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Sommario del 18/09/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI incontra l'arcivescovo Hilarion, del Patriarcato di Mosca
  • I sette Patriarchi cattolici orientali domani in udienza dal Papa
  • I vescovi brasiliani in visita ad limina. Mons. Fernandes: la nostra Chiesa missionaria al servizio dei più bisognosi
  • Il cardinale Bagnasco dal Papa
  • Commissione bilaterale Santa Sede-Israele: colloqui costruttivi sull'Accordo Economico
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Afghanistan: la strage dei parà scuote l'Italia: lunedì i funerali solenni
  • Non esiste un diritto a morire: commento dopo la sentenza del Tar sul fine vita
  • Convegno sulle stimmate di Padre Pio
  • Il tema della comunità al centro del Festival della Filosofia
  • La Chiesa ricorda San Giuseppe da Copertino, Patrono degli studenti
  • Chiesa e Società

  • India: mons. Cheenath smentisce le autorità dell'Orissa sulle violenze anti-cristiane
  • La Chiesa indiana chiede un maggior impegno delle donne in politica
  • Pakistan: il governatore del Punjab contro la legge sulla blasfemia
  • Banca Mondiale: 89 milioni in più sotto la soglia di "povertà estrema" entro il 2010
  • 350 mila bambini ogni anno nascono affetti dall'Aids
  • Africa: a causa della crisi economica calano gli investimenti stranieri
  • Solidarietà di Pax Christi ai cristiani iracheni
  • Thailandia: la popolazione scende in piazza contro la chiusura di scuole cattoliche
  • I vescovi ispanici degli Stati Uniti incontrano i parlamentari
  • I vescovi messicani: riformare la legge sull’immigrazione
  • Colombia: la Chiesa si offre come mediatrice per liberare gli ostaggi
  • Argentina: al via la Giornata di Pastorale Sociale
  • Continua il pellegrinaggio delle reliquie di San Giovanni Bosco in America Latina
  • Cina: oltre 40mila pellegrini al santuario dell'Addolorata di Tai Yuan
  • A Taiwan il cardinale Shan riceve il premio per la pace
  • Uganda: appello dell'arcivescovo di Kampala dopo le violenze degli ultimi giorni
  • L’Infanzia Missionaria celebra il 10.mo anniversario della sua presenza in Zambia
  • Australia: domenica l'Assemblea del Consiglio cattolico dei popoli aborigeni
  • Nuovo appello ai cattolici irlandesi a votare il Trattato di Lisbona
  • Lunedì si riunisce il Consiglio permanente dei vescovi italiani
  • L’abate della Basilica di San Paolo nominato Canonico della cattedrale anglicana di San Paolo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Obama rinuncia allo scudo antimissile in Europa dell’Est. Positive le reazioni della Russia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI incontra l'arcivescovo Hilarion, del Patriarcato di Mosca

    ◊   Il Papa ha ricevuto oggi a Castel Gandolfo l'arcivescovo Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Hilarion, alla sua prima visita a Roma dopo la nomina al suo attuale incarico, aveva avuto ieri un colloquio con il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Dopo l’incontro il porporato ha ribadito che tra Chiesa cattolica e Patriarcato di Mosca i rapporti sono positivi. Le due parti si rivedranno a Cipro, nel prossimo ottobre, in occasione della sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme: al centro dei lavori figura il tema cruciale del ruolo del vescovo di Roma nella Chiesa universale.

     
    Ieri pomeriggio Hilarion ha visitato la Comunità di Sant’Egidio partecipando alla preghiera nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. Al termine del rito ha parlato della necessità della testimonianza comune dei cristiani “in un mondo scristianizzato, in un’epoca - ha detto - che qualcuno erroneamente definisce post-cristiana. La società contemporanea con il suo consumismo, edonismo, materialismo pratico, relativismo morale – ha proseguito - lancia a tutti noi cristiani una sfida seria e difficile. Dalla nostra risposta di cristiani a questa sfida dipende anche l’avvenire dell’umanità e forse anche la possibilità che la vita continui sul nostro pianeta. E’ una sfida comune che ci è lanciata ed anche la nostra risposta deve essere comune”.

     
    “Soltanto insieme - ha sottolineato Hilarion - potremo proporre al mondo i valori spirituali e morali della fede cristiana; insieme potremo offrire la nostra visione cristiana della famiglia, della procreazione, di un amore umano fatto non soltanto di piacere; affermare il nostro concetto di giustizia sociale, di una più equa distribuzione dei beni, di un impegno per la salvaguardia dell’ambiente, per la difesa della vita umana e della sua dignità. Davanti a questa sfida comune che ci lancia il mondo contemporaneo – ha concluso l’inviato del Patriarcato di Mosca - oggi più che mai noi cristiani dobbiamo essere insieme”.

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    I sette Patriarchi cattolici orientali domani in udienza dal Papa

    ◊   La crescita del fondamentalismo in Medio Oriente e l’inquietudine dei cristiani, l’importanza del dialogo islamo-cristiano, lo statuto del Patriarca cattolico orientale nella Chiesa universale e la giurisdizione ecclesiastica in Kuwait e nei Paesi del Golfo. Sono i quattro punti dei quali i sette Patriarchi cattolici orientali, parleranno domani con Benedetto XVI che li riceverà in udienza a Castel Gandolfo. Si tratta del Patriarca maronita Nasrallah Boutros Sfeir, dell’armeno cattolico Bédros XIX, del siro-cattolico Ignace Youssef III Younane, del melkita Gregorio III, del caldeo Emmanuel Delly, del Patrirca latino di Gerusalemme Fouad Twal e dal copto Antonios Nagib. Le considerazioni dei Patriarchi sono illustrate in una nota che sarà portata al Papa, al quale, nel loro incontro, i patriarchi parleranno in primo luogo delle questioni della presenza delle loro Chiese nell’ambito della Chiesa universale e di altri temi ecclesiologici. Tra questi anche la questione della giurisdizione ecclesiastica del Kuwait e degli altri emirati del Golfo, verso i quali, nel corso degli ultimi anni, sono emigrate dagli altri Paesi arabi decine di migliaia di operai e funzionari cristiani, chiamati dal boom economico. Nella nota i Patriarchi, manifestano la loro inquietudine per i cristiani del Medio Oriente, sfidati dalla crescita del fondamentalismo soprattutto in Egitto e Iraq e sottolineano l’importanza della questione palestinese. Viene anche nuovamente sottolineata l’importanza del dialogo islamo-cristiano.

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    I vescovi brasiliani in visita ad limina. Mons. Fernandes: la nostra Chiesa missionaria al servizio dei più bisognosi

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani un gruppo di vescovi brasiliani della regione Nordest 2 in visita ad Limina. Quella del Nordest è una delle aree più povere del Brasile che vede particolarmente impegnata la Chiesa locale al fianco dei più deboli. Per una testimonianza sulla vita ecclesiale in questa area, Lisa Zengarini, ha intervistato l’arcivescovo di Maceió Antônio Muniz Fernandes e presidente della regione Nordest 2:

    R. - La Chiesa del Nordest opera sempre in una prospettiva di fede e di immersione nella nostra realtà. Siamo veramente poveri, però con una grandissima voglia di fare missione (…) in modo che essa sia uno strumento per trasformare questa nostra realtà, per costruire tutti insieme, come Chiesa, la fraternità come segno del Regno di Dio presente tra noi e per alimentare sempre di più la speranza nel cuore della nostra gente.

     
    D. - Quali sono quindi le principali sfide pastorali e sociali?

     
    R. - La prima sfida che abbiamo è di tipo antropologico: quella di essere veramente umani, cercare di eliminare i segni della povertà più dura, di quella povertà che toglie la dignità delle persone. C’è poi la sfida di dare un futuro alla gioventù, quella della condizione dell’infanzia, quella del lavoro. Noi diciamo che siamo una regione sottosviluppata dove la Chiesa vuole dare risposte concrete che portino la speranza, sviluppino la fede per potere vivere la carità di Cristo. Nei nostri piani pastorali diciamo che qui siamo ormai una Chiesa grande, discepola, come dice il Documento di Aparecida, ma discepola nel senso di più missionaria e più samaritana: una Chiesa che diffonde il messaggio di Cristo e una Chiesa impegnata nella carità per aiutare quelli che hanno più bisogno.

     
    D. - A proposito di Aparecida, come sta dando concretamente attuazione la Chiesa nel Nordest alle indicazioni contenute in questo documento?

     
    R. - La nostra regione ecclesiastica, già prima di Aparecida, aveva preso la decisione di essere una Chiesa in stato permanente di missione, quella a cui si riferiva, in senso più generale, il Santo Padre ad Aparecida quando parlava di Missione Continentale: la missione di portare l’incontro tra le persone e Gesù. Poi, tenendo conto della nostra realtà concreta, abbiamo sviluppato sempre di più anche l’idea del Samaritano, quello che aiuta gli esclusi cercando di sopperire ai loro bisogni basilari. E così possiamo dire che abbiamo adattato il Documento di Aparecida alla nostra realtà locale: promuovendo al tempo stesso una Chiesa missionaria e una Chiesa Samaritana.

     
    D. - Cosa vi aspettate dalla visita ad limina e dall’incontro con il Santo Padre?

     
    R. - Noi vescovi più anziani abbiamo sempre vissuto questo momento come un momento di grazia, di "kairòs" per la nostra vita e il nostro ministero: negli incontri con il Santo Padre abbiamo sempre sentito questa fratellanza, questo zelo apostolico, questa voglia di essere insieme e lavorare in comunione e con partecipazione. E' questo il sentimento che proviamo quando siamo a Roma, celebriamo nelle chiese, visitiamo gli organismi centrali della Chiesa, parlando delle nostre difficoltà e anche delle nostre speranze, di quello che facciamo e quando incontriamo il Santo Padre la cui voce conferma i fratelli nella fede. E' proprio tale tipo di comunione più stretta con il Santo Padre che ci aiuta a mantenere la comunione tra tutti noi e con tutta la Chiesa.

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    Il cardinale Bagnasco dal Papa

    ◊   Il Papa riceverà questo pomeriggio in udienza il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana.

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    Commissione bilaterale Santa Sede-Israele: colloqui costruttivi sull'Accordo Economico

    ◊   La Commissione di lavoro bilaterale permanente fra la Santa Sede e lo Stato di Israele si è incontrata ieri e oggi per continuare i negoziati sull’Accordo Economico. Lo riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana. “Le Delegazioni – afferma la nota - hanno lavorato in modo costruttivo per conseguire gli obiettivi comuni”. Il prossimo incontro si terrà i prossimi 28-29 ottobre, invece che il 14-15, come annunciato precedentemente.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell'informazione internazionale, uno scudo comune tra Stati Uniti e Russia.

    Nicola Gori intervista l'arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l'Italia.

    In Cultura, un articolo di Carlo Bellieni su vita prenatale e setaccio genetico.

    Nella rete c'è chi pensa per noi, di Ernesto D'Avanzo.

    Al confine tra due imperi; la genialità delle Reducciones tra i guaranì di Gianpaolo Romanato.

    La pittura secondo il maestro Shitao di Luca Miele.

    Il codice di Bagnoregio, un articolo di monsignor Fortunato Frezza sul nodo della datazione della Bibbia di san Bonaventura.

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    Oggi in Primo Piano



    Afghanistan: la strage dei parà scuote l'Italia: lunedì i funerali solenni

    ◊   Rabbia e dolore all’indomani del tragico attentato kamikaze in Afghanistan costato la vita a sei militari italiani più altri 15 civili, 60 invece i feriti. Lunedì a Roma i funerali solenni delle vittime, giornata per la quale è stato deciso il lutto nazionale con un minuto di silenzio nelle scuole e negli uffici pubblici. Unanime il cordoglio del mondo politico e religioso, le condoglianze alle autorità italiane sono giunte anche dal presidente della Commissione Ue, Barroso, ma la violenza nel Paese non si ferma: Oggi un’altra bomba ha ucciso nel sud un soldato americano. Il servizio di Cecilia Seppia:

    La strage dei parà scuote l’Italia, mentre ferma e unanime arriva la condanna del mondo intero, contro l’attentato kamikaze di ieri a Kabul, rivendicato dai talebani. Dei dieci militari a bordo dei mezzi blindati, saltati in aria nell'esplosione, solo 4 sono sopravvissuti, per gli altri 6 nulla da fare. Appartenevano al 186.mo Reggimento Paracadutisti di stanza a Pisa: il tenente Antonio Fortunato, in missione da 4 mesi, padre di un bambino di 8 anni, per tutti il gigante buono, vista l’imponenza del suo fisico; il sergente maggiore Roberto Valente, anche lui padre di un bimbo di due anni, aveva appena ottenuto il trasferimento dopo 16 anni e da lì a poco sarebbe tornato per sempre a Napoli; il caporalmaggiore Matteo Mureddu, 26 anni, il più giovane tra i suoi compagni, sognava il battesimo di suo nipote al quale avrebbe fatto da padrino. E poi Gian Domenico Pistonami, faccia pulita e sorriso sempre pronto, faceva il conto alla rovescia aspettando le nozze; ancora Massimiliano Rondino, il soldato che amava recitare, tornato a Kabul dopo una licenza di 12 giorni trascorsi con la moglie; infine Davide Ricchiuto, un ragazzo come tanti, questa doveva essere la sua ultima missione. A rendere omaggio ai caduti, oggi al Consiglio Supremo della Difesa, il premier Berlusconi, il presidente del Senato Schifani e le più alte cariche dello Stato. Acceso intanto resta il dibattito politico e mentre il ministro degli Esteri Frattini, chiede un cambiamento di strategia in Afghanistan, dal presidente della Camera Fini arriva l’invito a cessare le polemiche, per richiamare l’unità e dar voce al dolore. Unanime anche il cordoglio dei vescovi italiani: il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco in un telegramma inviato a mons. Pelvi, ordinario militare per l’Italia, ha espresso profonda vicinanza alle famiglie delle vittime, assicurando preghiera e conforto. Condoglianze alle autorità italiane anche dal presidente della Commissione Ue, Barroso. Lunedì giorno di lutto nazionale, si svolgeranno i funerali dei 6 parà, le cui salme rientreranno in Italia domenica, all’aereoporto di Ciampino.

     
    Dopo l’attentato di ieri a Kabul contro i paracadutisti della Folgore s’inasprisce il dibattito politico sulla presenza italiana in Afghanistan. La stessa maggioranza di governo appare spaccata sull’argomento tra chi chiede un ritiro immediato e chi caldeggia un cambiamento di ruolo per il contingente italiano. A preoccupare il mondo della politica tuttavia è il peggioramento della situazione nel Paese asiatico nonostante le recenti elezioni politiche e presidenziali. Antonella Palermo ha intervistato Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto dell’area.

    R. - Io credo che la politica dovrebbe avere finalmente, dopo otto anni, la serietà di ammettere un’amarissima realtà e cioè l’intervento in Afghanistan è un fallimento e ammettere che abbiamo fallito serve non per fare le valigie e tornare tutti a casa, che sarebbe un errore, ma per resettare la situazione e reimpostarla su altre basi, soprattutto altre basi politiche.

     
    D. – E' abbastanza chiaro nell’opinione pubblica italiana che la situazione che c’è in Afghanistan è quella di un teatro di guerra?

     
    R. – No, io credo che non sia abbastanza chiaro e credo che questo dipenda dalla politica degli anni scorsi, quando bisognava obbligatoriamente dichiarare che andava tutto bene, che si era tutto risolto. Insomma, ci sono stati anni in cui ci si è profondamente illusi. Qualche risultato lo si stava ottenendo, però nel dolore di questa perdita dobbiamo anche ricordare che quest’anno, già adesso e anche prima di questo attentato, era comunque l’anno per le truppe della coalizione occidentale più drammaticamente ricco di perdite di questi otto anni di intervento militare.

     
    D. – Come leggere questo episodio gravissimo alla luce dei dati sulle presidenziali del 20 agosto scorso?

     
    R. – Io credo che i due atti non siano strettamente correlati, anche se è chiaro che in questo clima questo attentato va comunque letto come un attacco contro Karzai e contro il suo governo. In altre parole, Karzai è il maggiore e il più influente dei capi tribù dell’Afghanistan. Finché non si riesce o a convincere lui o a instaurare un governo che lavori veramente per il Paese intero, non si riuscirà a conquistare alla causa della democrazia quegli ulteriori spicchi di società afghana che potrebbero però essere decisivi.

     
    Cresce la polemica anche su come impedire che tragedie come quella di ieri possano ripetersi e su eventuali difetti di comunicazione tra i settori dell’intelligence militare, che alla luce dei fatti appare come uno degli elementi maggiormente sottovalutati nel conflitto afgano, come conferma anche Arduino Paniccia, docente di studi strategici all’università di Trieste al microfono di Giancarlo La Vella:

    R. – Non si tratta soltanto di rafforzare il dispositivo militare, ma – a mio parere – quello che è importante è anche riuscire a fare in modo - soprattutto attraverso l’intelligence e quindi l’informazione – di conoscere dove sono i pericoli, dove possono svilupparsi e chi li porta avanti. La soluzione del rafforzamento dei dispositivi, anche se è giusta, deve vedere una maggior attenzione a tutta la parte informativa e dell’intelligence. Sapendo poi che l’Afghanistan oggi è – con i dati delle Nazioni Unite – il maggior produttore di oppio e di eroina del mondo, naturalmente ci sono aspetti sociali e politici. Il presidente Karzai non può pensare soltanto di aver vinto in una molto controversa elezione. Forse, com’è già avvenuto in altri Paesi dell’area, c’è da pensare a qualcosa che assomigli ad un’unità nazionale e quindi ad una minore forza governativa.

     
    D. – Lei pensa sia possibile confrontarsi con i talebani senza armi e chi potrebbe farlo?

     
    R. – Oggi, in Afghanistan, ci sono delle forze in grado di aprire un negoziato, ovviamente non con l’ala dura dei talebani da parte militare, né con i talebani che sono diventati i signori della droga e degli spacciatori a livello internazionale. Quello che credo sia molto chiaro è che non si può portare avanti nessun tipo di trattativa diplomatica o negoziale ritirandoci o abbandonando la parte militare. Le due parti sono praticamente un vaso comunicante.

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    Non esiste un diritto a morire: commento dopo la sentenza del Tar sul fine vita

    ◊   Il Tar del Lazio ha dichiarato “inammissibile per difetto di giurisdizione” il ricorso contro le disposizioni del ministro della Salute alle strutture sanitarie per salvare la vita di Eluana Englaro. E, tuttavia, sostiene nella sentenza che ai malati in stato vegetativo si possono sospendere l’alimentazione e l’idratazione, teorizzando di fatto un “diritto a morire”. Sulle posizioni espresse dai giudici amministrativi del Lazio, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Lucio Romano, presidente di “Scienza e Vita”:

    R. – L’equivoco di fondo è che si parli di trattamenti sanitari. L’alimentazione e l’idratazione artificiale non possono essere assolutamente considerati come dei trattamenti - ovvero delle terapie - ma sono essenzialmente dei mezzi di sostegno vitale. Se noi dovessimo considerarle come delle terapie, alimentazione e idratazione svolgerebbero quindi un’azione terapeutica. La domanda che allora ci dovremmo porre è: qual è la malattia che alimentazione e idratazione vanno a curare? Di conseguenza, se una malattia è curabile - quindi trattabile con un’azione terapeutica svolta dall’alimentazione e dall’idratazione, per quanto artificiale - ciò vorrebbe dire che una volta che si è guariti dalla malattia stessa dovremmo sospendere, per paradosso, la terapia di alimentazione e idratazione. Il Tar richiama però anche la Convenzione dell’Onu sulle persone disabili. Bene, se vogliamo richiamarla in toto questa Convenzione, è opportuno ricordare come all’articolo 25 comma F si dica testualmente che “gli Stati devono prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e di servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità”. Detto in altri termini, la Convenzione sottolinea appunto che il cibo e i liquidi non possono assolutamente essere sospesi in un soggetto che venga ritenuto disabile.

     
    D. – In questa sentenza del Tar si teorizza un “diritto a morire”, la possibilità del rifiuto della nutrizione e dell’idratazione…

     
    R. – Nella Costituzione italiana, nel comune sentire, nella riflessione etica dell’attività medica, nell’attività assistenziale di presa in carico delle persone non esiste alcun diritto a morire. E’ di rango istituzionale il diritto a vivere, il riconoscimento della possibilità di poter vivere senza ricorrere evidentemente ad un accanimento terapeutico; alimentazione ed idratazione non possono essere assolutamente forme di accanimento terapeutico. In sintesi potremmo dire che non solo non c’è un diritto a morire, ma non c’è un principio assoluto di autodeterminazione. Bisogna anche ricordare che lo stesso codice deontologico dei medici, all’articolo 3, tra i doveri principali richiama quello del dovere del medico alla tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’uomo.

     
    D. – Questa sentenza del Tar pone ancora una volta l’accento sulla necessità di una legge da parte del Parlamento sul fine vita…

     
    R. – E’ nel potere del Parlamento non solo prendersi l’incarico di temi estremamente delicati cosiddetti “eticamente sensibili”, ma anche di legiferare in merito. E’ quanto mai opportuno che il Parlamento discuta adesso alla Camera nella maniera più adeguata e che soprattutto non venga meno a quelli che sono i capisaldi della legge che poi è stata approvata al Senato: il no all’alimentazione e all’idratazione artificiale nelle dichiarazioni anticipate di trattamento, la non vincolatività del medico per quanto riguarda le dichiarazioni stesse. Non dimentichiamo che c’è l’articolo 2 della Costituzione italiana che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e fra questi diritti c’è sicuramente il diritto alla vita.

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    Convegno sulle stimmate di Padre Pio

    ◊   Le stimmate di Padre Pio analizzate in un convegno a San Giovanni Rotondo, da oggi fino al 20 settembre, nell’auditorium della Chiesa San Pio da Pietrelcina. Tema dell’incontro “La Stimmatizzazione somatica. Fenomenologia e spiritualità”. A proporre chiavi di lettura, studi scientifici e considerazioni teologiche sono un gruppo di esperti che si ritroveranno il 20 settembre, a conclusione del convegno, sul sagrato della chiesa dedicata al frate cappuccino, per prendere parte alle 10, alla celebrazione in ricordo della Stimmatizzazione. Tiziana Campisi ha chiesto a padre Luciano Lotti, frate cappuccino, direttore della Rivista scientifica “Studi su Padre Pio”, quale consapevolezza aveva il santo di Pietrelcina delle sue stimmate:

    R. – Padre Pio viveva le stimmate con diversi modi di reagire di fronte a questo fenomeno. Innanzitutto con vergogna: lui le chiamava le “mie vergogne”, perché si riteneva un grande peccatore e, allora, di fronte al dono di Dio si sentiva umiliato. Però, insieme al concetto della vergogna c’è il concetto di una presenza. Padre Pio toglieva i guanti durante la Messa per rispetto a Dio che veniva e per rispetto a quel segno che Dio gli aveva dato.

    D. - Vogliamo ricordare la comparsa di queste stimmate ed esattamente dire di che tipo di segni si trattava?

     
    R. – Innanzitutto, sono identificabili realmente come stimmate perché sono cinque ferite, cioè le stimmate sono i cinque segni della passione in cinque punti convenzionali: palmo delle mani, palmo dei piedi e costato. Dal settembre del 1910 probabilmente per di più già soffriva le sofferenze delle stimmate ma la stimmatizzazione anche come ritualità è avvenuta a San Giovanni Rotondo il 20 settembre del ’18. Queste stimmate sono state permanenti fino agli ultimi mesi della vita di Padre Pio. Quando è morto tutti i segni di queste stimmate erano completamente spariti senza lasciare nessuna cicatrice.

     
    D. - Cosa vuol dire oggi discutere, parlare di questi segni?

     
    R. – Chi crede riconoscerà in questi segni delle stimmate dei segni soprannaturali, chi non crede non li riconoscerà e noi dobbiamo rispettarlo. Chiaramente rispetteranno il nostro punto di vista. Quindi, la discussione non è tanto su questo, quanto sul problema pastorale: cioè, Gesù quando fa dei prodigi nel Vangelo dice “sono dei segni”, segni di un avvento del regno di Dio. Le stimmate in quanto prodigio sono segni di un avvento del regno di Dio. Leggerle pastoralmente vuol dire fermarsi un attimo e dire: andiamo al di là, cosa può dire Padre Pio all’uomo del ventesimo e del ventunesimo secolo con questi segni? Allora, in questi due secoli in cui si vede che la bellezza del corpo viene enfatizzata al punto che un corpo che non sia perfetto non è da ritenersi bello - pensate a ciò che è stato fatto durante il nazismo nel distruggere ciò che non era perfetto nell’uomo - Padre Pio cosa ci dice? “Un corpo segnato dal dolore è in sé un corpo della presenza di Dio, il massimo della perfezione”: cioè, la nostra sofferenza ci rende perfetti anche davanti agli uomini.

     
    D. - Lei ha conosciuto Padre Pio ed ha visto anche i segni che lui portava. Che cosa ricorda in particolare?

     
    R. – Servendo la Messa vedevamo al momento del lavabo nel palmo della mano tutta questa formazione crostacea... Due cose ricordo io: innanzitutto, l’uomo Padre Pio che quando eravamo ragazzi aveva paura che ci avvicinassimo troppo perché non gli pestassimo i piedi. Probabilmente proprio le stimmate dei piedi, per il fatto che doveva camminare, erano quelle che lo facevano soffrire di più. Poi, ricordo anche questo gesto che Padre Pio faceva nel darci la mano fasciata dal guanto da baciare. Per lui era un gesto importante, lui non dava importanza alle stimmate in sé o al fatto che le avesse lui, ma dava importanza al dono e ci educava attraverso il dono di incontrare Dio.

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    Il tema della comunità al centro del Festival della Filosofia

    ◊   Lezioni di filosofia, mostre, concerti. Consiste in quasi 200 appuntamenti gratuiti il Festival Filosofia che da oggi a domenica viene ospitato a Modena, Carpi e Sassuolo. Una manifestazione dedicata quest’anno al tema della comunità, una realtà che non sempre è armonia, anche a causa delle rivalità presenti. Si parlerà anche della visione cristiana della Comunità e delle nuove forme di aggregazione via internet. Il servizio di Debora Donnini.

    Sant’Agostino, Hobbes, Hannah Arendt. Di loro e non solo si parlerà nelle piazze e nei cortili di Modena, Carpi e Sassuolo. Oltre 50 le lezioni magistrali di filosofi e teologi: da Remo Bodei a mons. Piero Coda. Ma Il Festival Filosofia è anche mostre, spettacoli, giochi per bambini e cene con menù ‘filosofici’. La comunità con i suoi valori come l’amicizia e la fiducia ma anche con i suoi conflitti è al centro dell’edizione di quest’anno che vede anche la partecipazione di filosofi stranieri. Non si potevano poi non affrontare le nuove forme di aggregazione come i social network a cominciare da Facebook. Sentiamo la direttrice del Festival e professoressa di filosofia, Michelina Borsari:

     
    “Ci saranno relazioni che cercheranno proprio di attaccare questo tema. Il prof. Maurizio Ferraris guarderà gli aspetti delle community come Facebook e la professoressa Eva Illouz andrà proprio a vedere le trasformazioni dei sentimenti, soprattutto del sentimento amoroso, con quella patologia che sembra ora attaccarlo che è quella dell’avere paura degli impegni”.

     
    Riflessioni anche sull’agape, l’amore cristiano, l’amore come dono che ha le sue radici in Dio. Ancora la professoressa Borsari:

     
    “C’è l’esempio della comunità monastica, questo sarà fornito dal priore di Bose, Enzo Bianchi, come la comunità che in Occidente è stata in qualche modo emblematica della comunità coesa. Ci sarà un concerto di canto gregoriano, l’abbiamo preso proprio come emblema del cantare all’unisono. Ma direi che è soprattutto nella lezione di Piero Coda, a cui abbiamo affidato proprio la parola comunione, che tutti questi temi verranno affrontati non soltanto come legami di tipo privato ma come legami di tipo pubblico che possono fondare una società, una condivisione di orizzonti capaci appunto di risolvere questioni di conflitto e di violenza”.

     
    Una filosofia, dunque, che non sia solo per addetti ai lavori, ma per tutti come dimostra la folta presenza di pubblico, l’anno scorso oltre 130mila persone, di ogni età.

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    La Chiesa ricorda San Giuseppe da Copertino, Patrono degli studenti

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria di San Giuseppe da Copertino, sacerdote francescano conventuale vissuto nel 1600, venerato come Patrono degli aviatori e degli studenti, in particolare in occasione degli esami. Sulla figura di questo santo ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti.

    La vita di San Giuseppe da Copertino è caratterizzata sin dall’inizio dal fallimento. Nasce nel 1603 in una stalla del paese, in provincia di Lecce: il padre, pieno di debiti, aveva dovuto vendere la casa. Rimasto presto orfano del papà, Giuseppe sarà rincorso a lungo dai creditori: ma anche lui di soldi non ne avrà mai. Vive tempi durissimi con la mamma e i suoi cinque fratelli. E’ avviato ai lavori manuali più vari, ma è inetto e distratto. Lui vuole diventare sacerdote. E’ accolto da vari conventi che lo cacciano subito perché ignorante e maldestro. “Quando mi hanno tolto la tonaca – disse una volta – è stato come se mi avessero tolto la pelle”. Riesce, aiutato di nascosto da un frate, ad entrare dai francescani conventuali: il suo compito è quello di custodire il mulo. Si fa chiamare “frate asino”. Per diventare sacerdote deve sostenere esami difficilissimi per lui, che è quasi un illetterato. Si affida a Maria che chiama “la Mamma mia” e li supera miracolosamente. Ma continuano a considerarlo una persona scarsa di doti umane e lo inviano nei luoghi più sperduti dove – dicono - possa fare pochi danni. Durante una Messa va in estasi e resta sospeso per aria, un fenomeno che si ripeterà spesso. Lo definiscono il Santo dei voli. E’ il momento della fama, ma anche questa si trasformerà in fallimento. Folle di pellegrini cominciano a seguirlo tanto da destare i sospetti dell’Inquisizione. E’ denunciato come eretico, interrogato e costretto all’isolamento. Subisce tutto con obbedienza e mitezza. Scagionato da ogni accusa gli viene intimato di seguire una vita ritirata. Dirà: “il patire per amore di Dio è un favore singolarissimo, che il Signore concede a coloro che ama”. E poi ancora: “l’obbedienza è la carrozza che conduce comodamente in Paradiso”. I patimenti e le fatiche lo debilitano. Muore ad Osimo, in provincia di Ancona, il 18 settembre del 1663, lasciando questa esortazione: “Malati, tribolati, perseguitati, fatevi coraggio: non dubitate. Dio provvederà!”.
      

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    Chiesa e Società



    India: mons. Cheenath smentisce le autorità dell'Orissa sulle violenze anti-cristiane

    ◊   Secondo mons. Raphael Cheenath, l’arcivescovo della diocesi indiana Cuttack-Bhubanewsar, nello Stato indiano dell’Orissa, la versione raccontata dalle autorità sulla persecuzione contro i cristiani è falsa. “È ridicolo – ha detto il presule ad AsiaNews - che i funzionari dello Stato, invece di dimostrare un po’ di compassione e solidarietà per i quasi 50mila cristiani sfollati del Kandhamal, cerchino ora di provare disperatamente di essere estranei ed all’oscuro dei fatti che hanno generato le violenze in Orissa”. Alcuni funzionari hanno riferito sull’accaduto, davanti alla commissione governativa che sta indagando sui pogrom dell’agosto 2008, composta e presieduta dal solo giudice Sarat Chandra Mohapatra. Il prefetto del distretto di Kandhamal fino all’ottobre del 2007, Gangadhar Singh, mercoledì ha affermato che durante il suo mandato le conversioni al cristianesimo sono avvenute violando le direttive previste dall’Orissa Freedom of Religion Act (Ofra). Nella sua deposizione, secondo AsiaNews, Singh ha sollevato la Chiesa da ogni implicazione diretta, ma ha avvalorato la tesi secondo cui le conversioni illegali, le occupazioni dei terreni governativi e le tensioni tra tribali e dalit siano fenomeni tra loro collegati. Secondo mons. Cheenath, le dichiarazioni di Singh sono “ambigue e tardive”: “Sembra – ha detto - che i funzionari governativi abbiano dormito a lungo. Perché non hanno portato alla luce le irregolarità prima d’ora? Possono provare quello che dicono? L’Ofra è in vigore dal 1967, ma soltanto adesso, dopo le persecuzioni dei cristiani, vengono fuori le violazioni. Sembra tutto un gioco per far apparire innocente il governo”. L’ispettore generale di polizia, Arun Sarang, ha confermato la versione secondo cui le autorità non avevano nessuna informazioni sulle minacce maoiste al capo dell’organizzazione fondamentalista indù Visva Hindu Parisad, il cui assassinio ha scatenato le violenze dell’estate scorsa. Eppure le autorità avevano provveduto a fornirgli una scorta. L’ispettore ha scagionato senza alcun dubbio i cristiani dall’iniziale accusa di omicidio, ma anche le sue dichiarazioni suonano per la comunità cattolica come un tentativo di sollevare le autorità dall’accusa di non aver fatto nulla per prevenire le violenze. Per il vescovo di Bhubanewsar le versioni dei fatti rilasciate alla Commissione sono solo l’ultimo capitolo “del gioco messo in atto dalle autorità governative e dallo Sangh Parivar, un’associazione di attivisti indù, per continuare a perseguitare i cristiani. La cosa più vergognosa e grave è che i funzionari sono d’accordo con lo Sangh Parivar per cacciare via dal Kandhamal la minoranza in difesa dei cristiani”. Le vittime dei pogrom vivono ancora nell’insicurezza, spesso lontane dalle loro case. (V.F.)

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    La Chiesa indiana chiede un maggior impegno delle donne in politica

    ◊   La Chiesa cattolica dello Stato indiano del Kerala chiede un maggior impegno delle donne in politica, soprattutto in vista delle elezioni locali del 2010. Una richiesta che verrà portata avanti secondo un programma specifico, come riferisce Beena Sebastian, segretaria della Commissione per le donne del Consiglio episcopale del Kerala. “Creare consapevolezza sulla condizione femminile in generale – aggiunge – fa parte del nostro programma. Noi cerchiamo lo sviluppo completo della donna, inclusa una sua maggiore partecipazione alla sfera politica”. Tanto più, continua Beena Sebastian, che la realtà effettiva del Kerala è ben diversa dalle apparenze: ad esempio, l’alfabetizzazione femminile dello Stato è pari all’88%, ben oltre la media nazionale del 54%. Inoltre, il Kerala ha “un lato oscuro”, poiché presenta molti casi di violenza domestica e di molestie sessuali, in ambito lavorativo, nei confronti delle donne. Altro punto centrale del programma portato avanti dalla Commissione per le donne del Consiglio episcopale del Kerala - riporta l'agenzia Ucanews - è l’aborto selettivo: in questo Stato indiano, infatti, ci sono solo 960 donne ogni mille uomini, almeno secondo i dati del 2001. “Il nostro timore – spiega la Sebastian – è che questa disparità sia dovuta all’aborto selettivo dei feti femminili”. Per questo, uno dei principali obiettivi della Chiesa è quello di educare le famiglie alla parità tra uomo e donna. (I.P.)
    (Ucanews – PIRO)

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    Pakistan: il governatore del Punjab contro la legge sulla blasfemia

    ◊   La legge pachistana sulla blasfemia va abolita per proteggere le minoranze religiose. Questa volta a dirlo non sono i cristiani che denunciano persecuzioni nel Paese, ma il governatore del Punjab, Salman Taseer, uno degli stati pachistani dove le minoranze sono vittime di continue violenze. Nel corso di una cena a Lahore con i giornalisti, riferisce AsiaNews, Taseer ha invitato il governo centrale di Islamabad a “valutare l’abrogazione” di una norma – come ripetuto più volte dalla comunità cristiana in Pakistan – utilizzata dai fondamentalisti islamici per perpetrare crimini e violenze. “La legge sulla blasfemia – ha sottolineato – andrebbe abrogata per proteggere le minoranze, in particolare per le crescenti violenze e persecuzioni contro i cristiani da parte degli estremisti”. Il governatore ha ammesso che “c’è stato un abuso della legge sulla blasfemia. Questo è ciò che penso. Questa legge deve essere cancellata”. La Chiesa cattolica ha accolto “con favore” quella che “è una dichiarazione importante”, come ha detto il segretario esecutivo della Commissione nazionale di giustizia e pace (Ncjp), Peter Jacob. “Ma ciò che più conta – ha specificato l’attivista cattolico – è che il Primo ministro del Pakistan dovrebbe parlare della questione” e spiegare alla popolazione “che cosa sta succedendo” nel Paese. Negli ultimi mesi, proprio in questa regione, gli attacchi in nome delle presunte “profanazioni del Corano” da parte dei cristiani sono stati sempre più frequenti. Secondo i dati dell’Ncjp, dal 1986 all’agosto di quest’anno sono almeno 964 le persone incriminate in base alla legge sulla blasfemia. Fra queste 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e 10 di religione sconosciuta. Gli omicidi extra-giudiziali, a opera di singoli oppure di intere folle inferocite, sono almeno 33. (V.F.)

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    Banca Mondiale: 89 milioni in più sotto la soglia di "povertà estrema" entro il 2010

    ◊   La Banca Mondiale ha avvisato che mentre i Paesi sviluppati sono in ripresa, la recessione continuerà a colpire i più deboli: secondo l’ultimo rapporto, presentato al G20 di Pittsburgh, entro la fine del 2010 saranno 89 milioni in più le persone che vivranno al di sotto della soglia detta “di povertà estrema”. Sono gli abitanti dei 43 Paesi a più basso reddito fra quelli in via di sviluppo. Secondo il direttore generale dell’associazione Volontari del Mondo, Sergio Marelli i modi principali per “incrementare la disponibilità di capitale nei Paesi poveri” sono “aumentare gli aiuti pubblici allo sviluppo già dalla prossima Finanziaria di dicembre”, “impegnarsi nella lotta ai paradisi fiscali”, “introdurre una tassa sulle transazioni valutarie e finanziarie” e mettere a punto un “quadro normativo internazionale vincolate sul debito”. Nella nota diffusa ieri in merito, Marelli ha ricordato che per la Banca Mondiale essere al di sotto della “soglia di povertà estrema” significa vivere “con meno di 1,25 dollari al mese”. L’associazione ha rivolto un appello ai “grandi” della Terra perché non abbandonino i Paesi poveri e onorino gli impegni presi sia al Summit di Londra sia al G8 dell’Aquila, rispettivamente riguardo “al versamento di 50 miliardi di dollari in aiuti ai Paesi poveri” e per “destinare 20 miliardi allo sviluppo agricolo”. Per il governo italiano, ha dichiarato Marelli, “la prossima Legge Finanziaria e le decisioni del prossimo G20 rappresentano i primi banchi di prova su cui testare la credibilità” delle dichiarazioni espresse nel corso del vertice abruzzese. (V.F.)

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    350 mila bambini ogni anno nascono affetti dall'Aids

    ◊   Sono 350mila i bambini affetti dal virus dell’Aids che ogni anno nascono nel mondo. Lo ha detto a Roma il direttore del Fondo Globale per la lotta all’Aids, la malaria e la tubercolosi, Michal Kazatchkine. Il dato è in calo ma resta sempre alto: ''Soltanto il 35% di coloro che ne avrebbe bisogno ha accesso ai trattamenti'', ha detto Kazatchkine. Solo nel 2009 due milioni di persone sono morte a causa del virus e, secondo le statistiche, soltanto due persone su 3,5 che si ammalano, hanno accesso a un trattamento. (V.F.)

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    Africa: a causa della crisi economica calano gli investimenti stranieri

    ◊   Dopo sei anni di crescita ininterrotta, gli investimenti stranieri diretti nei paesi dell’Africa subiranno quest’anno un significativo calo: lo sostiene un rapporto diffuso a Ginevra dalla Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (Unctad/Cnuced), che presenta l’andamento dei flussi globali e regionali degli investimenti diretti esteri (Ide). In base ai dati contenuti nella relazione ripresa dall'agenzia Misna, nel 2008 si è registrata una crescita record degli investimenti diretti in Africa, che hanno raggiunto una cifra pari a oltre 60 miliardi di euro. L’aumento è stato particolarmente sostenuto in Africa occidentale e paesi come Ghana e Guinea hanno visto raddoppiare l’anno scorso le forme di partecipazione di imprese straniere. Tuttavia, secondo i dati preliminari sul primo trimestre 2009, a causa della crisi economico-finanziaria internazionale i flussi di investimenti dall’estero sono diminuiti del 67% rispetto allo stesso periodo del 2008. La diminuzione, avvisano gli autori del rapporto, è dovuta al calo della domanda mondiale di materie prime, di cui il continente africano è tra i primi produttori ed esportatori. A livello globale, secondo il rapporto, nel primo trimestre 2009 gli investimenti si sono quasi dimezzati rispetto allo stesso periodo di due anni fa, passando da 1400 miliardi di euro a circa 800 miliardi. (R.P.)

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    Solidarietà di Pax Christi ai cristiani iracheni

    ◊   Nei giorni scorsi, e per la seconda volta, una delegazione del movimento cattolico internazionale per la pace, Pax Christi International, ha raggiunto Kirkuk, una fra le città irachene più colpite dagli attentati terroristici. I sette delegati sono arrivati in città dopo aver visitato i villaggi di Karakosh e Karamles, nella piana di Ninive, nota alle cronache per gli episodi di persecuzione dei fedeli cristiani. Li ha guidati il vescovo francese di Troyes, mons. Marc Stenger, mentre ad ospitarli è stato l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako, che ha accompagnato la delegazione durante la visita alla grande moschea sunnita della città. E’ stato sempre il presule iracheno a rendere possibile anche l’incontro con la guida spirituale degli islamici di Kirkuk e i suoi collaboratori. “L’Imam – ha detto al Sir mons. Sako – ha espresso solidarietà e vicinanza al popolo cristiano, sentimenti che si rafforzano in un periodo così critico, e ha augurato alla comunità che le condizioni migliorino al più presto”. Durante i vespri nella parrocchia dell’Immacolata, cui i delegati hanno partecipato, mons. Stenger ha incoraggiato i cristiani a “rimanere e costruire ponti di dialogo e fraternità tra tutti gli iracheni”. (V.F.)

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    Thailandia: la popolazione scende in piazza contro la chiusura di scuole cattoliche

    ◊   “No alla chiusura di Centri e scuole cattoliche per i bambini immigrati”: E' questo l’appello lanciato dalla società civile thailandese al governo di Bangkok. La comunità cattolica nel paese, è impegnata in attività di solidarietà, accoglienza, assistenza, cura scolarizzazione dei bambini di famiglie di immigrati che giungono dai paesi confinanti dove la situazione politico-sociale è difficile, come Myanmar, Laos, Cambogia. I bambini sono spesso vittime del traffico di esseri umani, organizzato dalla criminalità e trovano nelle strutture cattoliche un’ancora di salvezza, luoghi dove riconquistare la dignità e poter crescere a livello umano, culturale e spirituale. Il nuovo governatore della provincia di Ranong, Wanchat Wongchaichana, secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, ha annunciato infatti la sua intenzione di chiudere tutti quei Centri e quelle scuole che si occupano di bambini immigrati, per contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina: nella provincia sono ben 96, molti dei quali gestiti da istituti religiosi cattolici. L’annuncio ha generato una massiccia protesta della società civile locale, orchestrata da organizzazioni per i diritti umani, associazioni e movimenti ecclesiali, religiosi attivi nel servizio agli immigrati. Il Jesuit Refugee Service, organizzazione molto impegnata nella zona, ha avvertito che il provvedimento potrebbe avere come effetto un aumento del traffico di minori, del numero dei bambini soldato e della prostituzione minorile, con un enorme danno alla comunità civile di Ranong. Nei Centri gestiti dai Gesuiti, vi sono oltre 800 bambini birmani , soprattutto di etnia Mon, fra i 5 e i 14 anni. Tutti sperano che l’annuncio del governatore non venga tradotto in legge: la lotta alla clandestinità non può ripercuotersi sulla vita dell’infanzia. (C.S.)

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    I vescovi ispanici degli Stati Uniti incontrano i parlamentari

    ◊   Ieri a Capitol Hill, la sede del Congresso americano a Washington, i vescovi statunitensi di origine ispanica hanno discusso con i parlamentari di entrambi gli schieramenti delle problematiche che li preoccupano maggiormente e hanno proposto i principi della Dottrina sociale della Chiesa sulla dignità della persona umana dal concepimento alla morte naturale come sostegno per affrontare le questioni più spinose del momento. La delegazione è stata guidata dall’arcivescovo di San Antonio, Texas, José Gomez, in rappresentanza della Conferenza episcopale statunitense. “I vescovi – ha spiegato l’arcivescovo – conoscono bene il contributo essenziale dato dalle comunità ispaniche alla prosperità e al benessere degli Stati Uniti. Eppure queste stesse comunità soffrono a causa del peso di una politica immigratoria inadeguata così come anche della mancanza di accesso a un’istruzione di qualità, a cure mediche adeguate e a opportunità economiche. Nella Dottrina sociale della Chiesa, hanno spiegato i vescovi, ci sono le linee guida per arrivare a una soluzione equa del dibattito sulle questioni sociali. I presuli hanno ribadito ai loro interlocutori politici la necessità di una riforma sanitaria veramente universale e rispettosa della vita, che offra assistenza a tutti gli immigrati legali, così come di una riforma sull’immigrazione che sia “giusta” e “basata sulla famiglia”. I vescovi hanno anche espresso il loro sostegno a una politica abitativa a favore anche dei più poveri e ai programmi federali che contrastano l’abbandono scolastico e coinvolgono anche studenti e insegnanti cattolici. (V.F.)

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    I vescovi messicani: riformare la legge sull’immigrazione

    ◊   Secondo l’opinione della Conferenza episcopale del Messico, l’unico modo di frenare le gravi violazioni ai diritti umani delle persone che migrano da diversi Paesi latinoamericani attraversando buona parte del territorio messicano è la riforma della cosiddetta “legge generale sulla popolazione” e di alcuni suoi regolamenti. Lo afferma un documento analitico della Pastorale per la mobilità umana, che denuncia ingiustizie, violenze e soprusi che subiscono i migranti, in particolare quelli senza documenti. Il responsabile dell’organismo che si occupa di questa materia, mons. Rafael Romo Muñoz, ha specificato che la richiesta dei vescovi alle autorità legislative è la riforma dell’articolo 67 della legge, così come il 201 del suo regolamento, poiché attualmente i migranti non possono ricorrere alla giustizia per denunciare le violazioni dei loro diritti e ovviamente non possono chiedere neanche un risarcimento. Per quanto riguarda i migranti, questa legge in definitiva lascia tutto alla discrezionalità dei giudici. Per mons. Romo Muñoz è urgente e indispensabile che la legge includa alcune circolari dell’Istituto nazionale per le migrazioni che invece “facilita la regolarizzazione dei migranti che sono stati vittime di qualsiasi reato contro la persona o il suo patrimonio, come accade spesso con i sequestri (per ottenere un riscatto)”. Va ricordato che il fenomeno dei sequestri di migranti clandestini, in particolare nelle zone confinanti con gli Stati Uniti, è diventato un vero affare per le bande del crimine organizzato. Pochi giorni fa, l’arcidiocesi di Tijuana ha lanciato un appello sia all’Istituto nazionale per le migrazioni sia al Senato della Repubblica affinché siano adottati presto provvedimenti a protezione dei diritti di queste persone, soprattutto cittadini centroamericani (guatemaltechi, salvadoregni, nicaraguensi e honduregni), “giacché - si legge in un documento dell'arcivescovo, mons. Rafael Romo Muñoz - in tutto il Paese si continuano a documentare numerose violazioni, di tipo diverso, commesse da parte delle autorità a tutti i livelli, ma specialmente in quello municipale”. Nel corso di una conferenza stampa, mons. Romo Muñoz ha denunciato “la ripresa delle operazioni di polizia per arrestare i migranti; in particolare - ha sottolineato il presule - denunciamo quelle eseguite nei treni mentre queste persone viaggiano, o in altri luoghi pericolosi, poiché questo accresce la loro vulnerabilità e aumenta gli incidenti, i ferimenti e le morti”. Prima di concludere, l’arcivescovo di Tijuana ha chiesto con forza che ogni operazione di controllo rispetti la dignità umana, che non siano usate armi o bastoni elettrici perché non necessari e che non siano violati luoghi religiosi come è accaduto mesi fa con una violenta irruzione nella casa della comunità del Santuario di Macuspana, “per arrestare migranti centroamericani”. In questo ambito occorre anche combattere la “corruzione e i responsabili devono essere puniti ed esautorati”, ha concluso mons. Rafael Romo Muñoz. (A cura di Luis Badilla)

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    Colombia: la Chiesa si offre come mediatrice per liberare gli ostaggi

    ◊   La Chiesa cattolica in Colombia ha annunciato mercoledì scorso di essersi offerta per mediare la liberazione dei 24 poliziotti e militari sequestrati dalle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (Farc), ma con l'autorizzazione del Governo e della guerriglia. “Il Governo ha ammesso che con la guida e il coordinamento della Chiesa si accetterà la missione della dottoressa Piedad Córdoba come accompagnatrice con la Croce Rossa. Manca solo che le FARC accettino la proposta”, ha detto ai mezzi di comunicazione il segretario della Conferenza episcopale della Colombia, monsignor Juan Vicente Córdoba Villota. Il presule - riporta l'agenzia Zenit - ha sottolineato che si tratterebbe di un'ottima opportunità, “perché l'intermediario non ha alcun interesse politico”. Le Farc tengono sotto sequestro membri delle forze di sicurezza colombiane, alcuni da più di 12 anni, e chiedono al governo di Álvaro Uribe in cambio degli ostaggi, la liberazione di alcuni ribelli che si trovano in carcere. Il 31 agosto scorso, vari video con testimonianze di sette poliziotti e due militari sequestrati dalle Farc sono stati diffusi come prova del fatto che sono ancora in vita, tra le richieste generalizzate dei familiari e degli stessi prigionieri affinché la guerriglia liberi tutti gli ostaggi. (R.P.)

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    Argentina: al via la Giornata di Pastorale Sociale

    ◊   Riflettere in maniera congiunta e rinnovare l’impegno di evangelizzazione nelle relazioni sociali, ma anche intensificare il dialogo in vista del bene comune. Questi gli obiettivi della XII Giornata di Pastorale Sociale che avrà luogo domani, presso il Santuario di San Cayetano de Liniero, a Buenos Aires, sul tema “Giustizia e solidarietà in vista del bicentenario 2010-2016. Cultura politica, uguaglianza, sviluppo integrale”. Nel testo di presentazione vengono riportati anche stralci del Documento dei vescovi redatto al termine della 96ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale argentina (Cea) del 14 agosto 2008, in cui si legge che “il debito degli argentini è un debito soprattutto sociale” e la sua soluzione non rappresenta un mero “problema economico o statistico”, piuttosto si tratta di un “problema morale che coinvolge la nostra dignità più profonda e richiede un maggiore impegno civile”. I lavori dell'incontro saranno introdotti da mons. Jorge Casaretto, presidente della Commissione episcopale di Pastorale sociale della Cea, che presenterà il documento “Giustizia e solidarietà in vista del bicentenario”. Seguiranno due panel al mattino, sul tema “In vista del Bicentenario 2010-2016: Cultura politica, uguaglianza, sviluppo integrale” ed altri due al pomeriggio, su “Una sfida storica: politiche pubbliche per lo sradicamento della povertà e lo sviluppo integrale” e “Una sfida per i dirigenti politici: valori e rischi”. La Giornata terminerà con la Santa Messa presieduta dall’arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge M. Bergoglio. L’iniziativa è rivolta ad operatori pastorali (sacerdoti, religiosi e laici), rappresentanti politici e sindacali, imprenditori, professionisti, universitari e a tutti coloro che lavorano per lo sviluppo della società. (C.S.)

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    Continua il pellegrinaggio delle reliquie di San Giovanni Bosco in America Latina

    ◊   Dopo aver percorso il Cile e l’Argentina, martedì 8 settembre le reliquie di San Giovanni Bosco sono giunte in Uruguay, trasportate su una barca attraverso il Rio de la Plata di Colonia. Ad accoglierle, il vescovo di Mercedes, mons. Carlos Maria Collazzi, che ha poi presieduto la solenne processione verso la chiesa di San Giuseppe Operaio, dove ha celebrato la Santa Messa. Erano presenti il Provinciale dei Salesiani in Uruguay, padre Daniel Sturla; il vicario dell’Ispettoria salesiana di Buenos Aires, che ha consegnato le reliquie, e numerosi Salesiani delle comunità di Montevideo, Mercedes e Juan Lacaze. Il pellegrinaggio nel mondo delle reliquie di San Giovanni Bosco è iniziato lo scorso 25 aprile con un itinerario che tocca i 130 Paesi in cui è presente il carisma salesiano e culminerà nel 2015, quando si festeggeranno i 200 anni dalla nascita di San Giovanni Bosco. Mercoledì 9 settembre - riferisce l'agenzia Fides - le reliquie hanno raggiunto la città di Juan Lacaza, dove la cerimonia di benvenuto è stata accompagnata dalla “Banda Don Bosco”. Successivamente sono state trasportate nel collegio Maria Ausiliatrice dove sono rimaste fino a domenica 13 settembre. Durante questa settimana hanno quindi visitato le città di Las Piedras e Sarandì de Yi, mentre domani verranno accolte nella diocesi di Melo. Dopo aver toccato altri importanti paesi dell’interno, in modo che ciascuna diocesi abbia l’occasione di venerarle, le reliquie del Santo lasceranno l’Uruguay il 23 settembre. (R.P.)

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    Cina: oltre 40mila pellegrini al santuario dell'Addolorata di Tai Yuan

    ◊   Oltre 40.000 fedeli provenuti dalla provincia di Shan Xi e da tante altre parti della Cina continentale, si sono recati in pellegrinaggio al santuario della Madonna Addolorata dell’arcidiocesi di Tai Yuan, nella provincia dello Shan Xi, il 15 settembre, giorno in cui la liturgia della Chiesa Universale commemora la Vergine Addolorata. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, 40 sacerdoti hanno concelebrato la solenne Eucaristia che è stata presieduta da mons. Li Jian Tang, vescovo della diocesi di Tai Yuan. Il presule nell’omelia ha ripercorso la storia della Salvezza, mettendo in rilievo la presenza della Madonna a fianco del suo Figlio Gesù, fino a provare l’immenso dolore per la sua passione e morte. Il santuario della Madonna Addolorata dell’arcidiocesi di Tia Yuan è uno dei più importanti, e accoglie soprattutto i fedeli del centro e dell’ovest del continente, che vi si recano per rendere omaggio alla Vergine. La quinta domenica di Quaresima e la festa della B.V.M. Addolorata sono i momenti culminanti del pellegrinaggio al santuario, che accoglie decine di migliaia di fedeli. Inoltre la grande chiesa del santuario è famosa perché realizzata secondo lo stile tipico cinese, somigliante al tempio di Tian Tan (Il tempio del paradiso), rappresentando un esempio di inculturazione armonica dell’evangelizzazione. L’arcidiocesi di Tai Yuan, eretta nel 1946, storicamente era una missione dei Francescani. Il primo vescovo francescano fu Mons. Agapito Fiorentini. Oggi la diocesi è costituita da 27 parrocchie con una novantina di chiese e cappelle. La comunità è composta da più di 80.000 fedeli, 50 sacerdoti, 30 suore e 47 seminaristi che studiano nel seminario di Montecorvino dello Shan Xi (per ricordare il Beato Giovanni da Montecorvino, 1247-1328, primo evangelizzatore della Cina, che fu arcivescovo di Kambalik, l’attuale Pechino). Nel territorio dell’arcidiocesi ci sono due santuari mariani: uno dedicato alla Madonna delle Grazie e l’altro alla Madonna Addolorata. (R.P.)

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    A Taiwan il cardinale Shan riceve il premio per la pace

    ◊   A Taiwan la Cina ha premiato il cardinale Paul Shan, vescovo emerito di Kaohsiung (Taiwan) con il riconoscimento presidenziale per la pace, per “il suo contributo alla pace e all’armonia etnica”. Ad annunciarlo, riferisce Asia News, è stata l’Associazione nazionale per la Cultura. Nonostante sia da tempo ammalato di cancro, nelle ultime settimane il cardinale è stato fra i più impegnati nell’aiuto alla popolazione colpita dal tifone Morakot, che ha ucciso più di 500 persone, distrutto edifici e danneggiato gravemente i terreni agricoli. Ha visitato in lungo e in largo le aree colpite, dove ha anche incontrato il Dalai Lama, e ha chiesto aiuti economici. Insieme con lui è stata premiata anche un’organizzazione non governativa, il Good Shepherd Social Welfare Service delle suore del Buon Pastore, impegnata nel recupero di donne, adolescenti e bambini vittime di maltrattamenti domestici, stupri o violenze, oppure costretti a prostituirsi. Nella lista dei premiati ci sono anche Chi Pang-yuan, professore emerito di Letteratura inglese alla National Taiwan University e altre organizzazioni a sostegno della cultura fra i giovani e della tutela ambientale. Il 1° novembre a Wufeng, il presidente di Taiwan, Ma Ying-jeou, presiederà la cerimonia di consegna dei premi e consegnerà ai vincitori 1 milione di dollari taiwanesi (circa 21 mila euro). (V.F.)

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    Uganda: appello dell'arcivescovo di Kampala dopo le violenze degli ultimi giorni

    ◊   A nome di circa 300 capi religiosi – cristiani, musulmani ed appartenenti alle religioni tradizionali dell’Uganda – l’arcivescovo di Kampala, mons. Cyprien Kizito Lwanga, ha lanciato un appello alla calma, dopo le gravi violenze verificatesi nella capitale ugandese negli ultimi giorni. Almeno 21 persone, infatti, sono rimaste uccise tra giovedì 10 e domenica 13 settembre, a causa degli scontri tra le forze dell’ordine e i sostenitori del re Ronald Muwenda Mutebi II. Il sovrano è esponente del Buganda, uno dei quattro antichi regni dell'Uganda; abolito nel 1966 e ripristinato 16 anni fa, ma solo con funzioni di rappresentanza. Si tratta di una regione spesso in contrasto con il presidente ugandese Yoweri Museveni, perché esige maggior potere e la restituzione delle terre confiscate 23 anni fa. In questo contesto, mons. Kizito Lwanga ha lanciato il suo appello alla pace, cogliendo anche l’occasione di una conferenza organizzata dal Consiglio interreligioso dell’Uganda e svoltasi sul tema “La riconciliazione nazionale duratura, la giustizia e la pace”. L’incontro ha visto la presenza di esponenti religiosi di diverse confessioni, ma anche esponenti universitari e personalità politiche. “In quanto leader religiosi – ha detto mons. Kizito Lwanga nel suo intervento ripreso dall'agenzia Apic – noi rifiutiamo profondamente gli atti di violenza che hanno avuto luogo nella capitale e che sono un’onta per il nostro Paese”. “La violenza genera la violenza - ha sottolineato dal suo canto l’arcivescovo di Gulu, mons. Jean-Baptiste Odama – e provoca non solo la morte delle persone, ma anche la distruzione della nazione”. Quindi, ribadendo che coloro che vogliono la violenza commettono un atto di sabotaggio nei confronti dello sviluppo pacifico del Paese, tutti i capi religiosi si sono accordati sulla possibilità di fare da mediatori tra il governo e il regno di Baganda. Una delegazione di esponenti religiosi è stata, quindi, istituita per incontrarsi con le autorità politiche. Dal suo canto, il rappresentante del Baganda, presente alla conferenza, ha invitato i giovani del regno a restare calmi e all’astenersi dalle violenze. “Non risolveremo il conflitto con gli scontri – ha detto – bensì con un approccio pacifico”. (I.P.)

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    L’Infanzia Missionaria celebra il 10.mo anniversario della sua presenza in Zambia

    ◊   Migliaia di bambini hanno partecipato alle manifestazioni in occasione del decimo anniversario dell’ organizzazione “Infanzia Missionaria”, presso l'arcidiocesi di Lusaka, in Zambia. “Abbiamo festeggiato con gioia, gratitudine e speranza per il dono che abbiamo ricevuto e che continuiamo a condividere: il dono della nostra fede” ha detto all’agenzia Fides padre Bernard Makadani Zulu, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Zambia. “L'anniversario – spiega il sacerdote- è stato un momento per i bambini di rinnovare il loro impegno. Loro rappresentano infatti il tesoro della Chiesa; amano la Chiesa, l’accompagnano, indicano la strada della gioiosa generosità, ripongono in lei la loro fiducia e consentono l'apertura di nuove vie di evangelizzazione". Anche la diocesi di Monze ha celebrato il 10 °anniversario dell’Infanzia Missionaria dal 24 al 28 agosto, registrando una forte partecipazione. Durante le giornate svoltesi sul tema “Fatti prossimo” i bambini hanno indossato l'abito raffigurante i colori del rosario missionario che rappresentano i vari continenti, bianco per l'Europa, rosso per l'America, verde per l'Africa, blu per l'Oceania, e giallo per l'Asia. Il Direttore Nazionale delle POM della Zambia ha poi ricordato lo spirito che anima coloro che aderiscono all’Infanzia Missionaria: “lavoriamo tutti insieme – ha detto - per aiutare i bambini a mantenere vivo e a diffondere il Vangelo”. La cura pastorale dei più piccoli attraverso l'organizzazione si articola in due modi: il primo è l’educazione all’evangelizzazione e il secondo è la promozione della cooperazione missionaria con i bambini di tutto il mondo. (C.S.)

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    Australia: domenica l'Assemblea del Consiglio cattolico dei popoli aborigeni

    ◊   Si apre, domenica prossima, a Brisbane l’Assemblea del Natsicc, il Consiglio nazionale cattolico dei popoli aborigeni dell’Australia e delle Isole. Per cinque giorni, dal 20 al 25 Settembre, i discendenti dei primi abitanti del continente australe - riferisce l'agenzia Sir - si ritroveranno a Brisbane, nel Queensland, per incontri di preghiera e di riflessione, ma pure per analizzare la loro situazione come chiesa. “Lo Spirito Santo è su questa Terra”, è lo slogan di questa assemblea, che ha una cadenza triennale, e che ha come obbiettivo quello di aiutare il popolo aborigeno a maturare la propria fede. “Il nostro scopo è quello di incoraggiare sopratutto i giovani e quest’anno il tema del convegno sono proprio loro e lo Spirito di questa terra - dichiara al Sir Elsie Heiss, presidente del Natsicc - questo per noi è un momento, oltre che per incontrarci e per fare nuove amicizie, per riflettere sulla nostra identità cattolica. Lo stesso Giovanni Paolo II, quando visitò l’Australia nel 1986 ci spronò a professare la nostra fede, senza dimenticarci le nostre tradizioni. Per questo abbiamo coinvolto anche gli anziani delle nostre tribù per celebrare il valore dello spirito per noi. Infine – aggiunge il presidente del Consiglio nazionale cattolico dei popoli aborigeni dell’Australia e delle Isole - ricorderemo le giornate di Sydney raccogliendo l’analogo monito di Benedetto XVI”. Tra gli ospiti il responsabile della Commissione giustizia per i popoli aborigeni Tom Calma. (A.M.)

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    Nuovo appello ai cattolici irlandesi a votare il Trattato di Lisbona

    ◊   “Ogni cattolico può, senza riserve e in coscienza, votare ‘sì’ al Trattato di Lisbona. Non vi sono elementi per giustificare un ‘no’ dato sulla base di preoccupazioni di natura etica o religiosa”. A rassicurare i cattolici irlandesi è mons. Nöel Treanor, vescovo di Down and Connor e rappresentante della Conferenza episcopale d’Irlanda presso la Comece (Commissione degli episcopati della comunità europea). Il presule è intervenuto ieri presso il Comitato congiunto per gli affari europei a Bruxelles. Il prossimo 2 ottobre - riferisce l'agenzia Sir - i cittadini dell’Isola saranno chiamati per la seconda volta alle urne per esprimersi a favore o contro la ratifica del Trattato di Lisbona, dopo l’esito negativo della consultazione del maggio 2008. “La Commissione permanente della Conferenza episcopale irlandese diffonderà una dichiarazione a tempo debito” informa mons. Treanor, rammentando la recente esortazione ai cattolici del cardinale Sean Brady, presidente dei vescovi irlandesi e primate di tutta l’Irlanda, per un voto favorevole al Trattato. Mons. Treanor invita ad informarsi in modo serio e approfondito sulla questione e mette in guardia da “pubblicazioni e organizzazioni che tentano, ancora una volta, di influenzare il risultato del referendum diffondendo informazioni fuorvianti come, ad esempio, che il Trattato minacci le protezioni legali vigenti in Irlanda nei confronti dei bambini non nati”. “Il Trattato di Lisbona non altera la posizione legale dell’aborto in Irlanda. Essa è ancor più assicurata dalle garanzie legali (che diventeranno protocolli) rese stabili dal Governo fin dal primo referendum” ribadisce mons. Treanor. Nella valutazione del Trattato, prosegue, i cittadini “devono tenere conto delle opportunità e delle sfide che comporta il fare parte di un sistema politico libero e democratico, a livello nazionale e comunitario, giusto l’appello di Benedetto XVI alla necessaria presenza dei cristiani nel dibattito pubblico europeo. Quell’appello giunse in occasione del convegno promosso dalla Comece a Roma nel marzo 2007. “Dobbiamo promuovere il dialogo della ragione e della fede nella vita dell’Ue e delle sue istituzioni – ha detto mons. Treanor -. I cittadini credenti devono sfruttare le opportunità offerte alle Chiese e alle organizzazioni religiose dall’art. 17 del Trattato di Lisbona” che “garantisce loro di diritto uno spazio nel dialogo sull’Europa e i suoi valori”. Un rifiuto del Trattato di Lisbona, avverte mons. Treanor, “potrebbe minacciare questa importante acquisizione” e “indebolire l’influenza dell’eredità e dei valori cristiani sulla futura direzione dell’Ue e sulle sue prospettive di comunità di valori”. Per mons. Treanor “la possibilità di condeterminare con i nostri compagni europei la forma e la qualità del futuro dell’Europa viene rafforzata, non diminuita, dal Trattato”. Per questo il ruolo dell’Irlanda, “Stato membro chiave, non dovrebbe essere messo a rischio da un voto basato su frustrazione o rabbia verso i partiti politici nazionali”; allo stesso tempo “le preoccupazioni per le nostre difficoltà economiche o di altro genere non dovrebbero alimentare un voto negativo”. (A.M.)

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    Lunedì si riunisce il Consiglio permanente dei vescovi italiani

    ◊   Il Consiglio permanente della Cei si riunirà a Roma dal 21 al 24 settembre prossimi. In programma c’è l’esame di una prima traccia degli “Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020”e di una bozza del nuovo “Rito delle esequie”, una riflessione sul documento “Chiesa e Mezzogiorno” e la valutazione dei temi in discussione nell’Assemblea generale ad Assisi dal 9 al 12 novembre. Il presidente dei vescovi italiani aprirà i lavori alle ore 17.00 con l’adorazione eucaristica presso la cappella della Cei e la sua prolusione. Poi saranno presentati il vademecum per la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali acattolici e le iniziative di carattere nazionale in occasione dell’ “Anno sacerdotale”. Tra gli altri punti all’attenzione del Consiglio c’è anche l’approvazione del messaggio per la Giornata per la vita del 2010. Il comunicato finale sarà presentato alla stampa il 29 settembre, alla presenza del Segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, presso la sede della Radio Vaticana. (V.F.)

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    L’abate della Basilica di San Paolo nominato Canonico della cattedrale anglicana di San Paolo

    ◊   Dom Edmund Power, l’abate benedettino della Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, è stato nominato Canonico onorario della cattedrale anglicana di San Paolo a Londra. Spiegando le ragioni di questa nomina dom Power ne ha sintetizzate tre. “La prima – ha detto – è che sono personalmente coinvolto da tempo nel lavoro ecumenico. Poi – ha aggiunto – c'è il fatto di essere l’Abate di San Paolo fuori le Mura, abate della comunità benedettina che, dall’VIII secolo, cura la liturgia e il luogo della sepoltura dell’Apostolo Paolo. Altro fattore che credo abbia influito nel grande onore, che mi è stato fatto, è il mio essere inglese, che mi rende in qualche modo più vicino al mondo anglicano. Comprendo molto bene la mentalità anglicana, perché è inserita nella storia e nella cultura inglese. Inoltre sono un cattolico romano e, dunque, comprendo bene anche ciò che questo vuol dire”. L’abate di San Paolo fuori le Mura ha parlato anche del “collegamento naturale dei monaci benedettini con la Cattedrale di San paolo a Londra, fondata nel 604 da San Mellito monaco, discepolo di Sant’Agostino di Canterbury”. Infatti, spiega dom Edmund, “gli anglicani la ritengono una fondazione di un benedettino, anche se storicamente non siamo sicuri che San Mellito sia stato un benedettino, ma sicuramente è stato un monaco”. (A.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Obama rinuncia allo scudo antimissile in Europa dell’Est. Positive le reazioni della Russia

    ◊   La Casa Bianca ha annunciato ufficialmente un “nuovo approccio” alla difesa antimissile in Est Europa in sostituzione dello scudo dell'era Bush. Obama ha spiegato che il nuovo piano rafforzerà comunque la protezione degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Apprezzamenti arrivano da tutta la comunità internazionale in particolare dalla Federazione Russa. Mentre il segretario generale della Nato Rasmussen avanza l’ipotesi di studiare un sistema unico di difesa con Mosca. Il servizio di Marco Guerra:

    Washington rinuncia all’istallazione di missili intercettori in Polonia e Repubblica Ceca in favore di un sistema più rapido da dispiegare e mirato a neutralizzare la minaccia costituita dal programma balistico iraniano. Obama spiega la decisione specificando che si tratta di una riconfigurazione strategica basata sulla valutazione che Teheran è più avanti nello sviluppo di missili a medio raggio piuttosto che in quello di ordigni strategici, in grado di raggiungere il territorio statunitense. Ad ogni modo il nuovo approccio accantona uno dei più controversi progetti dell’amministrazione Bush e raccoglie diversi apprezzamenti nella Comunità Internazionale, primo fra tutti quello del premier russo Putin che ha definito “giusta e coraggiosa” la decisione di Obama. Poco prima una fonte del Cremlino aveva annunciato il congelamento delle misure militari programmate in risposta allo scudo Usa. E a spingersi ancora più avanti è il segretario generale della Nato Rasmussen, secondo cui è arrivato il momento di esplorare la possibilità di legare i sistemi di difesa missilistica di “Stati Uniti, Nato e Russia”. “La proliferazione – ha quindi osservato il numero uno dell’Alleanza Atlantica - è una minaccia non solo per i 28 Paesi della Nato ma anche per Mosca”.

     
    Pakistan
    In Pakistan, almeno 25 persone sono morte e 60 sono rimaste ferite a seguito di un attentato sucida con un’autobomba in un bazar di Ustarzai, nel nord-ovest del Paese. La violenta esplosione ha causato il crollo di diversi edifici circostanti. Il centro scosso dall’attentato è abitato in prevalenza da sciiti, sempre più spesso bersaglio di attacchi da parte dei Talebani del Pakistan di confessione sunnita.

    Iran
    In Iran riprendono le proteste di piazza pro e contro il presidente Ahmadinejad, riconfermato alla guida della Repubblica islamica nelle contestate elezioni del giugno scorso. Oggi a Teheran sostenitori delle due opposte fazioni hanno dato vita a violenti scontri nel corso delle celebrazioni per la Giornata di solidarietà con il popolo palestinese. Quali i motivi di queste nuove manifestazioni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:

    R. – Credo che questo riaffiorare dell’Onda verde sia il segnale che in Iran le cose non sono affatto finite, ma si sospettava già anche dopo la repressione che c’era stata che tutto sommato questo movimento fosse destinato a ritornare in superficie. Del resto gli stessi leader dell’opposizione avevano annunciato che avrebbero partecipato in massa alla manifestazione contro l’occupazione di Israele. Ebbene, questa è stata l’occasione per riportare in piazza la protesta, probabilmente con un obiettivo che era quello non soltanto di mobilitare di nuovo la piazza ma anche di farlo davanti a una platea internazionale, perché Ahmadinejad si prepara ad andare all’assemblea delle Nazioni Unite a dire che in Iran tutto è a posto e in realtà viene accompagnato dalle manifestazioni che ci sono state oggi.

     
    D. – Ahmadinejad ha spostato l’attenzione sui temi internazionali. E’ una strategia per annacquare le proteste interne?

     
    R. – Io credo che in realtà queste prese di posizione di Ahmadinejad siano state fatte in vista di quella che è l’eventuale ripresa dei negoziati sul nucleare. Sappiamo che l’Aiea dice che l’Iran è ormai a un passo dall’atomica. All’assemblea dell’Onu Obama mobiliterà 14 leader mondiali per parlare del nucleare e della denuclearizzazione e dall’altra parte si profilano nuovi negoziati. Ahmadinejad vuole evitare, in realtà, nuove sanzioni e forse prendere tempo in campo internazionale.

     
    Vertice eurogruppo
    I leader dei 27 Paesi dell’Unione Europea, riuniti ieri a Bruxelles, hanno trovato una posizione comune sulla regolamentazione finanziaria e sui limiti ai bonus dei banchieri da portare al tavolo del G20 di Pittsburg. Si è discusso anche dell’idea di introdurre la Tobin tax, una tassa sulle transazioni finanziarie che finanzi i Paesi poveri, ma la proposta al momento non trova il consenso di tutti gli Stati membri dell'Ue. Preoccupazione è stata invece espressa dal presidente della Commisione Europea Barroso per la mancanza di ambizione sul fronte del clima in vista della conferenza Onu di Copenaghen. Sulla stessa linea anche il presidente francese Sarkozy che ha chiesto un maggiore coinvolgimento dei Paesi emergenti. E oggi a Parigi, in seno all’Ocse, si discute proprio delle misure economiche da adottare per far fronte ai cambiamenti climatici.

    Russia-Georgia
    Russia e Georgia continueranno a lavorare insieme per giungere ad un accordo soprattutto per quanto riguarda il controllo di Abkhazia e Ossezia del Sud. Mosca e Tblisi, durante i colloqui di ieri a Ginevra, definiti ‘difficili’ dai mediatori dell’Onu, hanno deciso di incontrarsi nuovamente il prossimo 11 novembre.

    Regno Unito: record del deficit pubblico
    Il deficit pubblico del Regno Unito ad agosto ha toccato un livello record di 10,4 miliardi di sterline. Nonostante i timori degli analisti che temevano che il fabbisogno netto sarebbe stato più alto, il dato pubblicato oggi è comunque due volte più grande rispetto a quello rilevato ad agosto dello scorso anno.

    Somalia: si aggrava il bilancio dei morti dell’attacco all'Amisom
    Sale a 14 il numero dei morti in seguito all’attacco che ha colpito ieri il quartier generale della missione dell’Unione Africana a Mogadiscio (Amisom), dove sono state fatte esplodere due autobomba. A rivendicare la strage gli Shabaab, braccio somalo armato di al Quaida, che si sarebbero vendicati per l’uccisione di un leader locale, il super ricercato Ali Salen Nabhan, avvenuta durante un raid di elicotteri Usa lunedì nel sud della Somalia.

    Myanmar
    È previsto per il 2 ottobre il verdetto sull'appello presentato oggi dagli avvocati della leader dissidente birmana, Aung San Suu Kyi, contro la condanna a 18 mesi agli arresti domiciliari. Questa mattina gli avvocati della Nobel per la Pace si sono presentati alla corte d'appello di Rangoon chiedendo piena assoluzione per la loro assistita. Fuori dal palazzo, presidiato dalla polizia, si sono riuniti un centinaio di sostenitori del partito di Suu Kyi.

    Corea del Nord nucleare
    Il leader della Corea del Nord Kim Jong è disponibile a discutere con la Cina il programma nucleare. È quanto ha riferito, secondo alcuni media cinesi, l’inviato del governo di Pechino, secondo il quale la Corea del Nord è disponibile a proseguire nel processo di “denuclearizzazione” dell'intera penisola coreana. I rapporti tra Cina e Corea del Nord - due Paesi amici - si sono raffreddati, quando Pyongyang ha effettuato il suo secondo test nucleare. Pechino ha chiesto a Kim di tornare ai colloqui a sei e di riprendere la strada del disarmo. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 261
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