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Sommario del 29/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla plenaria delle Comunicazioni Sociali: nel “continente digitale” dei media, la Chiesa promuova una cultura di rispetto della dignità umana
  • Il Papa all’ambasciatore iraniano: favorire la nuova fase di cooperazione internazionale. Richiamo sulla libertà religiosa e i diritti della minoranza cristiana
  • Altre udienze e nomine
  • Mons. Marchetto sull’immigrazione: Mediterraneo, Mare dei diritti violati
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Corsa alle ricchezze dell'Africa: sfruttamento di un continente che vuole alzarsi e camminare
  • Giornata mondiale dell'ictus cerebrale: 6 milioni i morti ogni anno
  • Le Giornate dell'Interdipendenza a Firenze
  • I Giardini Vaticani descritti in un libro dal loro responsabile, Vincenzo Scaccioni
  • Chiesa e Società

  • Anno contro la povertà: 80 milioni di europei a rischio
  • Cina: visita a Pechino di una delegazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese
  • Ecumenismo: ad Ausburg si ricordano i 10 anni della Dichiarazione sulla Giustificazione
  • Il direttore dell'Osservatore Romano respinge le critiche di Küng al Papa
  • Verso la cooperazione governo-ribelli per liberare padre Sinnot rapito nelle Filippine
  • Filippine: per timori di attentati cancellate a Jolo le Messe dell'1 e 2 novembre
  • Indonesia: ancora violenze a Jakarta contro gli studenti cristiani di teologia
  • India: nel Gujarat lo Stato controllerà le assunzioni anche nelle scuole cattoliche
  • Sudafrica: le Chiese cristiane si impegnano con lo Stato nell’affrontare Aids e criminalità
  • Zimbabwe: allarme delle Chiese per la crisi del governo di unità nazionale
  • Congo: a Bukavu marcia contro l'insicurezza. Ricordato l'arcivescovo ucciso nel 1996
  • Kenya: nota dei vescovi sull’abito degli studenti musulmani nelle scuole cattoliche
  • Brasile: settimana missionaria per la Chiesa in Amazzonia
  • Colombia: la Chiesa chiede misure a sostegno dei cittadini residenti all'estero
  • Bolivia: domani la chiusura dell'Incontro del Celam sulla pastorale giovanile
  • Un sms per inviare buoni pasto del Pam ai rifugiati iracheni in Siria
  • I vescovi spagnoli a “El País”: la Chiesa è sempre stata a favore della vita
  • Regno Unito: per la Chiesa gli anziani sono un dono di Dio, non un peso
  • Giornata di digiuno e preghiera contro la sperimentazione della pillola abortiva Ru486
  • Fuci: si apre oggi la Scuola di formazione 2009 all'insegna di Alcide De Gasperi
  • Abruzzo: per la Protezione civile entro Natale verranno riaperte 23 chiese
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iran pronto a cooperare sul nucleare, da Ahmadinejad aperture all'Occidente
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla plenaria delle Comunicazioni Sociali: nel “continente digitale” dei media, la Chiesa promuova una cultura di rispetto della dignità umana

    ◊   In un’epoca nella quale la cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dai modi con i quali essa viene comunicata, l’annuncio del Vangelo e dei valori cristiani non può prescindere dall’uso professionale dei media, anche di quelli più innovativi. E’ il pensiero di fondo che Benedetto XVI ha espresso ricevendo questa mattina in Vaticano i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Nel corso dell’udienza, il Papa ha ricordato anche il 50.mo anniversario della Filmoteca Vaticana, che conserva nei suoi archivi oltre un secolo di materiale filmato che racconta la storia della Chiesa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Una “comunicazione veloce e pervasiva”, servita da tecnologie in costante evoluzione, capace di creare e diffondere idee e notizie in modi che sono al tempo stesso capillari e globali, interattivi e interconnessi. Non lesina aggettivi, Benedetto XVI, per descrivere l’evoluzione e la “rivoluzione” prodotta dai media contemporanei. E riconosce l’“ampia sensibilizzazione” e la "responsabile conspevolezza" che, almeno dal Vaticano II a oggi, la Chiesa “ha favorito e promosso su queste tematiche”, con vari documenti di magistero. Tuttavia non è semplice comprendere appieno e codificare un sistema, quello delle comunicazioni sociali, che non smette di ramificarsi in nuovi strumenti e dunque, in questo senso, complesso diventa anche per la Chiesa collocarsi all’interno del “continente digitale” per essere fedele al suo mandato di evangelizzare:

     
    “In effetti, la cultura moderna scaturisce, ancor prima che dai contenuti, dal dato stesso dell’esistenza di nuovi modi di comunicare che utilizzano linguaggi nuovi, si servono di nuove tecniche e creano nuovi atteggiamenti psicologici. Tutto questo costituisce una sfida per la Chiesa chiamata ad annunciare il Vangelo agli uomini del terzo millennio mantenendone inalterato il contenuto, ma rendendolo comprensibile grazie anche a strumenti e modalità consoni alla mentalità e alle culture di oggi”.
     
    Già 20 anni fa - ha ricordato il Papa - nella sua Redemptoris missio, Giovanni Paolo II sosteneva acutamente che “non basta” usare i media per diffondere il messaggio cristiano, ma che “occorre integrare il messaggio stesso in questa ‘nuova cultura’ creata dalla comunicazione moderna”. Vent’anni dopo, ha affermato Benedetto XVI, “il carattere multimediale e la interattività strutturale dei singoli nuovi media...

     
    “...ha, in un certo modo, diminuito la specificità di ognuno di essi, generando gradualmente una sorta di sistema globale di comunicazione, per cui, pur mantenendo ciascun mezzo il proprio peculiare carattere, l’evoluzione attuale del mondo della comunicazione obbliga sempre più a parlare di un’unica forma comunicativa, che fa sintesi delle diverse voci o le pone in stretta reciproca connessione”.
     
    E qui, il Pontefice si è appellato a quanti nella Chiesa, e in particolare modo nel dicastero delle Comunicazioni Sociali, hanno la professionalità per analizzare, ha detto, “le dimensioni di questo fenomeno”. Chi ha responsabilità pastorali, è stato l’invito di Benedetto XVI, deve “saper raccogliere le sfide che pongono all’evangelizzazione queste nuove tecnologie”, sfruttandone le caratteristiche che permettono una rapida azione di consultazione e di coordinamento, così da “promuovere una cultura del rispetto per la dignità e il valore della persona umana”. La Chiesa, ha insistito il Papa, deve svolgere in tale contesto un ruolo di servizio:

     
    “In tal modo la Chiesa esercita quella che potremmo definire una 'diaconia della cultura' nell’odierno 'continente digitale', percorrendone le strade per annunciare il Vangelo, la sola Parola che può salvare l’uomo (...) Per i credenti la necessaria valorizzazione delle nuove tecnologie mediatiche va sempre però sostenuta da una costante visione di fede, sapendo che, al di là dei mezzi che si utilizzano, l’efficacia dell’annuncio del Vangelo dipende in primo luogo dall’azione dello Spirito Santo, che guida la Chiesa e il cammino dell’umanità”.
     
    Ricordando, infine il 50.mo anniversario della fondazione della Filmoteca Vaticana, voluta da Giovanni XXIII, che conserva - catalogato - materiale filmato dal 1896 a oggi sulla storia della Chiesa, Benedetto XVI ha augurato che questo “ricco patrimonio culturale, che appartiene all’intera umanità” sia ulteriormente ampliato e che tali “beni siano custoditi e conosciuti”.

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    Il Papa all’ambasciatore iraniano: favorire la nuova fase di cooperazione internazionale. Richiamo sulla libertà religiosa e i diritti della minoranza cristiana

    ◊   Le autorità iraniane sappiano garantire ai cristiani la libertà di professare la propria fede: è l’esortazione di Benedetto XVI al nuovo ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran, Ali Akbar Naseri, ricevuto stamani in Vaticano per le Lettere Credenziali. Il Papa ha ribadito la volontà della Santa Sede di rafforzare i rapporti con Teheran ed ha auspicato che l’Iran sostenga, con fiducia, la nuova fase di cooperazione internazionale per il perseguimento della pace globale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI ha espresso la speranza che “ci sia un’apertura crescente” dell’Iran e una “collaborazione fiduciosa con la comunità internazionale. Ha quindi sottolineato che la Santa Sede desidera “consolidare le sue relazioni con la Repubblica islamica dell’Iran”, favorendo “la comprensione reciproca e la collaborazione in vista del bene comune”.

     
    Oggi, ha proseguito, “dobbiamo tutti auspicare e sostenere una nuova fase di cooperazione internazionale, più solidamente fondata su principi umanitari e sull’aiuto effettivo a coloro che soffrono”. Il Pontefice si è così soffermato sulla libertà religiosa e la libertà di coscienza che, ha detto, sono la fonte di tutte le altre libertà. Al contempo, ha affermato che la promozione della protezione della vita, della giustizia e della solidarietà devono anche essere oggetto di una reale collaborazione. Il Papa non ha poi mancato di volgere il pensiero alla comunità cattolica iraniana, che, ha sottolineato, è presente nel Paese fin dai primi secoli del Cristianesimo.

     
    La Santa Sede, ha detto, “confida che le autorità iraniane sapranno rafforzare e garantire ai cristiani la libertà di professare la loro fede” assicurando alla comunità cattolica “le condizioni essenziali per la sua esistenza”, in particolare la possibilità di avere personale religioso sufficiente alle esigenze dei fedeli. Ancora, si è augurato che migliori la situazione della comunità cristiana nel contesto della società civile. E ha confermato l’impegno della Santa Sede al fianco delle Chiese locali così da aiutare la comunità cattolica iraniana a mantenere vivi i segni della presenza cristiana in uno spirito di armonia con tutti.

     
    “L’istituzione di relazioni cordiali tra i credenti di diverse religioni – ha detto ancora – è una necessità urgente dei nostri tempi, al fine di costruire un mondo più umano e più conforme al progetto di Dio sulla Creazione”. E si è felicitato per l’esistenza, da alcuni anni, di incontri regolari tra il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e l’Organizzazione per la Cultura e le Relazioni islamiche. Queste iniziative, ha detto, permettono a tutti di fare progressi nella conoscenza reciproca e di cooperare nella riflessione sulle grandi questioni che toccano la vita dell’umanità.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

    Il Santo Padre ha nominato membri del Consiglio direttivo dell’Agenzia della Santa Sede per la Valutazione e la Promozione della Qualità delle Università e Facoltà Ecclesiastiche (AVEPRO): mons. Piero Coda, presidente dell’Associazione Teologica Italiana; il rev. Philippe Curbelié, decano della Facoltà di Teologia dell’Institut Catholique di Toulouse; padre Friedrich Bechina, officiale della Congregazione per l’Educazione Cattolica; il prof. Sjur Bergan, direttore del Dipartimento di Istruzione Superiore e Ricerca presso il Consiglio d’Europa; il prof. Paolo Blasi, già magnifico rettore dell’Università degli Studi di Firenze; il prof. Jan Sadlak, direttore dell’European Centre for Higher Education (Unesco-Cepes) a Bucarest; la dott.ssa Annick Johnson, direttrice della medesima Agenzia.

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    Mons. Marchetto sull’immigrazione: Mediterraneo, Mare dei diritti violati

    ◊   I diritti violati degli immigrati irregolari che attraversano il Mar Mediterraneo sono al centro dell’intervento dell’arcivescovo Agostino Marchetto in occasione di un Convegno alla Pontificia Università Gregoriana. La relazione del segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, prevista per questo pomeriggio, è stata anticipata alla stampa. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Anche gli immigrati irregolari sono persone, dunque hanno una dignità e diritti inviolabili. Su questo principio si svolge la relazione di mons. Marchetto che parla dei controlli sempre più rigidi nel Mar Mediterraneo per contrastare i cosiddetti viaggi della speranza. Per i Paesi europei – afferma – questo mare è tornato ad essere “mare nostro” e avendo “molto limitato, se non addirittura soppresso, le possibilità di entrare legalmente nei loro territori, è rimasta, per chi vuole emigrare, la via del traffico o del contrabbando di esseri umani”. Il presule indica le numerose Convenzioni che gli Stati sono tenuti a rispettare: la Convenzione di Ginevra del 1951 con il relativo Protocollo del 1967, sullo status dei rifugiati, i trattati interni sulla estradizione, transito e riammissione di cittadini stranieri e asilo (in modo particolare la Convenzione di Dublino del 1990) e quella del 1950 sui Diritti Umani. In base ad esse “nessuno può essere trasferito, espulso o estradato verso uno Stato dove esiste il serio pericolo che la persona sarà condannata a morte, torturata o sottoposta ad altre forme di punizione o trattamento degradante o disumano”. Ma queste Convenzioni vengono violate.

     
    E’ il caso dei respingimenti in Libia dall’Italia, secondo un accordo tra questi due Paesi, senza valutare la possibilità che vi siano “rifugiati o persone in qualche modo vulnerabili”. In Libia – spiega mons. Marchetto - esistono centri di detenzione e di rimpatrio dove le condizioni variano da accettabili a disumane e degradanti. E l’accesso a questi centri è difficile per cui è arduo monitorare il rispetto in essi dei diritti umani, tenendo poi conto che tale Paese non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951, né al relativo Protocollo del 1967, e non riconosce l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati”.

     
    E’ il caso della deportazione dal territorio spagnolo in Marocco di decine di immigrati irregolari
    “anche se molte organizzazioni”, compreso l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, “ritenevano che vi fossero tra essi richiedenti asilo”.

     
    Mons. Marchetto ribadisce quindi la sua condanna di chi non osserva il principio di non respingimento “che sta alla base del trattamento da farsi a quanti fuggono da persecuzione” e si domanda “se in tempo di pace non si riesce a far rispettare tale principio fondamentale del diritto internazionale umanitario, come si farà a richiederne l’osservanza in tempo di guerra”. Una domanda che “si può estendere alla questione della protezione dei civili durante i conflitti, che viene così indebolita nella sua radice comune umanitaria”.

     
    “Un altro diritto violato nell’atto di intercettare e respingere i migranti sulle coste africane del Mediterraneo – prosegue - è quello al ‘giusto processo’, che comprende il diritto a difendersi, a essere ascoltato, a fare appello contro una decisione amministrativa, il diritto ad ottenere una decisione motivata, e quello di essere informati sui fatti su cui si basa la sentenza, il diritto ad una corte indipendente ed imparziale”. E secondo mons. Marchetto le intercettazioni violerebbero lo stesso “Codice frontiere Schengen” (n. 3), “dove si dichiara che tutte le persone alle quali è stato negato l’ingresso al territorio avranno il diritto di appello. Esso dovrà essere onorato secondo la legge nazionale, mentre lo straniero riceverà per iscritto indicazioni su dove attingere informazioni per trovare persona competente che potrebbe rappresentarlo. Orbene – spiega - le persone respinte non hanno possibilità di esercitare questo diritto d’appello, non sono informate su dove e come esercitare questo diritto, e ancor più, non esiste per loro nemmeno un atto amministrativo che proibisca ad essi di proseguire nel loro viaggio di disperazione per raggiungere acque internazionali e che disponga il ritorno al luogo di partenza o ad un altro destino sulla costa africana”.

     
    “Altri diritti violati – conclude il rappresentante vaticano - sono quelli all’integrità fisica, alla dignità umana e persino alla vita”. Mare Mediterraneo, dunque, mare dei diritti violati.

     
    Proprio ieri è stato presentato a Roma il dossier statistico sull’immigrazione in Italia elaborato dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes: il rapporto ha ribadito che l’immigrazione è un’importante risorsa per il Paese. Alla presentazione c’era anche Genevieve Makeping, giornalista e antropologa camerunense che è riuscita ad avere la cittadinanza italiana dopo 18 anni di lotte burocratiche e dopo 25 anni di residenza nella penisola. Fabio Colagrande l’ha intervistata:

    R. - E’ stata dura, veramente dura. Intanto, perché non ho voluto scorciatoie, non ho voluto sposarmi con un anziano italiano per avere la cittadinanza. E vi posso assicurare che le persone che allora mi consigliavano di farlo erano persone molto per bene, persone che mi amavano, che mi stimavano, che mi dicevano: stai soffrendo tanto, vuoi diventare giornalista, non lo sarai mai se non sei cittadina italiana. E molte altre cose. Non ho voluto scendere a compromessi per raggiungere e realizzare le mie ambizioni. Ci avrò messo un po’ di anni in più però, credetemi, la soddisfazione è tanta.

     
    D. – Lei ha portato anche una proposta in sede di presentazione del dossier?

     
    R. – Sì, è una cosa che scrivevo moltissimi anni fa, è una piccola cosa. Parlavo della visione dell’altro, oggi: un approccio che fa bene a tutti; cioè parlare e affrontare le cose a partire da un altro punto di vista. Io l’ho chiamato il nuovo umanesimo, cioè non dimenticare mai che quando parliamo di questi fatti, noi non stiamo parlando degli altri: stiamo parlando di noi! E’ l’antropologia del noi, dell’uomo allo specchio. Se accolgo lo straniero, il migrante, se faccio stare bene gli altri, in realtà faccio stare bene me stessa. Poi c’è questa grossa bugia di rappresentare il migrante soltanto in riferimento all’insicurezza di un Paese: non è vero! I numeri lo dicono! E’ evidente che chi delinque deve andare in prigione: ovviamente va in prigione secondo la legge dello Stato italiano, ma questo vale per tutti. Il migrante che delinque fa male agli stessi migranti, oltre che a se stesso. La mia proposta è: tutti gli attori – civili, accademici, intellettuali, politici – si siedano attorno ad un tavolo e parlino dal punto di vista di questo nuovo umanesimo di cosa possa essere l’integrazione per l’Italia: è l’unica opportunità che l’Italia ha oggi, perché non ci siano più persone che attraversano il "mare nostro" e che mai arriveranno a destinazione, perché in mare moriranno. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per superare vecchie e nuove divisioni: la nuova Ostpolitik dell’Italia; in prima pagina, un articolo del ministro degli Esteri Franco Frattini.

    Una nuova fase di cooperazione internazionale: l’auspicio di Benedetto XVI durante l’udienza al nuovo ambasciatore dell’Iran presso la Santa Sede.

    L’Afpak vacilla sotto i colpi dei talebani: Gabriele Nicolò sulla situazione in Pakistan e in Afghanistan, logorati dalle continue violenze.

    E’ sempre la stessa musica: in cultura, Marcello Filotei su inni anglicani e cattolici.

    Una poesia gemella che parla in polacco e in irlandese: sull’opera di Jan Twardowski e Patrick Kavanagh i contributi di Andrea Monda, Elena Buia Rutt e Andrea Ceccarelli.

    “Non temiamo la rivoluzione, ma vogliamo la libertà”: Andrea Possieri recensisce una biografia, in tre volumi, di Alcide De Gasperi.

    Alla radice del male: Gaetano Vallini su “Il nastro bianco” di Michael Haneke, Palma d’oro a Cannes.

    La comunicazione punto fermo di ogni piano pastorale: nell’informazione vaticana, il discorso del Papa alla plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

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    Oggi in Primo Piano



    Corsa alle ricchezze dell'Africa: sfruttamento di un continente che vuole alzarsi e camminare

    ◊   “I Padri sinodali rendono grazie a Dio per le abbondanti ricche risorse naturali dell’Africa. Ma essi affermano che i popoli d’Africa, invece di goderli come benedizione e fonte di reale sviluppo, sono vittime di una cattiva gestione pubblica da parte delle locali autorità e dello sfruttamento da parte di poteri stranieri”. È quanto si legge nella Proposizione finale numero 29 del secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, conclusosi domenica scorsa. Un problema, quello delle risorse naturali, molto pressante per l’Africa: basti pensare che, secondo studi recenti, le ricchezze minerarie del continente valgono oltre 46 mila miliardi di dollari, pari a 13 volte il reddito annuale della Cina. Basterebbe il 12% di questa somma per dotare l’Africa di infrastrutture a livello europeo. Ma quali sono, nello specifico, le risorse naturali africane? Isabella Piro lo ha chiesto al prof. Angelo Turco, docente di Geografia politica e culturale presso l’Università dell'Aquila.

    R. – Principalmente petrolio, l’oro, il rame, pietre preziose come diamanti, minerali che oggi hanno un valore economico e strategico decisivo per la fabbricazione di microconduttori, microprocessori, come il coltan. E poi, ci sono le risorse naturali legate alla flora, alle foreste, le risorse faunistiche, animali immessi nel circuito legale o clandestino internazionale.

     
    D. – Quali sono le cause che impediscono all’Africa di essere autonoma, di gestire quindi materialmente tante di queste ricchezze?

     
    R. – Le cause sono di due tipi. Cause esterne, legate quindi alle dinamiche internazionali, ai corsi dei mercati e quindi delle materie prime che vengono decisi nelle grandi piazze finanziarie americane ed europee, e dinamiche politiche legate all'attenzione e all’interesse che gli Stati manifestano per le ricchezze africane. In mezzo, tra economia e politica, ovviamente, ci sono le multinazionali che perseguono strategie di sfruttamento assolutamente centrate sui propri interessi e certamente non su quelli africani. Però, vorrei ricordare con molta forza le ragioni interne: l’Africa è bloccata economicamente perché è bloccata politicamente. I regimi africani continuano ad essere regimi, con un contenuto antidemocratico e autoritario molto forte che impediscono lo svolgimento delle attività economiche nella piena trasparenza delle regole giuridiche ma anche di mercato e favoriscono filiere corruttive che sono intimamente legate all’esercizio del potere politico e impediscono un regolare svolgimento della produzione di ricchezza, e soprattutto della sua distribuzione.

     
    D. – In una delle Proposizioni finali del Sinodo si ribadisce che c’è una connessione tra lo sfruttamento delle risorse naturali, il traffico di armi e l’insicurezza volutamente mantenuta. Come uscire, secondo lei, da questo circolo vizioso?

     
    R. – Attraverso una restaurazione della politica. Il blocco dei meccanismi che assicurano la trasparenza, la partecipazione dei cittadini, il coinvolgimento della società civile, crea zone vastissime di ombra all’interno delle quali avviene di tutto: traffici illegali di armi, droga, di esseri umani e soprattutto di bambini …

     
    D. – C’è il rischio che si verifichi una nuova corsa all’Africa?

     
    R. – La corsa all’Africa è già in atto, forse non è mai cessata! Oggi, dal punto di vista dell’economia e della circolazione delle informazioni, la globalizzazione ha aperto prospettive nuove nelle quali le pratiche di dominazione in Africa, e quindi la corsa all’Africa, si stanno svolgendo.

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    Giornata mondiale dell'ictus cerebrale: 6 milioni i morti ogni anno

    ◊   Ogni anno nel mondo, sono sei milioni le persone che muoiono di ictus. In Europa, l'ictus rappresenta la prima causa di disabilità a lungo termine ed è la terza causa di morte. Ogni 20 secondi una persona è colpita da ictus cerebrale. Sono i numeri drammatici di questa patologia, diffusi oggi in occasione della V Giornata mondiale per la lotta all'Ictus cerebrale. Il tema della ricorrenza, "Ictus, cosa posso fare io?", punta a sensibilizzare i governi, la società civile come le singole persone sulla realtà di questa malattia. Intervistato da Eliana Astorri, il prof. Vincenzo Di Lazzaro, dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, si sofferma sulle caratteristiche dell'ictus cerebrale:

    R. - Una patologia dai numeri drammatici, che sta diventando una seconda causa di morte, oltre che essere causa di invalidità e demenza. Quello che accade è che in genere per l’occlusione dei vasi, a volte per un’emorragia, non arriva il sangue ad un’area cerebrale e la funzione di quell’area del cervello si spegne e quindi compare la paralisi oppure il disturbo a parlare, il disturbo della sensibilità o della vista.

     
    D. - Quali sono le cause?

     
    R. - Le cause sono molteplici. Tra i fattori di rischio più importanti vi è l’ipertensione, il diabete, i valori elevati di colesterolo e anche il fumo, che è un’importante causa, un fattore che può essere correggibile. Altre volte invece è un’aritmia del cuore che porta alla formazione di coaguli all’interno del cuore, che prendono la via dei vasi cerebrali e vanno a chiudere proprio un vaso cerebrale. Meno frequentemente, vi è la rottura di un vaso cerebrale e quindi un’emorragia cerebrale che può essere drammatica.

     
    D. - E l’ereditarietà?

     
    R. - Esiste sicuramente una serie di fattori che sono influenzati dall’ereditarietà. Direi che è una di quelle patologie nelle quali l’ereditarietà è l’elemento principale.

     
    D. - Per età e sesso, quali sono le persone che maggiormente sono a rischio?

     
    R. - L’incidenza di ictus aumenta notevolmente con il progredire degli anni. Per quanto riguarda il sesso, vi è una prevalenza di quello maschile ma, tutto sommato, la tendenza è verso l’unitarietà. Non dobbiamo comunque dimenticare che l’ictus è presente anche tra i giovani e anche qui è un’importante causa sia di invalidità che di morte.

     
    D. - Quali sono i sintomi?

     
    R. - I sintomi sono variabili, dipende dalla parte del cervello, che viene ad essere interessata. Quella più comune è la paralisi improvvisa di una metà del corpo. Altre volte vi può essere un disturbo improvviso di campo visivo, vi può essere un formicolio che compare anche questo su un lato del corpo. A volte, però, i disturbi sono transitori e questo purtroppo porta decisamente a sottovalutare i sintomi da parte del paziente, a non recarsi immediatamente al pronto soccorso, che può essere invece una condizione che porta al recupero completo della funzione neurologica.

     
    D. - Cosa fare ad ictus avvenuto, sia dal punto di vista chirurgico, farmacologico e riabilitativo, ovviamente considerando il livello di gravità dello stesso?

     
    R. - Oggi, abbiamo molte strategie terapeutiche. E’ una di quelle patologie in cui sicuramente facciamo meno di quello che si potrebbe fare. Esistono terapie efficaci che non vengono utilizzate per una serie di ragioni, e parliamo di prevenzione, che sicuramente spesso si trascura, di ipertensione, diabete ed altri fattori di rischio. Ma anche per l’ictus in fase acuta abbiamo terapie estremamente efficaci come la trombolisi, che consiste nello sciogliere il coagulo che chiude il vaso cerebrale. Questa terapia però può essere effettuata solamente nelle prime ore dopo l’ictus, altrimenti i rischi sono superiori ai benefici. Purtroppo, l’arrivo in pronto soccorso è spesso estremamente ritardato per la mancanza di consapevolezza della gravità della patologia, perché non dà dolore e quindi crea un minore allarme. Quindi, è una piccolissima quota dei pazienti che ha la possibilità di accedere a questa terapia, che è efficace e ha cambiato completamente la possibilità di recupero, incrementandola notevolmente. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Le Giornate dell'Interdipendenza a Firenze

    ◊   Riflettere sulla crisi economica, la salvaguardia del creato e la pace nell’ottica dell’interdipendenza del pianeta. E’ l’obiettivo de “Le giornate dell’Interdipendenza 2009”, promosse oggi e domani a Firenze da Acli, Comunità di Sant’Egidio, Legambiente, Focsiv, Movimento politico per l’unità dei Focolari e Regione Toscana. Tra gli interventi quello del cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, e presidente di Caritas Internationalis, e quello del fondatore delle “Giornate”, il politologo statunitense, Benjamin Barber. Al microfono di Paolo Ondarza il presidente delle Acli, Andrea Olivero, spiega le motivazioni dell’iniziativa.

    R. – Questa iniziativa parte dall’idea del professor Barber, negli Stati Uniti, il giorno successivo alla tragedia dell’11 settembre, quando ci siamo scoperti tutti più vulnerabili ma anche tutti più interconnessi. Noi siamo convinti che riproporre il tema dell’interdipendenza sia un modo per cercare di uscire insieme dalle problematiche.

     
    D. – Oggi si ragiona di più in termini di indipendenza, piuttosto che di interdipendenza...

     
    R. – Sì, purtroppo pur alla luce della crisi economica, si continua a ragionare a compartimenti stagno e soprattutto a pensare che la riuscita di un Paese possa essere fatta a scapito degli altri. Questo, appunto, è un assurdo.

     
    D. – Forse invece una logica dell’interdipendenza potrebbe aiutare ad avere una visione più complessiva e quindi coinvolgere anche quei Paesi che da soli non ce la possono fare – penso all’Africa …

     
    R. – Sì. Come ci ha ricordato Papa Benedetto XVI nell’Enciclica “Caritas in veritate” c’è un problema, in questa crisi, che è dato dalla mancanza di fraternità. Se noi non entriamo in una logica di fraternità, il dono anche come elemento all’interno del sistema economico, difficilmente noi riusciremo ad uscire dalla crisi in maniera stabile.

     
    D. – Quanto i temi toccati, affrontati nel recente Sinodo per l’Africa, possono andare nella stessa direzione in cui voi state andando con queste giornate dell’interdipendenza?

     
    R. – Ci sono moltissimi punti di contatto. Innanzitutto, il partire dalla volontà dei popoli di autodeterminarsi attraverso un processo che però veda la solidarietà attiva e fattiva degli altri popoli; una solidarietà che parta dal riconoscimento di fratellanza.

     
    D. – Le passate edizioni della Giornata dell’interdipendenza vi hanno dato soddisfazione? Avete raccolto risultati significativi?

     
    R. – Soprattutto, abbiamo abbattuto degli steccati e superato pregiudizi. Una certa visione dell’Africa, una certa visione della Cina sono cadute a fronte delle riflessioni di merito che abbiamo potuto compiere. E’ importante per noi entrare nel dialogo diretto con i soggetti e avviare una riflessione, un incontro, un confronto per verificare come ciascuno stia oggi affrontando le questioni e in molti casi, così facendo, si scopre che vi sono tanti più punti di congiunzione piuttosto che differenze incolmabili.

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    I Giardini Vaticani descritti in un libro dal loro responsabile, Vincenzo Scaccioni

    ◊   Giardini Vaticani, ovvero quando la natura diventa “arte” botanica, esaltata da una pregiata resa estetica. E’ quanto racconta e descrive il volume, intitolato per l’appunto “I Giardini Vaticani”, dell’agronomo Vincenzo Scaccioni, che dei Giardini del Papa è il massimo responsabile. A rendere la bellezza dell’oasi verde nel cuore di Roma contribuiscono le fotografie di Nik Barlo, che ritraggono atmosfere inedite di un luogo che dal Duecento si è arricchito di opere artistiche e di varietà floreali importanti. A Vincenzo Scaccioni, Antonella Palermo ha chiesto di tracciare un percorso descrittivo del libro.

    R. - Parte ripercorrendo gli eventi storici che hanno caratterizzato i Giardini, le varie evoluzioni, dal momento della loro fondazione. E descrivendo inoltre le varie zone, con le loro caratteristiche botaniche oltre che architettoniche.

     
    D. - Che tipo di giardini sono quelli vaticani dal punto di vista della loro conformazione, della loro struttura?

     
    R. - Sono frutto di secoli d’interventi da parte dei Pontefici, che li hanno caratterizzati secondo i propri usi e le proprie volontà. Oggi - dopo il Rinascimento, periodi di minore tono e una grande ristrutturazione avvenuta negli anni ‘30 dopo il Concordato - con i continui apporti di elementi architettonici e botanici, con significati e simbologie veramente legati al cristianesimo, sono dei giardini religiosi, mariani per la presenza costante di edicole della Vergine, a partire dalla grande grotta di Lourdes.

     
    D. - Si parla di giardini "all’italiana", di giardini "alla francese": come si caratterizzano i Giardini Vaticani?

     
    R. - In un territorio così piccolo - che è di 44 ettari dei quali circa 22 di giardino - al centro di una grande città come Roma, coesistono più stili che possono essere soprattutto il giardino all’inglese, ma con una eccellente citazione di giardino all’italiana che ricorda veramente le grandi terrazze del giardino del belvedere. Poi, c’è un giardino alla francese caratterizzato da splendide fioriture che rinnoviamo periodicamente ed abbiamo delle nascenti sfumature come, per esempio, il viale che accoglie dei ciliegi giapponesi donati al Santo Padre Giovanni Paolo II, nel 2003, per ricreare l’atmosfera orientale in occasione della nascita di una nuova città giapponese. Tale città aveva un’ispirazione cristiana e in questo modo ha voluto essere vicina al Santo Padre: quelle donate erano varietà conservate e tramandate da shogun convertiti al cristianesimo.

     
    D. - Qual è stato il Pontefice più legato ai Giardini Vaticani?

     
    R. - Tanti sono stati i Pontefici, nei secoli, che ne hanno fatto un luogo importante di riposo e di frequentazione. In epoca moderna, certamente, possiamo ricordare il grande Papa Pio XI, che ha ristrutturato e impostato tutta la Città del Vaticano e per Giardini ha impiegato veramente tante energie e attenzione, intervenendo proprio personalmente nella strutturazione delle zone. Anche Pio XII, Giovanni XXIII sono esempi di grande attenzione ai Giardini Vaticani fino all’attuale Santo Padre, Benedetto XVI che è solito, come era solito anche da cardinale, frequentarli.

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    Chiesa e Società



    Anno contro la povertà: 80 milioni di europei a rischio

    ◊   Sono circa 80 milioni le persone considerate a rischio di indigenza nell’Unione europea: il dato è riferito dalla Commissione nel giorno in cui si svolge nella capitale belga un seminario dal titolo “La povertà: tra realtà e percezione. La sfida della comunicazione”, in vista del 2010 Anno per la lotta contro la povertà, cui parteciperanno 400 iscritti fra politici, giornalisti, Ong e ricercatori. Il presidente dell’Esecutivo, impegnato a preparare il summit di oggi e domani con i 27 capi di Stato e di governo dell’Unione, pronuncerà via video la sua allocuzione. Tornando ai dati diffusi dall’Esecutivo, il “rischio povertà”, che riguarda circa il 16% della popolazione comunitaria, è più elevato in alcuni paesi e meno in altri a seconda del reddito medio pro capite e del potere di acquisto. Si considera, stando a questi dati ripresi dall'agenzia Sir, che nei Paesi Bassi e nella Repubblica ceca il pericolo di indigenza e di esclusione sociale riguardi il 10% degli abitanti; il dato sale all’11% in Svezia e Slovacchia, al 12 in Austria, Danimarca, Ungheria e Slovenia. I rischi maggiori si registrano in Romania (25% di popolazione a rischio), Bulgaria (22), Lettonia (21), Italia, Spagna, Grecia (20). (R.P.)

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    Cina: visita a Pechino di una delegazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese

    ◊   Le Chiese della Cina devono avere un ruolo importante nell’ambito della comunione fraterna delle 349 Chiese mondiali che fanno parte del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Coe): è quanto ha affermato il pastore Samuel Kobia, segretario generale del Coe in visita in Cina. Incontrando il presidente del Consiglio Cristiano della Cina, il pastore Gao Feng a Pechino, il pastore Kobia ha sottolineato che in ragione del ruolo attuale della Cina sulla scena internazionale, non è solo sul piano politico ed economico che il Paese ha un peso importante. “Uno dei problemi è che dobbiamo formare di più i pastori” ha detto Gao Feng, dichiarando che in alcuni luoghi vi sono comunità di almeno 40 mila cristiani che non hanno un pastore. Per questo motivo le Chiese hanno dovuto fare appello ai laici, tanto che circa 150 mila persone stanno offrendo il loro contributo ma senza alcuna formazione teologica. Il Consiglio Cristiano della Cina incoraggia poi le Chiese e i consigli locali ad impegnarsi nell’ambito sociale e comunitario, poiché di tratta di “un buon mezzo per proclamare il Vangelo”, ha osservato il pastore Feng. Il presidente del Consiglio Cristiano della Cina ha detto inoltre che una delle sfide che le Chiese devono affrontare oggi è l’apertura ai giovani che dimostrano interesse per il cristianesimo. “Per noi, la difficoltà è provvedere ai loro bisogni pastorali” ha spiegato il pastore Feng sottolineando che, spesso, alcuni giovani cominciano a frequentare la Chiesa ma che smettono se gli insegnamenti che da essa provengono non li interpellano. “Nelle grandi città, la mentalità dei giovani è aperta al cristianesimo e molti ne vogliono sapere di più”, ha concluso il pastore Feng. E la settimana scorsa il pastore Kobia, oltre alla Cina, ha visitato la Corea del Nord e a Pyongyang si è intrattenuto con il presidente del Presidio dell’assemblea popolare suprema della Repubblica popolare democratica di Corea Kim Yong-nam che sulla questione del nucleare ha dichiarato che un faccia a faccia tra Corea del Nord e Stati Uniti potrebbe contribuire al superamento dell’impasse nel quale si trova il dossier delle armi nucleari nella regione. (T.C.)

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    Ecumenismo: ad Ausburg si ricordano i 10 anni della Dichiarazione sulla Giustificazione

    ◊   Diverse manifestazioni commemorative si terranno a Augsburg, in Germania, domani ed il 31 ottobre, per celebrare la Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione (JDDJ) siglata nella cittadina tedesca dieci anni fa, il 31 ottobre 1999, dalla Federazione Luterana Mondiale (LWF) e dalla Chiesa cattolica romana. La dichiarazione - scrive l'agenzia Sir - rappresentava il frutto di numerosi dialoghi intercorsi tra i luterani e cattolici ed è un'importante pietra miliare in campo ecumenico. Con il documento – si legge in un comunicato congiunto diffuso per la presentazione delle celebrazioni commemorative – “la Federazione Luterana Mondiale e il Vaticano affermavano che le ripetute condanne reciproche, avvenute per secoli in materia di giustificazione, non sarebbero più state oggetto della dottrina delle rispettive chiese”. Nel 2006, la dichiarazione è stata siglata anche dalle Chiese appartenenti al Consiglio mondiale delle Chiese metodiste. Le celebrazioni commemorative prenderanno solennemente il via domani alle ore 19 e 30 nella “Golden Hall” del municipio di Augsburg. Dopo il saluto del sindaco, Kurt Gribl, prenderanno la parola il vescovo Johannes Friedrich di Monaco, della Chiesa evangelica luterana di Germania e mons. Walter Mixa, vescovo cattolico della diocesi di Augsburg. Interverranno quindi il cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e Ishmael Noko, segretario generale uscente della Federazione Luterana Mondiale. Il 31 ottobre dalle ore 9, il simposio continuerà con gli interventi del vescovo metodista di Walter Klaiber di Tubinga e del già presidente della Conferenza episcopale tedesca, il cardinale Karl Lehmann. Al cardinale Kasper e al rev. Noko sono affidate le conclusioni. La commemorazione terminerà con una celebrazione ecumenica nella cattedrale di Ausburg. (R.P.)

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    Il direttore dell'Osservatore Romano respinge le critiche di Küng al Papa

    ◊   “Ancora una volta una decisione di Benedetto XVI torna a essere dipinta con tinte forti, precostituite e soprattutto lontanissime dalla realtà”. E’ il commento del direttore dell’Osservatore Romano, Gian Maria Vian, ad un articolo di Hans Küng, il teologo svizzero “antico collega e amico” del Papa, rilanciato con clamore in Inghilterra da “The Guardian” e in Italia da “La Repubblica”. Lo stesso Papa nel 2005, solo cinque mesi dopo la sua elezione, - ricorda Vian - “volle incontrare in amicizia” Küng, nonostante non fosse più considerato dalla Santa Sede un teologo cattolico. Da allora più volte Küng, “infallibilmente ripreso da influenti media, è tornato a criticare, con asprezza e senza fondamento, Benedetto XVI”. Come fa adesso, “a proposito dell'annuncio, davvero storico, da parte della Santa Sede della prossima costituzione di strutture canoniche che permetteranno l'entrata nella comunione con la Chiesa cattolica di molti anglicani”. Un gesto “volto a ricostituire l'unità” - ribadisce il direttore del quotidiano vaticano - ma che “viene distorto e rappresentato enfaticamente come se si trattasse di un'astuta operazione di potere da leggersi in chiave politica, naturalmente di estrema destra”. Vian definisce quella di Küng “una rappresentazione tanto fosca quanto infondata della Chiesa cattolica e di Benedetto XVI”, esprimendo “amarezza” di fronte a questo “ennesimo gratuito attacco alla Chiesa di Roma e al suo indiscutibile impegno ecumenico”. (R.G.)

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    Verso la cooperazione governo-ribelli per liberare padre Sinnot rapito nelle Filippine

    ◊   Nelle Filippine, sono in corso trattative tra rappresentanti del governo e del Fronte Moro di liberazione islamica (Milf) per cooperare nelle ricerche di padre Michael Sinnott, il missionario di San Colombano, 78 anni di origine irlandese, rapito lo scorso 11 Ottobre a Pagadian, nel sud del Paese. Lo riferisce l’agenzia Misna. “Continuo a pregare i sequestratori perché considerino l’età del nostro confratello e le sue precarie condizioni di salute” - ha dichiarato padre Patrick O’Donoghue, superiore regionale della comunità di San Colombano - smentendo anche qualunque contatto diretto con i rapitori. “Non siamo in trattativa con nessuno – ha proseguito – ci affidiamo alle autorità e alla compassione di chi ha portato via padre Michael”. Preoccupazioni fatte proprie dalla comunità islamica filippina che in un comunicato firmato dalla Conferenza nazionale degli ulema e dal Consiglio per l’islam e la democrazia ha chiesto l’immediato rilascio del missionario. Secondo alcune fonti riportate dalla Conferenza episcopale delle Filippine padre Michael avrebbe ricevuto le medicine di cui ha bisogno e si troverebbe in una remota area a Lanao del Norte. Intanto ieri i confratelli di padre Sinnot hanno vissuto una speciale Giornata di digiuno e preghiera per implorare da Dio la sua liberazione. In tutto il mondo, nelle case, nei conventi, nelle parrocchie, nelle scuole e negli istituti dove operano a livello pastorale i missionari di San Colombano, sono state organizzate speciali Veglie di preghiera che hanno registrato una massiccia partecipazione di religiosi e laici. (R.G.)

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    Filippine: per timori di attentati cancellate a Jolo le Messe dell'1 e 2 novembre

    ◊   Timore di nuovi attentati nelle Filippine. Mons. Angelito Lampon, vicario apostolico di Jolo, ha per questo cancellato le Messe per le festività dei Santi e dei defunti, in programma l’1 e il 2 novembre. La decisione – riferisce l’agenzia AsiaNews - è stata presa in seguito all’attentato alla cattedrale di Nostra Signora del Monte Carmelo di martedì scorso, quando il lancio di una granata ha danneggiato parte dell’edificio, fortunatamente senza provocare vittime. La stessa cattedrale è stata infatti già oggetto di un altro attacco, il 7 luglio scorso, che ha causato la morte di sei persone ed il ferimento di una quarantina. La città di Jolo, capoluogo della provincia di Sulu, nel sud delle Filippine, è un’area a maggioranza musulmana, teatro in passato di attentati e violenze. Nella zona sono attive le bande di Abu Sayyaf, movimento fondamentalista islamico filippino legato ad al Qaeda. (R.G.)

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    Indonesia: ancora violenze a Jakarta contro gli studenti cristiani di teologia

    ◊   La polizia di Jakarta ha cacciato gli studenti dell’Istituto teologico cristiano Arastamar (Stt Setia) dai terreni dell’ex municipio di West Jakarta. I ragazzi vi svolgevano le lezioni dopo essere stati allontanati con la forza - nel luglio del 2008 - dal loro campus a Kampung Makassar, ad est della capitale. Il raid delle forze dell’ordine è iniziato lunedì scorso. Al termine di una tre giorni di scontri e di proteste dei cristiani per l’ennesima espulsione, un gruppo di studenti e alcuni insegnanti sono stati incriminati con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Cinque gli studenti arrestati, in attesa di provvedimenti della magistratura indonesiana. Nell’estate del 2008 una folla di musulmani inferociti aveva assaltato l’originaria sede dell’Istituto teologico cristiano, a East Jakarta. Dopo il raid, circa 1500 studenti hanno dovuto abbandonare l’edificio, rifugiandosi in un primo momento nel vicino quartier generale della polizia e nella sede di un partito politico di ispirazione cristiana. Il Setia, istituto protestante per gli studi biblici fondato nel 1987 dal pastore Mathew Mangentang, ha oltre 29 sedi sparse per il Paese e nella sola sede di Jakarta ospitava migliaia di studenti. Scampati alle violenze dei fondamentalisti islamici, studenti e professori hanno allestito una scuola di fortuna nella sede dell’ex ufficio governativo, a West Jakarta. Tale edificio però era da tempo disputato fra la municipalità e la fondazione Sawerigading. Di recente la Corte suprema indonesiana ha sancito che la proprietà dei terreni e dell’edificio è della fondazione. In seguito alla sentenza, le forze dell’ordine hanno attuato il provvedimento di sgombero, nonostante le resistenze dei giovani cristiani. Sukowaluyo Mintorahardjo, leader di Setia, smentisce con forza l’accusa secondo cui l'istituto avrebbe falsificato i documenti per la costruzione degli edifici, come avanzato da alcune personalità musulmane. In realtà - scrive l'agenzia AsiaNews - la zona dove sorge l’Istituto teologico cristiano Arastamar (Stt Setia), ha un elevato valore commerciale ed è nelle mani di una singola impresa di costruzioni. (R.P.)

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    India: nel Gujarat lo Stato controllerà le assunzioni anche nelle scuole cattoliche

    ◊   Le scuole del Gujarat devono ottenere l’autorizzazione del governo prima di assumere professori e personale non docente. A sancirlo è una lettera circolare del governo guidato dall'estremista indù Narendra Modi e confermata dalla Corte suprema dello Stato. In essa si ordina agli istituti che ricevono finanziamenti statali di presentare all’autorità pubblica i nomi dei candidati a nuovi posti di lavoro prima di assumerli. Il decreto mira a garantire l’adeguata preparazione del personale docente delle scuole dello Stato e ad evitare gli esuberi. Ma le minoranze temono che esso offra ampio spazio di interferenza nella gestione degli istituti. Padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale indiana (Cbci), esprime ad AsiaNews la perplessità della Chiesa per questa novità: “Da un lato - dice - la logica che sta dietro la mossa del governo sembra avere delle buone ragioni dall’altra può dar adito ad un aumento spropositato di pressioni e controlli da parte da soggetti senza scrupoli che in questo modo possono intaccare l’autonomia delle istituzioni nel reclutare ed assumere i loro staff”. Il portavoce della Cbci afferma che “il timore che gli istituti possano avere organico in eccesso e non qualificato è infondato”. Padre Babu sottolinea anzi che “molte scuole delle aree rurali rischiano di chiudere per la mancanza di fondi e di personale” e che “il governo dovrebbe affrontare seriamente questo problema”. Padre Babu Joseph non nasconde l’inquietudine della Chiesa, già preoccupata per la nuova legge nazionale sulla educazione varata da New Delhi all’inizio di agosto che stabilisce la presenza di rappresentanti dello Stato negli organi gestionali di tutti gli istituti. Anche in questo caso la Chiesa comprende “le buone intenzioni del governo – dice padre Babu – ma non nasconde che la legge è una seria preoccupazione per le oltre 10mila istituzioni cattoliche presenti nel Paese”. Il pericolo che in alcuni Stati certe amministrazioni usino la legge per interferire nella vita degli istituti è reale. In Kerala, nello Jammu e Kashmir e nello stesso Gujarat casi di ingerenza da parte di politici locali sono frequenti. (R.P.)

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    Sudafrica: le Chiese cristiane si impegnano con lo Stato nell’affrontare Aids e criminalità

    ◊   I leader delle Chiesa del Sudafrica hanno incontrato martedì scorso a Gauteng il Ministro della Salute, Aaron Motsoaledi e il Commissario della polizia nazionale, Bheki Cele nel corso della “National Church Leaders consultation”, che si svolge due volte l’anno e al quale partecipano la maggior parte dei capi delle confessioni cristiane e delle Chiese del Sudafrica. Si tratta di un forum di discussione su questioni che interessano la nazione. Nel corso dell'incontro il Ministro Motsoaledi ha descritto la diffusione del virus Hiv e dell’Aids come un “flagello che tormenta la nazione”. Il Ministro della Salute - riferisce l'agenzia Fides - ha presentato dei dati allarmanti sulla diffusione prenatale dell’Hiv che in alcuni distretti si avvicina al 45% dei neonati. Anche la mortalità è in aumento. Secondo il Ministro, questioni come la diffusione del virus HIV tra donne in gravidanza, il forte tasso di mortalità generale e in particolare di quella infantile, richiedono una mobilitazione di tutti per effettuare test di massa, per offrire cure ai malati e per sensibilizzare la popolazione sulla prevenzione. Per questo il Ministro ha chiesto alle comunità ecclesiali di intensificare i loro sforzi per costruire una società più sana e solidale. “Ci accingiamo a ridurre la criminalità in Sudafrica” ha detto il commissario della polizia nazionale Bheki Cele, sottolineando la necessità che i sudafricani lavorino uniti. Il dirigente della polizia ha esortato i leader cristiani a farsi carico del compito di rafforzare la morale e l'etica delle persone nelle loro comunità ecclesiali. Egli ha sollecitato anche una maggiore attenzione per la famiglia. Il commissario ha concluso il suo intervento sollecitando i leader delle Chiese a lavorare con il governo per liberare il Paese dalla criminalità, predicando contro il crimine, convincendo i genitori e le comunità a smettere di proteggere i loro figli e i loro membri che hanno commesso dei reati. Le comunità cristiane hanno inoltre un compito importante nell’affrontare la piaga delle violenze domestiche. I leader cristiani si sono impegnati a lavorare insieme con il Dipartimento della Salute e le forze di polizia, attraverso degli appositi gruppi di contatto. (R.P.)

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    Zimbabwe: allarme delle Chiese per la crisi del governo di unità nazionale

    ◊   Si rischia “un bagno di sangue” in Zimbabwe, dopo la rottura delle relazioni tra il Primo ministro Morgan Tsvangirai e il Presidente Robert Mugabe e il suo partito, Zanu-Pf. Lo affermano le maggiori confessioni cristiane del Paese in un comunicato pubblicato dall’Alleanza Cristiana dello Zimbabwe, - ripreso dall'agenzia Fides - della quale fanno parte cattolici, anglicani, evangelici e pentecostali. “Noi, Alleanza Cristiana dello Zimbabwe, abbiamo ricevuto con inquietudine la notizia della disputa tra il Movimento per il Cambiamento Democratico (Mdc, il partito di Tsvangirai) e l’Unione Nazionale Africana dello Zimbabwe-Fronte Patriottico (Zanu-Pf, il partito di Mugabe). “Temiamo che questo possa essere il segno di una prima tappa verso la disintegrazione e il fallimento del governo di unità nazionale. Siamo preoccupati per il fatto che il crollo del governo possa scatenare delle violenze generalizzate nel Paese, che avranno un impatto negativo sulla regione” afferma il comunicato. Il governo di unità nazionale è stato costituito nel febbraio di quest'anno dopo un lungo scontro politico, sfociato spesso in scontri e violenze, tra il Presidente Mugabe e il principale esponente dell’opposizione, Tsvangirai. Quest’ultimo contestava la vittoria al primo turno di Mugabe delle elezioni presidenziali del marzo 2008. Grazie alla mediazione della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Australe venne raggiunto un accordo per la condivisione dei poteri (Presidente Mugabe e Premier Tsvangirai) e la formazione di un governo di unità nazionale. Dopo mesi di coabitazione difficile, il 16 ottobre il Movimento per il Cambiamento Democratico, ha annunciato il parziale boicottaggio delle attività di governo accusando il partito del Presidente, lo Zani-Pf “di essere un partner inaffidabile e disonesto”. Da allora i Ministri dell’Mdc boicottano le riunioni del governo. (R.P.)

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    Congo: a Bukavu marcia contro l'insicurezza. Ricordato l'arcivescovo ucciso nel 1996

    ◊   Contro lo stato di “insicurezza permanente” in atto nella regione hanno manifestato pacificamente ieri centinaia di abitanti di Bukavu - capoluogo del Sud-Kivu - esponenti della società civile nonché sacerdoti e religiose. “L’obiettivo della manifestazione – ha detto all'agenzia Misna padre Justin Nkunzi, della Commissione diocesana Giustizia e Pace – era di consegnare al governatore il memorandum della società civile sul ritorno della violenza e la necessità di ristabilire la giustizia”. Giunta fino agli uffici delle autorità provinciali, la marcia era partita dalla Piazza Christophe Munzihirwa, intitolata alla memoria del defunto vescovo di Bukavu, di cui ricorre oggi il 13esimo anniversario dell’uccisione. Per commemorare il “martire di Bukavu”, trovato morto sulla piazza (già piazza Nyawera) ucciso da colpi d’arma da fuoco sparati da uomini in divisa, i cui nomi sono tuttora ignoti, la Chiesa di Bukavu ha previsto una messa, una processione, testimonianze e la visita alle tombe dei vescovi di fronte alla cattedrale Nostra Signora della Pace. Ricordato per la sua franchezza e le sue prese di posizione per la pace nella regione, monsignor Munzihirwa era stato nominato arcivescovo nel 1994, mentre dall’altro lato del confine con il Ruanda si consumava il genocidio e affluivano in Congo decine di migliaia di profughi. L’anno della sua morte, il 1996, segnò l’inizio di una stagione di guerra nel Paese i cui contraccolpi si sentono ancora oggi. Le sofferenze delle popolazioni nell’est della Repubblica Democratica del Congo sono state denunciate più volte durante il Sinodo dei vescovi sull’Africa, concluso a Roma nei giorni scorsi, anche attraverso un messaggio di solidarietà dei padri sinodali. L’attuale arcivescovo di Bukavu, monsignor François Xavier Maroy Rusengo, ha lasciato i lavori del Sinodo prima della loro conclusione per tornare tra i fedeli del Sud-Kivu in comunione di preghiera. (R.P.)

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    Kenya: nota dei vescovi sull’abito degli studenti musulmani nelle scuole cattoliche

    ◊   La Conferenza episcopale del Kenya (Kec) protesta contro la decisione del governo di permettere agli studenti musulmani di indossare abiti religiosi nelle scuole cattoliche non statali e finanziate da sponsor, anche senza consultare la direzione. In una nota a firma di mons. Philip Anyolo, Presidente della Commissione per la pastorale, l’apostolato dei laici e la vita familiare della KEC, la Chiesa ricorda che, lo scorso luglio, i presuli hanno scritto una lettera al governo proprio su questa problematica, ma che la missiva è stata ignorata, mentre l’esecutivo è andato avanti nel varare questa controversa normativa. “La necessità di consultazione e di dialogo – ricorda mons. Anyolo, citando la lettera di luglio – nasce dal fatto che la Chiesa cattolica ha tradizioni religiose proprie, una disciplina ed una filosofia educativa amate e riconosciute in tutti gli istituti scolastici cattolici”. Quindi, “la Chiesa cattolica deve essere coinvolta in tutte le decisioni che la riguardano direttamente o indirettamente. – continua mons. Anyolo – Al contrario, la direttiva è stata varata senza tenere in considerazione il punto di vista né della Chiesa cattolica né delle altre Chiese cristiane”. Inoltre, la Kec fa notare che “il riconoscimento di ogni emblema religioso è e dovrebbe essere soggetto alla consultazione degli sponsor delle rispettive scuole. Altrimenti, ciò significa che il loro ruolo non viene più riconosciuto dal ministero dell’Educazione e questo è contro la legge sull’educazione del 1968”. Infine, la Chiesa cattolica chiede che, in materia di abiti religiosi, i suoi diritti e le sue osservazioni vengano rispettati e la tematica sia soggetta al dialogo tra tutti gli interessati, con l’obiettivo di giungere ad un cordiale accordo. (I.P.)

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    Brasile: settimana missionaria per la Chiesa in Amazzonia

    ◊   L’Amazzonia, “immenso e meraviglioso giardino” soffre a causa “di un modello economico che privilegia il lucro sulla vita della popolazione e sul rispetto della natura: disboscamento, incendi, agro-business, incursioni dei mercanti di legname e minerali”. La denuncia – riferisce l’agenzia Misna - arriva dalla Commissione episcopale dell’Amazzonia, promotrice della prima Settimana missionaria per la Chiesa cattolica nella regione brasiliana, in corso fino a domenica prossima. “L’essere umano, che è la maggiore ricchezza dell’Amazzonia, è purtroppo anche quella più minacciata”, scrivono in una nota i vescovi, spiegando il valore dell’iniziativa che ha per tema “Cristo per l’Amazzonia” - tratto da una lettera inviata nel 1972 da Paolo VI ai presuli della regione - e passando in rassegna i principali problemi che affronta il ‘polmone del mondo’, dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse, che provoca migrazione e urbanizzazione disordinata, alla violenza, al traffico di droga. I presuli brasiliani lamentano “uno Stato che si mostra molte volte incapace di mantenere la sovranità sull’Amazzonia, lasciando che si trasformi in un corridoio per l’esportazione, la privatizzazione dell’acqua, la concessione delle foreste” “Esiste - condannano ancora i vescovi - una connivenza scandalosa di alcune autorità in casi di prostituzione infantile, pedofilia, traffico e consumo di droga e l’alcolismo che minaccia la vita in particolare dei popoli indigeni”. Proprio la vicinanza con i popoli nativi, al cui fianco da 35 anni opera il Consiglio indigenista missionario (Cimi), “ci fa percepire - aggiungono i presuli - le situazioni di grave ingiustizia”, tra queste: “la minaccia dei grandi progetti governativi” come “per esempio la costruzione di centrali idroelettriche” e le promesse di sviluppo che questi stessi progetti non hanno mantenuto. Concludono i vescovi brasiliani: “E’ urgente avere cura della creazione come casa comune dell’umanità e fonte di vita per il pianeta; educare a uno stile di vita di sobrietà e austerità solidale; creare, nelle Americhe, la coscienza sull’importanza dell’Amazzonia per tutta l’umanità; unire le forze con organismi che lottano per la preservazione dell’ambiente e per lo sviluppo sostenibile; promuovere una spiritualità ecologica; continuare a denunciare di fronte ai grandi progetti governativi i gruppi economici che non rispettano le popolazioni dell’Amazzonia”. (R.G.)

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    Colombia: la Chiesa chiede misure a sostegno dei cittadini residenti all'estero

    ◊   Nel corso di un incontro di lavoro, ieri, a Bogotà, cui hanno presso parte rappresentanti della “Piattaforma sociale migratoria Hermes” e il Segretariato nazionale per la pastorale sociale dell’episcopato della Colombia, si sono scambiate opinioni ed esperienze sulle possibili strategie da mettere a punto per affrontare il delicato e grave problema dei flussi migratori. Le cifre ufficiali valutano che il 10% - più di 4 milioni - della popolazione totale sia ormai residente all’estero per diversi motivi, anche se, secondo numerose indagini, le cause principali sono due: da un lato l’acuirsi della crisi economica e dall’altro le tante violenze verificatesi in diverse regioni del Paese che hanno determinano un vero esodo. La Chiesa cattolica colombiana e le sue strutture seguono da tempo questo fenomeno con particolare attenzione e in questa cornice, ieri, mons. Héctor Fabio Henao Gaviria, responsabile del Segretariato nazionale per la pastorale sociale è intervenuto per rilevare il bisogno di provvedere a far confluire in proposte uniche i contenuti di diverse iniziative attualmente allo studio: da un lato il cosiddetto “Progetto di legge 070” , al vaglio della Camera dei deputati e altre proposte simili come quelle della “Piattaforma sociale migratoria Hermes”, che raggruppa dal gennaio 2008 una ventina di associazioni territoriali sotto il patrocinio della “Fondazione Speranza”. Questa Piattaforma, da diversi mesi, lavora allo scopo non solo di dare voce ai migranti ma anche per rinforzare le loro organizzazioni che spesso si battono inascoltate, e con pochi mezzi, in favore dei diritti di molti milioni di colombiani oggi costretti a vivere all’estero o sfollati all’interno del territorio nazionale. I partecipanti hanno concordato nel sostenere la necessità, come ha detto mons. Héctor Fabio Henao Gaviria, di camminare verso la creazione di un vero sistema nazionale per dare sostegno e protezione alle popolazioni migranti. Al riguardo una parte importante è stata già avanzata. Infatti, nel progetto allo studio del Parlamento si pone l’enfasi nel riconoscimento e protezione dei diritti effettivi di cui godono i colombiani che emigrano; diritti che si affermano anche nel caso di coloro che dopo un po’ di tempo rientrano dall’estero. Occorre però, secondo l’opinione del presule, che queste persone possano avere anche diritti fuori dal Paese. “I nostri migranti non possono essere visti solo come quelli che inviano rimesse ai loro parenti e alle loro famiglie - ha osservato mons. Héctor Fabio Henao Gaviria - ma devono poter partecipare attivamente nella vita del Paese anche se si trovano a vivere fuori dai confini”. (L.B.)

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    Bolivia: domani la chiusura dell'Incontro del Celam sulla pastorale giovanile

    ◊   Termineranno domani nella città di Cochabamba, in Bolivia, i lavori del XVI Incontro latinoamericano e caraibico dei responsabili della pastorale giovanile della regione, ai quali hanno presso parte 150 persone in rappresentanza di 20 Paesi. I partecipanti, convocati dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), hanno riflettuto ampiamente sulle ultime fasi preparatorie del Terzo Congresso latinoamericano di giovani che si svolgerà in Venezuela (Los Teques) il prossimo anno. Il motto dell’incontro, “Camminando con Gesù accanto ai nostri popoli”, è stato l’asse portante delle riflessioni che hanno proposto ai partecipanti i numerosi vescovi incaricati nelle loro rispettive Conferenze episcopali della pastorale giovanile. Mons. Mariano José Parra, responsabile della Sezione giovanile del Celam, si è soffermato in particolare sul rapporto tra il documento della Conferenza episcopale continentale di Aparecida (maggio 2007) e la vocazione missionaria dei giovani “importanti discepoli di Gesù, chiamati ad essere evangelizzatori di se stessi”. In questa cornice numerosi altri interventi si sono incentrati in particolare, sulla Missione continentale in corso e che, per certi aspetti, si rivolge in gran parte ai giovani che sono tra l’altro la maggioranza della popolazione latinoamericana. Per questo motivo nel corso dei lavori la “condizione giovanile oggi in America Latina” è stata al centro delle discussioni e degli scambi di proposte ed esperienze. Da più parte, i partecipanti, hanno rilevato le non poche difficoltà che i giovani della regione latinoamericana incontrano per la propria realizzazione e, soprattutto, per dare vita alla loro vocazione al matrimonio e alla famiglia. Molte ragioni, vecchie ed endemiche, ma anche altre che si riallacciano alla crisi che colpisce tutti i Paesi del subcontinente, oggi si ergono quali ostacoli alla ricchezza del contributo che le giovani generazioni possono dare al futuro di questi popoli. Molto si è parlato anche sul ruolo e missione dei giovani nelle parrocchie, dove spesso sono la parte più viva e dinamica. Il comunicato conclusivo, dopo la Celebrazione eucaristica che chiuderà domani i lavori, offrirà una sintesi delle numerose proposte che dovranno arricchire la parte finale della preparazione per il terzo Congresso giovanile latinoamericano. (A cura di Luis Badilla)

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    Un sms per inviare buoni pasto del Pam ai rifugiati iracheni in Siria

    ◊   Gli sms, un breve messaggio di testo sul cellulare, per inviare buoni pasto ai profughi iracheni a Damasco: è l’innovativo progetto ideato dal Programma alimentare mondiale (Pam) per aiutare le oltre mille famiglie rifugiatesi nella capitale siriana a causa della guerra in Iraq. Il progetto, il primo del genere, prevede l’invio di un messaggino sul cellulare ogni due mesi, al posto dei tradizionali ‘buoni pasto’. Presentandosi con l’sms nei negozi indicati dal governo, - riferisce l'agenzia Misna - i beneficiari potranno così acquistare, per un totale di 22 dollari a persona, riso, lenticchie, ceci, olio, formaggio e uova. Tutti generi esclusi dalle razioni alimentari destinate alle famiglie bisognose. “Non siamo più costretti a fare lunghi viaggi e mortificanti file per ritirare gli aiuti – dice Tareq, inserito nel progetto pilota – e spero che questo progetto abbia successo e venga diffuso anche in altre città”. Sviluppato in collaborazione con le autorità siriane, il progetto degli “sms in cambio di cibo” prevede una fase pilota della durata di quattro mesi al termine dalla quale potrà essere esteso anche in altre città e zone della capitale. Per il momento, i negozi, “convenzionati” con l’iniziativa si trovano nei quartieri di Jaramaneh e Sayyeda Zeinab, in cui vive la maggior parte dei rifugiati iracheni. Secondo il governo siriano, gli iracheni residenti in Siria sono oltre un milione e 200.000. Di questi oltre 130.000 dipendono interamente dagli aiuti alimentari. (R.P.)

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    I vescovi spagnoli a “El País”: la Chiesa è sempre stata a favore della vita

    ◊   La Conferenza episcopale spagnola (Cee) è sempre stata a favore della vita, a prescindere dalla maggioranza politica al governo: è quanto ribadiscono i vescovi iberici in una nota diffusa ieri. La precisazione arriva a pochi giorni dalla pubblicazione di un editoriale sul quotidiano nazionale “El País”: nell’articolo, intitolato “Protesta calcolata”, si legge che la Conferenza episcopale spagnola interviene sulla questione dell’aborto solo quando è un governo socialista a stabilire una normativa o a pensare di riformarla”. “Una falsità”, rispondono i vescovi, sottolineando che la Cee “non ha mai mancato di ricordare che tutta la vita umana deve essere rispettata come sacra dal concepimento fino alla morte naturale”. “Sono molti i documenti e le dichiarazioni a favore della vita che possono citarsi al riguardo, – continua la nota - ma basti ricordare, come esempio, la Nota della Commissione Permanente del 17 febbraio 2000, quando il Partito Socialista non era ancora al governo. Nella Nota, si afferma che la legislazione sull’aborto vigente in quel momento era gravemente ingiusta e doveva essere abolita”. Quindi, la Cee ribadisce: “Ci sono molte dichiarazioni pubbliche di differenti personalità che riconoscono questa posizione della Chiesa. Una su tutte: il vicepremier, María Teresa Fernández de la Vega, che lo scorso 6 ottobre, in un’intervista, ha detto di rispettare l’atteggiamento della Chiesa cattolica, che ha mantenuto sempre la stessa posizione ed è stata coerente”. Da sottolineare, infine, che l’editoriale di “El País” è stato pubblicato il 13 ottobre. Immediatamente, la Cee ha inviato la sua precisazione, chiedendo che venisse pubblicata il giorno successivo. Poiché ciò non è avvenuto, il 20 ottobre i vescovi hanno avanzato nuovamente la richiesta di pubblicazione, come esercizio del diritto di rettifica. Ma neanche in questa occasione il quotidiano ha diffuso la nota episcopale. A quel punto, la Cee ha provveduto a rendere nota la dichiarazione attraverso il proprio sito Internet. (I.P.)

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    Regno Unito: per la Chiesa gli anziani sono un dono di Dio, non un peso

    ◊   Il numero di posti per anziani nelle case gestite dalla Chiesa nel Regno Unito dovrà aumentare di quasi il 150 per cento per rispondere ai bisogni di una popolazione che conterà, entro 10 anni, 11 milioni di persone oltre i 65 anni. E’ quanto emerge da un rapporto, ripreso dall'agenzia Sir, sui servizi agli anziani offerti da strutture cattoliche. Il rapporto è stato commissionato all’Università del Middlesex da “Caritas Social Action Network”, l’organizzazione che raccoglie tutte le “charities” cattoliche britanniche. Il valore delle residenze gestite dalla Chiesa ha le radici in una comunità che non abbandona gli anziani ma li mette a contatto con generazioni diverse. Il rapporto, che prende in considerazione 30 residenze per anziani e 28 centri di assistenza domiciliare, suggerisce di dare a chi è più avanti nell’età la possibilità di vivere in modo semindipendente a casa propria per un periodo più lungo rispetto ad oggi. “Gli anziani non sono un peso ma un dono - ha detto l’arcivescovo di Birmingham, mons. Vincent Gerard Nichols commentando la ricerca -. Essi hanno diritto alle nostre risorse. Spero – ha aggiunto l’arcivescovo - che la comunità cattolica, con il governo e con le altre agenzie, possa lavorare per sostenere gli anziani”. Per Philippa Gitlin, direttrice di “Caritas Social Action Network” “è necessario fare anche azione di lobby per migliorare la qualità del servizio agli anziani”. (A.M.)

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    Giornata di digiuno e preghiera contro la sperimentazione della pillola abortiva Ru486

    ◊   Domani Giornata di digiuno e di preghiera, in Italia e nel mondo, promossa dell’Apostolato “Giovani per la Vita”, “per chiedere - spiega una nota ripresa dall’agenzia Zenit - la potente intercessione di Maria Ausiliatrice, affinché la sperimentazione della commercializzazione della pillola abortiva Ru486 non abbia inizio”. L’Apostolato ad un anno dalla sua fondazione, si propone la diffusione della difesa della vita, soprattutto attraverso la preghiera dell’adozione spirituale, attento alle urgenze dei tempi attuali. L’invito, partendo dal sito di Facebook, sta facendo il giro del web, dei giornali e della televisione. “Questa Giornata – sottolineano i promotori - vuole anche essere un richiamo all’importante tema della difesa della vita in generale, dal concepimento alla morte naturale”. A supporto dell’iniziativa l’Enciclica Caritas in veritate, laddove Benedetto XVI osserva che “nei Paesi economicamente più sviluppati, le legislazioni contrarie alla vita sono molto diffuse ed hanno ormai condizionato il costume e la prassi, contribuendo a diffondere una mentalità antinatalista, che spesso si cerca di trasmettere anche ad altri Stati come se fosse un progresso culturale”. (R.G.)

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    Fuci: si apre oggi la Scuola di formazione 2009 all'insegna di Alcide De Gasperi

    ◊   Si apre oggi pomeriggio, a Trento, la Scuola di formazione 2009 della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana). “Cercando un fondamento per la ricostruzione. Sull’esempio di Alcide De Gasperi”, il tema. La Federazione - riporta l'agenzia Sir - rifletterà fino a domenica prossima, sull’esempio dello statista considerato uno dei padri della Repubblica italiana, del quale è in corso a Trento la fase diocesana del processo di beatificazione. Sotto la guida di Paolo Pombeni, ordinario di storia dei sistemi politici europei all’Università di Bologna, verranno approfonditi alcuni momenti significativi dell’esperienza politica e umana dello statista trentino, in particolare l’impegno di De Gasperi nella ricostruzione materiale e spirituale di un Paese spento, oberato dal ricordo di vent’anni di dittatura fascista e logorato dalla Seconda guerra mondiale. Con Alfredo Canavero, ordinario di storia contemporanea all'Università di Milano, si focalizzerà l’attenzione sullo sforzo di De Gasperi nella ricomposizione di un sentimento nazionale e di un’architettura istituzionale, mentre con Daniela Preda, docente di storia delle relazioni internazionali presso l’Università degli Studi di Genova, sarà esaminato l’impegno del leader democristiano nella riconquista, per l’Italia, di una credibilità internazionale, attraverso la ripresa dei rapporti atlantici e ponendo le basi del sogno europeo. Durante la tavola rotonda, che si terrà domani pomeriggio, sarà attualizzato l’insegnamento di De Gasperi affrontando il problema della presenza dei cattolici nelle moderne democrazie europee come “minoranza creativa”. Sarà il momento per i fucini di interrogarsi su come possono, come giovani studenti, contribuire a rimettere in moto l’Italia oggi, in un tempo di crisi materiale e di disorientamento morale e in che modo l’Università può proporsi come un “cantiere aperto” per far rivivere il tessuto sociale ed economico – sempre più caratterizzato da relazioni disgregate – delle nostre città e dell’intera nazione. Domande, queste, che si collocano all’interno del percorso che quest’anno vedrà la Federazione impegnata, in un tempo di particolare difficoltà, in uno sforzo di pensiero, di studio e di ricerca, nonché di proposta attiva, che sia frutto dell’ intreccio tra la nostra passione, competenza e creatività. Come tradizione, la Scuola di formazione è inoltre l’occasione per valorizzare il territorio in cui ha agito e operato la figura che accompagna le giornate di studio. Trento e le Valli limitrofe, per la loro tipicità, saranno motivo di confronto con le realtà di provenienza dei giovani. (R.P.)

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    Abruzzo: per la Protezione civile entro Natale verranno riaperte 23 chiese

    ◊   Sono 23 le chiese lievemente danneggiate dell’arcidiocesi de L’Aquila che verranno ristrutturate entro Natale nell’ambito dell’accordo siglato, alla fine di luglio, tra ministero dei Beni Culturali, Conferenza episcopale italiana e arcidiocesi con la collaborazione della Protezione Civile. Il numero degli interventi è stato anticipato all'agenzia Sir da Luciano Marchetti, vicecommissario della Protezione Civile con delega ai Beni Culturali. “Per quanto riguarda 14 chiese – spiega Marchetti – è già stata indetta la gara d’appalto che si chiuderà tra una settimana così da permettere l’avvio dei lavori. Altre seguiranno nelle prossime settimane. In totale pensiamo di poter arrivare a 23 chiese riaperte entro Natale”. Gli edifici su cui saranno effettuati gli interventi appartengono quasi tutti a piccoli paesi e frazioni lontano dal centro storico del capoluogo. “La spesa complessiva per renderle agibili – continua il vicecommissario – è nell’ordine di 3 milioni di euro che saranno finanziati dallo Stato”. La ristrutturazione, precisa Marchetti, “dipende dalle ricorse disponibili che devono essere messe a disposizione dal commissario per la ricostruzione”. Per quanto riguarda il centro storico de L’Aquila, il vicecommissario ha confermato che saranno necessari “almeno 10 anni” per completare la ricostruzione “anche se nei piccoli borghi meno danneggiati i tempi potranno essere più rapidi”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iran pronto a cooperare sul nucleare, da Ahmadinejad aperture all'Occidente

    ◊   Si profilano importanti passi nei negoziati tra Iran e comunità internazionale sulla controversa questione nucleare iraniana: il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha dato il via libera allo scambio di combustibile e alla cooperazione con l’Occidente. Le autorità di Teheran hanno anche consegnato all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) la risposta ufficiale alla proposta di arricchimento all’estero dell’uranio. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Nella risposta l’Iran chiede “importanti emendamenti tecnici ed economici”. Il rappresentante iraniano all’Aiea ha aggiunto che l’Iran chiede l’accoglimento dei cambiamenti richiesti prima di dar seguito all’accordo. Il combustibile nucleare, cioè l’uranio arricchito, è il nodo da sciogliere: se l’uranio viene arricchito al 5% può essere usato solo per fini civili. Se invece viene arricchito al 90% è utilizzabile per costruire una bomba atomica. L’Onu ha chiesto più volte all’Iran di fermare le attività di arricchimento. Si teme, infatti, che la Repubblica islamica voglia realizzare un ordigno nucleare. Per la comunità internazionale è prioritario poter monitorare tutte le fasi di arricchimento. Per questo, la bozza dell'agenzia dell’Onu prevede che l’Iran faccia arricchire il suo uranio in Russia. Il materiale fissile verrebbe poi trasformato in carburante nucleare in Francia e sarebbe destinato ad alimentare un reattore di un sito nucleare a sud di Teheran, dove vengono compiute ricerche mediche. Secondo fonti di stampa iraniana, l’Iran vuole fornire in modo graduale l’uranio da arricchire in Paesi terzi. L’Iran chiede inoltre “uno scambio simultaneo” con combustibile nucleare pronto per essere utilizzato a fini civili. E’ terminata infine la visita degli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica presso l’impianto nucleare iraniano di Qom, rimasto segreto fino allo scorso mese. Gli ispettori hanno affermato che la visita è stata fruttuosa.

    Pakistan
    E’ di almeno 106 morti il bilancio delle vittime dell’attentato compiuto ieri in Pakistan, in un mercato di Peshawar. Le squadre di soccorso sono ancora impegnate a rimuovere le macerie. Nessun gruppo ha rivendicato l’attacco, ma si sospetta che si tratti di guerriglieri della regione tribale del Waziristan del sud. L’attentato è avvenuto poche ore dopo l'arrivo nel Paese del segretario di Stato americano Hillary Clinton, che ha espresso parole di apprezzamento per l’offensiva lanciata dall'esercito pachistano contro i talebani nel Waziristan del Sud. Il segretario di Stato americano ha anche aggiunto che i militanti talebani guadagnano terreno “lentamente ma in modo insidioso”. Si tratta di una battaglia – ha affermato Hillary Clinton – che deve essere vinta.

    Stati Uniti
    Segnali di ripresa per l'economia americana. Nel terzo trimestre dell'anno, il Pil registra una crescita del 3,5%. Si tratta del primo incremento del Pil dal secondo trimestre dell'anno scorso. Il dato è anche superiore alle stime degli analisti che avevano previsto un +3,2%. Anche dal mercato del lavoro statunitense giungono notizie confortanti: sono diminuite, infatti, le nuove richieste di sussidio alla disoccupazione.

    Italia
    “Il peggio della crisi finanziaria sembra sia alle nostre spalle e sia iniziata, sia pure lentamente, la ripresa”. Inizia con queste parole il messaggio inviato dal premier italiano Silvio Berlusconi al presidente dell'Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa (Acri), Giuseppe Guzzetti, in occasione della 85.ma Giornata mondiale del risparmio. Nel documento Berlusconi elogia le banche per “il comportamento tenuto dal sistema bancario italiano che ha affrontato la crisi in condizioni migliori rispetto a quelle di altri Paesi”. Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, in occasione della celebrazione della Giornata, ha affermato che la recessione sta pesando sui profitti delle banche italiane. Secondo il governatore si intravede una ripresa solo nel 2011. Draghi esorta inoltre le banche a rafforzare il loro patrimonio, senza allentare la guardia, poiché la situazione resta esposta a fragilità.

    Mozambico
    Sono circa undici milioni gli elettori aventi diritto al voto, che si sono recati ieri alle urne per le elezioni generali in Mozambico. I tre candidati alla presidenza sono: Armando Guebuza, capo di Stato uscente e leader del partito di matrice socialista “Fronte per la Liberazione Nazionale del Mozambico” (Frelimo); Alfonso Dhlakama, storico leader della formazione conservatrice “Resistenza Nazionale del Mozambico” (Renamo) e Beira Daviz Simango del Movimento democratico del Mozambico (Mdm). Il servizio di Chiara Pileri:

    Il presidente della Commissione nazionale elettorale (Cne), João Leopoldo Costa, ha espresso soddisfazione per il clima di generale correttezza e trasparenza, in cui si sono svolte le elezioni. Il sito del quotidiano del Mozambico ‘Notícias’ scrive che in base alle prime stime, l’affluenza alle urne sarà presumibilmente più elevata, rispetto al 2004, anche per il migliorato livello logistico. In Mozambico, al termine del conteggio dei voti, ogni seggio espone i risultati prima di inviarli alla Commissione nazionale elettorale e dispone di due giorni per eventuali verifiche. La legge elettorale prevede inoltre che i risultati definitivi siano pubblicati entro il 12 novembre. Accorato inoltre l’appello dell’arcivescovo di Maputo, mons. Francisco Chimoio, secondo il quale “andare a votare è un’opportunità per partecipare alla crescita e contribuire all’elezione di colui che avrà nelle mani il destino della nazione”. I vescovi del Mozambico, in una lettera pastorale pubblicata in vista delle elezioni locali del 2008, avevano rivolto un forte appello alla partecipazione elettorale e lo avevano ripetuto nel comunicato finale della loro Assemblea plenaria di aprile. Durante l’ultima campagna elettorale, i media locali hanno accusato il Frelimo di esercitare una forte influenza sulla commissione elettorale per escludere il Movimento democratico (Mdm) dal ballottaggio finale. Il Frelimo ha smentito categoricamente le accuse.

    Kuwait
    In Kuwait, il velo in Parlamento non è obbligatorio. E’ il verdetto della Corte Costituzionale dell’Emirato che costituisce per le donne un’importante vittoria. Un deputato islamista aveva denunciato l’illegittimità delle elezioni dei parlamentari che non indossano il velo durante l’attività politica. La Corte ha rigettato la denuncia affermando che la Costituzione garantisce la libertà personale senza discriminazioni di sesso e religione. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 302

     
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