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Sommario del 24/08/2010
Mons. Mario Iceta Gavicagogeascoa è il nuovo vescovo di Bilbao
◊ In Spagna, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Bilbao mons. Mario Iceta Gavicagogeascoa, finora ausiliare della medesima diocesi. Il presule, 45 anni, ha studiato all’Università di Navarra, dove ha conseguito la Licenza in Medicina e Chirurgia e ha seguito i corsi di dottorato in Fisiopatologia Clinica, ottenendo il dottorato con una tesi su Bioetica ed Etica medica. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la Facoltà di Teologia di Navarra ed in seguito nel Seminario di Córdoba, ottenendo il Baccalaureato in Teologia presso la Pontificia Università di Comillas di Madrid. A Roma, ha ottenuto la Licenza in Teologia Morale e il Dottorato presso l’Istituto “Giovanni Paolo II” per studi su Matrimonio e Famiglia. Ordinato sacerdote, ha ricoperto gli incarichi di parroco, vicario episcopale di la Campiña; canonico penitenziere; docente di Sacra Liturgia, di Teologia dei Sacramenti, di Musica e Canto Liturgico e quindi di Teologia Morale e di Bioetica nel Seminario Maggiore San Pelagio. E’ stato nominato e consacrato ausiliare di Bilbao nel 2008.
◊ La Chiesa celebra oggi la festa di San Bartolomeo Apostolo, comunemente identificato con Natanaele. Dopo l’Ascensione del Signore, predicò il Vangelo in varie regioni dell’Asia e nella metà del primo secolo subì il martirio. Benedetto XVI ha dedicato alla figura di San Bartolomeo l’udienza generale del 4 ottobre 2006. San Bartolomeo – ha detto il Papa in quell’occasione – “resta davanti a noi per dirci che l’adesione a Gesù può essere vissuta e testimoniata anche senza il compimento di opere sensazionali”. “Straordinario è e resta Gesù stesso, a cui ciascuno di noi – ha aggiunto il Santo Padre – è chiamato a consacrare la propria vita e la propria morte”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
(Musica)
Tradizionalmente l’apostolo Bartolomeo, che proveniva da Cana di Galilea, viene identificato con Natanaele, che significa “Dio ha dato”. L’apostolo Filippo gli disse di aver trovato Colui di cui hanno scritto Mosè e i Profeti nella legge: Gesù, figlio di Giuseppe, da Nazaret. Ma Natanaele oppose a Filippo un “pregiudizio piuttosto pesante” e gli chiese: "Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?". Questa sorta di contestazione è importante anche per noi, come ricorda Benedetto XVI nell’udienza generale incentrata sull’apostolo Bartolomeo:
“Essa, infatti, ci fa vedere che, secondo le attese giudaiche, il Messia non poteva provenire da un villaggio tanto oscuro come era appunto Nazaret. Al tempo stesso, però, pone in evidenza la libertà di Dio, che sorprende le nostre attese facendosi trovare proprio là dove non ce lo aspetteremmo. D'altra parte, sappiamo che Gesù in realtà non era esclusivamente 'da Nazaret', ma che era nato a Betlemme e che ultimamente veniva dal cielo, dal Padre che è nei cieli”.
La vita di Natanaele ci suggerisce un’altra riflessione: nel nostro rapporto con Gesù non dobbiamo accontentarci delle sole parole. Filippo rivolge a Natanaele un invito significativo: “Vieni e vedi”. Ma anche la nostra conoscenza di Gesù – spiega il Papa – ha bisogno di un'esperienza viva:
“La testimonianza altrui è certamente importante, poiché di norma tutta la nostra vita cristiana comincia con l'annuncio che giunge fino a noi ad opera di uno o più testimoni. Ma poi dobbiamo essere noi stessi a venir coinvolti personalmente in una relazione intima e profonda con Gesù”.
Natanaele affida la propria vita a Gesù e alla sua chiamata risponde con una limpida confessione di fede: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele”. Queste parole pronunciate da Natanaele – aggiunge il Santo Padre – pongono in luce un doppio complementare aspetto dell’identità di Gesù, nel suo speciale rapporto con Dio, di cui è Figlio unigenito, e con il popolo di Israele di cui è dichiarato re:
“Non dobbiamo mai perdere di vista né l'una né l'altra di queste due componenti, poiché se proclamiamo di Gesù soltanto la dimensione celeste, rischiamo di farne un essere etereo ed evanescente, e se al contrario riconosciamo soltanto la sua concreta collocazione nella storia, finiamo per trascurare la dimensione divina che propriamente lo qualifica”.
A partire dal Medioevo, si impose il racconto della morte di Natanaele per scuoiamento. Nella scena del Giudizio Universale nella Cappella Sistina, Michelangelo dipinse San Bartolomeo che regge con la mano sinistra la propria pelle, sulla quale l’artista lasciò il proprio autoritratto. Le reliquie di Bartolomeo Apostolo sono venerate a Roma nella chiesa a lui dedicata sull’Isola Tiberina.
(musica)
◊ Un ministero “generoso”, “specialmente provvido nell’impegno in ambito ecumenico e fecondo nell’apostolato biblico”. Il telegramma di cordoglio di Benedetto XVI, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, è risuonato ieri pomeriggio nel Duomo di Livorno, affollato da migliaia di fedeli che hanno partecipato alle esequie del loro vescovo emerito, Alberto Ablondi, scomparso sabato scorso all’età di 85 anni. La cerimonia funebre è stata presieduta dall’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, attorniato da una ventina di altri presuli.
Il buon ricordo lasciato da mons. Ablondi in campo ecumenico, sottolineato dal Papa, è stato testimoniato dalla presenza ai funerali dalle delegazioni di varie confessioni cristiane, tra le quali quella ebraica guidata dal rabbino di Livorno, Yair Didi. In un commosso messaggio, il vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, ha parlato di mons. Ablondi come di “un interprete illuminato del Concilio Vaticano II”.
◊ Fin da quando era cardinale, Joseph Ratzinger è sempre stato determinato nell’affrontare lo scandalo della pedofilia nella Chiesa: è quanto sottolineato da mons. Charles J. Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, intervistato in questi giorni dall’emittente statunitense Fox News. Proponiamo una sintesi dell’intervista nel servizio di Alessandro Gisotti:
Benedetto XVI “è determinato non solo a offrire sostegno” alle vittime della pedofilia, ma anche a far in modo che nella Chiesa non si verifichino più questi “crimini odiosi”: così, mons. Charles J. Scicluna, che a Fox News si sofferma sulla linea chiara e netta di Joseph Ratzinger sugli abusi da parte di membri del clero, fin da quand’era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede:
“I am direct witness of the cardinal Prefect …
Sono stato testimone diretto dell’operato del cardinale prefetto dal 2002 al 2005, quando ha esaminato centinaia di casi di abusi sessuali. Sono stato testimone diretto della pietà, del senso di frustrazione e della rabbia che questi casi hanno suscitato nel cardinale Ratzinger, quello stesso uomo che il 19 aprile 2005 è diventato Benedetto XVI. Posso dire che il 6 maggio 2005, solo pochi giorno dopo la sua elezione, ricevette in udienza mons. Angelo Amato, allora segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede (in quel momento non c’era prefetto, ovviamente, nella Congregazione: mons. Levada sarebbe stato nominato pochi giorni dopo). Il nuovo Papa esaminò le decisioni prese da Giovanni Paolo II in merito alla questione degli abusi sessuali. E il nuovo Papa disse: ‘Le confermo’. Egli stesso aveva chiesto a Giovanni Paolo II di dare loro la priorità già nel 2003.”
Questa, prosegue mons. Scicluna, “è stata una delle prime decisioni prese da Pontefice”. Quindi, Benedetto XVI ricevette il cardinale Levada ed insieme verificarono i casi più gravi che gli erano stati sottoposti. Il Papa “esaminò con solerzia casi molto, molto gravi di abusi sessuali”:
“We know how determined he is to set…
Sappiamo bene quanto egli sia determinato a stabilire un esempio molto chiaro ed uno standard molto alto in questo ambito. Chi dubitasse delle sue intenzioni, dovrebbe leggere la sua Lettera ai Cattolici in Irlanda. E’ una lettera bellissima: è una lettera scritta da un Papa ad una comunità cattolica in un Paese nobile, di grandi tradizioni cristiane, ferito dai peccati di alcuni dei suoi sacerdoti. Il Papa parla con il cuore. Si rivolge alle vittime ma anche ai colpevoli, e ai peccatori dice: “Devi ammettere, con umiltà, il tuo peccato e con grande umiltà devi assoggettarti alle conseguenze e devi pentirti; devi chiedere perdono e devi chiedere la grazia di poter condurre una vita di preghiera e penitenza per quello che hai fatto”.
Mons. Scicluna non manca poi di raccontare i suoi toccanti incontri con le vittime della pedofilia. Un’esperienza, afferma, “estremamente triste”:
“At times you cry with them, because the pain is raw, …
A volte ho pianto con loro, perché il dolore è crudo quando le persone tornano al trauma subito. (…) E’ un’esperienza molto importante: queste persone hanno bisogno di essere ascoltate dalla Chiesa. Quando mi occupo personalmente dei casi e incontro queste persone, realizzo che anch’io sono un sacerdote e che un sacerdote è una persona che porta conforto e ovviamente mi rattrista sentire quello che un sacerdote ha fatto a queste persone. (…) Non è facile, ma per loro lo è ancora meno, non è facile per me, ma dev’essere fatto. E’ importante”.
Per mons. Scicluna, ciò che rende più grave gli abusi sessuali da parte dei sacerdoti “è il fatto che si tratta di un doppio tradimento”:
“Because a young person will trust his abuser…
Perché un giovane si fiderà della persona che abuserà di lui: il primo passo, nell’abuso sessuale, è distruggere questa fiducia. Il rapporto di fiducia tra chi commette l’abuso e la sua vittima. E quando, poi, a perpetrare l’abuso è un sacerdote, non sarà stata violata soltanto la fiducia "umana": infatti, sarà stata violata la fiducia “sacra”. Il sacerdote è ordinato per essere un’icona, un’immagine, l’immagine vivente di Gesù Cristo. (…) E’ una tragedia immensa per l’individuo, per la vittima, per la Chiesa”.
Il promotore di giustizia del dicastero vaticano tiene a sottolineare l’impegno della Santa Sede per far fronte a questa piaga, nel rispetto delle procedure volute da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI:
“People demand justice and they have a right …
Le persone chiedono giustizia ed hanno diritto a chiedere giustizia entro determinati limiti di tempo, ma ci si aspetta anche che siano rispettati i diritti degli individui. Ora, rispettare i diritti di sacerdoti colpevoli non significa dimenticarsi delle vittime, ma la giustizia deve seguire il corso della legge, e noi ci muoviamo sulla scia delle iniziative del cardinale Ratzinger, e ora Benedetto XVI. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha la possibilità di offrire procedure veloci a quei vescovi che denuncino casi molto gravi”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In rilievo, nell'informazione internazionale, l'economia: il dollaro debole spaventa l'Asia.
Quelli che vogliono aggiornare Cristo: in cultura, Inos Biffi sull'ortodossia e il rinnovamento nella Chiesa.
Un articolo di Irene Iarocci dal titolo "La cicala graziata": nell'adattamento giapponese delle favole di Esopo emerge il senso nipponico dell'onore.
La cappella Sistina del deserto: Rossella Fabiani sull'arte rupestre dello Wadi Sura, la "valle delle immagini".
Il cardinale Segura e l'insegnamento di Gregorio Nazianzeno: Vicente Carcel Orti sui difficili rapporti tra Stato e Chiesa nella Spagna degli anni Trenta.
Vinum nostrum: Simona Verrazzo recensisce una mostra sul vino nelle civiltà del Mediterraneo, al Palazzo Pitti di Firenze.
Laici cattolici per rilanciare la missione in Asia: nell'informazione vaticana, un articolo sul congresso, a Seoul, che si apre fra una settimana.
◊ Al terzo giorno di incontri e dibattiti del Meeting di Rimini, promosso da Comunione e Liberazione, la mattinata di oggi ha visto tra gli altri l'arcivescovo di Dublino e primate irlandese, Diarmuid Martin, intervenire sulla figura del cardinale John Henry Newman, che il Papa beatificherà il prossimo 19 settembre durante la sua visita nel Regno Unito. Ma di particolare richiamo è stata, ieri pomeriggio, la tavola rotonda che ha visto protagonisti il cardinale arcivescovo di Estzergom-Budapest, Peter Erdö, presidente del Consiglio delle Conferenze espicopali d'Europa, e il Metropolita ortodosso di Minsk e Sluzk, Filaret, esarca patriarcale di tutta la Bielorussia. Dal Meeting riferisce il nostro inviato, Luca Collodi:
Il Meeting di Rimini ha vissuto l’atteso incontro tra il metropolita ortodosso Filaret e l’arcivescovo ungherese, cardinale Erdö, presidente dei vescovi europei. Due esponenti di primo piano della chiesa cattolica e ortodossa che si sono interrogati sul senso religioso dell’uomo nella nuova Europa, secolarizzata e attratta dal bisogno immediato e soddisfacente. Sullo sfondo il dialogo tra cattolici e ortodossi. Per l'esarca patriarcale di tutta la Bielorussia, ortodossi e cattolici “sono continuamente in un rapporto di collaborazione”. Il dialogo, ha detto Filaret incontrando i giornalisti al Meeting, segna un momento di “equilibrio e stabilità”. “Dialoghiamo e parliamo sul futuro della Chiesa”. Filaret ha sottolineato la difficoltà di pensare “ad una vita e ad una società senza un senso religioso, senza l’idea di Dio”. La cultura dell’est Europa non comprende ancora in modo adeguato l’importanza del senso religioso dell’uomo. Per Filaret, un possibile incontro tra il mondo ortodosso e Papa Benedetto potrebbe essere “molto vicino” e "penso – ha aggiunto – che non vi siano ostacoli di principio”. Ai nostri microfoni, il cardinale Peter Erdö, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa e primate d’Ungheria, commenta l’incontro con il rappresentante ortodosso definito “storico” da molti osservatori:
R. – Io spero molto che l’avvicinamento, il dialogo con l’ortodossia europea sia anche non soltanto un dialogo sulle questioni dogmatiche, perché il consenso a livello di fede è molto largo, anche se ancora non perfetto. E la Santa Sede si occupa veramente con piena serietà del dialogo dal punto di vista dogmatico. Tuttavia, ci sono le Conferenze episcopali del continente che, attraverso il Consiglio di queste Conferenze, hanno cominciato, incoraggiate anche dalla Santa Sede, un altro dialogo di collaborazione con tutte le Chiese ortodosse del continente sul tema della Dottrina sociale e morale: sul come cioè difendere questi valori, accettati sia dall’ortodossia che dal cattolicesimo, nel contesto del nostro continente. Il primo forum cattolico ortodosso ebbe luogo due anni fa a Trento e aveva come oggetto la famiglia. Abbiamo fatto uscire un bel volume con pieno consenso, consenso che non possiamo raggiungere con tutti i cristiani, mentre con la Chiesa ortodossa sì. La prossima volta in cui ci vedremo sarà il prossimo ottobre a Rodi, dove parleremo di come devono presentarsi sotto l’aspetto teologico i rapporti tra Stato e Chiesa, secondo la posizione cattolica e quella ortodossa. Qui, a Rimini, parliamo di un argomento profondamente pastorale: si tratta del significato della divinità di Gesù Cristo per un intellettuale europeo di oggi. Si tratta, dunque, di coltovare compiti pastorali comuni, di un impegno missionario - se non pienamente comune, per mancanza della piena comunione - almeno complementare: sono secondo me è una cosa preziosissima e forse, sotto questo aspetto, stiamo facendo un nuovo passo.
D. – La crisi economica, la difficoltà sociale, la mancanza di lavoro, la società che si va secolarizzando: secondo lei, questi elementi così pratici possono aiutare il cammino pastorale di difesa i valori cristiani, la testimonianza cristiana tra cattolici e ortodossi?
R. – In seguito ai problemi sociali, ci sono molti che cercano qualcosa. Un uomo affamato, senza lavoro, un uomo senzatetto o famiglia, può essere più aperto, come vediamo nel Vangelo. A chi si rivolge Gesù Cristo? Molto spesso ai poveri, a quelli che hanno una malattia grave. Io vedo una grande opportunità anche nel progresso delle scienze naturali, perché l’umanità, e anche le nazioni, le comunità umane, devono trovare in qualche maniera il loro posto nell’universo.
◊ La Chiesa francese proprone al governo di Parigi di aprire un dibattito per risolvere il problema delle espulsioni dei rom. Il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo della capitale, si è detto pronto ad incontrare il ministro dell'Interno francese. Nei giorni scorsi, la stampa internazionale ha dato ampio risalto al saluto del Papa ai pellegrini francesi durante l’Angelus di domenica scorsa a Castel Gandolfo: “Tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza” – ha sottolineato Benedetto XVI – e questo rappresenta anche “un invito a saper accogliere le legittime diversità umane”. Sulle parole pronunciate dal Papa, il collega Xavier Sartre, della nostra redazione in lingua francese, ha intervistato il portavoce della Conferenza episcopale transalpina, mons. Bernard Podvin:
R. – Le Saint Père a un ministère qu’il remplit admirablement. Malheureusement, …
Il Santo Padre svolge il suo ministero in maniera ammirevole. Purtroppo, l’opinione pubblica non lo ascolta a sufficienza. Se l’opinione pubblica avesse letto la sua enciclica sociale, credo che non si sarebbe sorpresa, perché nella Caritas in veritate si ritrovano le preoccupazioni profonde del Santo Padre. E l’aspetto profondo del Papa è che non la esprime mai in un gioco politico, ma sempre calata nella sua missione di sovrano Pontefice, ricordando i principi fondamentali della Parola di Dio e le esigenze della teologia morale. Se dessimo più spesso la parola al Papa sulle questioni sociali, non avremmo nulla di cui sorprenderci. Il Pontefice si pronuncia in un linguaggio universale e a nome di Cristo, e noi siamo in comunione con quanto egli dice, e credo che i vescovi di Francia e l’insieme dei cattolici attivi in questo momento di solidarietà e di fraternità si impegnano a viverle, nei luoghi in cui vivono, e quindi ciascuno agisce secondo la propria missione. Credo sia importante disinnescare completamente le polemiche: stiamo parlando dell’Uomo, è in gioco – semplicemente – l’avvenire dell’Uomo, e noi lo affermiamo in nome dei nostri valori e nel rispetto profondo delle differenze, e soprattutto con l’impegno di evitare un recupero di tipo “politicante”, perché – francamente – questo non è un nostro problema.
D. – In termini generici, molti uomini e donne in politica prendono la parola per criticare questo aspetto dal forte accento posto sulla sicurezza, sul quale insiste il governo ormai da alcune settimane. Non le sembra di essere stati un po’ all’avanguardia di queste critiche, non vi sentite un po’ “vedette”?
R. – L’Eglise, on la trouve parfois trop en parole …
A volte, si rimprovera alla Chiesa di esprimersi troppo o, al contrario, mai abbastanza su argomenti che riguardano la società. Credo che sia questo il segno della sua libertà: la Chiesa deve essere libera di esprimersi e soprattutto non deve adeguarsi alle mode del momento. La Chiesa non è un camaleonte che prende, che sposa il colore dell’opinione che va per la maggiore. A volte prendiamo posizioni che sono controcorrente, contro alcune tendenze che non sempre ci sembrano positive. E lo facciamo in nome dei nostri valori. Ecco, noi cerchiamo soltanto di portare il nostro contributo al pensiero e all’azione di una società di cui noi affermiamo che abbia grandissimi valori umani. La Francia ha un tessuto associativo formidabile e i cattolici sono molto, molto presenti in tutte queste realtà. Il nostro contributo lo diamo con umiltà, ma lo riteniamo necessario in quanto contributo al dibattito e non certo per sostenere non so quale corrente… Prova ne è che ci sono cattolici sotto i più diversi colori politici, e questo va rispettato. Non è questo il caso di impegnarsi in non so quale tipo di recupero…
D. – Cosa possono fare, concretamente, i cattolici francesi in questo dibattito?
R. – Ils le font déjà! Ils sont déjà très acteurs, vous savez ? …
Già fanno, i cattolici, sono già molto attivi. Le associazioni, le comunità cristiane non hanno certo dovuto aspettare i dibattiti degli ultimi giorni per essere aperte alle realtà sociali, e questo al di là della questione dei rom: i cattolici ci sono, sono presenti nelle parrocchie, nei movimenti, c’è il “Sécours catholique”, la pastorale dei migranti, c’è un pensiero molto profondo e molti lo possono testimoniare.
◊ Marcia indietro negli Stati Uniti per i fondi pubblici alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Una Corte distrettuale ha infatti ingiunto di bloccarli, su ricorso di un ricercatore, dopo il via libera concesso nel marzo 2009 dal presidente Obama, che a sua volta aveva abolito il divieto di finanziamenti federali imposto dal suo predecessore Bush. L’Amministrazione Obama potrà ora ricorrere in appello o riscrivere la legge che riguarda un settore di ricerca al centro di aspre polemiche. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Lucio Romano, coopresidente dell’Associazione “Scienza e Vita”.
D. – Professore, si legge nella sentenza del Tribunale che la ricerca sulle staminali embrionali distrugge gli embrioni: è proprio così?
R. – E’ proprio così. La sentenza ripropone all’attenzione mondiale la illiceità della ricerca soppressiva sugli embrioni umani. Per poter rilevare le cellule staminali dall’embrione, evidentemente l’embrione umano dev’essere soppresso. Ciò pone quindi degli interrogativi in merito alla illiceità, sia sotto il profilo giuridico sia sotto il profilo antropologico e – una riflessione ulteriore – sotto il profilo scientifico.
D. – Prof. Romano, ma perché si continua a parlare tanto di cellule staminali embrionali e a parlare poco di cellule staminali adulte? A che punto è la ricerca in ambedue i campi?
R. – Nell’ambito delle cellule staminali adulte, la ricerca è in una fase avanzatissima in cui si iniziano ad avere i primi risultati; è sufficiente controllare la bibliografia scientifica su riviste autorevoli e vedere come la maggior parte dei risultati si ottengano, appunto, attraverso le cellule staminali adulte. Certo, la ricerca sulle cellule staminali embrionali è partita più tardi ma si pone un grossissimo limite di ordine etico: come sia possibile trattare l’embrione umano da oggetto quando in realtà è un soggetto.
D. – Ma procedere con la ricerca sulle staminali adulte non sarebbe il modo migliore per spegnere le polemiche e far sì che poi la ricerca sulle cellule staminali embrionali, che pone così tanti problemi etici, abbia fine?
R. – E’ senza dubbio necessario potenziare ulteriormente con sovvenzioni e fondi la ricerca sulle cellule staminali adulte. Vediamo come i processi di trans-differenziazione e riprogrammazione delle cellule staminali adulte caratterizza una potenzialità di svolgere un’azione che è simile a quella di tipo embrionale, senza però passare attraverso la formazione dell’embrione.
D. – Lei pensa che i media, l’informazione possano giocare un ruolo positivo, sgombrando il campo da posizioni estreme di tipo ideologico e politico, per far sì che si approfondisca sempre più la ricerca delle cellule staminali adulte?
R. – Noi riteniamo che sia fondamentale riproporre il tema di una scienza che risponda a criteri di eticità, non che sia una ricerca scientifica che trovi un’intrinseca eticità dove tutto ciò che è possibile tecnicamente fare risponderebbe anche a criteri di eticità. Questa è una strada sbagliata, perché la valutazione dev’essere sempre fatta attraverso una dimensione di eticità che rispetti la tutela della vita, di un soggetto come lo è appunto l’embrione, nel caso specifico, ma tenga conto di un processo culturale che ci vede tutti coinvolti nella tutela di quei valori fondamentali che non possono sicuramente essere in ostaggio di esigenze di ordine ideologico, o esigenze anche di ordine speculativo perché poi, evidentemente, la ricerca sulle cellule staminali embrionali sarebbe oggetto di ulteriore speculazione anche di ordine economico. Quindi, credo che sia estremamente importante svolgere un’azione di informazione, di divulgazione, di formazione che sia di evidenziare come la dimensione della vita nella sua origine abbia una tutela, non soltanto sotto il profilo giuridico ma anche il riconoscimento di ordine antropologico e scientifico.
L’emergenza in Pakistan. Il presidente Zardari: “Ci vorranno tre anni per riprendersi"
◊ Per riprendersi dal disastro causato dalle inondazioni, il Pakistan impiegherà almeno tre anni: è la triste previsione del presidente Asif Ali Zardari in un’intervista rilasciata al quotidiano britannico The Independent, in cui avverte anche del pericolo che il terrorismo islamico approfitti della situazione d’emergenza. “La sfida è evitare che accada”, ha detto Zardari. La tragedia umana, infatti, in Pakistan, sta raggiungendo proporzioni tragiche: le piogge monsoniche hanno distrutto un terzo del territorio del Paese e lasciato senza tetto oltre quattro milioni di persone. Organismi internazionali e Ong sono al lavoro per salvare il maggior numero possibile di vite umane, ma denunciano una grave carenza dei finanziamenti a livello internazionale. Nei giorni scorsi il direttore dell’Unicef, Anthony Lake, in particolare, aveva sottolineato l’emergenza infantile: “Se il mondo non risponde immediatamente – aveva detto – i 3,5 milioni di bambini colpiti dalle inondazioni saranno a rischio di contrarre malattie mortali”. E queste previsioni, purtroppo, si stanno avverando: oggi la televisione Geo News riferisce della morte di almeno otto persone, tra cui due minori, a causa di un’epidemia di colera scoppiata nella provincia sud-occidentale del Baluchistan. Le vittime apparterrebbero al distretto di Jaffarabad, sommerso e completamente isolato da oltre dieci giorni, nel quale i soccorsi non sono ancora arrivati. Negli ultimi due giorni, inoltre, infezioni gastrointestinali hanno ucciso almeno 40 persone e il livello dei fiumi nelle aree già gravemente colpite è in costante aumento. L’emergenza riguarda anche l’agricoltura: secondo il ministro locale per l’Alimentazione, Nazar Muhammad Gondal, sono quasi due milioni i campi coltivati danneggiati e si calcola la perdita di un milione e mezzo di tonnellate di riso, che è uno dei prodotti maggiormente commercializzati dal Paese. Grave la situazione anche per le colture di canna da zucchero, mais e cotone. (A cura di Roberta Barbi)
India: un tribunale e una Giornata nazionale dei martiri per le vittime dei pogrom
◊ Si concluderà domani la prima sessione del Tribunale nazionale del popolo avviata a New Dehli ieri, secondo anniversario dei pogrom anticristiani in Orissa, scoppiati nel 2008 ad opera degli estremisti indù, tutt’oggi impuniti. Intanto, proprio per ricordare le vittime di questo e di altri massacri, la Commissione per l’Ecumenismo in seno alla Conferenza episcopale indiana, ha istituito la Giornata nazionale dei martiri indiani che sarà celebrata il prossimo 29 agosto, per ricordare “tutti coloro, sacerdoti, religiosi, laici, che hanno sacrificato la vita a causa della loro fede in Cristo”. Della sessione del tribunale fanno parte ex giudici, attivisti, giornalisti e analisti politici che hanno il compito di far luce sui 43 casi di violenza che tra il dicembre 2007 e l’agosto 2008 hanno causato la morte di 93 persone e la fuga di 56mila. “La vita dei sopravvissuti a Kandhamal non ha fatto che peggiorare”, è la denuncia di Dhinarendra Pandha, responsabile del National solidarity Forum (Nsf), portavoce della popolazione colpita, che ha più volte sottolineato il fallimento del sistema giudiziario. Il processo in corso vede come imputati alcuni esponenti del Bharatiya Janata Party, il principale partito al governo in Orissa all’epoca del massacro, che ancora oggi impedisce con la forza ai testimoni di deporre. “Il Forum di solidarietà nazionale è la nostra richiesta di giustizia per la popolazione di Kandhamal – spiega ad AsiaNews l’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, mons. Raphael Cheenath – i cristiani hanno diritto a professare la loro religione e ad avere accesso alla sicurezza”. Sull’istituzione della Giornata, invece, il presidente della Commissione per l’Ecumenismo e vescovo di Jalandhar, mons. Anil Joseph Couto, ha spiegato all’agenzia Fides: “La Chiesa cattolica prevede un iter speciale per dichiarare una persona martire, beato o Santo. Noi oggi non vogliamo in alcun modo sostituire questa procedura, ma solo ricordare quanti hanno testimoniato e dato la loro vita in nome di Cristo, conservando e preservando la loro sofferenza e il loro sacrificio come un’eredità per le future generazioni”. (R.B.)
Mons. Sleiman sul ritiro delle truppe Usa dall’Iraq: “La ricostruzione è ancora lontana”
◊ La ricostruzione dell’Iraq è “un progetto purtroppo ancora troppo lontano dalla realizzazione”: così l’arcivescovo latino di Baghdad, mons. Jean B. Sleiman ha commentando in un’intervista al Sir il ritiro delle truppe Usa dal Paese. “L’Iraq stenta ancora molto a diventare uno Stato di diritto, a garantire la sicurezza, a rinnovare le infrastrutture, a ridurre la povertà, a fermare l’emigrazione e a rilanciare l’economia”, ha aggiunto il presule. L’arcivescovo ha definito “paradossale” che il periodo di 7 anni seguìto al 2003 sia chiamato “dopo-guerra”: “È stato la continuazione della guerra – ha detto – un periodo fatto di anarchia, violenze, mafia, corruzione a tutti i livelli, esodo massiccio delle popolazioni, pulizie etnico-confessionali, rapimenti ed estorsioni”. La guerra, secondo il presule, ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti: “Per le comunità cristiane, poi, è stata micidiale – ha concluso – i risultati della campagna Iraqi Freedom sono la rifondazione dello Stato e l’impianto formale di strutture democratiche. Tuttavia lo Stato è ostacolato, per non dire alienato, dal tribalismo e dall’etno-confessionalismo. La libertà non è né custodita, né protetta”. (R.B.)
Congo: gravi danni per l'incendio al Centro di sviluppo dell’arcidiocesi di Bukavu
◊ “Ricominciamo da capo e ricostruiremo quello che il fuoco ha distrutto” dice all'agenzia Fides suor Delia Guadagnini, Superiora regionale delle Missionarie Saveriane, per la Repubblica Democratica del Congo e il Burundi, da Bukavu, capoluogo del sud Kivu (est della Rdc), dove, domenica scorsa, un incendio ha distrutto una parte del Centro Olame della locale arcidiocesi.
“L’incendio, provocato da cause naturali, ha distrutto completamente i due mulini e l’intero stock di mais, sorgo e soia, utilizzato per la preparazione di farine destinate all’alimentazione dei bambini. Gli altri stabilimenti del Centro sono stati risparmiati, ma il danno subito è comunque pesante” dice suor Delia. “Questo non ci impedirà di andare avanti e ricostruiremo quello che è andato distrutto. Il nostro motto è “ricominciare” dice la Superiora regionale. Il Centro Olame, fondato nel 1959, dipende dall’ufficio diocesano di sviluppo (Bureau diocésain de développement- Bdd) e si occupa della formazione e della promozione della donna. “Il Centro Olame coordina una serie di centri parrocchiali per la formazione delle donne e delle ragazze. In particolare offre una formazione a quelle donne che non hanno potuto andare a scuola, effettuando attività di alfabetizzazione e di formazione di base” ricorda suor Delia. Il Centro Olame, diretto dalla signora Mathilde Muhindo, opera a favore di tutte le donne dell’arcidiocesi, non solo quindi di quelle che vivono a Bukavu, ma anche di quelle che vivono nei villaggi. “Un'altra attività molto importante è l’assistenza alle donne vittime di stupri, una piaga molto diffusa nella regione” afferma suor Delia. “Circa 200 donne e ragazze ricevono assistenza psicologica, offrendo loro un servizio di ascolto e accompagnamento che può durare anche anni”. (R.P.)
I vescovi cileni "rendono grazie a Dio" per il ritrovamento dei minatori vivi
◊ "Il fatto di aver trovato vivi questi lavoratori ci sorprende e scuote le nostre umane certezze. Quando la vita è un miracolo dobbiamo lodare e benedire il Signore della Vita". Sono queste le riflessioni che ieri mons. Alejandro Goic, vescovo di Rancagua e presidente dell'episcopato cileno, ha fatto commentando il ritrovamento dei 33 minatori, tutti vivi, intrappolati a 700 metri di profondità ormai da 18 giorni nella miniera di "San José". Il fatto, sottolinea la stampa mondiale in queste ore, ha in sé qualcosa di miracoloso, se si tiene conto del tempo trascorso sotto terra, della mancanza di cibo e degli sbalzi di temperatura. Mentre si lavora ininterrottamente per trovare il modo di farli uscire dal ventre della terra il prima possibile, il presidente dei vescovi cileni si è fatto interprete del sentimento di tutti, celebrando "un vero trionfo della vita", che non è altro, scrive il presule, che l'espressione "dell'amore di Dio che si fa presente nella creazione in un modo meraviglioso. Ora dobbiamo rendere grazie per la fede del nostro popolo, per la sua invocazione spontanea del nome di Dio che abbiamo ascoltato tante volte". D'altra parte il vescovo, dopo aver ricordato l'amore della Vergine Santa per questi lavoratori così sofferenti, e la protezione del loro Santo patrono, San Lorenzo, scrive: "Siamo felici di conoscere la volontà espressa da parte di diversi settori della nazione, nella direzione di garantire condizioni più dignitose per tanti lavoratori che lavorano in situazioni precarie. Ai 33 minatori, a tutte le persone e le istituzioni che stanno lavorando per salvarli, esprimiamo la nostra vicinanza e ci impegniamo a chiedere con le nostre preghiere che lo Spirito divino li renda più forti in queste ore”. Infine, ricordando che l'accampamento dove da giorni operano i soccorritori, all'ingresso della miniera a 800 km a nord della capitale, è stato battezzato "La Speranza", mons. Alejando Goic, esorta tutti a pregare “affinché Gesù Cristo, Signore della Speranza, assista e protegga tutti e le operazioni di salvataggio si concludano con successo". (A cura di Luis Badilla)
Perù: la Caritas consegna 15 tonnellate d’aiuti agli abitanti colpiti dal freddo
◊ Si è conclusa la campagna di solidarietà "Abriguemos a Mazocruz-Puno" (Ripariamo dal freddo a Mazocruz-Puno) paese sulle Ande meridionali del Peru'. La Campagna è stata organizzata dalla Caritas del Perù con America Televisione, uno dei canali televisivi del Perù, che ha raccolto 15 tonnellate d'aiuti per gli abitanti delle zone del dipartimento di Puno, nelle Ande del Sud del Perù, verso la frontiera con la Bolivia. La nota informativa della Caritas inviata all'agenzia Fides, afferma che un aereo Hercules della Forza Aerea del Peru è arrivato a Juliaca ieri, per consegnare le donazioni alla Caritas Juli per la distribuzione nel comune di Santa Rosa di Mazocruz. Gli aiuti, alimenti, coperte e medicine, sono stati portati dallo stesso Presidente del Congresso, Cesar Zumaeta e da una commissione parlamentare, che portava un'altra donazione di 4.5 tonnellate di aiuti. (R.P.)
Nella Penisola arabica cresce il numero dei cristiani
◊ «La nostra fede è più forte qui che in patria!». Le parole di Nila Sanchez Bandigan, immigrata filippina ad Abu Dhabi, riassumono con efficacia lo spirito di una Chiesa sorprendente come è quella del Golfo Persico. Una Chiesa “inaspettata” quanto rilevante - riferisce l'agenzia Asianews - visto che, mentre tutto il Medio Oriente assiste a un più o meno drammatico esodo dei cristiani, in queste terre il numero dei fedeli cristiani cresce considerevolmente. Nel vicariato d’Arabia, che con i suoi tre milioni di km quadrati è il più esteso al mondo (oltre agli Emirati Arabi comprende il Qatar, il Bahrain, l’Arabia Saudita, l’Oman e lo Yemen), i cristiani sono milioni: secondo le stime ufficiali rappresentano, nei diversi Paesi, tra il 7 e il 10% della popolazione, ma semplici calcoli empirici suggeriscono che negli Emirati essi superano il 30% degli abitanti. Proprio alla “Chiesa del Golfo” è dedicato il Servizio speciale dell’ultimo numero di Mondo e Missione, il mensile del Pime, che esce alla vigilia del Sinodo per il Medio Oriente convocato da Benedetto XVI per il prossimo ottobre. Un reportage, a firma di Chiara Zappa, realizzato tra Emirati Arabi, Qatar e Kuwait, alla ricerca delle storie e delle voci di tanti cristiani provenienti da Paesi e culture diversissimi, che abitano la terra degli sceicchi. Cristiani come Danny Jose, 26enne del Kerala, leader di un gruppo carismatico giovanile di Abu Dhabi e ospite di uno dei famigerati labour camp dove vivono gli operai senza diritti che hanno costruito i grattacieli degli Emirati. Ma anche come suor Magdalene, che dal suo consultorio di Dubai è testimone delle sofferenze e delle aspettative che attraversano la grande «città delle illusioni». Esponenti di una Chiesa precaria e in «libertà vigilata» - la pratica e i simboli religiosi sono limitati agli stretti confini delle parrocchie - ma insieme piena di energie, come racconta nella sua testimonianza il vicario d’Arabia, il cappuccino svizzero Paul Hinder: «Le nostre comunità, vive ed entusiaste nonostante ostacoli e difficoltà, sono una provocazione per l’Occidente». Per mons. Camillo Ballin, comboniano italiano, vicario del Kuwait, «il fatto stesso che in una terra sacra per l’islam vivano milioni di cristiani rappresenta in sé una testimonianza importante: siamo chiamati ad essere lievito nella pasta». E proprio ai tentativi di incontro e dialogo tra cristiani e musulmani è dedicata parte del Servizio speciale di Mondo e Missione, che raccoglie tra l’altro le voci del gran mufti di Dubai e del portavoce del Dicid, il Centro internazionale per il dialogo interreligioso di Doha, la più importante realtà di questo tipo nella regione. (R.P.)
Sinodo Valdese: nel suo saluto mons. Debernardi invita all'ottimismo nel dialogo ecumenico
◊ “Dobbiamo essere ottimisti sul cammino del dialogo ecumenico”. E’ il saluto che ieri pomeriggio il vescovo di Pinerolo, mons. Piergiorgio Debernardi ha portato al Sinodo delle chiese metodiste e valdesi che dal 22 al 27 agosto si sta svolgendo come di consueto, a Torre Pellice (Torino). Tra i temi all'attenzione del Sinodo - riferisce l'agenzia Sir - quest'anno figurano la crisi economica e morale, la crescente presenza di migranti nelle comunità, il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, il dialogo con le altre chiese cristiane, il rapporto con le coppie omosessuali. Nel porgere ai membri del Sinodo i saluti del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, e nel ricordare la figura di un pioniere dell’ecumenismo in Italia, mons. Alberto Ablondi, il vescovo di Pinerolo ha detto: “Non abbiniamo mai l'ecumenismo ad una stagione dell'anno: anche l'inverno è una stagione feconda, perché – come dice la saggezza popolare – 'sotto la neve, pane!'”. Mons. Debernardi ha poi affrontato un tema al centro del dibattito sinodale, quello dell'accoglienza di fratelli e sorelle immigrati nelle chiese, ed ha detto che su questo fronte si gioca “la credibilità del nostro essere cristiani. La loro presenza ci obbliga ad essere vigili, perché il nostro paese sia sempre accogliente e non ceda ad una politica discriminatoria”. Secondo i dati presentati al Sinodo da Paolo Naso, coordinatore del progetto 'Essere chiesa insieme' della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), “sono sempre più numerosi i pastori africani che vengono in Italia per svolgere la loro missione. L'immigrazione ha portato in Italia non meno di 300/400mila evangelici provenienti dall'Africa, dall'Asia, dal Sudamerica. Circa i 2/3 delle chiese locali metodiste e valdesi registrano una importante presenza di immigrati: dati significativi ma, in Italia, ampiamente ignorati”. (R.P.)
L’Osservatore Romano: nell’Anno dei giovani organismi internazionali promuovono l’aborto
◊ Alcuni organismi internazionali come il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) stanno provando a promuovere l’aborto come un diritto umano, proprio all’interno dell’Anno internazionale dei giovani che l’Onu ha inaugurato il 12 agosto scorso. A scriverlo è L’Osservatore Romano, che segnala quanto scritto sul sito dell’Unfpa, “dal quale si evince come certe iniziative indirizzate ai giovani siano intese a promuovere ‘l’accesso universale ai servizi di salute sessuale e riproduttiva’, linguaggio che notoriamente sottintende la contraccezione e l’aborto, oltre che la promozione di un’educazione sessuale spregiudicata”. Il quotidiano sottolinea anche come nei documenti provvisori pubblicati per la conferenza preparatoria in corso a León, in Messico, fino al 27 agosto, non si faccia menzione della Convenzione per i diritti del fanciullo, un documento “non certo perfetto, ma che mette in luce i diritti e i doveri basilari dei genitori di educare e crescere i loro figli”. L’Osservatore Romano, infine, invita a prendere in considerazione la Magna Carta dei Valori per una Nuova Civiltà presentata nel mese di agosto alle Nazioni Unite dal Parlamento universale della Gioventù”. (R.B.)
Il pellegrinaggio a Lourdes delle diocesi italiane
◊ Sono circa duemila e provengono da tutte le diocesi d’Italia, i fedeli che da ieri stanno partecipando al pellegrinaggio nazionale a Lourdes organizzato dall’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp). L’esperienza, scrive L’Osservatore Romano, si svolge sotto l’egida del motto: “Insieme a Bernadette, fa’ il segno della croce”, uno dei temi scelti dai santuari lourdiani per la Pastorale 2010, che negli anni successivi proseguirà con una riflessione sul Padre nostro (2011) e sul Rosario (2012). Sarà il segno della croce, dunque, il tema portante delle meditazioni, della tradizionale celebrazione dell’Eucaristia presso la Grotta di Massabielle, della Via Crucis, della fiaccolata mariana e della processione eucaristica con la benedizione dei malati che sono in programma. L’Orp, inoltre, oggi ha tenuto una conferenza stampa introduttiva in cui ha spiegato il senso del pellegrinaggio, utilizzando la forma del dialogo sulla fede: l’amministratore delegato dell’Opera, padre Cesare Atuire, infatti, ha risposto alle domande dei partecipanti in tema di fede cristiana e pratica religiosa. (R.B.)
Sedici nuovi seminaristi iniziano gli studi nelle diocesi d’Irlanda
◊ La speranza per il futuro e il coraggio di una scelta impegnativa: quella di dedicare a Dio la propria vita. Sono i simboli sottolineati dalla Chiesa irlandese nel giorno in cui sedici nuovi seminaristi intraprendono il lungo percorso della vita sacerdotale. Distribuiti in quattro diversi seminari – il San Patrick di Maynooth, il San Malachy di Belfast, il Collegio irlandese di Roma e il Collegio inglese di Valladolid, in Spagna – i sedici seminaristi hanno età diverse che vanno dai 20 ai 60 anni. “Questi nuovi seminaristi – scrive in una nota padre Patrick Rushe, coordinatore nazionale dei direttori diocesani per le vocazioni – rappresentano una grande speranza per tutto il nostro futuro. Attraverso il loro cammino, noi siamo testimoni del fatto che si continua a portare, in questo mondo travagliato, la Buona Novella del messaggio di salvezza e speranza di Gesù. Ammiro – sottolinea padre Rushe – la forza e la convinzione con cui questi seminaristi seguono Cristo, soprattutto in questi tempi difficili”. Poi, il religioso ricorda che molti dei futuri sacerdoti hanno lavorato a fianco dei direttori diocesani per le vocazioni e quindi hanno riflettuto a lungo prima di compiere un passo così importante: “Il loro discernimento – ribadisce padre Rushe – sottolinea la loro integrità, maturità, conoscenza dell’animo umano, insieme alla capacità di rapportarsi con gli altri. Tutte qualità essenziali per un prete”. Dal suo canto, mons. Hugh Connolly, presidente del San Patrick College di Maynooth, nel discorso di benvenuto ai nuovi studenti afferma: “Ci vuole coraggio e grande impegno per intraprendere la vita religiosa oggi. Il popolo di Dio ha bisogno di sacerdoti buoni, sacerdoti santi, che siano fedeli all’insegnamento della Chiesa e pronti, come diceva Giovanni Paolo II, a plasmare la loro personalità in modo tale da farla divenire un ponte e non un ostacolo per tutti coloro che vogliono incontrare Gesù Cristo”. Un concetto ribadito anche da mons. Donald McKeown, presidente del Consiglio per le vocazioni della Conferenza episcopale irlandese, il quale cita le parole pronunciate da Benedetto XVI nella Messa conclusiva dell’anno sacerdotale, celebrata in piazza San Pietro l’11 giugno scorso: “Il sacerdozio è non semplicemente ‘ufficio’, ma sacramento. Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Quest’audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso, che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua; quest’audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola ‘sacerdozio’. Che Dio ci ritenga capaci di questo; che Egli in tal modo chiami uomini al suo servizio e così dal di dentro si leghi ad essi: è ciò che in quest’anno volevamo nuovamente considerare e comprendere”. Di qui, l’appello finale a tutti i fedeli perché, attraverso la preghiera, sostengano i sacerdoti e incoraggino le future vocazioni. (I.P.)
A ottobre a Barcellona l’incontro per la pace della Comunità di Sant’Egidio
◊ Un incontro internazionale per la pace cui parteciperanno rappresentanti delle Chiese cristiane e delle grandi religioni, al fianco di esponenti del mondo della cultura e della politica internazionale, è in programma dal 3 al 5 ottobre prossimi a Barcellona. L’incontro di preghiera, come specifica l’agenzia Sir, è promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, quest’anno in collaborazione con l’arcidiocesi catalana, e ha come tema “Vivere insieme in tempo di crisi. Famiglia di popoli, Famiglia di Dio”. Gli incontri sono iniziati dopo lo storico incontro di Assisi con Giovanni Paolo II nel 1986 e in questo spirito si svolgono. “Un incontro sincero, nel rispetto dell’identità specifica di ciascuna religione per chiedere a Dio il dono della pace”, lo ha descritto l’arcivescovo di Barcellona, cardinale Lluís Martínez Sistach, all’agenzia Fides, definendolo uno degli avvenimenti religiosi di maggior importanza di quest’anno per la città, dopo la visita di Benedetto XVI atteso per il 7 novembre per la consacrazione del tempio della Sagrada Familia. “L’obiettivo dell’incontro – ha aggiunto – è promuovere il perdono e la riconciliazione, lottare contro la violenza, il razzismo, il totalitarismo e l’estremismo che deturpano l’immagine di Dio nell’uomo”. L’incontro, che ogni anno da quel lontano 1986 ad Assisi, si svolge ogni anno in una città diversa, si aprirà domenica 3 ottobre con l’assemblea inaugurale al Palau de Música catalana di Barcellona, per chiudersi martedì 5 con una cerimonia nel corso della quale sarà letto il messaggio finale firmato dai rappresentanti delle varie fedi partecipanti. (R.B.)
Hong Kong: la diocesi invita i giovani alla Gmg di Madrid 2011
◊ A un anno esatto dell’apertura della Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Madrid in Spagna dal 16 a 21 agosto 2011, che avrà per tema “Maestro buono cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna? (Mc 10,17)”, la diocesi di Hong Kong ha avviato le iscrizione dei propri giovani. Il termine delle iscrizioni è il 30 settembre. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), la delegazione di Hong Kong, guidata dalla Commissione della Pastorale giovanile, sarà a Madrid dal 5 al 22 agosto 2011. Oltre alle attività principale della Gmg dal 16 al 21 agosto, la delegazione avrà anche la possibilità di avviare interscambi con i coetanei degli altri Paesi. La diocesi ha lanciato anche un appello invitando i giovani di Hong Kong a sentirsi in comunione con i giovani e i fedeli di tutto il mondo, ed ha chiesto ai fedeli di aiutare con generosità i giovani dei Paesi di sviluppo ad assistere questo evento mondiale. A partire dal prossimo gennaio inizierà la formazione per i partecipanti di Hong Kong alla Gmg. (R.P.)
Aperta a Camaldoli la Settimana teologica del Meic su “L’uomo nelle religioni”
◊ Si è aperta ieri nel monastero di Camaldoli, nella foresta casentinese in provincia di Arezzo, la Settimana teologica del Meic, il Movimento ecclesiale d’impegno culturale, dedicata a “L’uomo nelle religioni”. “Ogni giorno ci sono notizie di fatti di sangue compiuti nel nome di qualche Dio – spiega il presidente del Meic, Carlo Cirotto all’agenzia Zenit – e veniamo in contatto con tradizioni che sviliscono la donna e l’uomo nel nome di arcani principi religiosi”. Diventa, dunque, necessaria “una corretta conoscenza che potrà evitare fraintendimenti tragici e favorire, invece, la purificazione e l’accettazione reciproche”. Tra riflessioni di teologia delle religioni, approfondimenti della questione antropologica nel Cristianesimo, nell’Ebraismo, nell’Islam, nell’Induismo e nelle fedi orientali, a Camaldoli sarà sviluppata una “teologia con i piedi per terra”, in continuità con la tradizione del Meic che non ama “separare l’elevazione spirituale dalla concretezza dei problemi quotidiani”. Le meditazioni saranno guidate, tra gli altri, dal vescovo di Viterbo, Lorenzo Chiarinelli, dall’arcivescovo di Oristano, Ignazio Sanna, da due docenti della Pontificia Università urbaniana, Cinto Busquet e Benedict Kanakappally, e dal professore del Pontificio istituto di Studi arabi e di Islamistica, Francesco Zannini. (R.B.)
◊ Il 24 agosto del 1991 la Rada, il parlamento ucraino, dichiarò l'indipendenza da Mosca. La decisione fu confermata in un referendum popolare che si svolse il primo dicembre dello stesso anno, in cui furono oltre il 90% gli ucraini che si espressero per il distacco dal Cremlino. Il servizio è di Giuseppe D’Amato:
La via maestra è l’integrazione europea. Questo uno dei passaggi più significativi del discorso del presidente ucraino, Viktor Yanukovich, tenuto al Maidan la piazza centrale di Kiev. Le riforme, ha sottolineato il capo dello Stato, sono solo all’inizio ed hanno l’obiettivo di garantire lo sviluppo democratico ed un giusto stato sociale. Rispondendo poi alle critiche delle ultime settimane, Yanukovich ha ribadito che è favorevole a mass media liberi e forti, poiché essi sono una delle fondamenta della democrazia. Di quanto sia complicata l’indipendenza ha parlato il premier, Azarov, ricordando i passati legami economici e culturali, con il resto dell’Urss. L’ex presidente, Yushchenko, ha invece polemizzato evidenziando come anche le vecchie generazioni ucraine volevano essere padrone in casa propria, ma si dovette aspettare fino al 1991. Dopo le Repubbliche baltiche, con la loro catena umana di protesta contro l’Urss, anche la Polonia ricorda il difficile 1989 con il passaggio di potere a Solidarnosc e il crollo del muro di Berlino. Oggi, è l’anniversario della composizione del primo governo postcomunista dell’Europa, satellite di Mosca, quello del premier, Tadeusz Mazowiecki.
Oggi, l’indipendenza da Mosca viene messa in discussione da molti, soprattutto perché a diciannove anni dalla proclamazione dell'indipendenza l'Ucraina sembra un Paese più spaccato che mai. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Fabrizio Dragosei, corrispondente a Mosca per il Corriere della Sera:
R. - Quella decisione che poi era strettamente legata allo scioglimento dell’Urss - deciso dai leader delle tre maggiori repubbliche, cioè Russia, Bielorussia e Ucraina - fu la decisione di uscire dall’Unione Sovietica e credo che comunque oggi anche se Putin l’ha definita una delle più grandi catastrofi geopolitiche del secolo passato, pochi in Ucraina, in Russia e anche in altre Repubbliche ex Sovietiche vorrebbero tornare all’Unione Sovietica. Certamente, il distacco di Mosca ha pesato, ha pesato molto, soprattutto per quella parte della popolazione che vive nell’Ucraina orientale e magari parla russo e che ha anche legami economici molto forti con la Russia.
D. - Bisogna dire che il Paese ha dovuto affrontare negli ultimi due decenni numerosi problemi economici e politici con la rivoluzione arancione, che sembra a questo punto svanita nel nulla...
R. - L’Ucraina era rimasta nelle mani di ex sovietici come il presidente, Leonid Kucma, l’allora primo ministro, Viktor Yanukovic. Poi, nel 2004 ci fu questa famosa rivoluzione arancione che accese tante speranze negli ucraini. Molti pensarono che il Paese fosse veramente ad una svolta clamorosa. Ma la politica ucraina di questi anni è di nuovo sprofondata nella palude delle fazioni, della lotta senza sbocco, del farsi i dispetti a vicenda, del dividersi e contro-dividersi, per cui i grandi alleati di quei giorni di dicembre - Viktor Yushchenko e Yulia Tymoshenko - che sembravano avviati a traghettare il Paese verso una vera democrazia e verso lo sviluppo economico, iniziarono invece ben presto a litigare e poi abbiamo visto in questi anni quello che è successo.
D. - Nonostante tutto, l’Ucraina continua comunque ad essere un Paese strategicamente importante, da molti punti di vista, soprattutto economico...
R. - L’Ucraina, ricordiamolo, è un grande "cuscinetto" tra l’Unione Europea e la Russia. Attraverso l’Ucraina, passa uno dei principali gasdotti che porta metano dalla Siberia fino nel cuore dell’Europa ed è anche un Paese che ha forte interesse economico, perché ci sono ancora grandi industrie siderurgiche e ci sono ancora anche alcune industrie ex militari o ex belliche di punta, che potrebbero avere anche un ruolo sia in Russia che nell’Unione Europea.
Afghanistan
Non conosce soste la violenza in Afghanistan. Nelle ultime 48 ore, sono morti almeno sei soldati dell'Isaf in combattimento o a causa di ordigni artigianali. Nello stesso lasso di tempo, le forze della Nato e l’esercito afghano hanno ucciso almeno 40 talebani in una serie di offensive nelle regioni tribali. Vittime anche tra i civili: quattro afghani sono morti in tre distinti attacchi.
Pakistan
Il terrorismo è tornato a colpire duramente in Pakistan dopo una tregua di quasi un mese dovuta all'emergenza delle inondazioni. Tre attentati nella stessa giornata hanno provocato ieri almeno 37 morti, tra cui un religioso musulmano e una ventina di fedeli radunati in una moschea per il Ramadan. Altri venti morti sono invece stati provocati nel Nord Waziristan dai missili lanciati da un drone (aereo senza pilota) statunitense: tra le vittime, oltre a 13 talebani afghani, anche sette civili pakistani.
Somalia
Nuova fiammata di violenze in Somalia dopo l’annuncio dell’invio di altri duemila uomini dell’Unione Africana. Questa mattina, i ribelli integralisti Shebaab hanno attaccato l’hotel Huna di Mogadiscio provocando almeno 32 morti, fra i quali 6 membri del governo. Almeno 30 vittime si sono registrate anche ieri nei combattimenti che hanno imperversato fra le strade della capitale. Il servizio di Elisa Castellucci:
Miliziani dei Giovani Mujahdin hanno fatto irruzione nell’hotel Huna, nei pressi del palazzo presidenziale di Mogadiscio, sparando e lanciando granate prima di farsi esplodere. Alcuni sopravvissuti parlano di una vera e propria carneficina. Il vice primo ministro riferisce che tra le oltre 30 vittime ci sarebbero almeno 6 deputati e membri dell’esecutivo. La dinamica dei fatti e il bilancio delle vittime rimangono tuttavia ancora incerti. Uno dei tre terroristi del gruppo è stato catturato dalla polizia. L’attacco arriva il giorno dopo l’annuncio dell’Unione Africana di voler inviare 2.000 soldati nel Paese, a fronte dei 6.000 già presenti sul territorio somalo. Immediata la risposta degli integralisti islamici Shabaab, che hanno confermato la ripresa di attacchi di massa contro quelle che definiscono truppe di invasione. Dalla fine del 2009, il governo di transizione somalo (TFG), controlla solo alcune zone della capitale, che è invece per buona parte sotto il dominio dei ribelli Shabaab. Molto ridotte anche le postazioni di Mogadiscio protette dagli uomini dell’Unione Africana.
Germania
Germania sotto shock per la morte del terzo neonato in quattro giorni al policlinico di Magonza a causa di alcune flebo contaminate da batteri. Il neonato morto oggi era un parto prematuro di sei mesi e anche le altre due vittime si trovavano già in terapia intensiva. “Allo stadio attuale, non sappiamo quale sia la causa esatta della morte”, ha dichiarato il direttore dell’istituto, che poi ha annunciato che gli altri quattro bambini che si trovavano in condizioni critiche sono fuori pericolo. A ricevere le flebo con lo stesso preparato sono stati in tutto nove piccoli, ma solo cinque si sono aggravati subito dopo la somministrazione. Intanto, la procura ha avviato un'indagine contro ignoti per omicidio dovuto a negligenza.
Spagna
E' finito dopo quasi nove mesi il calvario di due volontari appartenenti ad un Ong catalana impegnata in Mauritania. I due erano stati rapiti da un gruppo appartenente ad Al Qaida nel Maghreb Islamico nel novembre scorso. Ieri, è stata annunciata la loro liberazione e oggi i due sono attesi in Spagna.
Serbia – Kosovo
In vista della discussione sul Kosovo che l'Assemblea delle Nazioni Unite ha in programma per il 9 settembre, la Serbia ha ribadito che non intende ritirare la risoluzione sulla sua ex provincia autoproclamatasi indipendente, presentata all'Assemblea generale dell'Onu. Nella risoluzione, messa a punto da Belgrado dopo che la Corte internazionale di giustizia il 22 luglio scorso ha definito legittima e non contraria al diritto internazionale la proclamazione d'indipendenza del Kosovo, si ribadisce il no alla secessione di Pristina anche se si auspica al tempo stesso un dialogo fra le parti su tutti i temi sul tappeto.
Cile
In Cile, dopo l’euforia seguita alla notizia che i 33 minatori intrappolati in una miniera del nord del Paese sono vivi, continuano senza sosta i lavori per permettere il loro recupero. I soccorritori stimano che ci vorranno almeno tre mesi. Intanto, i minatori hanno ricevuto i primi rifornimenti, fra cui medicinali, viveri e messaggi dai familiari. Si moltiplicano anche i gesti di solidarietà volti a garantire un sostegno economico ai lavoratori una volta che saranno in salvo. Un magnate ha offerto l'equivalente di circa 7.600 euro alle famiglie di ogni operaio.
Nepal
In Nepal, un aereo si è schiantato oggi a sud-est di Kathmandu. La sciagura è costata la vita a tutte le 14 persone a bordo del velivolo. Fra le vittime sei gli stranieri, un britannico, quattro americani e un giapponese. L'incidente è avvenuto a causa del maltempo e i soccorritori non sono ancora riusciti a raggiungere la zona dello schianto per le forti piogge.
Attivo il fondo per il risarcimento delle vittime della marea nera
E’entrato oggi in vigore il fondo di risarcimento per le vittime della marea nera, dotato di 20 miliardi di dollari versati dalla compagnia petrolifera BP. Il Gulf Coast Claims Facility (Gccf), questo il nome del fondo, che mira a ricompensare le persone e le società che hanno subito i danni dalla terribile inondazione sottomorina di greggio che ha devastato per mesi il Golfo del Messico. Finora, la Bp ha versato quasi 400 milioni di dollari direttamente alle vittime del disastro ambientale, ma il compito di pagare i risarcimenti viene adesso affidato al Gccf, creato nel giugno scorso su richiesta della Casa Bianca. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 236
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