca di Venezia. Abbiamo avuto questo incontro storico fra il cardinale Erdö e il patriarca di Minsk, Filaret, con questa battuta di Filaret che diceva: “Chi chiede come si fa a fare l’unità venga qui a Rimini che la stiamo facendo” e sollevava il braccio del cardinale Erdö. Insomma, si è proprio visto che il cuore è qualcosa che spinge l’uomo alla grandezza e inevitabilmente lo fa incontrare con l’altro uomo che ha lo stesso desiderio.
D. – Quindi, il messaggio del Meeting è che per costruire la pace, l’unità, per superare una crisi economica e così via bisogna partire dal cuore. Con tutto questo, l’incontro con Gesù Cristo, che rapporto ha?
R. – Diceva Agostino: “Il mio cuore è inquieto fino a quando non riposa in te”. Cristo è il punto che da una parte dà un approdo a questo desiderio del cuore, ma dall’altra parte – e questa mi pare la cosa ancor più interessante – conferma l’uomo nella bontà e nella verità del suo desiderio, perché l’uomo si conferma nella bontà e nella verità dei suoi desideri solo quando incontra qualcosa che risponde a quei desideri, perché altrimenti cade nello scetticismo: prima o poi. Allora, l’incontro con Cristo, proprio in quanto conferma l’uomo nella bontà e nella verità del suo desiderio, lo spinge sempre più avanti a cercare ancora una profondità di rapporto con Lui, quindi di rapporto con la realtà. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
◊ Continuano le violenze dei cristiani in Iraq, dopo il ritiro del contingente americano. Un cristiano siro-cattolico, rapito a Karakosh-Baghdeeda la scorsa settimana da uomini armati, è stato ucciso nonostante la sua famiglia avesse pagato il riscatto per la sua liberazione. Da tempo, il nord dell’Iraq è teatro di attacchi mirati contro la comunità cristiana da parte di estremisti e bande. L'uomo era stato rapito il 25 agosto scorso a Karakosh-Baghdeeda da un gruppo di uomini armati, che per il suo rilascio avevano chiesto un riscatto di 15 mila dollari. Fonti locali hanno riferito ad AsiaNews che la famiglia aveva pagato subito la somma e aveva atteso diversi giorni per la sua liberazione. Ieri, i parenti hanno ricevuto il suo cadavere. Louyaé Behnam, questo il nome della vittima, aveva 35 anni: era un cristiano siro-cattolico, originario di Mosul, dove fino a pochi anni fa gestiva un negozio di vetraio. Per gli estremisti islamici – precisano le fonti – uccidere un cristiano nel periodo di Ramadan è un’azione meritevole presso Dio. Benham, per ragioni di sicurezza si era trasferito insieme ai familiari a Karakosh-Baghdeeda. La città, a maggioranza cristiana, situata nella piana di Ninive, ospita molti profughi cristiani provenienti da Mosul e Baghdad. Il clima di insicurezza generale è aumentato dopo il ritiro dell’ultimo contingente americano e la fine dell’operazione “Iraqi freedom”, che ufficialmente scade il 31 agosto. Intanto, sono sei mesi che l’Iraq attende la formazione di un governo, dopo le elezioni di marzo. (ADG)
Guatemala: appello dei vescovi contro l'aumento della violenza e la mancanza di giustizia
◊ “Ci sono situazioni che ci preoccupano, come l'uragano Agatha, che ha causato innumerevoli danni al nostro Paese, e la triste notizia che gli aiuti non sono arrivati a coloro che più hanno sofferto. Quindi l'aumento della violenza: la violenza è aumentata. Nel primo semestre di quest’anno ci sono stati circa duemila omicidi, la maggior parte dei quali sono rimasti impuniti”. Lo scrivono i vescovi del Guatemala in un comunicato pubblicato dalla Conferenza episcopale al termine della seconda Assemblea plenaria straordinaria, conclusasi il 26 agosto scorso. Nel testo, inviato all’Agenzia Fides, i iescovi esprimono alcune considerazioni circa la realtà del Guatemala, leggendola alla luce del Vangelo, arricchite dal contatto diretto con le realtà delle comunità, come affermano nel comunicato. “Secondo uno studio - è scritto nel testo - esiste una struttura della delinquenza ben organizzata, che è difficile distinguere tra alti funzionari, imprenditori, capi di bande ed ex-militari, che per garantirsi uno stile di vita confortevole sono coinvolti in attività illegali. Purtroppo, la mancanza di una autentica giustizia contribuisce ad un aumento della decomposizione sociale e questo crea l'instabilità politica. L'assenza della verità è ogni giorno più evidente. Impera l'arte di mentire in tutte le aree della società”, affermano i vescovi. Si legge ancora nel testo che sussiste “un profondo e progressivo danno ecologico in molte zone del Paese”, per questo i presuli manifestano comunione e appoggio a mons. Alvaro Ramazzini e al cardinale Rodolfo Quezada, “per i frequenti discorsi d’avvertimento circa il danno che produce il continuare le attività minerarie a cielo aperto e lo sfruttamento petrolifero nella zona protetta denominata 'Laguna del Tigre'”. Il comunicato mette in evidenza l’esistenza di “una campagna mediatica astutamente guidata, che presenta come buono e desiderabile ciò che non può essere giustificato in alcun modo. Il pretesto è dimostrare che la cosa più importante è attrarre ulteriori investimenti stranieri, mentre non importa che sia distrutta la ricchezza naturale del nostro Paese.” Il documento si conclude con uno spiraglio di speranza: “In mezzo a questo scenario difficile e impegnativo, noi, successori degli Apostoli, vogliamo testimoniare con l'apostolo Paolo: ‘Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati’ (Cor.4,8). Pertanto - concludono - facciamo appello a tutti, credenti e non credenti, per rendere la nostra storia, personale e comunitaria, dalla fede nella Parola di Dio, una storia di salvezza”.
Ucraina: messaggio del cardinale Husar per il sinodo della Chiesa greco-cattolica
◊ Evangelizzazione e migrazione, sono i temi principali sul tappeto in occasione del sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina, che si terrà a Lviv dal 2 al 9 settembre. "Si tratta di un evento molto importante nella vita della Chiesa — ha scritto il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, nel messaggio inviato per l'occasione ai fedeli — poiché il sinodo riunisce tutti i nostri vescovi dell'Ucraina e della diaspora per riflettere insieme sui bisogni della nostra chiesa e prendere le adeguate decisioni". Per quanto riguarda il tema dell'evangelizzazione, "prenderemo in considerazione — ha detto il porporato — come aiutare le persone a incontrare Gesù Cristo attraverso il nostro esempio e le nostre parole fraterne". Nell'approfondire la questione della migrazione, si presterà invece attenzione "ai nostri emigranti, specialmente a coloro che risiedono in Paesi dove non esistono strutture greco-cattoliche, e a come essi possono rimanere fedeli alla loro chiesa e alle loro tradizioni". Il cardinale Husar chiede ai credenti di pregare il Padre Nostro e l'Ave Maria per le intenzioni del sinodo e per la sua buona riuscita. Il suo messaggio è stato letto dai sacerdoti nelle chiese durante le liturgie di ieri e oggi. Il capo dei greco-cattolici ucraini spiega così l'importanza della preghiera: "Il sinodo non è un parlamento dove si decide qualcosa a maggioranza. Un sinodo è la ricerca della volontà di Dio da parte di coloro ai quali è affidata la guida della Chiesa". Per la festa dell'indipendenza dell'Ucraina, celebrata martedì scorso, il cardinale Husar ha inviato un messaggio che è stato letto durante la liturgia, svoltasi nella chiesa dell'Annunciazione. Anche in quell'occasione, il porporato ha parlato dell'importanza della preghiera: "Per la celebrazione dell'indipendenza nazionale e per altri importanti eventi — afferma — dobbiamo guardare non solo ai principi laici di comportamento ma anche ai concetti della fede", poiché "il nostro atteggiamento e il nostro rispetto dei doveri civili devono essere costruiti sulla legge divina. La nostra vita civile deve seguire l'ordine divino e non la situazione politica". Questo significa che ogni membro della comunità, a prescindere dal suo stato, deve preoccuparsi del bene del prossimo. La mancanza di rispetto dei diritti del prossimo, qualunque sia la ragione (disinteresse, pigrizia, paura, ricerca del bene personale), significa resistere alla volontà divina, proprio come — ha detto il cardinale Husar — si fa con "l'uso insidioso della debolezza umana attraverso la corruzione, l'ingiustizia, la manipolazione o l'inganno, per raggiungere il soddisfacimento dell'interesse personale". Infine, l'arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč invita i fedeli a leggere con particolare attenzione i profeti Isaia e Geremia, i quali, "come voce della verità divina, hanno esposto agli uomini i peccati e ricordato alle autorità che tale comportamento porta alla rovina di una nazione". (T.C.)
Il Sudafrica delle proteste sindacali: la testimonianza di un missionario scalabriniano
◊ Da oltre due settimane il personale dei settori scolastico e sanitario in Sudafrica sono in sciopero per denunciare gli stipendi troppo bassi, che in molti casi non permettono neppure di pagare l’affitto. A loro, si sono aggiunti altri lavoratori di diversi settori pubblici, che hanno incrociato le braccia creando sempre più disagi alle fasce più deboli della popolazione, come minori e malati. La situazione era già stata segnalata dalla Conferenza episcopale sudafricana, con una dichiarazione a firma dell’arcivescovo di Durban, il cardinale Wilfrid Napier, che aveva denunciato la mancanza di assistenza negli ospedali. Ora, è stata ribadita in un’intervista all’agenzia Fides dal missionario scalabriniano, Mario Tessarotto, che a Città del Capo si occupa dei rifugiati provenienti dai Paesi confinanti. “Il Sudafrica sta vivendo un momento difficile, la situazione non è più tranquilla come una volta – racconta – la lotta sindacale ha preso una piega violenta che è molto preoccupante”. Ufficialmente, il tasso di disoccupazione del Paese che ha da poco ospitato i Mondiali di calcio, è del 28 per cento, ma quello reale si attesta intorno al 40: “Nelle statistiche si includono anche coloro che hanno lavori saltuari o improvvisati – aggiunge – le disparità economiche tra l’elite dirigente e quella sindacale da una parte, e la popolazione hanno creato un contrasto stridente”. Tra gli altri problemi che affliggono il Paese, anche l’eccessiva circolazione di armi usate con troppa facilità e le rapine violente ormai all’ordine del giorno: “Una situazione che deve essere affrontata da tutti i sudafricani guardando al bene comune e non all’interesse personale o di gruppo”, conclude il missionario. (R.B.)
In Perù la povertà affligge soprattutto i minori indigeni
◊ Il 78 per cento dei minori indigeni di età compresa fra i 3 e i 17 anni vive in condizioni di povertà: è la drammatica fotografia della società peruviana, che nei giorni scorsi ha descritto Paul Martin, rappresentante dell’Unicef nel Paese andino. Il dato va confrontato con il suo parallelo tra i giovani di lingua spagnola: solo il 40 per cento di essi è considerato indigente. L’Osservatore Romano riporta l’allarme lanciato dall’agenzia Onu per l’infanzia, secondo la quale parte del capitale umano del Perù va perduto, e riporta l’appello alla comunità internazionale affinché investa nella gioventù indigena locale. Secondo i dati, in Perù la popolazione indigena conta quattro milioni di persone - di cui un milione tra bambini e adolescenti - su un totale di 30 milioni di abitanti. La metà delle scuole per indigeni non è dotata di elettricità, acqua potabile e fognature. In condizioni peggiori versano i gruppi nativi della selva, come gli Asháninkas, la principale etnia dell’Amazzonia: di un quarto dei loro bambini fra i 3 e i 5 anni non esiste il certificato di nascita. In Perù, esistono 43 idiomi indigeni e amazzonici, raggruppati in 19 famiglie linguistiche. (R.B.)
Conferenza internazionale di missiologia in Congo: promuovere riconciliazione, giustizia e pace
◊ Come comunicare la Buona Novella alle vittime delle recenti guerre? Come comunicare il Vangelo della pace a coloro che hanno difficoltà a vivere come fratelli, dopo gli orrori della guerra? Sono stati questi i temi principali al centro della Conferenza internazionale di missiologia che si è tenuta a Butembo (nell’est della Repubblica Democratica del Congo), dal 25 al 27 agosto. La Conferenza – riferisce l'agenzia Fides – è stata organizzata dall’Université Catholique du Graben (UCG), con l’aiuto di Missio. L'istituto universitario è stato fondato nel 1989 nella diocesi di Butembo dall’allora vescovo di Butembo-Beni, Emmanuel Kataliko, che ha voluto così rispondere ad una precisa richiesta della popolazione. “Mi auguro che possiamo uscire dalla conferenza ancora più impegnati a costruire il nostro Paese più bello di prima”, ha detto mons. Melchisédech Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni, all’apertura dei lavori. La popolazione della diocesi ha sofferto e soffre ancora a causa delle violenze perpetrate da diversi gruppi armati che operano nell’area. Per il presule, sono da considerare anche le ripercussioni del genocidio rwandese nella Repubblica Democratica del Congo, che ha provocato migliaia di morti, ha afflitto il Paese con saccheggi e distruzioni e ha causato insicurezza. L’impegno deve essere quello di una contro-testimonianza cristiana, perché il messaggio della Chiesa sia sempre un messaggio di pace. La Conferenza internazionale di missiologia ha voluto rafforzare le capacità di ricerca e di intervento per una vera riconciliazione e ha voluto indirizzare un messaggio di solidarietà ai popoli oppressi dalle guerre sollecitando gli uomini alla pace. Questi i relatori alla Conferenza: il prof. Peter Hünn Ermann, docente di Teologia sistematica all’Università di Tubinga, il prof. Gianni Colzani, docente di Teologia sistematica della missione presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, don Bonané Bakindika, dottorando a Tubinga, e il prof. Waswandi Kakule, rettore emerito dell’Université Catholique du Graben. (T.C.)
Prima Giornata internazionale contro i test nucleari: il messaggio di Ban Ki-moon
◊ Liberare il mondo dalla minaccia atomica: una sfida urgente da vincere, che non si può lasciare in eredità alle generazioni successive. È il centro del messaggio del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in occasione della prima Giornata internazionale contro i test nucleari, che si celebra oggi in tutto il mondo. La Giornata è stata istituita su proposta del governo del Kazakistan nel 2009, durante la 64.ma sessione dell’Assemblea generale, e ha raccolto consensi unanimi. La creazione della Giornata evidenzia la profonda preoccupazione della comunità internazionale sui rischi legati a tali test. “La conclusione positiva della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione, quest’anno, ha rafforzato il disarmo nucleare – scrive Ban Ki-moon – e iniziative coraggiose da parte dei leader mondiali e della società civile stanno mostrando la strada verso il cambiamento delle politiche e la riduzione degli arsenali”. Tuttavia, ricorda il segretario generale delle Nazioni Unite, “il Trattato sulla messa al bando dei test nucleari, che è stato adottato nel 1996, non è ancora entrato in vigore: ho chiesto un ruolino di marcia che permetterà di conseguire questo obiettivo entro il 2012. Nel frattempo, esorto tutti gli Stati ad attuare una moratoria su tutte le esplosioni nucleari”. Ban Ki-moon, infine, ha citato la località di Semipalatinsk, oggi nel territorio del Kazakistan, teatro in epoca sovietica di oltre 456 test nucleari che ne devastarono il paesaggio e la popolazione, e divenuta simbolo del fatto che un mondo senza armi nucleari è possibile. (R.B.)
Sudafrica: conclusa a Marianhill l’assemblea annuale dei sacerdoti del Paese
◊ Si sono conclusi ieri a Marianhill i lavori dell’assemblea annuale del Consiglio nazionale dei sacerdoti del Sudafrica. La sessione, presenziata dall’ordinario locale mons. Pius Milungisi Dlungwane, si era aperta il 23 agosto con un ordine del giorno composto da quattro temi principali: le celebrazioni e i frutti dell’Anno Sacerdotale in Sudafrica, le attuali difficoltà dei sacerdoti sudafricani in particolare nelle diocesi rurali, la valorizzazione del loro ruolo di leader spirituali e il sostegno dato dalla Chiesa sudafricana al loro ministero. Una parte significativa dei lavori è stata dedicata alla discussione delle nuove sfide poste dal rapido processo di urbanizzazione in atto nel Paese. Un fenomeno, è stato evidenziato, cui si accompagna un preoccupante declino della presenza della Chiesa nelle campagne, che impone un ripensamento dell’organizzazione delle diocesi rurali. Collegato a questo tema, il problema del sovraccarico di lavoro di molti parroci: all’argomento è stato dedicato un seminario di studio sulla leadership spirituale del sacerdote in Sudafrica oggi, organizzato dal Jesuit Institute of South Africa. Sempre a proposito di leadership, l’assemblea ha sollecitato i vescovi sudafricani a continuare a sostenere programmi di formazione e aggiornamento per la promozione dei sacerdoti a posizioni di responsabilità nelle diocesi. Un altro tema affrontato alla riunione è stata la celebrazione dell’Anno sacerdotale in Sudafrica. Il Consiglio ha espresso soddisfazione e apprezzamento per le numerose e fruttuose iniziative intraprese in questo ambito con il sostegno della Conferenza episcopale. Tra gli altri punti all’ordine del giorno, il rinnovo dell’esecutivo del Consiglio. Alla presidenza è stato eletto padre Christopher Slater, della diocesi di Port Elisabeth. (L.Z.)
Il cardinale Hummes su Sant’Agostino: ritrovare la stessa passione per la ricerca della verità
◊ “Non c’è più la passione per la verità. Anzi, si dice che quelli che pretendono conoscerla e cercano di diffonderla, sono pericolosi e potenzialmente violenti, perché pretenderanno di imporla agli altri. Con ciò si rifiutano anche le religioni, perché esse normalmente sono portatrici delle convinzioni di conoscere la verità assoluta, trascendente ed universale da annunciare”: è quanto ha sottolineato ieri pomeriggio a Pavia il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, che ha presieduto nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro la Messa solenne della memoria liturgica di Sant’Agostino. Nel luogo in cui dall’VIII secolo sono custodite le reliquie del vescovo di Ippona, il porporato ha ricordato nella sua omelia l’appassionata e instancabile ricerca della verità del grande Padre della Chiesa, rapportandola all’oggi ed analizzando la realtà che vivono molti giovani, affascinati – come Agostino lo era stato sin da bambino – dalla figura di Gesù Cristo ma, proprio come lui nella giovinezza, lontani dalla fede cattolica. “Non ci rendiamo conto che molti giovani che così hanno avuto un primo incontro con Gesù – ha detto il cardinale Hummes – hanno bisogno di tempo per una conversione salda e definitiva. Avrebbero, perciò, bisogno della comprensione degli adulti nella fede e della comunità (…) essi dovrebbero esseri pronti ad accompagnarli, con pazienza umile ed aperta, su un itinerario più o meno lungo, più o meno tormentoso e discontinuo, verso un’adesione al messaggio integrale di Gesù”. Il porporato ha spiegato anche che il rifiuto delle religioni porta al rifiuto del cristianesimo, “perché crede in Gesù Cristo e lo riconosce come la Verità assoluta, (…) che illumina, spiega e dà senso a tutto ciò che esiste. In fondo, si tratta della questione di Dio, di cui la cultura attuale vuol liberarsi perché – si dice – se Dio c’è, non siamo liberi”. Oggi, ha proseguito il cardinale Hummes, "domina un crescente relativismo riguardo alla verità. Il Papa attuale lo ha spesso denunciato. Si dubita di qualsiasi pretesa di una verità assoluta, trascendente, universale, o si la rifiuta addirittura, in nome di una pretesa verità relativa del singolo pensatore" Perciò – ha concluso il prefetto della Congregazione per il clero – "la Chiesa oggi, ispirandosi anche a Sant’Agostino ed alla sua passione per la verità, ha l’irrinunciabile ed urgente missione di contribuire al risveglio della passione per la verità e della comprensione della vera libertà umana”. (T.C.)
In ottobre la prima convention della gioventù cattolica australiana
◊ Dal 1 al 3 ottobre prossimi, in occasione dell’Australian Catholic Youth Ministery Convention (Acymc), si incontreranno per la prima volta un gruppo di leader del Ministero della gioventù australiano e alcuni rappresentanti del Ministero dell’istruzione, degli Istituti religiosi e dei Movimenti impegnati nell’attività giovanile. Organizzato dalla Commissione episcopale per la vita pastorale (Bcpl), l'incontro prevede l’intervento di molti vescovi australiani e di diversi relatori internazionali, nonché la costituzione di 40 gruppi di lavoro. Padre Chris Ryan – dei Missionaries of God's Love e coordinatore del pellegrinaggio 2007-2008 della Croce della Giornata Mondiale della Gioventù 2008, svoltosi in Australia – ha riferito all'agenzia Fides che si sta cercando di organizzare la riunione secondo lo spirito della Gmg. "I vescovi australiani continuano a sostenere e incoraggiare i giovani nella vita della Chiesa – ha affermato – e la convention sarà una grande opportunità per la formazione e un’occasione unica di unione e di scambio per tanti giovani provenienti da tutta l'Australia". (E.C.)
Filippine: attaccata una chiesa cattolica nel sud, tre i feriti
◊ Questa mattina tre persone sono rimaste ferite in un attacco condotto a Manila, nel sud delle Filippine contro una chiesa cattolica. Secondo il quotidiano Mindanao Examiner, due giovani a bordo di una moto hanno fatto esplodere una granata contro la parrocchia di San Vicente Ferrer a Kalilangan, nella provincia di Bikidnon. Un secondo ordigno non è scoppiato. Le autorità locali non escludono che il gesto possa essere una rappresaglia per la morte di un giovane musulmano, rimasto ucciso dopo essere stato investito da un autobus. (A.D.G.)
Dialogo fra le culture alla IV edizione del Festival internazionale Adriatico Mediterraneo
◊ È iniziata ieri ad Ancona la quarta edizione del Festival internazionale Adriatico Mediterraneo, in programma fino al 5 settembre. Duecento artisti provenienti da 20 Paesi del Mediterraneo animeranno la città con concerti, eventi teatrali, esposizioni, incontri e cinema. Spettacoli ed intrattenimento, ma anche occasioni di approfondimento per riflettere su alcune tra le principali questioni del mondo contemporaneo: il rapporto tra culture diverse, l’inclusione sociale, i diritti civili, la globalizzazione, l’allargamento dell’Europa a est. Il ricco programma prevede più di 80 appuntamenti, tra cui eventi in esclusiva nazionale, nei luoghi più suggestivi della città di Ancona. "Adriatico Mediterraneo" è un progetto culturale internazionale che vuole contribuire a disegnare nuovi scenari di integrazione e coesione attraverso il dialogo tra i Paesi del bacino Adriatico-Mediterraneo e dell’Area Balcanica. Dopo le tappe internazionali (Israele, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Tunisia, Albania), arriva ad Ancona con l’edizione 2010 del Festival, per poi chiudere ad ottobre in Egitto. Il progetto avrà la durata di un anno e prevede la promozione del dialogo della società civile tra Turchia e l’Italia attraverso l’organizzazione di eventi culturali che si terranno sia ad Istanbul che ad Ancona. Tra le proposte di maggior rilievo per la sezione degli incontri di approfondimento, Don Andrea Gallo presenta il suo libro Così in terra come in cielo. Nel settore delle arti figurative, il festival produrrà un evento di rilievo internazionale, una mostra (la prima in assoluto) sulla rappresentazione delle arti e del corpo nel mondo arabo, ispirata alla celebre rivista Jasad diretta dalla poetessa libanese Joumana Haddad. E poi la "Notte Mediterranea", che animerà le vie e le piazze della città di Ancona, con artisti provenienti da ogni angolo del Mediterraneo che daranno vita a un evento straordinario, sino a notte fonda. All’interno del Festival sarà inclusa la Giornata europea della Cultura ebraica. (A.D.G.)
Imminenti i lavori di trivellazione per salvare i 33 minatori cileni
◊ Domani, avrà inizio la trivellazione del cunicolo per salvare i 33 minatori bloccati a 700 metri di profondità, in una galleria della miniera di San Josè, nel nord del Cile. Attraverso una scavatrice idraulica, che può perforare massimo 20 metri al giorno, entro quattro mesi si dovrebbe completare una galleria da cui estrarre gli uomini. Intanto, a sostegno dei minatori - alcuni dei quali mostrano segni di depressione e per i quali ha pregato oggi anche il Papa all'Angelus - è atteso per oggi in Cile l’arrivo un’equipe di tecnici della Nasa per consulenze in campo alimentare, sanitario e del comportamento. Dei rischi e delle modalità dell’operazione di salvataggio, Gabriella Ceraso ha parlato con Giampaolo Cavinato, geologo ambientale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr):
R. – Generalmente, queste miniere hanno dei percorsi o degli ascensori che portano a diversi livelli di profondità. Quando gli ascensori non funzionano, oppure i percorsi per arrivare a quelle profondità non sono più attraversabili, l’unico modo è quello di scavare un nuovo tunnel che possa arrivare nella zona dove sono i minatori che sono rimasti intrappolati e poi da lì, probabilmente, si attiva un tunnel di collegamento che possa permettere ai minatori di uscire.
D. – Tecnicamente, come si procede nella trivellazione in questi casi?
R. – Attraverso queste grandi sonde di perforazione, viene infilata un asta con una punta con una testa diamantata che, girando su se stessa, scava e mano a mano che si procede in profondità, e aumenta la resistenza della roccia, si aggiungono delle aste. La roccia perforata deve comunque essere portata in superficie, altrimenti ostruisce il foro. Chiaramente, lo spessore è consistente, le rocce sono molto dure e l’attraversamento, anche con sonde più moderne e più evolute, richiede comunque tempi che sono purtroppo abbastanza lunghi.
D. – Si parla di una cavità di circa 66 centimetri di diametro, una cavità apparentemente ristretta…
R. – Il diametro sembra apparentemente piccolo, però per realizzare un diametro così importante, serve una sonda molto grande e che abbia una discreta energia per scavare un tunnel verticale così lungo. Teoricamente, non si dovrebbero incontrare grosse difficoltà, però è chiaro che bisogna vedere anche la conformazione geologica, l’infiltrazione di acqua, si può rompere la testa diamantata... problemi tecnici che possono rallentare notevolmente anche le operazioni di soccorso.
D. – Quali sono le condizioni di “vita” in un ambiente così e per un tempo che si prospetta lungo di mesi?
R. – Lavorare a quelle profondità è già disagevole di per sé. Alcuni mesi al chiuso possono creare problemi dal punto di vista dell’alimentazione, ma anche psicologico.
D. – Oltre a questi problemi, le miniere come queste di oro e rame, sono di per se ambienti nocivi o pericolosi?
R. – Sicuramente, l’aria deve essere ventilata, perché chiaramente non c’è ossigeno. Di per sé, il fatto dell’oro non dovrebbe creare grossi problemi. Ma dipende anche dalla conformazione geologica e delle tipologie di rocce, se ci sono problemi di polveri.
D. – Crolli ce ne possono essere?
R. – Crolli è difficile. La roccia è consistente e quindi generalmente non avvengono.
Afghanistan
La polizia afghana ha ritrovato oggi i corpi di cinque uomini che partecipavano alla campagna elettorale di una candidata alle legislative del 18 settembre prossimo. I cinque erano stati rapiti nei giorni scorsi dai talebani, nell'ovest del Paese. L’episodio s’inserisce in un fine settimana segnato da una nuova ondata di attacchi della guerriglia talebana, che hanno causato la morte di almeno sette soldati americani. Tre di loro sono rimasti uccisi in due scontri a fuoco e due nell'esplosione di una bomba, nell'Afghanistan orientale La Nato fa sapere che nei diversi combattimenti sono rimasti uccisi anche quindici di ribelli. E nel mirino delle milizie integraliste è finita nuovamente una scuola femminile. Quarantotto studentesse sono state ricoverate ieri in ospedale a Kabul, dopo che il loro istituto è stato attaccato con un gas avvelenato. Lo ha reso noto il Ministero della salute afghano, sottolineando che si tratta del secondo episodio di questo tipo verificatosi nella capitale negli ultimi tre giorni.
Iraq
In Iraq, non si ferma l’offensiva terroristica lanciata con il ritiro delle truppe combattenti statunitensi. Nella notte, cinque persone, fra cui quattro genti di polizia, sono morti in una serie di attacchi sferrati nella città di Mosul, nel nord del Paese. Ieri, l'ala irachena di Al Qaida, ha rivendicato la serie di attentati che mercoledì scorso hanno causato oltre 60 morti e 250 feriti in tutto il Paese. In un comunicato pubblicato su Internet, le milizie integraliste affermano che l’offensiva di questi giorni “mostra alla nazione islamica che il vento della vittoria soffia di nuovo”. E di Iraq ha parlato anche il presidente americano, Barak Obama, nel suo consueto discorso del sabato, ribadendo la volontà porre fine all’intervento statunitense.
Yemen
Nello Yemen, nove militari sono rimasti uccisi in un attacco dei miliziani di Al Qaeda ad un checkpoint nella provincia meridionale di Abyan. A renderlo noto è stata una fonte delle Forze di sicurezza, precisando che gli assalitori – armati di fucili e lanciarazzi – hanno attaccato i soldati nei pressi della città di Ja'ar.
Algeria operazioni antiterrorismo
Sette militanti integralisti sono stati uccisi dalle Forze di sicurezza algerine nel corso di un'operazione vicino a Tizi Ouzou, in Cabilia, a est di Algeri. I sette sono stati intercettati durante un rastrellamento in una zona boschiva. Nella stessa area, altri tre ribelli erano stati uccisi giovedì scorso. In Cabilia, una delle regioni algerine più colpite dagli attentati, sono attivi diversi gruppi affiliati all'organizzazione di Al Qaida nel Maghreb islamico.
Medio Oriente
Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, si è recato oggi ad Amman dove è stato ricevuto da re Abdallah di Giordania. Lo affermano alcuni siti web israeliani, secondo i quali la visita rientra nei preparativi per i negoziati di pace diretti tra israeliani e palestinesi, che si apriranno giovedì prossimo a Washington. Barak ha ribadito che la Giordania può svolgere un ruolo importante per il conseguimento di una “pace regionale” e che per Israele il raggiungimento di accordi di pace con i palestinesi rappresenta “un obiettivo strategico”. E a quattro giorni dalla ripresa dei negoziati diretti si registrano importanti aperture anche da parte del premier israeliano, Netanyahu, secondo il quale “se la leadership palestinese affronterà la trattativa con la stessa serietà dello Stato ebraico sarà possibile la pace per entrambi i popoli”.
Indonesia: vulcano Sinabung
Allarme e paura nell'isola indonesiana di Sumatra, dove il vulcano Sinabung è tornato ad eruttare dopo 400 anni, proiettando una colonna di cenere di 1500 metri d’altezza. Il Sinabung, alto 2500 metri, aveva ripreso l'attività nella giornata di venerdì scorso. L'allerta si è improvvisamente intensificata la notte scorsa e le autorità hanno predisposto l’evacuazione di circa 12 mila persone da 17 villaggi della zona, durante la quale due anziani sono morti per un attacco di cuore. I lapilli e la lava hanno intanto mandato in fumo quasi 4000 ettari di foreste e terreni agricoli. L'Indonesia è situata sulla cosiddetta "cintura di fuoco" del Pacifico ed è il Paese con più vulcani attivi al mondo. Solo il mese scorso, ci sono stati quattro dispersi in seguito all'eruzione sul monte Karangetang, nella remota isola di Siau.
Italia: visita Gheddafi
Dopo diversi cambi di programma, è arrivato nella tarda mattinata di oggi a Roma il leader libico, Muammar Gheddafi, per una visita di due giorni incentrata sulle celebrazioni per il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia. Ad accogliere il colonnello all’aeroporto di Ciampino, tra gli altri, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e l'ambasciatore libico in Italia, Abdulhafed Gaddur. Per Gheddafi, questa è la quarta visita in Italia.
Obama visita New Orleans a cinque anni da Katrina
Il presidente statunitense Obama è atteso a New Orleans per le commemorazioni del quinto anniversario dal passaggio del tifone Katrina. La capitale della Louisiana fu sommersa e la regione devastata, una catastrofe che causò 1800 morti e un milione di sfollati. A New Orleans, dove ieri si è svolta una simbolica cerimonia di sepoltura delle vittime, sono in programma varie iniziative. Obama farà un discorso alla Xavier University, dove parlerà del dopo-Katrina e della Marea nera. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 241
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