Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 31/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al nuovo ambasciatore bulgaro: i valori cristiani non sono un retaggio del passato ma costruiscono l'anima dell'Europa
  • Altre udienze e nomine
  • Beatificato mons. Zoltán Meszlényi, martire del regime comunista ungherese. Il cardinale Erdő: ha pagato la fedeltà con la sua vita
  • Dieci anni fa la Dichiarazione cattolica-luterana sulla giustificazione. Il cardinale Kasper: Dio è e vuole unità
  • Nota di padre Lombardi sulla Costituzione Apostolica sugli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica
  • Comunicazione e Chiesa. L’editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Si chiude oggi il mese dedicato alla Madonna del Rosario
  • La Lev pubblica un libro di don Giuseppe Costa sul rapporto fra religione e mass-media
  • "Il nastro bianco" di Michael Haneke da ieri sugli schermi italiani
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Filippine: video con padre Sinnot. I rapitori chiedono un riscatto di due milioni di dollari
  • Pakistan: scuole cattoliche in crisi perché costrette a pagare per la sicurezza
  • Salvadoregni in piazza per chiedere allo Stato di riconoscere le sue colpe nell'assassinio di Romero
  • Spagna: iniziativa in difesa della vita del governo autonomo valenciano
  • Al via la campagna per la manutenzione del Cristo Redentore di Rio de Janeiro
  • La Chiesa coreana contro il lavoro irregolare
  • Cisgiordania: aperto un varco nel "Muro" per gli scolari palestinesi
  • L’ospedale missionario “Madre di Misericordia” assiste la popolazione dei Monti Nuba
  • L’Unione delle associazioni femminili cattoliche di Dakar compie 25 anni
  • Zimbabwe: il gospel per ricostruire una chiesa locale
  • A Torino l'Assemblea generale della Cism
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan. L'avversario di Karzai, Abdullah, minaccia di boicottare il ballottaggio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al nuovo ambasciatore bulgaro: i valori cristiani non sono un retaggio del passato ma costruiscono l'anima dell'Europa

    ◊   La caduta del Muro di Berlino, che 20 anni fa permise alla Bulgaria di intraprendere un percorso democratico completato due anni fa dall’ingresso nell’Unione Europea, non deve far dimenticare che l’unità tra gli Stati del continente deve basarsi sui valori ereditati dal cristianesimo del rispetto dei diritti e della solidarietà. Lo ha ribadito questa mattina Benedetto XVI al nuovo ambasciatore bulgaro presso la Santa Sede, Nikola Kaludov, ricevuto in Vaticano per la presentazione delle Lettere credenziali. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Diciotto anni, dallo smantellamento della Cortina di ferro simboleggiata dal Muro di Berlino, all’ingresso nelle istituzioni dell’Europa unita. Questo è il lasso di tempo che è servito alla Bulgaria post-comunista per scrivere la sua storia più recente. Benedetto XVI ha riconosciuto e apprezzato gli sforzi compiuti dallo Stato est europeo per arrivare all’integrazione comunitaria nel 2007. Ma, parallelamente, ha subito voluto ribadire che, “nel processo di costruzione europea”, ogni nazione non deve sacrificare “la propria identità culturale”, ma trovare al contrario modi perché tale identità “arricchisca l'intera comunità”. Nel caso della Bulgaria, c’è un antico retaggio cristiano da spendere per il presente e per il futuro, ha affermato con chiarezza il Papa davanti al neo ambasciatore 66.enne, Kaludov. Un tesoro di valori e convinzioni che deve spingere la Bulgaria come gli altri Paesi europei a “creare condizioni per una riuscita globalizzazione”, anche al di fuori dei confini continentali. “Perché essa possa essere vissuta positivamente - ha rilevato Benedetto XVI - è necessario che essa serva ‘tutto l'uomo e tutti gli uomini’. E’ questo principio che ho voluto fortemente sottolineare nella mia recente Enciclica Caritas in veritate. È essenziale che lo sviluppo legittimamente ricercato non sia solo economico, ma tenga conto di tutta la persona umana. La misura dell’uomo - ha ricordato il Papa - non risiede nei suoi averi, ma nello sviluppo del suo essere secondo le potenzialità che la natura nasconde”.
     
    In questo senso, ha proseguito il Pontefice, perché lo sviluppo dell'uomo e della società risulti autentico, esso “deve necessariamente includere una dimensione spirituale” ed etica, che si traduce - ha asserito Benedetto XVI – nell’assunzione da parte di “tutti i funzionari pubblici” di un “grande impegno morale”, perché “gestiscano la parte di autorità loro affidata in modo efficace e disinteressato. La cultura cristiana che permea profondamente il vostro popolo - ha riaffermato il Papa al cospetto del diplomatico bulgaro - non è solo un tesoro del passato da preservare, ma garanzia per un futuro molto promettente in quanto protegge l’uomo dalle tentazioni che sempre minacciano di fargli dimenticare la propria grandezza e l'unità del genere umano e le esigenze di solidarietà che essa comporta”.

     
    Ricordando all’inizio del suo discorso le “buone relazioni” esistenti tra la Bulgaria e la Santa Sede - alle quali contribuì in maniera determinante il viaggio apostolico di Papa Wojtyla nel 2002 - Benedetto XVI ha auspicato che le basi di questo rapporto siano rafforzate ed ampliate ed ha pure assicurato che la Chiesa bulgara “intende operare per il benessere di tutta la popolazione”, attraverso le sue strutture. Questo, ha soggiunto il Papa, nel segno di un dialogo tra le numerose espressioni religiose del Paese. “Tale dialogo, perché sia sincero e costruttivo, richiede - ha indicato - una conoscenza e una reciproca stima che il potere pubblico può facilitare notevolmente per il rispetto che esso reca alle stesse diverse famiglie spirituali”. Da parte sua, ha concluso Benedetto XVI, la “comunità cattolica esprime la volontà di essere aperta a tutti con generosità e di lavorare con tutti, (…) di impegnarsi con coraggio cooperando quanto più strettamente possibile con tutti i cittadini di buona volontà per testimoniare ad ogni livello la dignità che Dio ha inscritto nell'essere umano”.

    inizio pagina

    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi; il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; il cardinale Agostino Vallini, vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma. Sempre oggi il Papa riceve Sua Altezza Reale il Principe di Hohenzollern, con la Famiglia.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di San Juan de Puerto Rico (Porto Rico) presentata da mons. Héctor Manuel Rivera Pérez, per raggiunti limiti di età.

    inizio pagina

    Beatificato mons. Zoltán Meszlényi, martire del regime comunista ungherese. Il cardinale Erdő: ha pagato la fedeltà con la sua vita

    ◊   “La vita del vescovo martire Zoltán Meszlényi è un esempio di testimonianza di un uomo cristiano reso forte dallo Spirito Santo”. E’ uno dei passaggi dell’omelia del cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, per la Messa di Beatificazione, stamani, del presule ungherese nella Basilica di Esztergom. Coraggio pastore, il Servo di Dio Meszlényi venne perseguitato durante il regime comunista e deportato nel campo di internamento di Kistarcsa dove morì il 4 marzo 1951. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Una vita spesa nella cura magnanima della propria diocesi, animata da una spiritualità semplice, “testimonianza assunta con spirito obbediente per la fede e per la Chiesa di Cristo”. In questi pochi tratti il cardinale Erdő ha disegnato la luminosa figura del vescovo Zoltán. “Non si possono uccidere le anime” ha detto il porporato, ricordando che ancora oggi molti uomini vengono uccisi per il solo fatto di essere cristiani. “Ma i seguaci di Cristo spesso devono soffrire – ha proseguito il cardinale - anche altre prove oltre alla violenza e all'omicidio”. Evidenziando come la Chiesa di oggi sia esposta a maldicenze, insinuazioni, falsi storici, emarginazione dei credenti e delle istituzioni ecclesiali, ha precisato che “il mandato dell'uomo cristiano non è annunziare se stesso, ma Gesù Cristo”. Prendendo in rassegna le tappe della vita del vescovo ausiliare di Esztergom, il porporato ne ha evidenziato la ricerca della volontà di Dio e dunque l’adempimento di ogni suo dovere. Il “sì” detto giorno per giorno che “esorta l'uomo su una strada su cui è già lo Spirito Santo a dirigere i nostri passi”. Il cardinale Erdő ha parlato poi dell’attualità dell’insegnamento del vescovo Zoltán, in un tempo di egoismo nel quale l’uomo cade nella trappola del desiderio di potere e nell’odio, solo “l’amore misericordioso di Dio – ha aggiunto - ci può salvare”. “Gli eccezionali testimoni di questo amore – ha proseguito l’arcivescovo di Esztergom-Budapest - sono quegli uomini che sono pronti a sacrificare anche la loro vita per amore di Dio, nella speranza della vita eterna. Pertanto la fedeltà dei martiri è fonte di speranza per noi”. Prima della sua persecuzione, il presule ungherese nelle sue omelie ricordava che il tempo del martirio non era finito e già si predisponeva alla comprensione dei persecutori che definiva “uomini fanatici”. Un agente che fece un rapporto su di lui nel 1950 ammetteva l’impossibilità di avvalersi della sua collaborazione “perché in lui – scriveva - non c’è traccia di opportunismo”. Una definizione che ne fa emergere la grandezza e la “disponibilità al martirio per amore nei confronti della Chiesa”. “Se il loro scopo era spezzare la Chiesa, intimorirla con questo tipo di persecuzione, - ha evidenziato il cardinale Erdő - anche questo conferma il martirio. Se la loro intenzione era distruggere il vescovo, nel tentativo di dominare sulla Chiesa, anche questo loro comportamento rafforzava il martirio. Pertanto, questa morte non fu un incidente casuale, ma una testimonianza assunta con spirito obbediente per la fede e per la Chiesa di Cristo”. La sua scomparsa fu a lungo taciuta, ci vollero 12 anni prima di trasportare i resti mortali nella Basilica di Esztergom. Il porporato, in conclusione, ha invocato il sostegno del vescovo Zoltán perché la beatificazione sia “la grande festa della riconciliazione”, perché le ferite del passato “mostrino la via della comprensione e della riappacificazione”.

     
    Nel messaggio per l’occasione, l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, rappresentante del Papa, ha definito il presule ungherese “un testimone eroico del Vangelo di Cristo, il maestro divino, che insegnava ad amare i persecutori e a pregare per loro”. “Il beato Zoltán Meszlényi – ha aggiunto - ci invita a essere fedeli al Vangelo di vita e di verità. È questo il suo messaggio oggi: vivere nella comunione, nella libertà e nella carità, e costruire, promuovere e testimoniare una civiltà dell’amore, della vita e della fraternità universale”.

    Al microfono di Marta Vertse, incaricata del Programma ungherese della nostra emittente, il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, spiega il senso del martirio del nuovo Beato:

    R. – Questo martirio è un ricco messaggio perché da una parte il vescovo Meszlényi è stato un canonista, un uomo della Chiesa che ha dato tutta la sua vita per il servizio alla Chiesa, alla nostra arcidiocesi e alla stessa Chiesa in Ungheria. Ha insegnato il diritto canonico, ha lavorato nella curia diocesana, era responsabile amministrativo della diocesi in tempo di guerra, durante un periodo di estrema miseria; ha esercitato – anche personalmente – la carità verso gli orfani: con i propri mezzi privati ha mantenuto una casa per loro nella città di Esztergom. Era una persona che non amava trovarsi al centro dell’attenzione, essere famoso; voleva soltanto fare il suo dovere con umiltà e precisione. Nel momento tragico, quando il cardinale Mindszenty era già in carcere, ed era morto anche il vicario generale della diocesi, lui ha accettato l’elezione del capitolo ed è diventato vicario capitolare in un momento in cui il governo stalinista aveva già minacciato direttamente il capitolo ed aveva preteso l’elezione di un altro sacerdote che era invece il presidente del Movimento sacerdotale per la pace, un movimento collaborazionista dell’epoca. Egli ha accettato umilmente l’elezione per garantire il governo legittimo della diocesi e per questo 12 giorni dopo lo hanno arrestato e trattato così duramente. Egli, quindi, ha dato la vita per la Chiesa, per la comunione della Chiesa di Esztergom, della diocesi, con la Chiesa universale, con la sede di Pietro. Dopo l’arresto del vescovo ausiliare, il capitolo – sotto pressione diretta del regime – ha scelto in modo canonicamente non valido – un vicario capitolare che era di gradimento dello Stato. Per tutta risposta, Pio XII e l’arcivescovo Tardini pubblicarono una nomina, trovando una soluzione che oggi sembra molto realistica: un altro vescovo, mons. Hamvas, che ricevette, parallelamente alla propria diocesi - che ha continuato a governare – la nomina pontificia di amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Esztergom. Avevano quindi trovato un personaggio integro, che era tollerato anche dal regime, ed avevano posto il governo dell’arcidiocesi nelle sue mani, per evitare una situazione illegittima o anarchica nella vita della diocesi e della Chiesa ungherese. Qui si vede che fino alla prassi parrocchiale quotidiana è un elemento vitale la comunione tra la Chiesa locale e quella universale. E questa comunione, a volte, nella storia, ha richiesto anche grandi sacrifici personali da parte di sacerdoti, vescovi ed anche fedeli.

    inizio pagina

    Dieci anni fa la Dichiarazione cattolica-luterana sulla giustificazione. Il cardinale Kasper: Dio è e vuole unità

    ◊   Una pietra miliare nel cammino verso l’unità dei cristiani: si celebra oggi ad Augusta, in Germania, il 10.mo anniversario della Dichiarazione congiunta della Chiesa cattolica e della Federazione luterana mondiale sulla dottrina della giustificazione. All’evento ecumenico partecipa anche il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Il porporato pronuncerà un discorso, oggi pomeriggio, ai Vespri nella Cattedrale di Augusta. Intervento che è stato anticipato alla Radio Vaticana. Il servizio di Alessandro Gisotti:
     
    “Dio è e vuole unità”, “vuole una sola Chiesa come strumento e segno dell’unità dell’umanità”: lo ribadisce con forza il cardinale Walter Kasper che denuncia: “la separazione delle nostre Chiese” è “una contro testimonianza del Vangelo”, “uno scandalo”. Il porporato tedesco rileva dunque il ruolo straordinario del movimento ecumenico, che, afferma, “non è opera dello spirito del liberalismo e dell’indifferentismo”, ma è “impulso dello Spirito di Gesù Cristo, dello Spirito Santo”. Per questo, è il suo richiamo, “dobbiamo rimanere fedeli all’opzione ecumenica; non vi sono alternative”. Opera dello Spirito Santo, sottolinea il cardinale Kasper, è anche la firma della Dichiarazione comune di Augusta che ha messo fine ad un contrasto durato quasi 500 anni. “Le critiche dissacranti in merito ad un apparente arresto nell’ecumenismo – avverte il porporato – e il miserevole disfattismo, che in termini ipocriti rilevano soltanto quanto ancora non è stato raggiunto, dimenticando quanto ancora negli ultimi anni ci è stato donato, è veramente nuda e cruda ingratitudine”. Bisogna, dunque, ringraziare di cuore Dio in questa celebrazione e ripetere quanto detto 10 anni fa in occasione della firma: “Ci siamo porti la mano ed ora non la lasciamo, non ci lasciamo più”.

     
    D’altro canto, riconosce il capo dicastero vaticano, bisogna “essere realistici” e consapevoli che “la strada per raccogliere il popolo di Dio non è ancora terminata” ed anzi sulla via ci sono a volte anche dei macigni. “Fare finta di non vederli – aggiunge – non sarebbe soltanto irresponsabilmente incosciente”, ma sarebbe anche un “pericolo mortale” dagli effetti controproducenti. Cosa fare dunque? Il cardinale Kasper mette l’accento sulla “conversione del cuore” senza la quale “non esiste ecumenismo”. E invoca una “nuova Pentecoste”, “un nuovo slancio, un nuovo entusiasmo ed un profondo rinnovamento spirituale”. Per questo, auspica che “l’ecumenismo sia anzitutto e soprattutto un ecumenismo della preghiera”. L’unità, ripete ancora una volta, “è un dono dello Spirito Santo e frutto della preghiera” che significa anche un ecumenismo della meditazione orante comune della Bibbia. Ecumenismo spirituale, afferma ancora, significa “ecumenismo dell’amore fattivo”, nella consapevolezza che “l’ecumenismo non è fine a se stesso; va oltre se stesso verso la riconciliazione, l’unità e la pace nel mondo”.

    Per una riflessione sull’importanza della Dottrina della giustificazione e della Dichiarazione congiunta, Alessandro Gisotti ha intervistato don Angelo Maffeis, consultore del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani e membro della Commissione Internazionale per il dialogo cattolico-luterano:

    R. – L’essenza di questa Dottrina si trova nella riflessione dell’Apostolo Paolo, che quando parla della Salvezza cristiana si serve appunto di questo concetto di giustizia per indicare che, nonostante il peccato, Dio salva l’umanità, la rende giusta. Quindi, l’accoglienza di questo dono di Dio attraverso la fede consente di accedere alla giustizia. Nel XVI secolo, proprio sull’interpretazione di questa dottrina di Paolo, si è manifestata una profonda divergenza che poi ha portato alle scomuniche reciproche. Il dissenso verteva sostanzialmente sulla comprensione di questa azione di Dio: e cioè se questa creatura rimane peccatrice oppure, come sosteneva la dottrina cattolica, questa creatura venga sostanzialmente rinnovata e, quindi, la grazia la trasforma e la rende una nuova creatura.

     
    D. – Dunque, quali sono i punti salienti della Dichiarazione congiunta, firmata dieci anni fa ad Augusta, che davvero volta una pagina storica...

     
    R. – Il punto fondamentale è in fondo un ritorno a leggere Paolo, la sua dottrina della Salvezza cristiana della giustificazione, insieme. E’ interessante la struttura di questo accordo, sottoscritto dieci anni fa, tra la Chiesa cattolica e le Chiese luterane, proprio perché al fondamento si pone una comune professione di fede, che riconosce come la Salvezza sia dono gratuito, totalmente dipendente dall’iniziativa divina e, al tempo stesso, sia una realtà che porta frutto nell’esistenza umana e quindi rinnova questa esistenza e impone una fedeltà appunto al dono ricevuto. In qualche misura quello che nel XVI secolo si è visto come alternativa, si è potuto vedere in termini complementari, come aspetti che non necessariamente devono essere visti in alternativa. E’ uno schema triangolare quello dell’accordo che viene formulato nella Dichiarazione congiunta. Al vertice superiore sta la comune affermazione di fede e poi nei due vertici inferiori c’è l’affermazione luterana e l’affermazione cattolica: un modello che riesce a far valere la comune professione di fede e insieme la possibilità di espressioni teologiche con categorie che sono diverse e che rispecchiano le due tradizioni.

     
    D. – Si può, dunque, affermare che è stato rimosso l’elemento più significativo, se vogliamo proprio la fonte della separazione tra cattolici e luterani?

     
    R. – Certamente, questo si può dire per una duplice ragione: primo, perché in fondo qui si tratta dell’annuncio cristiano della Salvezza, anche se forse la terminologia della giustificazione al credente medio oggi non dice più molto. La realtà di cui parla è la Salvezza cristiana e quindi il fondamento stesso della fede. Ed è un punto importante anche per il valore simbolico che ha avuto all’inizio dell’epoca della Riforma, perché nella tradizione luterana viene considerato l’articolo di fede su cui la Chiesa “sta o cade”. E proprio su questo si è raggiunto un accordo.

    inizio pagina

    Nota di padre Lombardi sulla Costituzione Apostolica sugli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica

    ◊   Il ritardo della pubblicazione della Costituzione Apostolica sugli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica è dovuta a ragioni tecniche e non a presunti sostanziali disaccordi sulla questione del celibato come ipotizzato da alcune fonti giornalistiche: è quanto ha affermato oggi in una nota il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Come ha detto il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – ha sottolineato padre Lombardi – la redazione definitiva del testo sarà completata entro la prima settimana di novembre per assicurare la coerenza del linguaggio canonico. Secondo le norme della Costituzione Apostolica, i nuovi Ordinariati personali per gli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica potranno ammettere al sacerdozio solo uomini celibi. Per quanto riguarda gli ex ministri anglicani sposati, la loro ammissione al sacerdozio sarà decisa caso per caso, come già prevede la normativa canonica. Per quel che riguarda i futuri seminaristi – precisa il porporato - è stato considerato in maniera puramente ipotetica se ci potranno essere alcuni casi in cui una dispensa dalla regola del celibato potrà essere chiesta. Per questo motivo - conclude il cardinale - i criteri oggettivi per ognuno di questi possibili casi (ad esempio, seminaristi sposati che si stanno già formando) dovranno essere sviluppati congiuntamente dall'Ordinariato personale e dalla Conferenza episcopale, e presentati per l’approvazione alla Santa Sede.

    inizio pagina

    Comunicazione e Chiesa. L’editoriale di padre Lombardi

    ◊   Si è tenuta, in questi giorni a Roma, l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, presieduta dall’arcivescovo Claudio Maria Celli. Sull’importante evento, culminato nell’udienza del Papa giovedì scorso, ascoltiamo il commento di padre Federico Lombardi per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
     
    "La Chiesa è comunicazione”; “la comunione è frutto di comunicazione”. Affermazioni forti e dense, che sono state rilanciate spesso durante la recente assemblea del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali. Infatti ogni riflessione ed ogni progetto deve partire non tanto dal fascino di nuovi strumenti di comunicazione, ma dalla stessa natura e missione della Chiesa, che nasce dall’annuncio della Parola di Dio e cresce come comunità, chiamata a sua volta ad annunciare. La comunicazione pervade tutta la vita della Chiesa, l’attività dei suoi membri, siano essi pastori o fedeli. E se si vuole che il messaggio arrivi alle persone del nostro tempo, in particolare oggi anche ai giovani – ai “nativi digitali” come ormai si chiamano – la comunicazione della Chiesa deve incarnarsi con coraggio nei linguaggi nuovi, deve saper tenere conto delle tecniche nuove e degli atteggiamenti psicologici nuovi. Lo ha detto il Papa nel suo discorso conclusivo, parlando della sfida di “mantenere inalterato il contenuto” del Vangelo, ma di “renderlo comprensibile con strumenti e modalità consoni alla mentalità e alle culture di oggi”.

     
    Usare dunque le nuove tecnologie e modalità mediatiche nel villaggio globale; e farlo con tanta più passione e intelligenza, con tanto più impegno, quanto più si è convinti di avere una Parola preziosa da comunicare; una Parola così inesauribile e bella, che potrà ispirare senza fine ogni nuova espressione creativa e dare dignità ad ogni nuovo linguaggio. E’ importante che oggi, in questa società della comunicazione, tutti nella Chiesa ne prendiamo coscienza.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'enciclica della fraternità universale: in prima pagina, Rosino Gibellini sulla "Caritas in veritate".

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Luca M. Possati dal titolo "Gerusalemme simbolo di pace per tutti".

    Diario di bordo di un eccentrico: in cultura, Sandro Barbagallo illustra una mostra - al Museo Civico Archeologico di Bologna - dedicata a Federico Zeri, che definì la grande epigrafista Margherita Guarducci "punta di diamante" per sottolinearne la passione con cui sostenne le ragioni dell'identificazione delle reliquie di san Pietro.

    Dal corpo all'anima: Carlo Carletti sulla memoria dei defunti.

    Un articolo di Maria Maggi dal titolo "Le nanotecnologie dei templari": segreti e applicazioni (non sempre prive di rischi) dell'infinitamente piccolo.

    Nell'informazione vaticana, chiarimento del direttore della Sala Stampa della Santa Sede riguardo a speculazioni senza fondamento in merito all'annunciata pubblicazione della Costituzione Apostolica circa ordinariati personali per anglicani che entrano in piena comunione con la Chiesa cattolica.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Si chiude oggi il mese dedicato alla Madonna del Rosario

    ◊   “Una catena dolce che ci unisce a Dio”: così viene definito il Rosario. E proprio a questa Preghiera mariana la Chiesa dedica l’intero mese di ottobre, che si chiude oggi. Ma come nasce la tradizione di questa dedicazione? Isabella Piro lo ha chiesto a padre Luigi Gambero, docente di Patristica mariana alla Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”:

    R. – Il 7 ottobre è la festa del Rosario. E’ una data che rimanda ad un evento di più di 400 anni fa, cioè la famosa battaglia di Lepanto, quando la flotta cristiana sconfisse la flotta turca che minacciava l’Europa. Proprio in quella circostanza il Papa, che era San Pio V, ha organizzato delle preghiere speciali, delle processioni con la recita del Rosario, e alla fine ha chiaramente attribuito la vittoria della flotta cristiana all’intervento della Vergine Maria. Da questa data del 7 ottobre si è estesa poi la pratica del Rosario a tutto il mese.

     
    D. - Come evitare che la pratica del Rosario diventi soltanto una ripetizione meccanica di una preghiera?

     
    R. – Il Rosario non è semplicemente una preghiera orale, ma è una meditazione, è la meditazione dei misteri della vita di Cristo e di Maria, che erano quindici fino a qualche tempo fa: i Misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi. Poi Giovanni Paolo II nella sua bella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae ha proposto di inserire altri cinque misteri per completare tutto il ciclo della vita di Cristo e di Maria. Infatti, c’era un vuoto, il vuoto della vita pubblica di Gesù: questo arco di tempo che va da quando Gesù ha lasciato la sua vita familiare di Nazareth fino alla Passione. Così adesso, attraverso questi 20 misteri, noi possiamo percorrere tutta la vita di Gesù e i vari eventi che l’hanno contrassegnata.

     
    D. – Generalmente il Rosario viene battezzato come l’orazione dei semplici. Perché questa definizione? Cosa significa?

     
    R. – Significa che si recitano delle preghiere che praticamente tutti sanno. Anche quelli che non hanno una grande cultura religiosa possono pregare. Queste preghiere sono il Padre Nostro, l’Avemaria e il Gloria al Padre. Direi che anche alle origini del Rosario l’intenzione appunto di aiutare i semplici è stata presente nella introduzione di questa pratica. Prima i monaci recitavano i 150 Salmi, poi negli stessi monasteri ci si è resi conto che non tutti i monaci erano in grado di leggere la Scrittura e allora si sono introdotte delle preghiere vocali. E poi chi ha inventato e ha iniziato a diffondere il Rosario, un domenicano francese, Alain de la Roche, nel XV secolo, si pensa che abbia sostituito i 150 Salmi con il cosiddetto Salterio della Beata Vergine Maria, che contempla appunto 150 Avemarie divise in quindici Misteri.

     
    D. – L’affidamento a Maria, quindi, è implicito nella preghiera del Rosario...

     
    R. – Certamente. Noi siamo stati affidati a Maria da Gesù stesso, ai piedi della Croce, quando noi eravamo rappresentati dall’apostolo Giovanni, al quale il Signore Crocifisso ha detto, prima rivolgendosi alla Madre “ecco tuo figlio” e poi all’Apostolo “ecco, tua madre”. La presenza di Maria ci porta a Gesù.

    inizio pagina

    La Lev pubblica un libro di don Giuseppe Costa sul rapporto fra religione e mass-media

    ◊   “Editoria, Media e Religione” è il titolo del volume dedicato al tema del rapporto fra religione e mass-media e appena pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev). L’ha curato don Giuseppe Costa, direttore della Lev, avvalendosi anche dei contributi di un gruppo di specialisti fra i quali Salvatore Claudio Sgroi, Crispino Valenziano, Giovanna Ioli, Ferdinando Castelli, Angelo Paoluzi, Giovanni Chiaramonte, Marcello Filotei, Carlo Tagliabue. Sergio Centofanti ha chiesto allo stesso don Costa quale sia l’obiettivo di questa opera:

     
    R. – Vuole esplorare il tipo di rapporto esistente fra la produzione editoriale dei vari editori nel corso della storia del libro stesso e il rapporto con gli altri media quali il cinema, la televisione, il teatro, la radio e così via. Vuole esplorare anche il rapporto esistente tra alcuni elementi essenziali della comunicazione come la fotografia e la musica.

     
    D. – Quali caratteristiche deve avere chi fa informazione religiosa?

     
    R. – Il messaggio religioso anzitutto va conosciuto nella sua complessità, sostanza e natura. Per questo motivo il libro è preceduto da un contributo del professor Salvatore Claudio Sgroi che è un glottologo, uno studioso della lingua e dei linguaggi, dove il professore analizza lo specifico del linguaggio religioso. Dopo questo capitolo di apertura vengono affrontati gli altri aspetti del rapporto tra religione e mass-media in genere. Chi si occupa di religione nell’informazione deve, ovviamente, conoscere la religione. Ma una volta che si conosce bene la religione va conosciuto bene anche lo strumento: l’editoria ha delle regole, così come il fare fotografia, il fare teatro, il fare letteratura, il fare cinema, comportano un’osservanza di norme che rafforzano la professionalità e lo specifico dello strumento che si vuole usare. Ancora una volta è la competenza che paga e che dà il risultato: un buon professionista deve conoscere sia lo strumento sia ciò che vuole trasmettere.

    inizio pagina

    "Il nastro bianco" di Michael Haneke da oggi sugli schermi italiani

    ◊   Palma d’Oro a Cannes, “Il nastro bianco” di Michael Haneke è da ieri sugli schermi italiani. Una rigorosa ricostruzione antropologica e cinematografica, girata tutta in bianco e nero, sulle origini del male in una comunità rurale tedesca all’alba della Grande Guerra. E che diventa l’immagine del futuro nazismo nel quale precipiterà l’intera nazione. Il servizio di Luca Pellegrini:

    (clip audio)

     
    “Quand’eravate piccoli, a volte, vostra madre vi legava un nastro fra i capelli o al braccio. Il suo colore bianco doveva essere per voi monito d’innocenza e purezza. Io credevo che alla vostra età foste ormai sufficientemente assennati ed educati da poter fare a meno di un simile monito. Ma mi sbagliavo. Domani, dopo che la vostra punizione vi avrà purificati, vostra madre vi legherà al braccio quel nastro e voi lo indosserete finché la vostra condotta non ci porterà nuovamente ad avere fiducia in voi”.

     
    Un’illusione, questa fiducia del pastore luterano, chiuso nella cieca osservanza di regole durissime. Lo sbaglio sarà irreparabile. La storia si svolge in un paesello di campagna nella Germania profonda alla vigilia della Grande Guerra. E’ il 1913 e strani fatti cominciano ad accadere. Fanno presagire che qualche cosa di maligno serpeggia avvolgendo quelle anime impassibili e devote, quelle stanze ordinate e silenziose. Un dottore cade da cavallo, e non è un incidente; il bimbo del barone viene legato e fustigato, quello della levatrice, handicappato, viene torturato e accecato; una contadina precipita da un pavimento marcio, il marito s’impicca. Tutti nascondono le loro colpe. E’ un villaggio di dannati? No, è il villaggio che fa da incubatrice al male assoluto che nel giro di due decenni metterà a ferro e fuoco l’Europa. Quel male è il nazismo e la sua aberrante ideologia. Haneke si dimostra ancora una volta un grande regista, in questo caso formale e teoretico: ogni immagine è studiata con maniacale precisione, ogni silenzio prepara un dialogo o un pianto, non si vede violenza, non una goccia di sangue, nemmeno gli atti più turpi, ma l’odio, l’intolleranza, l’invidia, la vendetta si percepiscono nelle parole, nei racconti, negli sguardi, in quella sospesa tragedia che, per ora, non presenta catarsi alcuna. Nemmeno Dio, che viene citato come il leguleio delle coscienze e strumentalizzato per piegarle e offenderle senza compassione, sembra abitare tra quelle mura austere dove il peccato si traveste con il candore dell’infanzia, che ora agisce nascosta e temeraria, più tardi lo farà su grande scala, organizzata nei quadri di un partito e corrotta dalle farneticazioni di un gruppo di folli ai quali affideranno la vita e il futuro. Il nastro del titolo, apposto al braccio di una gioventù ordinata e infelice, indica la purezza di cui sarebbero testimoni e trofei. Un altro nastro, determinato da una scelta abominevole, diventerà di lì a poco, trasformandosi in nero, il segno di appartenenza al male. Il bene, nel frattempo, si nasconderà nel cuore dei pochi disposti ad accoglierlo e difenderlo.

    inizio pagina

    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   La Chiesa festeggia questa Domenica la Solennità di Tutti i Santi. La Liturgia ci propone il Vangelo della Beatitudini. Gesù sale sul monte, dicendo ai discepoli:

    “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”.

    Sul Vangelo delle Beatitudini ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:

    Nella gioiosa solennità di “Tutti i Santi” la Chiesa ci propone la meditazione delle nove beatitudini. E’ nel “discorso della montagna” infatti che Gesù ristabilisce il giusto ordine tra la terra e il Cielo, tra l’eone presente e quello futuro. Ilario di Poitiers afferma che qui Gesù ci mette dinanzi ai “principî dell’eternità” e che, pronunciando quelle parole “insegnava l’eternità” (Comm. a Matteo, IV,1). E’ a partire dall’eternità, dalla definitività in Dio e di Dio, che ciascuno può comprendere in modo appropriato la sua condizione presente. E’ solo a partire dal Cielo che si può comprendere la terra.

     
    Tutti gli uomini hanno in se stessi il desiderio della beatitudine ma non conoscono la via per conseguirla perché la cercano (1) come se essa fosse un fine in se stessa e (2) la cercano come se essa fosse ricavabile dall'ora presente e, (3) non di rado, la cercano per se stessi.

     
    Gesù invita invece a gioire e ad esultare nell’ora presente, ma avendo lo sguardo rivolto ai “Cieli”. Inoltre, le beatitudini sono tutte al plurale, non si dà vera beatitudine nella consumazione in proprio, al contrario, “In Gerusalemme [nella comunione dei Santi] sarete consolati!” (Is 66, 13). In Gerusalemme gusteremo “tutto il quanto e'l quale di quella allegrezza” come scrive Dante nel Paradiso (XXX,118).

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Filippine: video con padre Sinnot. I rapitori chiedono un riscatto di due milioni di dollari

    ◊   Sta bene il prete cattolico irlandese rapito l'11 ottobre nel sud delle Filippine. A dimostrarlo un video rilasciato dai suoi sequestratori nel quale viene chiesto un riscatto di due milioni di dollari per la sua liberazione. Il video, visionato da un giornalista locale della città di Pagadian, mostra Padre Michael Sinnott (79 anni) con una copia del quotidiano di Manila del 22 ottobre. “I miei rapitori sono guidati da Abu Jayad. Vogliono due milioni di dollari americani come riscatto”, ha detto il religioso. “Stiamo vivendo all'aria aperta, in difficili circostanze. Sono ancora in buona salute anche se non ho tutte le medicine a mia disposizione”, ha spiegato. Il sequestro è avvenuto nella stessa area dove nel 2007 era stato rapito il missionario italiano, padre Giancarlo Bossi. (V.V.)

    inizio pagina

    Pakistan: scuole cattoliche in crisi perché costrette a pagare per la sicurezza

    ◊   Secondo quanto riporta L’Osservatore Romano, in Pakistan si sta facendo sempre più insostenibile la situazione per gli istituti gestiti dalla Chiesa in particolare nella provincia del Punjab. Gli amministratori delle scuole hanno espresso la loro preoccupazione riguardo alle immense spese aggiuntive che devono affrontare per garantire la sicurezza negli istituti. Il governo ha indicato alcune linee guida per difendersi dalle violenze come la costruzione di un muro di protezione alto almeno due metri, l’allestimento di telecamere di sorveglianza, metal detector, scanner, filo spinato per impedire l'accesso ai malintenzionati e l’assunzione di almeno due guardie armate per piantonare l'edificio. In alcune provincie, le scuole, dopo una serie di attentati, sono ancora chiuse. Intanto l'arcivescovo di Lahore, monsignor Lawrence John Saldanha, ha affermato che le istituzioni non sono più in grado di gestire la sicurezza nelle scuole ed ha così delegato questo compito a chi le amministra. "È evidente – ha concluso - che la situazione gli è sfuggita di mano".(B.C.)

    inizio pagina

    Salvadoregni in piazza per chiedere allo Stato di riconoscere le sue colpe nell'assassinio di Romero

    ◊   Con il ricordo della sua eredità spirituale e pastorale molto vivo nel cuore dei salvadoregni, giovedì scorso nella capitale del Salvador centinaia di persone hanno reso omaggio al loro arcivescovo, mons. Oscar Arnulfo Romero, assassinato quasi 30 anni fa, il 24 marzo 1980. In particolare, fedeli e esponenti di numerose associazioni della società civile hanno chiesto che lo Stato riconosca le sue responsabilità in questo crimine e dunque i suoi rappresentanti abbiano il coraggio oggi di chiedere pubblicamente perdono. La richiesta non è nuova poiché è già scritta in un rapporto della Commissione interamericana per i diritti umani, istituzione dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) che qualche anno fa, alla fine di un’indagine, concluse che esponenti e apparati dello Stato salvadoregno furono coinvolti gravemente in quest’esecrabile omicidio. I precedenti due governi all’attuale del presidente Mauricio Funes si sono sempre rifiutati di compiere questo gesto e, ora, gli organizzatori della marcia di giovedì ritengono che è “arrivata l’ora, alla vigilia del trentesimo dell’uccisione dell’arcivescovo, di riconoscere queste colpe, chiedere perdono, e aprire così una fase nuova nel processo di riconciliazione e pacificazione della nazione”. Un simile gesto, a giudizio di padre Gerardo Poter, potrebbe anche essere molto utile per “abbassare il tasso troppo alto d’impunità oggi esistente nel Paese dove solo il 5% delle indagini sugli omicidi terminano con l’individuazione dei colpevoli e con un rinvio a processo”. L’uccisione di mons. Romero fu senza dubbio uno dei momenti più tristi e delicati nella vita dei salvadoregni già dilaniati da una lunga guerra interna che provocò almeno 75mila morti e che si concluse dopo numerose mediazioni dell’Onu e del presidente del Costa Rica, Oscar Arias, lo stesso che due giorni fa è riuscito insieme con la comunità internazionale a trovare un accordo per la crisi in Honduras. Giovedì scorso, al termine della marcia per il “perdono e la riconciliazione nella verità” alcuni rappresentanti degli organizzatori sono stati ricevuti dal ministro degli Affari Esteri salvadoregno Hugo Martínez che si è impegnato a sottoporre la questione al presidente Mauricio Funes. (A cura di Luis Badilla)

    inizio pagina

    Spagna: iniziativa in difesa della vita del governo autonomo valenciano

    ◊   Il governo autonomo della regione valenciana, guidato dal Partito popolare, ha varato una risoluzione che riconosce alcune prerogative ai bambini non ancora nati. Si tratta di un provvedimento che stabilisce che i membri della famiglia in arrivo (i bambini nel grembo materno) vengano conteggiati nella domanda per l’assegnazione delle case popolari. La nuova normativa sarebbe dovuta entrare in vigore nel 2010, ma il governo autonomo di Valencia ha deciso di anticipare i tempi. Intanto in Spagna si discute il progetto di legge per la legalizzazione dell’aborto, promossa dal governo Zapatero. Secondo dati resi noti da Avvenire, 3 spagnoli su 4 sono contrari al fatto che le adolescenti fra i 16 e i 18 anni possano interrompere la gravidanza, fino alla quattordicesima settimana, senza nemmeno avvertire i genitori, come previsto nel nuovo disegno di legge all’esame del Parlamento. Un’opinione condivisa dalle stesse adolescenti, che hanno dichiarato, al 70%, di considerare fondamentale il parere dei genitori in una simile circostanza. Ma non è solo l’aborto libero per le ragazzine a rendere dubbiosi i cittadini. La Spagna è divisa anche sulla legalizzazione dell’aborto, con il 41,6% di favorevoli e il 40,8% di contrari. (V.V.)

    inizio pagina

    Al via la campagna per la manutenzione del Cristo Redentore di Rio de Janeiro

    ◊   L'arcivescovo di Rio de Janeiro, mons. Orani João Tempesta, ha lanciato una campagna per raccogliere fondi per la manutenzione del Cristo Redentore, la statua simbolo della città che l'abbraccia dalla cima del monte del Corcovado, a 710 metri di altezza. Lo riferisce l’agenzia Zenit. Il monumento è stato inaugurato il 12 ottobre 1931 ed è alto 38 metri. Trasformato in Santuario nel 2006, è situato all'interno del Parco Nazionale di Tijuca e subisce le conseguenze del passaggio del tempo e dei fenomeni climatici, come venti, piogge e raggi solari. Una recente indagine tecnica realizzata sul monumento ha constatato l'urgente necessità di lavori di protezione interna della struttura dell'immagine e della ricollocazione di parte del rivestimento esterno. Nel 2007 il monumento è stato incluso nella lista delle sette meraviglie del mondo moderno, eletto per votazione popolare su Internet. Nel 2009, la versione aggiornata del Guinness World Records l'ha considerato la più grande statua di Cristo al mondo. La campagna per la sua manutenzione, intitolata “Eu sou de Cristo” (“Io sono di Cristo”), consiste nella vendita di un'immagine della statua al prezzo di 7 reais (poco meno di 3 euro) nelle 252 parrocchie dell'Arcidiocesi di Rio de Janeiro. “E' un modo per divulgare ancor di più il Cristo Redentore”, ha affermato l'arcivescovo. “Poniamoci sul petto l'immagine di Cristo. In un mondo che diventa sempre più pagano e non vuole più vedere immagini di Cristo in alcun luogo, vogliamo mettercela sul petto e diffondere in tutto il Brasile questo segno della nostra città, del nostro Paese e della nostra fede”. (V.V.)

    inizio pagina

    La Chiesa coreana contro il lavoro irregolare

    ◊   “La dignità umana va preservata a tutti i costi”: sono queste le parole di mons. Boniface Choi Ki-san, vescovo di Incheon e presidente della Commissione episcopale Giustizia e Pace dell'episcopato coreano, riportate da "Asianews". “Dopo la crisi si rischia una rivoluzione sociale” e il Centro Apostolico di Seoul si sta mobilitando per intervenire con decisione sul fenomeno del lavoro irregolare in Corea del Sud e per chiedere al governo un intervento in difesa della popolazione. L’incontro promosso dalla Chiesa cattolica coreana prende il nome di “Riflessioni e soluzioni pratiche per il lavoro irregolare: la voce della Chiesa per la solidarietà sociale”. Lo scopo è quello di rendere noti i risultati della ricerca sul lavoro irregolare condotta da Giustizia e Pace, che lo definisce “una delle peggiori piaghe sociali del nostro tempo”. Mons. Boniface Choi Ki-san rileva che la società coreana “è entrata in una fase che potremmo chiamare di polarizzazione. Soltanto che, all’estremo più basso di questo polo, ci sono i lavoratori irregolari e i disoccupati. È urgente che il governo ascolti la voce della Chiesa: la dignità umana e il senso del lavoro sono fattori da rispettare, condizioni umane da preservare”. La ricerca è stata condotta, da gennaio sino alla fine di luglio, dal Centro coreano cattolico per i lavoratori. Nell’estratto finale sono presenti i documenti e gli insegnamenti sociali della Chiesa sul tema del diritto all’impiego: una sorta di vademecum per chi affronta il mondo del lavoro. Anche in Corea del Sud, l'attuale crisi economica mondiale, sta facendo sentire i suoi devastanti effetti sulle fasce più deboli della popolazione. Seoul, con i suoi dieci milioni di abitanti, è la città sudcoreana con il maggior numero di poveri, e nonostante il forte sviluppo industriale degli ultimi decenni, in questo Paese dell'Estremo Oriente è emerso il fenomeno dell’impiego “in nero”. È un fenomeno che si è allargato fino a comprendere tutti gli ambiti: ad oggi, il 52% di coloro che hanno un lavoro non hanno contratto. Il direttore del Centro, dottor Kim Seong-hee, spiega: “Nella nostra società, dopo il crack delle Borse, più di 8 milioni di impiegati non ha paracadute sociale e non contribuisce al Prodotto interno lordo. Inoltre, per la fame di lavoro che si è creata dopo la crisi, si sono considerevolmente abbassate le paghe corrisposte: senza controllo da parte del governo, i datori di lavoro si sentono autorizzati a creare nuovi schiavi”. Sulla stessa linea anche il sacerdote gesuita Daniel O' Keeffe, rettore del Centro apostolico di Seoul: “Gli insegnamenti della Chiesa cattolica in materia sono chiari: uno stipendio giusto e regolare è una misura fondamentale per il sistema economico. Quindi non è moralmente accettabile, anche se fosse legittimato dalla legge, che esistano degli squilibri tesi a discriminare un gruppo di lavoratori. La Chiesa si impegna per migliorare questa situazione quotidianamente. Ma deve farlo anche la società”. (C.P.)

    inizio pagina

    Cisgiordania: aperto un varco nel "Muro" per gli scolari palestinesi

    ◊   Lo chiamano il “muro della vergogna”, quella barriera, fortemente criticata dalle organizzazioni per i diritti umani, che separa la scuola delle missionarie comboniane dai villaggi palestinesi circostanti. Il passaggio è sempre presidiato da soldati israeliani, e si apre solo due volte al giorno, alle 9 e alle 13, per consentire l’ingresso e l’uscita da scuola. “Il muro passa proprio dietro la nostra casa, includendoci nell’area di Gerusalemme”: sono queste le parole che Suor Germaine Minkarios, responsabile della scuola elementare delle missionarie comboniane, ha rilasciato alla Misna. “Ma dall’inizio di Settembre – racconta la religiosa - grazie all’azione diplomatica del nunzio apostolico, le autorità israeliane hanno accettato di aprire un piccolo varco nel muro di separazione, per consentire l’accesso ai circa 50 bambini palestinesi che vengono qui da noi a scuola, e con loro a una maestra e una bidella”. Con un pronunciamento del 9 Luglio 2004, la Corte internazionale di giustizia ha imposto a Israele di fermare la costruzione del muro e di smantellare le parti che erano già state erette. Da allora, oltre 200 chilometri di barriera sono stati costruiti portando la lunghezza totale a 413 chilometri, circa il 60% del progetto originario di 709 chilometri. A lavori ultimati, secondo l’Onu, Gerusalemme est sarà completamente separata dalla Cisgiordania. (C.P.)

    inizio pagina

    L’ospedale missionario “Madre di Misericordia” assiste la popolazione dei Monti Nuba

    ◊   L’ospedale missionario “Madre di Misericordia” è l’unico ospedale dei Monti Nuba (se si esclude la clinica di Kadugli) a fornire assistenza chirurgica nella zona, e dispone di 120 posti letto. L’obiettivo di questo centro in Sudan è fornire servizi sanitari di qualità accessibili agli emarginati e bisognosi e formare professionalmente assistenti sanitari a prescindere da razza, religione o tribù di appartenenza. E’ diretto, rende noto l’agenzia Fides, dalla diocesi di El Obeid ed è stato fondato nel 2008. Durante i primi 3 mesi, l’ospedale è stato frequentato da pazienti provenienti da Khartoum e da El Obeid, poi il numero si è ridotto durante la stagione delle piogge a causa delle difficoltà di spostamento, ed è aumentato di nuovo con l’inizio della stagione secca. La maggior parte dei pazienti proviene dai villaggi attorno a Gidel, anche se, durante la stagione secca, arrivano molte persone provenienti da Fallata e Baggara, oltre a pazienti dalla zona di Heiban dove i servizi sanitari sono scarsi. Le malattie più comuni trattate sono malaria, ipertensione, tubercolosi, lebbra, cancro, parassiti intestinali, diabete, infezioni da morso, interventi chirurgici in genere. L’ospedale dispone di un reparto pediatrico e di uno femminile. Entrambi sono in un unico edificio e forniscono assistenza medica, chirurgica, ginecologica alle pazienti e assistenza medica e chirurgica ai bambini da un mese fino a 12 anni. L’ospedale ha un laboratorio, due farmacie, due sale operatorie, una delle quali è operativa 24 ore su 24 per le emergenze. (V.V.)

    inizio pagina

    L’Unione delle associazioni femminili cattoliche di Dakar compie 25 anni

    ◊   Valorizzare la donna, favorire la sua formazione dottrinale e umana e il suo senso civico: sono alcuni degli obiettivi che l’Unione diocesana delle associazioni femminili cattoliche di Dakar (Udafcd), in Senegal, persegue da 25 anni. L’associazione festeggerà il suo giubileo dal 3 al 14 novembre e coinvolgerà anche le diocesi di Kaolack, Kolda, Saint-Louis, Tambacounda, Thiès e Ziguinchor e quelle della Gambia. Nata nel 1984, l’Udafcd comprende 45 associazioni di cui 38 parrocchiali che hanno sede tra Dakar, Fatick, Joal/Fadiouth e Djilass. Suo scopo è quello di dar vita ad ambiti di confronto, di condivisione e di solidarietà fra le associazioni e i loro membri, ma anche quello di far sì che le donne possano portare avanti il loro ruolo di missionarie. Per celebrare i suoi 25 anni l’Unione diocesana delle associazioni femminili cattoliche di Dakar ha organizzato una novena che avrà inizio il 3 novembre e diverse iniziative cui prenderà parte il cardinale Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar. (T.C.)

    inizio pagina

    Zimbabwe: il gospel per ricostruire una chiesa locale

    ◊   “Qui cantat bis orat. Chi canta prega due volte”, è questo lo spirito dell’iniziativa che vedrà riuniti, nello Zimbabwe, una serie di gruppi gospel per raccogliere fondi utili alla ricostruzione di un luogo di culto locale. “Let’s build the Church” é il tema della manifestazione, che si terrà l’8 Novembre nella St. Luke United Methodist Church a Rugare, uno dei più piccoli sobborghi nella repubblica dello Zimbabwe. Come spiega Wellington Chikare, al quotidiano "The Herald", questo festival fa seguito ad altre iniziative simili, tutte a scopo di beneficenza. “Fino ad adesso siamo riusciti a coprire le spese per le fondamenta, ma abbiamo ancora molto da lavorare. Speriamo, con questo festival, di mettere su una somma considerevole, circa diecimila dollari”. “Andiamo tutti insieme alla Casa del Signore”, è l’inno alla gioia che cantano Chiedza Chevatendi and Vabati VaJehovha, i due gruppi più popolari del momento nel panorama gospel. (C.P.)

    inizio pagina

    A Torino l'Assemblea generale della Cism

    ◊   Dal 3 al 7 novembre si terrà a Torino la 49.ma Assemblea generale della Cism (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) sul tema “Povertà e comunione dei beni in un mondo globalizzato, per una testimonianza credibile dei consacrati”. Il tema scelto è quanto mai attuale sia perché la povertà appartiene alle regole costitutive della vita religiosa, sia perché la povertà è una virtù ardua che, assunta mediante un voto, espone il religioso al giudizio del mondo. Proprio il mondo esige da lui un modo particolare di comportarsi davanti ai beni; una maniera che non gli impedisca di unirsi al Signore e lo renda libero da ogni impedimento. Particolarmente interessanti saranno le relazioni che inviteranno i partecipanti a riflettere sul valore della povertà volontaria e, tenendo presente la realtà di oggi, sull’etica delle risorse economico-finanziarie e sull’alienazione degli immobili, un fatto che diventa sempre più frequente per il calo delle vocazioni. Durante l’Assemblea è previsto anche il rinnovo degli incarichi in seno alla Conferenza, compresa l’elezione del nuovo Presidente, servizio attualmente svolto dal salesiano don Alberto Lorenzelli. Per una felice coincidenza, l’Assemblea si tiene alla vigilia dell’anno che l’Unione Europea ha dedicato alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale degli immigrati e delle minoranze etniche. (A cura di padre Egidio Picucci)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan. L'avversario di Karzai, Abdullah, minaccia di boicottare il ballottaggio

    ◊   Si fa sempre più delicata la situazione politica in Afghanistan, in vista del secondo turno delle presidenziali del 7 novembre. Abdullah Abdullah - lo sfidante del presidente uscente, Hamid Karzai - si è detto pronto a boicottare la tornata se entro stasera non verrà azzerata la Commissione elettorale. Sul versante statunitense, consiglio di Guerra ieri alla Casa Bianca per decidere la strategia da adottare nel Paese asiatico. Il servizio di Marco Guerra:

    Fallito qualsiasi tentativo di creare un governo di unità nazionale, in Afghanistan è ora a rischio il voto per il ballottaggio delle presidenziali, fissato per il prossimo 7 novembre. Abdullah Abdullah è infatti pronto a boicottare il ritorno alle urne nel caso il cui non dovessero essere soddisfatte alcune richieste riguardo al corretto svolgimento delle consultazioni. In particolare, Abdullah ha chiesto a Karzai le dimissioni del direttore della Commissione elettorale e la sospensione di tre ministri. Ma i colloqui tra i due leader si sarebbero interrotti dopo che Karzai ha respinto le richieste del rivale. L’eventuale boicottaggio fa tremare gli Stati Uniti, che attendono proprio l’esito del voto per varare la nuova strategia militare per l’Afghanistan ancora allo studio della Casa Bianca. Il ballottaggio “sarà legittimo anche in caso di boicottaggio di Abdullah”, ha sottolineato oggi il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. Intanto, ieri il presidente Barak Obama ha avuto un incontro con i suoi capi di Stato maggiore, ai quali ha chiesto di fornire diverse opzioni sull'aumento delle truppe, oltre a quella di 44 mila uomini avanzata dal generale Stanley McChrystal, comandante delle forze Nato e statunitensi nel Paese asiatico. Secondo la stampa americana, Obama è alla ricerca di un compromesso fra le proposte dei consiglieri civili e militari e potrebbe decidere l'invio di almeno 10 mila uomini.

     
    Pakistan
    Non si ferma la violenza nelle aree tribali del Pakistan. Almeno sette uomini delle forze di sicurezza di Islamabad sono stati uccisi e 11 feriti nell’attacco lanciato stamani nel distretto di Khyber, considerato una roccaforte dei talebani pakistani.

    Iran
    Ancora nulla di fatto sul nucleare iraniano. Teheran ha chiesto altro tempo per riflettere sul “progetto di accordo” dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sull’arricchimento di uranio all’estero. L’agenzia iraniana Irna spiega infatti che quanto comunicato giovedì all'Aiea non è ancora la "risposta" definitiva. Lo stesso presidente Ahmadinejad ha auspicato oggi una proseguimento delle trattative con le grandi potenze, affermando che ciò “fa arrabbiare” Israele. La Casa Bianca - dal canto suo - ha risposto con prudenza, spiegando di non conoscere i dettagli della posizione iraniana, ma ricordando che la pazienza della comunità internazionale e del presidente Barack Obama non “è illimitata”.

    Medio Oriente
    Al via la missione del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente. Questa mattina, il capo della diplomazia statunitense ha incontrato ad Abu Dhabi il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, il quale ha rifiutato la proposta americana per una ripresa dei negoziati di pace senza che ci sia il totale congelamento delle colonie israeliane. In serata, la Clinton si sposterà in Israele per incontrare il premier, Benyamin Netanyahu, il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, e quello della Difesa, Ehud Barak. “Il fatto di essere qui, conferma la serietà con la quale stiamo affrontando il nostro progetto per far iniziare alle parti un negoziato che possa portare alla soluzione dei due Stati”, ha detto il segretario di Stato Usa alla Bbc.

    Somalia
    Non si arrestano gli assalti dei pirati nel Golfo di Aden, davanti alle coste della Somalia. Oggi è stato sequestato un vascello yemenita, dopo un duro scontro a fuoco che avrebbe causato la morte di almeno uno degli assalitori. Intanto, è di 7 milioni di dollari il riscatto chiesto per la liberazione di una coppia di coniugi britannici, rapiti venerdì scorso a bordo del loro yacht mentre viaggiavano dalle Seychelles verso la Tanzania. La comunità internazionale ha intensificato il pattugliamento delle acque somale, dove transitano circa 20 mila navi ogni anno. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della navigazione e dei trasporti presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Bari e autore del libro edito da Longanesi, ”Nei mari dei pirati”:

    R. - Quest’anno, rispetto al 2008, c’è stato un aumento degli attacchi e dei tentativi di attacco - questo secondo dati dell’International Maritime Bureau - del 30 per cento. Il motivo per il quale oggi ne stiamo parlando, mentre quest’estate sembrava che il fenomeno stesse scemando, è perché questo tipo di pirateria è legata anche a fenomeni climatici: quando cala il monsone estivo, il mare rimane calmo per circa un mese ed è quello il momento nel quale i pirati somali portano il maggior numero degli attacchi. Direi che per altri 15-20 giorni si ripeteranno in maniera diffusa.

    D. - La comunità internazionale interviene: da una parte la Nato, l’Unione Europea ma non solo, per cercare di pattugliare le acque del Golfo di Aden. E’ una strategia risolutiva?

     
    R. - Il pattugliamento, pure se funziona nella situazione di emergenza, non può però mai essere risolutivo. Lei pensi che lo scenario è enorme, nel Golfo di Aden: si parla di 600 mila miglia quadrate. Oggi, a pattugliarlo, ci sono gli americani con la task force 151, c’è la flotta Atalanta, ma abbiamo solamente 50 navi. Per pattugliarlo tutto, efficacemente, ce ne vorrebbero 500. Poi, oggi i pirati hanno allargato ancora di più lo scenario, e quindi dal Golfo di Aden si sono spostati più a sud, al traverso delle Seychelles, dove oggi - anche se la stampa non lo riporta - è in corso una vera e propria guerra, poiché francesi e spagnoli hanno cominciato a piazzare uomini armati sui loro pescherecci. Altri episodi di pirateria si sono verificati verso il Mare Arabico. Quindi è evidente che lo scenario è diventato molto, molto vasto. Dobbiamo invece di fare degli accordi di cooperazione, in Somalia.

     
    D. - Ma il governo federale di transizione in Somalia ha a che fare con una situazione sul territorio tutt’altro che stabile…

     
    R. - Il potere, in Somalia, è assolutamente frammentato. Ci sono tutta una serie di micro-poteri ed è in mano - di fatto - a questi “signori della guerra”, che hanno anche la pirateria tra le loro attività economiche illecite. Controllano entità statali come il Puntland o il Somaliland, che sono regioni autoproclamatesi Stato ma che in realtà non lo sono: sono regioni autonome. Quello che bisogna fare è cercare di creare accordi con le forze sane del Paese. Mi auguro semplicemente che, soprattutto oggi, in Somalia venga fatto rispettare l’embargo sul commercio di armi, perché è da lì che poi parte tutto.

     
    Darfur
    Almeno 20 persone, fra le quali sei bambini e cinque donne, hanno perso la vita negli scontri tra tribù rivali nel nord della regione sudanese del Darfur. Lo ha reso noto il portavoce della forza mista di pace Onu-Unione africana nel Paese, Noureddine Mezne, precisando che i funzionari dell’Unamid si sono recati sul luogo degli scontri ed hanno incontrato i rappresentanti delle due tribù per avviare la riconciliazione.

    Italia
    Francesco Rutelli lascia il Partito democratico, del quale è stato uno dei fondatori. La decisione, maturata da tempo, è stata ufficializzata a seguito delle primarie che hanno eletto segretario del Pd Pier Luigi Bersani . In una intervista al Corriere della Sera, Rutelli definisce l’Udc di Casini interlocutore essenziale per il nuovo partito di centro. Il servizio di Giampiero Guadagni:

    Quali fossero le sue intenzioni, Rutelli lo aveva scritto nel libro appena pubblicato dal significativo titolo “La svolta”. Oggi l’annuncio definitivo: “Lascio il Pd subito, con grande dolore”. Del Pd Rutelli è stato uno dei fondatori, avendo sciolto la Margherita di cui era leader. Ma il Pd che sognavamo, spiega, non è mai nato. Doveva essere un partito nuovo e invece è un ceppo del Pds; doveva riconquistare il centro della società italiana e invece approda nel socialismo europeo. Scelte legittime ma nelle quali non mi riconosco, aggiunge Rutelli. Che guarda ora a Casini. Lo definisce un interlocutore essenziale con il quale unire le forze democratiche, liberali e popolari, sino a creare in alcuni anni il primo partito italiano. Il percorso è lungo. Casini lavora alle prossime elezioni politiche, in agenda tra tre anni e mezzo: insieme a Rutelli, afferma il leader Udc, potremmo prendere 5 milioni di voti, vale a dire il 14%. Oggi, in un convegno a Roma, la prima uscita pubblica comune. E comune è anche la volontà di contrapporsi a populismo e xenofobia di destra; e a radicalismo e giustizialismo di sinistra. Con il Partito democratico, Rutelli intende dunque collaborare ma da postazioni diverse. Fassino esprime rammarico, convinto che nel Pd c’è spazio per le idee espresse da Rutelli. E’ quanto gli ha inutilmente assicurato anche D’Alema in un incontro di qualche giorno fa, nel quale i due ormai ex colleghi di partito hanno parlato anche della candidatura alla guida della politica estera europea dello stesso D’Alema. Il quale sul punto ieri ha manifestato gratitudine per l’appoggio annunciato dal governo Berlusconi, ma oggi osserva: è una partita complicata che riguarda tutti i 27 Paesi membri, non una questione che si risolva in Italia.

     
    Daghestan
    Nuove violenze nel Caucaso russo. In Daghestan, quattro ribelli sono rimasti uccisi questa mattina in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine. Secondo un responsabile della polizia locale, i miliziani avrebbero aperto il fuoco contro i poliziotti dopo essere stati fermati per un controllo dell’identità.

    Filippine: quarto tifone in un mese
    Nelle Filippine, sono almeno cinque i morti per il tifone Mirnae che ha investito la provincia orientale di Quezon, nell'area metropolitana di Manila. Oltre 100 mila persone sono state costrette ad abbandonare le loro case. Il nuovo tifone, il quarto in poco più di un mese, si è esteso fino alla periferia della capitale, e si muove ora verso il Vietnam. I voli internazionali da e per Manila sono bloccati, e in molte zone della provincia le linee elettriche sono saltate a causa della caduta di alberi e piloni. Una ricerca condotta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) afferma che in questo mese 175 persone sono morte nella sola Manila a causa d’infezioni ed epidemie e che circa 1,4 milioni sarebbero a rischio contagio. I danni alle infrastrutture ammontano a 300 milioni di euro. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 304

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina