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Sommario del 28/08/2010
◊ Seconda giornata, al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, del Ratzinger Schülerkreis, il tradizionale incontro estivo degli studenti di Benedetto XVI. Tema dell’incontro, a porte chiuse, al quale prende parte anche il Papa, è quest’anno l’ermeneutica, ovvero l’interpretazione, del Concilio Vaticano II. Il momento culminante della riunione sarà la Messa presieduta domani mattina dal Pontefice al Centro Congressi Mariapoli. Riascoltiamo alcuni pensieri di Benedetto XVI sull’ermeneutica del Concilio, nel servizio di Alessandro Gisotti:
Qual è la giusta ermeneutica, la “giusta chiave di lettura e di applicazione” del Concilio Vaticano II? Benedetto XVI sottolinea che la risposta a questo interrogativo ci aiuta a comprendere perché la recezione del Concilio si sia svolta in modo così difficile in grandi parti della Chiesa. Ciò, avverte il Papa, deriva da una “ermeneutica della discontinuità” secondo la quale occorrerebbe seguire “non i testi del Concilio, ma il suo spirito”. Con ciò però, spiega il Papa, si fraintende la natura di un Concilio come tale. Esso infatti verrebbe considerato come una specie di Costituente, “che elimina una costituzione vecchia e ne crea una nuova”. Ma la Costituente, prosegue, ha bisogno di un mandante, il popolo, e di una conferma dello stesso:
“I Padri non avevano un tale mandato e nessuno lo aveva mai dato loro; nessuno, del resto, poteva darlo, perché la costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore e ci è stata data affinché noi possiamo raggiungere la vita eterna e, partendo da questa prospettiva, siamo in grado di illuminare anche la vita nel tempo e il tempo stesso”. (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005)
A questa ermeneutica della discontinuità, osserva Benedetto XVI, “si oppone l’ermeneutica della riforma”, a cui si riferì Giovanni XXIII proprio nel suo discorso d’apertura del Concilio, l’11 ottobre 1962. Papa Roncalli ribadiva infatti che il Concilio “vuole trasmettere pura ed integra la dottrina senza attenuazioni o travisamenti” e che dovere dei Padri conciliari è non solo custodire il deposito della fede, ma anche approfondirlo e presentarlo “in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo”. Ecco allora, afferma il Papa, che è nell’ “insieme di continuità e discontinuità” che possiamo vedere la natura della vera riforma del Concilio:
“In questo processo di novità nella continuità dovevamo imparare a capire più concretamente di prima che le decisioni della Chiesa riguardanti cose contingenti – per esempio, certe forme concrete di liberalismo o di interpretazione liberale della Bibbia – dovevano necessariamente essere esse stesse contingenti, appunto perché riferite a una determinata realtà in se stessa mutevole”. (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005)
Per questo, è la riflessione del Pontefice, bisogna imparare a riconoscere che, in tali decisioni, “solo i principi esprimono l’aspetto duraturo”. Così, avverte, “le decisioni di fondo possono restare valide, mentre le forme della loro applicazione a contesti nuovi possono cambiare”:
“Così, ad esempio, se la libertà di religione viene considerata come espressione dell'incapacità dell'uomo di trovare la verità e di conseguenza diventa canonizzazione del relativismo, allora essa da necessità sociale e storica è elevata in modo improprio a livello metafisico ed è così privata del suo vero senso, con la conseguenza di non poter essere accettata da colui che crede che l'uomo è capace di conoscere la verità di Dio e, in base alla dignità interiore della verità, è legato a tale conoscenza”. (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005)
In definitiva, sottolinea Benedetto XVI, il “passo fatto dal Concilio verso l’età moderna” appartiene in definitiva "al perenne problema del rapporto tra fede e ragione”. Adesso, conclude, “questo dialogo è da sviluppare con grande apertura mentale, ma anche con quella chiarezza nel discernimento degli spiriti che il mondo con buona ragione aspetta” dalla Chiesa in questo momento:
“Così possiamo oggi con gratitudine volgere il nostro sguardo al Concilio Vaticano II: se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”. (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005)
Memoria di Sant’Agostino. Il cardinale Comastri: un instancabile ricercatore della verità
◊ La Chiesa celebra oggi la memoria di Sant’Agostino. Benedetto XVI ne ha parlato mercoledì scorso, durante l’udienza generale, definendo il vescovo d’Ippona “un uomo che non è mai vissuto con superficialità”, un ricercatore inquieto e costante della Verità, “non, però, delle ‘pseudo-verità’ incapaci di dare pace duratura al cuore, ma di quella Verità che dà senso all’esistenza”. Solenni celebrazioni, in particolare, sono in programma a Pavia, nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro che custodisce le spoglie del vescovo di Ippona e dove alle 18.30 presiederà la Messa il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero. Ad Ostia, invece, dove Agostino ha vissuto per qualche tempo e dove è morta la madre Monica, sarà il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, a celebrare questa sera alle 19, nella parrocchia Regina Pacis, la liturgia eucaristica. Tiziana Campisi ha chiesto al porporato perché Agostino, così simile all’uomo di oggi, è un santo da imitare:
R. – Sant’Agostino è un modello di umanità, con una modernità che impressiona. Sembra sia un giovane d’oggi. La storia di Sant’Agostino – si può dire – è la storia di un giovane di oggi, un giovane che ha però il coraggio di cercare la verità ed è convinto che una verità ci sia, al punto tale che non si rassegna fino a quando non trova la Verità, quella che illumina la vita, che dà senso alla vita.
D. – Qual è stato il momento cruciale che ha portato Agostino ad una svolta nella vita?
R. – Agostino, nelle sue “Confessioni”, racconta con sincerità impressionante: “Io non scorgevo l’abisso di turpitudine nel quale ero precipitato lontano dai tuoi occhi, o Signore. Scendevo nel precipizio con tanta cecità che tra i miei coetanei mi vergognavo di essere meno canaglia di loro, quando li sentivo vantarsi delle loro brutte imprese”. Ecco, allora, da qui la domanda: ma come ha fatto Agostino a liberarsi da queste catene? Dove ha trovato il coraggio? La risposta sta in ciò: anche quando camminava nel fango, anche quando era sbandato intellettualmente, al punto tale che ha girovagato un po’ in tutte le dottrine che circolavano al suo tempo, anche in quel periodo di sbandamento, Agostino ha sempre conservato nel cuore il bisogno di dare un senso alla vita, e fino a quando non ha riconosciuto Gesù Cristo come la luce che illumina la vita, non è stato contento. Oggi, in tanti giovani manca la ricerca di un senso della vita, manca la ricerca di un ideale. Vivono ad un livello molto basso: alcol, droga, divertimenti sfrenati, quindi ubriacatura nel vero senso della parola senza nessun volo verso l’alto. Agostino, invece, ha sempre cercato di volare in alto e quando non riusciva a fare il salto verso Dio soffriva. Proprio quella sofferenza ha scatenato dentro di lui una ricerca appassionata che alla fine l’ha portato tra le braccia di Dio. E lì è nato il grande Agostino, in quell’incontro.
D. – Che cosa l’uomo di oggi ritrova in Agostino e cosa può cercare di imitare?
R. – L’uomo di oggi è un uomo scontento, è un uomo sbandato. Soprattutto i giovani, oggi, sono sbandati, sono paurosamente vuoti e per questo sono anche paurosamente infelici. Questo bisogno di chiasso, questo bisogno di rubare ore anche alla notte, è un segno di inquietudine. Io però vorrei direi ai giovani: non rassegnatevi a fare della droga, dell’alcol, del divertimento, della discoteca, a fare di questo il senso della vita. La vita è più grande! Sant’Agostino questo lo aveva capito, per questo è stato un instancabile cercatore di luce, un instancabile cercatore di ideale. Questo dovrebbero saperlo, dovrebbero ricordarlo, i giovani d’oggi.
D. – Su quali parole di Sant’Agostino ciascuno oggi può riflettere?
R. – Uno scrittore contemporaneo che ha anche delle caratteristiche di Sant’Agostino – Luigi Santucci – scriveva: “Dobbiamo strappare a Satana l’usurpata prerogativa di avere inventato e monopolizzato il godimento: non è vero! E’ una falsità! Noi credenti vogliamo dire ai gaudenti di questo mondo: evitiamo le vostre orge non tanto per paura dell’inferno, quanto perché ad essere onesti, limpidi, puliti, generosi si gode infinitamente di più!”. E’ il messaggio di Sant’Agostino.
A ottobre, in Vaticano, il Congresso mondiale della stampa cattolica. Intervista con mons. Celli
◊ Dopo il congresso mondiale sulle televisioni cattoliche del 2006 di Madrid, e quello sulle radio cattoliche del 2008, celebrato in Vaticano, il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali si appresta a chiudere il “cerchio” della riflessione con un Congresso mondiale sulla stampa cattolica. L’appuntamento è stato fissato in Vaticano dal 4 al 7 ottobre prossimi e, a più di un mese di distanza, sono già una sessantina i Paesi che hanno deciso di inviare propri delegati. Il dibattito degli esperti si concentrerà sul presente e sul futuro della stampa cattolica nel mondo, con una particolare attenzione alla loro presenza nel mondo del web e dei nuovi media. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il presidente del dicastero pontificio, l’arcivescovo Claudio Maria Celli:
R. – La grande domanda di fondo è sempre questa: nel contesto sociale di oggi, nella Chiesa di oggi, quale ruolo deve svolgere una radio cattolica, una televisione cattolica? Ci si può porre la stessa domanda sulla stampa. E il tema del Congresso non riguarda solamente la stampa cattolica, ma la stampa cattolica nell’era digitale, perché è ormai a tutti noto che sono molti più i lettori che leggono un giornale – cattolico o non – via Internet, che acquistando copia del giornale. E poi, è innegabile: le nuove tecnologie stanno aprendo panorami molto più ampi, ricchi, stimolanti… E quindi, abbiamo pensato bene che fosse opportuno invitare persone che lavorano nel campo della stampa cattolica, a livello mondiale. Non abbiamo scelto noi, i delegati. Abbiamo chiesto alle Conferenze episcopali di nominare tre delegati, rappresentanti di diversi Paesi. E quindi, abbiamo due delegati esperti in stampa e un delegato esperto in Internet o nelle nuove tecnologie. Posso dirle che, sinora, la risposta è stata veramente positiva: fino ad oggi abbiamo avuto la conferma di 58 Paesi con una presenza di circa 180 rappresentanti. Sono contento perché significa che a livello mondiale, nella Chiesa, il tema della stampa è sentito profondamente.
D. – Anche se il Congresso è ancora in via di definizione nelle sue tematiche e nella sua organizzazione, quali sono in generale, eccellenza, i temi che verranno affrontati in ottobre?
R. – Il primo giorno è marcato da due tavole rotonde. Nella mattinata, abbiamo invitato direttori di grandi giornali laici a livello mondiale, perché desideriamo sentire dalla loro viva voce che cosa pensano dello stato attuale e del futuro della stampa in quanto tale. Nel pomeriggio, invece, faremo la stessa cosa con direttori di grandi quotidiani cattolici provenienti da vari Paesi, e domanderemo loro qual è per loro il futuro della stampa cattolica. Poi, il secondo giorno lo dedicheremo a problematiche particolari e la domanda sarà: che relazione c’è tra stampa e ricerca della verità? Che rapporto c’è tra stampa cattolica e controversie? Avremo persone che potranno dibattere in maniera serena le problematiche che oggi la comunità affronta quotidianamente, e che innegabilmente trovano un’espressione nella stampa. L’ultimo giorno, invece, sarà dedicato all’aspetto digitale nel suo insieme: quindi, cosa significa la presenza della Chiesa in Internet – ad esempio. Abbiamo dei siti, dei portali di grande interesse, e certamente la Chiesa sente intensamente questa sua responsabilità in quella che noi chiamiamo una “diaconia della cultura digitale”. Il Papa ci ha invitato a questo: nell’ultimo messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali, Benedetto XVI ci invita addirittura a pensare ad una “pastorale” nel mondo della cultura digitale. E ancora una volta, il Papa ci invita ad un dialogo culturale a tutto tondo e in questo siamo tutti impegnati. Io dico, scherzando, che la Chiesa si muove con diverse velocità: lei può ben immaginare cosa significhi il mondo europeo, il mondo americano e cosa, invece, possa significare il mondo latinoamericano o il mondo africano… La Chiesa si muove con grande spirito di servizio, però è innegabile: certi ritmi sono condizionati anche dalle tecnologie a loro disposizione. Salutiamo con grande simpatia i primi tentativi, anche nel campo di Internet, ma anche nella stessa stampa, che avvengono in alcuni Paesi. In altre parti, ad esempio, la radio svolge un ruolo particolarmente forte, significativo, in altre invece un pochino meno, perché ci sono grandi difficoltà: il solo Brasile ha più di 200 radio cattoliche operanti, il mondo africano non arriva a 200, e intendo tutto il continente africano… Quindi, ecco qui la diversità, le problematiche che emergono.
D. – Quindi, la sua aspettativa principale per questo Congresso …
R. – Io sono contento di questo nuovo Congresso, perché termineremo una panoramica di insieme. Io sto aspettando che da questo dibattito, da questa verifica che faremo insieme, non emerga il punto della situazione attuale della stampa cattolica, ma io mi aspetto di trovare risposte per il futuro: quale sia la missione che la stampa cattolica deve svolgere in questo momento attuale, nel contesto mondiale di oggi.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, una riflessione di Ferdinando Cancelli in vista del viaggio del Papa in Gran Bretagna.
Tendopoli Haiti: in rilievo, nell’informazione internazionale, il fatto che a più di sette mesi dal terremoto oltre settecentomila persone vivono ancora nei campi profughi.
In cultura, dall’Archivio segreto vaticano il primo volume relativo al 1930 dei “Fogli di udienza” del cardinale Eugenio Pacelli, segretario di Stato di Pio XI. Con la prefazione del cardinale Tarcisio Bertone.
Uomo di frontiera tra Oriente e Occidente: nell’informazione religiosa, Rosino Gibellini ricorda Raimòn Panikkar.
Nell’informazione vaticana, intervista di Giampaolo Mattei all’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.
Pakistan: la violenza terrorista non si ferma davanti al dramma delle alluvioni
◊ In Pakistan la violenza terrorista non si ferma neanche davanti al dramma devastante delle alluvioni. Un commando di integralisti islamici ha attaccato un ufficio del governo vicino al consolato degli Stati Uniti a Peshawar. L’assalto è avvenuto dopo che i talebani hanno ucciso nella Valle di Swat tre operatori umanitari di fede cristiana. Intanto continua ad essere tragica la situazione di milioni di sfollati, mentre l’Unicef lancia un altro allarme: oltre 70mila bambini rischiano di morire di fame se non arrivano urgenti aiuti. Il servizio di Linda Giannattasio.
La violenza non si arresta nel Pakistan devastato dalle alluvioni. Secondo l’agenzia Fides tre persone sarebbero state uccise, si tratterebbe, in base ai dati dell’agenzia, di “tre volontari stranieri, di religione cristiana, appartenenti a un’organizzazione internazionale che, per motivi di sicurezza, viene ancora tenuta segreta”. Nessuna conferma, al momento dalle Nazioni Unite. Un evento non nuovo, secondo Daniele Scaglione, direttore della comunicazione di Actionaid, ong presente da anni sul territorio pachistano:
“Questi attacchi sono indubbiamente un fatto grave. Paradossalmente non dovrebbero avere gravi conseguenze sulla sicurezza del Paese, su quello che c’è da fare, perché la presenza di gruppi armati talebani che vogliono controllare parti del Paese, non è una cosa nuova. I nostri operatori che sono sul campo sanno lavorare in queste condizioni, ma non vogliamo che passi l’idea che allora non serve a niente mandare aiuti, perché tanto ci sono i talebani che controllano. Questo non è vero e anzi sarebbe ancor più grave e ci sarebbe ancora più spazio per le persone che commettono queste violenze, se non si aiutasse la popolazione a sopravvivere”.
Intanto, le inondazioni non sembrano cessare e l’emergenza continua. Il quadro, in particolare nell’area meridionale del Sindh è allarmante. Qui questa mattina il fiume Indo in piena ha rotto altri argini inondando nuove terre della provincia. Sono circa un milione le persone costrette a lasciare le proprie abitazioni nelle ultime 48 ore. Ma come proseguono le operazioni di soccorso? Maurizio Giuliano, portavoce del coordinamento Onu degli Affari Umanitari in Pakistan:
“Continuiamo ad andare avanti alla velocità più elevata possibile. Mentre l’acqua può spazzar via un milione di persone in due giorni, noi non possiamo dare aiuti a un milione di persone in due giorni. Abbiamo per ora dato cibo a più di due milioni di persone, medicine che possono coprire fino a tre milioni e mezzo di persone, rifugi d’emergenza, quindi tende o simili a più di un milione e acqua potabile a due milioni e mezzo di persone ogni giorno. L’acqua è una preoccupazione importante e insieme all’acqua tutte le malattie che sono legate all’acqua. L’acqua potabile è una priorità assoluta”.
Sono almeno 20 milioni finora le persone in fuga, ma qual è al momento la situazione degli sfollati? Ancora Maurizio Giuliano:
“E’ grave nel nord, dove le inondazioni sono cominciate più di un mese fa. L’assistenza ha già raggiunto quasi tutti quelli che avevano bisogno, mentre nel sud dove le inondazioni sono una cosa molto più recente che continua tutt’ora, la situazione è critica. Stiamo cercando di dare biscotti di alta energia e di raggiungere il più velocemente possibile queste popolazioni. E’ necessario che i donatori continuino ad impegnarsi perché altrimenti la vita di milioni di persone, specialmente bambini, è a rischio”.
Meeting di Rimini. Annunciato il tema del prossimo anno: "E l'esistenza diventa un'immensa certezza"
◊ Con quasi 800mila presenze e una crescita del pubblico e dei volontari dall’estero, il bilancio della XXXI edizione del Meeting di Rimini è positivo, soprattutto tenendo conto della crisi. Lo afferma il presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, nella conferenza stampa di stamani. Con l’incontro che ci sarà nel pomeriggio sul libro di don Giussani “L’io rinasce in un incontro”, si chiude anche quest’anno la kermesse organizzata da Comunione e Liberazione. Il servizio della nostra inviata Debora Donnini:
“E l’esistenza diventa un’immensa certezza”. Il titolo del Meeting del prossimo anno, dal 21 al 27 agosto, annunciato in conferenza stampa, è in un certo senso il proseguimento ideale dell’edizione 2010: “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. Quasi 800mila le presenze, oltre 3mila i volontari, 29 le nazionalità presenti in diverso modo, oltre 130 gli incontri. Senza dimenticare le otto mostre, i 35 spettacoli, le tante presentazioni di libri. E che la kermesse di Rimini stia diventando ormai una realtà sempre più internazionale è testimoniato anche dal fatto che a fine ottobre, al Cairo, sarà realizzato un piccolo Meeting di due giorni, organizzato assieme ad un centro culturale della capitale egiziana. Il Meeting, sottolinea la Guarnieri, è un luogo dove succede qualcosa, dove quest’anno è stato documentato il desiderio di cose grandi, di cambiamento, di ripresa dalla crisi, di esperienze positive. Tanti i rappresentanti del mondo ecclesiale. Viene ricordato l’incontro fra il cardinale Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, e il metropolita di Minsk e Sluzk, Filaret, o quello del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso con il monaco buddista Habukawa e l’imam Oubrou. E ancora, le riflessioni del giurista americano di religione ebraica Joseph Weiler. I grandi manager, da Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. I tanti ministri del governo italiano e i rappresentanti di Paesi esteri e dell’Ue, come il presidente della commissione Barroso. Scrittori, giornalisti e scienziati, ma anche tante testimonianze come quelle dei volontari in Africa e ad Haiti. Esperienze di perdono e speranza, come quella della vedova del carabiniere morto a Nassirya, Margherita Coletta. Tra le otto mostre, commuove quella dedicata alla scrittrice americana cattolica, Flannery O’Connor, che muore a soli 39 anni dopo una malattia rara e grave, il lupus, che a 25 anni la costringe ad abbandonare la vita sociale. Si intitola “L’infinita misura del limite”. Flannery nella sua vita e nei suoi racconti mostrerà come appunto il limite - la malattia per lei - sia in realtà la prima esperienza dell’Infinito e che accettando questo limite si produce una vita piena di senso, per lei tra l’altro lo scrivere libri. Diceva: “La vocazione implica l’esperienza del limite”. Ma soprattutto, Flannery farà vedere come nelle circostanze umane Dio non smette di operare con quelle che lei chiama “le intrusioni della Grazia”. Non a caso il messaggio inviato dal Papa all’inizio del Meeting è stato un invito a testimoniare “nel nostro tempo che le grandi cose a cui anela il cuore umano si trovano in Dio”.
E tra i temi trattati ieri, la famiglia e la crisi economica. Per il presidente dell’Istituto Opere di Religione del Vaticano, Ettore Gotti Tedeschi, la causa principale della crisi è stato il crollo della crescita demografica nei Paesi occidentali. Per uscirne bisogna ritornare a fare figli, in una famiglia con padre e madre fondata sul matrimonio e far ritrovare all’uomo il senso della vita. Ad intervenire ieri al Meeting anche Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni Familiari. Debora Donnini gli ha chiesto una riflessione sulle parole di Ettore Gotti Tedeschi e sulle politiche familiari.
R. – E’ come se avesse confermato la missione nativa del Forum delle Associazioni familiari, cioè questa identità della famiglia forte, come responsabilità sociale, matrimonio maschile-famminile, cose tutte discusse oggi nel dibattito culturale ma di cui siamo fermamente convinti: sono punti di non-ritorno, questi. E poi, anche l’idea che la difesa della famiglia, la difesa della natalità siano questioni di sviluppo economico. Non sono questioni di assistenza, ma sono un punto di ripartenza di un sistema-Paese.
D. – Gotti Tedeschi mette anche in luce il fatto che in Italia questa “crescita-zero” degli ultimi 30 anni ha comportato molti problemi …
R. – Non è vero che meno siamo, meglio stiamo; non è vero che meno siamo, più risorse dividiamo. E’ vero, invece, che la prima risorsa è il capitale umano, cioè le nuove generazioni sono il primo mattone su cui costruiamo il nostro futuro. Certamente, oggi il nostro sistema sta implodendo, per esempio sulle pensioni, perché uno squilibrio troppo forte tra generazioni che lavorano e generazioni in età pensionata è insostenibile. Quindi, noi stiamo lavorando – come sistema-Paese – per risolvere il tema previdenziale, ma nel lungo periodo abbiamo bisogno di un rilancio demografico. Abbiamo bisogno che un figlio per una giovane coppia sia una scommessa condivisa tra Stato, impegno pubblico e scelta privata. Oggi i figli sono a totale carico, rischio e pericolo della giovane coppia. E infatti, l’unica strategia che hanno è sposarsi più tardi, fare i figli più tardi: questo non può funzionare per il Paese!
D. – Il segnale che si dà, infatti, sembra essere: fare figli vuol dire impoverirsi …
R. – Una famiglia perde il 25-30% del potere d’acquisto, ma perché non c’è un meccanismo di riequilibrio dal punto di vista fiscale. E in molti Paesi, alla nascita del figlio entrano dei sostegni di intervento pubblico che dicono alla coppia: hai fatto un figlio, è una tua scelta libera, però questo figlio è un bene anche per lo Stato!
D. – Anche perché è paradossale che poi, invece, un figlio va a sostenere le pensioni e quindi, in realtà, è un grandissimo aiuto per la società …
R. – Il figlio, come la famiglia in quanto tale, è un patrimonio del Paese, è un bene non un luogo da assistere. Quindi, investire sulla famiglia, investire sulle nuove generazioni e non fare elemosina verso le famiglie che hanno figli! Questa è una delle grandi scommesse che noi cerchiamo di proporre costantemente al governo, alle regioni, ai singoli comuni perché se non c’è questa nuova alleanza tra società e famiglie su questa sfida delle nuove generazioni, il nostro Paese è condannato all’implosione. E neanche le immigrazioni risolveranno, perché in brevissimi anni anche le famiglie di persone che vengono da altri Paesi hanno diminuito drasticamente il numero di figli, perché fare figli in Italia è difficile! (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Perdonanza Celestiniana all'Aquila. Mons. Molinari: ricostruire la città superando le divisioni
◊ Si svolge oggi e domani all’Aquila la celebrazione della “Perdonanza Celestiniana”, una tradizione legata all’elezione di Papa Celestino V avvenuta il 29 agosto 1294. Questa sera alle 18.00, nel Piazzale di Santa Maria di Collemaggio, il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, presiederà la Messa stazionale, con la chiusura dell’Anno Celestiniano e il rito di apertura della Porta Santa. Lo speciale Anno giubilare era stato indetto per commemorare gli 800 anni della nascita di San Celestino V. In occasione della ricorrenza, Benedetto XVI si era recato in visita pastorale a Sulmona il 4 luglio scorso, venerando le reliquie di Celestino V nella Cattedrale sulmonese. Domani sera l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, presiederà alle 18.00 la Messa per la conclusione della Perdonanza e il rito di chiusura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio. Sul significato di questo appuntamento, che prevede anche l'indulgenza plenaria, ascoltiamo lo stesso mons. Molinari al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Il perdono, la riconciliazione possono sembrare tanto lontani dai nostri problemi reali, ma in fondo è proprio lì che si comincia, perché i proclami, le denunce, i programmi, gli studi, le analisi … poi, alla fine, se dietro a tutto questo non ci sono dei cuori pieni di volontà di dialogare, di confrontarsi, di ricostruire, tutto il resto non serve a niente. E il perdono ci aiuta!
D. – Quindi, cosa può significare per gli aquilani, oggi, questa festa?
R. – Sono secoli che noi viviamo questa ricorrenza con cuore sempre nuovo: anche il Vangelo è antico e sempre nuovo; anche il messaggio di Celestino, in fondo, cosa ci dice? Di ritornare al Signore, di metterlo veramente al primo posto, di riconciliarci tra noi … e sembrano cose scontate, però ogni giorno, ogni generazione, ha bisogno di rifarsi a queste sorgenti, di rinnovare il cuore e quindi questa novità di base c’è sempre: questa inesauribile forza del Vangelo, del Vangelo della misericordia che Celestino ha cercato di far conoscere, perché in fondo, la Perdonanza è ricordare a tutti che Dio ci ama infinitamente. E in questo oceano di amore infinito, ognuno di noi può trovare posto, in ogni momento della propria esistenza. E allora – ecco, in questo momento, però, ha una valenza particolare: quando Celestino volle dare questa indulgenza plenaria, la città viveva situazioni difficili e Celestino, oltre a pensare al bene spirituale profondo delle anime, pensava anche ad una città che aveva bisogno di ricucire i rapporti, di ritessere il proprio tessuto sociale: di questo abbiamo bisogno sempre, ma soprattutto adesso, dopo la tragedia del terremoto. Da parte di tutti si esprime verbalmente la voglia di ricostruire, poi ci si ritrova divisi sui modi, sui tempi, sulle tecniche, sulle visioni politiche … e questo certamente non giova alla ricostruzione. Invece, il messaggio di Celestino agli aquilani è proprio questo: amatevi, vogliatevi bene veramente perché insieme riuscirete a raccogliere questa grande sfida e ricostruire la vostra città e la vostra storia.
D. – Quest’anno, la Perdonanza segna anche la chiusura dell’Anno Celestiniano per commemorare gli 800 anni della nascita di San Pietro da Morrone – appunto, Celestino V. Che significato ha avuto, questo Anno Celestiniano?
R. – Noi vediamo che San Celestino parla ancora: parla con la sua umiltà, con la sua semplicità …. In occasione di questo anniversario ho fatto un libretto molto piccolo con la vita di Celestino, l’ho inviato anche a tutti i vescovi d’Italia. E’ bello quando mi rispondono: il libretto è piccolo, l’ho letto tutto d’un fiato, è veramente bello! Una riscoperta di questo Santo che veramente, nella sua semplicità, non conosciamo mai abbastanza. E’ sempre un messaggio nuovo, fresco, dirompente da dare a tutti noi.
D. – Quale può essere oggi il ruolo della Chiesa, in un momento sociale così difficile per la città?
R. – Come sempre, quello di cambiare i cuori, di rinnovarli perché solo lì, poi, si trova il terreno fertile per fare insieme progetti validi, positivi. E’ quello di mediare tra i vari blocchi, di evitare le contrapposizioni, per tenere desta la speranza nei cuori della gente perché il rischio c’è, che qualcuno veda morire la speranza nel proprio cuore: soprattutto i giovani. C’è bisogno di tanta speranza, e Celestino ci aiuta a ritrovare questa speranza. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
◊ Nella 22.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù, recatosi a pranzo a casa di uno dei capi dei farisei, racconta la parabola sugli invitati che scelgono i primi posti, esortando invece a mettersi all’ultimo posto. Quindi dice:
«Quando offri un pranzo … non invitare i tuoi amici … né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino ... Al contrario … invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Questa volta Gesù è proprio provocatorio: è stato invitato a casa di un ricco fariseo per pranzare, e prima si mette a ironizzare sulla mania di alcuni di occupare i primi posti, col rischio di essere spostati indietro se arriva un personaggio più importante. E poi dà lezione di stile al fariseo che l’aveva invitato: non invitare chi ti può ricambiare il favore, ma invita poveri, storpi, ciechi e zoppi, cioè chi non ricambierà mai. È tutto il contrario delle nostre abitudini: chi non cerca di farsi notare e di primeggiare? E quando mai si invitano a mensa i poveri senza risorse? Magari una volta all’anno sì, per un sussulto di beneficienza, ma abitualmente no. Meglio di no, troppo complicato. Ma Gesù assicura: se ci si limita al calcolo i conti non tornano mai. Ma chi lascia perdere i vantaggi e i favori interessati, e segue il principio della gratuità, sperpera nell’accogliere, non bada al ritorno, avrà arricchito la sua vita e migliorato la società. La logica del dono senza calcoli è come gettare semi al vento: farà fiorire il cielo, e sarà meno egoista l’umanità. E il Signore ricompenserà largamente.
Perù: ucciso un anziano missionario francescano
◊ È stato ucciso ieri a Lima, capitale del Perù, padre Joel Linam García, sacerdote francescano di 80 anni originario di Porto Rico. L’omicidio è avvenuto all'interno del Convento San Francesco, a pochi metri dal Palazzo di governo e da una caserma delle forze dell'ordine. Con il prete è stato ucciso anche un aiutante della comunità religiosa, la cui identità non è stata resa nota dalla polizia, che invece ha precisato, stando alla stampa locale, "che il sacerdote e l'aiutante sono stati accoltellati sicuramente per aver opposto resistenza a un tentativo di furto. Sembra chiaro alla polizia, che i ladri siano penetrati durante il giorno nel convento e per alcune ore si siano nascosti nell'Archivio, in attesa di portare a compimento il furto". Le forze dell’ordine, infatti, hanno confermato di aver trovato due casseforti aperte e svaligiate. Il convento, così come la chiesa adiacente, sono fra i più antichi della città, fanno parte del patrimonio storico del Paese e sono luoghi molto frequentati dai turisti, cosa che "avrebbe potuto facilitare l'ingresso dei delinquenti". Con ogni probabilità i ladri avevano l’intenzione di rubare oggetti d'oro e d’argento di epoca coloniale e dipinti di grande valore artistico e culturale, risalenti allo stesso periodo. Inoltre, in una parte del convento, è aperto un refettorio che funge da mensa per i poveri e le persone in difficoltà e anche qui, durante tutta la giornata, si registra un grande afflusso di persone. Padre Linam García, molto malato, era missionario in Perù da oltre 50 anni. Il francescano ha sempre lavorato con i giovani, finché la sua salute glielo ha permesso. Nel 1978 fondò il "Movimento per la promozione d'incontri giovanili" che si occupa dei giovani poveri ed emarginati. (A cura di Luis Badilla)
L'allarme dei vescovi colombiani per l’escalation di violenza nel Paese
◊ L’ondata di violenza che affligge la Colombia preoccupa il clero locale: è una situazione che dura ormai da troppi anni, soprattutto in alcune regioni, ed esige un’analisi profonda “per attaccare in profondità le cause”. Si esprime così mons. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotà e presidente della Conferenza episcopale colombiana, dando voce ai vescovi preoccupati per l'aumento della violenza urbana, come si è visto recentemente a Medellìn. "Le soluzioni militari - spiega il presidente dell'Episcopato - non sono mai sufficienti”. Riflettendo in particolare su quanto accaduto nel settore "Comuna 13" che raggruppa quattro quartieri nella città di Medellìin, dove in questi giorni sono morte almeno tre persone negli scontri tra bande, il presule ha chiesto di "guardare ai più giovani (...) poiché da qui può cominciare una realtà nuova e diversa". Ciò che è accaduto nella "Comuna 13", e che ha suscitato una reazione durissima da parte della popolazione, "è un riflesso di quanto accade nel Paese; un problema complesso, che colpisce soprattutto i più giovani che crescono aggressivi e violenti". Le riflessioni del presule sono arrivate poco dopo l’annuncio del ministro degli Interni e della Giustizia, Germán Vargas Lleras di "un piano integrale del governo per fronteggiare la questione della sicurezza cittadina", e l’ammissione che "in alcune città la situazione è allarmante", come, oltre a Medellìin, anche a Pereira, Cali, Bogotá, Barranquilla e Cartagena. Giorni fa, l'arcivescovo di Medellìin, mons. Ricardo Tobón, ha illustrato le iniziative della Chiesa locale per il dialogo tra gruppi rivali (i "combos"), con lo scopo di fermare la spirale di violenza. Il presule ha spiegato che molti parroci sono impegnati in prima persona nell’avvicinare i capi di questi gruppi per ricondurli su posizioni ragionevoli, con la consapevolezza che si tratta di un compito "non facile, perché la regione ha una tradizione di 'sicariato' molto forte e radicata, almeno in alcuni settori della popolazione". “Questa è la realtà del Paese - ha concluso il presidente dell'Episcopato - dobbiamo essere capaci di prendere provvedimenti tempestivamente e con intelligenza per sradicare le cause ultime del fenomeno". (L.B.)
Sciopero dell'industria siderurgica in Paraguay: appello dei vescovi al dialogo
◊ Un appello urgente al dialogo e alla concordia è quello lanciato dai vescovi del Paraguay, seriamente preoccupati per il prolungarsi del braccio di ferro tra i lavoratori e l’azienda siderurgica “Acepar”, che è spesso sfociato in proteste violente. "La convivenza pacifica nella società è frutto della giustizia - scrivono i presuli - il rispetto della legge e della dignità della persona umana, insieme con il dialogo razionale e civile, sono l'orizzonte che deve guidare tutti i settori della società, governanti e governati, imprenditori e lavoratori". I presuli esprimono grave preoccupazione perché lo sciopero dell'industria siderurgica Aceros del Paraguay (Acepar), dura ormai da troppi mesi e la situazione si è incancrenita, sfociando spesso in “moti di violenza che mettono in pericolo l'integrità delle persone, in particolare dei più deboli, oggi colpiti più che mai nei loro bisogni elementari". “È vero - ricordano i vescovi - che il conflitto si sviluppa all'interno dei diritti delle parti, ma è anche vero che si è arrivati al limite, e perciò occorre un momento di riflessione delle parti, che è necessario stabiliscano ponti per il dialogo, con l’obiettivo di cercare una soluzione duratura. Una conciliazione, a beneficio del bene comune, esige il riconoscimento della dignità dell'altro e la disponibilità a rinunciare a parte dei propri legittimi interessi”. La dichiarazione dell'Episcopato del Paraguay ricorda che le parti "hanno diritti e obblighi legali" ma, specificano, quando fra questi sorgono "differenze d'interpretazione è la giustizia che deve decidere. Tutti noi cittadini siamo obbligati a sottometterci all'impero della legge e al verdetto della giustizia". Infine, i vescovi si sono rivolti a "imprenditori e lavoratori affinché ristabiliscano il dialogo e la conciliazione nella cornice della verità e del rispetto". Ai poteri pubblici, i presuli chiedono che ciascuno, nella propria sfera di competenza, "si faccia carico con decisione e giustizia" dei propri doveri. L'Episcopato affida, infine, la soluzione di questa grave situazione sociale che ormai paralizza l'intero Paese, alla protezione del Signore e alla Madre del Paraguay, la Madonna di Caacupé ed esorta i cristiani a pregare con fede e speranza. (L.B.)
India: Giornata dei martiri cristiani nell'anniversario dei massacri in Orissa
◊ Si celebra domani 29 agosto in tutta l’India, nell’avversario dei massacri dell’Orissa, la “Giornata Nazionale dei martiri indiani”. L’evento – riferisce la Fides - è stato istituito per ricordare tutti coloro – sacerdoti, religiosi e laici – che “hanno sacrificato la vita a causa della loro fede in Cristo” e che sono i “moderni martiri” dell’India di oggi. In particolare è stata scelta la data dell’ultima domenica di agosto (che varrà anche per i prossimi anni) per commemorare i cristiani che hanno perso la vita nei massacri dell’Orissa avvenuti alla fine di agosto del 2008, eventi – afferma la Fides - che ancora oggi chiedono giustizia e rischiano di restare impuniti. La proposta della Giornata ha trovato l’accordo unanime di tutte le confessioni cristiane presenti in India e sarà celebrata a livello ecumenico, ricevendo così maggiore forza e visibilità anche a livello sociale e civile. La Commissione per l'ecumenismo della Conferenza episcopale del Paese ha ricordato che “i cristiani hanno un martirologio comune, che include tutti i martiri del ‘900 e del secolo in corso”. Mons. Anil Cuto, vescovo di Jalandhar e presidente della Commissione per l’Ecumenismo, sottolinea: “Il martirio è la più alta forma di amore. Stiamo facendo uno sforzo per ricordare quanti sono morti nel nome del Signore Gesù Cristo. E’ una memoria che vogliamo confermare e continuare a beneficio delle nuove generazioni. La Chiesa cattolica prevede un iter speciale per dichiarare una persona martire, beata o santa. Noi oggi non vogliamo in alcun modo sostituire questa procedura, ma solo ricordare quanti hanno testimoniato e dato la loro vita in nome di Cristo, conservando e preservando la loro sofferenza e il loro sacrificio come un’eredità per le future generazioni”. Padre Anbu, segretario della Commissione per l’Ecumenismo, sottolinea: “Vogliamo rendere onore ai nostri martiri: i cristiani di differenti confessioni che hanno sacrificato la loro vita per la fede. Celebrare questa giornata a livello ecumenico significa rafforzare l’unità fra le Chiese cristiane in India”. In occasione della Giornata è partita una vasta campagna di mobilitazione e di sensibilizzazione di tutti i fedeli cristiani nella nazione, per organizzare speciali preghiere, digiuni, incontri di commemorazione, gesti simbolici di solidarietà come la donazione di sangue negli ospedali. La violenza anticristiana nello Stato indiano ha provocato la profanazione e la distruzione di circa 150 chiese, l'incendio intenzionale di 4.500 abitazioni e danni a 13 scuole cristiane. Circa 53.000 cristiani sono rimasti senza casa. (A.L.)
Nepal: preoccupazione per il futuro della libertà religiosa
◊ Cresce tra i cristiani e le altre minoranze religiose in Nepal la preoccupazione per il futuro della libertà religiosa nel Paese, da quasi due mesi senza governo, dopo le dimissioni del premier Madhav Kumar Nepal, rassegnate il 30 giugno scorso. Il timore è che l’attuale stallo politico e il continuo rinvio dell’approvazione della sua prima Costituzione democratica, possano rimettere in discussione la laicizzazione del Paese avviata nel 2006, dopo la crisi che ha portato alla fine della monarchia. Crescono, infatti, le pressioni di alcune frange induiste che vorrebbero ripristinare l’induismo come religione di Stato. La questione è stata al centro di un forum interreligioso organizzato nei giorni a Kathmandu dalla comunità cattolica, durante il quale una cinquantina di sacerdoti, religiosi e religiose hanno potuto confrontare le loro preoccupazioni con altri esponenti cristiani, musulmani, buddisti e indù. Nei vari interventi si è parlato del crescente pericolo del fondamentalismo che minaccia la pace religiosa in Nepal. I partecipanti hanno convenuto sull’importanza di difendere la pari dignità di tutte le religioni nel Paese, poiché “i problemi cominciano proprio quando una religione rivendica la propria superiorità su un’altra”. Soddisfatto dell’incontro il coordinatore dell’iniziativa, il padre gesuita Jomon Jose: “Spero che questo scambio aiuterà i cattolici a ricordarsi di dare un contributo attivo all’attuale dibattito e a fare sentire le proprie opinioni”, ha detto in un’intervista all’agenzia Ucan. La presenza cattolica in Nepal, Paese per l’80 per cento indù, risale agli anni ’50, quando i Gesuiti aprirono una scuola nella capitale Kathmandu. Fino al 2006 la Chiesa ha concentrato le sue attività soprattutto nel campo sociale ed educativo, attività che ha sempre svolto con una certa discrezione a causa del divieto posto ai missionari cattolici di fare proselitismo. Prima di questa data, infatti, le conversioni da una religione all’altra erano illegali e punibili anche con il carcere. Oggi i cattolici sono circa 7.500 su una popolazione di 28,5 milioni di abitanti. In tutto i cristiani sono circa un milione e mezzo. I musulmani, invece, sono pari al 4 per cento della popolazione. (L.Z.)
Ad Hanoi il primo congresso della Caritas del Vietnam
◊ Un momento storico per la Caritas del Vietnam: il 24 e 25 agosto scorsi, infatti, per la prima volta, l’associazione di aiuti per la provincia ecclesiastica di Hanoi ha tenuto il suo congresso, svoltosi nel Seminario maggiore della città, intitolato a San Giuseppe. A presiedere l’incontro è stato l’arcivescovo di Hanoi, mons. Pierre Nguyên Van Nhon, insieme con il vicepresidente della Commissione episcopale per il Sociale e al direttore nazionale della Caritas Vietnam, rispettivamente mons. Joseph Nguyên Van Yên e padre Nguyên Ngoc Son. Tra i partecipanti, anche numerosi volontari, sacerdoti, religiosi ed esponenti di gruppi parrocchiali. “Questo congresso – informa l’agenzia Eglises d’Asie (Eda) – ha una notevole importanza. La Caritas, organismo dipendente dalla Conferenza episcopale, esisteva nella zona meridionale del Vietnam, dal 1965. Dopo il cambiamento di regime avvenuto nell’aprile 1975, la Caritas ha ricevuto l’ordine di cessare la propria attività e di cedere a specifici organismi governativi la direzione delle proprie istituzioni”. La situazione è cambiata nel 2008 quando, dopo trent’anni di assenza, “la Caritas è riapparsa ufficialmente sulla scena pubblica, sia a livello nazionale che diocesano e parrocchiale”. “In passato – ha spiegato mons. Nguyên Van Yên – la Caritas vietnamita ha affrontato numerose prove, ma grazie all’aiuto della Provvidenza, le nostre attività caritative e sociali hanno continuato e continuano a svolgere un grande servizio. D’ora in poi la nostra associazione si sforzerà di rafforzare il proprio operato in tutte le parrocchie, a servizio dei più deboli”. I temi analizzati dal Congresso sono stati diversi: oltre alle linee-guida per il futuro, “l’attenzione dei partecipanti si è concentrata sulle grandi questioni sociali dell’epoca contemporanea e sulle soluzioni che esse richiedono, ovvero debellare l’Aids, difendere la vita e lottare contro l’aborto, tutelare i disabili e i malati, rendere accessibili le cure mediche anche ai più poveri, incrementare la scolarizzazione e, infine, approntare un piano di emergenza in caso di catastrofi naturali, come i cicloni e le inondazioni”. (I.P.)
Nuove linee guida della Chiesa tedesca sulla questione degli abusi sessuali
◊ La Conferenza episcopale della Germania ha approvato giovedì scorso un documento con alcune linee guida per la gestione delle denunce di abusi sessuali per facilitare la cooperazione con le forze dell'ordine. Le nuove linee guida — riferisce l'agenzia di stampa «American Catholic News» ripresa dall’Osservatore Romano — sono state approvate nel corso di una riunione svoltasi a Würzburg dal consiglio permanente dei vescovi. «Il vescovo di Trier, mons. Stephan Ackermann — si legge in una dichiarazione della Conferenza episcopale tedesca — da febbraio è il punto di riferimento della Chiesa cattolica per tutti i casi di abusi in Germania». Le linee guida della Chiesa, che sostituiscono quelle del 2002 e dovrebbero essere estese a tutto il personale di organismi ecclesiastici e non solo al clero, saranno presentate dal vescovo Ackermann nel corso di una conferenza stampa il prossimo 31 agosto. Secondo Ludwig Ring-Eifel, direttore dell'agenzia cattolica tedesca Kna, l'eventuale estensione delle linee guida anche agli insegnanti delle scuole cattoliche e ai dipendenti laici della Chiesa contribuirebbe certamente a dare una maggiore sicurezza ai bambini che studiano negli istituti religiosi. La decisione della Conferenza episcopale — ha aggiunto Ring-Eifel — aiuterà senza dubbio a far emergere un'immagine più positiva della Chiesa, ma ci vorrà tempo per riparare i danni commessi dai recenti scandali». Lo scorso febbraio, la Conferenza episcopale tedesca ha messo a disposizione un numero verde che offre consulenza e supporto psicologico alle vittime di abusi e anche alle loro famiglie.
Messaggio dei vescovi tedeschi per la fine del Ramadan: libertà religiosa per tutti i credenti
◊ “Favorire la convivenza fiduciosa”: lo ha auspicato oggi mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, in un saluto ai musulmani in Germania diffuso oggi in occasione della fine del Ramadan. Lo riferisce il Sir. “La Chiesa cattolica guarda con grande simpatia alla fedeltà con cui i musulmani osservano le proprie tradizioni religiose”, si legge nel documento. “Auguriamo di tutto cuore che riflettere sulla fede contribuisca a superare le tensioni che dividono cristiani e musulmani in diverse parti della terra”, continua mons. Zollitsch, che menziona la difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente. Il presule ha rivolto inoltre un appello “affinché musulmani e cristiani si impegnino per una libertà di religione completa”, ricordando che “la Chiesa cattolica in Germania si è adoperata pubblicamente e con impegno per le legittime esigenze dei musulmani”. Nel sottolineare che la fine del Ramadan può essere “tempo di riconciliazione e misericordia”, mons. Zollitsch ha infine esortato i musulmani a ribadire l’impegno per la libertà di religione per tutti i credenti, riferendosi espressamente alla situazione in Turchia e della Chiesa di S. Paolo a Tarso: “Speriamo che i cristiani in Turchia possano presto godere di una libertà di religione illimitata”.
Lettera pastorale dei vescovi belgi sull’importanza dei Sacramenti
◊ “Rinascere. I sacramenti”: si intitola così la lettera pastorale pubblicata dalla Conferenza episcopale belga, destinata “ad approfondire la riflessione su questo tema, a rivedere la comprensione profonda dei Sacramenti per associarli alla pratica pastorale”. Il documento segue quelli degli anni precedenti, intitolati rispettivamente “Divenire adulti nella fede” (2006), “Il nostro compito è crescere nella fede” (2007), “Incontrare Dio nella sua Parola” (2008) e “La professione di fede: il Credo” (2009). “L’incontro con il Signore – scrivono i vescovi belgi nella nota – è il cuore della fede cristiana, ma esso non dipende da noi”, bensì “esso si realizza attraverso quel meraviglioso insieme di parole e di gesti chiamati Sacramenti”. “I Sacramenti – continua la Chiesa belga – sono molto più vitali di quanto noi pensiamo: sono indispensabili. Attraverso di essi, riceviamo in dono lo Spirito di Cristo, che viene a rinnovare la nostra vita. Ed è grazie ai Sacramenti che noi riceviamo l’amore di Dio, da condividere con la comunità di fratelli e sorelle in Cristo”. In questo modo, concludono i vescovi, “i nostri occhi scoprono la presenza di Dio in tutto il Creato”. (I.P.)
A Taizé un incontro preparatorio alla Gmg di Madrid nel 2011
◊ Un incontro di 200 delegati francesi per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011 si aprirà domani, 29 agosto, e si chiuderà il primo settembre presso la Comunità ecumenica di Taizé, nella regione della Borgogna, in Francia. Obiettivo dell’iniziativa è quello di coordinare le modalità di diffusione dell’incontro mondiale dei giovani con Benedetto XVI e di elaborare le grandi linee della preparazione spirituale nelle diverse comunità diocesane. Saranno presenti i rappresentati di diocesi, comunità e movimenti ecclesiali della Francia continentale e d’oltremare, che saranno accompagnati nei tempi di preghiera dal Priore di Taizé, Frère Aloïs. Per illustrare le prime informazioni sulla Gmg del prossimo anno, una conferenza stampa si terrà a Taizé lunedì 30 agosto alle ore 11.45, cui interverranno mons. Benoît Rivière, vescovo di Autun, presidente del Consiglio per la Pastorale dei bambini e dei giovani, padre Timothy Radcliffe, già Maestro generale dell’Ordine dei predicatori e Frère Aloïs. (M.V.)
L’Iran frena sulla lapidazione della donna condannata per adulterio
◊ Ancora nessuna decisione finale sulla lapidazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana, madre di due figli, condannata per adulterio e omicidio. Lo ha fatto sapere il Ministero degli esteri di Teheran, dopo la mobilitazione contro la condanna da parte di tutto il mondo occidentale. Proteste anche dall’Unione Europea, dopo le sollecitazioni della Francia che è arrivata a chiedere alle autorità di Bruxelles di imporre nuove sanzioni a Teheran se la condanna a morte sarà eseguita. Il ministro degli Esteri dell’Ue, Catherine Ashton, ha proposto di inviare una lettera collettiva di tutti gli Stati membri alle autorità iraniane per chiedere l’abolizione di tali pratiche. E un migliaio di persone si sono radunate oggi nei giardini del Trocadero a Parigi per una manifestazione di sostegno alla donna iraniana condannata a morte per lapidazione.
Afghanistan: offensiva talebana
In Afghanistan, i talebani hanno lanciato una nuova offensiva contro le truppe della coalizione internazionale. Nell’attacco a due basi della Nato nella provincia di Khos sono morti 14 ribelli. Entrambi gli assalti, alla base Salerno e alla base Chapman, sono stati respinti senza perdite da parte dei militari della Nato. A difendere le postazioni è intervenuta anche l'aviazione. Ieri, in un agguato dei talebani nella provincia di Wardak, due guardie private sono state uccise per sbaglio dai soldati della coalizione.
Somalia v
Nuovi scontri a Mogadiscio, la capitale della Somalia. Almeno 11 i civili hanno perso la vita nelle ultime 24 ore. Da giorni miliziani di al Shabab, legati ad Al Qaeda, hanno intensificato le operazioni contro le forze governative, con l’obiettivo di prendere il controllo della città. Sale così ad 80 morti il bilancio delle vittime di questa settimana.
Kenya: nuova costituzione
Giornata storica ieri per il Kenya. E’ stata promulgata la nuova Costituzione, frutto di un dibattito interno durato oltre vent’anni. Quella che doveva essere una giornata memorabile per il Paese africano, tuttavia, è stata scandita da aspre polemiche per la presenza del presidente sudanese, Omar el-Bashir, già raggiunto da due mandati di cattura della Corte penale internazionale dell’Aja per crimini di guerra e contro l’umanità, e per l’accusa di genocidio nel Darfur.
Medio Oriente
Per la riuscita dei negoziati israelo-palestinesi – che riprenderanno il prossimo 2 settembre a Washington – servono incontri ogni 15 giorni. Ne è convinto il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, che condurrà personalmente i colloqui con il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. Intanto, si registrano nuove tensioni al confine tra Israele e la Striscia di Gaza: truppe israeliane hanno aperto il fuoco e ferito due palestinesi nei pressi del valico di Erez. Fonti mediche hanno riferito che i due stavano raccogliendo alcuni mattoni nei pressi della barriera di sicurezza che separa lo Stato ebraico dell'enclave palestinese controllata da Hamas.
La Francia chiede la liberazione di Shalit
Nel giorno del 24.mo compleanno di Gilad Shalit, il soldato franco-israeliano prigioniero a Gaza dal 2006, il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, ha chiesto in un messaggio la sua “liberazione immediata e incondizionata”. La Francia, ha aggiunto il ministro, prosegue “senza sosta l'azione in favore della liberazione” e “mobilita” le proprie reti “nella regione per far passare messaggi di responsabilità a tutti quelli che possono contribuire al suo rilascio”.
Italia: bimbo rom morto in un campo nomadi
Resta in pericolo di vita per almeno altre 48 ore il bimbo rom di tre mesi rimasto gravemente ustionato ieri, dopo l'incendio divampato in un insediamento abusivo di nomadi a Roma che ha purtroppo causato anche la morte del fratellino di tre anni, Marius. E' quanto si apprende da fonti sanitarie del Policlinico Gemelli dove il piccolo è ricoverato. Il rogo è stato causato probabilmente da una candela. Il Comune di Roma ha disposto immediatamente lo sgombero del campo, trasferendo i residenti in una struttura di accoglienza, e ha garantito che i funerali del bambino saranno a carico dell'amministrazione. Intanto, la Procura ha aperto un fascicolo a carico d’ignoti per omicidio e incendio colposi. È un evento che suscita dolore e ci fa vicini a persone troppo spesso stigmatizzate: è quanto dice Paolo Ciani, responsabile del settore nomadi della comunità di Sant’Egidio. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
R. - E’ un avvenimento terribile, nel senso che la prima cosa di cui tener conto, prima di dire tante parole sui rom, sulla loro situazione, è proprio il dramma umano che ha vissuto questa famiglia di persone giovanissime, che si è vista in un momento morire un figlio e averne un altro in fin di vita in ospedale.
D. - Come mai si continua ad assistere a queste tragedie e sempre, successivamente, a pensare che forse occorrerebbero delle soluzioni?
R. - Il problema è che alle porte di tante città ricche della nostra Europa, e anche alle porte della nostra capitale, c’è ancora gente che vive in queste condizioni: in baracca e sempre a rischio di poter finire, com’è finito questo bambino.
D. - Il sindaco di Roma, Alemanno, ha ribadito che questo è un segnale da seguire per dare un impulso al piano nomadi capitolino…
R. - Io non so esattamente che idea ci fosse sugli abitanti di quel campo. Sicuramente, bisogna pensare a trovare delle soluzioni per persone che nel 2010 vivono ancora in situazioni abitative così precarie. Io credo che Roma, l’Italia, la nostra Europa abbia le possibilità sociali, umane, culturali, economiche per accogliere e integrare un numero di persone relativamente piccolo, che fa parte delle nostre città e del nostro popolo ormai da anni. Non possiamo credere che la soluzione sia solo quella di allontanare o di cacciare, perché abbiamo capito ormai che queste persone sono tra noi. Sarà meglio, per evitare tragedie, trovare il modo di integrarle.
Usa: rallenta l'economia
L’economia Usa sta crescendo poco e si manterrà debole per il resto dell’anno. Per questo, la Federal Reserve – la Banca centrale americana - è pronta ad intervenire ancora, anche con misure non convenzionali. Sono le parole del presidente della Fed, Ben Bernanke, che ieri hanno rassicurato i mercati dopo che i dati sul Prodotto Interno Lordo americano li avevano raggelati.
Russia
Anche la Russia proseguirà con le misure di sostegno per la sua economia. Lo ha detto il premier Putin precisando che il Paese sta uscendo dalla crisi ma che il processo non sarà rapido e che dunque bisogna continuare a realizzare un programma finanziario.
Violenza nel Caucaso russo
Ancora violenza nel Caucaso Russo. Almeno 14 ribelli fondamentalisti sono stati uccisi in due distinti episodi. Nove di loro hanno perso la vita all’alba di oggi nel corso di un blitz nella Repubblica russa del Kabardino-Balkaria. Gli altri cinque sono stati uccisi ieri in Daghestan, in un'operazione di rastrellamento nelle montagne.
Georgia: incidente in miniera
Esplosione in una miniera di carbone in Georgia. Tre operai sono morti, altri sette invece sono rimasti feriti. Secondo le prime indagini, l’incidente è avvenuto per una fuga di metano causata probabilmente da mancate precauzioni. Nello stesso impianto, quattro minatori hanno perso la vita per un incidente avvenuto l’anno scorso.
Cile: al via il salvataggio dei minatori
In Cile, al via tra domani e lunedì prossimi la trivellazione del cunicolo per salvare i 33 minatori intrappolati da oltre tre settimane in una miniera del Paese. Il tunnel, da 66 centimetri, dovrebbe consentire di estrarre gli uomini nel giro di quattro mesi. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 240
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