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Sommario del 08/08/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • No alla sete di dominio, sì alla logica dell’amore di Dio: così il Papa all’Angelus
  • Santiago de Compostela e i giovani: nelle parole del cardinale Ryłko
  • Oggi in Primo Piano

  • Nel Pakistan alluvionato, dramma e solidarietà
  • Crisi in Nepal. Il vicario apostolico: mentre i politici si dividono la gente muore di fame
  • Due anni fa la guerra tra Russia e Georgia per l'Ossezia del Sud
  • Accordo Ecuador-Onu per preservare la foresta amazzonica dagli interessi petroliferi
  • L'impegno dell'Associazione Rondine per promuovere la pace in Caucaso
  • L’arcivescovo di Perugia ai giovani: le vacanze, tempo di riposo, in cerca di Dio
  • Chiesa e Società

  • Centenario del decreto “Quam singulari Christus amore”: la riflessione del cardinale Antonio Cañizares Llovera
  • A Caltagirone, in Sicilia, si chiude l'anno celebrativo dedicato a don Luigi Sturzo
  • L'Associazione "I Pellegrini" di Verona in cammino verso Roma
  • Domani la Giornata mondiale dedicata ai popoli indigeni
  • In Australia, una maratona per favorire la diffusione della Bibbia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Esondazioni nel nord-ovest della Cina: almeno 127 morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    No alla sete di dominio, sì alla logica dell’amore di Dio: così il Papa all’Angelus

    ◊   Il differente valore della persona e delle cose e l’invito a sperare in Dio: al centro della riflessione del Papa alla recita dell’Angelus a Castelgandolfo, durante la quale ha ricordato i Santi che verranno celebrati in questa settimana. A partire da San Domenico di Guzman che la Chiesa celebra oggi. Poi i saluti in varie lingue accolti da cori particolarmente festosi. Il servizio di Fausta Speranza:

    “Il nostro cuore viene aperto ad una speranza che illumina e anima l’esistenza concreta”: così il Papa parla dell’incontro con Dio, dell’incontro con il Vangelo:

    “Abbiamo la certezza che 'il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova'".

    Avere fiducia in Dio è capire il valore che ogni persona ha agli occhi di Dio. Non è – spiega il Papa – lasciarsi andare al disimpegno. “Gesù nel Vangelo di oggi attraverso tre parabole – sottolinea Benedetto XVI - illustra come l’attesa del compimento della «beata speranza», la sua venuta, deve spingere ancora di più ad una vita intensa, ricca di opere buone: «Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma».

    “E’ un invito ad usare le cose senza egoismo, sete di possesso o di dominio, ma secondo la logica di Dio, la logica dell’attenzione all’altro, la logica dell’amore”.

    E Benedetto XVI ricorda i Santi che la Chiesa celebra in questa settimana, ricordando che “hanno impostato la loro vita proprio a partire da Dio e in vista di Dio”.

    “Oggi ricordiamo san Domenico di Guzman fondatore, nel XIII secolo, dell’Ordine Domenicano, che svolge la missione di istruire la società sulle verità di fede, preparandosi con lo studio e la preghiera. Nella stessa epoca santa Chiara di Assisi, - di cui faremo memoria mercoledì -, proseguendo l’opera francescana, fonda l’Ordine delle Clarisse. Ricorderemo il 10 agosto il santo diacono Lorenzo, martire del III secolo, le cui reliquie sono venerate a Roma nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Infine, faremo memoria di altri due martiri del Novecento che hanno condiviso il medesimo destino ad Auschwitz. Il 9 agosto ricorderemo la santa carmelitana Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, e il 14 agosto il sacerdote francescano san Massimiliano Maria Kolbe, fondatore della Milizia di Maria Immacolata. Entrambi hanno attraversato l’oscuro tempo della Seconda Guerra Mondiale, senza perdere mai di vista la speranza, il Dio della vita e dell’amore.”

    Dopo la recita della preghiera mariana, i saluti in varie lingue. In francese il ricordo di Abramo e Sara, “modelli di credenti, esempio di come la fede feconda l’esistenza cristiana”. In inglese l’invito a ricordare che “tanto abbiamo ricevuto dalla bontà di Dio e tanto ci sarà richiesto di donare”. In polacco un pensiero “ai partecipanti al Pellegrinaggio a piedi di Cracovia, nonché al Pellegrinaggio accademico di Varsavia, i quali per la trentesima volta si incamminano verso quel santuario nazionale”.

    Poi il saluto in italiano:

    "Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana. In particolare mi rivolgo ai gruppi giovanili di Grumolo Pedemonte, San Martino di Lupari e Sondrio, ed auspico che le importanti esperienze formative di questi giorni possano portare abbondanti frutti spirituali. A tutti auguro una buona domenica."

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    Santiago de Compostela e i giovani: nelle parole del cardinale Ryłko

    ◊   Si è concluso questa mattina a Santiago de Compostela, con una solenne celebrazione eucaristica, presieduta dal cardinale Stanisław Ryłko, presidente per il Pontificio Consiglio per i Laici, il pellegrinaggio ed incontro dei giovani. E ieri sera alla veglia di preghiera, che si è svolta nello stadio di San Lazzaro, grande entusiasmo per i giovani presenti. Tra i momenti più emozionanti della serata l’arrivo della croce della prossima Giornata mondiale della gioventù e l’Adorazione eucaristica. Marina Tomarro ha intervistato il cardinale Stanisław Ryłko, che ha guidato la veglia.

    R. – Questo incontro ha un profondo significato. Innanzitutto ha voluto mandare un forte messaggio a tutta la Spagna e a tutta l’Europa, che il cammino di Santiago non è un reperto storico di un passato remoto, ma è qualcosa di vivo, di vivo anche oggi; ha tanto da offrire agli uomini e alle donne e soprattutto ai giovani di oggi. Ai giovani pellegrini di oggi ho rivolto un grande appello: prima di tutto, di farsi testimoni di tutto ciò che hanno vissuto qui a Santiago in questi giorni. Ma questo non basta, ho rivolto un altro appello: di farsi apostoli, di incoraggiare gli altri giovani, di non dimenticare questo importante appuntamento con il successore di Pietro, che avrà luogo l’anno prossimo a Madrid. E ho terminato il mio discorso proprio con un invito: “Hasta luego a Madrid”. Quindi, ci vediamo tutti a Madrid. Non dovete mancare.

    D. – Quindi, da Santiago a Madrid, al prossimo incontro dei giovani nel 2011?

    R. – Sicuramente sì. Questo incontro è per così dire una Gmg in miniatura, che deve trovare la sua espressione ancora più significativa intorno al successore di Pietro. E devo dire che il Santo Padre ha tanta fiducia nei giovani: è convinto che anche questa volta i giovani daranno una risposta forte e convincente.

    D. – I giovani sono venuti qui a Santiago, nella Casa del Señor Santiago. Che importanza ha, allora, la figura di San Giacomo oggi? In che modo i giovani lo possono prendere come esempio da poter seguire?

    R. – E’ un esempio e anche una provocazione per i giovani di oggi, che devono confrontarsi con la sua storia, con il suo incontro con Gesù Cristo e con la sua risposta alla chiamata che ha ricevuto da Cristo. Questo è un insegnamento attualissimo in tutti i tempi, per tutti noi battezzati: sentirsi chiamati alla sequela di Cristo. Questa testimonianza dell’apostolo conserva la sua attualità e la sua forza persuasiva anche oggi, perché i giovani che vengono qui si sentono interpellati da questo esempio dell’apostolo, interpellati e spinti a porsi delle domande, delle domande serie sul proprio essere cristiani, sul proprio rapporto personale con Cristo.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi in Primo Piano



    Nel Pakistan alluvionato, dramma e solidarietà

    ◊   Non c’è tregua all’agonia del popolo pakistano, messo in ginocchio dalle forti piogge monsoniche che da giorni flagellano il Paese. Le vittime del maltempo - è l’ultima stima delle Nazioni Unite - sarebbero almeno 1600 e oltre 15 milioni le persone variamente colpite dalle peggiori alluvioni che il Paese ricordi. Ma i metereologi rinnovano l’allarme per le regioni del sud, ricche di fiumi ed esposte al pericolo-inondazioni: 1300 i villaggi a rischio, mentre le autorità chiedono alla popolazione di abbandonare l’intera area. Oggi il premier pakistano, Yousuf Raza Gilani, in visita nel distretto meridionale di Sindh, ha lanciato un appello alla comunità internazionale: “Il governo ha fatto tutto il possibile, ma la situazione va oltre la nostra immaginazione”. Da Rawalpindi, nel nord, a 20 km dalla capitale Islamabad, la testimonianza di Stella John, raccolta da Claudia Di Lorenzi:

    R. – C’è una parrocchia a Nowshera, che è una città che è andata sotto l’acqua, a circa 200 km da qui. Il vice parroco è un giovane sacerdote che è stato ordinato solo due anni fa e mi ha raccontato che ci sono 400 famiglie cattoliche che lui conosce, che si trovano tutte in un campo, senza nulla, senz’acqua. Lui sapeva di un ragazzo cattolico che è morto e diceva di non sapere di altri per fortuna. Ma ci sono tantissime famiglie e persone che hanno perso tutto. Diceva che sono appena arrivate due famiglie che piangono, perché erano rimaste isolate in montagna. Arrivando l’acqua, infatti, tanti sono scappati verso l’alto e poi però, con l’acqua in mezzo, sono rimasti isolati per giorni, non essendoci più strade per tornare e per trovare qualcosa da mangiare e qualcuno che li potesse aiutare.

    D. – Come procedono i soccorsi? Quali sono le maggiori necessità?

    R. – Anche la Caritas si sta organizzando per mandare aiuti. Le strade sono pericolose. Il parroco diceva che giorno e notte sta andando dietro alle famiglie. Abbiamo saputo che anche la Nunziatura sta mandando aiuti. Stiamo cercando di mobilitare anche il nostro Movimento dei Focolari. Possiamo mettere insieme delle cose e portarle. Il parroco diceva che in questo momento la gente ha anche bisogno di essere ascoltata. Raccontava che una mamma gli si è attaccata al collo e gli ha detto di avere perso tutto e che sua figlia doveva sposarsi ad ottobre e tutta la dote che aveva preparato ora non c’è più. Un’altra signora gli ha raccontato di averci messo 80 anni per farsi una casa e adesso non ha più altri 80 anni. Dice che la gente è distrutta e che ha bisogno di qualcuno che venga ad ascoltare, di poter comunicare il dolore agli altri. Abbiamo saputo che un’organizzazione, la World Vision International, come anche l’Onu, si stanno organizzando e che anche piccoli gruppi cercano di andare e stare loro vicino.

    D. – Ci sono particolari testimonianze di solidarietà?

    R. – Oggi è domenica e tutti i parroci hanno fatto un annuncio nelle chiese. Le persone ora si stanno mettendo a disposizione per aiutare a portare le cose e i soldi. Una famiglia mi ha detto proprio poco fa di essere andata a trovare queste persone e di avere visto che si trovavano tutti in un campo, cristiani e musulmani insieme, e che si aiutavano fra di loro. Qui nessuno vede più né cristiani né musulmani, tutti sono pronti ad aiutare tutti. Sono momenti che uniscono il Paese in un senso di fratellanza. Il dolore è di tutti.

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    Crisi in Nepal. Il vicario apostolico: mentre i politici si dividono la gente muore di fame

    ◊   Ad oltre un mese dalla caduta del governo, continua la crisi politica nella giovane Repubblica del Nepal. Per la quarta volta in due settimane, il parlamento provvisorio non è riuscito a eleggere un primo ministro a causa delle forti divisioni tra i partiti politici. La milizia maoista, da parte sua, ha annunciato una nuova campagna di reclutamento considerata una violazione agli accordi di pace. In questa crisi, a soffrire è soprattutto la popolazione civile, in particolare a Nord della capitale Kathmandu. Ma cosa fanno le autorità nepalesi per la gente? Emer McCarthy lo ha chiesto al vicario apostolico del Nepal, mons. Anthony Francis Sharma:

    R. – Nothing is happening and our people...
    Non sta succedendo nulla e la nostra gente sta morendo per mancanza di cibo. I nostri ministri non hanno tempo per questo, vogliono solo occupare la poltrona e questo è molto, molto penoso. Quanto andrà avanti questo gioco? Per quanto riguarda le altre parti, i maoisti non creano le condizioni per un governo civile. E solo con un governo civile si può avere un sostegno. I maoisti sono sicuri di sé, avendo le armi, e questo è un problema. Loro si lamentano del fatto che il governo non accetti i loro suggerimenti riguardo la conduzione del Paese. Ma la gente non ha più fiducia nei maoisti: dicono una cosa e poi fanno esattamente l’opposto. Quindi, questo al momento è il problema. Il processo di pace deve essere portato avanti e deve essere scritta la Costituzione, ma nessuno è interessato a farlo.

    D. – La Chiesa in Nepal è sempre stata in prima linea nel cercare di aiutare la società più povera. Lei ha parlato di persone che muoiono per mancanza di cibo…

    R. – Yes, because in some places...
    Sì, perché in alcune zone del Nepal, ad est ed ovest, non hanno nemmeno l’erba da mangiare. Molte persone, sfollate in seguito alla guerra, non possono tornare a casa e vivono ancora nelle tende. La popolazione di Kathmandu sta esplodendo e i contadini si stanno dirigendo a Kathmandu in cerca di un lavoro. Le cose stanno andando di male in peggio: rapimenti, furti, violazioni di domicilio. Non c’è più controllo. Il governo non si preoccupa di quello che sta accadendo. Le persone vengono uccise ovunque. Se dici qualcosa di negativo corri il rischio di venire ucciso. La gente ora vuole ordine nella società, ma non c’è ordine nel governo che non si occupa di quello che sta succedendo alla popolazione a nord di Kathmandu.

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    Due anni fa la guerra tra Russia e Georgia per l'Ossezia del Sud

    ◊   Oltre 1.500 morti e decine di migliaia di sfollati. Questo il tragico bilancio della guerra tra Russia e Georgia, scoppiata esattamente due anni fa, nella notte tra il 7 e l’8 agosto 2008, quando l’esercito di Tbilisi attaccò la capitale della regione indipendentista dell'Ossezia del Sud. Le motivazioni di questo conflitto, durato soli 10 giorni, sono di vecchia data e riguardano l’Ossezia, la cui parte meridionale che si trovava in Georgia era intenzionata a ricongiungersi con la parte settentrionale che si trovava in Russia. Oggi, il presidente russo Dimitri Medvedev ha compiuto una visita non annunciata in Abkhazia. A distanza di 2 anni, molti sono i problemi ancora irrisolti, soprattutto sul fronte dei profughi. Sulla situazione, attuale, Salvatore Sabatino ha sentito Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto dell’area ex sovietica:

    R. - Naturalmente la questione tra Russia e Georgia non è assolutamente chiusa ed è tantomeno facile che si possa chiudere se consideriamo il fatto che in quella regione ci sono interessi che travalicano il confronto tra la grande Russia e la piccola Georgia. Ci sono interessi internazionali che ovviamente complicano ed acuiscono la situazione.

    D. - Oggi come sono i rapporti tra Mosca e Tbilisi?

    R. - La Russia ha un interesse molto forte a conservare l’influenza sullo spazio ex-sovietico, ma la Georgia ha un forte appoggio da parte degli Stati Uniti e di una larga parte della Comunità internazionale e quindi questa situazione di stallo, in qualche modo, non può essere forzata più di tanto. D’altra parte quello che successe con la guerra è anche la dimostrazione che più di tanto contro la Russia non si può osare, perché il presidente Saakashvili pensava di forzare la mano e si sono visti poi i risultati. Una convivenza non pacifica, quindi, ma obbligata!

    D. – Il cessate il fuoco fu reso possibile dalla mediazione del presidente francese Sarkozy, che guidava in quel semestre l’Unione Europa; gli Stati Uniti non nascosero, invece, il loro appoggio alla Georgia…

    R. - I casi sono due: o Saakashvili è incontrollabile, o perlomeno era incontrollabile da parte degli Stati Uniti - e questo è un po’ difficile pensarlo - oppure i consiglieri, molti consiglieri militari americani presenti in Georgia nel 2008 sapevano cosa si stava preparando. L’una e l’altra prospettiva sono piuttosto poco onorevoli, perché se è vero che la Russia in tutti questi anni ha - come dire - “versato benzina sul fuoco” di questa crisi per tenerla viva, è anche vero che il bombardamento sui civili fu iniziato dalle truppe georgiane di Saakashvili.

    D. - Ossezia del Sud ed Abkhazia si auto-proclamarono indipendenti, non ricevendo però il consenso della Comunità internazionale che immaginavano. Oggi qual è la situazione su questo fronte?

    R. - Mosca ha riconosciuto queste due Repubbliche - o pseudo Repubbliche - che sono state messe sotto la protezione del Cremlino, che non ha mutato di moltissimo la situazione, se non appunto nei confronti della Georgia. Un’ulteriore situazione di guerra stavolta potrebbe essere affrontata dalla Russia con una certa - si fa per dire - legittimità. Certo è che se allarghiamo un pochino lo sguardo, non ci sono molte ragioni per dire che il Kosovo sia così entusiasticamente riconosciuto e l’Abkhazia no. Vorrei ricordare che l’Abkhazia chiese l’indipendenza dalla Georgia prima che la Georgia chiedesse quella dall’Unione Sovietica.

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    Accordo Ecuador-Onu per preservare la foresta amazzonica dagli interessi petroliferi

    ◊   Preservare la foresta amazzonica rinunciando all’estrazione di petrolio. E’ questo l’accordo firmato nei giorni scorsi tra il governo dell’Ecuador e le Nazioni Unite per tutelare la biodiversità del parco dello Yasunì, sotto la cui superficie sono state stimate ingenti quantità di greggio. Il governo di Quito riceverà tre miliardi e seicentomila dollari dalla comunità internazionale per compensare la mancata estrazione. Michele Raviart ne ha parlato con Marica di Pierri della Ong “A Sud”, che ha promosso il progetto in Italia:

    R. - Si tratta di scegliere di non estrarre il petrolio in questo Parco Nazionale dello Yasunì, dichiarato dall’Unesco riserva mondiale della biosfera. Quindi, chiedere ai Paesi industrializzati di contribuire, versando attraverso l’acquisto di bond emessi dal governo ecuadoriano, la metà di quello che il governo avrebbe guadagnato qualora avesse scelto di estrarre all’interno del parco.

    D. – Questo progetto è patrocinato dalle Nazioni Unite, ma com’è stato accolto dai singoli Paesi?

    R. – Questa firma storica, di questo accordo tra l’Ecuador e le Nazioni Unite, è senz’altro il primo passo che permetterà di rimettere alla prova le adesioni degli altri Paesi. La Germania ha accettato di versare 50 milioni di dollari ogni anno per 13 anni, anche la Svezia, la Spagna, la Francia e la Svizzera hanno espresso il loro sostegno. La proposta non è aperta soltanto ai governi, ma anche alle organizzazioni, alle associazioni, quindi, ci potrebbe essere anche un sostegno dal basso.

    D. – Così come dal basso e dalla società civile è partita tutta questa idea...

    R. – Questa proposta è frutto esclusivamente dei movimenti sociali e delle organizzazioni della società civile, lanciata dal basso e raccolta da un governo che sa sedersi ad ascoltare le proposte che vengono da una base che ha una lunga storia, tra l’altro, di rispetto ambientale...

    D. – Dal Parco dello Yasunì può nascere un nuovo modello di sviluppo ecologicamente sostenibile...

    R. – Il cammino verso un cambiamento di paradigma di sviluppo è molto lungo. Se “green economy” vuol dire riuscire a scegliere di non estrarre in vista di una considerazione condivisa, per cui è più importante conservare un luogo a così alta biodiversità perché è un bene comune di tutta l’umanità, ci piace la “green economy”. Se, invece, la “green economy” è ripetere in una maniera ambientale più sostenibile lo stesso modello selvaggio in cui il profitto è il parametro più importante nelle valutazioni economiche, politiche e sociali, allora senz’altro la strada da fare è davvero ancora lunga.

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    L'impegno dell'Associazione Rondine per promuovere la pace in Caucaso

    ◊   Si è chiuso nei giorni scorsi ad Ankara, in Turchia, il “viaggio di amicizia” intrapreso dall’Associazione Rondine Cittadella della Pace per promuovere i 14 punti per la pace nel Caucaso. Ma perché è stata promossa una simile iniziativa in favore del Caucaso? Risponde al microfono di Luca Collodi il presidente dell’associazione Rondine Franco Vaccari:

    R. – Intanto, come sempre si dice, è una regione dimenticata, cioè una parte che ritorna alla ribalta nei giornali e nelle prime pagine solo a seconda di quanto sangue scorra in quella terra. Invece si vede che ci sono società in grande movimento, ci sono contraddizioni fortissime, c’è una grandissima voglia di Europa, a cui forse non corrisponde altrettanta attenzione da parte europea. Società in grande trasformazione, in fermento, dove c’è una gioventù meravigliosa che attende però di uscire da quelle terre e di incontrare i nostri mondi culturali, per poter essere protagonisti del loro futuro.

    D. – Che cosa avete riportato a casa?

    R. – Certamente grande attenzione, grande favore...

    D. – Che cosa avete proposto voi come Rondine?

    R. – La via dell’educazione, la via dei giovani e delle nuove generazioni. C’è un diritto dei giovani di vivere il proprio futuro. Non si può scippare il futuro alle nuove generazioni. Allora, anche nei luoghi di conflitto e di guerra, come nell’Abkhazia, nell’Ossezia del Sud, nel Nagorno Karabakh, questi giovani hanno diritto di poter sviluppare il loro futuro. Questa è un’azione che è stata riconosciuta. Quindi, noi non entriamo dentro alle questioni politiche, non decidiamo nulla – siamo nulla in questo senso – però siamo qui per la voce dei giovani, perché se c’è una risorsa da mettere in campo per uscire dall’attuale situazione di conflitto è il sogno delle future generazioni. E questo ci è stato riconosciuto. Abbiamo siglato tanti accordi con tutte le autorità accademiche e politiche, perché Rondine abbia la possibilità di accogliere dai territori di conflitto giovani, universitari o neo laureati, che possano diventare le punte avanzate delle classi dirigenti caucasiche del futuro.

    D. – Voi avete chiuso questo viaggio in Turchia, incontrando addirittura il Patriarca Bartolomeo I e anche il vice muftì ad Istanbul, e avete coinvolto due elementi religiosi, gli ortodossi e gli islamici, in questo percorso di pace nel Caucaso, perché?

    R. – Bartolomeo I, che è una persona straordinaria, ha chiesto immediatamente di poter entrare addirittura come uno degli elementi che garantiscono una selezione alta dei giovani che verranno a Rondine dalla Turchia. Quindi si è come costituito una sorta di filo, tra Roma e Costantinopoli. Poi, l’incontro con il vice muftì, che è stato formidabile, per come ha compreso l’esperienza di Rondine e per come ha salutato questa attenzione. Perché sappiamo che la Turchia sta giocando un ruolo grandissimo. E’ un punto di equilibrio e di forti tensioni, dove si mescolano elementi occidentali europei con elementi asiatici; c’è il mondo musulmano in fermento. Proprio questo impegno con una prospettiva di dialogo che apra e responsabilizzi questa terra al ruolo che può giocare, anche nei conflitti del Caucaso, ci è sembrato sia stato molto apprezzato. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    L’arcivescovo di Perugia ai giovani: le vacanze, tempo di riposo, in cerca di Dio

    ◊   Agosto, tempo di vacanze per eccellenza. Le città si svuotano, mentre si riempiono i luoghi di villeggiatura. Ieri numerose arterie stradali italiane sono rimaste intasate con decine di chilometri di code. Il rischio, a volte, è che lo stress della vita quotidiana contagi anche le ferie. Sulla bellezza e sul significato del riposo nelle vacanze, l’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti ha scritto una lettera ai giovani. Federico Piana lo ha intervistato:

    R. - Ho detto prima di tutto ai ragazzi che il riposo ci mette in cerca di Dio, perché ci dà la possibilità di poter riflettere, di poter rientrare in noi stessi e, quindi, proprio nell’intimo di noi stessi cercare Dio. Il riposo, però, è anche occasione di esercizio di volontariato. Se penso alle nostre parrocchie, a tutto quello che fanno gli animatori, i catechisti, gli scout, che animano tutto il mondo dei ragazzi e degli adolescenti, allora le vacanza diventano un momento prezioso di riposo, un momento di ricerca di Dio ed anche l’esercizio di una carità attraverso il volontariato, che in altri tempi dell’anno è molto più difficile poter esercitare.

    D. - Come possiamo anche noi - e quindi non solo giovani, ma anche adulti - mantenere lo sguardo rivolto verso il Signore quando siamo in vacanza? Sappiamo che le vacanze ci distolgono un po’ dall’essere vicini al Signore…

    R. - E’ il Signore stesso che dice “Venite da me e riposatevi un po’”. Il riposo - se è vero riposo e se non è certamente passare la vita in situazioni sfrenate oppure soltanto di svago e basta - ci fa riscoprire il gusto del vivere. Quando noi riscopriamo il gusto del vivere, che abbiamo smarrito nel caos metropolitano, nel frastuono delle musiche assordanti, possiamo veramente recuperare anche uno spazio per il silenzio e per la preghiera. Io credo che veramente sia legato al concetto di sano riposo anche questo fatto di riscoprire un nuovo gusto per la vita e per tutte le cose belle della vita e naturalmente c’è anche il rapporto con il Signore e con la preghiera. Nella calma crescono anche le relazioni, perché solo nel silenzio si capiscono anche le voci più significative che abitano il nostro cuore e si capiscono meglio anche le necessità degli altri. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Centenario del decreto “Quam singulari Christus amore”: la riflessione del cardinale Antonio Cañizares Llovera

    ◊   Nel centenario del decreto “Quam singulari Christus amore”, con cui Papa Pio X abbassava a 7 anni l'età per la prima comunione, il card. Antonio Cañizares Llovera, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, ha riportato l’accento sulla predilezione, lo sguardo amorevole, l’attenzione e la sollecitudine con cui la Chiesa guarda ai bambini. “Con questo decreto – è il messaggio del porporato - Pio X, il grande e santo Papa della pietà e della partecipazione eucaristica, con il desiderio di rinnovamento ecclesiale che ispirò il suo pontificato, insegnò a tutta la Chiesa il senso, il momento, il valore e la centralità della Santa Comunione per la vita di tutti i battezzati, compresi i bambini” e “sottolineava e ricordava a tutti l'amore e la predilezione di Gesù per i bambini poiché egli, oltre a farsi bambino, manifestò il suo amore verso di loro con gesti e parole. Al punto di dire: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”; “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”. Per questo – continua il cardinale Cañizares Llovera – la Chiesa “come madre amorevole, auspica che i suoi figli piccoli, i primi nel regno dei cieli, partecipino presto, con la debita disposizione, del dono migliore e più grande che Gesù ci ha lasciato in memoria sua: il suo corpo e il suo sangue, il pane della vita. Grazie alla Santa Comunione, Gesù in persona, Figlio unico di Dio, entra nella vita di chi lo riceve e prende dimora in lui”. La prima comunione dei bambini – ha poi spiegato - è come l'inizio di un cammino insieme a Gesù, in comunione con lui: l'inizio di un'amicizia destinata a durare e a rafforzarsi per tutta la vita con lui; l'inizio di un cammino, perché con Gesù, uniti senza separarci, procediamo bene e la vita diventa buona e gioiosa; con lui dentro di noi possiamo essere senza dubbio persone migliori. La sua presenza tra noi e con noi è luce, vita e pane nel cammino. L'incontro con Gesù è la forza di cui abbiamo bisogno per vivere con allegria e speranza”. Un regalo del Cielo, “il più grande” dice il porporato, di cui tutti hanno bisogno, per nutrire l’anima, crescere e maturare nelle nostre vite. “Di fronte a quanto sta accadendo con i bambini e all'ambiente così avverso in cui crescono – conclude il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino - non priviamoli del dono di Dio: può essere, è, la garanzia della loro crescita come figli di Dio, generati dai sacramenti dell'iniziazione cristiana in seno alla Santa madre Chiesa. La grazia del dono di Dio è più potente delle nostre opere, e dei nostri piani e programmi”. (C.D.L.)

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    A Caltagirone, in Sicilia, si chiude l'anno celebrativo dedicato a don Luigi Sturzo

    ◊   A 50 anni dalla morte di don Luigi Sturzo, sacerdote, fondatore del Partito Popolare Italiano, si è chiuso ieri l’anno celebrativo indetto dalla diocesi di Caltagirone, in Sicilia, per ricordare la figura dello statista, scomparso nel 1959, di cui è in corso il processo di beatificazione. La politica è sempre e solo servizio “che unisce e costruisce” mai “potere che invece prevarica e divide” ha ricordato nella Santa Messa di ieri l'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha riproposto la figura di don Sturzo come esempio per gli italiani ed in particolare per i politici. Per monsignor Amato la “politica come attività di servizio” è uno dei tre pilastri della sempre attuale “profezia politica” di don Sturzo. Gli altri due sono “l'affermazione che la vera vita è quella dello spirito, per cui la vita di grazia non è una sovrapposizione ma una trasformazione dell'esistenza e dell'attività umana”, e la “considerazione che il Cristianesimo è l'unica vera rivoluzione della storia umana, perché edifica senza distruggere, rinnova nella continuità, promuove la comunione”. “La lettura della vita e degli scritti di don Sturzo – ha ricordato nell’omelia mons. Amato - mi ha fatto scoprire uno straordinario ministro di Dio, che ha coniugato Vangelo e politica, traducendo il suo ministero sacerdotale in carità politica”. “La sua opera e le sue intuizioni – ha aggiunto - sarebbero ancora di grande ispirazione per tutti, soprattutto per coloro che desiderano tradurre la verità evangelica nella concretezza dell'azione sociopolitica”. Per il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, l'impronta sacerdotale dell'azione sturziana “fa sì che né la politica né l'economia possano essere promotrici di bene comune se lo spirito del servizio non prevale sulla materia del potere”: don Sturzo “fece irrompere il soprannaturale nella politica. E solo così l'azione politica rivela tutto il suo potenziale di bene comune e di giustizia”. (C.D.L.)

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    L'Associazione "I Pellegrini" di Verona in cammino verso Roma

    ◊   Sono in cammino da ieri, diretti a Roma, in Piazza San Pietro, i 50 partecipanti al pellegrinaggio voluto dall’associazione “I pellegrini” di Verona. Impiegheranno circa tre settimane per raggiungere a piedi la capitale, con arrivo previsto il 28 agosto, prima di trasferirsi a Castel Gandolfo per partecipare alla recita dell’Angelus con Papa Benedetto XVI. A dieci anni dal primo pellegrinaggio a Roma, l’associazione ripropone l’iniziativa con il sostegno stavolta dell'Associazione Don Mario Urbani: ogni giorno il Padre Spirituale dell'associazione leggerà la parola di Dio e darà lo spunto per la riflessione giornaliera. L’associazione “I pellegrini” é nata in seguito al Giubileo del 2000, quando è stato organizzato il primo pellegrinaggio a piedi da Verona a Roma, e nel corso degli anni i soci hanno percorso diversi sentieri culturali-religiosi tra i quali "il Cammino di Santiago", i Cammini di San Francesco, il cammino Canterbury-Roma, la" Via Francigena europea", il pellegrinaggio in Israele, nel 2008, da San Giovanni d'Acri a Gerusalemme, passando per Cafarnao, Tiberiade e Gerico, e nel 2009, da Kavala-Filippi-Appolonia-Salonicco-Atene fino a Corinto. (C.D.L.)

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    Domani la Giornata mondiale dedicata ai popoli indigeni

    ◊   Favorire il benessere dei popoli indigeni e consolidare i rapporti con loro, nel rispetto delle tradizioni, la storia, la cultura, i loro diritti. E’ l’obiettivo della Giornata Internazionale dei popoli indigeni che si celebra domani 9 agosto per iniziativa dell’ONU. Per l’occasione il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha lanciato un appello ai governi e alla società civile per intensificare gli sforzi volti a favorire il benessere dei popoli autoctoni del mondo, la loro integrazione e la conoscenza delle loro culture, delle storie, dei sistemi di valori. “I popoli indigeni – ha ricordato in un messaggio Ban Ki-moon - hanno conservato gran parte della storia culturale dell’umanità. Essi parlano la maggior parte delle lingue del mondo e hanno ereditato e trasmesso un bagaglio di conoscenze, forme artistiche e tradizioni culturali e religiose”. Tuttavia in molte aree del globo essi “sono ancora vittime del razzismo, delle cattive condizioni di salute e della povertà estrema. In molte società le loro lingue, religioni e tradizioni culturali sono stigmatizzate ed esecrate”. Il Segretario Generale dell’ONU ha quindi citato i dati del primo rapporto delle Nazioni Unite sullo 'Stato dei Popoli Indigeni nel Mondo', aggiornato a gennaio 2010, che riporta “statistiche allarmanti. In alcuni Paesi i popoli indigeni sono 600 volte più esposti al rischio di contrarre la tubercolosi rispetto al resto della popolazione. In altri, invece, un bambino indigeno muore 20 anni prima rispetto a un suo compatriota non indigeno”. Un dramma che richiama “i Governi e la società civile ad adempiere al loro impegno per migliorare le condizioni dei popoli indigeni in ogni parte del mondo”. E per offrire nuove occasioni di conoscenza dei popoli autoctoni quest’anno il tema della Giornata è stato dedicato ai produttori cinematografici indigeni, che – è l’auspicio di Ban Ki-moon - “ci danno la possibilità di affacciarci alle loro comunità, alle loro culture e alla loro storia. Il loro lavoro ci porta a conoscere sistemi di credenze e filosofie; coglie sia la vita quotidiana che lo spirito delle comunità indigene”. (C.D.L.)

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    In Australia, una maratona per favorire la diffusione della Bibbia

    ◊   Una maratona di 2mila chilometri, da Cairns a Stanthorpe nel Queensland, in Australia, per far sapere che ci sono 2mila lingue, in rappresentanza di 350 milioni di persone, che non hanno ancora la traduzione della Bibbia. Ideatori e protagonisti dell’iniziativa sono tre amici australiani, Andrew Sav, Andrew Carnell e Dave Carnell, che partiranno il 24 agosto e si fermeranno, dopo 80 giorni, l'11 novembre, Giornata della Memoria. E' possibile seguire la maratona, che ha raccolto il consenso dell'arcivescovo di Brisbane, mons. John Bathersby, sul sito www.the2000walk.com .(C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Esondazioni nel nord-ovest della Cina: almeno 127 morti

    ◊   Le piogge monsoniche non risparmiano neppure la Cina: nella notte si sono verificati smottamenti del terreno e inondazioni nella zona di Zhouqu, nel nord-ovest del Paese. Il bilancio è finora di 127 morti e 2000 dispersi. Il premier Wen Jiabao ha immediatamente lasciato Pechino per coordinare i soccorsi sul posto. Il servizio di Roberta Barbi:

    La pioggia è iniziata a cadere ieri sera intorno alle 22, poi, due ore dopo, l’inferno: una barriera di detriti sul fiume Bailong ne ha favorito l’esondazione ed è stata sommersa l’intera contea di Zhouqu, nella Prefettura autonoma tibetana di Gannan, provincia nord-occidentale del Gansu. Nell’area, circa 3000 km, c’erano villaggi abitati da 19mila persone. Gli smottamenti del terreno hanno inghiottito un’intera città, uccidendo almeno 127 persone, mentre i dispersi sono 2000. Il premier Wen Jiabao si è immediatamente recato sul posto per coordinare i soccorsi, particolarmente difficoltosi in un’area già di per sé montagnosa e di difficile accesso. Interrotte anche le comunicazioni telefoniche e l’elettricità, perché è stata distrutta una piccola centrale idroelettrica nella zona. Il presidente Hu Jintao ha fatto sapere di non risparmiare sforzi per cercare di salvare vite umane.

    Cina, sei minatori morti per fuga di gas
    Sono morti i 6 minatori rimasti intrappolati ieri da una fuga di gas in una miniera a Shifang, nella provincia occidentale cinese del Sichuan. Dopo aver estratto tutti i corpi, i soccorritori hanno interrotto le operazioni, grazie alle quali sono state messe in salvo 9 persone. Intanto si ha notizia di altri 7 minatori ancora intrappolati in un’altra miniera di carbone a causa di una fuga di gas, nella provincia autonoma nordoccidentale dello Xinjiang.

    Iraq, ancora attacchi terroristici nel Paese
    Non si fermano gli attentati in Iraq: stamani almeno 7 persone sono morte e 21 rimaste ferite nell’esplosione di un’autobomba nel centro di Ramadi, nella parte nordoccidentale del Paese. Intanto sale il bilancio dei morti del triplice attentato di ieri in un mercato di Bassora, seguito da un incendio che le autorità avevano inizialmente attribuito al corto circuito di un generatore. Sono 43 i corpi recuperati finora e 185 i feriti accertati, tra cui molte donne e bambini.

    Attentati in Afghanistan: altri 9 morti
    Almeno 4 poliziotti, tra cui una donna, sono rimasti uccisi in un attentato suicida compiuto attraverso un’autobomba, sulla strada verso l’aeroporto di Herat, nell’area in cui opera il contingente militare italiano. Nelle ultime 24 ore, inoltre, sono 5 i militari della Forza internazionale a comando Nato, Isaf, morti in Afghanistan: tre sono rimasti coinvolti nello scoppio di rudimentali ordigni esplosivi; due, invece, sono stati uccisi in un attacco degli insorti. Dei cinque militari, due erano danesi.

    Medio Oriente, la comunità internazionale per il rilancio del processo di pace
    A cinque giorni dalla nuova fiammata di violenze al confine tra Libano e Israele resta alta la tensione in tutto il Medio Oriente. Oggi il ministro degli Esteri iraniano ha annunciato che il presidente Ahmadinejad si recherà in Libano dopo la fine del Ramadan. Nuove minacce per lo Stato ebraico sembrano affacciarsi anche dalla Siria e dall’Egitto con i fratelli musulmani. Per rilanciare il processo di pace nella regione, il presidente statunitense Obama e il premier britannico Cameron, ieri hanno invitato israeliani e palestinesi ad “avviare colloqui diretti al più presto”. Per un’analisi della situazione Luca Collodi ha sentito Ianiki Cingoli, direttore del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente:

    R. - Certamente, c’è una situazione di isolamento anche internazionale di Israele che è pericolosa. Questo tentativo di ripresa negoziale, mi pare un elemento di grande rilievo ed importanza, così come è importante il fatto che Israele abbia accettato di prendere parte alla Commissione di inchiesta dell’’Onu sulla vicenda della Flottiglia e, quindi, l’incidente in cui è stata coinvolta la nave turca “Marmara”. Questo è un tentativo anche di riprendere i contatti con la Turchia, che anch’essa partecipa a questa Commissione di inchiesta. Vi sono elementi che non vanno in una sola direzione. Certamente ora occorre capire che la situazione mediorientale è una di quelle situazioni in cui non si può isolare solamente un elemento, puntando solamente sul negoziato israelo-palestinese, ma è necessario anche ancorarsi fortemente alla componente regionale, all’appoggio della Lega Araba, dimostrando anche che questo approccio negoziale è un approccio inclusivo e non esclusivo e quindi anche quelli che in questo momento non ne fanno parte - come la Siria e per certi versi lo stesso Hamas - debbono sapere che questo approccio non è un approccio contro di loro. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

    Corea del sud, rimpasto al governo
    Il presidente sudcoreano Lee Myung-Bak ha sostituito il premier e sette tra i più importanti ministri dell’esecutivo. Il nuovo premier nominato è Kim Tae-ho, che ora dovrà essere confermato dal Parlamento. È il terzo rimpasto del governo da quando il presidente è salito al potere, nel febbraio 2008.

    Sparisce peschereccio sudcoreano
    Ha cessato ieri di inviare segnali al suo porto di origine, Pohang, un peschereccio sudcoreano con a bordo sette persone. Secondo l’agenzia locale Yonhap, l’imbarcazione, sparita nelle acque della costa orientale della penisola, potrebbe essere stata catturata dalla Corea del nord.

    Due arresti in Indonesia, progettavano attentato al presidente
    La polizia indonesiana ha arrestato due miliziani islamici sospettati di organizzare un attentato contro il presidente Susilo Bambang Yudhoyono, da mettere in atto durante una sua visita nella provincia di Giava occidentale. Nella casa che avevano affittato sono stati ritrovate grandi quantità di prodotti chimici con i quali si è ipotizzato stessero preparando una bomba.

    Il Rwanda alla vigilia del voto
    Si apriranno domani mattina le urne in Rwanda, dove poco più di cinque milioni di persone, circa la metà della popolazione, è chiamata a eleggere il nuovo presidente. Per l’occasione, nei giorni scorsi sono arrivati nella capitale Kigali i membri della Commissione di osservatori dell’Unione africana, che resteranno nel Paese fino al 14 agosto, data in cui è prevista la pubblicazione dei risultati ufficiali. Data per scontata da più parti la riconferma di Paul Kagame, al potere dal 1994, quando pose fine al genocidio tra hutu e tutsi. Alle ultime elezioni, nel 2003, Kagame venne eletto con il 95 per cento dei consensi.

    Incendi in Russia, centinaia di persone in fuga da Mosca
    Cresce l’allarme per l’emergenza sanitaria a Mosca, dove tra il caldo torrido, gli incendi e la densa nuvola di fumo che la imprigiona, la situazione peggiora di giorno in giorno. Centinaia di persone stanno fuggendo dalla capitale e molti aeroporti sono in difficoltà; sconsigliati, dall’estero, i viaggi non necessari. Le conseguenze sono globali: dal turismo al blocco dell’export di grano fino all’inquinamento, ma ciò che preoccupa di più è la concentrazione di monossido di carbonio, superiore di 6.6 volte la soglia di sicurezza, e la crescita del tasso di mortalità in città. Il meteo lascia poche speranze: un cambiamento di vento arriverà solo tra martedì e mercoledì. Intanto, nelle ultime 24 ore si sono verificati 269 nuovi roghi, mentre sono stati spenti quelli intorno al sito nucleare militare di Sarov.

    Anniversario Marcinelle, il messaggio del Presidente Napolitano
    Un ricordo commosso delle vittime, ma anche un monito sul tema, sempre attuale, della sicurezza sul lavoro: è il messaggio del Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in occasione dell’anniversario del crollo nella miniera di carbone a Marcinelle, in Belgio, dove l’8 agosto 1956 morirono 262 lavoratori di 12 nazionalità, tra cui 136 italiani. Per celebrare l’anniversario è stata istituita la Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo.

    Grecia, terremoto a Creta
    Un sisma di magnitudo 4.8 sulla scala Richter si è verificato stamattina a sud dell’isola di Creta. Il terremoto, con epicentro in mare, è stato avvertito particolarmente sulla costa sud dell’isola e nel capoluogo, Heraklion. Non sono stati segnalati danni a persone e a cose. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 220

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