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Sommario del 29/09/2009
Aperti alla bellezza della verità per costruire un mondo che rifletta la bellezza divina: così Benedetto XVI nella cerimonia di congedo a Praga
◊ Restare aperti alla bellezza della verità per sperare di costruire un mondo che rifletta qualcosa della bellezza divina: è quanto ha detto ieri pomeriggio il Papa nella cerimonia di congedo all’aeroporto di Praga, a conclusione del viaggio apostolico nella Repubblica Ceca che ha visto il Pontefice fare ritorno in serata alla sua residenza di Castel Gandolfo. A sorpresa, il presidente ceco Vaclav Klaus ha pronunciato il suo discorso in italiano ricevendo i complimenti di Benedetto XVI. Da Praga, il servizio del nostro inviato Sergio Centofanti:
Il presidente ceco parla in italiano, il Papa inizia il suo discorso in lingua ceca, per poi proseguirlo in inglese. Scambio di cortesie alla cerimonia di congedo. Benedetto XVI per la seconda volta fa gli auguri di buon onomastico al capo di Stato nella ricorrenza di San Venceslao, traduzione italiana di Vaclav. Il Papa esprime la propria gratitudine a quanti hanno collaborato alla buona riuscita del viaggio. Elenca gli eventi principali di questi tre giorni: i momenti di preghiera con i vescovi, i sacerdoti e i fedeli del Paese. Esprime la propria commozione per la Messa a Stará Boleslav, luogo del martirio di San Venceslao, e poi la Messa a Brno, in Moravia, dove i Santi Cirillo e Metodio hanno dato il via alla loro missione evangelizzatrice nelle terre slave:
“The Church in this country has been truly blessed…”
“La Chiesa in questo Paese - ha detto - è stata veramente benedetta con una straordinaria schiera di missionari e di martiri, come anche di Santi contemplativi”, tra i quali il Papa cita Sant’Agnese di Boemia, la cui canonizzazione, venti anni fa, è stata “messaggera della liberazione di questo Paese dall’oppressione atea”.
L’incontro con le altre comunità cristiane - ha aggiunto Benedetto XVI - ha ancora una volta sottolineato “l’importanza del dialogo ecumenico in questa terra che ha assai sofferto per le conseguenze della divisione religiosa al tempo della guerra dei Trent’anni. Molto è già stato fatto per sanare le ferite del passato - ha affermato - e sono stati intrapresi dei passi decisivi sul cammino della riconciliazione e della vera unità in Cristo”. C’è poi l’incontro con la comunità accademica che - ha rilevato il Pontefice - “ha un importante ruolo da svolgere, mediante una ricerca della verità senza compromessi”. Infine, l’incontro con i giovani che il Papa ha incoraggiato “a costruire sulle migliori tradizioni del passato di questa nazione, in particolar modo sulla eredità cristiana”. Quindi, Benedetto XVI ha citato un detto attribuito a Franz Kafka: “Chi mantiene la capacità di vedere la bellezza non invecchia mai”:
“If our eyes remain open to the beauty of God’s creation…”
“Se i nostri occhi rimangono aperti alla bellezza della creazione di Dio e le nostre menti alla bellezza della sua verità - ha commentato il Papa - allora possiamo davvero sperare di rimanere giovani e di costruire un mondo che rifletta qualcosa della bellezza divina, in modo da offrire ispirazione alle future generazioni per fare altrettanto”.
“May God bless the Czech Republic! Ať Pražské Jezulátko...“
“Dio benedica la Repubblica Ceca! - così ha salutato il Papa - che, proseguendo in lingua ceca ha affidatto questo Paese al Bambino Gesù di Praga.
Il presidente Klaus ringrazia a sua volta il Papa; parla di visita memorabile, di rafforzamento dei rapporti tra Repubblica Ceca e Santa Sede. Ci ha portato un messaggio convincente - esclama - e noi lo abbiamo capito e lo terremo a mente a lungo:
“Lei ci ha portato - per utilizzare le sue parole - una nuova speranza. La sua grande fede, il suo coraggio nell’esprimere posizioni che non sono sempre politicamente corrette e condivise da tutti, il suo impegno a favore del rispetto delle idee e dei principi fondamentali della nostra civiltà e della cristianità sono qui per dare a tutti noi un esempio e per incoraggiarci”.
Prima della cerimonia di congedo, il Papa aveva incontrato a pranzo i vescovi cechi presso l’arcivescovado di Praga, esprimendo l’incoraggiamento della Chiesa universale alla Chiesa di questa terra. “Grazie per questa festa di fede e di speranza”, ha detto il Pontefice, che ha sottolineato di aver incontrato una Chiesa viva e una Chiesa che prega. I vescovi hanno donato al Papa un Rosario d’oro con i granati, pietre preziose tipiche della Repubblica Ceca. La visita del Papa si chiude nel segno di Maria: è la Madre di Dio che indica a tutti Cristo, unica Speranza, certa e affidabile, dell’umanità.
Il cardinale arcivescovo di Praga, Miloslav Vlk: la visita del Papa ha riportato la Chiesa ceca al centro della vita sociale
◊ Un Papa colpito nel più profondo del cuore dal calore dell’accoglienza ricevuta e una Chiesa locale che esce dall’angolo della vita sociale dove vorrebbe relegarla la secolarizzazione. Sono due dei primi frutti della visita di Benedetto XVI nella Repubblica ceca. A sottolinearli è il cardinale arcivescovo di Praga Miloslav Vlk, al quale Alessandro De Carolis ha chiesto cosa abbia portato nel cuore del Paese questo viaggio apostolico:
R. - Se dovessi dire una parola direi “speranza”, perché prima della venuta del Santo Padre nei media c’era l’immagine del nostro Paese come di un Paese ateo e secolarizzato. Invece, la realtà che si è mostrata e che il Santo Padre ha sperimentato e vissuto è stata un’altra: c’erano tanti fedeli, tanta gente a Brno ed anche a Starà Boleslav, vicino Praga. Lui stesso lo ha menzionato e si è visto che la presenza non era solo una presenza di gente curiosa di vedere una celebrità, ma era soprattutto una presenza nella fede. E questo il Santo Padre lo ha sentito, principalmente a Starà Boleslav, dove c’erano i giovani. La loro gioia ha influito molto e il Santo Padre ha detto poi al pranzo finale con i vescovi che questa era una visita straordinaria.
D. - In questi giorni, Benedetto XVI ha pronunciato parole incisive non solo per la fede ma anche, eminenza, per la vita quotidiana dei suoi connazionali e non solo della loro. Cosa l’ha colpita in particolare di queste parole?
R. - Il Papa ha valutato la nostra tradizione spirituale e mi pare che abbia intravisto in questa storia la figura di San Venceslao come una figura simbolica, sia come nobile sia come martire. In una stessa persona, dunque, si sono collegati l’ambito della società e quello della Chiesa. Questo mi ha colpito molto e il Santo Padre lo ha sperimentato soprattutto a Starà Boleslav, il luogo del martirio di San Venceslao. E poi, il fatto che la festa di San Venceslao sia una festa nazionale mi pare sia molto significativo.
D. - Ha avuto già modo di raccogliere i primi echi di questa visita tra i suoi fedeli?
R. - Sì ed erano veramente positivi. Loro hanno visto il Papa modesto, umile. E’ stato accolto con stima e con grande gioia.
D. - Per la Chiesa di una nazione la visita di un Papa segna sempre uno spartiacque tra un prima e un dopo. Come ricomincia la vita della Chiesa ceca dopo l’incontro con Benedetto XVI?
R. - Prima, la Chiesa era vista come un piccolo gruppo a margine della società e della vita civile. Con la visita del Santo Padre, invece, la società intravede che facciamo parte della Chiesa universale, mondiale e che adesso siamo schierati dietro questa grande autorità morale e spirituale del mondo che è il Santo Padre. Mi pare che questa visita abbia avuto un profondo effetto nella situazione e nella posizione della Chiesa nella nostra società.
Rinuncia e nomina
◊ In Messico, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Chihuahua, presentata per raggiunti limiti di età da mons. José Fernandez Arteaga. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Constancio Miranda Weckmann, finora vescovo di Atlacomulco. Questi ha 57 anni e ha studiato Filosofia nel Seminario di Ciudad Juarez, per poi passare al Seminario Regionale del Nord, nella città di Chihuahua, come studente di Teologia. Ordinato sacerdote, per un decennio ha svolto il ministero pastorale in differenti parrocchie dell’allora Prelatura di Madera. Nel 1987 è stato inviato a Roma per frequentare i corsi di Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana, dove ha conseguito la Licenza in Teologia Morale. Rientrato nel suo Paese, ha svolto il ministero sacerdotale nella diocesi di Cuauhtémoc-Madera, della quale è stato anche vicario generale, membro del Collegio dei consultori e del Consiglio presbiterale e, da ultimo, amministratore diocesano. Nominato vescovo di Atlacomulco il 26 giugno 1998, è stato consacrato il 4 agosto successivo. Attualmente, è responsabile dei Settori “Vocazioni e Ministeri” e “Tutela della sicurezza sociale dei sacerdoti” della Conferenza episcopale messicana
Il Messaggio del Papa per la Giornata delle comunicazioni sociali 2010 dedicato ai sacerdoti e alla pastorale nell'era digitale
◊ Guarda in particolare ai sacerdoti e alle potenzialità pastorali insite nei nuovi media il Messaggio di Benedetto XVI per la 44.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Il tema per il 2010, reso noto oggi, ha per titolo “Il sacerdote e il ministero pastorale nel mondo digitale. I nuovi media al servizio della Parola". Con questa riflessione, spiega la nota di presentazione ufficiale, si invitano i sacerdoti a considerare i nuovi media “come una possibile grande risorsa per il loro ministero al servizio della Parola” e si incoraggiano “affinché affrontino le sfide che nascono dalla nuova cultura digitale”. “Se conosciuti e valorizzati adeguatamente”, prosegue il comunicato, i mezzi di comunicazione digitali “possono offrire ai sacerdoti e a tutti gli operatori pastorali una ricchezza di dati e di contenuti che prima erano di difficile accesso, e facilitano forme di collaborazione e di crescita di comunione impensabili nel passato”.
Grazie ai nuovi media, si afferma ancora, “chi predica e fa conoscere il Verbo della vita può raggiungere con parole suoni e immagini - vera e specifica grammatica espressiva della cultura digitale - persone singole e intere comunità in ogni continente, per creare nuovi spazi di conoscenza e di dialogo giungendo a proporre e a realizzare itinerari di comunione”. Se "usati saggiamente, con l’aiuto di esperti in tecnologia e cultura delle comunicazioni, i nuovi media - conclude la nota - possono così diventare per i sacerdoti e per tutti gli operatori pastorali un valido ed efficace strumento di vera e profonda evangelizzazione e comunione". (A cura di Alessandro De Carolis)
"Nulla sostituirà mai nella Chiesa il ministero dei sacerdoti". Così il Papa nel messaggio indirizzato al clero riunito ad Ars
◊ “Il sacerdote è l’uomo del futuro”. Così il Papa nel messaggio videoregistrato indirizzato agli oltre mille partecipanti al ritiro sacerdotale internazionale che è in corso ad Ars, in Francia. Il seminario si svolge attorno al tema “La gioia del sacerdote consacrato alla salvezza del mondo” e si concluderà il prossimo tre ottobre. L’iniziativa nasce in occasione dell’Anno sacerdotale indetto a giugno da Benedetto XVI. Il servizio di Benedetta Capelli:
Una riflessione sul ruolo del sacerdote a partire da San Paolo fino al Curato d’Ars. E’ il contenuto del messaggio del Papa ai religiosi riuniti in Francia. “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio - ha detto il Santo Padre facendo sue le parole di San Giovanni Maria Vianney - è il più gran tesoro che Dio può concedere ad una parrocchia ed è uno dei più preziosi doni della misericordia divina”. Il sacerdote è chiamato a servire, dando la sua vita a Dio, a continuare l’opera di redenzione sulla terra “ma - ricorda Benedetto XVI - la nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che portiamo in vasi d’argilla”. In questo senso, proprio San Paolo ha espresso l’infinita distanza che esiste tra la vocazione sacerdotale e la povertà delle risposte che possiamo donare a Dio. “Quando sono debole - diceva l’Apostolo delle genti e ricorda il Papa - è allora che io sono forte”. La coscienza di questa fragilità apre all’intimità di Dio e dona forza e gioia. “Il sacerdote non è dunque per se stesso ma per tutti” e questa è una delle maggiori sfide del nostro tempo.
Proprio il sacerdote, “uomo della Parola divina”, oggi deve essere più che mai un “uomo della gioia e della speranza”. “Davanti a coloro che non possono più concepire che Dio sia puro amore - prosegue Benedetto XVI - egli affermerà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo ne dà tutto il senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini''. Esprimendo la propria vicinanza a quanti compiono il loro magistero in difficoltà, il Papa ha poi ricordato che il sacerdote è l’uomo del futuro, colui che tiene sempre presenti le parole di San Paolo: “Siate risorti in Cristo”. “Vi invito - aggiunge - a fortificare la vostra fede e quella dei fedeli nell’Eucaristia che celebrate, fonte della vera gioia”. “Nulla sostituirà mai nella Chiesa - prosegue il Papa - il ministero dei sacerdoti”. Testimoni viventi della potenza di Dio che opera nella debolezza degli uomini, religiosi che sono consacrati alla salvezza del mondo e scelti da Cristo affinché siano sale della terra e luce del mondo stesso.
Il sacerdozio “è il mezzo con cui Cristo costruisce la Chiesa - ha detto l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schonborn - è instrumentum animatorum che compie il sacrificio Eucaristico in virtù della sacra potestà ricevuta”. “Lo scopo del sacerdozio - ha aggiunto il porporato - è condurre gli uomini alle felicità della vita beata". Un’esortazione ai sacerdoti affinché non si scoraggino di fronte ad una cultura post-moderna, secolarizzata e relativista, né a deprimersi di fronte al calo delle vocazioni è venuta dal cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, che ha invitato i sacerdoti a “ripartire da Cristo” come ha più volte sottolineato Benedetto XVI.
Primo incontro europeo a Roma sulla Pastorale della strada, accanto ai più bisognosi
◊ Sulla strada e nella strada transitano, lavorano e vivono milioni di persone che abbisognano di attenzione, sostegno morale e spirituale e cure materiali. Di questo si parla da oggi a Roma nel primo Incontro europeo per la Pastorale della strada, ospitato nel Palazzo San Calisto, sede del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Il servizio di Roberta Gisotti:
“Gesù in persona si accostò e camminava con loro”: l’episodio del Cristo risorto accanto ai due discepoli sconfortati sulla strada di Emmaus è al centro del Convegno che vede 70 delegati di 17 Paesi europei chiamati a tracciare “un cammino insieme” con quanti fratelli, vicini o lontani dalla fede, sono ovunque sulle strade e nelle strade. Lo stesso tema di grande rilevanza sociale è stato affrontato lo scorso anno a Bogotà in Colombia. “La strada” è “luogo di contrasti” - ha premesso mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti - dove ci sono quelli che "hanno" e quelli che chiaramente "non hanno". Tutti hanno bisogno che si risponda “alle loro necessità umane, spirituali e materiali ‘la dove essi sono’” soprattutto - ha raccomandato il presule - a quelle di “coloro che sono più deboli e vulnerabili”.
Diverse sono infatti le persone sulle strade che abbisognano di sollecitudine pastorale, ha spiegato mons. Agostino Marchetto, segretario del dicastero pontificio. Anzitutto le donne di strada: di chi si prostituisce non si conosce il numero esatto, se non che in massima parte proviene da Paesi dell’ex blocco comunista e africani. Poi ci sono i ragazzi di strada, che secondo stime sarebbero tra 150 e 250 mila, in maggioranza e in crescita negli Stati dell’est. Quindi i senza fissa dimora: si calcola siano in Europa circa 3 milioni, in previsione che aumentino per effetto della crisi economica globale. Ed è una pastorale rivolta anche quanti lavorano sulle strade, come camionisti, autisti, ferrovieri e inoltre tutti i viaggiatori che si spostano con ogni mezzo, ricordando che nel 2008 le vittime degli incidenti stradali sono state 43 mila e 1 milione e 700 mila i feriti, con ricadute economiche quantificate in 200 miliardi di euro, pari al 2 per cento del Prodotto interno lordo dell’Unione europea. Certo, molto diversi sono gli scenari compresi nella pastorale della strada. L’importante nei quattro giorni di lavoro del Convegno di Roma - come ha auspicato mons. Marchetto - sarà trovare “modelli di collaborazione” e “risposte efficaci e creative”.
La Messa presieduta dal cardinale Rodé nell'arcidiocesi romena di Alba Iulia, a conclusione delle feste per il millennio di fondazione
◊ La Solennità odierna di San Michele Arcangelo ha visto il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, presiedere in veste di Inviato Speciale di Benedetto XVI ai festeggiamenti a conclusione del Millennio dell’Arcidiocesi di Alba Iulia, nella regione romena della Transilvania. Fondata nel 1009 da Santo Stefano I re d’Ungheria proprio con il nome di Transilvania, Alba Iulia è stata una delle dieci sedi vescovili fondate dal Santo sovrano magiaro. Oggi l’arcidiocesi di Alba Iulia conta 441 mila fedeli distribuiti in 271 parrocchie (dati del 2002). La nostra cultura, è stata una delle esortazioni del cardinale Rodé all'omelia della Messa, “è segnata dagli innumerevoli problemi e drammi generati da un materialismo economicista - ancor più in questo periodo di crisi - che diventa sempre più sfrontato e aggressivo”. La nostra storia, ha soggiunto, “è marcata dalle ingiustizie enormi e dalle violenze che vengono generate nella vita dei singoli e dei popoli da una concezione della libertà svincolata dalla verità e da ogni norma morale”. E’ in questo contesto, ha affermato con forza, che va annunciata la verità del vangelo. “La verità cristiana - ha osservato l’Inviato del Papa - non è una teoria astratta, ma anzitutto la persona vivente del Signore Gesù che vive Risorto in mezzo ai suoi. Le nostre comunità cristiane, quindi, la vostra comunità diocesana di Alba Iulia – ha concluso - deve maturare nella sua coscienza e nella sua prassi la capacità di essere ‘luogo della verità’ in cui il magistero dei pastori, il sensus fidei del popolo di Dio, la ricerca di ciascuno, convergano in una comprensione vitale e in un annuncio incisivo della verità di Dio in Gesù Cristo sull’uomo”. (A cura di Alessandro De Carolis)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il Papa, Kafka e le lingue: in prima pagina, un editoriale del direttore a conclusione del viaggio di Benedetto XVI nella Repubblica Ceca.
In rilievo, nell'informazione internazionale, il nucleare iraniano: i missili di Teheran preoccupano Washington.
Splendore e mistero di un sorriso: in cultura, Enrico Maria Radaelli su filosofia estetica e teologia trinitaria.
Oltre gli orizzonti e i metodi della scienza: Fiorenzo Facchini analizza il rapporto tra l'evoluzione e il "naturalismo" filosofico.
A cinquant'anni dalla morte, Giulio Andreotti e Fabrizio Bisconti ricordano monsignor Giulio Belvederi, fondatore della comunità delle suore benedettine di Priscilla sulla via Salaria.
Dopo le Filippine il tifone Ketsana colpisce Vietnam, Laos e Thailandia. L'azione di Caritas Internazionalis sui luoghi della catastrofe
◊ La tempesta tropicale Ketsana continua a seminare morte e distruzione nelle Filippine e comincia a fare altrettanto in Vietnam, Laos e Thailandia. Le vittime nella capitale Manila e nelle regioni colpite dalle inondazioni sono oltre 240, mentre in Vietnam si contano già 23 morti e 170 mila persone sono state già evacuate. Decine i dispersi e centinaia di migliaia i senzatetto, ai quali le organizzazioni governative e del volontariato cercano di portare, tra mille difficoltà, gli aiuti necessari alla sopravvivenza. Tra i protagonisti dell’opera di soccorso, le Caritas. La nostra collega della redazione francese, Marie Duhamel, ha raccolto la testimonianza di Gilio Brunelli della Caritas Internazionalis con sede in Canada:
R. - Noi cerchiamo di aiutare le vittime del tifone che ha colpito le Filippine. In modo speciale, lavoriamo con la Caritas e con la Caritas abbiamo identificato che possiamo aiutare circa diecimila famiglie nella regione di Manila e delle province intorno a Manila per un totale di circa 50 mila persone.
D. - Di che cosa hanno bisogno le famiglie colpite da questa catastrofe?
R. - A queste famiglie si sta pensando di mandare prima di tutto del cibo, in particolare il riso, che è il cibo nazionale, perché ricordiamo che queste persone, vittime del tifone, hanno dovuto lasciare la loro casa sabato scorso e da quel giorno fino ad oggi hanno avuto poca possibilità di essere soccorsi e di ricevere degli aiuti. Quindi, è importantissimo che si possa rapidamente fornire loro del cibo. Un’altra cosa di prima necessità è l’acqua potabile. Le piogge, le frane provocate dalle inondazioni, hanno messo sottosopra tutto il sistema idrico a Manila e nelle regioni vicine e senza acqua si sa che non si può vivere. Quindi, la seconda azione di Caritas Filippine è quella di fornire dell’acqua.
D. - Oltre alle vittime, ai danni materiali, c’è da fare la conta dei sopravvissuti...
R. - Come succede spesso, durante il caos seguito a questa situazione catastrofica ci sono state delle famiglie che si sono disperse. E dunque, Caritas Filippine - grazie alla sua rete di agenti che coprono tutto il territorio nazionale e, in particolare, il territorio che è stato vittima di questo tifone - sta cercando di riunire le famiglie. Si parla, come si sa, di una catastrofe che in tutto e per tutto ha complicato la vita a circa mezzo milione di persone.
Al Consiglio d'Europa di Strasburgo la questione del Caucaso e la difesa dei diritti. Intervista col presidente della Corte Europea, Jean-Paul Costa
◊ La situazione nel Caucaso del Nord e la posizione della Russia sono tra i principali temi di dibattito all'Assemblea del Consiglio d'Europa che si è aperta ieri a Strasburgo. All’ordine del giorno anche l’elezione del nuovo segretario generale. Ce ne parla la nostra inviata a Strasburgo, Fausta Speranza:
Il presidente Lluís Maria de Puig aprendo il dibattito ha chiesto una scelta coraggiosa nel decidere il nuovo segretario generale, perché si profilano decisioni forti. In attesa della nomina, poco fa si è aperto l'importante dibattito sulla situazione ad un anno dal conflitto tra Georgia e Russia: situazione nella regione e a livello di rapporti internazionali. Si discuterà anche su come proteggere quanti operano in difesa dei diritti umani nel Caucaso del Nord. Ma Mosca sarà al centro dell’attenzione anche giovedì prossimo, perché 72 parlamentari hanno chiesto un riesame dei poteri della delegazione russa qui a Strasburgo: sostanzialmente, Mosca continua a non rispettare gli impegni presi al Consiglio d'Europa e questa volta il richiamo non vuole cadere nel nulla. La difesa dei diritti umani è la priorità delle priorità per il Consiglio d’Europa. Il rispetto di tali diritti passa attraverso il lavoro della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Al suo presidente, Jean-Paul Costa, abbiamo chiesto quali siano le sfide attuali:
"First of all, it is possible to confirm the commitment…
In primo luogo, si può confermare l’impegno di tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti umani e nella difesa dell’attività di questa Corte. Il problema - che è sicuramente più di ordine tecnico, quantunque molto serio - è questo in che modo questa Corte può far fronte al numero elevato di domande, trattarle in modo corretto e in tempi ragionevoli?"
In ambito di diritto, si parla del concetto nuovo di sicurezza democratica, ancora il presidente Costa:
"Well, the concept of democratic security is not very easy…
Bene, non è facile definire il concetto di sicurezza in democrazia. E’ una sorta di compromesso tra l’ordine pubblico e la sicurezza, da un lato, e la differenza tra l’ordine democratico e altri diritti. In altre parole, è possibile per uno Stato, anzi, uno Stato ha il dovere di proteggere i propri cittadini contro la criminalità, contro il terrorismo, contro ogni tipo di aggressione. Ma, allo stesso tempo, uno Stato ha il dovere di rispettare le regole di processi equi, del diritto di difendersi, la presunzione dell’innocenza, la libertà di parola e via dicendo."
Mons. Crociata, segretario generale della Cei: i vescovi italiani allarmati per il degrado della vita civile
◊ Fiducia nonostante l’amarezza per l’allarmante degrado del vivere civile. Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), mons. Mariano Crociata, ha riportato oggi in conferenza stampa, nella Sala Marconi della nostra emittente, lo stato d’animo dei vescovi italiani che nel loro Consiglio permanente hanno affrontato l’urgenza della sfida educativa, la questione mezzogiorno e gli argomenti più delicati dell’ attuale situazione italiana. Francesca Sabatinelli:
Biotestamento, Ru 486, il vicenda Boffo e Avvenire, immigrazione. I temi cruciali della vita politica e sociale italiana hanno prevalso nell’incontro della stampa con il segretario generale della Cei, mons. Crociata. I vescovi, ha spiegato, seguono con interesse il dibattito riguardo la legge di fine vita, auspicando che si arrivi ad un testo che salvaguardi aspetti essenziali come più volte ribadito dalla Cei:
“Ci sembra che il testo uscito dal Senato rappresenti un punto di equilibrio significativo; un’espressione di una delle due Camere, questo sì. Confidiamo che il parlamento conduca con la stessa serenità e con la stessa ricerca di sintesi ed equilibrio, come sa fare, il completamento di questo procedimento della legge”.
Le vicende dei mesi scorsi, ha precisato il vescovo, fanno ritenere necessaria una legge che prevenga l’arbitrio. E’ dunque importante che il parlamento trovi il modo, in maniera condivisa, di arrivare ad una conclusione dell’iter legislativo, puntando alla salvaguardia di ogni persona. Per quanto riguarda la Ru486, secondo i vescovi, si rischia di tornare indietro rispetto alla legge 194, arrivando ad una banalizzazione dell’aborto:
“E’ un rischio che ci preoccupa. Questo sforzo di valutare attentamente le conseguenze effettive dell’uso e delle modalità dell’uso di questo farmaco, credo sia un fatto importante, innanzitutto per la stessa salute e la sicurezza della popolazione delle donne di fronte ad un farmaco come questo”.
Sulla questione delle dimissioni di Dino Boffo, direttore del quotidiano della Cei Avvenire, il segretario Crociata spiega come i vescovi non debbano fare chiarezza su quanto accaduto. Per i vescovi, ha affermato, l’ambito della comunicazione è di grande rilevanza, ma per il momento, ha precisato, non si è affrontata né la questione della nomina del nuovo direttore di Avvenire né tantomeno una possibile ristrutturazione:
“I fatti sono davanti a tutti: il dott. Boffo con le sue dimissioni ha voluto dire la volontà di non esporre la Chiesa ad ulteriori attacchi. Da parte sua, ha chiarito in questa maniera come si tratti di un’iniziativa che ha in una lettera anonima il suo punto d’appoggio e, dunque, altri argomenti da offrire”.
Tra i vescovi, ha spiegato poi, si è parlato con grande dispiacere di quello che è accaduto, di quello che mons. Crociata ha definito attacco personale che ha colpito una persona che ha servito con grande professionalità la Chiesa in Italia con il giornale Avvenire. I vescovi, dunque, hanno espresso la volontà di andare avanti nel servizio nella ricerca della verità, al servizio del popolo cristiano e di tutto il Paese. Sull’immigrazione il vescovo ha ribadito quanto già espresso dal cardinale Bagnasco nella sua prolusione, ossia che si persegua il giusto equilibro tra legalità, rispetto delle esigenze della pace sociale e, nello stesso tempo, accoglienza delle persone:
“In merito alla questione vorrei dire che - posto che l’immigrazione è fenomeno di grande proporzione - l’attenzione alle esigenze di un’integrazione è imprescindibile, secondo tempi e modalità che vedano responsabilità colte e accompagnate, perché avvenga nella salvaguardia del bene di tutti, dell’evoluzione della società italiana e della presenza di coloro che vengono ad inserirsi come immigrati per diventare anch'essi cittadini italiani”.
I vescovi italiani, infine, denunciano nel loro documento finale come la questione meridionale sia oggi avvolta in un clamoroso silenzio, pur in presenza di preoccupanti segnali di crisi.''Per questo - dicono - occorre fare appello a tutte le forze positive, declinando l'attenzione alle problematiche locali nella coscienza di appartenere ad un'unica nazione".
A Padova i funerali di don Ruggero Ruvoletto, il missionario italiano ucciso a Manaus dieci giorni fa. Il ricordo di mons. Marchiò
◊ Commozione questa mattina nella cattedrale di Padova, dove sono state celebrate le esequie di don Ruggero Ruvoletto, il missionario assassinato il 19 settembre scorso nella città brasiliana di Manaus, dove si trovava in missione. I funerali sono stati presieduti dal vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, attorniato da mons. Francesco Biasin, vescovo di Pesqueira, e DA altri cinque vescovi provenienti dalle diocesi del Nordest del Brasile. La cronaca da Padova di Silvio Scacco:
Don Ruggero Ruvoletto, 52 anni, studi di ecclesiologia a Roma, dal 95 al 2003 direttore del Centro missionario diocesano, arriva in Brasile proprio sei anni e dallo scorso anno, a Manaus, ha iniziato a collaborare ad un progetto della diocesi locale in un area con fortissime tensioni sociali e una violenta malavita. E proprio qui, il 19 settembre scorso ha donato la propria vita, in ginocchio, freddato da due colpi alla testa. Attorno alla sua bara, in cattedrale oggi, le quattro sorelle, i molti parenti, un numero esorbitante di confratelli, amici e collaboratori delle tante iniziative missionarie della diocesi, tutti coloro che hanno avuto modo di apprezzare l’entusiasmo e la solidità umana e cristiana di don Ruggero.
Nella sua omelia, il vescovo Antonio Mattiazzo ha sottolineato come don Ruggero abbia dato il meglio di sé nella missione e, nella missione, il meglio di sé l’ha dato con il dono della vita. Ha messo al servizio della missione la sua fede e la sua umanità. Un’umanità - ha continuato monsignor Mattiazzo - ricca di cuore e di umanità, che lo portava a relazioni cordiali e calorose. Il vescovo poi ha ricordato come don Ruggero abbia affrontato la fatica, i rischi, le tribolazioni della missione, con la fiducia e il coraggio che vengono dalla fede e dalla preghiera. Il missionario - ha ricordato infine mons. Mattiazzo - non è un colonizzatore o un manager di azienda; va a lavorare in missione non per il guadagno materiale, ma per offrire gratuitamente il bene più prezioso: Gesù Cristo e il suo Vangelo, Vangelo di giustizia, di solidarietà, di amore, di pace e di speranza. E per tutto questo, don Ruggero ha saputo dare la vita.
Al termine delle esequie, il vescovo della diocesi brasiliana di Caruaru, mons. Bernardino Marchiò, uno dei presuli presenti in cattedrale, ha tratteggiato al microfono di Christiane Murray un ritratto di don Ruggero, del quale era molto amico:
"Era un sacerdote semplice ma molto profondo. Un sacerdote che sapeva amare e sapeva servire tutti. Quando si è aperta la missione di Manaus - perché tutta la Chiesa del Brasile è aperta alla missione, alla grande problematica dell’Amazzonia - lui si è messo a disposizione e poi ho anche mandato un sacerdote di Caruaru per lavorare con lui. Si trovava nella periferia di Manaus, una periferia che è cresciuta immensamente in questi ultimi anni. Ormai tutti cercano la città: la città ha molte cose buone ma raccoglie anche tanti problemi, tanti frutti dell’ingiustizia e della corruzione, legati ad una mancanza di sicurezza e di politiche pubbliche. Don Ruggero ha cercato di lavorare in questo senso: per la pace, per servire, per annunciare il Vangelo. Delle volte il Vangelo ci chiede anche la vita e sappiamo che don Ruggero ha dato la sua vita per far capire a tanta gente che non si può vivere nel proprio guscio, nel proprio egoismo personale, ma si deve vivere a servizio di tutti. Don Ruggero ha lasciato quest’esempio per tutti noi e noi ringraziamo il Signore per la sua vita".
Mons. Filoni alla Radio Vaticana nella festa di San Gabriele Arcangelo: siate leali trasmettitori di notizie, senza manipolazioni
◊ Clima di festa alla Radio Vaticana nella solennità di San Gabriele Arcangelo, patrono della nostra emittente e di tutti gli addetti alle telecomunicazioni. “Con Gabriele comprendiamo che la verità non va addomesticata a secondi fini, non va manipolata né peggio contraffatta”. Così si è espresso l’arcivescovo Fernando Filoni, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, nella Messa celebrata stamani nella cappella di Palazzo Pio. A seguire, la tradizionale consegna delle onorificenze pontificie ad alcuni dipendenti della Radio. Benedetta Capelli:
Comprendere il senso della comunicazione attraverso la missione di San Gabriele, intermediario e messaggero di Dio. A partire da questa considerazione, l’arcivescovo Fernando Filoni ha ricordato la figura dell’Arcangelo inviato nella “regione infedele” della Galilea ma portatore di un grande messaggio salvifico, espressione di una logica non riconducibile a quella umana. “Dio - ha spiegato il presule - predilige ciò che è religiosamente non qualificato e umanamente insignificante”. Un modo di agire e di essere “controcorrente”, perché Dio ama i piccoli e i poveri e questa logica “nel campo della comunicazione” “costituisce certamente una grande sfida”:
“Ecco perché anche nei mass media la Chiesa insiste nella difesa dei deboli, nella ricerca della verità e della giustizia, nella tutela dei diritti degli ultimi e degli indifesi, a partire da quanti non sono ancora nati a quelli che sono ormai sulla soglia della morte. La Chiesa si fa voce di chi non ha voce, portavoce di chi non ha accesso alle tribune dei potenti, avendo sempre di mira quanto il Signore domanda; non cede a ricatti e pressioni di alcun tipo”.
Un compito importante che rende il mestiere di comunicare una missione somigliante a quella degli angeli “messaggeri di buone notizie e di speranza, ambasciatori di giustizia e di pace, costruttori di verità nell’amore”. Ricordando il dialogo tra Maria e l’Arcangelo Gabriele, mons. Filoni ha evidenziato come “il messaggio ricevuto” debba essere modello del lavoro giornalistico:
“Ogni giornalista e tecnico della comunicazione è chiamato pertanto ad essere leale e fedele trasmettitore di notizie, cultore attento e rispettoso della verità e della dignità di ogni persona”.
“Dentro ogni fatto - ha auspicato il presule - sia presente la passione di Dio per l’uomo”. Necessario è dunque “coltivare un’etica rigorosa” nelle parole e nei gesti perché la comunicazione è “missione, apostolato, mezzo prezioso di santificazione personale e di evangelizzazione”. Un compito che ci rende “uomini di speranza”.
Un incarico reso al meglio dai tanti che nella comunità della Radio Vaticana si sono distinti per il loro impegno. Al termine della messa, infatti, nella Sala Marconi di Palazzo Pio sono state consegnate le onorificenze pontificie a Beth Hay, responsabile del Programma Inglese-Africa, a Massimo Lalia, viceresponsabile della Sezione musicale, a Ugo Ansuini, responsabile della Sezione impianti elettrici dei centri trasmittenti della Radio Vaticana, e a Bruno Sgrulloni, responsabile dell’Officina meccanica delle sedi di Roma. Una particolare menzione è stata poi riservata al gruppo di lavoro per il Sinodo per l’Africa del Sedoc, le redazioni per l’Africa e il Web Team.
Guinea Conacky: i vescovi avevano lanciato un appello per scongiurare le violenze
◊ Il 23 settembre alla vigilia della manifestazione di ieri repressa nel sangue, che ha causato almeno 128 morti, i vescovi cattolici della Guinea avevano lanciato un appello a tutte le parti perché si astenessero dalle violenze. “Noi, Pastori della Chiesa cattolica, facciamo appello alla coscienza di tutti e di ciascuno perché questa manifestazione si svolga in maniera pacifica” affermava il comunicato della Conferenza episcopale guineana del 23 settembre, inviato all’agenzia Fides. I vescovi in particolare si rivolgevano agli organizzatori della manifestazione (“che i promotori mettano in piedi un’organizzazione sufficiente ad evitare ogni forma di disturbo e di violenza”) e alle forze dell’ordine, invitandole a “evitare ogni forma di repressione sproporzionata e inutili violenze”. Più in generale, la Conferenza episcopale lanciava “un appello solenne alla calma e alla riflessione e ad uno sforzo di tutti per costruire la pace. Che nessuno si liberi delle proprie responsabilità e che ciascuno pensi alla conseguenze delle proprie azioni. Perché se si infiamma la casa della Guinea, saremo tutti responsabili. E noi ne sopporteremo le conseguenze con le nostre donne e i nostri figli, i nostri familiari e i nostri amici”. Ricordando i recenti tragici avvenimenti della storia guineana, i vescovi chiedono: “Quante famiglie guineane sono già in lutto per la morte di uno o più membri provocata dalla volontà umana? Quante famiglie guineane aspettano che sia fatta luce sulla tragica e inumana scomparsa di così tanti cittadini? Il suolo guineano non si è già abbastanza abbeverato del sangue innocente?” I vescovi fanno appello anche “ai nostri amici stranieri perché cerchino veramente il bene del Paese e non interessi economici inconfessati. Facciamo affidamento su coloro che hanno una responsabilità nel Paese, a livello politico, sindacale o della società civile perché non si lascino manipolare. La Chiesa cattolica della Guinea - concludono i vescovi - si impegna, in conformità alla sua vocazione, a pregare e a lavorare per la pace in Guinea. Ribadisce la disponibilità ad essere un luogo di scambio di idee con gli uomini di buona volontà del nostro Paese e di altre luoghi per il ritorno della vera pace”. (R.P.)
L’estremismo indù dietro l’attentato di ieri contro i cristiani di Orissa
◊ Sono cristiani i quattro feriti dell’attentato di ieri nel campo profughi di Nandamaha, la zona più colpita dalle violenze anticristiane nello Stato indiano dell’Orissa. Gli attentatori, secondo le dichiarazioni rilasciate dal direttore del Global Council of Indian Christians ad Avvenire, sarebbero alcuni estremisti indù che con minacce obbligano i cristiani di Kandhamal a lasciare il loro credo per la conversione alla religione indù. L'unica vittima dell'esplosione è lo stesso attentatore che stava preparando l'ordigno. Secondo la polizia locale si è trattato di una violenza ad opera di militanti maoisti. La bomba è esplosa ieri vicino a delle case che ospitano 32 famiglie ancora sfollate a causa dei pogrom anti-cristiani dell’agosto 2008, eventi che causarono la morte di 90 persone e lo sfollamento di oltre 50 mila abitanti. I cristiani vittime dell’attentato di ieri provengono dalla parrocchia di Betticola, una delle più colpite dall’ondata di attacchi dello scorso anno. Dietro alla nuova ondata di attentati ci sarebbe la rinnovata forza delle famiglie cristiane di riprendere una vita normale, raccontano fonti della locale diocesi di Cuttack-Bhubaneswar. (M.P)
Speranza e solidarietà dei giovani di Kirkuk ai rifugiati cristiani in Iraq
◊ Cinque giorni di preghiera e di solidarietà in un luogo dove la gente non ha nulla, privata anche della sua dignità. È la testimonianza rilasciata al Sir di suor Anna dell’arcidiocesi di Kirkuk, in Iraq che insieme a 80 giovani ha portato la speranza alle famiglie cristiane del villaggio di Levo, vicino alla frontiera turca. I ragazzi, appartenenti alla fraternità Emmaus di Kirkuk, hanno constatato la condizione in cui versa la popolazione: non ci sono scuole, ospedali, mezzi di trasporto e lavoro. In un villaggio in cui molte famiglie cristiane di Mosul e Baghdad hanno trovato rifugio dalla violenza settaria manca la pastorale, la catechesi ed esiste soltanto una chiesa dove la Santa Messa è celebrata solo la domenica, denuncia suor Anna. In questi cinque giorni i giovani della fraternità hanno aiutato queste persone a pregare, dialogare e soprattutto a sperare, attraverso tante attività e con gesti concreti come le visite alle famiglie più bisognose, portando loro aiuti concreti. “L’Iraq di oggi non è solo odio e violenza ma esprime anche gesti di bene e di solidarietà”, conclude suor Anna. (M.P)
Vietnam: campagna diffamatoria dei media di Stato contro i cattolici
◊ I media di Hue hanno lanciato una campagna diffamatoria contro l’arcivescovo mons. Stephen Nguyen Nhu The e il suo ausiliare mons. Francis Xavier Le Van Hong. La colpa dei prelati - riferisce l'agenzia AsiaNews - è aver condannato la confisca di una scuola cattolica nella parrocchia di Loan Ly, nel distretto di Phu Loc, e le brutali violenze della polizia vietnamita contro i fedeli che protestavano per l’appropriazione indebita dei loro terreni. In risposta ai vescovi, la televisione di Hue ha mandato in onda una serie di interviste in cui presunti fedeli attaccano i prelati, stigmatizzando il loro comportamento. A questo si aggiunge la campagna dei quotidiani vietnamiti contro padre Joseph Ngo Thanh Son, parroco di Loan Ly, con accuse di complotto e di aver guidato le proteste del 13 settembre scorso. Un’accusa peraltro priva di fondamento, perché padre Joseph ha trascorso diverse settimane in ospedale e non si trovava in parrocchia quando sono scoppiati gli incidenti. La scuola parrocchiale di Loan Ly è stata costruita dai fedeli nel 1956 e confiscata nel 1975, in seguito alla caduta dell’ex Saigon (oggi Ho Chi Minh City) e la cacciata del presidente Nguyen Van Thieu. Nei decenni il regime comunista vietnamita ha concesso l’insegnamento del catechismo, a condizione che le lezioni si svolgessero davanti a una foto dello “zio Ho” al posto della croce cristiana. La notte fra il 13 e il 14 settembre, uomini della sicurezza e picchiatori hanno circondato la parrocchia e, con violenza, hanno costretto i fedeli ad abbandonare la scuola, costruendovi attorno un muro di cinta. Gli attacchi contro i cattolici in Vietnam si susseguono in diverse zone del Paese. Nella diocesi di Vinh, padre John Nguyen Van Huu denuncia “l’ultimatum” imposto dalle autorità della provincia di Quang Binh, che pretendono “l’immediata rimozione” di una statua dedicata a Nostra Signora di La Vang. I funzionari hanno condotto una vera e propria campagna volta a distruggere il simbolo cattolico. Il 27 settembre migliaia di cattolici si sono riuniti a difesa del monumento, sul quale incombe la minaccia dei bulldozer pronti ad abbatterlo. Il Comitato popolare di Dong Da ha infine minacciato di confiscare le proprietà della Chiesa nei pressi del lago di Ba Giang, mettendole sotto l’amministrazione dello Stato. I fedeli hanno avviato una campagna di protesta, contro la quale le autorità hanno spiegato centinaia di agenti e cani poliziotto. Al momento non si hanno notizie di scontri. (R.P.)
Sri Lanka: il vescovo anglicano di Colombo chiede allo Stato più trasparenza sui profughi tamil
◊ Il vescovo anglicano di Colombo protesta per i continui ritardi nel reinsediamento dei profughi tamil nelle loro terre di origine, dopo la guerra fra l'esercito e le Tigri tamil. Il reverendo Duleep de Chickrea lamenta la “mancanza di coordinamento tra le varie autorità dello Stato”. Lo sminamento delle regioni del nord e la ricostruzione dei villaggi - riferisce l'agenzia AsiaNews - prosegue a rilento; allo stesso tempo, il governo ha dato il via libera al rientro a casa dei profughi a patto che siano accolti dai rispettivi parenti in condizioni di sicurezza. Per il vescovo è una contraddizione che umilia le cosiddette Internally displaced persons (IDPs). De Chickrea ricorda al governo che i rifugiati non sono prigionieri di guerra, ma persone che sono andate nei campi profughi rispondendo all’invito dei militari e fidandosi delle loro promesse. All’esecutivo guidato da Mahinda Rajapaksa il vescovo chiede informazioni e chiarezza sulla reale situazione delle zone un tempo occupate dalle Tigri tamil e auspica “maggior trasparenza nella gestione della crisi” ed nei lavori per risistemare le oltre 250mila sfollati. De Chickrea è preoccupato per le condizioni dei rifugiati e afferma che “le piogge arrivate in anticipo sono un fattore che aggrava la situazione ed esige un’azione rapida di risposta”. Dai campi sparsi tra Vavuniya, Mannar e Jaffna e dalla Menik farm arrivano notizie sul continuo peggioramento dell’emergenza profughi e su nuove violenze ai danni dei tamil. Fonti locali affermano che i militari considerano tutti i rifugiati alla stregua di potenziali fiancheggiatori delle Tigri e nei campi vige un clima di oppressione continua. Oltre 10mila giovani, tra i 18 ed i 30 anni, sono stati trasferiti in campi speciali perché sospettati di legami con il Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte). Sono sottoposti ai metodi di interrogatorio di norma usati per i terroristi e tra di loro ci sono 1875 donne di cui 40 incinte. Giungono pure notizie di quotidiane sparizione di persone e di violenze sulle donne perpetrate dai militari. Bambini e donne soffrono più di tutti la mancanza di servizi igienici, alimenti e acqua potabile. Ogni giorno i profughi sono costretti a fare lunghe code per assicurarsi risicate razioni di cibo. L’arrivo della stagione delle piogge aumenta il rischio della diffusione di malattie quali tifo e diarrea che già da tempo colpiscono le IDP. Bambini e studenti non hanno possibilità di studiare e l’anno scolastico è ormai perso. (R.P.)
Brasile: un sacerdote assassinato da rapinatori a Santa Caterina
◊ Un sacerdote di 33 anni, don Evaldo Martiol, della diocesi di Cacador, è stato assassinato a Santa Caterina la sera del 26 settembre da due giovani, di 21 e 15 anni, rispettivamente zio e nipote. Secondo il comunicato della Conferenza episcopale brasiliana ripreso dall'agenzia Fides, il sacerdote è stato vittima di un furto finito in omicidio. Infatti, dopo aver lasciato una cappella ed essere passato a casa di un altro sacerdote, don Evaldo ha dato un passaggio sulla sua automobile ai due giovani che lo hanno ucciso. Il suo corpo è stato ritrovato 5 chilometri fuori della zona urbana di Cacador, colpito da quattro proiettili. Il giorno seguente la polizia ha identificato i criminali, che avevano ancora con sé la macchina, il cellulare ed i documenti del sacerdote. I due hanno confessato ed hanno indicato il luogo dove trovare il corpo del sacerdote. Don Evaldo, originario di Timbò Grande, era stato ordinato sacerdote il 26 aprile 2003. Aveva svolto il ministero pastorale nella parrocchia di Friburgo, Salto Veloso, nella Cattedrale e nella parrocchia di San Francesco d’Assisi a Cacador. “Il suo metodo di evangelizzare era l’amicizia” ha ricordato commosso il vescovo diocesano, mons. Luiz Carlos Eccell, durante i funerali celebrati nella cattedrale in cui il sacerdote lavorava, e che era colma di fedeli commossi e affranti, perché “padre Evaldo era un figlio amato che faceva amicizia con tutti”. (R.P.)
Colombia: dolore dell’arcivescovo di Villavicencio per l’uccisione di padre Cardozo Ossa
◊ Mons. Oscar Urbina Ortega, arcivescovo di Villavicencio, in un comunicato diffuso ieri, ha espresso il suo dolore e quello dell’intera comunità diocesana della Colombia per l’uccisione di padre Oscar Danilo Cardozo Ossa avvenuta sabato scorso mentre si trovava nella casa parrocchiale. Il presule ha sottolineato il suo rifiuto, accompagnato dallo sdegno, per un gesto così violento e gratuito e ha posto in rilievo la gravità dell’affermarsi “di una cultura della violenza e della morte che da tempo colpisce la regione e che ora senza motivi tocca anche i ministri del Signore”. Mons. Urbina Ortega ha ribadito che in seguito a un tale fatto che rattrista enormemente, bisogna “riaffermare il valore inalienabile della vita, sempre irripetibile, che rende insostituibile ogni persona”. Osservando che nessuno può rivendicare il diritto alla vita che appartiene in assoluto al suo Creatore, Dio, l’arcivescovo di Villavicencio esprime accorata solidarietà alla famiglia del sacerdote assassinato e nel contesto dell’Anno Sacerdotale chiede ai fedeli di offrire al Signore delle preghiere per l’anima di padre Oscar Danilo così come per gli autori del crimine tuttora sconosciuti. Il sacerdote è stato ucciso nel pomeriggio di sabato scorso mentre si trovava nella casa parrocchiale della chiesa San Luis María Grignion de Montfort, situata in un quartiere popolare della Città. Il prete, molto amato per il suo instancabile impegno pastorale, era stato ordinato nel 1983 e da quel momento aveva prestato servizio in numerose parrocchie della città, animando con forza e simpatia diverse iniziative religiose e di pastorale sociale. Intanto la polizia locale indaga sulle circostanze e il movente dell’omicidio che sembra essere legato ad un furto. L’inchiesta si presenta complessa perché proprio nella stessa parrocchia sono stati uccisi in passato altri due sacerdoti: nell’aprile 2004, padre Jesús David Saénz Alvarado, vittima di un avvelenamento e poi nel novembre dello stesso anno padre Henry López. Nell'ultimo crimine la polizia ha offerto una ricompensa di 10 milioni di pesos colombiani, poco meno di 5 mila dollari, a chiunque fosse stato in grado di fornire informazioni che potevano assicurare alla giustizia gli autori del delitto. La Colombia, purtroppo, si conferma in questo momento, insieme al Messico, uno dei Paesi più pericolosi per l’esercizio pastorale. Dagli anni venti ad oggi decine di sacerdoti sono stati uccisi per circostanze legate al narcotraffico, alla violenza politica e agli interessi del crimine organizzato nel Paese. Anche due vescovi sono stati vittime della criminalità colombiana: mons. Emilio Jesùs Jaramillo, vescovo di Arauca morto nel 1989 e mons. Isaìas Duarte Cancino, arcivescovo di Cali ucciso nel 2002. (A cura di Luis Badilla)
Amnesty International: repressioni in Cina contro gli attivisti umanitari
◊ “Il governo di Pechino, in occasione del 60° Anniversario, il 1° ottobre prossimo, della nascita della Repubblica Popolare Cinese, vuole celebrare il successo del Paese facendo in modo che nessuna voce di dissenso o di protesta possa essere ascoltata”. E’ quanto ha dichiarato l'organizzazione umanitaria Amnesty International nel denunciare l’aumento dei provvedimenti di sorveglianza, delle intimidazioni e degli arresti di attivisti per i diritti umani da parte delle autorità di Pechino. Migliaia di persone e dissidenti - riferisce l'agenzia Sir - sono sottoposti a sorveglianza e agli arresti domiciliari e a quelli che tentano di presentare petizioni alle autorità centrali, viene impedito di entrare nella capitale cinese. Amnesty chiede dunque l’immediata fine di ogni tipo di restrizione nei loro confronti e il rilascio di tutti i prigionieri. (G.C.)
Hong Kong: la visita della nuova superiora generale delle Missionarie della Carità
◊ Durante il suo recente viaggio pastorale ad Hong Kong, suor Mary Prema, nuova Superiora generale delle Missionarie della Carità, fondate dalla Beata Madre Teresa di Calcutta, ha confermato il desiderio e la forte volontà delle religiose di svolgere il loro servizio “ai più poveri tra i poveri” secondo l’insegnamento della Fondatrice. Durante la sua prima visita alle comunità dell’Estremo Oriente dopo la sua elezione avvenuta nel Capitolo dello scorso marzo, suor Prema ha potuto conoscere da vicino il servizio delle consorelle di Hong Kong, facendo anche visita al vescovo della città, mons. John Tong. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), invitato dalla nuova Superiora generale, mons. Tong ha presieduto una solenne Eucaristia nella “Casa della Carità”, per tutte le missionarie, i volontari e gli amici di Madre Teresa. Dopo la liturgia, suor Prema ha riferito al vescovo del lavoro svolto dalle Missionarie della Carità, ribadendo la volontà di adoperarsi per realizzare il desiderio che ha accompagnato tutta la vita di Madre Teresa: offrire il loro servizio verso il continente. Mons. Tong ha accolto con piacere questo impegno ed ha ricordato con affetto quando accompagnava le suore di Madre Teresa in Asia. Fin da allora, aveva avvertito la forte volontа di Madre Teresa di mettersi al servizio dei più bisognosi del continente. Suor Mary Prema prosegue la sua visita in Estremo Oriente, visitando Macao, Cambogia, Thailandia e Singapore, dove operano le suore di Madre Teresa. Le Missionarie della Carità, fondate dalla Beata Madre Teresa di Calcutta nel 1950, in India, sono arrivate a Hong Kong nel 1983. Principalmente si occupano dei malati, degli infermi, dei barboni e di tutti coloro che sono abbandonati dalla societа. Recentemente hanno cominciato anche a prendersi cura dei bambini, impartendo loro l’educazione e una formazione integrale. Ogni giorno offrono dai 30 ai 90 pasti caldi a persone povere e senza tetto. (R.P.)
La Fondazione Wallenberg ai rabbini: pregare per i cristiani salvatori di ebrei
◊ “Voglia l'Onnipotente, che dona ricchezza al popolo ebraico, donare ricchezza a tutti quei non ebrei generosi, che hanno rischiato la vita per salvare gli ebrei'". È l’esortazione alla preghiera, raccolta dall’agenzia Zenit, di Baruj Tenembaum fondatore della Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg in occasione della ripresa in Italia, della Giornata di riflessione ebraico-cristiana, annunciata il 22 settembre scorso. La Ong educativa che conta l’adesione di centinaia di Capi di Stato e premi Nobel si è congratulata con tutti “i protagonisti ebrei e cattolici coinvolti in questo annuncio”. Alla vigilia della più sacra delle ricorrenze ebraiche, lo Yom Kippur, il Giorno del Perdono, la Fondazione Wallenberg chiede a tutti i rabbini del mondo di “recitare un Kadish, ricordo e preghiera per i defunti, dedicato a tutti i cattolici che salvarono gli ebrei durante la Shoah". Tenembaum spiega che il Kadish è una preghiera in aramaico recitata da tutti i settori dell’ebraismo e si differenzia perché anche se dedicata alla memoria dei defunti e rivolta al Creatore, non menziona né Dio né i morti. Di recente, il rabbino Oshry, della Yeshiva Or Sameaj in Israele, ha emesso una risoluzione halakhica che permette di recitare il Kadish in memoria di “un gentile che ha salvato tante vite ebraiche”. L'annuncio della ripresa della Giornata di riflessione in Italia è stato dato dopo un incontro tra il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e i rabbini Giuseppe Laras, presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana, e Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunità ebraica di Roma. La Fondazione Wallenberg, sottolinea il suo fondatore, insieme alla Casa Argentina in Israele percorre dal pontificato di Giovanni XXIII, proprio il Papa salvatore di tanti ebrei, il cammino dell'incontro e della riconciliazione e una delle dimostrazioni di tale impegno è il murale commemorativo delle vittime dell’Olocausto installato nella Cattedrale Metropolitana di Buenos Aires. (M.P.)
A Creta la sessione plenaria della Commissione “Fede e Costituzione”
◊ La questione dell'unità dei cristiani sarà quest’anno il tema della sessione plenaria della Commissione "Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese che si svolgerà a Creta, dal 7 al 14 Ottobre. L’assemblea, informa il Sir, sarà aperta dal Patriarca ecumenico Bartolomeo I e la Chiesa cattolica, pur non facendo parte del Consiglio Ecumenico delle Chiese parteciperà in quanto membro della Commissione “Fede e Costituzione”. “I partecipanti, si legge nella nota diffusa dal Consiglio, non discuteranno unicamente sulle questioni che tradizionalmente sono fonte di divisioni tra le Chiese cristiane, ma si confronteranno anche su quei temi che hanno creato divisioni, più recentemente, all'interno delle Chiese, come i problemi di discernimento morale”. Temi quali il proselitismo, l’omosessualità e la ricerca sulle cellule staminali saranno al centro della sessione che si pone l'obiettivo di iniziare “un processo ecumenicamente riconosciuto per il discernimento morale delle Chiese”. La commissione è composta da 120 membri nominati dalle rispettive Chiese e sono in rappresentanza di diversi Paesi del mondo e delle varie confessioni. Per tale motivo la sessione plenaria della Commissione “Fede e costituzione” è considerata come “il forum teologico più rappresentativo del mondo”. (M.P)
Svizzera: la Chiesa ricorda il 40.mo della Commissione Giustizia e Pace
◊ Con una solenne celebrazione eucaristica nella Basilica della Trinità a Berna, la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale svizzera (Ces) ha festeggiato sabato scorso i suoi 40 anni di fondazione. Un centinaio i partecipanti alla liturgia presieduta da mons. Kurt Koch, presidente uscente della Ces, e concelebrata dal presidente della Commissione mons. Peter Henrici. Ospite d’onore mons. Gérard Defois, arcivescovo emerito di Lille e presidente di Giustizia e Pace Europa a cui sono state affidate l’omelia e alcune riflessioni dopo la Messa. Nell’omelia – riferisce l’agenzia Apic - il presule francese ha ricordato come l’impegno della Chiesa per la giustizia e la pace non sia un’attività sociale “annessa a un’istituzione essenzialmente spirituale”. Esso rappresenta invece “l’essenza stessa della fede per realizzare quello che i Papi hanno chiamato la civiltà dell’amore”. La verità della fede, infatti, non è in gioco solo nelle affermazioni dottrinali, “ma anche nelle pratiche sociali che devono testimoniare a ogni essere umano la vicinanza di Dio in tutta la sua esistenza”. Mons. Debois si è quindi soffermato sulla specificità della missione di Giustizia e Pace: non una semplice Ong, ma un impegno per realizzare quegli ideali e valori evangelici che hanno ricevuto nuovo slancio dall’enciclica “Populorum Progressio” di Paolo VI. “Per noi – ha sottolineato - l’altro, il povero, l’escluso il migrante o il malato non sono i ‘dimenticati della crescita’, sono figli di Dio e l’immagine attuale di Cristo”. Concetti che il presule ha ripreso e approfondito nelle riflessioni svolte al ricevimento ufficiale seguito alla Messa, in cui ha sottolineato, tra l’altro, che non basta protestare contro le ingiustizie e le offese alla dignità umana. “Il dovere primordiale di Giustizia e Pace – ha detto - è di lavorare con le Chiese locali, come fa con gli immigrati illegali e contro il traffico di esseri umani, di denunciare le nuove forme di povertà, di rivelare gli effetti perversi delle pratiche economiche che schiavizzano il lavoratore straniero, di occuparsi, come chiedeva già Paolo VI, dello sviluppo dei Paesi del sud del mondo promuovendo scambi commerciali e culturali che rispettino l’identità e la dignità di questi popoli”. Composta da una ventina di esperti, in maggioranza laici, dalla sua creazione, nel 1969, Giustizia e Pace è la voce della Chiesa elvetica sulle questioni sociali, economiche, politiche e ambientali. In occasione del suo giubileo la Commissione ha pubblicato un opuscolo di 40 pagine in cui presenta la sua storia e la sua visione. (L.Z.)
Le Unità pastorali nascono dal desiderio di unire la parrocchie
◊ “Le unità pastorali nascono dal desiderio che le parrocchie siano unite e non solo per penuria di sacerdoti”. E’ quanto ha spiegato all'agenzia Zenit, monsignor Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. L’arcivescovo ha precisato, dopo essere intervenuto alla Giornate sulle Parrocchie e le Unità Pastorali celebrate a Salamanca dal 21 al 23 settembre, come le unità pastorali rispondano al desiderio che le parrocchie non siano isolate dal momento che la missione della Chiesa è una missione partecipata. Il presule ha ricordato che "la parrocchia è una comunità di fedeli, guidata da un sacerdote, che vive la vita della Chiesa con tutte le attività della Chiesa: predicazione del Vangelo, celebrazione dei sacramenti, opere di carità..." ma ha sottolineato che "tutti i fedeli sono attivi in questa missione della Chiesa", e che "il parroco non è solo un soggetto attivo, ma agisce per attivare gli altri, perché tutti i fedeli della parrocchia mettano in pratica le attività della Chiesa, ciascuno secondo il proprio ordine". La realtà delle unioni parrocchiali sono una forma di collaborazione e coordinamento tra due o più parrocchie limitrofe, regolate dal diritto diocesano e si stanno sviluppando in vari Paesi d’Europa, operando in armonia con il piano pastorale diocesano. (G.C.)
La gioia di mons. Monterisi per l'incarico di arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura
◊ “Sarà un compito difficile ma esaltante che mi riempie di gioia e mi impegna seriamente per il bene dei cattolici e dei non cattolici”. È lo spirito con il quale monsignor Francesco Monterisi adempierà al suo nuovo incarico di arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, a Roma. L’Ufficio che gli sarà affidato il primo ottobre prossimo durante una celebrazione nella Basilica sarà presieduta, informa il Sir, dal cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano. Prima della sua nomina, resa nota dalla Santa Sede il 3 luglio scorso, mons. Monterisi aveva svolto l’incarico di Segretario della Congregazione dei Vescovi. In una nota diffusa oggi dall’arcidiocesi di Barletta (città di cui è originario), monsignor Monterisi ha specificato la sua missione: “Diffondere il messaggio di San Paolo che ha incentrato l’essere cristiani nel vivere in Cristo che ci ha salvati attraverso la Croce e la Resurrezione”. La figura di San Paolo – aggiunge il neo-arciprete – deve essere sempre più conosciuta come “maestro delle genti, che indica a tutti l’essenza dell’umanesimo cristiano”. (M.P.)
Assisi: sabato e domenica prossimi celebrazioni in onore di San Francesco
◊ L’anniversario della morte del poverello d’Assisi che ricorre questo sabato e domenica, prevede cerimonie che coinvolgono non solo l’aspetto religioso ma anche quello civile. Ai festeggiamenti parteciperanno rappresentanti del governo italiano, autorità regionali, provinciali e comunali della regione che, in rappresentanza delle altre, dona l’olio della lampada votiva che arde sulla tomba del santo. Quest’anno, secondo quanto riporta il Sir, l'olio sarà offerto dalla regione Basilicata. Decine di migliaia i pellegrini sono attesi da ogni parte del mondo ad Assisi. Tra i momenti suggestivi ci saranno quello dei Vespri “in transitu Sancti Francisci” il 3 ottobre, e alla sera , presso il santuario di San Damiano, si ricorderà "il pianto delle Povere Dame" sulla salma di San Francesco. Nella mattinata del 4 ottobre invece ci sarà la solenne celebrazione eucaristica nella Basilica del santo, presieduta dal mons. Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza, in rappresentata della Basilicata che offre appunto l'olio votivo. (G.C.)
Roma: in occasione del Sinodo il Campidoglio promuove una Giornata per l’Africa
◊ In concomitanza con la II Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi, il Campidoglio ha messo in calendario, il prossimo 19 ottobre, una giornata interamente dedicata all'Africa, alle sue prospettive e alla sua cultura: la mattina un grande convegno nella sala della Protomoteca con autorità religiose e politiche e con esponenti del volontariato; la sera una rassegna di musica e arte africana all'auditorium della Conciliazione. Il convegno in Campidoglio, dal titolo "Africa: quale partnership per la riconciliazione, la giustizia e la pace?", è promosso dal Comune in collaborazione con il Sinodo dei Vescovi, Radio Vaticana e la Comunità di Sant'Egidio. Intervengono, tra gli altri: monsignor Nicola Eterovich, segretario generale del Sinodo dei Vescovi; padre Federico Lombardi, direttore generale di Radio Vaticana; Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio; numerosi vescovi africani; il vicedirettore della FAO, Modibo Traoré; il ministro degli esteri del Senegal, Cheikh Tediane Gadio. Alle 21, poi, all'auditorium della Conciliazione, si tiene "Africa. Croce in mezzo al mare", serata di musica e cultura africana alla presenza del Sinodo, promossa dal Campidoglio con Hope (servizio nazionale per la Pastorale Giovanile). Ingresso libero. Prima, il 7 ottobre, il sindaco Alemanno accoglierà a Palazzo Senatorio una delegazione dei Padri Sinodali. (A.M.)
Il Fatebenefratelli di Erba diventa Ospedale Amico dei Bambini
◊ L’Unicef Italia rende noto che il Presidio Ospedaliero "Sacra Famiglia Fatebenefratelli" di Erba, nel comasco, ha raggiunto gli standard validi per il riconoscimento internazionale di “Ospedale Amico dei Bambini”, iniziativa promossa dallo stesso Unicef e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. “L'iniziativa Ospedale Amico dei Bambini - dichiara il presidente dell'Unicef Italia Vincenzo Spadafora - è stata lanciata nel 1992 al fine di assicurare che tutti gli ospedali accolgano nel miglior modo possibile i neonati, diventando centri di promozione e sostegno per l'allattamento al seno”. Dal lancio dell'iniziativa a oggi più di 20 mila ospedali in 156 Paesi in via di Sviluppo e industrializzati hanno ottenuto tale riconoscimento e si è potuto constatare un aumentato del numero di donne che allattano al seno e il miglioramento dello stato di salute dell'infanzia. Per diventare 'Ospedale Amico dei Bambini' una struttura sanitaria deve applicare le dieci norme specifiche Unicef/Oms che prevedono di non accettare campioni gratuiti o a buon mercato di surrogati al latte materno, non usare biberon, di promuovere la formazione di tutto il personale, di effettuare il rooming-in, ovvero la sistemazione del bambino nella stessa stanza della madre 24 ore su 24 e un'informazione corretta alle madri per incoraggiarle ad allattare esclusivamente al seno almeno per i primi sei mesi di vita del neonato. (M.P.)
La strage nello stadio della Guinea Conakry: il nunzio apostolico, mons. Krebs: inascoltato l'appello della Chiesa alla calma
◊ E' finita in un bagno di sangue, nello stadio della capitale della Guinea, una manifestazione non autorizzata dell'opposizione, organizzata ieri per protestare contro la giunta militare, salita al potere nove mesi fa con un colpo di stato. L'ultimo bilancio provvisorio parla di 128 morti. L'esercito è intervenuto in forze per reprimere le proteste, ha sparato ad altezza d'uomo, ha ucciso decine di persone e ne ha ferite un numero imprecisato. Dura la condanna da parte degli organismi internazionali. Il segretario dell’Onu, Ban ki-moon, lancia un monito a tutti i partiti ad impegnarsi in un processo di transizione pacifico. Ma qual è la situazione a Conacry in queste ore? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Mons. Martin Krebs, nunzio apostolico in Guinea Conakry:
R. - Ieri, era il giorno della violenza. Avete sentito, tra le notizie, che ci sono molti morti e tanti feriti. Oggi non si sa, si attende che l'ondata di violenza si spenga. Abbiamo la speranza che qualcuno ritorni alla ragione, ma queste sono cose che non si prevedono. La violenza ha una dinamica propria. Aspettiamo.
D. - La tensione era alta già da diverso tempo…
R. - La tensione era alta sin dalla presa di potere del regime militare, nel dicembre dell’anno scorso, e naturalmente è aumentata in queste ultime settimane. Nei giorni precedenti al 28 settembre, c’era forte tensione e le Chiese - come anche le altre comunità religiose - hanno fatto chiamato alla calma, attraverso un appello che purtroppo non è stato ascoltato.
D. - Sono giunti messaggi preoccupati anche dalle principali cancellerie internazionali: come sono stati accolti dalla popolazione?
R. - E’ difficile giudicare, perché la popolazione di per sé è inerme: cosa si può fare contro quelli che portano armi? Da una parte c’è un certo fatalismo, ma dall’altra c’è una rabbia incredibile che cerca di esprimersi. Anche questo è un mistero, non si può prevedere, si è lì in attesa.
D. - Vuole lanciare un messaggio?
R. - L’importante è non dimenticare i Paesi come questo che rischiano appunto di essere dimenticati. Un giorno le notizie sulle violenze appaiono tra le notizie internazionali, ma subito dopo spariscono perché questo non è un Paese che può contribuire molto all’interesse di chi guarda. Non dobbiamo dimenticarci di questo. Poi, chi è davvero interessato troverà dei canali per aiutare e tenere vivo l’interesse per questo Paese.
Cresce la preoccupazione internazionale per i test missilistici lanciati dall’Iran, che oggi ha fatto sapere di non voler discutere il suo programma nucleare nell’incontro con il gruppo 5+1 in programma a Ginevra. Gli Usa promettono nuove sanzioni e ribadiscono che Teheran dovrà accettare le ispezioni senza limiti da parte dell'Aiea, all'impianto nucleare clandestino di Qom, scoperto nei giorni scorsi. Mosca intanto cerca nuove strade negoziali, dalla Cina invece un invito alla calma e al dialogo. L’Iran fa sapere di non essere contraria alle Ispezioni dell’Aiea, ma ribadisce: “Sulla questione del nucleare l’Occidente non commetta gli errori del passato e usi questa occasione per uscire dallo stallo attuale''. il servizio di Cecilia Seppia:
Occhi puntati sull’Iran all’indomani del lancio di razzi a lunga e media gittata potenzialmente in grado di raggiungere Israele. “E’ stata una normale esercitazione militare”, ha spiegato il capo della diplomazia iraniana, Quashqavi. Ma il portavoce dei Pasdaran non ha dubbi e rilancia: "l’Iran, con questi nuovi vettori, sarà in grado di rispondere a qualunque minaccia esterna". Dura la reazione della Casa Bianca. Washinghton si prepara ad imporre nuove sanzioni e ribadisce la necessità di cambiare il focus dello scudo antimissile. Critiche anche da Francia, Gran Bretagna, Germania, che chiedono a Teheran di cessare definitivamente i lanci e di adeguarsi al regime di non proliferazione. Meno risoluta la Russia, che invita a non cedere all’emotività. Anche la Cina esprime preoccupazione, ma esorta i membri del 5+1 alla calma e sollecita le parti a concentrarsi sul prossimo negoziato di Ginevra. Intanto, proprio in vista del summit che si aprirà il 1 ottobre, l’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Solana, ribadisce: sul tavolo dei negoziati le nostre offerte a Teheran rimangono. Da parte sua, l'Iran fa sapere che informerà presto l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) sui tempi per un'ispezione presso i nuovi impianti nucleari di Qom, la cui esistenza è stata rivelata la scorsa settimana. Oggi, il monito del parlamento iraniano alle potenze del gruppo 5+1 a ''non ripetere gli errori del passato e ad usare questa occasione storica per uscire dallo stallo attuale''.
Honduras: il Congresso di Tegucicalpa pronto a respingere il decreto di Micheletti
In Honduras, riesplodono le polemiche dopo la decisione del governo de facto di sospendere le garanzie costituzionali e di chiudere gli unici due mezzi di comunicazione che trasmettevano le notizie dell’opposizione: decisione che con ogni probabilità verrà respinta dal Congresso. Intanto, la crisi innescata dal golpe del 28 giugno scorso sta dividendo il continente: i membri del Consiglio permanente dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa) si sono spaccati sull'opportunità di riconoscere che Zelaya fosse il legittimo vincitore delle elezioni e sul tipo di condanna da pronunciare contro il governo de facto. Il servizio di Francesca Ambrogetti:
Unanime condanna internazionale e polemiche sul fronte interno, dopo la decisione del governo di fatto di sospendere le garanzie costituzionali e di chiudere gli unici due media che trasmettevano notizie della resistenza contro le nuove autorità. Polizia ed esercito hanno fatto irruzione nelle prime ore di oggi nelle sedi e le stazioni radio e tv per far cessare le trasmissioni. I rappresentanti dei gruppi parlamentari, guidati dal titolare della Camera dei deputati, hanno chiesto la deroga delle misure dello stato d’assedio deciso ieri. Voci di protesta per questo inasprimento della situazione si sono sentite da più parti, ma insieme all’Organizzazione degli Stati americani (Osa) non è stato possibile raggiungere un accordo unanime di condanna. Il rappresentante degli Stati Uniti, ad esempio, ha criticato apertamente, per la prima volta, il presidente del posto, Manuel Zelaya. La sua decisione di tornare in patria è stata irresponsabile, ha affermato il delegato. Di fronte alle critiche, lo stesso presidente di fatto, Roberto Micheletti, ha detto che intendeva derogare nel futuro i provvedimenti di eccezione per garantire il libero svolgimento delle prossime elezioni. Ha anche invitato una delegazione dell’Osa a recarsi a Tegucigalpa il prossimo 7 ottobre.
Afghanistan
Ancora violenza in Afghanistan, nel giorno in cui prende il via alla Casa bianca la revisione della strategia militare nel Paese orientale. Almeno 12 civili, tra i quali donne e bambini, sono morti e altre 15 sono state ferite nel corso di un attentato nella provincia meridionale del Kandahar. Lo hanno reso noto fonti del governatorato locale, specificando che le vittime si trovavano tutte a bordo di un autobus. L’attentato per ora non è stato rivendicato. Intanto, fonti afgane rivelano che un ragazzino di 13 anni è stato ucciso per errore nella zona di Paktika da una pattuglia statunitense dell’Isaf, ancora sconosciute le modalità dell’incidente.
Sudan
In Sudan, un soldato della forza internazionale di interposizione per il Darfur è stato ucciso oggi in un'imboscata mentre altri due suoi compagni sono rimasti feriti. Lo hanno annunciato fonti della forza di pace che opera nel Sud del Paese, secondo le quali l'agguato sarebbe avvenuto mentre un convoglio misto di polizia e soldati dell'Unamid stava scortando dei civili verso il campo profughi di El Geneina.
Mauritania
Sette presunti membri aderenti ad al Qaida per il Maghreb islamico (Aqmi) sono stati arrestati dai militari nel deserto mauritano vicino alla frontiera con il Mali e l'Algeria. Lo ha reso noto ieri un alto responsabile dei servizi di sicurezza mauritani, specificando che l’arresto era stato effettuato una settimana fa. Secondo questa fonte, al momento della cattura il gruppo armato circolava nel deserto mauritano a bordo di veicoli blindati, vicino alla base militare di Lemgheity, già bersaglio nel giugno del 2005 di un un attacco del gruppo algerino Gspc costato la vita a 15 militari mauritani.
India
Un piccolo battello con 60 persone a bordo sul fiume Bagmati nello Stato indiano del Bihar è affondato la notte scorsa, causando la morte di almeno sette persone, mentre altre 40 risultano ancora disperse. Lo riferisce l'agenzia di stampa Ians, specificando che l'incidente, avvenuto nel distretto di Khagaria, ha coinvolto un gruppo di persone, per lo più donne e bambini, che ritornavano da una festa hindu su un’imbarcazione adibita al trasporto di soli 30 passeggeri.
Somalia
E' di 11 morti e 31 feriti il bilancio ancora provvisorio di un grave attacco terroristico avvenuto ieri sera, in Somalia. Secondo quanto riferito da fonti di polizia, un gruppo di ribelli islamici avrebbe lanciato una pioggia di granate sul mercato di Bankara, il principale di Mogadiscio. Subito dopo, le forze governative insieme ai peacekeeper dell'Unione Africana avrebbero risposto al fuoco.
Pakistan
Cinque ribelli islamici sono stati uccisi nel corso dell'attacco di un drone americano avvenuto stamattina a Sarrarogha, a circa 60 chilometri da Wana, la città più importante della regione del Sud Waziristan. Secondo fonti di intelligence dell'esercito pakistano, i due missili lanciati dall’aereo senza pilota avrebbero colpito l'abitazione di un comandante talebano, Irfan Mehsud. Durante l'attacco altre sei persone, forse civili, sono rimaste ferite. Nell'ultimo anno, sono stati oltre settanta gli attacchi effettuati dai droni americani nella zona nord occidentale del Pakistan.
Zardari in visita in Italia
Rilanciare i rapporti economici tra Italia e Pakistan. E’ lo scopo principale della visita di tre giorni a Roma del presidente pakistano, Asif Alì Zardari, giunto ieri sera nella capitale. Oggi è in programma l’incontro con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e a seguire un colloquio con il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Mercoledì infine, l’incontro a Palazzo Chigi con il premier, Silvio Berlusconi. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 272
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