Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 12/08/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il perdono è il modo in cui Dio vince: riflessioni di Benedetto XVI sul Vangelo della misericordia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Record di giovani disoccupati nel mondo. In frenata l’economia di Usa, Cina e Ue
  • Olanda: aumentano i casi di eutanasia nel Paese
  • Appello dell'Onu per le popolazioni alluvionate del Pakistan
  • Nuove tensioni nel Caucaso tra Russia e Georgia
  • Nasa e Fao lanciano il sistema di monitoraggio globale degli incendi
  • Anniversario dell'eccidio nazista di Sant'Anna di Stazzema: il ricordo di un sopravvissuto
  • Concluso il Capitolo generale delle Suore Immacolatine di Lourdes: la testimonianza di suor Leonia
  • Chiesa e Società

  • India: il 29 agosto tutte le Chiese cristiane celebreranno la “Giornata dei martiri indiani”
  • Kenya. Appello delle Chiese cristiane dopo il referendum costituzionale
  • La denuncia dei missionari: la guerriglia in Congo, pretesto per lo sfruttamento delle risorse
  • Congo: operatori cattolici dei mass media chiamati a comunicare nella verità secondo il Vangelo
  • Perù: 300 missionari laici inviati nei villaggi sulle Ande
  • Bolivia: i bambini protagonisti dell’annuncio del Vangelo
  • Lettera del cardinale Tettamanzi alla famiglia della filippina uccisa a Milano
  • Cresce la spiritualità del pellegrinaggio in Polonia
  • L’Onu lancia l’Anno Internazionale della Gioventù sul tema del dialogo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Russia: opposizione in piazza per l'emergenza incendi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il perdono è il modo in cui Dio vince: riflessioni di Benedetto XVI sul Vangelo della misericordia

    ◊   “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”: è l’esortazione che, nel Vangelo di oggi, Gesù rivolge a Pietro che gli chiedeva quante volte fosse giusto perdonare. Il Signore racconta dunque la parabola del padrone che condona il debito ad un suo servo il quale non mostra invece la stessa compassione verso un suo debitore. Benedetto XVI si è soffermato spesso sulla misericordia di Dio e la forza del perdono. Ce ne parla Alessandro Gisotti:

    Il perdono “è il modo in cui Dio vince”. Nonostante la nostra fragilità, sottolinea Benedetto XVI, “il Signore, ricco di misericordia e di perdono, trasforma la vita dell’uomo e lo chiama a seguirlo”. L’amore di Dio è un amore senza fine, ribadisce il Papa. E ci incoraggia a prendere parte a questo amore, che sgorga dal cuore di Gesù, dall’Eucaristia:

    “Ogni volta quindi che vi accostate all’altare per la Celebrazione eucaristica, si apra il vostro animo al perdono e alla riconciliazione fraterna, pronti ad accettare le scuse di quanti vi hanno ferito e pronti, a vostra volta, a perdonare”. (Messa nella Cattedrale di Albano, 21 settembre 2008)

    Un perdono che nasce dalla conversione del cuore, dall’umiltà, dal riconoscerci peccatori. “Proprio abbassandoci insieme a Cristo – avverte il Papa – noi ci innalziamo fino a lui e fino a Dio”:

    “Dio è Amore e perciò la discesa, l’abbassamento, che l’amore ci chiede, è allo stesso tempo la vera ascesa. Proprio così, abbassandoci, noi raggiungiamo l’altezza di Gesù Cristo, la vera altezza dell’essere umano”. (Omelia, Messa di Pentecoste, 15 maggio 2005)

    Anche la Chiesa nasce nel segno del perdono. Proprio il perdono, infatti, è la riflessione del Papa, è il potere nuovo che Gesù dona agli Apostoli, nel giorno di Pentecoste. Il perdono unisce gli uomini. Vince le divisioni dell’umanità:

    “La forza, che apre e fa superare Babele, è la forza del perdono. Gesù può donare il perdono ed il potere di perdonare, perché egli stesso ha sofferto le conseguenze della colpa e le ha dissolte nella fiamma del suo amore. Il perdono viene dalla Croce; egli trasforma il mondo con l’amore che si dona. Il suo cuore aperto sulla Croce è la porta attraverso cui entra nel mondo la grazia del perdono. E soltanto questa grazia può trasformare il mondo ed edificare la pace”. (Omelia, Messa di Pentecoste, 15 maggio 2005)

    Sul tema del perdono, il Pontefice si sofferma lungamente nella catechesi dedicata a Giuda Iscariota, l’apostolo che tradì il Cristo. Anche Pietro, rammenta il Papa, tradì il Signore, ma seppe accettarne il perdono, seppe affidarsi alla misericordia divina. In Giuda, invece, il pentimento “degenera in disperazione” e alla fine in un atto di “autodistruzione”:

    “E’ per noi un invito a tener sempre presente quanto dice San Benedetto: ‘Non disperare mai della misericordia divina’. (…) Gesù rispetta la nostra libertà; Gesù aspetta la nostra disponibilità al pentimento e alla conversione: è ricco di misericordia e di perdono”. (Udienza generale, 18 ottobre 2006)

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un fondo di Gabriele Nicolò sul Pakistan tra l'emergenza alluvioni e la lotta al terrorismo.

    Quella lampada accesa da passione e ragione: in cultura, Isabella Farinelli ricorda, a cent'anni dalla morte, Florence Nightingale, l'infermiera che portò in Crimea professionalità e carità.

    Indifesi nel tourbillon della storia: Ferdinando Cancelli sull'odissea dei malati mentali nella Francia occupata.

    A Roma la Resistenza fu aiutata dal Vaticano: Raffaele Alessandrini recensisce il volume di Adriano Ossicini "La sfida della libertà. Dall'antifascismo alla Resistenza".

    Un articolo di Antonio Paolucci dal titolo "Moderno con nostalgia dell'antico": dopo i restauri torna nei Musei Vaticani la Biga di Francesco Antonio Franzoni.

    Nell'informazione vaticana, un articolo sulle iniziative spirituali a Glasgow in attesa dell'arrivo del Papa.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Record di giovani disoccupati nel mondo. In frenata l’economia di Usa, Cina e Ue

    ◊   L’Organizzazione internazionale del lavoro lancia l’allarme: la disoccupazione giovanile nel mondo ha raggiunto il record storico negativo del 13,1%. Il numero dei giovani disoccupati è aumentato di circa 8 milioni, superando gli 81 milioni complessivi: le donne hanno più difficoltà a trovare lavoro rispetto agli uomini. Intanto, dopo i dati negativi negli Stati Uniti e in Cina, giunge la notizia che anche l’economia dell’Europa è in frenata: per la Banca Centrale Europea la ripresa registra un rallentamento nella zona dell’euro a causa di disoccupazione e aggiustamento dei bilanci, mentre l’inflazione torna a salire. Su questi dati ascoltiamo il commento dell’economista Giacomo Vaciago, docente alla Cattolica di Milano, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – Sono tre realtà molto diverse. La Cina esce da un boom incredibile nei dodici mesi precedenti e la frenata l’ha fatta il governo cinese, perché l’economia si surriscaldava, quindi è paradossalmente una frenata voluta. L’America non riesce a ripartire: gli Stati Uniti sono un’economia trascinata dai consumi e finché non si riassorbe la disoccupazione, creata da aziende che hanno risanato i loro conti licenziando, farà difficoltà a rilanciarsi; quindi, paradossalmente le aziende americane fanno profitti, ma l’economia non cresce perché la domanda interna con alta disoccupazione è frenata. L’Europa è una realtà ancora diversa. Italia e Germania, in particolare, stanno esportando molto in tutto il mondo e quindi le nostre aziende stanno migliorando molto. Non avendo licenziato tanto, abbiamo scaricato l’aggiustamento in Europa sui giovani, non abbiamo assunto i giovani e abbiamo lasciato molti precari senza lavoro. Quindi, l’Europa è una terza realtà. Abbiamo un problema di giovani disoccupati che non trovano lavoro, sono stati protetti i loro genitori e la famiglia ha ridistribuito reddito perché la cassa integrazione e tutte le protezioni dei lavoratori già assunti hanno funzionato nel Wellfare europeo, sia in Italia, sia in Germania e negli altri Paesi europei: quindi, abbiamo una crescita modesta anche noi, però le nostre migliori aziende vanno già bene.

    D. – Che fare per dare speranza ai giovani?

    R. – Bisogna riformare il mercato del lavoro dando un’egual protezione indipendentemente dall’età, altrimenti la protezione che va ai padri, è tolta ai figli. Questo è il dramma italiano, ma tutta l’Europa è un po’ così. In Italia pochi operai di 50 anni hanno perso il posto, ma i loro figli sì. Bisogna riformare il mercato del lavoro, garantendo che la protezione sia uniforme, sennò appunto, poi tocca ai genitori mantenere i figli di 30 anni disoccupati.

    D. – Quali prospettive per una ripresa definitiva?

    R. – Abbiamo una grande montagna di debiti, fatta negli anni scorsi: troppi debiti, sia dell’economia privata, soprattutto in America, sia nelle economie pubbliche, soprattutto in Europa. Quindi bisogna privilegiare il risparmio e la crescita, risparmiare, investire, consentire alla gente di partecipare ai benefici del loro risparmio e man mano smaltire i vecchi debiti consolidando questa montagna, come si fa nei dopoguerra. E, di fatto, è stata una guerra economica quella che tutti abbiamo perso in questi anni. C’è questa montagna di debito pubblico, che sta lì, incombe su di noi minacciosa: va consolidata in maniera tale che non ce la dimentichiamo, ma certamente occorre gestirla nei prossimi 20 anni e non in tre anni.

    inizio pagina

    Olanda: aumentano i casi di eutanasia nel Paese

    ◊   Aumentano i casi di eutanasia in Olanda: +13% rispetto nel 2009. Lo riferiscono i media olandesi, citando l'ultimo rapporto annuale della commissione che monitora l'applicazione della legge sulla morte assistita. Il rapporto rileva che 9 medici non hanno rispettato la legge sull'eutanasia, che impone di assicurarsi che i pazienti facciano una scelta autonoma ed informata. Inoltre, con l'aumento del ricorso all'eutanasia, l'Associazione olandese per la morte volontaria vorrebbe dare vita ad una clinica per la cosiddetta “dolce morte”. Paolo Ondarza ha raccolto il parere del prof. Lucio Romano, presidente di Scienza e Vita.

    R. – E’ sicuramente la testimonianza tangibile di una deriva che origina dalla ratificazione, sotto il profilo legislativo, del testamento biologico, della disponibilità cioè della propria vita e della partecipazione di medici a forme di eutanasia attiva.

    D. – Il rapporto rileva, sempre nel 2009, che sono stati 9 i medici che non hanno rispettato la legge sull’eutanasia, che impone di assicurarsi che i pazienti facciano una scelta autonoma e informata...

    R. – Un paziente che è completamente abbandonato a se stesso, che non ha alcuna relazione di vicinanza, di prossimità, di assistenza per quanto riguarda sia la famiglia che la società, mi chiedo in che misura possa fare una scelta di questo genere in maniera autonoma, vale a dire che non potrà fare altro che prendere una decisione “autonoma”, ma in una profonda solitudine che contraddice quello che è il fondamento della relazione medico-paziente.

    D. – I casi di eutanasia in Olanda nel 2009 sono stati 2636, ovvero il 2 per cento del totale dei decessi in Olanda...

    R. – Ci ritroviamo di fronte a valori percentuali che sono veramente terrificanti. Allora, io devo dire: ben venga prima di tutto una presa di posizione di completa opposizione a quella che viene presa come modello, il modello cosiddetto Olanda, che già da tempo viene preso come punto di considerazione, come forma di civiltà assistenziale. Non è assolutamente un modello, ma diciamo invece che è un modello negativo. Dall’altro, invece, è necessario implementare il dibattito in corso in Italia sulla legge in discussione alla Camera. Ben venga una legge che tuteli non solo la salute del paziente stesso, la vicinanza, la prossimità, l’assistenza, la responsabilizzazione e che non vada a mistificare appunto forme eutanasiche. Ecco perché io ritengo che sia quanto mai opportuno che il dibattito in Italia riprenda e riprenda al più presto.

    D. – A proposito del dibattito in Italia, viene da chiedersi se effettivamente il tempo sta passando, perché si sta elaborando un testo che tenga conto appunto della delicatezza dell’argomento o se invece l’argomento è passato in secondo piano e non interessa l’agenda dei politici...

    R. – Devo dire che lo sforzo che è stato fatto dalla 12.ma Commissione alla Camera per l'analisi della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento è davvero encomiabile, perché ha posto in evidenza alcune problematicità e ha cercato di trovare una soluzione che sia più corrispondente a valori fondativi: appunto quello della tutela della vita, la dignità della persona e l’autonomia del paziente. Certo però bisogna anche dire che venga messa all’ordine del giorno alla Camera la ripresa dei lavori parlamentari al più presto, il dibattito sulla legge stessa, e che non si procrastini ulteriormente, perché il procrastinare potrebbe significare invece una sorta di volontà a rimandare una legge di cui l’Italia ha assolutamente bisogno, e senza che si aspetti un nuovo caso Englaro per accelerare le procedure.

    inizio pagina

    Appello dell'Onu per le popolazioni alluvionate del Pakistan

    ◊   Milioni di sfollati, oltre duemila morti. Questo il bilancio delle inondazioni che da poco più di 15 giorni stanno mettendo in ginocchio India, Cina e Pakistan: qui, il livello dell'acqua dei fiumi Sindh e Swat sta calando. Il presidente pachistano Zardari si è recato per la prima volta nelle zone alluvionate. Per John Holmes, responsabile per le questioni umanitarie dell'Onu, sono necessari aiuti internazionali per 460 milioni di dollari. Continuano ad essere in difficoltà anche le regioni centro-orientali dell'Europa. Il servizio di Carla Ferraro:

    Nei prossimi giorni si dovrà far fronte ai problemi alimentari e a quelli riguardanti l'acqua potabile, i servizi sanitari di emergenza e la protezione dalla malaria. Sono stati inghiottiti dall'acqua scuole, ospedali, coltivazioni ed esercizi commerciali. L'elettricità e i sistemi di rifornimento dell'acqua potabile sono distrutti, così come buona parte della rete stradale e ferroviaria. Il pericolo maggiore per le zone del Pakistan devastate dalle alluvioni, che hanno causato almeno 1600 morti, viene ora dalle dighe, in particolare quelle della regione sudorientale di Sindh. Il ministro della Difesa americano ha reso noto che il Pentagono ha mobilitato una portaelicotteri per portare aiuto nelle zone del Pakistan colpite dalle inondazioni. Grazie all'intervento dell'unità da guerra saranno 19 gli elicotteri americani operanti in zona. Sono numerosi i dispersi nella regione del Kashmir indiano, colpita venerdì da una grave alluvione che ha causato almeno 185 vittime. Sono stati segnalati altri gruppi di escursionisti bloccati dal mare di fango e pietre, fra i 3000 ed i 4000 metri. Intanto le rappresentanze diplomatiche interessate effettuano quotidianamente riunioni di coordinamento a New Delhi per definire un approccio comune con le autorità indiane e per prestare reciproco appoggio nelle operazioni di assistenza. In Cina il bilancio complessivo delle vittime causate dalle inondazioni è salito a 1.117, 64 i feriti gravi e 627 persone ancora disperse. Una massa di fango ha spazzato via sei abitazioni nel villaggio di Xizangba. I detriti e il fango trascinati dalle forti piogge hanno creato stamani un nuovo blocco nel fiume Bailong. Interrotta la strada utilizzata per portare aiuti umanitari. Almeno fino a domani sono previste ulteriori piogge. L'Alto rappresentante europeo per la politica estera e la sicurezza Catherine Ashton ha offerto l'assistenza dell'Unione Europea a Pechino.

    inizio pagina

    Nuove tensioni nel Caucaso tra Russia e Georgia

    ◊   Rischio di nuove tensioni nel Caucaso. L’esercito russo ha installato missili per la difesa antiaerea nella regione georgiana secessionista dell'Abkhazia, riconosciuta da Mosca, insieme con l’altra regione separatista dell'Ossezia del sud, dopo il conflitto con la Georgia dell’agosto 2008. Quali obiettivi si pone, dunque, Mosca, con il dislocamento di armamenti antiaerei nella zona caucasica a ridosso della Georgia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al vicedirettore di Famiglia Cristiana, Fulvio Scaglione, esperto dell’area ex sovietica:

    R. - Naturalmente, c’è l’intento di ribadire il proprio appoggio alla causa indipendentista dell’Abkhazia; dall’altra parte, l’Abkhazia è stata riconosciuta ufficialmente dalla Russia e quindi questa è la prosecuzione di un certo tipo di politica che poi è quella che ha avuto il suo culmine negativo due anni fa, nella guerra tra Georgia e Russia. Ma poi c’è anche un altro intento - secondo me - meno tattico e più strategico, che è quello di dimostrare che la Russia non perde assolutamente, o non vuole perdere assolutamente, la sua presa sul Caucaso che è da anni la regione più problematica della Federazione Russa.

    D. - Questo per motivi non solo territoriali, ma anche di tipo economico?

    R. - I motivi sono molteplici. La Russia in generale reclama la propria influenza su quello che viene definito lo spazio post-sovietico. Nel caso del Caucaso, ci sono due aggravanti: uno è che è parte della Federazione Russa a tutti gli effetti, naturalmente Georgia esclusa. In secondo luogo, il Caucaso è anche forse “la” zona dove, negli anni dell’amministrazione Bush, gli Stati Uniti sono riusciti più proficuamente ad inserirsi con quel conseguimento economico ma anche politicamente strategico dell’oleodotto che congiunge Baku, Tblisi e Ceyhan in Turchia, e che è stato una specie di colpo di rasoio inflitto alla Russia proprio nelle sue regioni meridionali.

    D. - Quali sono le previsioni degli osservatori internazionali? Il Caucaso rischia di esplodere di nuovo, prima o poi?

    R. - Il Caucaso è da molti anni in una perenne ebollizione. C’è stato il dramma, atroce, della Cecenia ma insomma, un po’ in tutte le Repubbliche del Caucaso non si contano gli attentati, i morti, i rapimenti, tutto questo genere di criminalità ordinaria però a braccetto con le pulsioni indipendentiste, politiche, islamiste, eccetera. Va anche detto, però, che il Caucaso è sempre stato così: è stato così anche all’epoca degli zar e non fu così all’epoca dell’Unione Sovietica solo perché l’Unione Sovietica adottò da un lato deportazioni di massa come nel caso dei ceceni o degli azeri o di altre popolazioni; e dall’altro lato, però, lasciò mano libera alle élite locali che sono le stesse élite che da sovietiche si sono poi riconvertite in democratiche al crollo dell’Unione Sovietica.

    inizio pagina

    Nasa e Fao lanciano il sistema di monitoraggio globale degli incendi

    ◊   Controllare e sorvegliare gli incendi su scala globale attraverso internet. E' questa la sfida del nuovo sistema globale di gestione dell’informazione sugli incendi, sviluppato dalla Fao in collaborazione con la Nasa e l’Università del Maryland. Michele Raviart ne parla con Antonio Martucci, specialista di sistemi informativi geografici della Fao che ha contribuito al progetto.

    R. – E’ un sistema cosiddetto “near real time”, quindi sostanzialmente consente, nel giro di poche ore, di verificare dove sono in atto incendi a livello globale, così come vengono individuati da immagini di satellite.

    D. – Questo sistema è accessibile da chiunque sia in possesso di un indirizzo e-mail. Quali funzioni sono già attive sul sito?

    R. – In questo momento, il sistema fornisce agli utenti esclusivamente la localizzazione degli incendi. Nel giro di pochi mesi verrà incrementata anche la pubblicazione dei dati sul reale bruciato. Questi serviranno soprattutto a poter fare delle analisi rapide sul progresso dell’incendio.

    D. – E’ inoltre presente un archivio in cui sono registrati gli incendi scoppiati nel mondo negli ultimi 10 anni...

    R. – Noi ce ne serviamo molto per poter vedere come si sono evoluti gli incendi nei vari tipi di utilizzazione dei suoli, quindi se per agricoltura o per foreste, e poter quindi prevedere come evitare che questo possa avvenire oppure giustificarlo, perché è semplicemente una gestione normale di un’attività agricola.

    D. – Come può essere utilizzata la funzione di allertamento incendi nella gestione dell’emergenza in Russia?

    R. – Una sorta di “mirror site” era già disponibile negli Stati Uniti e loro ci hanno comunicato che in seguito agli incendi in Russia c’è stato un incremento esponenziale dell’utilizzo del sito e dello scaricamento dei dati, soprattutto dalla Russia. Quindi, questo dimostra assolutamente come un sistema di questo genere, reso operativo e pubblicamente disponibile come lo è e lo sarà attraverso un’organizzazione come la Fao, sarà sicuramente di utilità in tutti i casi in cui avvengono eventi eccezionali di quel genere.

    inizio pagina

    Anniversario dell'eccidio nazista di Sant'Anna di Stazzema: il ricordo di un sopravvissuto

    ◊   Ricorre oggi il 66.mo anniversario dell’eccidio nazista di Sant’Anna di Stazzema, un piccolo centro in provincia di Lucca dove nel 1944 i soldati delle SS uccisero 560 persone, in maggior parte anziani, donne e bambini. Non si trattò di una rappresaglia ma di un “atto terroristico premeditato”, accertò il processo della procura militare della Spezia che si concluse nel 2007 con la condanna all’ergastolo per 10 SS. Il presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, in un messaggio, inviato al sindaco del Paese toscano, ha affermato che la memoria dell’eccidio deve “impegnarci tutti in un'opera di costante consolidamento delle riconquistate libertà democratiche". Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha paragonato l’accaduto ad una ferita “incancellabile”. Ma cosa successe quel 12 agosto di 66 anni fa? Eugenio Bonanata lo ha chiesto ad un sopravvissuto alla strage, Enrico Pieri, che allora aveva 11 anni e che oggi è presidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna:

    R. - La mattina del 12 agosto passa un signore vicino di casa e ci dice che dall’altra parte del monte stanno salendo dei gruppi di nazisti. In genere gli uomini si salvarono tutti perché ebbero il tempo di scappare nei boschi, mentre mio nonno, mio padre e gli zii rimasero in casa perché pensavano che si trattasse solo di un rastrellamento. Dopo 10 minuti arrivarono in casa gridando “Raus! Schnell!”; ci fecero uscire e ci condussero sulla piazza della Chiesa insieme alla famiglia Pierotti, una famiglia di Pietrasanta sfollata in casa di mia nonna. Facemmo cento metri, poi venne un contrordine e ci spinsero tutti dentro la cucina della famiglia Pierotti. Appena le due famiglie furono dentro la cucina, iniziarono a sparare con le pistole, uccidendo 10 persone in 5 minuti.

    D. - Come riuscì a salvarsi?

    R. - Una delle bambine della famiglia Pierotti, che si chiamava Grazia, si era imbucata in un sottoscala che si trovava in fondo alla cucina. Allora mi ha chiamato e mi sono trovato al riparo assieme a lei.

    D. - E poi che cosa successe?

    R. - Non contenti di aver ammazzato tutte e due le famiglie, i soldati presero della paglia che era lì nell’aia e la buttarono dentro la casa e gli diedero fuoco. La casa, fatta di pavimenti in legno, iniziò subito a bruciare e la cucina si riempì di fumo. Appena si sentì che fuori non c’era tutta quella confusione, si uscì dalla cucina e ci buttammo dentro una piana di fagioli - fatti a capanna come si usava qui a Sant’Anna - e lì siamo rimasti diverse ore. Si sentiva sparare da tutte le parti ad un certo punto non si sentiva più sparare e si sentivano i crolli delle case, dei fienili...

    D. - Come è cambiata la sua vita dopo il 12 agosto del ’44?

    R. - Devo dire che lì per lì non mi resi conto di essere rimasto solo. Però, poi, vivere da orfano di guerra ... la mia vita è stata dura.

    D. - E’ riuscito a perdonare?

    R. - Il perdono è una cosa personale, però mi sono reso conto che non si può portare né rancore né odio se si vuole costruire veramente. Io per la prima volta l’anno scorso sono stato in Germania, non c’ero mai voluto andare, però mi ha fatto piacere.

    inizio pagina

    Concluso il Capitolo generale delle Suore Immacolatine di Lourdes: la testimonianza di suor Leonia

    ◊   Sono presenti in diversi Paesi del mondo e progettano di aprire presto una comunità anche in aree particolarmente povere, in Indonesia e Africa. Sono le Suore Immacolatine di Lourdes, che hanno concluso ieri il Capitolo generale che si tiene ogni 6 anni. Si tratta di una Congregazione nata più di 100 anni fa, per opera di Don Francesco Gàttola, sacerdote del clero di Napoli. Fausta Speranza ha parlato con suor Leonia Amato del carisma della Congregazione, di progetti realizzati e di quelli per il futuro:

    R. – Ecco, noi ufficialmente siamo conosciute come Suore Figlie della Santissima Vergine Immacolata di Lourdes Terziarie Francescane; comunemente, però, ci chiamano le Suore Immacolatine di Lourdes. La nostra caratteristica è vivere e far conoscere il messaggio di Lourdes che è preghiera e penitenza, nello stile francescano, veramente con una povertà come l’ha voluta il Poverello di Assisi. Noi eravamo molto dispiaciute di non essere mai riuscite ad aprire una comunità a Lourdes, cosa che abbiamo fatto grazie al vescovo locale. Quindi noi siamo a Lourdes da otto anni.

    D. – Ecco, suor Leonia, proprio lei ha dato il via a questa bella iniziativa …

    R. – Eh, Gesù ha scelto me, non so perché. E' stato come giocare a scacchi con il Signore: ci rifiutavano da una parte, noi volevamo entrare dall’altra … Un giorno ho detto: “Senti, Gesù, se ci vuoi bene ci devi aprire le porte a Lourdes!”. Madre Flavia, superiora all’epoca, otto anni fa, mi disse: “Provaci, ma io non ci credo”. Ma il Signore ha voluto che, sì!, potessimo farcela!

    D. – Ecco, suor Leonia, qual è il vostro impegno a Lourdes?

    R. – Veramente, quando noi siamo andate sembrava non ci fosse posto per noi mentre adesso, grazie a Dio, non bastiamo più. Facciamo lavoro nelle sacrestie, siamo dove si lavorano i paramenti sacri dei sacerdoti, ci troviamo nelle Messe ufficiali dei nostri italiani. E gestiamo il canto, la preparazione; prima di ogni Messa facciamo una piccola conferenza come vuole il vescovo …

    D. – Dunque, non a strettissimo contatto con la sofferenza che arriva a Lourdes …

    R. – Non a strettissimo contatto nel senso che non stiamo, per esempio, nell’ospedale, però il vescovo di Tarbes e Lourdes ci ha chiesto anche una suora infermiera per il Pronto soccorso a Lourdes. Siamo contente perché potremo completare il nostro carisma, perché il nostro carisma a Lourdes è proprio quello di fare quello che faceva Bernardette: Bernardette era anche infermiera. In ogni caso, noi siamo a contatto con i pellegrini nella Via Crucis e sui passi di Bernardette: ci sono gli ammalati anche là …

    D. – Si gravita intorno alla sofferenza ma si lavora per la speranza e per amore: che significa? Cosa ci racconta?

    R. – La sofferenza, a Lourdes, cambia volto. Io sono stata in Messico, ho avuto anche la gioia di aprire una comunità in Costa Rica, ho girato un po’. Ho visto molte altre sofferenze. Ma la sofferenza a Lourdes cambia volto: è più facile chiamarla una sofferenza che assomiglia a Gesù Risorto, più che a Gesù Crocifisso. Gli ammalati vengono a Lourdes – sono loro che lo dicono – per chiedere il miracolo della guarigione; se lei li vede dopo … Noi domandiamo: “Che avete fatto? Avete chiesto la grazia alla Madonnina?”. E in tanti rispondono: “Sì, suora, dopo tante sofferenze abbiamo chiesto la grazia di far star bene gli altri!”. Non è una sofferenza disperata, come si vede al di fuori dei cancelli di Lourdes: e questo è vero! Noi lo vediamo! Molta gente viene e mi dice: “Suora, che faccio, che chiedo alla Madonna? Devo andare alla Grotta, e cosa devo dire?”. E io dico: “No, figlia mia, no, sorella mia, no, figlio mio: vai alla Grotta e fai un occhiolino alla Madonna: Lei sa tutto!”.

    D. – Suor Leonia, quante siete nel mondo?

    R. – Siamo circa 250-300, però grazie a Dio abbiamo molte vocazioni. Speriamo che il Signore ce ne dia ancora di più …

    D. – Si è concluso il Capitolo generale delle Immacolatine. I progetti per il futuro, le speranze, le attese...

    R. – Vogliamo aprirci ad un’altra realtà. Siamo aperte alla realtà di Brasile, Costa Rica, Messico, Francia … vogliamo aprirci anche ad un’altra realtà più povera come in Indonesia, in Africa … Questo ha deciso il Capitolo generale.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    India: il 29 agosto tutte le Chiese cristiane celebreranno la “Giornata dei martiri indiani”

    ◊   Ricordare tutti i martiri cristiani che sono morti per amore di Cristo e del Vangelo: con questo obiettivo, tutte le Chiese in India hanno indetto una “Giornata dei martiri cristiani indiani” da celebrarsi l’ultima domenica di agosto, quindi, per quest’anno, il 29. “Facciamo uno sforzo – afferma mons. Anil Couto, vescovo di Jalandhar e presidente della Commissione per l’Ecumenismo della Conferenza episcopale dell’India (Ccbi) – per ricordare coloro che sono morti nel nome di Gesù Cristo. Il martirio è la forma più alta dell’espressione dell’amore. Celebrare questa giornata non significa canonizzare un santo, ma ricordare il sacrificio di essere testimoni di Cristo”. “La vita coraggiosa dei martiri – continua il presule – è l’eredità della Chiesa e noi vogliamo preservarla per le generazioni future. Essa non ha valore solo per la Chiesa cattolica, ma anche per tutte le Chiese e le comunità ecclesiali”. Dal suo canto, il responsabile del segretariato per l’Ecumenismo della Ccbi, padre Pushpa Anbu, ricorda l’Enciclica di Giovanni Paolo II, Ut unum sint, siglata nel 1995, e aggiunge: “Bisogna ricordare l’importanza di coloro che hanno sacrificato la propria vita per la fede, in ogni confessione cristiana. Già in passato, simili iniziative hanno avvicinato la gente a Cristo. Speriamo e preghiamo affinché tali sforzi siano compiuti in tutte le Chiese e le comunità dell’India”. (I.P.)

    inizio pagina

    Kenya. Appello delle Chiese cristiane dopo il referendum costituzionale

    ◊   Ad una settimana dal referendum che ha portato all’approvazione della nuova Costituzione con il 62% dei voti favorevoli, il Consiglio nazionale delle Chiese in Kenya (Ncck) ha diffuso una nota in cui traccia un bilancio della consultazione elettorale. È noto come la Chiesa keniana si sia fortemente battuta, nei mesi scorsi, affinché il testo proposto per la riforma della Costituzione venisse modificato, in particolare nei punti riguardanti la legalizzazione dell’aborto e il riconoscimento dei tribunali civili musulmani. Ma le modifiche richieste non sono state effettuate e la Carta sottoposta a referendum non è, quindi, ben vista dalle Chiese locali. “Rimaniamo dell’idea – si legge nella nota del Ncck – che la Costituzione adottata nel Paese dovrebbe promuovere la giustizia, l’equità e la pace. Nei mesi scorsi, abbiamo sottolineato i punti che necessitavano di una revisione prima del referendum. Ciò non è avvenuto”. Pur riconoscendo e rispettando il risultato referendario, quindi, le Chiese keniane ribadiscono: “Le controversie devono essere risolte. Vogliamo credere che il governo manterrà la promessa fatta prima del referendum, ovvero che le questioni in sospeso sarebbero state chiuse subito dopo il voto”. Dal suo canto, il Ncck si impegna a “contribuire pienamente agli sforzi che verranno compiuti per risolvere le controversie, secondo le regole della nuova Costituzione”. Poi, le Chiese keniane si congratulano con i cittadini per il contesto pacifico in cui si è svolto il referendum: “Ciò è segno di maturità democratica – scrivono nella nota – e dimostra che i keniani, d’ora in poi, potranno votare e vivere in pace. Per questo, chiediamo a tutti i cittadini di resistere sempre alla tentazione dell’uso della violenza per esprimere le proprie posizioni nel contesto politico”. Allo stesso tempo, il Ncck esorta tutti “i protagonisti del referendum, inclusa la Chiesa, a sanare le ferite, riconciliare il Paese e consolidare i successi raggiunti”. Ma è arrivato il momento di ricostruire il Kenya, dicono le Chiese locali, e questa ricostruzione deve basarsi su una Costituzione che diffonda “giustizia, equità, pace e prosperità”. Per questo, “per evitare discussioni al momento della revisione della Carta”, il Ncck richiama la necessità di includere tutti i cittadini nel processo di emendamento della nuova Costituzione: “Lanciamo un appello – si legge ancora nella nota – affinché le preoccupazioni dei 2,7 milioni di keniani che hanno votato ‘No’ siano tenute in considerazione”. Negli ultimi due paragrafi, la dichiarazione del Ncck si sofferma, inoltre, su due temi fondamentali: l’educazione civica e l’unità del Paese. “È di fondamentale importanza – scrivono le Chiese keniane – realizzare strutture che insegnino l’educazione civica, in modo che i keniani comprendano i diritti e i doveri dettati dalla nuova Costituzione”. A questo proposito, il Ncck rende noto di avere creato un Comitato apposito per un’attuazione della Carta che veda l’effettiva partecipazione di tutta la popolazione. Quanto all’unità, le Chiese keniane ricordano che la nuova Costituzione “lega tutti i cittadini, a prescindere dal voto dato durante il referendum. Per questo, si esorta il governo a mettere in atto procedimenti ed organismi inclusivi per l’attuazione della Carta. Escludere una qualunque parte di keniani da tali processi non porterà altro che risentimento e metterà a repentaglio la volontà del Paese nell’applicare con successo la nuova Costituzione”. Di qui, l’appello a tutti i cittadini “a mantenere un interesse vivo e una partecipazione attiva nella stesura di una legislazione giusta che, approvata poi dal Parlamento, faccia entrare in vigore la nuova Carta”. Infine, il Ncck chiede a tutti i keniani di prendere atto che “il referendum è stato fatto” e che, quindi, è giunto il momento di “emendare i temi controversi” contenuti nella nuova Costituzione. Chiedendo, poi, “il rispetto della legge in ogni occasione”, il Consiglio delle Chiese conclude: “Come cristiani, ribadiamo il nostro totale impegno ad un ruolo profetico nella vita del Paese”. Le ultime righe della dichiarazione contengono una preghiera a Dio affinché benedica il Kenya. (A cura di Isabella Piro)

    inizio pagina

    La denuncia dei missionari: la guerriglia in Congo, pretesto per lo sfruttamento delle risorse

    ◊   “La guerra che le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (Fardc) stanno conducendo contro i ribelli rwandesi delle Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (Fdlr) e ugandesi dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) e dell’Adf-Nalu non convince più nessuno per varie ragioni” afferma una nota inviata a Fides dalla “Rete Pace per il Congo”, promossa dai missionari che operano nel Paese. “Per quanto riguarda la regione di Beni-Lubero, si nota che gli attacchi contro i ribelli stranieri sono condotti come se questi ultimi vivessero tra la popolazione congolese, sia nelle città che nei villaggi. E' così che si cercano i ribelli stranieri nelle case e nei campi degli autoctoni, con tutte le conseguenze che tale procedura comporta: estorsioni, stupri, furti e saccheggi. I militari congolesi sono inviati sul campo detto di battaglia senza fornirli di un salario sufficiente, provviste alimentari e alloggio. Di conseguenza, migliaia di militari sono costretti a vivere a spese delle popolazioni già stremate da 14 anni di guerra. La domanda che ci si pone è quella di sapere chi è il vero obiettivo delle operazioni Ruwenzori: se le popolazioni congolesi o i ribelli stranieri” afferma la nota. Inoltre il comando delle operazioni militari è affidato ad ufficiali che facevano parte della guerriglia che mirava a staccare le regioni dell’est dal resto del Congo. I crimini di guerra commessi da questi militari non sono mai sanzionati né indagati. Infine, i ribelli stranieri ai quali si stando la caccia “resistono da 15 anni alle truppe della Monuc o Monusco (le due Missioni dell’Onu in Congo) e ai vari eserciti rwandese, ugandese, sudanese e congolese. Se, da una parte, finora l'opzione militare non è stata efficace, dall’altra, l'Onu non vuole organizzare una tavola rotonda di pace con i rappresentanti dei ribelli, per cercare insieme le modalità che possano condurre alla pace” afferma la nota. “Si può quindi dedurre che non c’è alcuna volontà politica per risolvere la questione dei gruppi armati stranieri. Al contrario, essi sono mantenuti, appoggiati e utilizzati dalle multinazionali e dai governi di alcuni Paesi limitrofi per mantenere quella situazione di insicurezza che permette lo sfruttamento illegale delle risorse minerarie della Repubblica Democratica del Congo e, in futuro, una eventuale divisione del Paese in vari piccoli Stati” conclude la nota. Il rischio di “balcanizzazione” del Paese, ovvero di smembramento del Congo in Stati più piccoli (e quindi facilmente controllabili da interessi stranieri), è stato più volte denunciato dai vescovi congolesi.

    inizio pagina

    Congo: operatori cattolici dei mass media chiamati a comunicare nella verità secondo il Vangelo

    ◊   Gli operatori cattolici dei mass media sono chiamati a comunicare nella verità con coraggio, secondo lo spirito del Vangelo e conformemente alle opzioni pastorali, senza alcuna paura della tecnologia numerica: è quanto ha detto mons. Edouard Kisonga, vescovo ausiliare della diocesi di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, che ha presieduto venerdì scorso la Messa di chiusura del seminario delle Commissioni diocesane delle Comunicazioni sociali della provincia ecclesiastica di Kinshasa. Ai partecipanti riuniti dal 3 agosto al Centro Theresianum di Kitambo, nella capitale congolese, il presule ha rivolto inoltre l’incoraggiamento ad aiutare i vescovi nella pastorale. L’incontro è stato organizzato perché gli operatori del settore comunicazioni sociali potessero condividere le loro esperienze a servizio dell’evangelizzazione e del popolo di Dio. Ricordando le parole del Papa nel messaggio per la 44.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, il segretario della Commissione episcopale delle comunicazioni sociali (Cecos), padre Jean-Baptiste Malenge, ha sottolineato che la sfida più grande per i comunicatori oggi è quella della conversione come incontro intimo del congolese con Cristo; quindi ha presentato gli obiettivi dell’evangelizzazione attraverso i mass media. Durante il seminario si è discusso dei diversi mezzi di comunicazione usati nella provincia ecclesiastica di Kinshasa, del regolamento della Cecos e della missione e dei compiti che spettano alle commissioni delle comunicazioni sociali. (T.C.)

    inizio pagina

    Perù: 300 missionari laici inviati nei villaggi sulle Ande

    ◊   Nell’ambito della Missione Continentale nell'arcidiocesi peruviana di Trujillo, 300 laici delle parrocchie della costa sono stati inviati in 120 villaggi della Sierra Trujillo (la zona sulle Ande), con lo scopo di condividere il messaggio del Vangelo di Gesù Cristo con i fratelli agli estremi della giurisdizione ecclesiastica. I discepoli e missionari – riferisce l’agenzia Fides - sono partiti Domenica 1° agosto, dopo una Messa e una cerimonia d'invio da parte dei rispettivi parroci. I missionari, giovani e adulti si sono preparati da tempo con grande entusiasmo per vivere questa esperienza di missione. I missionari sono latori di una lettera di saluto firmata dall'arcivescovo di Trujillo, mons. Miguel Cabrejos Vidarte, e dal vescovo ausiliare, mons. Javier Travieso. Nella lettera, indirizzata in particolare ai fedeli delle Ande, si chiede agli stessi di ricevere con gioia i messaggeri di Dio e accogliere con devozione il messaggio del Vangelo. La grande missione dell'arcidiocesi nella zona delle Ande del dipartimento della Libertad rientra nell’ambito del programma della Missione permanente dell'arcidiocesi di Trujillo. La Missione permanente fa parte della Missione continentale del Perù, il cui scopo è quello di andare incontro ai fedeli e annunciare la Buona Novella del Vangelo. Il dipartimento della Libertad, è l’unico dipartimento del Perù che comprende le tre regioni del Paese, Costa, Sierra (Ande) e Selva (foresta), ed è caratterizzato da profonde differenze geografiche. Alcune delle località andine, nella zona di Huamachuco, per esempio, si trovano a 3.200 metri sul livello del mare.

    inizio pagina

    Bolivia: i bambini protagonisti dell’annuncio del Vangelo

    ◊   Si è svolto dal 5 all’8 Agosto a Riberalta, nel dipartimento di Beni nella Regione Nord-Est della Bolivia, alla frontiera con il Brasile, il Congresso della Esam (Escuela de Animacion Misionera). Lo slogan del Congresso è stato "Missionario con Cristo: ascolta, impara ed annuncia con i bambini". Al Congresso ha partecipato un gran numero di bambini, adolescenti e di animatori di 3 Vicariati: Reyes, Pando e Beni. Lo scopo dell’incontro era di continuare il progetto di formazione e animazione missionaria, in modo che le diocesi siano anche esse corresponsabili di questo compito che finora è stato quasi esclusivamente affidato alla Conferenza Episcopale e alle Pontificie Opere Missionarie. Nella nota inviata alla agenzia Fides, suor Cilenia Rojas, coordinatrice delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) presso la Conferenza Episcopale Boliviana (Ceb) afferma: “E' importante, far conoscere che in questo Incontro d’Animazione Missionaria come in quelli precedenti, sia stato di primordiale importanza l'impegno dei direttori diocesani, suor Diva Schneider (Vicariato Di Pando), suor Ana Maria (Vicariato di Beni) e suor Rosane Padova (Vicariato di Reyes), che hanno partecipato all'incontro. Dobbiamo sottolineare il loro impegno, il loro lavoro e il loro servizio come un segno per condividere e arricchire la nostra responsabilità nella missione”. Suor Rosane ha commentato: "E' stata una bella esperienza, siamo andati con una delegazione di 12 bambini e adolescenti, suor Golda e la sottoscritta in rappresentanza del vicariato di Reyes, la cosa più interessante è stato potere condividere con altre parrocchie, un’esperienza che ci ha arricchito molto." “Vogliamo rafforzare ulteriormente la preparazione alla missione con il supporto dei direttori diocesani. In questo incontro non solo abbiamo avuto un momento di studio ma abbiamo vissuto soprattutto un momento d'incontro con Gesù Cristo” conclude Suor Cilenia.

    inizio pagina

    Lettera del cardinale Tettamanzi alla famiglia della filippina uccisa a Milano

    ◊   In una lettera alla famiglia di Emlou, la donna filippina massacrata a pugni per strada a Milano lo scorso 6 agosto, l'arcivescovo della città, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha chiesto che venga celebrata una Messa di suffragio sabato mattina 14 agosto presso la Chiesa parrocchiale del SS. Redentore: qui si riunisce la stessa comunità che frequentava la signora Emlou. Un episodio – ha sottolineato il porporato – che deve spingere tutti a riflettere sul fatto che “accorgersi e intervenire per aiutare non è mai intromissione in vicende private, ma segno di legami sociali veri e forti”. L’assassinio, infatti, è stato ancora più sconvolgente in quanto durante l’aggressione, nessuno si è fermato per aiutare la vittima. “Esprimere – nella preghiera, con la vicinanza, con l’aiuto materiale – la propria solidarietà a chi è nel dolore, non è atto superfluo ma indice di appartenenza, condivisa, alla città”. Tra le riflessioni, il cardinale Tettamanzi si è soffermato sull’esempio di laboriosità di questa signora che – insieme alla sua famiglia – ha lasciato le Filippine per cercare lavoro a Milano. Si tratta di una vera e propria testimonianza della “presenza operosa, discreta e onesta di tanti immigrati nella nostra città, impegnati spesso nei lavori più umili, in molteplici e insostituibili servizi a beneficio diretto di tante persone”. Nella lettera non manca un pensiero per l’assassinio Oleg Fedchenko, affinché “possa egli maturare consapevolezza del male commesso e della sofferenza causata, così che giunga ad esprimere con sincerità il proprio pentimento e la propria volontà di riparazione”. “Questo – secondo il porporato – sarà il primo passo necessario per poter intraprendere il percorso di reinserimento nella vita della società”. (C.F.)

    inizio pagina

    Cresce la spiritualità del pellegrinaggio in Polonia

    ◊   Il pellegrinaggio è diventato una forma di “cultura sociale, comunitaria” in Polonia. Sono tra le 400 e le 500 mila le persone che nel Paese ogni anno partecipano a pellegrinaggi a piedi verso vari Santuari. I dati sono stati pubblicati dall’Istituto di geografia della religione dell’Università Jagellonica di Cracovia. La metà raggiunge Jasna Gora (Czestochowa) – il più famoso Santuario nazionale mariano del Paese (4 milioni di visite ogni anno, di cui 400 mila sono di stranieri). In tutta la Polonia esistono 500 santuari con una tradizione di pellegrinaggi (di questi sono 430 i Santuari mariani). Alcuni sono nuovi ma sempre più popolari, come quello di Łagiewniki (Santuario della Divina Misericordia di Cracovia), oppure il Santuario mariano di Lichen. Ma i polacchi sempre più volentieri camminano anche verso luoghi di culto all’estero, specialmente la Terra Santa e Santiago de Compostela. I pellegrinaggi vengono compiuti a piedi, in pullman, con biciclette, o a cavallo. Raggiungono i vari luoghi di culto 7-8 milioni di polacchi all’anno (il 15 per cento della popolazione). Mentre il 5 per cento di tutti i pellegrini cristiani del mondo sono polacchi (20 per cento in Europa). Molto popolari in Polonia sono i pellegrinaggi di specifici gruppi pastorali, come quelli di studenti, di lavoratori, di ascoltatori di Radio Maria ecc. Il Santuario di Jasna Gora è particolarmente affollato il 3 maggio (solennità della Regina della Polonia, quando arrivano soprattutto studenti e giovani che si preparano per l’esame di maturità) e il 15 agosto, quando per la Solennità dell’Assunzione arrivano a piedi numerosi gruppi dal nord del Paese (specialmente da Varsavia). (A cura del Programma polacco)

    inizio pagina

    L’Onu lancia l’Anno Internazionale della Gioventù sul tema del dialogo

    ◊   ”L’Anno Internazionale della Gioventù 2010” viene lanciato oggi dalle Nazioni Unite, a New York, con un evento organizzato da diverse agenzie Onu, alla presenza di leader politici, rappresentanze giovanili, attivisti ed artisti. Adottata dall’Assemblea Generale il 18 dicembre 2009, l’iniziativa si protrarrà fino al’11 agosto 2011 intorno al tema “Dialogo e comprensione reciproca” e all’insegna del motto “Il nostro Anno, la nostra voce”, con l’obiettivo di incoraggiare la piena ed efficace partecipazione dei giovani in tutti gli ambiti della società e di promuovere la solidarietà intergenerazionale. Un’altra delle finalità perseguite è quella di incrementare tra i giovani la percezione delle sofferenze sociali e di stimolarli a concorrere attivamente al raggiungimento degli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio”. Si chiede al contempo a governi, università e settore privato di rafforzare l’impegno per lo sviluppo integrale della gioventù e di sostenere iniziative per la partecipazione giovanile ai processi decisionali. Tra le numerose iniziative organizzate nei prossimi mesi è in particolare da segnalare la “Conferenza mondiale della Gioventù”, in programma a León (Messico) nei giorni 23-27 agosto 2010. Ai temi del dialogo e della comprensione interculturale ed intergenerazionale è anche dedicata la Giornata Internazionale della Gioventù, osservata ogni 12 agosto dalla famiglia delle Nazioni Unite. (M.V.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Russia: opposizione in piazza per l'emergenza incendi

    ◊   Opposizione russa in piazza nel tardo pomeriggio per chiedere le dimissioni del sindaco di Mosca, Iuri Luzhkov, ma anche quelle del governo guidato dal premier Vladimir Putin, accusati di non aver saputo affrontare adeguatamente l'emergenza caldo e incendi, che sta affliggendo da tempo la Russia europea. L'iniziativa è stata vietata dal Comune con il pretesto che nella piazza di fronte al municipio c'è un monumento storico, quello a Iuri Dolgoruki, il leggendario principe fondatore di Mosca. Da parte sua, il leader del Cremlino Dmitri Medvedev ha revocato lo stato di emergenza in tre delle sette regioni colpite dagli incendi. Il servizio di Fausta Speranza.

    Uno dei gruppi dell’opposizione, l’associazione Solidarnost, punta il dito contro Putin, ricordando la sua controversa riforma del codice forestale nel 2007 che – dicono - ha cancellato la guardia forestale e il sistema centralizzato di controllo anti-incendio delle foreste. Putin è già stato contestato, anche in modo aggressivo, in alcuni incontri avuti con le popolazioni colpite dai roghi. L'opposizione, finora censurata dai media, in particolare dalle tv di Stato, chiede il ritorno all'elezione dei governatori, ora nominati direttamente dal Cremlino e quindi – si dice - sottratti al principio della responsabilità di fronte alla popolazione. Guardando a Mosca oggi, la nuvola di fumo sembra dissipata ma resta una forte carenza di ossigeno: quasi 4 volte (3,7) al di sotto della soglia abituale. Per quanto riguarda gli incendi, che finora hanno divorato oltre un milione (1,1) di ettari di foreste, secondo il ministero delle Risorse Naturali, il numero complessivo dei roghi è passato da 578 a 545, ma gli incendi importanti sono saliti da 100 a 107. Resta critica la situazione a Sarov, 500 km a est di Mosca, dove il traffico ferroviario è stato interrotto per combattere le fiamme che minacciano il centro di ricerca nucleare militare. Le autorità russe intervengono per assicurare che il livello di radioattività nel Paese non ha superato la norma con gli incendi boschivi, neppure nelle zone contaminate dall'incidente nucleare di Cernobyl. L'allarme era stato lanciato ieri dall'agenzia federale per il servizio di sorveglianza forestale, che aveva rivelato come incendi avessero colpito sin da metà luglio le zone contaminate da Cernobyl, in particolare nella regione sudoccidentale di Bransk, al confine con l'Ucraina. E purtroppo si segnala oggi che anche al di là del confine, in territorio ucraino, sono in fiamme almeno due ettari di territorio: si tratta della località di Sosnivka, che sta a 60 km a nord di Kiev e a 60 km a sud dalla centrale di Cernobyl.

    La Casa Bianca ribadisce il ritiro delle truppe in Iraq entro la fine 2011
    Il ritiro delle truppe americane in Iraq dopo la fine del 2011 sarà pressochè totale. Lo ha chiarito l’alto funzionario della Casa Bianca, Anthony Blinken, dichiarando che dopo il 2011 “l’Iraq dovrà fare da solo, perché nel Paese resteranno al massimo alcune decine di soldati a protezione dell’Ambasciata”. Blinken ha inoltre ribadito che in Iraq l’impegno degli Stati Uniti sarà invariato per quanto riguarda le attività di addestramento, di sicurezza e vendita di equipaggiamento, ma entro il 31 agosto si ritireranno secondo le previsioni. Il capo dell’esercito iracheno Babaker Zebari afferma che l’Iraq non è pronto al ritiro degli Usa nel 2011, perché l’addestramento del suo corpo armato sarà completato solo nel 2020. “Se i politici me lo chiedessero - dichiara Zebari - direi loro che gli americani devono restare fino a quando l’esercito dell’Iraq non sarà pronto.”

    Marocco: smantellata una cellula di 18 terroristi, pianificava attacchi
    Il ministero degli Interni marocchino ha annunciato di aver smantellato un gruppo di 18 uomini sospettati di organizzare attentati contro gli interessi nazionali e stranieri in Marocco. In una nota diffusa dal ministero, si legge che tre dei 18 membri della “cellula terroristica” sono ex detenuti già condannati per coinvolgimento in fatti di terrorismo. Dopo gli attentati di Casablanca del 16 maggio 2003, erano stati oltre duemila i terroristi di ispirazione islamica, arrestati e processati in Marocco.

    Israele: inchiesta sul blitz della marina alla flottiglia di attivisti filopalestinesi
    L'Alta Corte di Giustizia di Israele, che funge anche da Corte Suprema, ha imposto oggi allo Stato di discutere entro il 29 agosto l'inclusione di almeno una donna al fianco dei cinque membri della Commissione di inchiesta sul mortale blitz della marina alla flottiglia di attivisti filopalestinesi, il 31 maggio scorso. Durante il blitz nove passeggeri della nave turca Mavi Marmara furono uccisi. L'ordine della Corte è stato emesso dopo la risposta del premier che aveva detto al tribunale “di non ritenere giustificata una nuova discussione sull'argomento in seno al governo”. Anche il presidente della commissione, l'ex giudice dalla Corte Suprema Yaacov Tyrkel, aveva espresso il parere che l'aggiunta di una donna in questa fase dei lavori, dopo le deposizioni del premier, del ministro della Difesa e del capo di Stato maggiore, avrebbe solo rallentato l'operato della commissione. L'Alta Corte di Giustizia ha stabilito al tempo stesso che l'ordine sarà revocato se lo Stato dimostrerà di essersi rivolto ad almeno cinque donne, entro i limiti di tempo stabiliti, ricevendo da queste una risposta negativa. Nel frattempo la commissione potrà continuare i lavori. La decisione della Corte giunge dopo un ricorso di organizzazioni femministe israeliane che avevano chiesto l'inclusione di almeno una donna nella commissione in nome del principio dell'eguaglianza tra i sessi.

    Comitato dell’Onu sulla discriminazione razziale in Australia
    Dopo le accuse di violazione di diritti umani contro aborigeni e richiedenti asilo da parte delle organizzazioni non governative, l’Australia è comparsa a Ginevra davanti al Comitato dell’Onu sull’eliminazione delle discriminazione razziale. Il Comitato ha suggerito che l’Australia concluda un trattato con la popolazione indigena che assicuri l’aderenza ai suoi impegni sui diritti umani. Il comitato ha poi espresso preoccupazione per la prosecuzione dell’intervento federale, che per oltre due anni ha imposto restrizioni sull’impiego dei sussidi sociali e sospeso le norme antidiscriminazione nelle remote comunità aborigene. Sotto esame anche il trattamento dei profughi provenienti da Sri Lanka e Afghanistan e la discriminazione contro i richiedenti asilo che arrivano via mare, rinchiusi in centri di detenzione. L’ambasciatore australiano presso l’Onu, Peter Woolcott, ha identificato, da quando il governo laburista è stato eletto nel 2007, una serie di sviluppi significativi in materia di affari indigeni e di accoglienza dei profughi.

    Critiche dal Comitato Onu alla Francia: sotto accusa alcune norme di sicurezza
    Il Comitato dell'Onu per l'eliminazione delle discriminazioni razziali (Cerd), nel suo rapporto di valutazione, ha criticato le posizioni del governo francese in materia di sicurezza, per quanto riguarda in particolare il trattamento riservato a rom e nomadi e l'ipotesi di revocare la cittadinanza agli stranieri naturalizzati che si macchiano di crimini contro l'incolumità delle forze dell'ordine. La situazione, sottolineano gli esperti del Cerd, è ancora più preoccupante perchè queste affermazioni “problematiche” da parte dei leader politici francesi arrivano in un momento in cui nel Paese emerge “una recrudescenza notevole di razzismo e xenofobia”. “Quel che manca in Francia - ha sintetizzato il relatore del rapporto, l'americano Pierre-Richard Prosper - è una vera volontà politica” di lottare contro le discriminazioni. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e di Elisa Castellucci)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 224

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina