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Sommario del 01/08/2010
◊ “La vita dell’uomo non dipende dai suoi averi”, chi è saggio accumuli “ciò che non si corrompe” col tempo: è l’esortazione lanciata da Benedetto XVI, oggi, all’Angelus a Castel Gandolfo, commentando il Vangelo di questa domenica. “I beni terreni – ha sottolineato - non sono lo scopo, ma un mezzo nella via verso l’eternità. Apriamo allora i nostri cuori alle necessità dei fratelli, diventando ricchi davanti Dio”. Dopo la preghiera mariana, il Papa ha espresso la sua grande soddisfazione per l’entrata in vigore, oggi, della Convenzione sul bando delle munizioni a grappolo, invitando tutti gli Stati ad aderirvi. Il servizio di Sergio Centofanti.
“La vita quotidiana ci insegna che tutto passa in questo mondo”: il Papa parte da questa considerazione concreta per svolgere la sua riflessione. Guarda ai santi di cui fa memoria la Chiesa in questi giorni e alla loro radicale scelta di seguire Gesù senza compromessi: sant’Ignazio di Loyola, che “si convertì leggendo la vita di Gesù e dei Santi durante una lunga degenza causata da una ferita subita in battaglia”. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che “ebbe la consapevolezza che Dio vuole tutti santi, ciascuno secondo il proprio stato”. E poi ancora sant’Eusebio, “primo vescovo del Piemonte, strenuo difensore della divinità di Cristo” e infine san Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, che ha guidato con il suo esempio l’Anno Sacerdotale appena concluso, e alla cui intercessione nuovamente ha affidato tutti i Pastori della Chiesa:
“Impegno comune di questi Santi è stato quello di salvare le anime e di servire la Chiesa con i rispettivi carismi, contribuendo a rinnovarla e ad arricchirla. Questi uomini hanno acquistato 'un cuore saggio' (Sal 89,12), accumulando ciò che non si corrompe e scartando quanto è irrimediabilmente mutevole nel tempo: il potere, la ricchezza e gli effimeri piaceri. Scegliendo Dio hanno posseduto ogni cosa necessaria, pregustando fin dalla vita terrena l’eternità (cfr Qo, 1-5)”.
Commentando il Vangelo dell’odierna domenica, in cui Gesù mette in guardia dalla brama dei beni terreni con la parabola del ricco stolto, che avendo accumulato grandi ricchezze s’illude persino di poter allontanare la morte, ha affermato:
“L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza. L’uomo che confida nel Signore, invece, non teme le avversità della vita, neppure la realtà ineludibile della morte: è l’uomo che ha acquistato 'un cuore saggio', come i Santi”.
Ha quindi ricordato alcune ricorrenze significative: il Perdono di Assisi, domani, la Dedicazione della Basilica di S. Maria Maggiore, il 5 agosto, che celebra la Madre di Dio acclamata con questo titolo nel concilio di Efeso del 431, e venerdì prossimo, nell’anniversario della morte di Paolo VI, la festa della Trasfigurazione del Signore. “La data del 6 agosto – ha rilevato - considerata il culmine della luce estiva, fu scelta per significare che lo splendore del Volto di Cristo illumina il mondo intero”.
Il Papa, infine, ha espresso il suo “vivo compiacimento” per l’entrata in vigore, oggi, della Convenzione sul bando delle munizioni a grappolo “che provocano danni inaccettabili ai civili”:
“Il mio primo pensiero va alle numerose vittime che hanno sofferto e continuano a soffrire gravi danni fisici e morali, fino alla perdita della vita, a causa di questi insidiosi ordigni, la cui presenza sul terreno spesso ostacola a lungo la ripresa delle attività quotidiane di intere comunità. Con l’entrata in vigore della nuova Convenzione, alla cui adesione esorto tutti gli Stati, la Comunità internazionale ha dimostrato saggezza, lungimiranza e capacità nel perseguire un risultato significativo nel campo del disarmo e del diritto umanitario internazionale. Il mio auspicio e incoraggiamento è che si continui con sempre maggior vigore su questa strada, per la difesa della dignità e della vita umana, per la promozione dello sviluppo umano integrale, per lo stabilimento di un ordine internazionale pacifico e per la realizzazione del bene comune di tutte le persone e di tutti i popoli”.
Mons. Tomasi: una data importante nella storia del disarmo
◊ Alla Convenzione contro le munizioni a grappolo, adottata da 107 Stati durante la Conferenza diplomatica di Dublino del 30 maggio 2008, non aderiscono importanti Paesi, fra i quali Stati Uniti, Cina, Russia, Israele, India, Pakistan e Brasile. Sono 37 finora gli Stati che l’hanno ratificata: a questo appuntamento manca ancora l’Italia. “La Convenzione – afferma un comunicato della Sala Stampa vaticana – rappresenta un passo significativo nel campo del disarmo e del diritto umanitario internazionale, nonché un risultato notevole per un multilateralismo basato sulla cooperazione costruttiva fra attori governativi e non governativi e sul legame fra il diritto umanitario e i diritti umani. Oltre a colmare una grave lacuna del diritto umanitario – prosegue il comunicato – la Convenzione tende a dare una risposta forte e credibile ad un problema tuttora molto attuale, non solo per il continuo uso delle munizioni a grappolo, ma per il fatto che tali ordigni possono giacere inesplosi sul terreno, colpendo anche dopo molti anni dalla loro dispersione ed impedendo la ripresa della vita quotidiana della popolazione civile”. “La Santa Sede – ricorda il comunicato vaticano – ha partecipato attivamente” al processo per il bando delle Cluster bombs, “essendo stata tra i primi” sia a proporre la moratoria sull’uso di questi ordigni, sia a ratificare la Convenzione, nella consapevolezza che “la logica della pace sia più forte della logica della guerra, la quale in tutti i casi deve avere come limite invalicabile la protezione e la tutela della popolazione civile, e in particolare delle persone più vulnerabili”. “La Convenzione – conclude la Sala Stampa – “dovrebbe rinsaldare il vincolo fra disarmo e sviluppo” orientando “le risorse materiali e umane verso lo sviluppo, la giustizia e la pace”. Su questa data storica, Marco Guerra ha sentito mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:
R. - Il primo agosto è una data importante nella storia del disarmo, perché nell’ultima decade non si sono fatti grandi passi nel limitare l’uso di vari tipi di munizioni, però si è riusciti - lavorando in convergenza insieme ad un gruppo di Stati - a portare a termine questa Convenzione sulle bombe a grappolo, che sono delle munizioni particolari, che vengono disseminate su un territorio abbastanza vasto e quindi con conseguenze indiscriminate. La comunità internazionale, perciò, si è data da fare soprattutto per proteggere la popolazione civile. Nel 2008 si è arrivati all’adozione di questa nuova Convenzione e, al giorno d’oggi, sono 37 gli Stati che hanno già ratificato ed altri che sono in procinto di farlo. Finalmente c’è un segno positivo: la buona volontà degli Stati di limitare i danni della guerra. C’è la possibilità di raggiungere dei target e degli obiettivi concreti.
D. - Può spiegarci, in poche parole, cosa prevede questa Convenzione?
R. - Il primo obiettivo è di vietare l’uso di queste munizioni. Poi, chiaramente, la produzione, che rimane un grande business, crea un giro di molti miliardi di dollari. Lo stoccaggio, cioè il divieto di conservare questi ordigni e il loro trasferimento da un Paese all’altro. C’è poi una parte, che direi essere molto più umanitaria e positiva, ossia quella di assicurare il diritto all’assistenza delle vittime, che è un motivo di speranza per tutti coloro che hanno subìto gli effetti di queste armi. La Convenzione, in se stessa, è veramente uno strumento molto buono per favorire la pace ed aumentare le strade per il disarmo.
D. - Il processo è partito tre anni fa, ad Oslo. Difficilmente si arriva, in tempi così rapidi, all’entrata in vigore di una Convenzione internazionale. Possiamo, quindi, essere ottimisti?
R. - In parte direi di sì, perché 107 Stati hanno già firmato e 37 hanno già ratificato. I grandi, però - Cina, Stati Uniti e Russia - che hanno grandi stoccaggi di queste munizioni, non hanno firmato questa Convenzione e non sembra abbiano l’intenzione di farlo molto presto. D’altra parte, il fatto che la Convenzione entri in vigore influisce decisamente sul comportamento di questi grandi Stati, che cominciano già a sentire l’impatto della pressione internazionale, soprattutto da un punto di vista morale. Ad esempio, gli Stati Uniti hanno deciso una moratoria sull’esportazione delle bombe a grappolo e prevedono che nel 2018 smetteranno completamente di usarle. C’è quindi un cammino positivo: però c’è molta strada da fare.
D. - E’ prevedibile una crescita delle adesioni, con il tempo?
R. - So che ci sono degli Stati che hanno già in Parlamento la proposta di ratifica di questa Convenzione. Ci vogliono i tempi tecnici, secondo le varie procedure dei differenti Stati, per arrivare ad un voto conclusivo, ma certamente ci saranno molti altri Paesi che ratificheranno questa Convenzione nei prossimi mesi e nei prossimi due, tre anni. L’occasione della sua entrata in vigore dovrebbe essere uno stimolo, un incoraggiamento per gli Stati che ancora non l’hanno fatto, a ratificarla e ad entrare nel giro di quei Paesi che vogliono veramente fare dei passi positivi in tutto il campo del disarmo.
Alluvioni in Pakistan: almeno 1300 i morti, un milione gli sfollati
◊ Non accenna a placarsi l'ondata di maltempo che da giorni devasta il Pakistan causando un numero crescente di morti: almeno 1300 secondo gli ultimi dati, ma tantissimi sono ancora i dispersi. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari lancia l’allarme: oltre un milione le persone variamente danneggiate dalle piogge monsoniche, che nelle ultime ore hanno raggiunto l’Afghanistan. L'Unione Europea stanzia un aiuto da 30 milioni di euro. Un aggiornamento nel servizio di Claudia Di Lorenzi:
Persone aggrappate ai rami per resistere alla furia delle acque, padri con figli sulle spalle che attraversano a fatica strade trasformate in fiumi, uomini e donne semisommersi dalla corrente e intere famiglie che bivaccano sui tetti, in attesa di aiuti che tardano ad arrivare, fra campi inondati, fiumi straripati, bestiame alla deriva, ponti abbattuti dalle piene e vie di comunicazione interrotte. E’ lo scenario in cui da giorni si consuma il dramma del popolo pakistano, colpito da una delle peggiori calamità naturali che si ricordi nel Paese, flagellato da incessanti piogge monsoniche. Una tragedia dalle dimensioni incalcolabili in termini di danni materiali, e di difficile monitoraggio sotto il profilo delle perdite umane: cresce di ora in ora il bilancio dei morti, imprecisato quello dei dispersi, mentre si ha notizia di almeno 27mila persone isolate a causa degli allagamenti e del crollo di strade e ponti. Impraticabili i soccorsi di protezione civile e forze armate in molte aree del nord, le più colpite: in ginocchio la provincia di Khyber-Pakhtunkhwa, dove si registra il più alto numero di morti, 800 secondo le ultime stime, e dove circa 200 operai cinesi sono rimasti intrappolati nelle loro baracche per il cedimento di una diga. Stremate anche le province del Baluchistan e del Punjab, dove la Caritas Internazionalis sta inviando cibo, medicine e presidi sanitari. Nonostante la difficoltà dei soccorsi la comunità internazionale si è mobilitata e l'Unione Europea ha stanziato un aiuto di emergenza di 30 milioni di euro in beni di prima necessità, diretto in particolare agli sfollati del nord est. Immediato anche l’intervento dell’Onu: l’Agenzia per i Rifugiati ha inviato sul posto i primi carichi di aiuti: 585 tende, 2.700 teli di plastica, 4.000 materassi. Non meno preoccupante è la situazione nel vicino Afghanistan, dove per i monsoni negli ultimi giorni sono morte oltre 90 persone. Il governo del presidente Karzai ha chiesto l'intervento dell'esercito per soccorrere le tante famiglie in difficoltà. Ovunque si teme lo spettro del colera.
Aperta la Solennità del "Perdono di Assisi"
◊ Si è aperta oggi la Solennità del "Perdono di Assisi", che - come ha ricordato il Papa all'Angelus - culminerà domani, con la cosiddetta indulgenza della Porziuncola, ottenuta grazie a San Francesco che ha fatto di questo luogo uno dei Santuari della misericordia di Dio. “La Festa del Perdono di Assisi” è l’occasione ogni anno per migliaia di fedeli di vivere una profonda esperienza di fede. Lo conferma al microfono di Paolo Ondarza, padre Saul Tambini, frate minore responsabile dell’Opera Porziuncola nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli.
R. – Nei secoli è andata sviluppandosi sempre più questa straordinaria “Festa del Perdono”. Penso che il motivo principale sia che passano gli anni e comunque questa parola, “perdono”, sia ancora significativa e, in tempi convulsi come quelli attuali, abbia un indiscusso valore, sia spirituale ma anche per la società civile.
D. – La “Festa del Perdono di Assisi” è animata sicuramente da una manifestazione di devozione da parte di tanti fedeli, ma è innanzitutto manifestazione della misericordia infinita di Dio…
R. – Penso che questa sia direttamente l’intenzione di San Francesco, proprio quando con l’annuncio ai fedeli convenuti qui alla Porziuncola, insieme e accanto a tutti i vescovi dell’Umbria, nel 1216, disse: “Vi voglio mandare tutti in Paradiso”. E’ quindi ovvio che le persone che vengono qui, provenienti da tante parti del mondo, cerchino principalmente un motivo legato alla misericordia di Dio.
D. – Chi ha partecipato, almeno una volta, alla Solennità del Perdono di Assisi, può percepire una gioia incredibile da parte dei tanti fedeli convenuti. Ci sono storie di persone che, proprio in occasione di questa Solennità, hanno sentito forte il richiamo ad una svolta, una conversione del cuore. Gliene viene in mente qualcuna?
R. – Principalmente mi viene in mente me stesso. Il 2 agosto di ormai diversi anni fa diedi una svolta alla mia vita, una svolta legata proprio ad un momento penitenziale vissuto qui, alla Porziuncola. Diverse persone che vengono qui “fuggono” dai propri posti per poi confessare i loro peccati e dare così una svolta alla loro vita. Tornano quindi di certo emotivamente coinvolti, ma poi in un impegno concreto di vita riescono a cambiare la loro storia in un qualcosa che, cristianamente parlando, chiamiamo appunto “conversione”.
D. - Quella piccola porta della Porziuncola, che ricorda l’immagine evangelica della porta stretta, ha accolto milioni di fedeli nei secoli ed è stata percepita, da chi vi entra con fede, come una “porta di vita eterna”. Con questa fiducia arrivano domani, 2 agosto, da varie parti del mondo, centinaia di giovani, partecipanti alla marcia francescana…
R. – Sì, ci sono molti giovani che il Giorno del Perdono vengono qui ad Assisi, alla porta della vita eterna, non soltanto dall’Italia ma anche dalle nazioni vicine. In tutto questo, voglio narrare una piccola storia che forse non tutti conoscono, per dire quanto questo luogo sia conosciuto ed apprezzato anche da persone che, apparentemente, si sentono lontane. Una filosofa, nel 1937, visitò questo posto ed ebbe modo di raccontarlo in una lettera che mandò ad un suo amico sacerdote. Questa filosofa si chiamava Simone Weil. In questa lettera scrive: “Visitai una piccola Chiesa medievale ad Assisi, a Santa Maria degli Angeli, ed io, per la prima volta nella mia vita, mi sentii obbligata ad inginocchiarmi”. Iniziò lì un percorso, diciamo così, spirituale e mistico di questa filosofa, che la portò poi a convertirsi al cristianesimo, quando lei era di origine ebraica. Credo che sia questa la testimonianza, come tante altre testimonianze di persone che, per diversi motivi e da diverse parti, giungono qua con tutti questi giovani, come accade in questi giorni e trovano qui qualcosa che li vincola interiormente ad inginocchiarsi. E noi sappiamo bene quanto la dignità dell’uomo e del cristiano dipenda molto da quell’inginocchiarsi.
Il preposito generale dei Gesuiti presiede la Messa nella memoria di Sant'Ignazio di Loyola
◊ I Gesuiti hanno ricordato ieri, nella ricorrenza liturgica, il loro fondatore, Sant’Ignazio di Loyola. La Compagnia di Gesù, con i suoi oltre 18 mila membri, è l’Ordine religioso più numeroso al mondo. Ieri sera, nella Chiesa romana del Gesù, il preposito generale, padre Adolfo Nicolás, ha presieduto nell’occasione una Santa Messa. Nell’omelia ha sottolineato l’importanza della spiritualità ignaziana nell’Europa di oggi:
“La spiritualità ignaziana è molto opportuna per questa questa Europa secolarizzata e forse è più importante oggi che un tempo, perché oggi è molto difficile discernere e decidere … molto difficile. E’ più facile decidere quello che decidono gli altri, quello che fa tutto il mondo ... perché così non dobbiamo fare la fatica di pensare, non dobbiamo discernere per compiere delle scelte e così finiamo per fare quello che gli altri decidono e cioè quello che dice il senso comune. In altre parole, accade raramente che decidiamo veramente noi, liberamente. Sant’Ignazio ci ricorda che la vita è una decisione continua e non possiamo delegare agli altri le nostre scelte, non possiamo lasciare che la stampa, le riviste che vanno di moda, decidano sulla nostra vita. Abbiamo molti dittatori della vita oggi e li seguiamo. Allora, la parola di Ignazio per questa Europa secolarizzata è la stessa di 400-500 anni fa: nostro compito è quello di discernere, è la volontà di Dio che conta, è la verità che conta, è la vita che conta.”
Reporter senza Frontiere: libertà di stampa sempre più in pericolo nel mondo
◊ Libertà di stampa sempre più in pericolo nel mondo. L'ultima aggressione riguarda il recente rapimento in Messico di 4 giornalisti, la cui sorte è ancora ignota. Il sequestro sarebbe opera di un gruppo di narcotrafficanti del Paese. I 4 si erano occupati della protesta di alcuni detenuti in un carcere dove è forte la presenza di bande narcos. Sulla situazione della libertà di stampa in Messico e nel resto del mondo Linda Giannattasio ha sentito Domenico Affinìto, vicepresidente di Reporter senza Frontiere Italia.
R. – La situazione in Messico è disperante perché pur essendo un Paese democratico, è un Paese nel quale fare il giornalista è difficilissimo a causa degli interessi dei gruppi del narcotraffico che da tempo prendono di mira i giornalisti: molti sono tati uccisi, adesso si passa anche ai rapimenti. E’ ovviamente una situazione sulla quale bisognerebbe focalizzare di più l’attenzione anche da parte dei Paesi più avanzati per fare pressione politica.
D. – Qual è lo stato oggi della libertà di stampa nel mondo. Quali i principali ostacoli per il lavoro dei giornalisti?
R. – Tutto ciò che devia il mestiere dalla retta via, che è quella di riportare nel modo più fedele possibile i fatti, dalle pressioni politiche ai rapimenti, le minacce, i ferimenti, gli omicidi. Le aree più difficili sono bene focalizzate: il Continente africano, l’area del Medio Oriente, le tensioni in Iran, zone difficili sono quelle del Sud-Est asiatico, del Centro e Sud America. Poi ci sono aree difficili come la Russia. Le problematiche che si vivono in Europa sono non paragonabili ad altri Paesi del mondo, però la libertà di stampa e di espressione sta conoscendo una degenerazione dal 2001 in poi, dopo l’attacco alle Torri gemelle, perché l’Europa come gli Stati Uniti ha deciso di fronteggiare questa nuova minaccia andando ad erodere una serie di libertà per quanto riguarda i singoli cittadini nel nome di una sicurezza maggiore. Reputiamo che la qualità della libertà di stampa nei Paesi avanzati sia peggiorata, sia rispetto alla tutela delle fonti del giornalista, sia rispetto ad una serie di pressioni che hanno avuto i giornalisti nel momento in cui si andava a trattare temi che in qualche modo avevano a che fare con la sicurezza nazionale.
D. – Cosa bisogna fare per difendere il lavoro di chi racconta queste realtà quando vengono alla luce?
R. – Bisogna resistere quando si è calati in queste realtà e dall’altra parte cercare di aiutare, da parte di chi sta meglio, continuando a parlare di quelle situazioni e cercare di aiutare anche economicamente con aiuti alle famiglie dei giornalisti che vengono incarcerati. Continuiamo a dire che il rapimento dei giornalisti è una cosa molto grave ma nonostante questo il giornalista deve andare e fare il suo mestiere.
Al via la Quindicina di preghiera in preparazione alla Solennità dell'Assunta
◊ Ha inizio oggi la “Quindicina di preghiera” in preparazione alla solennità dell’Assunzione di Maria che si celebra il 15 agosto. Si tratta di una liturgia che attinge alle tradizioni orientali delle Chiese siriaca, copta, etiopica e armena e particolarmente di quelle di rito bizantino. A Roma l’ufficio, adattato allo stile occidentale, viene proposto alle 21.30 nella Basilica di Santa Maria in Via Lata, in via del Corso. A presiederlo è padre Ermanno Toniolo, religioso dei Servi di Maria. La Veglia dell’Assunta si svolgerà invece alle 20.30 nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, arricchita dai tropari russi del Transito di Maria. Tiziana Campisi ha chiesto a padre Toniolo qual è il significato liturgico di questa quindicina dell’Assunta:
R. – La Quindicina dedicata alla vergine Maria è una preparazione alla Pasqua della Vergine, in parallelo con la grande preparazione quaresimale dei 40 giorni alla Pasqua del Signore. Come la Pasqua del Signore, porta con sé alcune connotazioni – la prima, il digiuno; la seconda, la preghiera intensa – così questa Quindicina della Vergine, che i bizantini chiamano “Piccola quaresima della Madre di Dio”, porta con sé le stesse connotazioni. Sono le connotazioni perciò di un digiuno severo e di tanta preghiera. E’ antichissima come preparazione; la festa è ancora più antica: risale al VI secolo, ma la preparazione risale certamente al IX secolo, col digiuno e con la preghiera. E con l’implorazione incessante e insistente alla Madre di Dio, che è la nostra avvocata, che è la nostra mediatrice, ci prepariamo in modo da gioire il giorno della Madre di Dio insieme con Lei, rinnovati nello splendore che la circonfonde in cielo.
D. – Un cammino dunque di preparazione, un cammino di riflessione, di digiuno. Ma a che cosa conduce, dove culmina questo cammino?
R. – Non è soltanto chiedere l’aiuto per le situazioni tristi, tante volte, del fisico o anche della società, ma un rinnovamento spirituale che ci faccia sentire che siamo realmente non soltanto popolo di Dio, ma siamo gli amati da Dio, i protetti dalla Vergine e che lei cammina con noi il nostro cammino di perfezionamento spirituale verso la nostra Pasqua, che sarà poi il coronamento della sua, quando lei, Madre, ci accoglierà tutti come figli, e anche noi, come dicono i nostri Padri medievali, potremmo cantare ai suoi piedi: “Sono in Te tutte le mie sorgenti”. La prima cosa che si deve fare è quella di migliorare la nostra condotta innanzitutto, cioè la vita, ma poi pregare. La preghiera è l’arma ecumenica per antonomasia. Ora, pregare con le stesse preghiere, sintonizzarci reciprocamente con gli stessi testi e camminare la stessa strada davanti alla Vergine – parlo di questa piccola quaresima – per poterci ritrovare anche noi il giorno della gloria della Madre nostra, trasformati e, per così dire, spiritualmente abbracciarci ai suoi piedi: questo è il primo grande passo, più delle discussioni, più dei dialoghi, più del resto.
D. – Per molti, questo è un periodo di vacanze; allora, un suggerimento a chi vuole ugualmente vivere la preparazione a questa festa, ma non ha la possibilità di prendere parte ad una liturgia…
R. – Possiamo dire che tutto il cosmo è liturgia. Quando io vado al mare per me la liturgia si apre, allora nasce dal profondo del cuore: “Come splende, Signore Dio nostro, il tuo nome su tutta la terra!”. E il canto della Vergine fiorisce dal cuore: “L’anima mia magnifica il Signore, il mio spirito esulta in Dio che mi ha salvata, perché grandi cose ha operato e continua ad operare per noi il Potente, nella Sua misericordia, di generazione in generazione, su chiunque lo teme!”. Allora, guardare le meraviglie del Creato, già la prima pagina della divina rivelazione ci fa innalzare lo sguardo in contemplazione con Colei che è diventata il Canto a Dio, il Canto dell’umanità, il Canto del Creato, senza nessuna stonatura: la bellezza umana diventata pienezza della grazia di Dio.
Vince l'amore alla 40.ma edizione del Festival del cinema dei giovani a Giffoni
◊ L’amore è stato, per i 140mila giovani che hanno affollato il Festival di Giffoni (in provincia di Salerno) per due settimane e conclusosi ieri, il tema di maggior confronto, filo conduttore delle oltre 160 pellicole proiettate per una platea la cui età è compresa tra i tre e i ventitré anni. Hanno vinto due film di contenuto anche non facile, che entrano però nella vita di molti adolescenti, come accade nel sorprendente “Blessed” dell’australiana Ana Kokkinos, sul confronto generazionale tra madri e figli e nella toccante storia di “Oscar et la dame rose” del regista francese Éric-Emmanuel Schmitt, molto amato dai tredicenni, con un bimbo malato sospeso tra la vita e la morte. Il servizio di Luca Pellegrini.
L’amore: difficile sentimento. D’amore ci si consuma, ci si fa inondare di gioia, ma dì amore anche si soffre e si muore. E dopo le sale buie dei cinema di Giffoni, ecco quelle affollate e illuminate per i classici incontri con le star, le discussioni, i dibattiti, le riunioni delle diverse giurie chiamate a sviluppare o rafforzare il loro senso critico in una dimensione matura e responsabile. Claudio Gubitosi, direttore del Festival, è ancora una volta molto soddisfatto. Che cosa hanno imparato dell’amore, secondo lei, gli spettatori giovanissimi di Giffoni?
R. – Secondo me sono loro che ci hanno insegnato qualche cosa dell’amore. Guardare il mondo che li circonda da una certa angolazione, guardare i propri genitori. L’amore è una componente importante della vita. Penso che questa edizione abbia dato il massimo di se stessa per fare esplodere una delle parole abusate – appunto l’amore – ma spesso vissuta male. Io credo che questa edizione ci abbia insegnato, a noi organizzatori ma anche a tutti quelli che hanno avuto la possibilità di partecipare al Festival, uno dei più grandi momenti: rimettersi in discussione anche per amore.
D. – Gubitosi, qual è il bilancio che può trarre da questa quarantesima edizione?
R. – Quello che mi piace sottolineare come mio bilancio è quello emotivo: quello che porteranno a casa i ragazzi quando torneranno a casa. Tante esperienze, incontri, le diversità che diventano partecipazione, 1.5OO famiglie che adottano questi ragazzi, culture, religioni tutte qui unite in un unico interesse: quello di partecipare ad un grande evento, parlando, esprimendosi ed essere protagonisti.
Pupi Avati è tornato a Giffoni per rivolgersi, con la sua esperienza di regista e autore, al pubblico di domani. Quale ricordo porta con sé di questo incontro?
"Questa insistenza fortissima nel coltivare un sogno. Neanche nella dissuasione che questo Paese, in qualche modo, diffonde quotidianamente soprattutto nei confronti delle fasce giovanili e addirittura adolescenziali e che tende in qualche modo a scoraggiarli. Qua il sogno esiste ancora, pulsa forte e lo avverti e io voglio in qualche modo contribuire a far si che non si spenga".
Manlio Castagna, vice-direttore, ha seguito molto da vicino il lavoro delle giurie. Quali sono stati i film che hanno suscitato maggiore dibattito?
"Per quanto riguarda ‘Generator più 13’ il film francese “The round up” che ha vinto anche il premio per il pubblico, sul quale i ragazzi hanno discusso molto fortemente sulla tematica del nazismo – di cui trattava il film. Sul perché Hitler è salito al potere, sul perché l’intera Nazione ha seguito le sue follie fino a dove sappiamo è arrivato ed è stato molto belle sentire dalla viva voce di alcuni ragazzi tedeschi quale era il loro punto di vista. Per quanto riguarda la sezione ‘più 16’ ha destato grande scalpore il film “BO” nel quale la prostituzione femminile, direi infantile visto che la ragazza ha soltanto 16 anni, è stata messa sotto discussione. Però senza facili pregiudizi perché è un film che non è, logicamente, a favore di questo argomento, ma ne discute criticamente e ne fa capire anche le nefaste conseguenze".
Infine, la parola al giurato. Gianmaria Borzillo, di Sorrento, ha quindici anni ed è alla sua quinta partecipazione a Giffoni. Anche questa volta il suo commento è improntato a grande entusiasmo:
"Giffoni è un’esperienza straordinaria, veramente ti lascia sempre qualcosa. Per me non è il primo anno e ogni anno lascio questo piccolo paese con qualcosa dentro. Noi giovani viviamo questi dieci giorni di Festival con assoluta spenzieratezza, con serenità, ma anche con impegno perché bisogna sempre ricordare che il Festival è un festival serio. Certe volte, anche da parte del pubblico si sottovaluta un po’ il cinema da ragazzi, invece non è così e come ha dimostrato, anche quest’anno, il concorso è stato bello e con dei temi abbastanza forti, molto intensi e profondi".
Libia: non ha fine il dramma dei profughi eritrei
◊ Continua in Libia il dramma dei 250 profughi e richiedenti asilo eritrei liberati il 16 luglio dal carcere di Brak, nel cuore del deserto libico. La maggior parte di loro – secondo quanto si legge su Avvenire - si trova in questi giorni nella città di Sebah, dove tuttavia non c’è riparo né opportunità di lavoro e dove il permesso di soggiorno, ricevuto all’uscita dalla prigione, è valido ma solo per tre mesi. Un centinaio di loro si trova invece a Tripoli, capitale del Paese, in condizioni, tuttavia, di permanenza illegale, partiti grazie ad una colletta dei compagni di sventura: sono gli uomini feriti in maniera grave durante la rivolta di Misratha, il 29 giugno scorso, e che ora, dopo esser stati abbandonati per giorni nelle carceri di Brak, possono forse ricevere le cure necessarie. A richiamare l’attenzione su questa drammatica vicenda è don Mussie Zerai, sacerdote eritreo e presidente dell’associazione Habeshia che da settimane si batte per la tutela di questi uomini. Dopo la loro scarcerazione – è il suo appello – i riflettori dei media si sono spenti, mentre invece tanto l’Italia quanto i Paesi dell’Unione Europea - afferma il sacerdote - “devono accogliere questi ragazzi, offrire loro la possibilità di chiedere asilo politico e costruirsi una nuova vita”. Anche perché – sottolinea padre Zerai – alcuni dei profughi sono fra coloro che furono respinti dall’Italia, nell’estate del 2009, a bordo di barconi carichi di migranti e richiedenti asilo, provenienti dalle coste libiche. “Abbiamo i nomi di cento respinti” conclude il sacerdote. (C.D.L.)
Yemen. Difficoltà alimentari per oltre 300 mila sfollati
◊ Nello Yemen, liberati circa cento prigionieri catturati un mese fa dai ribelli hutu durante gli scontri con l’esercito yemenita nella provincia nordoccidentale di Amran. La liberazione avviene il giorno seguente l’appello del presidente del Paese Ali Abdullah Saleh che ha chiesto il rispetto del cessate il fuoco, a cui i ribelli si sono impegnati, il ritiro dalle postazioni controllate e il rilascio dei civili e dei militari loro prigionieri. Nel Paese gli scontri nelle regioni settentrionali fra ribelli e forze governative hanno causato circa 300 mila sfollati che vivono in condizioni di precarietà alimentare. Qui il Programma Alimentare delle Nazioni Unite (Pam), insieme ad altre organizzazioni non governative – informa l’agenzia Fides - è impegnato a garantire una distribuzione alimentare equa a tutte le famiglie, fra cui si contano circa 60 mila bambini sotto i cinque anni di età. Le operazioni si estendono nelle zone di Hajjah, al-Jawf, Saada, Sanaa e Amran. L'insufficienza dei fondi, l'insicurezza e le difficoltà di accesso rappresentano le sfide principali. Da maggio 2010 – ancora secondo qunato riferito da Fides - il Pam ha dovuto dimezzare le razioni per evitare la sospensione totale degli aiuti. L'accesso ai prodotti alimentari rappresenta ancora una sfida, in particolare nelle zone a nord e ovest di Saada, come pure nel distretto di Harf Sufyan del governatorato di Amran. Particolarmente difficile si rivela raggiungere la zona di al-Jawf, dove l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha registrato 17.794 sfollati, a causa dell'insicurezza tribale e del conflitto tra l'esercito e i ribelli hutu. (C.D.L.)
Nel Nord Kivu 90 mila civili in fuga dagli scontri
◊ “Uccisioni e violazioni dei diritti umani” a danno di decine di migliaia di civili. E’ quanto accade in queste ore nel Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, secondo una denuncia dell’Ocha, l’agenzia delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari. Nell’area, da settimane, l’esercito congolese ha lanciato un’offensiva contro l’Alleanza delle forze democratiche unite all’Esercito Nazionale per la liberazione dell’Uganda (Adf - Nalu), e l’epicentro dell’attacco – riferisce Avvenire – è la città di Beni, proprio nel Nord Kivu. “Molti villaggi sono stati saccheggiati e i civili sono in preda al terrore- denuncia un comunicato dell’agenzia dell’Onu - temono di essere derubati o attaccati soprattutto nelle cittadine di Eringeti e Mutwanga”. La maggioranza degli sfollati sta cercando soccorso presso i propri familiari, altri cercano riparo dagli scontri presso chiese e scuole. “Protezione, cibo, acqua e medicine – si legge ancora nel testo - sono i beni di prima necessità che le agenzie umanitarie della zona stanno cercando di fornire”, ma l’area è insicura e i soccorsi difficili. Secondo fonti dell’esercito negli scontri sono stati uccisi almeno 30 ribelli. (C.D.L.)
Canada: la Chiesa ricorda il quarto centenario del Battesimo del leader indigeno Membertou
◊ La Chiesa cattolica in Canada ricorda oggi il IV centenario del Battesimo del Gran capo Membertou, con una solenne celebrazione a Chapel Island (Nova Scotia) in diocesi di Antigonish, presieduta dal cardinale Marc Ouellet, Inviato Speciale del Santo Padre. Al centro dei festeggiamenti è la nobile figura del capo dei Mi’kmaq, tribù della costa atlantica del Canada, dedita alla caccia e alla pesca, tuttora presente nella provincia della Nuova Scozia che conta un totale di 13mila nativi. Poco è dato conoscere della sua vita: nato probabilmente agli inizi del XVI secolo, incontrò gli esploratori francesi Jacques Cartier, nel 1534 e Samuel de Champlain, intorno al 1605; oltre ad essere il capo politico della tribù, ne era anche il leader spirituale, particolarmente apprezzato per la saggezza profetica e le doti di guaritore. Il 24 giugno 1610 Membertou divenne uno dei primi aborigeni del Nord America ad essere battezzato, insieme alla moglie e ai figli ed altri membri del nucleo familiare; per la sua amicizia e lealtà verso i colonizzatori, il sacerdote francese Jessé Fléché gli impose il nome di “Enrico”, dal re di Francia Enrico IV. Morì il 18 settembre 1611 raccomandando ai suoi figli di continuare ad essere devoti cristiani. In occasione della ricorrenza centenaria, il vescovo di Antigonish, mons. Joseph Dunn, ha diffuso una Lettera pastorale, in cui ricorda alcuni degli elementi che rendono tale anniversario un evento memorabile per tutti i fedeli diocesani. Il documento sottolinea in particolare la volontà manifestata da Membertou dopo il battesimo di essere un cristiano impegnato. In tale prospettiva esortava i missionari gesuiti ad apprendere la lingua dei Mi’kmaq, poiché desiderava ricevere una formazione cristiana e partecipare all’apostolato dei religiosi stessi. La sua fede è stata tramandata ai suoi discendenti e continua ad ispirare il popolo di Mi’kmaq, in particolare le sette comunità delle Prime Nazioni risiedenti nella Diocesi di Antigonish. Alle popolazioni native non sfuggiva la compatibilità del messaggio di cristiano di speranza e di pace con le loro credenze tradizionali; vollero quindi alimentare la loro fede e proteggerla nella loro lingua algonchina, superando momenti di opposizione e non poche difficoltà. Il Battesimo del Gran capo – si legge ancora nel testo – ha contribuito a colmare il divario tra culture autoctone e non native, favorendo il radicamento dell’insediamento francese in Accadia. Il vescovo Dunn non manca di ricordare i momenti in cui il popolo dei Mi’kmaq ha dovuto portare la croce della sofferenza, a causa di pregiudizi, intolleranza, mancanza di cibo e incomprensioni. Viene anche evocata la sofferenza imposta ai nativi con l’allontanamento dei bambini dalle famiglie e la loro collocazione in internati, con la proibizione di esprimersi nella loro lingua. Memorie terribili – prosegue il presule – che muovono la Chiesa a chiedere perdono per quanto commesso nel causare un dolore profondo che ha segnato l’intera esistenza di tanti membri delle comunità native. La Lettera si chiude nel sottolineare quelle doti di accoglienza e di ospitalità dei Mi’kmaq, ereditate dal Gran capo Membertou, e nell’auspicare un forte impegno ecclesiale teso a sostenere le comunità autoctone, a promuovere tra loro varie forme di vocazione - al sacerdozio, al matrimonio, alla vita consacrata – a preservare cultura, tradizioni e aspetti liturgici della loro fede. Nel corso della sua missione, il cardinale Ouellet ha inoltre incontrato il Gran Consiglio dei Mi’kmaq, i parroci impegnati nel servizio pastorale con le Prime Nazioni e un gruppo di vescovi delle diocesi dell’Atlantico. (M.V.)
Corea del Sud. La Chiesa celebra il primo Congresso nazionale per la vita
◊ Promuovere la cultura della vita, la difesa della vita umana sin dallo stadio embrionale ed una maggiore sensibilità verso la donazione degli organi. Sono i temi – secondo AsiaNews - del primo Congresso nazionale per la Vita sul tema “Verso la cultura della Vita: difendiamo gli embrioni, doniamo organi”, promosso dalla Commissione per la vita e da quella sulla Bioetica della Conferenza episcopale coreana. L’incontro, che si è tenuto presso la comunità cristiana di Kkottongnae, che assiste i senza fissa dimora e gli abbandonati, nell’arcidiocesi di Seoul, si è concluso lo scorso 11 luglio ed ha radunato circa 150 persone fra sacerdoti, laici ed esperti. Tra i presenti molti giovani che hanno partecipato ad una veglia notturna di preghiera e si sono impegnati ad organizzare un “Campo della gioventù pro-vita” entro la fine dell’estate. (C.D.L.)
Commemorazioni in Polonia per l'anniversario dell’Insurrezione di Varsavia contro i nazisti
◊ Commemorazioni, in Polonia, per il 66.mo anniversario dell’Insurrezione di Varsavia contro le truppe di Hitler, costata la vita a circa 150mila civili; per ricordare i morti e i 600mila deportati nei 63 giorni della rivolta sono state indette celebrazioni religiose e manifestazioni civili in diversi luoghi della città. Ieri, l’arcivescovo di Varsavia, mons. Kazimierz Nycz, ha presieduto una Santa Messa nella Piazza dei Krasinski della capitale, mentre nel pomeriggio di oggi una celebrazione ecumenica avrà luogo nel Cimitero degli Insorti. Le autorità dell’arcidiocesi hanno chiesto ai parroci di includere preghiere per i caduti in ogni celebrazione della Santa Messa. Iniziative sono anche previste presso il Museo dedicato all’Insurrezione, voluto dal sindaco di Varsavia Lech Kasczynski - successivamente capo dello Stato polacco - morto il 10 aprile scorso nella catastrofe aerea di Smolensk. Per segnare l’ora dell’inizio dell’Insurrezione, campane e sirene suoneranno a distesa alle ore 17.00. (M.V.)
Fervono i preparativi a Cuzco in Perù in vista del Congresso dell’Infanzia Missionaria
◊ Oltre 500 bambini e 100 animatori dell'Infanzia Missionaria parteciperanno il 21 agosto al II Congresso arcidiocesano dell’Infanzia Missionaria sul tema "Amici di Gesù, seminatori di speranza". Promosso dalla Commissione della Santa Infanzia dell'arcidiocesi di Cuzco – riporta l’agenzia Fides - l’evento si terrà presso l'auditorium del Collegio “San Francisco de Asis” nel centro della città. L’obiettivo del meeting è risvegliare nei cuori dei bambini lo spirito missionario e suscitare il desiderio dell’incontro con Gesù. Il programma è articolato secondo diversi appuntamenti: il Congresso si aprirà con una celebrazione eucaristica presieduta dall'arcivescovo di Cuzco, mons. Juan Antonio Ugarte Pérez, e si concluderà con una serata culturale con canti, testimonianze e momenti di preghiera per la salute dei bambini di tutto il mondo. Una preghiera molto sentita dai peruviani perché proprio a Cuzco e nel Sud del Paese sono soprattutto i bambini a soffrire delle malattie causate del freddo che negli ultimi mesi ha colpito il Perù e altre aree dell’America Latina. (C.D.L.)
La diocesi di Pistoia in pellegrinaggio a Santiago de Compostela
◊ Sono oltre 70 i pellegrini che in questi giorni partecipano al Cammino di Santiago organizzato dalla Pastorale giovanile della diocesi di Pistoia. Tra essi anche alcuni giornalisti dell’associazione internazionale per la salvaguardia del creato 'Greenaccord'. L’arrivo nella cittadina galiziana è previsto il prossimo 5 agosto. Da Portela de Valcarce a Santiago de Compostela, sono oltre 150 i km che i giovani stanno percorrendo a piedi. Tante le storie e le motivazioni che li hanno spinti a fare la scelta di una vacanza diversa dal solito. Tra loro c’è chi come Giovanni, 18 anni appena compiuti, dopo la maturità deve decidere cosa fare e spera che questo percorso lo aiuti in questa riflessione. C’è chi invece è alla ricerca della fede come Fabio e Matteo, e chi questo cammino lo ha già percorso per intero lo scorso anno, e oggi vuole far vivere questa esperienza anche alla moglie e alla figlia di soli 6 anni, che è diventata la mascotte del gruppo. Tra i partecipanti ci sono anche alcuni giornalisti di testate nazionali cattoliche. ”La presenza di questi amici- spiega Martina Valentini addetta stampa per l’associazione 'Greenaccord'- è stata voluta per permetter loro di fare un'esperienza sul campo e raccontare il rispetto per il creato condividendo le emozioni e le difficoltà del cammino, perché siano anche essi viandanti e non solo passivi e sedentari spettatori.” E questa sera i giovani arrivano a Porto Marin. Alla meta, dove riposano i resti dell’ apostolo Giacomo, mancano circa 100 km. (A cura di Marina Tomarro)
Inaugurata al Santuario di San Gabriele la Biennale d'arte sacra sul tema delle Beatitudini
◊ Inaugurata ieri, presso il Santuario di San Gabriele in Teramo, la 14.ma Biennale d'arte sacra contemporanea sul tema “Le Beatitudini evangeliche”. Ad organizzarla è la Fondazione Stauros italiana Onlus, con il concorso scientifico dei maggiori critici italiani quali Mariano Apa, Luca Beatrice, Giuseppe Billi, Maurizio Calvesi, Lorenzo Canova, Luciano Caramel, Carlo Fabrizio Carli, Pierluigi Lia, Mary Angela Schroth, Marisa Vescovo. La rassegna riunisce oltre cento opere create per la circostanza e firmate da noti artisti, tra i quali Angelo Casciello, Piero Casentini, Stefania Fabrizi, Fathi Hassan, Emilio Isgrò, Alessandro Kokocinski, Luigi Mainolfi, Andrea Martinelli e Gian Marco Montesano. Nella progettazione dell’esposizione critici e teologi hanno collaborato con gli artisti, aiutandoli ad evidenziare nelle loro creazioni il processo artistico ed ermeneutico in riferimento al tema delle Beatitudini, nel segno di un rinnovato dialogo tra arte e fede. Tra gli importanti riconoscimenti già ricevuti, la 14.ma Biennale ha in particolare ottenuto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, il patrocinio della Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa e quello del Ministero dei Beni e attività culturali dello Stato italiano. L’inaugurazione della mostra è coincisa con l’arrivo al Santuario della “Staffetta della solidarietà, dell’amicizia e della creatività” del gruppo Avis che, partendo dalle Marche, ha raggiunto ieri pomeriggio il Santuario di San Gabriele; l’ultimo tedoforo ha acceso il braciere, dando così inizio alla Biennale, che potrà essere visitata fino al 24 ottobre prossimo. (M.V.)
L'Unesco riconosce quindici nuovi siti patrimonio dell’Umanità
◊ Quindici nuovi siti, tra cui la rete dei canali di Amsterdam, sono stati inseriti nell’elenco del patrimonio mondiale dell’umanità stilato dall’Unesco. Lo ha annunciato l’Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite per l’istruzione, la scienza e la cultura sul suo sito Internet. Tra le nuove località figurano, oltre alla zona dei canali costruita tra la fine del 16. mo e l’inizio del 17. mo secolo nella capitale olandese, la città imperiale di Thang Long-Hanoi, in Vietnam, i monumenti storici di Dengfeng, in Cina, la zona archeologica di Sarazm, nel Tagikistan, gli storici bazar di Tabriz, in Iran, e di At-Turaif a Ad-Dir’iyah, in Arabia Saudita, ed infine in Europa la città episcopale francese di Albi. (C.D.L.)
Cordoglio nel mondo del cinema e della cultura per la scomparsa di Suso Cecchi D'Amico
◊ Anche il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, quando ieri ha appreso la notizia della scomparsa di Suso Cecchi D'Amico, si è unito personalmente al dolore dei familiari, nel ricordo di una grande protagonista delle stagioni più alte della storia del cinema italiano. Eccoci, dunque, ancora una volta, alla parola sospesa che termina un altro importante capitolo di questa meravigliosa storia, ma fortunatamente non chiude l’intero romanzo. Suso Cecchi d’Amico, stirpe di intellettuali potenti e rispettati, rappresentante indimenticabile e quasi unica di quella “quota rosa” che nel campo della sceneggiatura cinematografica non è mai riuscita a farsi strada veramente, se ne va dall’alto dei suoi novantasei anni di vita, di amore incondizionato e riservato per il cinema, brillante e nobile presenza umana, amica e collega di artisti insuperabili e indimenticabili – ci sono tutti i più grandi nomi del cinema italiano di un passato che sembra remotissimo e certamente rimpianto. Suso, che vedeva e poi scriveva (secondo la sua confessione-consiglio), perché il testo, per lei, è creato dalle immagini, plasmato dalla loro successione, e non viceversa. Nei capolavori ai quali ha apposto la sua firma e il suo suggello – con vero spirito di collaborazione come in Italia allora si sapeva fare, lavorando insieme a Zavattini e Moravia e tantissimi altri – questa sua regola balza subito agli occhi e sollecita pensieri alti: i film, di ogni genere e stile, gusto e spessore, con lei hanno avuto e avranno vita infinita, dall’Onorevole Angelina di Zampa ai Ladri di Biciclette di De Sica, dai Vinti di Antonioni a Senso di Visconti . Confessa, in uno dei più originali volumi dedicati ai protagonisti della nostra storia di cinema, Anni fuggenti di Silvio Danese: “So per certo di avere lavorato con talenti – uomini e donne – che non sono stati sostituiti. Né l’avremmo immaginato, a quel tempo, che erano unici”. Parole vere: solo che oggi, di questa consapevolezza di Suso, con la sua scomparsa, di questa unicità e irripetibilità, ne siamo assolutamente certi. (A cura di Luca Pellegrini)
Berlusconi: no a governo tecnico ed elezioni. Bersani: si faccia un governo di transizione
◊ Il dibattito politico italiana, dopo la rottura tra Berlusconi e Fini, si concentra sul numero di deputati su cui può contare il governo in vista di appuntamenti chiave in programma alla Camera, probabilmente anche prima della pausa estiva. Il premier Berlusconi si è detto fiducioso, nonostante i centristi Casini e Rutelli abbiano escluso l’appoggio dei propri parlamentari. Bersani invoca un governo di transizione. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
E’ tempo di analisi e di conti ma Berlusconi ha escluso sia l’ipotesi di elezioni anticipate sia quella di un governo tecnico. Il leader del Pd, Bersani, invece chiede un governo di transizione per fare una legge elettorale che ridia potere ai cittadini e per varare alcune misure economiche necessarie al Paese. Da parte sua, in colloqui con la stampa, il premier si è detto sereno, sottolineando che adesso bisogna andare avanti con le riforme a partire da federalismo e lotta all’evasione fiscale. Insomma per il presidente del Consiglio procederà senza problemi il cammino del suo esecutivo che – ha ricordato in una nota diffusa ieri – solo nelle ultime settimane ha dato prova della sua concretezza riformatrice approvando ben quattro provvedimenti: la manovra economica, la riforma del codice della strada, quella dell’università e la nuova legge sul cinema. L’alleanza con la Lega è fuori discussione. Il ministro Bossi, che ha detto di preferire il voto anticipato ad un governo tecnico, è preoccupato per il federalismo e ha ricordato che ci sono 20 milioni di uomini pronti a battersi per la democrazia. Anche i finiani a Montecitorio non sembrano intimorire il premier. Sono persone per bene – ha detto – non vogliono andare a casa e voteranno quei provvedimenti previsti dal programma. Accantonato il progetto intercettazioni, la prima prova per l’esecutivo è ormai alle porte, e sarà la mozione di sfiducia al sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo che le opposizioni chiedono di votare alla Camera nei prossimi giorni. I finiani, sensibili alla questione morale, non hanno ancora reso pubbliche le loro intenzioni. L’Italia dei Valori ha sollecitato gli ex di An per una risposta chiara. Di Pietro guarda già al voto anticipato e ha proposto al Pd di dar vita ad una casa comune del centrosinistra. I democratici chiedono ancora a Berlusconi di riferire in Parlamento, ma il premier ha annullato l’annunciato discorso in Senato prima della pausa estiva sui temi di giustizia e legalità. I centristi, infine: dopo Casini anche Rutelli ha bocciato qualsiasi ipotesi di alleanza rifiutando la possibilità di “una campagna acquisti” tra i parlamentari dell’Api per rimpolpare la maggioranza di governo.
Gaza
Nuovo raid dell’aviazione israeliana su Gaza all’alba in risposta all’ultimo razzo lanciato ieri sera contro la città ebraica di Sderot. Colpiti anche questa volta tunnel nella Striscia utilizzati per il contrabbando, senza provocare vittime. Israele “ha il diritto di difendere i suoi cittadini” ha affermato il premier Netanyahu puntando il dito contro Hamas, che peraltro in queste ore ha minacciato vendetta per l’uccisione di un suo leader avvenuta venerdì sotto il fuoco degli aerei dello Stato ebraico. Netanyahu ha anche previsto la ripresa dei colloqui diretti con i palestinesi entro la metà di agosto, precisando però che saranno rifiutate eventuali condizioni poste dalla controparte. L’Autorità nazionale palestinese, dal canto suo, ha fatto sapere di aver presentato un piano di pace all’amministrazione statunitense che è più generoso nei confronti di Israele rispetto al passato. Intanto oggi il presidente egiziano Mubarak al Cairo ha incontrato il presidente israeliano Shimon Peres, proprio per discutere del rilancio del processo di pace. Per un commento sulla situazione Luca Collodi ha intervistato il padre francescano David Jaegger, esperto di questioni relative alla Terra Santa:
R. - La ripresa dei colloqui, se avverrà, non garantirà di per sé la fine dello stallo, perché mentre adesso la discussione verte sui meccanismi - negoziati diretti o indiretti - qualora i negoziati diretti riprendessero davvero, si verrebbe direttamente alle questioni di sostanza, che restano ancora quelle che dividono profondamente le parti.
D. - Tra l’altro, si continua a costruire in zone, da parte israeliana, che dovrebbero essere territori palestinesi…
R. - E’ proprio questo, adesso, il problema principale, perché l’Organizzazione per l liberazione della Palestina, presieduta da Mahmud Abbas, teme che la ripresa dei negoziati diretti, in queste condizioni, possa essere vista come acquiescenza rispetto al progredire degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Afghanistan
In Afghanistan almeno 10 civili hanno perso la vita oggi nell'esplosione di tre ordigni rudimentali nei pressi di Kandahar. Intanto l’Olanda ha avviato il ritiro delle proprie truppe dal Paese. Si tratta di circa duemila uomini dispiegati nella provincia di Uruzgan. In mattinata la cerimonia per il passaggio di consegne alle forze americane ed australiane che assumeranno il controllo militare dell’area. E’ il primo ritiro di un contingente straniero così consistente. La Nato aveva chiesto la proroga della missione fino all’agosto dell’anno prossimo, ma lo scorso febbraio il governo è caduto e ha deciso, dopo 4 anni, di non rinnovare l’impegno nel Paese.
Iraq
Violenza protagonista anche in Iraq, dove il mese di luglio è stato quello con il maggiore numero di vittime da oltre due anni: 535 morti, fra cui 396 civili. Il bilancio è stato diffuso dai ministeri iracheni della Sanità, della Difesa e dell'Interno precisando che le forze di sicurezza hanno ucciso un centinaio di insorti arrestandone circa mille.
Iran
Nelle prossime settimane l’Iran presenterà una serie di progetti difensivi “sbalorditivi” in risposta alle sanzioni dell’ONU contro il suo programma nucleare che vietano l’esportazioni di armi verso la Repubblica Islamica. Ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa di Teheran, mentre l’ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite ha minacciato che il suo Paese metterà “a ferro e fuoco Tel Aviv” in caso di un attacco militare contro le proprie installazioni atomiche da parte di Israele.
Pakistan
I servizi segreti pachistani hanno annullato una visita in Gran Bretagna, dopo le dichiarazioni rilasciate in India nei giorni scorsi dal premier britannico David Cameron, che ha accusato Islamabad di 'esportare il terrore'. Le affermazioni del primo ministro di Londra fanno seguito alle indiscrezioni di Wikileaks, secondo cui il governo pachistano avrebbe sostenuto i talebani e la guerriglia islamica. Ce ne parla Francesca Marino, direttrice del portale StringerAsia, intervistata da Giada Aquilino:
R. - Non è una novità, il Pakistan viene accusato regolarmente da anni di sostenere i talebani. Nello specifico adesso, sono i rapporti - pare filtrati, alcuni dicono addirittura consegnati - volontariamente a Wikileaks.
D. - Proprio in questi rapporti di Wikileaks, cosa si dice in particolare?
R. – Si dice anche lì qualcosa di ampiamente detto e scritto in ogni rapporto degli ultimi sette-otto anni, cioè che i servizi segreti pachistani continuerebbero a finanziare, armare, addestrare i talebani; che si servirebbero dei mezzi e del denaro ricevuti dagli americani per armarsi contro l’India; che l’attentato all’ambasciata indiana a Kabul sarebbe stato organizzato dai servizi segreti pachistani. In realtà nei rapporti e nei file di Wikileaks non c’è nulla di nuovo.
D. – Al momento quali sono i rapporti tra Afghanistan e Pakistan?
R. – Sono altalenanti e ondeggianti. Lì si sta giocando la grande partita del ritorno a casa degli americani, che potrebbero ritirarsi prima del previsto. Il problema è che il Pakistan non vorrebbe una presenza forte indiana in Afghanistan.
D. – Qual è la situazione su quel fronte?
R. – L’India continua ad insistere perché il terrorismo di matrice pachistana venga fermato; il Pakistan continua a negare che questo terrorismo esista.
D. – L’India in queste ore è alle prese con disordini anche in Kashmir…
R. – Sì, però sono disordini che hanno una modalità nuova e una volta tanto non dipendono completamente dalla lotta per il Kashmir. In realtà, i nuovi disordini sono capeggiati da giovani che protestano per motivi prettamente economici e di sviluppo. Il Kashmir era la Svizzera dell’India finché non sono cominciate le lotte negli anni 80, il che ha portato a un crollo economico verticale della regione, che al momento non si riesce ancora a ricuperare.
Tensione Colombia-Venezuela
La Colombia non ha alcuna intenzione di attaccare il Venezuela. Lo ha dichiarato il governo colombiano del presidente Uribe in un comunicato diffuso ieri dopo le accuse del leader di Caracas, Hugo Chavez, che in queste ore ha ordinato alle proprie truppe di schierarsi al confine proprio per le tensioni con il Paese vicino. La Colombia ha anche ribadito il massimo impegno sul fronte diplomatico per convincere il Venezuela a non offrire appoggio ai guerriglieri delle Farc.
Russia sconvolta dagli incendi
Si aggrava la situazione in Russia sul fronte degli incendi, provocati dall’eccezionale ondata di caldo che imperversa da giorni soprattutto nella zona occidentale del Paese. Le fiamme in queste ore hanno raggiunto la regione dell’estremo oriente, colpendo circa 100 mila ettari di foresta. Particolarmente interessata anche la penisola settentrionale di Kamchatka. Sono decine di migliaia i vigili del fuoco, appoggiati dai soldati, impegnati nel tentativo di arginare i roghi. Il premier Putin ha convocato per domani a Mosca un vertice straordinario con i governatori delle 14 regioni dove è stato dichiarato lo stato d’emergenza. Preoccupazione è stata espressa anche dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill, che oggi ha lanciato un appello ad unirsi nella preghiera “affinchè la pioggia arrivi sulla nostra terra”.
Protesta dell'opposizione russa
Le forze dell’ordine russe sono intervenute ieri a Mosca per disperdere una manifestazione dell’opposizione che ogni 31 del mese scende in piazza a difesa dell’articolo 31 della Costituzione, che prevede appunto la tutela del diritto di riunione. Decine gli arresti eseguiti da oltre 350 tra poliziotti e soldati. In manette anche il leader Nemtsov, molto noto nel Paese noto per le sue posizioni antigovernative.
Bangladesh
Nuovi scontri oggi a Dacca in Bangladesh tra polizia e lavoratori del settore tessile che da giorni stanno protestando per chiedere aumenti salariali. Le forze dell’ordine hanno utilizzato gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti che hanno innalzato barricate sulle principali vie di comunicazione della città. La giornata di ieri si è chiusa con un bilancio di un centinaio di feriti.
Grecia
Disagi in Grecia per la carenza di carburante nel Paese a causa dello sciopero degli autotrasportatori, che prosegue ormai da circa una settimana nonostante la precettazione imposta dal governo. Atene ha dovuto fare ricorso all’esercito per rifornire ospedali, aeroporti e centrali elettriche. La polizia presidia gli impianti di raffinazione per evitare incidenti. Da ieri sono previste pesanti sanzioni, fino alla revoca della licenza, per quanti si oppongono alla ripresa delle attività. Le associazioni dei commercianti lamentano gravi perdite sul fronte del turismo.
Marocco-Fronte Polisario
Il Marocco non rinuncerà alla sovranità sul Sahara occidentale. Lo ha dichiarato il re del Paese, Mohammed VI, venerdì scorso in occasione dell’11esimo anniversario della sua ascesa al trono, suscitando la preoccupazione del Fronte Polisario che rappresenta il popolo saharawi e che si batte per l’autonomia della regione. Il discorso del sovrano – hanno affermato esponenti del movimento – “ravviva il fuoco della guerra e delle tensioni nell’area”. Per questo il Fronte ha chiesto alle Nazioni Unite di accelerare la sua missione nella regione in vista dello svolgimento del referendum sul’indipendenza al fine di permettere al popolo saharawi di esercitare il suo diritto all’autodeterminazione. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 213
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