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Sommario del 30/09/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’udienza generale dedicata al viaggio nella Repubblica Ceca: l’Europa ha bisogno di Dio per ritrovare la speranza nel domani. Ed esorta i politici a testimoniare la verità nella propria vita
  • Nomine al Pontificio Consiglio per la Famiglia
  • Nomina
  • Mons. Nikola Eterovic presenta il prossimo Sinodo dei Vescovi per l'Africa, a pochi giorni dall'inizio dell'assise in Vaticano
  • Intervento di mons. Migliore all’Assemblea dell’Onu: rinnovare l’ordine internazionale dall’interno del sistema delle Nazioni Unite
  • Eccezionale apertura della Cappella Niccolina affrescata dal Beato Angelico in occasione della lezione pubblica serale che il direttore dei Musei Vaticani terrà sull'artista del Quattrocento
  • L'"Augustinianum" ospiterà da gennaio il 26.mo Corso del dicastero per le Cause dei Santi dedicato alla formazione di personale sulla materia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il disegno di legge spagnolo che prevede l'aborto per le minorenni. Olimpia Tarzia: un'operazione culturale dalle conseguenze molto gravi
  • Il nuovo segretario generale del Consiglio d'Europa, Jagland: bisogna rendere l'istituzione più flessibile
  • Il dramma delle donne del Darfur soggette a violenze nei campi profughi in Ciad: la denuncia in un rapporto di "Amnesty International"
  • I temi centrali dell'ultimo Consiglio permanente della Cei nell'intervista del segretario generale, mons. Mariano Crociata
  • Le iniziative delle Pom in vista dell'ottobre missionario che si apre domani in tutte le Chiese del mondo. Intervista con padre Giulio Albanese
  • Chiesa e Società

  • Appello della Chiesa colombiana al governo e alle Farc per la liberazione degli ostaggi
  • Porto Rico: intervento dell’arcivescovo di San Juan sui licenziamenti degli impiegati pubblici
  • Spagna: la risposta della Chiesa all'aborto libero
  • Il crollo di una chiesa protestante in Nepal causa decine di morti
  • Rapporto Fao: l’agricoltura africana è in crescita
  • Botswana: appello del vescovo di Gaborone per il voto del 16 ottobre
  • Sierra Leone: l’arcivescovo di Libreville parla della ricostruzione a 8 anni dalla fine della guerra
  • I vescovi del Nord Africa illustrano le sfide della Chiesa del Maghreb da presentare al Sinodo
  • Kenya: i Superiori Maggiori chiedono che il Sinodo affronti il problema dei conflitti in Africa
  • Usa: il Rosario missionario dinanzi al Santissimo Sacramento recitato da 4.000 ragazzi
  • Perù: il cardinale Cipriani chiede un dialogo tra progresso e religione
  • In Sicilia "l’Africa incontra l’Europa" al Forum internazionale sullo sviluppo
  • Romania: cattolici ed ortodossi contro la legalizzazione di droga e prostituzione
  • Croazia: preoccupazione dei vescovi per gli attacchi alla Chiesa
  • Polonia: conclusa la visita di una delegazione di religiosi del Patriarcato di Mosca
  • Cina: festeggiati i 60 anni della chiesa di Cao Jia, nella diocesi di Wen Zhou
  • Il 2 ottobre inaugurazione alla Cattolica dell'Istituto Confucio
  • L’Ordine di Santa Brigida celebra i 10 anni dalla proclamazione a Compatrona d’Europa
  • 24 Ore nel Mondo

  • Violento terremoto nel Pacifico. Uno tsunami provoca terrore e distruzione nelle isole Samoa: almeno 130 vittime
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’udienza generale dedicata al viaggio nella Repubblica Ceca: l’Europa ha bisogno di Dio per ritrovare la speranza nel domani. Ed esorta i politici a testimoniare la verità nella propria vita

    ◊   Nell’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha ripercorso idealmente il suo recente viaggio apostolico nella Repubblica Ceca. Il Papa ha rinnovato ai fedeli cechi un messaggio di speranza e un invito a costruire con coraggio il futuro dell’Europa. Nei saluti in italiano, il Papa ha esortato i cristiani impegnati in politica a seguire l’esempio di don Luigi Sturzo, di cui ricorre il 50.mo della morte. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    Un pellegrinaggio e al tempo stesso “una missione nel cuore dell’Europa”: Benedetto XVI ha sintetizzato così il senso del suo viaggio apostolico nella Repubblica Ceca ed ha subito sottolineato che l’Europa “ha bisogno di ritrovare in Dio e nel suo amore il fondamento della speranza”. Quindi si è soffermato sul motto della visita: “L’amore di Cristo è la nostra forza”. Un’affermazione, ha rilevato, che vuole “interpretare la certezza dei cristiani di oggi”:

     
    “Una forza che ispira e anima le vere rivoluzioni, pacifiche e liberatrici, e che ci sostiene nei momenti di crisi, permettendo di risollevarci quando la libertà, faticosamente recuperata, rischia di smarrire se stessa, la propria verità”.

     
    L’amore di Cristo, ha affermato Benedetto XVI, ha iniziato “a rivelarsi nel volto di un Bambino”. Per questo, ha spiegato, la prima tappa del suo viaggio è stata nella chiesa praghese di Santa Maria della Vittoria, dove si venera il “Bambino Gesù”:

     
    “Dinanzi al Bambino di Praga ho pregato per tutti i bambini, per i genitori, per il futuro della famiglia. La vera ‘vittoria’, che oggi chiediamo a Maria, è la vittoria dell'amore e della vita nella famiglia e nella società”.

     
    Ha così rammentato gli incontri avvenuti nel Castello di Praga, un contesto nel quale ha potuto “toccare l’ambito civile e quello religioso, non giustapposti, ma in armonica vicinanza nella distinzione”. In particolare, ha offerto una riflessione sul suo discorso al Corpo diplomatico nel quale ha voluto richiamare “il legame indissolubile che sempre deve esistere tra libertà e verità”:

     
    “Non bisogna aver paura della verità, perché essa è amica dell’uomo e della sua libertà; anzi, solo nella sincera ricerca del vero, del bene e del bello si può realmente offrire un futuro ai giovani di oggi e alle generazioni che verranno (…) Chi esercita responsabilità nel campo politico ed educativo deve saper attingere dalla luce di quella verità che è il riflesso dell’eterna Sapienza del Creatore; ed è chiamato a darne testimonianza in prima persona con la propria vita”

     
    “Solo un serio impegno di rettitudine intellettuale e morale - ha avvertito il Papa - è degno del sacrificio di quanti hanno pagato caro il prezzo della libertà”. Ha quindi rivolto il pensiero alla celebrazione dei Vespri con il clero e il laicato cattolico ceco:

     
    “Per le comunità dell’Europa centro-orientale questo è un momento difficile: alle conseguenze del lungo inverno del totalitarismo ateo, si stanno sommando gli effetti nocivi di un certo secolarismo e consumismo occidentale”.

     
    Per questo, ha detto, “ho incoraggiato tutti ad attingere energie sempre nuove dal Signore risorto, per poter essere lievito evangelico nella società” e impegnarsi in attività caritative ed educative. Nelle due grandi Messe, a Brno e Stará Boleslav, ha affermato Benedetto XVI, il messaggio forte è stato quello della speranza fondata sulla fede in Cristo. La speranza dei Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi e di San Vencenslao che antepose il Regno dei cieli al fascino del potere terreno e, per questo, è rimasto sempre nel cuore del popolo ceco. Il Vangelo, ha osservato il Papa, come “un fiume di acque risanatrici attraversa la storia e i continenti”, portando vita e salvezza. Ancora, ha ricordato l’invito rivolto ai giovani cechi “a riconoscere in Cristo l’amico più vero che soddisfa le aspirazioni più profonde del cuore umano”. Il Pontefice non ha mancato di menzionare l’incontro ecumenico avvenuto nell’arcivescovado di Praga:

     
    “Lo sforzo di progredire verso una unità sempre più piena e visibile tra noi, credenti in Cristo, rende più forte ed efficace il comune impegno per la riscoperta delle radici cristiane dell’Europa”.

     
    Da ultimo, il Papa ha parlato del suo incontro con il mondo accademico ceco, evidenziando che proprio nelle università prese le mosse, vent’anni fa, la cosiddetta “Rivoluzione di velluto” che portò alla caduta del regime comunista in quel Paese:

     
    “A vent’anni da quello storico evento, ho riproposto l’idea della formazione umana integrale, basata sull’unità della conoscenza radicata nella verità, per contrastare una nuova dittatura, quella del relativismo abbinato al dominio della tecnica”.

     
    La cultura umanistica e quella scientifica, ha concluso, “non possono essere separate, anzi, sono le due facce di una stessa medaglia” come ce lo ricordano grandi scrittori e scienziati, figli della patria ceca come Kafka e l’abate Mendel. Al momento dei saluti ai pellegrini italiani, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero particolare ai partecipanti al Convegno internazionale sturziano, organizzato nel 50.mo della morte di don Luigi Sturzo:
     
    “L’esempio luminoso di questo presbitero e la sua testimonianza di amore, di libertà e di servizio al popolo sia stimolo e incoraggiamento per tutti i cristiani, e specialmente per quanti operano in campo sociale e politico perché diffondano, con la loro coerente testimonianza, il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa”.

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    Nomine al Pontificio Consiglio per la Famiglia

    ◊   Benedetto XVI ha adottato le seguenti decisioni relative al Pontificio Consiglio per la Famiglia: ha nominato membri del Comitato di presidenza i cardinali: Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano (Italia); Keith Michael Patrick O'Brien, arcivescovo di Saint Andrews and Edinburgh (Gran Bretagna); Sean Patrick O' Malley, arcivescovo di Boston (U.S.A.); Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di São Paulo (Brasile); Sua Beatitudine Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme dei Latini (Gerusalemme); e inoltre mons. Socrates B. villegas, arcivescovo di Lingayen-Dagupan (Filippine) e mons. Francisco Gil Hellín, arcivescovo di Burgos (Spagna).

    Ha inoltre nominato membri del medesimo dicastero i coniugi: Attila e Júlia Gergely (Ungheria), Jaime Armando Miguel e Ligia Maria Moniz Da Fonseca (India), David E. e Mary-Joan Osatohanmwen Osunde (Nigeria), John S. e Claire Grabowski (U.S.A.), Umberto Díaz Victoria e Isabel Botía Aponte (Colombia), Leon Botolo Magoza e Marie Valentine Kisanga Sosawe (Rep. Dem. del Congo), Naser e Amira (Simaan) Shakkour (Israele), Tomás Melendo Granados e Lourdes Millán Alba (Spagna), José Luis e Veronica Villaseñor (Messico).

    Ha infine nominato Consultori del medesimo Pontificio Consiglio per la Famiglia: mons. Livio Melina, preside del Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" per Studi su Matrimonio e Famiglia (Italia); Augusto Sarmiento, docente presso la Facoltà di Teologia dell'Università di Navarra (Spagna); Brice De Malherbe, docente dell'École Cathédrale e della Facoltà Notre-Dame di Parigi (Francia); padre Edoardo Scognamiglio, O.F.M. Conv., ministro provinciale dei Frati Minori Conventuali di Napoli (Italia); e ancora: prof. Pierpaolo Donati, docente presso il dipartimento di Sociologia dell'Università di Bologna (Italia); dott. Francesco Belletti, membro della Consulta Nazionale di Pastorale Familiare dell'Ufficio per la Pastorale della Famiglia della Conferenza Episcopale Italiana (Italia); prof. Stefano Zamagni, docente presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna (Italia); prof. Rafael Navarro-Valls, Docente di Diritto della "Universidad Complutense" di Madrid (Spagna); prof. Nicolás Jouve De La Barreda, docente di Genetica alla "Universidad de Alcalá" (Spagna); dott. Salvatore MARTINEZ, presidente dell'Istituto di Promozione Umana "Mons. Francesco di Vincenzo" (Italia); José de Jesús Hernández Ramos, consigliere del "Doha International Institute for Family Studies an Development" (Messico); coniugi Frank e Julie Laboda, (U.S.A.); Infine: prof.ssa Germina Namatovu Ssemogerere, consultore del "Capacity Building Programme for Ministry of Local Government Civil Service Personnel" (Uganda); prof.ssa Eugenia Scabini, preside della Facoltà di Psicologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (Italia); prof.ssa Teresa Stanton Collet, docente della "University of St. Thomas School of Law" di Minneapolis (U.S.A.); Prof.ssa Susanne Tiemann, Docente di Diritto Sociale presso la "Katholische Fachhochschule Nordrhein-Westfalen" di Colonia (Germania); Michaela Freifrau Heereman Von Zuydtwyck, volontaria nell'Associazione "Elternverein Nordrhein-Westfalen" (Germania).

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita il prof. Jean-Marie Le Méné, presidente della "Fondation Jérôme Lejeune" di Parigi.

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    Mons. Nikola Eterovic presenta il prossimo Sinodo dei Vescovi per l'Africa, a pochi giorni dall'inizio dell'assise in Vaticano

    ◊   La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo”. Su questo tema, si svolgerà dal 4 al 25 ottobre, in Vaticano, il Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Si tratta della seconda Assemblea Speciale dedicata a questo continente, dopo la prima tenutasi nel 1994. Riconciliazione, giustizia e pace, dunque, i temi principali in esame. Ma perché questa scelta? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi:

    R. - Il tema è importante, in quanto fa riferimento alla prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che ha avuto luogo 15 anni fa, ma che adesso i Padri sinodali vogliono approfondire perché è un’esigenza pastorale e, possiamo dire, anche del servizio della Chiesa per il bene di tutti gli uomini di buona volontà, per le società di tutti i Paesi di tutto il Continente.

     
    D. - Abbiamo citato il primo Sinodo speciale per l’Africa. Quale eredità ha lasciato?

     
    R. - Una grande eredità: è stato veramente un’intuizione profetica del Servo di Dio Giovanni Paolo II che aveva, come scopo, quello di preparare la Chiesa in Africa al Grande Giubileo del 2000. Ed è bene che la Chiesa in Africa si riunisca di nuovo con il Vescovo di Roma per ringraziare Dio per i grandi doni che ha elargito sulla Chiesa cattolica in Africa. È una Chiesa che ha conosciuto un impressionante dinamismo apostolico. La Chiesa vuole anche riflettere sull’attuale momento storico, ecclesiale, sull’attività pastorale, esaminare anche le linee-guida di questa attività anche per aumentare ancora di più l’opera di evangelizzazione e di promozione umana. La Chiesa ha sempre, come priorità, l’annuncio del Vangelo, l’evangelizzazione, ovviamente dappertutto e in modo particolare in Africa. L’evangelizzazione è, necessariamente, accompagnata dalla promozione umana. Il Sinodo sarà anche un momento propizio per vedere quanto la Chiesa fa in questo campo, soprattutto nell’educazione, nella salute e anche nella promozione di vari progetti di sviluppo integrale della persona e della società.

     
    D. - A questo proposito, ricordiamo che l’Instrumentum Laboris, che il Santo Padre ha consegnato nelle mani dei Vescovi Africani nel marzo scorso, durante il suo Viaggio apostolico in Camerun e Angola, non è un documento solo ecclesiale…

     
    R. - Ovviamente, i temi della riconciliazione, della giustizia e della pace riguardano tutta la società. La Chiesa può offrire un servizio prezioso, insostituibile in questi campi. La riconciliazione, come nucleo di tutto il processo, richiede una comunità ecclesiale riconciliata: ogni persona riconciliata con Dio e le persone riconciliate tra loro. Una Chiesa di persone riconciliate può promuovere e annunciare la riconciliazione con credibilità, anche in tutto il mondo, nelle società civili dei singoli Paesi. La Chiesa cattolica già lo fa: basta ricordarsi delle Commissioni per la Riconciliazione che sono esistiti nei vari Paesi, ma probabilmente dopo il Sinodo tale processo di riconciliazione sarà ancora più sentito e promosso.

     
    D. - A Suo parere, l’opinione pubblica che idea ha dell’Africa?

     
    R. - Purtroppo, si ha un’idea parziale, forse anche troppo negativa dell’Africa perché - almeno nei mass media occidentali - prevalgono notizie negative sul continente. Invece, ci sono tante notizie positive: sì, ci sono anche i conflitti, le guerre, ma, grazie a Dio, riguardano una piccola parte di Paesi. Altre nazioni hanno fatto grandi progressi, per esempio il Ghana, la Liberia, la Costa d’Avorio. Speriamo che questo processo si possa allargare anche ad altri Paesi, ad altre zone in cui purtroppo c’è ancora violenza e guerra.

     
    E di Sinodo per l’Africa si parlerà anche, da oggi fino a venerdì, al workshop promosso da Pax Romana, Movimento internazionale degli Intellettuali cattolici. Tre giorni di lavori per riflettere soprattutto sul ruolo dei laici nello sviluppo dell’Africa. L’evento è stato presentato questa mattina a Roma e uno dei temi "caldi" subito emersi è stato quello della vendita delle armi e della regolamentazione di questo mercato. C’era per noi Isabella Piro:

     
    In quale direzione va lo sviluppo africano? A questa domanda tenterà di rispondere il workshop di Pax Romana. Un aspetto è predominante: gli indicatori di sviluppo non devono essere solo economici, ma devono guardare alla promozione umana. D’altronde, i dati lo confermano: il Gabon, ad esempio, ha un Pil pari a 14 mila dollari, con una mortalità infantile di 60 bambini su mille. Il Madagascar, con un Pil di 878 dollari, ha una mortalità infantile simile, pari a 66 bambini su mille. L’economia, dunque, da sola non basta. Occorre una cultura dello sviluppo, in cui la società civile diventi protagonista, assumendosi impegni precisi. I laici, allora, devono agire in prima persona ed il loro ruolo diventa fondamentale. Carlo Cirotto, presidente nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale:

    “E’ fondamentale, perché soprattutto in questa situazione di crisi globale, i cristiani a contatto con tutti i problemi concreti, immediati, della vita di questa gente, devono portare il loro contributo. Sui laici pesa la responsabilità del rinnovamento e della soluzione per quanto possibile delle crisi”.

     
    L’Africa necessita di riforme istituzionali, si è detto in conferenza stampa, e di una redistribuzione equa delle risorse naturali. Ma soprattutto occorre adottare un Trattato internazionale che regolamenti il commercio delle armi. Un Trattato che deve rispondere a tre criteri. Zobel Behalal, membro del Comitato cattolico contro la fame e lo sviluppo:

    “Le premier devrait être ...
    Il primo criterio è quello di impedire la vendita delle armi là dove c’è il rischio di violazioni dei diritti umani. Poi là dove si teme la violazione del diritto internazionale ed infine ovunque venga impedito lo sviluppo del Paese e la lotta alla povertà. I Paesi che non rispettano tale trattato devono essere sanzionati”.
     
    Ribadita, infine, l’importanza della Chiesa senza la quale, come è il caso della Repubblica Democratica del Congo, la gestione degli ospedali e delle infrastrutture sarebbe impossibile. Senza dimenticare, infine, le Commissioni Giustizia e Pace che formano ed educano la popolazione, aiutandola ad emergere dalle difficoltà.

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    Intervento di mons. Migliore all’Assemblea dell’Onu: rinnovare l’ordine internazionale dall’interno del sistema delle Nazioni Unite

    ◊   “Noi popoli delle Nazioni Unite”: occorre recuperare questa identità per dare risposta alla crisi economica globale e alle tante sfide che sono di fronte all’umanità. Lo ha affermato mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, intervenuto ieri alla 64 sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in corso nel Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.

     
    “Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi… a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole..” Così recita il preambolo della Carta dell’Onu, approvata nel 1945: bisogna tornare a questi principi base, ha detto l’arcivescovo Migliore, per “rinnovare l’ordine internazionale dall’interno, dove si trovano le crisi vere”. Il rappresentante della Santa Sede ha auspicato un migliore raccordo tra le riunioni del G8, del G20, gli incontri regionali e internazionali e l’Assemblea dell’Onu, cosicché le soluzioni adottate possano riflettere i punti di vista e le aspettative delle popolazioni di tutti i continenti. E ciò per trovare “modi efficaci per connettere le decisioni dei vari gruppi di Paesi a quelle dell’Onu, dove ogni nazione, con il suo peso politico ed economico può legittimamente esprimersi in una situazione di equità con gli altri”. Del resto - ha osservato ancora il presule - “più cresce l’interdipendenza dei popoli, più diventa evidente la necessità delle Nazioni Unite. Il bisogno di avere un’organizzazione capace di rispondere agli ostacoli e alla crescente complessità dei rapporti tra popoli e nazioni diventa impellente”.

     
    Da non dimenticare - ha sottolineato mons. Migliore - che “ogni essere umano ha diritto ad un buon governo, per cui, tutte le azioni sociali, a livello nazionale e internazionale, contribuiscono direttamente o indirettamente a garantire a tutte le persone una vita libera e dignitosa. Allo stesso tempo, è parte essenziale di questa dignità che ognuno assuma la responsabilità delle sue azioni e attivamente rispetti la dignità degli altri. I diritti esistono sempre - ha ricordato l’osservatore vaticano - inseparabilmente dalle responsabilità e doveri. Questo si applica agli individui, donne e uomini, e similarmente agli Stati, i cui veri progressi e affermazioni dipendono dalla loro capacità di stabilire e mantenere relazioni responsabili con gli altri Stati e di esprimere una responsabilità condivisa per i problemi del mondo.”

     
    In questo ambito, l’arcivescovo ha voluto portare all’attenzione dell’Assemblea dell’Onu la situazione di “sofferenza, frustrazione e privazioni” in cui versa il popolo honduregno a causa del “prolungato rivolgimento politico”, ancora una volta chiedendo alle parti coinvolte - a nome della Santa Sede - “di fare ogni sforzo per trovare una pronta soluzione per il bene del popolo dell’Honduras”.

     
    Dalla tribuna dell’Onu, mons. Migliore ha rinnovato la condanna della Santa Sede contro le politiche e gli aiuti allo sviluppo che adottano programmi volti a scoraggiare la crescita demografica di alcune popolazioni “con metodi e pratiche irrispettose dei diritti e della dignità umana”.

     
    Infine, un richiamo alla prossima Conferenza sul clima a Copenaghen dall’8 al 16 dicembre, con l'auspicio che le decisioni in merito “siano prese come un imperativo morale e tradotte in norme legali, capaci di proteggere il nostro pianeta e assicurare alla future generazioni un ambiente sano e sicuro”.

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    Eccezionale apertura della Cappella Niccolina affrescata dal Beato Angelico in occasione della lezione pubblica serale che il direttore dei Musei Vaticani terrà sull'artista del Quattrocento

    ◊   Un’“occasione imperdibile” per ammirare capolavori d’arte altrimenti inavvicinabili e per approfondire la conoscenza di un grande pittore del 15.mo secolo. I Musei Vaticani presentano così la lezione pubblica che il loro direttore, il prof. Antonio Paolucci, terrà alle 20 di venerdì prossimo, 2 ottobre, nel Cortile della Pinacoteca sul tema “Il Beato Angelico e il suo Papa”. “Eccezionalmente”, informa una nota dei Musei Vaticani, verrà aperta al pubblico la piccola Cappella Niccolina, dal nome di Papa Niccolò V, affrescata a metà del 1400 da Fra’ Giovanni da Fiesole, meglio conosciuto come il Beato Angelico. I suoi capolavori, e del suo collaboratore Benozzo Gozzoli, potranno essere ammirati grazie al restauro che, tra l’aprile 1995 ed il dicembre 1996, li ha restituiti al loro originale splendore: da La Storia di S. Stefano, che ritrae il primo martire cristiano, a La Storia di S. Lorenzo, altro martire della prima era della Chiesa.

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    L'"Augustinianum" ospiterà da gennaio il 26.mo Corso del dicastero per le Cause dei Santi dedicato alla formazione di personale sulla materia

    ◊   Teologia, agiografia e diritto: sono le tre materie di approfondimento offerte dal 26.mo Corso dello “Studium” della Congregazione delle Cause dei Santi. Istituito nel 1984 per la formazione di personale qualificato per la trattazione delle cause di canonizzazione, il corso verrà inaugurato l’11 gennaio 2010, alle ore 15.45, nella sede dell’Istituto Patristico “Augustinianum”. Le lezioni si svolgeranno presso l’“Augustinianum” dal lunedì al venerdì, dalle 16 alle 18, e proseguiranno fino all’11 marzo 2010. Al corso possono iscriversi, come studenti ordinari, quanti abbiano conseguito un titolo accademico in studi ecclesiastici. I laureati in genere, in possesso di una formazione teologica di base, possono comunque essere ammessi, con riserva, come uditori straordinari. Le domande di ammissione vanno presentate entro il 24 ottobre.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All’udienza del mercoledì, il Papa ricorda il viaggio a Praga appena concluso.

    Nell’informazione internazionale, l’intervento di mons. Dominique Mamberti al Consiglio di Sicurezza Onu.

    In Cultura, un intervento di Marcello Pera: "I diritti umani? prima non c'erano" ; il cristianesimo alla base dello Stato liberale.

    "Niente sentimentalismi nella dottrina sociale” di Franco Giulio Brambilla; come leggere la "Caritas in veritate"

    "Quella fantasia che il computer non conosce"; esce in Italia "Il mio vicino Totoro" di Hayao Miyazaki, maestro del cinema di animazione

    "Galileo Galilei pittore mancato", scoperto un nuovo autografo dell'astronomo pisano, un’Ottica di Euclide fittamente annotata dal Galilei

    "Com’è bello viaggiare tra le differenze" di Antonio Paolucci sul valore anche economico (ma non solo) della cultura e delle differenze tra i popoli. Accanto, una scheda sull'apertura straordinaria della cappella Niccolina, fissata per il 2 ottobre.

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    Oggi in Primo Piano



    Il disegno di legge spagnolo che prevede l'aborto per le minorenni. Olimpia Tarzia: un'operazione culturale dalle conseguenze molto gravi

    ◊   Nei giorni scorsi, in Spagna, il governo del premier Josè Luis Zapatero ha approvato un disegno di legge, che passerà all’esame del parlamento, in base al quale anche le minorenni dai 16 anni in su potranno abortire senza il consenso dei genitori e non dovranno neppure avvertirli. Contro questa proposta del governo, il prossimo 17 ottobre è stata indetta una manifestazione. Ed è probabile che il progetto di legge sarà tra i temi affrontati dalla Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola che si riunisce oggi e domani a Madrid. Il nuovo testo cambierebbe dunque la legge sull’aborto in vigore in Spagna dal 1985. Il ddl del governo, se sarà approvato senza modifiche, permette inoltre alla donna nelle prime 14 settimane di gestazione di decidere senza l’obbligo di giustificare la sua scelta con nessuna ragione. Dalla 14.ma alla 22.ma settimana si potrà abortire solo se c’è rischio di vita o salute per la madre o se venissero diagnosticate anomalie al feto. L’aspetto più contestato della normativa è quello che riguarda la libertà di aborto per le ragazze minorenni di 16 anni senza il permesso né l’informazione ai genitori. Di una ricaduta devastante parla Olimpia Tarzia, presidente dell’Alleanza mondiale delle donne per la Vita e la Famiglia. Sentiamola nell’intervista di Debora Donnini:

    R. - Stiamo parlando di una realtà come l’aborto che è già oggettivamente, per qualsiasi donna di qualsiasi età, una tragedia. Se questo poi avviene in un’età adolescenziale, in un momento di particolare fragilità psicologica, di interrogativi anche sul senso stesso della vita, sul proprio futuro, lo trovo veramente un percorso gravissimo. Qui non stiamo parlando di prendersi un’aspirina oppure no: qui si sta addirittura ventilando l’ipotesi, appunto, che una giovanissima ragazza affronti una situazione di questo tipo da sola. Fondamentalmente, le vittime dell’aborto sono due: il bambino e la donna, e la donna il più delle volte viene lasciata sola dalla società, dalle istituzioni. In questo caso andiamo addirittura a monte, perché non si consente alla famiglia di poterle offrire alternative, di trovare soluzioni.

     
    D. - La normativa, se entrerà in vigore, renderebbe possibile abortire senza l’obbligo di giustificare in nessun modo questa scelta, e questo fino alla 14.ma settimana. Secondo lei, cosa comporta questo per le donne, per la società?

     
    R. - Qui si sta consentendo ad un essere umano, attraverso questo disegno di legge, di avere potere di vita o di morte su un altro essere umano e, aggiungerei, con l’avallo dello Stato. E nemmeno si prevede un percorso di motivazioni, di giustificazioni, premesso che non è comunque concepibile. Qui si va veramente a minare l’impianto antropologico della società futura: che senso viene dato alla vita umana, che senso viene dato alla dignità di ciascun essere umano a prescindere da quello che sa fare e da quello che possiede; ai diritti umani.

     
    D. - Secondo lei, è in atto un progetto per desensibilizzare la società riguardo all’aborto?

     
    R. - Il tentativo è di banalizzare quello che è invece la realtà dell’aborto, che è un dramma. Banalizzandolo, l’operazione culturale è quella di anestetizzare le coscienze con considerazioni del tipo: in fin dei conti, non è una cosa grave; in fin dei conti, la legge me lo permette, in fin dei conti non devo nemmeno giustificare. Quindi, l’operazione culturale - oltre che, ovviamente, politica e in questo caso legislativa - è grave.

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    Il nuovo segretario generale del Consiglio d'Europa, Jagland: bisogna rendere l'istituzione più flessibile

    ◊   Pronunciamento forte stamane sulla situazione del Caucaso all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che ieri pomeriggio ha eletto il suo nuovo segretario generale, il laburista norvegese Thorbojorn Jagland. Il servizio da Strasburgo della nostra inviata Fausta Speranza:

    L’Assemblea parlamentare ha chiesto alla Russia di autorizzare gli osservatori dell’Unione Europea a recarsi in Abkhazia e Ossezia del Sud, di togliere tutte le restrizioni all’accesso di aiuti umanitari in queste due regioni e di permettere ai civili georgiani di circolare liberamente attraverso le due frontiere amministrative entro la fine di quest’anno. In un dibattito sulla guerra tra la Georgia e la Russia, ad un anno dall’inizio del conflitto, l’Assemblea ha deplorato il fatto che si constatino pochi progressi tangibili per affrontare le conseguenze del conflitto e che si assista persino in numerose regioni ad un deterioramento della situazione. Dunque, un pronunciamento forte e dell’intenzione di avere nel prossimo futuro parole e azioni più incisive, ci ha parlato il nuovo segretario generale, Thorbojorn Jagland:

    "We have to start a reform process of the Organisation…
    Dobbiamo cominciare le riforme del Consiglio per rendere l’organizzazione più flessibile e più visibile per i cittadini”.

    Così, il nuovo segretario generale, Thorbojorn Jagland, sottolinea ai microfoni di Radio Vaticana le priorità del suo mandato. Ricorda poi che c’è troppo lavoro per la Corte le cui procedure, infatti, si cerca di snellire e ci sono conflitti aperti sul continente dei quali occorre occuparsi. La sfida è sempre quella della difesa dei diritti umani in continua evoluzione come spiega nell’intervista che ha rilasciato alla Radio Vaticana il responsabile della direzione generale dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Philippe Boillat:

    “Vous savez que pour le Conseil de l’Europe…
    Lei sa che per il Consiglio d’Europa i diritti dell’uomo sono sostanzialmente quelli riconosciuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che celebrerà il suo 60.mo anniversario l’anno prossimo, essendo stata firmata a Roma nel maggio (novembre) 1950. E’ necessario dire che i diritti, come presentati nella Convenzione dei diritti dell’uomo, sono stati interpretati dalla Corte in una giurisprudenza estesa ed evolutiva. Sulla base dei diritti iscritti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Corte ha potuto cioè sviluppare una giurisprudenza in ambiti che gli autori non immaginavano nemmeno al momento della stesura della Convenzione stessa. Dal momento in cui questa è prevista dalla legge in circostanze molto particolari, anche se è vero oggi - come lei sa - che il protocollo 6 e il protocollo 13 che aboliscono definitivamente la pena di morte. Questo significa, lo ripeto, che sulla base di una disposizione che prevedeva la pena di morte, la Corte ha valutato che per un condannato a morte il fatto di dover attendere per anni, a volte addirittura decine di anni, l’esecuzione della condanna a morte, costituisce un trattamento inumano e degradante e quindi in questo senso si può dire che la Corte ha, in un certo senso, anticipato i protocolli 6 e 13 ed aveva, quindi, di fatto abolito la pena di morte”.

    Anche Philippe Boillat chiede maggiore visibilità e non solo per cittadini:

    “Il ne fait aucune doute que le Conseil de l’Europe…
    Non c’è alcun dubbio che il Consiglio d’Europa e le sue attività manchino di visibilità, non soltanto agli occhi del grande pubblico, ma anche agli occhi delle autorità dei nostri Stati membri. Credo che oggi il Consiglio d’Europa svolga un ruolo assolutamente fondamentale nella nuova architettura europea. Credo sia il garante della sicurezza democratica e della stabilità democratica in tutto il continente. Nel corso degli anni, esso ha in effetti adottato tutta una serie di strumenti essenziali per la tutela dei diritti umani. Questi strumenti comportano anche propri meccanismi di controllo, il che significa che gli Stati si adoperano affinché gli impegni presi ratificando tali strumenti siano effettivamente controllati da organi imparziali ed indipendenti”.
     
    In definitiva, Philippe Boillat traccia un bilancio:

    “Et même dans des Etats plus anciens, des progrès considérables…
    Perfino negli Stati più antichi sono stati fatti grandi progressi nel miglioramento del rispetto dei diritti dell’uomo, dello Stato di diritto e della democrazia : non si può che felicitarsene, anche se c’è ancora tanta strada da fare. A fronte di ciò, e questa volta vedo il bicchiere “mezzo vuoto”, ci sono alcuni Stati “anziani” nel Consiglio d’Europa dei quali non si penserebbe mai - e prendo ad esempio la questione delle condizioni di vita nelle prigioni - che già da tempo avrebbero dovuto prendere misure necessarie per rispondere agli standard europei. Qui c’è una certa delusione per quanto riguarda l’osservanza del rispetto dei diritti dell’uomo. Ho fatto questo esempio, ma ne potrei fare molti altri: per quanto riguarda i processi equi, per quanto riguarda la libertà d’espressione… Vediamo che in tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa, nonostante i progressi stati compiuti nel corso degli ultimi anni, ci sono ancora violazioni flagranti dei diritti dell’uomo”.

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    Il dramma delle donne del Darfur soggette a violenze nei campi profughi in Ciad: la denuncia in un rapporto di "Amnesty International"

    ◊   “Nessun posto dove andare: la violenza contro le rifugiate nel Ciad orientale”. E’ il titolo del rapporto di Amnesty International, presentato oggi a Londra, sul dramma delle donne della regione sudanese del Darfur fuggite dalla guerra nei campi profughi in Ciad. Qui subiscono giornalmente stupri e altri tipi di violenze, nonostante la presenza del personale delle Nazioni Unite. Di questa situazione, della quale rimangono vittime anche molte bambine, Giancarlo La Vella ha parlato con Riccardo Noury di "Amnesty Italia":

    R. – E’ una situazione veramente disperata. Lungo la frontiera tra Ciad e Sudan ci sono 12 campi che ospitano complessivamente 260 mila persone e la maggior parte sono donne e bambini. C’è quindi da un lato un’infanzia veramente rubata, bambini che conoscono la guerra e l’allontanamento dal loro Paese e c’è una condizione che è ancora peggiore per le donne che sono sottoposte a violenza sessuale ad opera tanto delle forze di sicurezza del Ciad quanto - e forse è l’aspetto più sconcertante - anche all’interno dei campi stessi dove "Amnesty International" segnala casi di insegnanti che promettono voti alti in cambio di prestazioni sessuali.

     
    D. - Tutto questo avviene nonostante la presenza del personale Onu. Perché non si riesce a interrompere questa tragedia?

     
    R. - Perché la missione Onu è una missione estremamente debole e ha a che fare con un territorio molto vasto. E’ una missione che deve occuparsi anche di quello che accade nella Repubblica Centroafricana oltre che nello stesso Darfur. C’è anche da constatare che qui oggi ci troviamo di fronte a una guerra che continua, a un presidente, quello del Sudan, che ha un mandato di cattura internazionale che riesce ad aggirare anche grazie alla solidarietà di altri Paesi africani e oggi la denuncia nuova è che c’è violenza sessuale anche all’interno di luoghi in cui donne e ragazzine dovrebbero essere più protette.

     
    D. - C’è un’analisi ulteriore che voi avete fatto, perché la donna è sempre quella che deve subire situazioni del genere?

     
    R. – Per una coincidenza di date, "Amnesty International" presenta un rapporto sullo stesso tema in un’altra zona del mondo, la Bosnia, dove denunciamo 14 anni di mancata giustizia, mancato risarcimento, mancata attenzione, mancate cure mediche e psicologiche per le migliaia di donne che hanno subito stupri in Bosnia dal ’92 al ’95 e il filo conduttore è lo stesso. La violenza sessuale, che è un fenomeno giudicato meno importante, dunque rimane impunita; la sfiducia delle donne nel sistema giudiziario, che è dovuta alla discriminazione che vige all’interno di quel sistema; e per quanto riguarda il Ciad, troppo spesso, la violenza sessuale viene risolta all’interno di sistemi giuridici informali nei quali il negoziato tra capifamiglia, capitribù, risarcimento in denaro, o in animali, o in altro, risolve la disputa e alla fine non fa giustizia.

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    I temi centrali dell'ultimo Consiglio permanente della Cei nell'intervista del segretario generale, mons. Mariano Crociata

    ◊   Conferenza stampa ieri nella sede della Radio Vaticana sulle conclusioni del Consiglio Permanente della Conferenza episcopale italiana, svoltosi la settimana scorsa a Roma. Tra i temi affrontati dai vescovi italiani, la cosiddetta "questione meridionale", con l’auspicio di “un equilibrio tra riforma Federale dello Stato, unità del Paese e solidarietà”. La legge sul fine vita, “indispensabile per prevenire l’arbitrio” sulla vita umana, la pillola Ru486 che per i vescovi italiani rischia di “banalizzare l’aborto” con danni alla salute per la donna. Si è parlato anche dei media cattolici della Cei, che “continueranno il loro servizio al Paese senza lasciarsi intimidire”. Luca Collodi ha chiesto a mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, quale ulteriore sviluppo sarà possibile per il Progetto culturale della Cei:

    R. - Non credo che ci sia l’esigenza o meglio la necessità, di parlare di una fase nuova, nel senso che quello che colgo nel cammino di questi anni, e in quest’anno in particolare, è non solo il mantenimento dello sviluppo di ciò che il Progetto culturale ha significato, significa, vuole significare, come animazione a livello alto e anche ad un livello pastorale della coscienza dei credenti in Italia.

     
    D. - Sul piano etico si discute in parlamento della legge sul fine vita, della pillola RU 486...

     
    R. - Noi siamo profondamente interessati, sensibilmente interessati, a queste questioni, non in quanto direttamente attori di un dibattito politico, in senso partitico, ma in quanto vogliamo essere attori e protagonisti di un dibattito sociale, culturale ed etico, in cui tutti hanno spazio legittimamente. Rispetto alla discussione specifica sulla legge, io ho avuto modo di ribadire che ci sembra che la legge uscita dalla discussione, dall’approvazione del Senato, sia un punto di equilibrio sul quale ci si possa ritrovare rispetto a quei principi e auspichiamo che questo equilibrio sia mantenuto nel dibattito e nell’esito della discussione alla Camera con il consenso più largo possibile. E riguardo alla RU 486 noi non abbiamo altro da dire che questo farmaco rischia di esporre ad un gravissimo pericolo di banalizzazione dell’aborto.

     
    D. - Dopo l’attacco al quotidiano Avvenire che novità ci dobbiamo aspettare?

     
    R. - Mi piace così con molta sobrietà ribadire il dispiacere per quello che è successo, perché quando la lotta delle idee si trasforma in attacco alle persone, peraltro con modalità, strumenti indebiti, vuol dire che non siamo più nello stile e nel clima di una serena convivenza civile. Per quanto riguarda l’impegno della Conferenza episcopale nei mezzi di comunicazione, a partire da quelli che adesso fanno diretto riferimento, non c’è nessun cambiamento da attendere o da mettere in conto, perché nei tempi ragionevoli si procederà alla nomina delle figure necessarie. E intanto il servizio di questi strumenti continua e continuerà come è avvenuto finora con lo stesso impegno per la verità e per una comunicazione serena, pacata, leale, ma anche non timorosa del messaggio che la Chiesa in Italia vuole far giungere a tutti il più possibile.

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    Le iniziative delle Pom in vista dell'ottobre missionario che si apre domani in tutte le Chiese del mondo. Intervista con padre Giulio Albanese

    ◊   Ispirata dal titolo “Vangelo senza confini”, la Chiesa italiana si prepara da domani a vivere il mese di ottobre tradizionalmente dedicato alle missioni. Un titolo che esprime con precisione l’intenzione di Benedetto XVI di rilanciare la missio ad gentes, secondo quanto auspicato nel suo Messaggio per la Giornata missionaria mondiale del 18 ottobre prossimo. Per questo mese particolare, le Pontificie Opere Missionarie itaòiane hanno preparato una serie di sussidi multimediali formativi per comunità e famiglie, oltre a raccogliere durante l’anno somme destinate ad alimentare il “Fondo universale” per le Chiese di recente formazione e dotate scarsi mezzi di sopravvivenza. Alessandro De Carolis ne ha parlato con padre Giulio Albanese, direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie:

    R. - Lo slogan che le Pontificie Opere Missionarie italiane hanno coniato per questo ottobre missionario è “Vangelo senza confini” e leggendo la lettera che è stata scritta dal Santo Padre in occasione della Giornata missionaria mondiale si ha la sensazione che l’evangelizzazione davvero si proponga come la globalizzazione intelligente, oserei dire, perspicace di Dio: cioè, un modo davvero illuminato - proprio grazie alla Parola di Dio - di affermare valori sacrosanti: pace, giustizia, solidarietà, attenzione al creato e così via.

     
    D. - "Non c’è Chiesa senza missione" afferma il Papa, ma non c’è neanche Chiesa senza solidarietà concreta. In cosa consiste il Fondo universale di solidarietà che per un intero anno le Pontificie Opere Missionarie raccolgono per le Chiese in terra di missione?

     
    R. - Risponde innanzitutto e soprattutto a un’istanza di giustizia distributiva, perché bisogna capire che la "torta" va tagliata in parti uguali. Noi solitamente pensiamo ai nostri missionari - penso a quelli di origine italiana che operano nelle giovani Chiese nel sud del mondo - ma non dimentichiamo che oggi la Chiesa, per esempio nel grande continente africano, sta crescendo. C’è un clero autoctono, vi sono Congregazioni religiose locali che naturalmente non hanno le stesse disponibilità finanziarie che hanno altri missionari. Allora, da questo punto di vista le Pontificie Opere Missionarie affermano la solidarietà davvero in una prospettiva universale.

     
    D. - Anche le pubblicazioni delle Pontificie Opere Missionarie sono in prima linea per informare e formare le persone alla missione: con quali iniziative?

     
    R. - Quando si parla di animazione missionaria l’intento è quello innanzitutto e soprattutto di comunicare la passione per la Missio ad gentes alla comunità cristiana, alla comunità parrocchiale. Ci sono alcuni aspetti che vanno sottolineati. Innanzitutto, quello della spiritualità, della preghiera, che non dimentichiamo è la prima forma di apostolato. Vi è un secondo aspetto molto importante che è quello dell’informazione: un po’ tutto il mondo missionario è impegnato nel dare voce a chi non ha voce e da questo punto di vista l’informazione è la prima forma di solidarietà. C’è un terzo aspetto importante che caratterizza proprio questi sussidi ed è quello vocazionale: è proprio vero quello che scriveva nell’Enciclica Redemptoris missio Giovanni Paolo II: sono trascorsi 2000 anni, ma si ha la sensazione che la missione sia ancora agli inizi, proprio perché sono ancora molte le necessità non solo di ordine materiale, ma direi soprattutto spirituale. E poi c’è un quarto aspetto che va sottolineato che è quello della condivisione. Tuttavia, quando si parla delle offerte bisogna stare attenti perché Benedetto XVI ha sottolineato l’urgenza di coniugare quella che è l’offerta - il segno della propria solidarietà - con l’acquisizione di nuovi stili di vita.

     
    D. - In tempi di crisi è in crisi anche la sensibilità verso i missionari o no?

     
    R. - Certamente, in tempo di crisi chiaramente si registra una diminuzione delle offerte, ma questo direi che è un dato che va bene al di là delle istituzioni ecclesiastiche, delle istituzioni missionarie. Però, è anche vero che un momento di crisi può rappresentare una straordinaria opportunità per le comunità cristiane. In fondo, l’icona che noi troviamo nel Vangelo dell’obolo messo nel tempio dalla vedova ci fa capire e comprendere che ciò che conta da un punto di vista evangelico innanzitutto e soprattutto è la qualità della fede, perché nella misura in cui davvero viviamo questo atteggiamento di attenzione agli ultimi nella semplicità, nell’acquisizione di nuovi stili di vita, ecco che le nostre offerte in un modo o nell’altro genereranno comunque frutti copiosi.

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    Chiesa e Società



    Appello della Chiesa colombiana al governo e alle Farc per la liberazione degli ostaggi

    ◊   Il Segretario della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Juan Vicente Córdoba, parlando ieri con la stampa in merito alla difficile gestione intrapresa per la liberazione degli ostaggi, ha espresso, servendosi di una metafora, che la Chiesa “con umiltà e semplicità” tenta di “dipanare ciò che il governo e le Farc aggrovigliano”. Il presule si riferisce alle polemiche e agli attacchi reciproci che in questi giorni caratterizzano il rapporto a distanza fra il governo del presidente Alvaro Uribe e i leaders delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia, le Farc. Contrasti che rallentano i tentativi di liberazione degli ostaggi. Questa situazione, secondo la Chiesa colombiana, ha finito per danneggiare la mediazione con la guerriglia poiché “il tira e molla” che si è venuto a creare fra le due parti paralizza tutto. Mons. Córdoba, intervistato dalla radio “La FM”, ha ribadito che nonostante i problemi, la “Chiesa continua a credere e a lavorare per una soluzione pacifica del conflitto” anche se alcune condotte del governo e della guerriglia pongono sempre nuove e più difficili condizioni. La Chiesa e tutte le altre istituzioni che con essa lavorano da mesi per raggiungere un accordo che consenta la liberazione di tutti gli ostaggi della guerriglia, civili e militari, “non perde la speranza che questa desiderata libertà possa arrivare presto”, ha precisato il segretario dell’episcopato. Il presule ha anche chiesto a tutti di “abbassare i toni per facilitare il raggiungimento di un accordo intermedio”, che consenta di gettare le basi per un percorso solido e rapido verso la soluzione finale. In queste ore, il governo del presidente Uribe ha posto come condizione non negoziabile alle Farc di accettare, oltre alla presenza della Chiesa cattolica, anche quella del comitato internazionale della Croce Rosa. Il governo chiede alla guerriglia un segno della loro buona volontà liberando subito 24 sequestrati, in gran parte militari. Le Farc però smentiscono il numero degli ostaggi in questione, sarebbero 23 e non 24, e rifiutano l’ultimatum dato dalle autorità. In seguito a queste polemiche mons. Juan Vicente Córdoba ha ripetuto ieri che sarebbe importante cominciare a liberare ostaggi; “Possono essere quattro o cinque, o di più, la cosa importante è cominciare a farlo presto”. Il presule ha inoltre auspicato a un rilascio dei sequestrati entro il prossimo febbraio. “E’ fondamentale agire subito, conclude mons. Córdoba, le parti non pongano condizioni che sembrano studiate affinché non siano accettate”. (A cura di Luis Badilla)

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    Porto Rico: intervento dell’arcivescovo di San Juan sui licenziamenti degli impiegati pubblici

    ◊   “Uno scenario di profonda desolazione ed incertezza per migliaia di famiglie portoricane” è ciò che annuncia l’arcivescovo di San Juan di Porto Rico, mons. Roberto González, in una nota pastorale diffusa a seguito dell’annuncio da parte del governo portoricano di voler licenziare migliaia di impiegati del settore governativo per risistemare il bilancio economico dello Stato. Questa decisione, - riferisce l'agenzia Fides - “pur avendo un fine legittimo”, provocherà l’incremento del numero dei disoccupati, molte persone si troveranno sprovviste di sostentamento e ci sarà un “grande impatto” sulle famiglie, che perderanno “la sicurezza, la pace, la tranquillità e la speranza”. Di fronte a questa realtà è necessario che “ogni persona, ciascun settore civile, religioso, politico e governativo” superi “posizioni inamovibili e punti di vista unilaterali” che non fanno altro che rendere ancora più difficile la situazione ed inefficaci gli sforzi di collaborazione, continua Mons. González. Infatti “non è con lo scontro che possiamo trovare le soluzioni”. Piuttosto occorre “buona volontà, ascolto, dialogo e sforzo”, con lealtà e perseveranza, “accettando anche accordi che non soddisfino pienamente tutte le nostre aspettative, ma che sono comunque portatori di nuove speranze”. Per l’arcivescovo di San Juan sono utili “gesti di grandezza ed umiltà in favore della nostra Patria”. La Chiesa auspica quindi che si proceda “con giustizia e dignità”, senza abbandonare alla loro sorte i lavoratori, “per i quali lo stipendio è fondamentale per vivere, per mantenere una casa e per soddisfare le necessità primarie dell’essere umano”. “La scelta del licenziamento richiede un ruolo maggiore da parte del governo nella creazione, nella promozione e nel dialogo con i dipendenti e nel suo dovere di proteggere e tutelare i diritti dei lavoratori”, si legge nella nota pastorale. “Confidando in Dio, possiamo camminare uniti verso momenti di speranza, pace ed unità per ogni cuore e famiglia portoricani. Per questo chiedo al nostro popolo che in questi momenti di incertezza preghi per i responsabili del settore governativo, lavorativo e finanziario, perché possano individuare una giusta soluzione alla crisi, restituendo gioia, pace e dignità ai dipendenti pubblici e delle imprese private licenziati” conclude il suo messaggio Mons. Roberto González. Intanto, l’arcidiocesi di San Juan di Porto Rico fa sapere a tutte le persone colpite da questo provvedimento che la Caritas diocesana “è disponibile per offrire loro i suoi servizi nella misura del possibile e per distribuire alcuni aiuti secondo la prassi abituale”. (R.P.)

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    Spagna: la risposta della Chiesa all'aborto libero

    ◊   Sono diversi i temi all’ordine del giorno della commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola, riunita da oggi fino a giovedì a Madrid, in Spagna. Oltre alle iniziative per l’anno sacerdotale, a una relazione sulla crisi economica e a un messaggio per il 50.mo anniversario dell’organizzazione “Manos Unidas”, si discuterà, sottolinea l’Osservatore Romano, anche dell’aborto e della pillola del giorno dopo. Temi questi al centro di un forte dibattito in Spagna in seguito all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del progetto di legge che permette di interrompere la gravidanza anche alle ragazze di 16 e 17 anni e senza il consenso dei genitori. Altro argomento non privo di polemiche è la liberalizzazione della 'pillola del giorno dopo' che da ieri si potrà acquistare in farmacia senza ricetta medica. La Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola in un documento, diffuso il 17 giugno scorso, aveva fra l’altro affermato che la “mera volontà della gestante non può annullare il diritto alla vita del nascituro; la salute non deve servire come scusa per eliminare un essere umano e che l’aborto non è mai un fatto privato”. I vescovi hanno anche sottolineato che facilitare l’adolescente nella decisione di abortire significa “propiziare la loro solitudine e renderle indifese davanti a un fatto nocivo per la loro salute spirituale e il loro sviluppo umano”. Associazioni come “Derecho a vivir” sono in prima linea per la tutela del diritto alla vita e parlano di “aberrazione medica e umanitaria”. Il 17 ottobre una manifestazione in difesa dei “bambini nel grembo delle loro madri” percorrerà le strade di Madrid per far sentire la voce di coloro che non approvano le decisioni del governo spagnolo. (M.P.)

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    Il crollo di una chiesa protestante in Nepal causa decine di morti

    ◊   C’erano almeno 800 fedeli al momento del crollo di una chiesa a Dharan, nel Nepal orientale. L’edificio ha subito un cedimento causando la morte di almeno 25 persone ed il ferimento di altre 100 persone, fra cui molti bambini. Il tetto della struttura, informa Asianews, in bambù e lamiera non avrebbe retto al peso delle persone che vi stavano trascorrendo la notte durante il ritrovo religioso, organizzato annualmente in concomitanza con la chiusura delle scuole e degli uffici per le feste indù del Daisain. Il ciclo di preghiere all’interno della chiesa era cominciato lunedì radunando migliaia di fedeli, molti dei quali venuti dalla vicina India. Nella zona del crollo sono all’opera la popolazione locale e persone di differenti religioni, tra cui molti indù, che affiancano i soccorsi inviati dall’amministrazione locale. Sacerdoti e giovani cattolici della zona, si sono uniti ai soccorsi, guidati da padre Pulickal Augusty, responsabile nazionale della pastorale giovanile. “La nostra prima preoccupazione è trarre in salvo e curare i feriti; le discussioni sulle cause dell’incidente verranno poi”, afferma Isu Jung Karki, presidente del Nepal Christian Forum. (M.P.)

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    Rapporto Fao: l’agricoltura africana è in crescita

    ◊   L’agricoltura africana ha un forte potenziale e nel 2008 la produzione agricola dell’intero continente è aumentata del 3,5% a fronte di una crescita demografica del 2%. È il dato che emerge dal nuovo rapporto delle Nazioni Unite, riportato dalla Misna, sul settore economico più importante per i popoli a Sud del Sahara, l’agricoltura. Nel documento, realizzato dalla Fao, l’Organizzazione dell’Onu per l’agricoltura e l’alimentazione, si evidenzia come all’origine di questo miglioramento ci siano “scelte politiche favorevoli” in diversi paesi e l'aumento tendenziale dei prezzi internazionali di grano e riso, soprattutto nei primi mesi dell’anno scorso. Il vice-direttore generale della Fao, Hafez Ghanem, sottolinea che la crescita dell’agricoltura è “essenziale per ridurre la povertà in un continente dove su 770 milioni di abitanti ben 218 soffrono di malnutrizione cronica”. Secondo l'ente dell'Onu l’80% delle unità produttive africane è costituita da appezzamenti con un’estensione inferiore ai due ettari e dunque progressi stabili sono possibili solo con politiche mirate a sostegno di contadini e piccoli proprietari. Il rapporto è stato presentato in vista del Summit mondiale sulla sicurezza alimentare in programma a Roma dal 16 al novembre. (M.P.)

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    Botswana: appello del vescovo di Gaborone per il voto del 16 ottobre

    ◊   Votare in modo responsabile e con consapevolezza per una leadership che sappia garantire al Botswana quella prosperità e pace di cui gode dalla sua indipendenza. È l’appello rivolto da mons. Valentine Tsamma Seane, vescovo di Gaborone, in una lettera pastorale in vista delle prossime elezioni politiche nel Paese, previste per il 16 ottobre. “È nostro dovere di cittadini – si legge nel documento che sarà letto questa domenica in tutte le parrocchie del Paese - esercitare il nostro diritto di scegliere leader e un governo che rispettino la dignità umana e garantiscano migliori condizioni di vita per tutti”. Mons. Seane ricorda che “il Botswana è dove è perché è stato benedetto da una buona leadership sin dalla sua nascita come stato indipendente. Perché la Nazione possa continuare a prosperare occorre quindi votare per dei buoni leader. Come cristiani – continua il testo - dobbiamo usare il nostro diritto di voto per scegliere un governo che faciliti la venuta del Regno di Dio qui ed ora. Un regno che ci garantisca il pane quotidiano, pace, prosperità e rispetto della dignità umana, con un’attenzione prioritaria al bene comune e alla condivisione. Dobbiamo votare un governo che promuova ambedue”, sottolinea il presule. In conclusione, la lettera spiega che anche se la Chiesa “non si identifica con un partito politico o un’ideologia”, essa incoraggerà “i fedeli a scegliere partiti che rispondano meglio ai suoi insegnamenti sociali sulla buona governance: questi comprendono la dignità della persona umana, la buona amministrazione, diritti e doveri degli individui e delle comunità; il principio di sussidiarietà e la promozione del bene comune. Già colonia britannica indipendente dal 1966, il Botswana è oggi uno dei Paesi più ricchi dell'Africa. All’origine di questo successo economico vi sono diversi fattori: la sostanziale omogeneità etnica che ha impedito il verificarsi di conflitti interni, la stabilità politica, la solidità delle istituzioni democratiche e le sue ottime relazioni commerciali ed economiche con i Paesi dell’Africa australe e con l'Europa occidentale. Evangelizzato verso alla fine XIX secolo, il Paese conta (secondo i dati dell’Annuario statistico della Chiesa del 2007) 85mila cattolici su una popolazione di quasi 2 milioni di abitanti. (L.Z.)

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    Sierra Leone: l’arcivescovo di Libreville parla della ricostruzione a 8 anni dalla fine della guerra

    ◊   A otto anni dalla fine della feroce guerra civile che per più di un decennio ha insanguinato la Sierra Leone, il Paese sta lentamente tornando a una forma di normalità, anche se deve fare i conti con un’economia disastrata. Ad affermarlo è mons. Edward Tamba Charles, arcivescovo di Libreville in visita nei giorni scorsi a Washington insieme al Nunzio apostolico nel Paese, su invito di una fondazione cattolica statunitense. In un’intervista all’agenzia CNS il presule sierraleonese descrive un Paese avviato a una difficile ricostruzione, dopo una guerra che ha causato decine di migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi, oltre che profonde ferite sociali. Tra gli effetti positivi della fine del conflitto , di cui sono stati protagonisti dal 1991 al 2001 i ribelli del Ruf (Fronte Unito Rivoluzionario), l’arcivescovo segnala la crescita della Chiesa: questo sia per il rientro degli sfollati, sia per l’aumento delle conversioni al cattolicesimo. “La Chiesa - spiega - è stata sempre vicina alla popolazione durante la guerra e quella difficile esperienza ha avvicinato alcune persone alla fede”. Sembrano quindi lontani gli anni in cui la comunità cattolica - che costituisce circa l’8% della popolazione - era presa di mira soprattutto dai ribelli. Nel conflitto diversi sacerdoti e religiosi furono espulsi o uccisi e proprietà ecclesiastiche e strutture cattoliche saccheggiati o distrutti. Tra le priorità nella ricostruzione della società sierraleonese mons. Charles segnala quella del recupero e del reinserimento sociale dei bambini-soldato e delle donne vittime della tratta: “Cominceremo dall’educazione – ha detto il presule - perché sappiamo che l’istruzione è l’unica via sicura per uscire dal circolo vizioso della povertà” . (L.Z.)

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    I vescovi del Nord Africa illustrano le sfide della Chiesa del Maghreb da presentare al Sinodo

    ◊   Sono 4 le sfide principali che i vescovi nordafricani vogliono condividere al Sinodo per l’Africa che si svolgerà a Roma dal 4 al 25 ottobre. A descriverle è il sito della Chiesa cattolica in Algeria (www.ada.asso.dz) in un documento che spiega cos’è la seconda Assemblea sinodale dei vescovi per l’Africa che avrà come temi la riconciliazione, la giustizia e la pace. I presuli del Maghreb parleranno delle relazioni con l’islam e della convivenza di cristiani e musulmani, delle migliaia di studenti subsahariani che scelgono i paesi maghrebini per studiare, del passaggio dei numerosi migranti che vogliono raggiungere l’Europa e che necessitano di aiuti ed infine della realtà multiculturale e multireligiosa in cui opera la Chiesa del Maghreb. “Il Sinodo vuole fare di noi i servitori di un mondo di riconciliazione, di giustizia e di pace” scrive mons. Claude Rault, vescovo di Laghouat-Ghardaia, delegato della Conferenza Episcopale Regionale dell’Africa del Nord (CERNA) per il Sinodo, che sottolinea l’importanza dei temi del Sinodo da affrontare non da strateghi sociopolitici, ma come discepoli di Cristo coscienti della loro vocazione al servizio ad essere sale della terra e luce del mondo. A rappresentare i vescovi della CERNA al Sinodo saranno 4 vescovi: mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat e presidente della Cerna, mons. Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli, mons. Maroun Laham, vescovo di Tunisi, e mons. Rault. (T.C.)

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    Kenya: i Superiori Maggiori chiedono che il Sinodo affronti il problema dei conflitti in Africa

    ◊   “Oltre ad affrontare le questioni dell’evangelizzazione, dello sviluppo, della giustizia e della pace è fondamentale che il prossimo Sinodo metta in evidenza l’importanza cruciale della questione della soluzione dei conflitti e della riconciliazione in Africa”. Lo rileva la Conferenza dei Superiori Maggiori del Kenya in un documento di riflessione pubblicato in questi giorni in vista dell’ormai imminente inizio dell’Assemblea sinodale. Secondo i religiosi keniani, “la riconciliazione è una dimensione imprescindibile dell’evangelizzazione” che richiede la conoscenza e la capacità di risolvere i problemi di fondo che sono all’origine dei conflitti nel continente (scarsità di risorse, assenza dello Stato, cambiamenti culturali, proliferazione delle armi ecc.). “Impegnarsi nell’evangelizzazione, in attività umanitarie e di sviluppo senza cercare di capire le cause alla radice dei conflitti e senza acquisire una padronanza delle tecniche e delle procedure per la loro soluzione – sottolinea il documento - non produrrà mai la pace”. Questo perché in situazioni di conflitto “il Vangelo e i suoi valori e ideali di liberazione, giustizia, pace, di sviluppo difesa dell’integrità del creato non possono attecchire”. La missione della Chiesa ne risulta pertanto indebolita. Per rendere più incisiva la sua azione per la pace e la riconciliazione i Superiori maggiori del Kenya sottolineano quindi la necessità di formare personale laico e religioso con le competenze necessarie “a trasformare situazioni conflittuali in contesti autenticamente pacificati e riconciliati”. (L.Z.)

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    Usa: il Rosario missionario dinanzi al Santissimo Sacramento recitato da 4.000 ragazzi

    ◊   Oltre 4.000 ragazzi e studenti sono attesi alla basilica nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington, per partecipare ad una Ora di Adorazione eucaristica dei bambini di tutto il mondo, venerdì prossimo, 2 ottobre, primo venerdì del mese di ottobre e Giornata dell’Infanzia Missionaria. L’informazione è stata inviata all’agenzia Fides dalla Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria degli Stati Uniti d’America e dall’Apostolato Mondiale di Fatima di St.Paul/Minneapolis, che organizzano l’incontro. L’evento sarà trasmesso in diretta dal canale cattolico EWTN (Eternal Word Television Network), con inizio alle ore 10, e sarà trasmesso in 140 paesi. I ragazzi reciteranno il Rosario Missionario in comunione con i loro coetanei di tutto il mondo, dinanzi al Santissimo Sacramento. Questa “Ora Santa dei Ragazzi di tutto il mondo”, giunta alla settima edizione, costituisce un'opportunità per i bambini di “riunirsi dinanzi al Santissimo Sacramento, per pregare per le loro famiglie e, in questo Anno Sacerdotale, ci saranno speciali intenzioni di preghiera preparate dai ragazzi stessi, per i sacerdoti di tutto il mondo” informa il comunicato dell’Apostolato Mondiale di Fatima. A presiedere l’incontro di preghiera sarà l’arcivescovo di New Orleans, mons. Gregory Aymond. Sarà presente anche il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) negli Stati Uniti, mons. John Kozar, il quale ha realizzato un video per promuovere l’evento, disponibile sul sito You Tube delle POM. Le POM degli Stati Uniti auspicano che i bambini del mondo possano ritrovarsi insieme e prendere parte a questa Ora di adorazione nel primo venerdì di ottobre, giornata dell’Infanzia Missionaria. (R.P.)

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    Perù: il cardinale Cipriani chiede un dialogo tra progresso e religione

    ◊   Siamo in un momento di grande sviluppo tecnologico e di una vera crisi di valori spirituali. Questo squilibrio è l'elemento che sta provocando tanti problemi sociali, politici, di pace e di intesa tra le Nazioni. Sono le parole del cardinale Juan Luis Cipriani durante la Messa di domenica scorsa nella Cattedrale di Lima, in presenza delle autorità accademiche dell'Università Tecnologica del Perù. L'arcivescovo della capitale peruviana, sottolinea Zenit, ha osservato che i cambiamenti rapidi nella società attuale affinché siano positivi necessitano di approfondire la verità: “l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio; Gesù Cristo, seconda persona della Santissima Trinità, si è fatto uomo perché l'uomo potesse raggiungere Dio, e ha elevato la dignità umana al livello di quella divina”. Dunque tutti i cambiamenti scientifici, politici, economici e tecnici devono continuare ad essere al servizio di questo centro della creazione, la persona umana. “La persona è l'unico essere che ama ed è capace di creare in quell'amore una famiglia, di sopportare la malattia e il dolore con serenità, di collaborare con Dio nella procreazione di una nuova vita, di morire per vivere”, continua il cardinale. Sono state tante le domande che ha posto durante la Messa: “Come procede la formazione nelle scuole e nelle università, quella formazione integrale in cui il centro della persona è lo spirito e tutte le tecnologie che si apprendono sono semplici strumenti al servizio di quella persona?”. “Quando si cambia e si vuole che questi strumenti siano il fine, si distrugge la persona; e quando la persona non vuole usare la sua intelligenza per scoprire nuove tecnologie sta tradendo la grandezza di cui Dio l'ha dotata”, ha aggiunto il cardinal Cipriani. Il porporato ha chiesto infine di non aver paura di aprire questo dialogo dello sviluppo e del progresso a Dio, alla fede e alla religione. (M.P.)

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    In Sicilia "l’Africa incontra l’Europa" al Forum internazionale sullo sviluppo

    ◊   Un incontro tra l’Europa e l’Africa sullo sviluppo delle relazioni strategiche fra i due continenti. È l’appuntamento, ormai giunto alla sua terza edizione, del Forum internazionale promosso dalla Fondazione Banco di Sicilia e realizzato con il supporto di The European House – Ambrosetti, che prenderà il via domani alle 15, al San Domenico Palace hotel di Taormina, in Sicilia. Il tema di quest’anno è “Lo sviluppo dell’Africa: un’opportunità per l’Europa, l’Italia e la Sicilia”. Tre sono i grandi progetti per il continente africano che saranno presentati nell’edizione di quest’anno: la fase di start-up di un progetto di telemedicina connesso alla Comunità di Sant’Egidio con un investimento di 17 milioni di euro in cinque anni. Il progetto mira a dotare delle infrastrutture necessarie alle attività di telemedicina e formazione a distanza, 20 centri Dream in Africa. Inoltre sarà creato un polo di eccellenza sulla telemedicina in Sicilia attraverso il centro Dream di Messina e verranno avviati programmi formativi in loco per personale medico, paramedico e informatico. Il secondo progetto mira alla creazione di centro di promozione finalizzato a incentivare la formazione universitaria in Europa della futura classe dirigente africana. L’investimento iniziale per tale piano sarà di circa 1 milione di euro e si stima che arriveranno in Europa circa 15.000 studenti africani. Il terzo programma è la presentazione del progetto di fattibilità per la realizzazione in Africa di un parco agroalimentare capace di coinvolgere players internazionali. Questo Forum è un progetto dalle grandi valenze economiche, sociali e culturali e il suo scopo è anche di fare della Sicilia la piattaforma, il luogo di incontro ideale, da dove alimentare un dibattito internazionale focalizzato sulle possibilità di sviluppo dell’Africa. (M.P.)

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    Romania: cattolici ed ortodossi contro la legalizzazione di droga e prostituzione

    ◊   No alla depenalizzazione del consumo di droga e alla legalizzazione del sesso commerciale. Arriva dall’arcidiocesi romano-cattolica di Bucarest l’opposizione alle proposte contenute nel rapporto della Commissione presidenziale romena riguardo “i rischi e le disuguaglianze sociali in Romania”. Il Sir ha riportato le dichiarazioni di mons. Cornel Damian, vescovo ausiliare di Bucarest, il quale descrive le due proposte come “riduzioniste della persona umana”, aggiungendo che la legalizzazione “non è una soluzione per fermare questi flagelli, che colpiscono sia le persone mature, sia gli adolescenti e i bambini”. Il comunicato diffuso dall’arcidiocesi romano-cattolica fa ricorso alle parole di Papa Giovanni Paolo II che nella lettera apostolica Familiaris consortio, affermava: “La legalizzazione della prostituzione significa accettare una cultura che banalizza la sessualità umana, interpretandola e vivendola in maniera riduttiva e impoverita”. Contro le due proposte di legge si è pronunciata anche la Patriarchia Ortodossa Rumena che rigetta fermamente qualsiasi proposta per la legalizzazione della prostituzione. Il portavoce della Patriarchia, Constantin Stoica ha aggiunto: “Le istituzioni dello Stato e le leggi hanno lo scopo difendere la dignità della persona, la famiglia come istituzione e i valori della vita sociale”, aspetti che nelle due proposte vengono “completamente ignorati”. (M.P.)

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    Croazia: preoccupazione dei vescovi per gli attacchi alla Chiesa

    ◊   I vescovi croati hanno espresso preoccupazione per i crescenti attacchi alla Chiesa e al diritto di opinione. In una riunione svoltasi a Zagabria presso la sede della Conferenza episcopale, la Commissione di Giustizia e Pace, presieduta da mons. Vlado Košič, ha espresso in una nota il "rammarico per il fatto che in Croazia il 23 agosto scorso non sia stata celebrata la Giornata della commemorazione delle vittime del totalitarismo, nonostante gli inviti in tal senso da parte del Parlamento europeo. Il fatto è – aggiunge la nota ripresa dall'agenzia Sir - che nella nostra società si stanno rafforzando le tendenze antidemocratiche di chi vuole impedire che la verità sul nostro passato abbia finalmente il suo giusto posto nella consapevolezza dei cittadini". La Commissione ha espresso "preoccupazione per i crescenti attacchi alla Chiesa e al suo diritto di esprimere opinioni". Per contro, la Commissione ha valutato positivamente la disponibilità delle istituzioni politiche croate "di affrontare le questioni irrisolte sui confini con gli Stati vicini nello spirito del diritto internazionale esistente e secondo i regolamenti di arbitrato della Commissione Badinter (incaricata nel 1991 dalla Comunità Europea di pronunciarsi sulla dissoluzione della ex-Jugoslavia)". Pertanto, i vescovi croati si sono appellati alle "istituzioni scientifiche e culturali croate", affinché sostengano "tali sforzi e decisioni in modo da evitare che pretese e concessioni senza fondamento legale non creino precedenti che minerebbero la pace faticosamente ottenuta e la sicurezza di Paesi e nazioni di questa parte dell'Europa e del mondo". (A.M.)

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    Polonia: conclusa la visita di una delegazione di religiosi del Patriarcato di Mosca

    ◊   Si è conclusa ieri la visita in Polonia di un gruppo di religiosi ortodossi del Patriarcato di Mosca, realizzata su invito della Conferenza episcopale polacca (Kep) e preparata insieme alla Chiesa ortodossa polacca. I religiosi - scrive l'agenzia Sir - fanno parte del monastero di San Nilo, che si trova sulla piccola isola Stolobny sul lago Seliger non lontano da Ostashkov. Per i polacchi quel monastero è un sito particolarmente significativo. E’ stato luogo di prigionia di un numero che va da 10 a 15 mila di civili e religiosi, poliziotti e prigionieri di guerra polacchi, di cui almeno 6.200 furono giustiziati con un colpo alla nuca nel 1940 e poi sepolti a Mednoye. Il portavoce della Conferenza episcopale polacca, don Jozef Kloch, ha detto che nel corso della visita e dei colloqui tra i rappresentanti del patriarcato di Mosca e dell’episcopato polacco si è prospettata l’eventualità di un appello comune delle due Chiese “al rispetto della verità storica e alla riconciliazione tra polacchi e russi”. Don Kloch non esclude che la prossima plenaria della Kep possa poi “ispirare ulteriori passi nel dialogo tra le due Chiese”. “Il sogno di Giovanni Paolo II – aggiunge il segretario generale della Kep, mons. Stanislaw Budzik - era che l’Europa possa respirare con i due polmoni: di tradizione latina e quello di tradizione ortodossa. Penso che in questi giorni abbiamo preso la prima profonda boccata d’aria”. (R.P.)

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    Cina: festeggiati i 60 anni della chiesa di Cao Jia, nella diocesi di Wen Zhou

    ◊   Festeggiare il Patrono della chiesa, San Matteo, accogliere due nuovi sacerdoti (uno di loro è l’assistente della chiesa di Cao Jia), confermare l’impegno per il ministero sacerdotale nell’Anno Sacerdotale seguendo l’insegnamento del Papa, ricordare l’eccellente esempio di don Cao Matteo: sono stati questi i contenuti dei festeggiamenti per i 60 anni di fondazione della chiesa di Cao Jia, della parrocchia di Long Gang, nella diocesi di Wen Zhou. All’omelia della solenne Eucaristia del 21 settembre – festa dell’Apostolo san Matteo – cinque sacerdoti hanno concelebrato la Messa insieme a don Chen Shi Yu, decano del decanato di Cang Nan, che ha presieduto. Secondo le informazioni raccolte dall'agenzia Fides, tutti i fedeli della comunità hanno ringraziato il Signore per il dono del nuovo sacerdote che hanno avuto. Ripercorrendo la storia della chiesa, commemorando in particolare don Cao Matteo, don Chen ha sottolineato l’importanza dell’evento che avviene nell’Anno Sacerdotale. “E’ un richiamo, una sollecitazione che ci spinge verso l’annuncio, sulle orme di San Jean-Marie Vianney, ma anche del nostro don Matteo Cao. Pregate e preghiamo per i nuovi sacerdoti e per tutti i sacerdoti del mondo, perché siano pieni di Spirito Santo, abbiano la santità che il Signore richiede”. Oggi la diocesi di Wen Zhou conta circa 110.000 fedeli, una ventina di sacerdoti, 20 seminaristi e 32 religiose diocesane, con 188 tra chiese e cappella. Solo nella parrocchia di Long Gang si amministrano 14 chiese, tra cui la chiesa di Cao Jia. (R.P.)

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    Il 2 ottobre inaugurazione alla Cattolica dell'Istituto Confucio

    ◊   La Cattolica apre alla cultura cinese: il 2 ottobre nell’ateneo del Sacro Cuore sarà inaugurata una sede dell’Istituto Confucio, istituzione formativa non-profit di Pechino, che nell’ambito dell’ufficio per la diffusione della lingua cinese all’estero (Hanban), promuove lo scambio educativo e culturale nonché la cooperazione fra la Cina ed altre comunità internazionali. A siglare l’accordo - riporta l'agenzia Sir - che permetterà di sviluppare accordi di collaborazione scientifica, culturale e accademica, saranno il rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi e Wang, presidente di Beijing Language and Culture University. Le principali attività dell'Istituto di Confucio consistono in corsi di lingua cinese svolti da insegnati madrelingua, sostegno alla preparazione per l’esame Hsk (unico certificato di competenza linguistica cinese riconosciuto a livello internazionale), realizzazione di manifestazioni legate alla promozione e alla diffusione della cultura cinese. L’inaugurazione sarà preceduta domani, dalla presentazione del sito TheChinaCompanion.eu (Tcc), finalizzato ad agevolare l’accesso e la ricerca di informazioni su temi di politica, relazioni internazionali ed economia politica della Cina contemporanea. Il database di Tcc integra tre contenuti principali: notizie, ricerche e saggi accademici. Sono disponibili materiali in inglese, francese, tedesco, italiano e spagnolo. (R.P.)

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    L’Ordine di Santa Brigida celebra i 10 anni dalla proclamazione a Compatrona d’Europa

    ◊   Dieci anni fa, il primo ottobre 1999, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, in apertura del II Sinodo dei vescovi per l’Europa, proclamava Santa Brigida di Svezia Compatrona d’Europa, assieme a Santa Caterina da Siena e a Santa Edith Stein (Teresa Benedetta della Croce). Ne esultarono i paesi scandinavi, ivi compresi i Fratelli della Riforma, che venerano anch’essi la grande mistica del nord. Ancora oggi Brigida appare come pellegrina, penitente e soprattutto come profeta dell’unità della Chiesa. L’Ordine del Santissimo Salvatore da lei fondato, guidato oggi dall’abbadessa madre Tekla Famiglietti, dopo la rifondazione ad opera della Beata Maria Elisabetta Hesselblad (1870-1957), sta celebrando da ieri, un Simposio a livello europeo a Farfa, nei pressi di Roma, allo scopo di mettere in risalto la poliedrica figura di Brigida e la sua incisività sociale, politica ed ecclesiale, che ebbe all’epoca (1303-1373): lei infatti si adoperò, assieme a Santa Caterina da Siena, perché il Papa facesse ritorno a Roma da Avignone. Il Simposio troverà la sua conclusione domani a Roma: in mattinata i convegnisti si recheranno nella Basilica Vaticana sulla Tomba di San Pietro e del Servo di Dio Giovanni Paolo II, mentre nel pomeriggio, alle 17.30, parteciperanno nella Basilica di San Lorenzo in Damaso alla concelebrazione conclusiva che sarà presieduta dal cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma. Le suore Brigidine, oltre 600, sono presenti oggi in Italia, Svizzera, Svezia, Norvegia, Finlandia, Estonia, Danimarca, Germania, Olanda, Polonia, Inghilterra, Galles, Terra Santa, Messico, Stati Uniti, Cuba, India, Isole Filippine e Indonesia, con un totale di 50 case. (A cura di Giovanni Peduto)

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    24 Ore nel Mondo



    Violento terremoto nel Pacifico. Uno tsunami provoca terrore e distruzione nelle isole Samoa: almeno 130 vittime

    ◊   È salito ad almeno 130 morti il bilancio provvisorio dello tsunami scatenato da un terremoto verificatosi la scorsa notte nel pacifico, fra le Samoa occidentali, le Samoa americane e l'arcipelago di Tonga. Responsabili e testimoni locali precisano che il numero delle vittime è destinato ad aumentare, perché interi villaggi sono stati spazzati via dalla furia delle acque. A provocare una serie di onde alte più di 8 metri è stato il sisma più forte degli ultimi anni dopo quello che devastò l’Indonesia nel dicembre del 2004. Da Washington, il presidente Obama ha dichiarato lo stato di catastrofe e ha inviato squadre di soccorso, mentre Nuova Zelanda, Australia e la Commissione Europea hanno già annunciato l'invio di aiuti. I luoghi del disastro sono poi stati già raggiunti da una squadra della Caritas. Il potentissimo terremoto che ha provocato lo tsunami tuttavia non ha sorpreso i sismologi, in quanto la vasta zona interessata è geologicamente molto complessa. Ce ne parla Franco Mele, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. – La zona che è stata colpita da questo terremoto è la zona colpita da moltissimi sismi di grande magnitudo, perché si trova al limite, al bordo tra la placca dell’Oceano Pacifico e la placca che comprende poi in sé l’Australia, quindi la placca australiana. In quella zona c’è una subduzione, cioè sostanzialmente la placca pacifica tende a muoversi verso l’Australia di alcuni centimetri l’anno. Questo movimento dà origine ad una grande quantità di terremoti di notevole magnitudo.

     
    D. – Ecco, un sisma di otto gradi è da considerarsi un sisma molto forte, molto potente...

     
    R. – Sicuramente è il più grande del 2009. L’energia di questo terremoto però, dobbiamo considerare, che è 30 volte inferiore rispetto all’energia che è stata generata dal terremoto che causò lo tsunami nell’Oceano Indiano, nel 2004.

     
    D. – Proprio quello resta sempre l’incubo di un’onda anomala che possa provocare distruzione...

     
    R. – Mi è stato chiesto varie volte cosa significa prevedere uno tsunami. In realtà la parola “previsione” per quanto riguarda lo tsunami non è corretta. Noi possiamo dire che possiamo dare un allarme tsunami. Questo perché? Lo tsunami appunto che cosa è? E’ uno spostamento di grandi masse d’acqua, generato da un terremoto, che interessa il fondo dell’oceano o di un mare. Se le coste sono ad alcune centinaia di chilometri dall’evento, dal terremoto, possiamo dare un allarme tsunami, nel senso che abbiamo alcuni minuti o alcune ore a disposizione, per avvertire le popolazioni che vivono sulle coste che sta per arrivare un’onda di marea. In questo senso, è possibile dare un allarme, non prevedere, ma dare un allarme tsunami. Questo è possibile anche nel Mediterraneo. Per esempio, abbiamo moltissimi terremoti nell’area dell’Egeo che potrebbero dare origine ad uno tsunami. Sappiamo poi che il terremoto di Messina del 1908 generò uno tsunami. Anche per quanto riguarda le nostre coste noi possiamo prevedere e costruire un sistema di allarme che ci permette di dare un allarme tsunami entro qualche minuto, purtroppo, dall’evento, perché nel nostro caso non abbiamo grandi distanze da percorrere.

     
    D. – Ecco, per queste aree, laddove un’evacuazione in tempi brevi non è possibile, esistono dei progetti di prevenzione?

     
    R. – E’ possibile operare se lo tsunami è piccolo. Se lo tsunami è distruttivo è praticamente impossibile sfuggire.

     
    Tifone Ketsana
    Passaggio del tifone Ketsana sul sud est asiatico si è lasciato alla spalle oltre 300 morti. Dopo aver flagellato le Filippine e il Vietnam la tempesta ha causato oggi almeno 11 morti in Cambogia. Si intensificano intanto gli aiuti della comunità internazionale. L’Unione Europea ha stanziato per le Filippine 2 milioni di euro, dichiarandosi disponibile ad aiutare anche il Vietnam e il Laos. Anche la Caritas si è attivata sostenendo 10 mila famiglie e circa 50mila persone.

    Giappone: dibattito sull’abolizione della pena capitale
    In Giappone, il nuovo ministro della Giustizia ha affermato che il governo avvierà un dibattito sull’abolizione della pena di morte. La battaglia contro la pena capitale si potrebbe rivelare alquanto impopolare dal momento che nel Paese asiatico la percentuale di persone favorevoli all’esecuzione è dell’81%.

    Medio Oriente
    Se entro sei mesi nè Israele, nè Hamas avranno condotto indagini credibili sulle violazioni commesse durante l’operazione "Piombo Fuso", il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrà riferirne al procuratore della Corte penale internazionale che provvederà a giudicare i responsabili. Il monito è stato lanciato ieri a Ginevra, dal capo della missione di inchiesta dell'Onu sull'operazione militare israeliana, Richard Goldstone, che ha presentato sulla questione un dettagliato rapporto. Il servizio di Marco Guerra:

    Il rapporto sull’operazione “Piombo Fuso” presentato ieri dal Consiglio dei Didiritti Umani delle Nazioni Unite scuote l’establishment israeliano. Il premier Netanyahu ha indetto oggi una consultazione ad alto livello per esaminare le ripercussioni internazionali delle accuse di crimini di guerra rilanciate nel documento elaborato dal giudice sudafricano Goldstone, che chiede allo Stato ebraico e ad Hamas di indagare sulle violazioni commesse. La consultazione è stata convocata anche alla luce di quanto successo durante il viaggio del ministro della Difesa Barak a Londra, dove un magistrato britannico ha respinto la richiesta di un'associazione palestinese di arrestare il membro delle esecutivo israeliano per crimini di guerra. Secondo la stampa israeliana, Netanyahu proporrà l’istituzione di una commissione di verifica, ma le indiscrezioni sono state smentite dal ministero della Difesa, secondo cui si ritengono sufficienti le inchieste interne su 'Piombo Fuso' condotte dall'esercito. Insomma da parte israeliana si continuano a respingere le accuse avanzate nel rapporto Goldstone. “Spero che il rapporto non abbia seguito – ha spiegato un portavoce del ministro degli Esteri – poiché ciò colpirebbe tutti gli Stati impegnati nella lotta al terrorismo”. Sulla stessa linea gli Stati Uniti che rifiutano l’idea di porre Hamas e Israele sullo stesso piano, anche se invitano quest’ultimo a fare ulteriori inchieste. Conclusioni accolte invece favorevolmente dai Paesi arabi e della conferenza islamica.

     
    Afghanistan
    Un nuovo drammatico attentato questa mattina in Afghanistan contro i militari della Nato. Un kamikaze a bordo di un'auto imbottita di esplosivo si è lanciato contro un convoglio militare statunitense, nel sudest dell’Afghanistan, uccidendo un soldato americano. Nell’ovest del Paese, l'esercito afghano e le forze internazionali hanno ucciso ieri sera 32 talebani nel corso di un violento combattimento. E proprio ieri il presidente Obama incontrando a Washington il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Rasmussen, aveva parlato dello scenario afgano chiedendo un maggiore impegno militare da parte degli alleati europei.

    Pakistan
    Fra le 12 vittime del raid missilistico statunitense avvenuto ieri nel nordovest del Pakistan ci sarebbe anche Halemullah Mehsud, fratello del leader talebano Hakemullah. Lo riferisce la televisione pachistana Geo Tv. E un altro importante comandante talebano, anch’esso legato a Mehsud, è stato invece arrestato dalle forze di sicurezza di Islamabad, nell'area di Hungo. Intanto nel distretto di Bajaur, sempre nel nord ovest del Paese, l’amministrazione locale ha intimato alle milizie radicali di arrendersi e di consegnare le armi entro sei giorni.

    Iran
    I negoziati che si terranno domani a Ginevra fra l'Iran e il gruppo "5+1" serviranno soprattutto a "valutare quanto certi governi intendono dar seguito ai loro slogan di cambiamento". Lo ha detto oggi il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad riferendosi all'amministrazione americana di Barack Obama. "I colloqui - ha sottolineato Ahmadinejad, citato dall'agenzia Fars - serviranno a mettere alla prova certi Paesi per vedere quanto sono sinceri e impegnati nel rispetto della legge e della giustizia". Gli Usa fanno parte del gruppo "5+1" insieme a Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania. Il presidente della Repubblica islamica ha comunque affermato che "l'Iran è pronto a fronteggiare ogni situazione", compresa dunque una rottura che porti a pesanti sanzioni contro Teheran. "Negli ultimi 30 anni abbiamo imparato a stare in piedi da soli e a voltare ogni situazione a nostro beneficio", ha detto Ahmadinejad.

    Gran Bretagna
    Perdono consensi i laburisti in Gran Bretagna. È l’amara constatazione che i membri del partito del premier Gordon Brown hanno dovuto fare in occasione del loro congresso a Brighton. I laburisti hanno subìto un forte calo dei consensi che li ha portati al 24%, costringendoli dietro ai liberaldemocratici - con il 25% - e ai conservatori di David Cameron, in testa con il 36%. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 273

     
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