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Sommario del 06/08/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Festa della Trasfigurazione. Il Papa: guardare le cose del mondo con gli occhi di Dio
  • 32 anni fa la morte di Papa Montini. Benedetto XVI: testimone di speranza in tempi difficili
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Alluvioni in Pakistan. Mons. Saldanha: dramma devastante, milioni di persone inermi
  • 65 anni fa la bomba atomica su Hiroshima: il mondo ancora progioniero della minaccia nucleare
  • Migliaia di giovani in pellegrinaggio a Santiago de Compostela
  • Sentinelle del mattino: in missione sulle spiagge italiane per portare la Parola di Dio
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Kenya: appello a migliorare la nuova Costituzione
  • Allarme del Celam per disoccupazione e precariato in America Latina
  • Filippine: i pescatori chiedono l’aiuto dei vescovi contro il progetto del casinò di Manila
  • Australia: nominato il nuovo coordinatore nazionale della Chiesa siro-malabarese
  • Epidemia di rabbia nell’isola di Bali
  • Camerun: è emergenza sanitaria per l’epidemia di colera
  • Congo: si aggrava il bilancio delle vittime dell'esplosione a Sange
  • Bangladesh: la storia di Suor Zita, da anni a servizio delle donne perseguitate
  • 24 Ore nel Mondo

  • Italia. Berlusconi ai finiani: piano in 4 punti per evitare le elezioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Festa della Trasfigurazione. Il Papa: guardare le cose del mondo con gli occhi di Dio

    ◊   La Chiesa celebra oggi la Festa della Trasfigurazione del Signore. Una ricorrenza – spiegano le catechesi di Benedetto XVI – che c’invita a guardare le cose del mondo con la prospettiva di Dio. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Guardare le tenebre con gli occhi della luce: bisogna salire in alto per avere lo sguardo di Dio sulle vicende del mondo. Gesù “salì sul monte a pregare”, racconta il Vangelo odierno. “La montagna – sottolinea il Papa – è il luogo della vicinanza con Dio. E’ lo spazio elevato, rispetto all’esistenza quotidiana, dove respirare l’aria pura della creazione. E’ il luogo della preghiera”. E “la Trasfigurazione è un avvenimento di preghiera: pregando Gesù si immerge in Dio … e così la luce lo invade”: ma “non esce dalla storia, non sfugge alla missione per la quale è venuto nel mondo”:

    “Per un cristiano … pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore”. (Angelus del 4 marzo 2007)

    Sul Tabor, Pietro, Giacomo e Giovanni fanno un’esperienza eccezionale: contemplano la gloria del Figlio di Dio, pregustano un pezzetto di Paradiso; qui il grano è ormai separato dalla zizzania:

    “Si tratta in genere di brevi esperienze, che Dio a volte concede, specialmente in vista di dure prove. A nessuno, però, è dato di vivere ‘sul Tabor’ mentre si è su questa terra. L'esistenza umana infatti è un cammino di fede e, come tale, procede più nella penombra che in piena luce, non senza momenti di oscurità e anche di buio fitto. Finché siamo quaggiù, il nostro rapporto con Dio avviene più nell'ascolto che nella visione; e la stessa contemplazione si attua, per così dire, ad occhi chiusi, grazie alla luce interiore accesa in noi dalla Parola di Dio". (Angelus del 12 marzo 2006)

    Sarebbe bello rimanere sul Tabor. Ma si sale sul monte con Gesù per imparare a vedere il male con gli occhi del bene:

    "Qui è il punto cruciale: la trasfigurazione è anticipo della risurrezione, ma questa presuppone la morte. Gesù manifesta agli Apostoli la sua gloria, perché abbiano la forza di affrontare lo scandalo della croce, e comprendano che occorre passare attraverso molte tribolazioni per giungere al Regno di Dio”. (Angelus del 17 febbraio 2008)

    La Trasfigurazione è un forte invito ad entrare nella preghiera: solo un rapporto vero con Gesù ci mostra che “la vera bellezza è l'amore di Dio” che “sa trasfigurare anche l'oscuro mistero della morte nella luce irradiante della risurrezione”:

    “La preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso”. (Angelus del 4 marzo 2007)

    Sul mistero della Trasfigurazione ascoltiamo il commento di don Michele Giulio Masciarelli, preside dell’Istituto teologico abruzzese-molisano, al microfono di Federico Piana:

    R. – La prima osservazione che farei è che si tratta di un mistero manifestato. Questo corregge il nostro concetto di mistero come verità semplicemente impervia alla ragione. Il mistero cristiano si manifesta, è un mistero visto, guardato. E’, dunque, un atto, un atto trinitario di Dio, che viene sperimentato, perché ci sono testimoni.

    D. – Come si può attualizzare questa Festa, mons. Masciarelli?

    R. – La Chiesa ha bisogno della Trasfigurazione, come diceva Paolo VI che è morto proprio in questo giorno, ha bisogno di rifarsi le vesti nuove (le vesti di Gesù vengono trasfigurate, illuminate), ma soprattutto il volto nuovo. La Chiesa è quindi chiamata a questa trasfigurazione, che intanto è una trasfigurazione possibile. Questa è la prima cosa che direi: è una Festa di speranza, perché la Chiesa può trasfigurarsi, il singolo cristiano può trasfigurarsi. C’è questa bellissima pedagogia, che viene sottolineata da questa Festa: la fine illumina l’inizio e anche il frattempo. Questa è una Festa che anticipa la Pasqua, quasi a dire: se non sapessimo come finisce il tutto - che finisce nella gloria e che ci attende un Dio pieno di gloria e un Redentore glorificato, assiso alla destra del Padre, potente, glorioso e in grado di salvarci – non potremmo affrontare la croce, non avremmo la forza di traversare la difficoltà dell’esodo, le difficoltà e le umiliazioni, anche quelle che la Chiesa di oggi vive. E’ importante questa solennità, perché dà alla Chiesa la prospettiva mentre vive i suoi dolori. Direi inoltre che questa festa è importante anche perché ci indica nuovamente la via della bellezza: la via della bellezza per noi è necessaria. Senza bellezza non si vive. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    32 anni fa la morte di Papa Montini. Benedetto XVI: testimone di speranza in tempi difficili

    ◊   Trentadue anni fa moriva Paolo VI: era la sera del 6 agosto del 1978, a Castel Gandolfo, Festa della Trasfigurazione. Nell’occasione, una Solenne Eucaristia sarà celebrata oggi pomeriggio alle ore 17, nella Basilica Vaticana da mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano. A Papa Montini è legato in modo particolare, fin dai tempi del Concilio, Benedetto XVI, che più volte ha ricordato gli insegnamenti del suo amato predecessore e l’importanza del suo Magistero in tempi non facili per la Chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Un testimone della verità, una guida di anime, un uomo che “con coraggio indicò la strada dell’incontro con Cristo”. C’è molto Paolo VI nella vita e nel Magistero di Benedetto XVI. E’ lo stesso Papa, in visita a Brescia, terra natale di Montini lo scorso novembre, a parlare del suo legame di affetto e devozione per il suo predecessore che lo volle arcivescovo di Monaco e lo creò poi cardinale nel 1977:

    “Sento di dover a questo grande Pontefice tanta gratitudine per la stima che ha manifestato nei miei confronti in diverse occasioni”. (Discorso all’Istituto Paolo VI, Concesio, 8 novembre 2009)

    Un Papa coraggioso in tempi difficili, che mantenne salda la guida della Barca di Pietro in acque burrascose. Benedetto XVI indica nell’amore per Cristo il segreto della sua azione pastorale svolta con instancabile dedizione, “adottando talora decisioni difficili e impopolari”.

    “Amore che vibra con espressioni toccanti in tutti i suoi insegnamenti. Il suo animo di Pastore era tutto preso da una tensione missionaria alimentata da sincero desiderio di dialogo con l’umanità. Il suo invito profetico, più volte riproposto, a rinnovare il mondo travagliato da inquietudini e violenze mediante 'la civiltà dell’amore', nasceva da un totale suo affidamento a Gesù, Redentore dell’uomo”. (Discorso di Benedetto XVI ai membri dell'Istituto Paolo VI, 3 marzo 2007)

    Papa Montini “inventò” i viaggi internazionali, promosse il dialogo ecumenico e si impegnò per uno sviluppo autentico, “per la promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”. Fu Paolo VI, sottolinea Benedetto XVI, soprattutto il Papa che portò a compimento il Concilio Vaticano II, un merito “quasi sovrumano”:

    “Se infatti fu Giovanni XXIII a indirlo e a iniziarlo, toccò a lui, suo successore, portarlo a compimento con mano esperta, delicata e ferma. Non meno arduo fu per Papa Montini reggere la Chiesa nel periodo post-conciliare. Non si lasciò condizionare da incomprensioni e critiche, anche se dovette sopportare sofferenze e attacchi talora violenti, ma restò in ogni circostanza fermo e prudente timoniere della barca di Pietro”. (Discorso di Benedetto XVI ai membri dell'Istituto Paolo VI, 3 marzo 2007)

    Particolarmente violenti, rammenta il Pontefice, furono gli attacchi, dentro e fuori la Chiesa, che Paolo VI dovette fronteggiare per la pubblicazione dell’Humanae Vitae, Enciclica incentrata sull’amore coniugale responsabile:

    "Quel documento divenne ben presto segno di contraddizione. Elaborato alla luce di una decisione sofferta, esso costituisce un significativo gesto di coraggio nel ribadire la continuità della dottrina e della tradizione della Chiesa. Quel testo, spesso frainteso ed equivocato, fece molto discutere anche perché si poneva agli albori di una profonda contestazione che segnò la vita di intere generazioni”. (Discorso al Convegno sul 40.mo anniversario Humanae Vitae, 10 maggio 2008)

    “Generazioni che sono oggi alle prese con una vera “emergenza educativa”. Una sfida che conoscono bene i genitori, gli insegnanti e i sacerdoti. Anche qui, assicura Benedetto XVI, possiamo trovare in Papa Montini un modello da seguire:

    “L’educatore Montini, studente e sacerdote, Vescovo e Papa, avvertì sempre la necessità di una presenza cristiana qualificata nel mondo della cultura, dell’arte e del sociale, una presenza radicata nella verità di Cristo, e, al tempo stesso, attenta all’uomo e alle sue esigenze vitali”. (Discorso all’Istituto Paolo VI, Concesio, 8 novembre 2009)

    Cosa resta dunque oggi dello straordinario patrimonio di fede lasciato da Paolo VI? Benedetto XVI risponde citando uno scritto del giovane Montini, del 1931, una frase programmatica che sembra essere stata pronunciata dallo stesso Joseph Ratzinger: “Voglio che la mia vita sia una testimonianza alla verità”:

    “Maestro di vita e coraggioso testimone di speranza è stato questo mio venerato Predecessore, non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti. Ma, solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa; non ha perso mai la fiducia nei giovani, rinnovando loro, e non solo a loro, l’invito a fidarsi di Cristo e a seguirlo sulla strada del Vangelo”. (Discorso all’Istituto Paolo VI, Concesio, 8 novembre 2009)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un fondo di Lucetta Scaraffia dal titolo “A scuola dai chierichetti”.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il Pakistan, in balìa delle violenze e stremato dalle alluvioni.

    In cultura, un articolo di Antonio Filipazzi dal titolo “Il vescovo Pontefice che affrontò Napoleone”: Pio VII e la diocesi di Imola.

    Uno stralcio dal volume di Umberto Muratore “Rosmini per il Risorgimento. Tra unità e federalismo”.

    Che noia i musei italiani: Umberto Broccoli su didascalie e latinorum.

    Un articolo di Gianpaolo Romanato dal titolo “La Serenissima tagliò e il Papa lasciò correre”: come in soli quattro anni nel Seicento Venezia ridisegnò il delta del Po.

    Nell'informazione vaticana, intervista di Nicola Gori al vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro, nel trentaduesimo anniversario della morte di Paolo VI.

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    Oggi in Primo Piano



    Alluvioni in Pakistan. Mons. Saldanha: dramma devastante, milioni di persone inermi

    ◊   Oltre 1.500 vite umane e più di 4 milioni e mezzo di persone rimaste coinvolte. E’ il bilancio, ancora provvisorio, delle inondazioni che in questi giorni hanno colpito il Pakistan. Ingenti anche i danni materiali. Oltre 30 mila abitazioni sono state distrutte, 3 milioni sono i senza tetto, e molte strade risultano impraticabili. Più di 40 ponti sono crollati e scuole e ospedali sono stati sommersi dall’acqua. Il dramma delle inondazioni riguarda diverse aree del Paese come sottolinea l’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence John Saldanha, intervistato da Emer McCarthy, del programma inglese della nostra emittente:

    R. - The floods have hit…
    Le inondazioni hanno colpito in modo devastante un gran numero di persone. Sono cominciate nel nord del Paese, nell’area del Kashmir, del grande fiume Indo, dove sono caduti oltre 30 centimetri di pioggia in un giorno circa. Tutta quella pioggia ora sta scorrendo come un grande tsunami verso il mare e adesso si trova a Sindh. Ovunque sia passato, questo fiume si è portato via migliaia di case. E’ un disastro enorme, un evento devastante. Non abbiamo mai avuto una tale calamità prima d'ora e non sappiamo davvero dove cominciare, perché le persone si sentono travolte e impotenti.

    D. - La zona più colpita è la parte nordoccidentale del Pakistan. Come si cerca di intervenire in quell’area?

    R. - They're trying to set up camps...
    Si cercano di allestire dei campi, ma non sono bene organizzati ed equipaggiati. Servono elicotteri, che sono l’unica speranza di sopravvivenza per queste persone. Swat per esempio, è stata gravemente colpita e per questo ora stiamo cercando di distribuire tende e cibo nel nord-ovest. Stiamo cercando di fare qualcosa. Abbiamo paura che piova di nuovo. Al momento non sta piovendo, ma quello che vediamo sono i molti danni fatti alle strade, ai ponti e alle case. Le strade e le vie di comunicazione sono state molto colpite. Quindi, bisogna riaprire le strade come anche i ponti. Adesso le inondazioni hanno colpito il centro del Pakistan, Sindh, e la diocesi di Multan. Le alluvioni hanno devastato città e villaggi. Ho sentito che alcuni cattolici si sono spostati all’interno dell’area, dove gli è stato offerto un rifugio e dove un parroco si sta occupando di loro. Ho sentito parlare di centinaia di famiglie che sono state trasferite in quella zona. La commissione che si occupa dei disastri naturali è attiva nel nord e sta cercando di fare una stima dei danni.

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    65 anni fa la bomba atomica su Hiroshima: il mondo ancora progioniero della minaccia nucleare

    ◊   Più di 55 mila persone hanno partecipato oggi a Hiroshima alle celebrazioni per il 65.mo anniversario del lancio della bomba atomica sulla città giapponese. La cerimonia ha visto per la prima volta la partecipazione ufficiale di una delegazione degli Stati Uniti e di un segretario generale delle Nazioni Unite. Il servizio di Giuseppe d’Amato:

    “Fermiamo la proliferazione nucleare e costruiamo un vero processo che porti al disarmo”: è questo il messaggio che è stato lanciato ad Hiroshima alla cerimonia per il 65° anniversario del bombardamento atomico che provocò la morte di oltre 140 mila persone. L’ambiziosa data posta per il raggiungimento definitivo del bando delle armi nucleari è il 2020. La grande attesa di oggi era legata alla presenza per la prima volta in 65 anni alla cerimonia, di un segretario dell’Onu e di un rappresentante americano. Il segretario delle Nazioni Unite ha annunciato che convocherà in settembre una conferenza di alto livello sul disarmo, ma non ha fornito ulteriori particolari. Il primo pinistro giapponese si è impegnato a portare in tutte le sedi possibili, la questione della proliferazione nucleare, rivitalizzata dalle scelte del Presidente Obama rese note a Praga nell’aprile 2009. Il sindaco di Hiroshima gli ha però chiesto di uscire dall’ombrello nucleare americano. L’eliminazione delle armi atomiche, ha detto Ban Ki – moon in conferenza stampa, non è soltanto un sogno, ma è anche una cosa sensata.

    Prosegue dunque l’impegno della comunità internazionale per la non proliferazione nucleare ma le armi atomiche restano ancora oggi una minaccia per il mondo e l’umanità, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il presidente dell’Istituto di ricerche internazionali ‘Archivio Disarmo’, Fabrizio Battistelli:

    R. - L’arsenale nucleare, per esempio russo e americano, è ancora sovrabbondante. Sono migliaia e migliaia - cinque, sei, settemila a testa - le testate nucleari contenute negli arsenali. E’ un numero di gran lunga sufficiente a distruggere più volte il pianeta e comunque sovradimensionato rispetto alle stesse esigenze della deterrenza, cioè di quel principio strategico per cui si tiene l’arma come ultima “ratio” per dissuadere un nemico ad usarla o ad attaccare per primo.

    D. - E poi un altro rischio è quello rappresentato dalle organizzazioni terroristiche. Come arginare questa minaccia?

    R. - Qui siamo proprio di fronte ad una minaccia. Ci sono delle organizzazioni che in questo momento non hanno la capacità di utilizzare, per esempio, armi nucleari, ma potrebbero in futuro usare la cosiddetta arma nucleare sporca. Si tratta di una valigetta contenente esplosivo convenzionale e però anche scorie nucleari, in grado di innescare un processo di contaminazione dell’atmosfera, del territorio in una determinata area.

    D. - Sono passati 65 anni dal lancio della bomba atomica su Hiroshima, quale monito resta oggi?

    R. - Resta il monito dei limiti della potenza umana, che può, dal punto di vista militare, essere impiegata per scopi più o meno leciti, ma che mai deve superare un certo livello, persino nel pensiero strategico. Lo dice anche Clausewitz: quando i mezzi per la loro entità superano gli scopi, devono essere abbandonati. E l’arma atomica è un mezzo che deve essere abbandonato.

    D. - Questi mezzi devono essere abbandonati, ma restano ancora alti i rischi per l’umanità. Quali le principali minacce oggi?

    R. - Ci sono due tipi di minacce in campo nucleare. Da un lato c’è la minaccia della proliferazione, per cui sempre nuovi Paesi acquisiscono tecnologia nucleare che, in certi casi, può diventare bellica e, dall’altro, c’è il mancato disarmo.

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    Migliaia di giovani in pellegrinaggio a Santiago de Compostela

    ◊   “Come l’Apostolo Santiago amico del Signore”. E’ il tema della “Pej 2010”, il Pellegrinaggio-incontro dei giovani che si è aperto ieri pomeriggio a Santiago de Compostela. All’evento, che si concluderà domenica prossima, partecipano ragazzi provenienti in gran parte da diocesi spagnole e portoghesi: tanti anche i giovani giunti da altri Paesi europei. Ieri pomeriggio, il caloroso benvenuto di mons. Julian Barrio Barrio, arcivescovo di Santiago de Compostela, che ha accolto gli oltre 8 mila ragazzi riuniti nella Plaza del Obradoiro della città galiziana. Il servizio di Marina Tomarro da Santiago de Compostela:

    Un’esplosione colorata di gioia, di musica e canti che ha saputo però dare spazio anche alla preghiera e alla riflessione. “Mentre percorrevate il Cammino per giungere qui - ha spiegato mons. Barrio Barrio ai presenti - nel silenzio avete potuto leggere nella vostra anima. Vi siete chiesti chi è per voi Cristo e cosa voi rappresentate per Lui. Ora che siete giunti qui, guardate con speranza al vostro futuro: è il Signore che vi ha chiamato a fare questo pellegrinaggio. E il cammino non è terminato, il viaggio migliore comincia adesso, nella vostra vita!”. L’arcivescovo di Santiago de Compostela ha ricordato ai giovani la figura dell’Apostolo Giacomo, che si affidò completamente al Signore, cambiò la sua vita e arrivò fino ai confini della terra per annunciare il Vangelo, offrendo tutto se stesso, fino al sacrificio ultimo. Non dimenticando la presenza in questi giorni della Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù, che si svolgerà il prossimo anno a Madrid, il presule ha invitato i giovani a vivere questo momento come un anticipo gioioso del prossimo.

    Per una testimonianza su come i ragazzi stanno vivendo questa esperienza di fede, Marina Tomarro ha intervistato uno dei giovani pellegrini spagnoli:

    R. – E’ sempre una bella occasione per portare la fede nelle strade, per vedere che la Chiesa in Spagna ha ancora un volto giovane, che ha ancora futuro e ha ancora qualcosa da dire alla società. A volte ci troviamo in situazioni di confronto che ci fanno vedere questo orizzonte della fede, che alla fine è il vero orizzonte della realtà, e cioè che il cristianesimo in questa nostra terra è ancora presente, è ancora vivo e la fede ha ancora qualcosa da dire ai giovani, qualcosa da dire alle famiglie, qualcosa da dire alla società e alla costruzione della società. E allora questi momenti di incontro, come questo pellegrinaggio europeo, nel cuore dell’Anno Santo Compostelano, ci offre questa opportunità di testimoniare la fede davanti a tutti.

    D. – Queste giornate sono anche un invito ai giovani europei a partecipare l’anno prossimo alla Gmg di Madrid?

    R. – Sì, infatti, per noi è stata anche una prova. Da questo altoparlante di Santiago si alza la voce che chiama tutti gli europei e tutti i giovani del mondo a venire a Madrid l’anno prossimo.

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    Sentinelle del mattino: in missione sulle spiagge italiane per portare la Parola di Dio

    ◊   L’estate come occasione di evangelizzazione. E’questa la sfida delle “Sentinelle del mattino”, un gruppo di ragazzi provenienti da varie diocesi italiane, che si propone di portare la parola di Dio nei luoghi di villeggiatura. Michele Raviart ha intervistato don Andrea Brugnoli, promotore del progetto.

    R. – L’idea è molto semplice: risvegliare quel mandato missionario che ogni cristiano ha ricevuto il giorno del suo battesimo. D’inverno andiamo nei luoghi della movida, nelle piazze e nelle strade e d’estate invece cerchiamo di raggiungere i giovani, lì dove sono, quindi sulle spiagge e nei luoghi di divertimento.

    D. – Come avviene il contatto con i giovani e come vengono accolte le "Sentinelle del mattino"?

    R. – I giovani sono raggiunti da altri giovani. La risposta, il più delle volte, è davvero una sorpresa. Il nostro scopo non è quello di convincere le persone, ma semplicemente di raggiungerle con un invito molto semplice: “Dio non è arrabbiato con te, ti ama, ti perdona; è venuto a cercarti e questa sera se vuoi, puoi incontrarlo”. Ci sono oggi dei giovani che, due a due, come gli apostoli, vanno ad annunciare la loro fede, prendendosi dei giorni di ferie, non per se stessi e per il loro divertimento, ma per questo compito.

    D. – Chi sono i giovani evangelizzatori e da quali esperienze provengono?

    R. – Noi abbiamo in mezzo a noi moltissimi evangelizzatori, che abbiamo pescato proprio dalla strada, in situazioni talvolta di emarginazione, talvolta anche di sballo: gente che andava ad ubriacarsi, gente che non conosceva la fede, non conosceva il Signore e che gradualmente ha scoperto questa dimensione della vita. Oggi loro sono i migliori evangelizzatori, perché vanno a raccontare ai loro coetanei: “Guarda, anch’io ero come te”. E come diceva Giovanni Paolo II, cercando il divertimento, talvolta anche lo sballo, non sanno di cercare la fonte della bellezza e della gioia, che è proprio Gesù.

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Kenya: appello a migliorare la nuova Costituzione

    ◊   Rispetto per l’esito del voto, ma un appello a migliorare la nuova Costituzione. Così, in sintesi, la Conferenza episcopale del Kenya (Kec) commenta il referendum del 4 agosto, che ha visto l’approvazione della riforma della Carta costituzionale. Una riforma fortemente criticata dalla Chiesa locale, che nei mesi scorsi si è fortemente battuta affinché il testo proposto venisse modificato. Tra i punti più controversi contenuti nel documento e combattuti dalla Kec, la legalizzazione dell’aborto e il riconoscimento dei tribunali civili musulmani. “Rispettiamo l’esito del referendum, in cui la maggior parte dei keniani ha votato sì alla nuova Costituzione – scrivono i vescovi in una dichiarazione, a firma del cardinale John Njue, presidente della Kec – tuttavia, la verità e la giustizia non sono numeri. Perciò, come pastori incaricati di dare una guida morale al nostro popolo, ribadiamo ancora una volta la necessità di pensare ai temi etici, mancanti in questa nuova Costituzione. Questo argomento non può essere messo a tacere”. “Come vescovi cattolici – scrive ancora la Kec – abbiamo fatto la nostra parte prima del referendum, sensibilizzando la popolazione sul pericolo di approvare una Costituzione che non rispetta i nostri principi morali”. Quindi, i presuli sottolineano di aver pregato per “una buona Costituzione, una Costituzione che rispettasse il diritto alla vita, difendesse la libertà religiosa nelle sue legittime manifestazioni e sostenesse la famiglia come la più importante istituzione della società”. “Ripetiamo il nostro appello a tutti i keniani – si legge nella dichiarazione – unitevi a noi nella preghiera per una buona Costituzione”. Poi, la Kec aggiunge: “La Chiesa vuole rimanere e rimarrà in prima linea nel supportare il processo di riforma legislativa nel Paese. Un processo che non può e non deve finire, poiché tutti noi aspiriamo a costruire una società migliore, che rispetti i diritti di tutti e faciliti lo sviluppo economico, sociale e morale”. “Molti keniani – fanno notare i vescovi - hanno riconosciuto che la Costituzione sottoposta a referendum contiene errori che necessitano di una correzione”. Infine, i presuli si congratulano per “il modo pacifico” con cui si è svolto il referendum e chiedono ancora una volta alla popolazione “di fare ulteriori sforzi per sostenere la necessità di pace, amore ed unità in tutto il Paese”. Nei prossimi giorni, la Kec diffonderà un’altra dichiarazione, più dettagliata, sulla nuova Costituzione. (I.P.)

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    Allarme del Celam per disoccupazione e precariato in America Latina

    ◊   Il seminario del Celam “La Pastorale del mondo del lavoro in un’economia globalizzata: organizzazione e prospettive”, che si è tenuto a Santiago del Cile dal 26 al 30 luglio, si è concluso con un documento finale che è una vera e propria lettera aperta rivolta agli attori del mondo del lavoro. In questo modo, riferisce l’agenzia Fides, il Dipartimento di Giustizia e solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) ha voluto dare le sue indicazioni sulla materia: promuovere la cultura della dignità del lavoro e dei diritti del lavoratore, potenziare le aree di formazione, riflessione e conoscenza della realtà mondiale e il suo impatto sulla vita dei lavoratori, diffondere la dottrina sociale della Chiesa, incoraggiare il dialogo sociale per incidere nei cambiamenti del mondo del lavoro. Al seminario hanno preso parte agenti pastorali di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Honduras, Messico, Panama, Paraguay, Perù, Porto Rico, Repubblica Dominicana e Venezuela. Il documento esprime forte preoccupazione per la situazione di vita e lavoro di milioni di persone dell’America Latina e dei Caraibi: divario sociale, condizioni di vita precaria, disoccupazione, mancanza di sicurezza sono i principali problemi che affliggono il continente. “A fronte di questa situazione dolorosa, come discepoli missionari – è scritto – affermiamo con i nostri vescovi che il lavoro garantisce la dignità e la libertà umana ed è probabilmente la chiave essenziale di tutta la questione sociale”. La lettera aperta si conclude con l’impegno di proseguire nel solco della ricerca della dignità nel lavoro con l’invocazione alla Madonna di Guadalupe che difende i piccoli. (R.B.)

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    Filippine: i pescatori chiedono l’aiuto dei vescovi contro il progetto del casinò di Manila

    ◊   I pescatori della Baia di Manila, nelle Filippine, chiedono alla Chiesa cattolica locale “esperta in umanità”, di sostenerli nella loro protesta contro la costruzione di un casinò nella zona: un progetto già approvato sotto l’egida della bonifica della baia e che dovrebbe essere operativo entro il terzo trimestre del 2012. “Chiediamo ai nostri arcivescovi e ai nostri vescovi di unirsi al popolo costiero – ha scritto il presidente nazionale della cooperativa dei pescatori della Baia di Manila, Fernando Hicap alla Conferenza episcopale delle Filippine – nella loro legittima e giusta lotta contro le forze del male che vogliono fare delle Filippine la capitale del gioco d’azzardo in Asia, a scapito delle persone e dell’ambiente della baia”. Secondo i pescatori, riferisce L’Osservatore Romano, mentre i fautori del progetto inneggiano alla prospettiva di incrementare i posti di lavoro, il casinò porterà un forte depauperamento del patrimonio sociale, culturale, morale e religioso della baia. Il rischio più immediato, in proposito, riguarda lo sfratto delle comunità dei pescatori e degli abitanti dei villaggi costieri: per questo i pescatori chiedono di instaurare un dialogo costante con i vescovi, al fine di riflettere insieme sul devastante impatto sociale, ambientale ed etico-morale. “La vera riabilitazione è valorizzare la storia, la cultura, le tradizioni locali – affermano – è rispettare soprattutto l’uomo, il suo futuro e l’ambiente che lo circonda”. (R.B.)

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    Australia: nominato il nuovo coordinatore nazionale della Chiesa siro-malabarese

    ◊   Padre Francis Kolencherry, amministratore della cattedrale di St. Cristopher a Canberra, è stato nominato dalla Conferenza episcopale australiana primo coordinatore nazionale dei cattolici di rito siro-malabarese. La siro-malabarese è una delle Chiese cattoliche di rito orientale più importanti e più grandi del mondo, fondata nel 52 a.C. da San Tommaso. Come riferisce l’agenzia Fides, l’incarico prevede diversi compiti: fare da legame tra le varie comunità migranti nella pratica delle loro tradizioni, sorvegliare i loro bisogni pastorali e creare relazioni con la Chiesa cattolica australiana e la Chiesa siro-malabarese in India. “Una delle priorità – ha annunciato il neocoordinatore – sarà educare i bambini alla fede cattolica secondo la tradizione siro-malabarese, garantendo così la sopravvivenza della loro lingua nativa e delle tradizioni culturali per le generazioni future”. In Australia i cattolici siro-malabaresi sono circa 11mila, sparsi nelle principali città. “È importante mantenere il legame dei migranti con il loro patrimonio culturale indiano – ha aggiunto – e al tempo stesso permettere loro di integrarsi con la società australiana”. (R.B.)

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    Epidemia di rabbia nell’isola di Bali

    ◊   Una grave epidemia di rabbia sta creando una vera e propria emergenza sanitaria nell’isola di Bali, centro turistico di fama mondiale. Come riferisce AsiaNews, i primi casi si sono verificati nel 2008, e da allora si calcola che la malattia, il cui contagio si propaga attraverso il morso di cani infetti, ha ucciso finora 78 persone e coinvolto 600mila cani. La situazione è grave perché i vaccini sono scarsi e spesso troppo costosi per la popolazione locale, che a volte sottovaluta i rischi e si avvicina troppo ai randagi: nella cultura locale, infatti, si ritiene che i cani portino le persone in paradiso. Inoltre, per non far scappare i turisti, già diminuiti dopo gli attentati del 2002 e del 2005, l’epidemia sta passando sotto silenzio. Le autorità hanno portato avanti una campagna di soppressione di 200mila cani, un terzo di quelli presenti sull’isola, ma non si è provveduto a una vaccinazione di massa, come consigliato, invece, dall’Organizzazione mondiale della sanità. Alcuni Stati come Usa e Australia consigliano ai propri cittadini in partenza per Bali di effettuare la vaccinazione: se il siero, infatti, è somministrato subito dopo il morso, la cura è abbastanza facile; se, invece, sono già insorti i sintomi, spesso non c’è nulla da fare. La rabbia, secondo l’Oms, uccide 55mila persone l’anno nel mondo, soprattutto bambini: nel 60 per cento dei casi si tratta di asiatici morsi dai cani. (R.B.)

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    Camerun: è emergenza sanitaria per l’epidemia di colera

    ◊   È arrivato prima, quest’anno, il colera, in molti Comuni della zona settentrionale del Camerun, dove in genere si ripropone ogni anno a ottobre, prima dell’inizio delle piogge. L’agenzia Fides riferisce di 94 persone già morte a causa della malattia che si sta diffondendo con una rapidità tale da essere definita dagli operatori sanitari la peggiore epidemia degli ultimi 10 anni. La regione maggiormente colpita è quella di Moloko, in cui si registra la metà dei malati totali: 773 è il dato aggiornato a martedì 3 agosto e il contagio viaggia al ritmo di 20 nuovi casi al giorno. Il colera è definito “la malattia della povertà”: la sua diffusione, infatti è imputabile alle precarie condizioni igienico-sanitarie, alla mancanza di latrine e di acqua potabile che sono le condizioni in cui vive gran parte della popolazione. Secondo l’Unicef solo il 30 per cento dei camerunensi ha accesso ad acqua pulita e solo il 15 ai servizi sanitari. Nel villaggio di Sirak la scuola pubblica, chiusa per le vacanze estive, è stata convertita in centro di cura, ma mancano l’elettricità e la candeggina, usata come disinfettante, oltre alle forniture per le fleboclisi. Con il supporto dell’agenzia Onu per l’infanzia, ma anche di Croce Rossa, Organizzazione mondiale della sanità e Population Fund delle Nazioni Unite, la cura per il colera è gratuita. (R.B.)

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    Congo: si aggrava il bilancio delle vittime dell'esplosione a Sange

    ◊   A poco più di un mese dall’esplosione di un’autocisterna nel villaggio di Sange, provincia orientale del sud Kivu, nella Repubblica democratica del Congo, avvenuta il 3 luglio, si aggrava il bilancio delle vittime. Stando a quanto affermato dall’emittente locale Radio Okapi, citata dall’agenzia Misna, si è arrivati a quota 308 morti, in seguito ai decessi di molti ustionati gravi. L’amministratore del territorio di Uvira, Bellarmin Mugangu, ha precisato che i corpi delle ultime vittime sono stati seppelliti nel capoluogo di Bukavu, a Uvira e nei villaggi circostanti, ma anche a Sange. Secondo fonti mediche, l’incremento dei decessi è dovuto sì alla profondità delle ferite, ma anche all’intervento tardivo dei soccorsi e alla carenza di personale e strutture sanitarie adeguate. Nei vari ospedali sono ancora ricoverati una settantina di feriti, mentre a Sange, ha detto il capo della città, Malula Rukanisha, prosegue il censimento delle famiglie decimate dall’incidente. Rukanisha, in quanto membro del Comitato di crisi istituito per gestire la situazione, ha denunciato l’indignazione della popolazione che non ha ricevuto alcun tipo di aiuto, ma al tempo stesso ha ringraziato le chiese locali, il governo di Kinshasa, la missione Onu in Congo e alcune ong per il lavoro svolto. (R.B.)

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    Bangladesh: la storia di Suor Zita, da anni a servizio delle donne perseguitate

    ◊   “Servire Cristo attraverso le persone sofferenti, amandole e aiutandole”: è questo che dal 2006 spinge Suor Zita, dell’ordine delle Sorelle salesiane di Maria Immacolata, ad aiutare i fedeli cattolici, soprattutto donne, della tribù di Garo che da tutto il Bangladesh arrivano nella capitale Dhaka alla ricerca di un lavoro. Molti, però, trovano soltanto discriminazione, quando non addirittura violenze e persecuzioni. “Negli ultimi 10 anni ho visto oltre settemila donne, in cerca di lavoro come estetiste o per le pulizie, dover affrontare numerosi problemi”, racconta ad AsiaNews la religiosa che ha fondato a Dhaka il Garo community centre e collabora a stretto contatto con la Caritas e la Commissione episcopale per i giovani della Chiesa del Bangladesh. Nel centro vengono insegnati ai tribali nuovi mestieri, sono celebrate messe in orari speciali per i lavoratori, ma si offre anche rifugio alle persone in difficoltà. Suor Zita, ordinata nel 1990, è stata la prima suora del suo villaggio: dal 1991 al 1994 ha predicato in diversi villaggi della diocesi di Mymensingh, poi, dopo essersi perfezionata nello studio, dal 1997 al 2005 ha insegnato alla scuola primaria di St Leo, dove ha incontrato bambini di tutte le religioni. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Italia. Berlusconi ai finiani: piano in 4 punti per evitare le elezioni

    ◊   Un piano in quattro punti riguardante giustizia, fisco, federalismo e sud. È quanto Silvio Berlusconi è intenzionato a proporre a Gianfranco Fini per ricucire lo strappo interno al Pdl e rilanciare a settembre l’azione di governo. Su questo programma, come ha spiegato nel vertice di ieri del Pdl, il premier è intenzionato a chiedere il voto di fiducia del Parlamento. L’alternativa restano le elezioni anticipate. Il servizio di Giampiero Guadagni:

    Ultima offerta di Berlusconi a Fini per evitare il ritorno immediato alle urne. Il premier, forse anche sorpreso dalla consistenza numerica del nuovo gruppo parlamentare "Futuro e libertà per l’Italia" legato al presidente della Camera, frena sul pedale della rottura e prova a rilanciare l’azione riformatrice del governo centrandola su quattro priorità: giustizia, fisco, federalismo fiscale e sud. Un programma che sarà presentato a settembre alla ripresa dei lavori parlamentari, sul quale il premier intende chiedere la fiducia, nella speranza di attirare l’interesse anche dei centristi: l’Udc di Casini, l’Api di Rutelli e anche settori del Pd. Il progetto di ricucitura con il presidente della Camera passa anche per una riorganizzazione interna del Pdl, con la nomina di tre nuovi coordinatori. Anche la Lega definisce la sua strategia di fronte alla crisi della maggioranza apertasi con il voto sul caso Caliendo. Bossi, preoccupato per la sorte del processo federalista, conferma lealtà a Berlusconi, dice no a governi tecnici ed è pronto al ritorno alle urne. Le elezioni anticipate sono giudicate una fuga dalle responsabilità da parte del leader dell’Udc Casini, sostenute invece da Di Pietro, che invita il Pd a fare una scelta chiara tra l’Italia dei Valori e i centristi. Richiesta speculare a quella avanzata da Rutelli. Ma il segretario del Pd Bersani invita le forze dell’opposizione ad evitare veti reciproci perché, spiega, la posta in gioco è chiudere il ciclo berlusconiano che dura da 16 anni.

    Pakistan: misure di sicurezza a Karachi dopo le violenze
    La polizia del Pakistan ha ricevuto l'ordine di “sparare a vista” a Karachi, la più importante città pachistana dove da lunedì è scoppiata una ondata di violenze che ha causato 86 morti, per frenare le bande armate che imperversano senza freni. È quanto deciso dopo l'assassinio di Raza Haider, leader politico del partito anti-talebano Mqm. Se questa misura non bastasse - ha lasciato capire il ministro dell'Interno Rehman Malik - a Karachi potrebbe essere chiamato temporaneamente anche l'esercito.

    Ucciso da un rudimentale ordigno in Afghanistan un sodato della forza Isaf
    Un soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) è stato ucciso nell'Afghanistan orientale. In un comunicato si precisa unicamente che il decesso è stato causato dall'esplosione di un rudimentale ordigno (ied). I militari stranieri morti in Afghanistan sono cinque dall'1 luglio e 416 dall'inizio del 2010.

    Fitta nube di fumo su Mosca: sale a 50 il numero di morti per gli incendi
    Mosca oggi si è svegliata avvolta da una fitta nube di fumo e le autorità sanitarie hanno lanciato l’allarme sull’alto livello di particelle tossiche presenti nell’aria della capitale. “Il fumo ha coperto l’intera città e la situazione sta peggiorando”, ha avvertito l’agenzia per il monitoraggio dell’inquinamento di Mosca Mosekomonitoring. Problemi per i voli da e per la capitale russa. Nel frattempo l’ondata di caldo afoso non sembra concedere tregua almeno sino alla fine della settimana; sale ad almeno 50 il numero delle vittime colpite dall’emergenza. Il primo ministro Putin ha annunciato che da lunedì verrà presentato un piano per migliorare l’equipaggiamento, l’operatività delle squadre dei vigili del fuoco e la protezione dalle fiamme delle installazioni più a rischio, come centrali nucleari e depositi militari. Inoltre la Russia applicherà un embargo temporaneo sulle esportazioni di grano e dei prodotti derivati a causa della riduzione del raccolto provocata dal caldo. Prime stime dei danni: circa un miliardo di Euro persi con la distribuzione dei campi di grano e migliaia di ettari di foresta carbonizzata.

    50 morti e decine di dispersi per le inondazioni nel Kashmir indiano
    È salito a 50 il numero delle vittime delle inondazioni provocate dalle forti piogge abbattutesi nella notte nel Kashmir indiano e soprattutto nella zona della storica città di Leh. In particolare, la tv "Times Now" dice che “sono decine i dispersi”, mentre altre emittenti sottolineano che entrambe le autostrade che collegano la città con il mondo esterno (Manali-Leh e Srinagar-Leh) sono interrotte. Anche la pista dell'aeroporto cittadino è rimasta danneggiata e tutti i voli sono sospesi a tempo indeterminato. L'emergenza riguarda anche molti cittadini stranieri che tradizionalmente scelgono Leh come meta delle loro vacanze estive.

    A Napoli un morto e 30 feriti per il deragliamento di un treno
    Un anziano di 71 anni è morto, un giovane di 25 è in gravissime condizioni e trenta persone sono rimaste ferite: è il bilancio del deragliamento del treno della Circumvesuviana nel quartiere di Gianturco, alla periferia orientale di Napoli, avvenuto in tarda mattinata. Il sindaco, Rosa Russo Iervolino, arrivata sul luogo dell'incidente ferroviario, ha detto che il treno ha probabilmente aumentato in maniera improvvisa la velocità. Il macchinista, un uomo con 20 anni di esperienza, è rimasto illeso ma è sotto choc.

    30 minatori intrappolati nel sito di San Estebanm in Cile
    Nel sito di San Estebanm in Cile, circa 30 minatori sono rimasti intrappolati ieri sera a causa del crollo di una piccola miniera di oro-rame. Il Cile è uno dei maggiori produttori al mondo di rame, ma gravi incidenti minerari non sono comuni nel Paese sudamericano. Il sovraintendente regionale Ximena Matas ha detto ad una radio locale che i minatori potrebbero essere riparati in un rifugio all’interno della miniera. I soccorritori hanno spiegato che le cause dell’incidente sono ancora ignote e che il difficile accesso alla miniera complica le operazioni di ricerca.

    In Kenya, il presidente Kibaki festeggia la nuova Costituzione
    Il presidente del Kenya, Mawai Kibaki, ha festeggiato l’ampio consenso mostrato dalla popolazione a favore dell’approvazione della nuova Costituzione, con un discorso davanti a centinaia di sostenitori riuniti nel centro di Nairobi. Nonostante non vi sia stato ancora un annuncio ufficiale da parte della Commissione elettorale, i dati provvisori sul referendum svoltosi ieri mostrano che il fronte del ‘sì’ ha ottenuto una larga maggioranza di voti contro il gruppo dei ‘no’ che avrebbe già riconosciuto la sconfitta. Il presidente del Kenya ha affermato che “Il viaggio storico iniziato 20 anni fa ha ora un lieto fine”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 218

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