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Sommario del 27/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa il 2 maggio 2010 a Torino per l'Ostensione della Sindone: intervista con il cardinale Poletto
  • Nel segno di Paolo VI, la visita di Benedetto XVI a Brescia il prossimo 8 novembre. Pubblicato il programma del viaggio
  • Benedetto XVI a Karekin II nel 10.mo anniversario dell’elezione a Catholicos di tutti gli Armeni: sempre più forti i legami con la Chiesa cattolica
  • Denuncia di mons. Migliore all’Onu: i cristiani, il gruppo più discriminato al mondo
  • Mons. Celli a Cuba dal 4 all'8 novembre
  • Sinodo per l'Africa: il bilancio del cardinale Erdö
  • Oggi i funerali nella Basilica Vaticana di Camillo Cibin: il ricordo del comandante Giani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Karadzic non si presenta neanche al secondo giorno del processo che lo vede imputato all'Aja
  • Al via la costruzione della prima clinica di chirurgia pediatrica in terra palestinese
  • Messa presieduta dal cardinale Vallini per i 70 anni della Lumsa
  • Il cardinale Scola inaugura l'Anno accademico dell'Università Pontificia Salesiana
  • Convegno sull'Inferno alla Cattolica di Milano
  • Chiesa e Società

  • Primo contatto con i rapitori di padre Sinnott, sequestrato nelle Filippine
  • Pakistan: leader cristiani e musulmani chiedono l'abrogazione della legge sulla blasfemia
  • India: gruppi estremisti riconvertono seimila cristiani all'induismo
  • Vietnam: finalmente celebrata una Messa a Son La
  • Filippine: povertà e rischio epidemie ad un mese dal passaggio del tifone Ketsana
  • Clima: le richieste dell’Africa per un accordo “equo ed efficiente”
  • Commercio delle armi: riprendono i colloqui all'Onu come chiesto dal Sinodo per l'Africa
  • Kenya ed Etiopia flagellate da carestia e colera
  • Martin Junge nuovo segretario generale della Federazione luterana mondiale
  • Aiuti umanitari da Seoul alla Corea del Nord
  • Vietnam: i vescovi annunciano il Giubileo della Chiesa locale
  • Australia: il cardinale Pell contrario ad un documento sui diritti umani che limita la libertà religiosa
  • Guinea-Bissau: Radio "Sol Mansi" promuove il dialogo tra cittadini ed esercito
  • In India la nuova emittente "Radio Sarang" per evangelizzare
  • Incontro Latinoamericano e Caraibico dei responsabili nazionali di Pastorale giovanile
  • Argentina: la diocesi di San Miguel prepara l'Incontro nazionale dei Gruppi Missionari
  • Lotta alla povertà: i cittadini europei temono disoccupazione e salari bassi
  • Lettera del cardinale Bagnasco al clero e alla comunità cristiana sul “grande dono del sacerdozio”
  • Convegno di studi a Roma su Papa Pio XII
  • Napoli: Messa presieduta dal cardinale Sepe nel trigesimo di madre Liliana del Paradiso
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nucleare: Teheran accetta l’ipotesi di accordo ma chiede alcuni cambiamenti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa il 2 maggio 2010 a Torino per l'Ostensione della Sindone: intervista con il cardinale Poletto

    ◊   Benedetto XVI si recherà a Torino il 2 maggio 2010 in occasione dell'Ostensione della Sindone, che si svolgerà dal 10 aprile al 23 maggio dell’anno prossimo. Lo ha annunciato oggi con una Lettera l'arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto che ieri era stato ricevuto in Vaticano dal Papa. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Come primo atto della visita Benedetto XVI sosterà in preghiera davanti alla Santa Sindone nel Duomo di Torino. Ci sarà poi la solenne Concelebrazione eucaristica per tutti i pellegrini in Piazza San Giovanni, alla quale seguirà la recita dell’Angelus. Nel pomeriggio il Papa incontrerà i giovani al Santo Volto e durante il tragitto farà una breve sosta al Cottolengo per incontrare e benedire gli ospiti della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Benedetto XVI – ha spiegato il porporato nella Lettera – in sintonia col tema dell’Ostensione porterà una parola di conforto ai sofferenti e di incoraggiamento e speranza a quanti stanno trepidando per un posto di lavoro in questo periodo di crisi. Ma qual è il tema dell’Ostensione della Sindone? Ascoltiamo il cardinale Severino Poletto al microfono di Luca Collodi:

     
    R. – Il tema di questa ostensione dice “Passio Christi, Passio hominis”, per sottolineare che la Passione di Cristo, la sofferenza di Cristo redime tutte le sofferenze dell’umanità, anche dei bimbi innocenti, perché Cristo è l’Innocente per eccellenza, il Figlio di Dio stesso. Quindi, la visione del Telo sindonico, che ci fa leggere in una maniera impressionante tutti i particolari della Passione di Cristo, come risaltano dai Vangeli, corrisponde in maniera perfetta alle descrizioni dei Vangeli e ci rimanda quindi a meditare la sofferenza di Gesù. E, in questa Ostensione, noi abbiamo voluto veramente dare il messaggio di speranza e di fiducia a tutti i sofferenti nel corpo, nello spirito, negli affetti familiari e così via, perché guardino a Cristo per trovare speranza, conforto e fiducia.

     
    D. - Dopo l’esame al carbonio 14 che cosa ci dice oggi la scienza sulla Sindone?

     
    R. – Dopo il carbonio 14 del 1988 molti scienziati sono insorti e hanno contestato quell’esame e quel dato. Quindi, nella scienza c’è grande discussione. Molti mettono in dubbio quel risultato, anche perché per il Simposio scientifico dell’anno 2000, durante l’Ostensione, c’erano scienziati di tutto il mondo, e quando si è parlato del carbonio 14 su quattro interventi due erano a favore, per dire che la data medievale corrispondeva alla verità, e due fortissimamente contrari, perché secondo loro il metodo usato non ha tenuto conto della particolare storia e vicenda della Sindone, che è passata in tantissime mani. Allora io dissi proprio alla conclusione di questa fase del Convegno: “Permettetemi di dire che, avendo ascoltato quattro di voi – due favorevoli e due contrari – quel giudizio non è definitivo”.

     
    D. – Cardinale Poletto, lei pensa a nuovi esami scientifici sul lenzuolo della Sindone?

     
    R. – No, nell’immediato no, ma lei non dimentichi mai che la Sindone è del Santo Padre e per permettere nuove ricerche sul Telo sindonico ci vuole il consenso del Santo Padre. Il problema, però, è questo: il Papa di santa memoria, Giovanni Paolo II, nel ’98 disse: “Non tocca alla Chiesa stabilire se è autentico o no, quali sono le date, perché tocca alla storia, agli storici e agli scienziati. La nostra fede, però, non è fondata sulla Sindone, per cui noi non ci preoccupiamo”. E’ importante, però, ricordare che la percentuale di chi è convinto dell’autenticità del Telo sindonico, cioè che è veramente il Lenzuolo che ha avvolto il corpo di Gesù nel Sepolcro, e chi lo nega, è abissalmente a favore di chi è convinto che sia autentico, rispetto a quelli che lo negano, anche in campo scientifico. Se non altro, perché non ci sono spiegazioni: la scienza non è ancora riuscita a spiegare la formazione di questa mirabile immagine, che abbiamo sulla Sindone di Torino.

     
    D. – Quanti pellegrini sono attesi a Torino per la primavera prossima?

     
    R. – Adesso c’è una novità. Noi, dal 2002, abbiamo restaurato la Sindone, rimuovendo le toppe che chiudevano i buchi provocati dall’incendio a Chambéry. Le suore l’avevano riparata, mettendo delle toppe molto visibili. Abbiamo rimosso tutto e l’abbiamo ripulita e quindi mai nessuno l’ha vista restaurata, se non chi ci ha lavorato. E questa sarà un’esposizione che farà vedere la Sindone restaurata per la prima volta. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Nel segno di Paolo VI, la visita di Benedetto XVI a Brescia il prossimo 8 novembre. Pubblicato il programma del viaggio

    ◊   Pubblicato stamani dalla Sala Stampa vaticana il programma della visita pastorale di Benedetto XVI a Brescia e Concesio, domenica 8 novembre. L’arrivo del Papa all’aeroporto bresciano di Ghedi è previsto alle 9.30. Di qui, il Papa si recherà in visita privata alla chiesa di Botticino Sera per la venerazione delle spoglie di Sant’Arcangelo Tadini. Quindi, alle 10.30, celebrerà la Santa Messa e reciterà l’Angelus sul sagrato del Duomo di Brescia, in piazza Paolo VI. Nel pomeriggio, dopo la visita nel centro pastorale Paolo VI sempre a Brescia, visiterà la casa natale di Papa Montini e il nuovo Istituto Paolo VI a Concesio. La sede verrà inaugurata proprio dal Pontefice e, in tale occasione, verrà anche assegnato il VI Premio internazionale Paolo VI. Ultimo momento della giornata bresciana del Papa, sarà la visita, intorno alle ore 18, alla parrocchia Sant’Antonino a Concesio, in cui fu battezzato Giovanni Battista Montini.

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    Benedetto XVI a Karekin II nel 10.mo anniversario dell’elezione a Catholicos di tutti gli Armeni: sempre più forti i legami con la Chiesa cattolica

    ◊   Un’occasione gioiosa per sottolineare i progressi nel dialogo ecumenico: questo in sintesi il contenuto del messaggio di Benedetto XVI inviato a Karekin II, in occasione del decimo anniversario della sua elezione a Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli Armeni. Il Papa ha sottolineato il grande lavoro compiuto da Karekin II per far rifiorire il cristianesimo nella terra armena. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Le buone relazioni tra Chiesa cattolica e Chiesa Apostolica Armena continuino a rafforzarsi sempre più nei prossimi anni: è l’auspicio di Benedetto XVI, che nel messaggio a Karekin II lo ringrazia per il suo “personale impegno al dialogo, alla cooperazione e all’amicizia” tra cattolici e armeni apostolici. La “rinascita della libertà” della Chiesa in Armenia, alla fine del secolo scorso - si legge ancora nel messaggio - è stata accolta con gioia dai cristiani di tutto il mondo. E rammenta che “il compito immenso di ricostruire la comunità ecclesiale” armena è caduto proprio sulle spalle del Catholicos. Il Pontefice parla di risultati “davvero considerevoli” raggiunti in poco tempo: nuove iniziative per l’educazione cristiana dei giovani, la formazione del clero, la creazione di nuove parrocchie e centri comunitari e ancora la promozione dei valori cristiani nella vita sociale e culturale della nazione. Il messaggio si conclude con l’invocazione al Signore, affinché cattolici e armeni apostolici siano sempre più uniti in un legame di fede, speranza e amore.

     
    Il 9 maggio del 2008, ricevendo Karekin II in Vaticano, il Papa aveva sottolineato gli importanti progressi nel dialogo tra le due Chiese. “Lo Spirito – aveva affermato in quell’occasione – può aprire porte che sono chiuse”. Benedetto XVI aveva poi ricordato la storia recente della Chiesa cattolica armena che, notava, “è stata scritta nei colori contrastanti della persecuzione e del martirio”. Dal canto suo, Karekin II aveva incoraggiato il dialogo in corso tra la Chiesa cattolica e la famiglia delle Chiese ortodosse orientali, ringraziando il Papa per la sua cura nel rafforzare la conoscenza e la comprensione dei fondamenti del Cristianesimo.

     
    Secondo un’antica tradizione, sarebbero stati gli Apostoli Bartolomeo e Taddeo a portare il Vangelo al popolo armeno, che si sarebbe poi convertito al Cristianesimo nel 301 ad opera di San Gregorio Illuminatore. Per questa ragione la Chiesa armena prende anche il nome di Chiesa gregoriana. Gli armeni, che accettano i primi tre Concili ecumenici, non parteciparono invece al Concilio di Calcedonia nel 451, dando vita ad una Chiesa autocefala. Nel 1996, Giovanni Paolo II e Karekin I hanno firmato una Dichiarazione comune per dissipare “molti dei malintesi ereditati dalle controversie e dai dissensi del passato”. Nel documento, si riconosce che fattori “linguistici, culturali e politici hanno in sommo grado contribuito all’insorgere di quelle divergenze teologiche che hanno trovato espressione” nella loro formulazione dottrinale. Il Papa e il Catholicos prendono dunque atto del “grande progresso” compiuto dalle loro Chiese nella “comune ricerca dell’unità in Cristo”, “Dio perfetto nella sua divinità, uomo perfetto nella sua umanità”. Un’unione, sottolinea il documento, “che è reale, perfetta, senza confusione, senza alterazione, senza divisione, senza forma di separazione alcuna”.

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    Denuncia di mons. Migliore all’Onu: i cristiani, il gruppo più discriminato al mondo

    ◊   La libertà religiosa continua ad essere ampiamente violata nel mondo: la denuncia di mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto all’Assemblea generale dell’Onu, in corso nel Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.

    A dispetto di quanto “ripetutamente proclamato dalla comunità internazionale e specificato negli strumenti legislativi internazionali, così come nella Costituzione di molti Stati”, il diritto alla libertà religiosa “continua oggi ad essere ampiamente violato”, si è rammaricato l’arcivescovo Migliore. Non c’è religione sul Pianeta “che sia libera da discriminazione”. Atti d’intolleranza religiosa, sono “perpetratri in molte forme” e innumerevoli sono i casi portati all’attenzione delle Corti e degli organismi che si occupano di diritti umani. E se l’intolleranza religiosa aumenta nel mondo, i cristiani sono il gruppo religioso maggiormente colpito – ha riferito il rappresentante vaticano - tanto che sarebbero più di 200 milioni le persone, di diverse confessioni cristiane, che subiscono discriminazioni sul piano legale e culturale.

     
    Ha ricordato l’arcivescovo Migliore, i ripetuti attacchi registrati nei mesi scorsi in alcuni Paesi asiatici e del Medio Oriente contro le comunità cristiane, che hanno provocato morti e feriti, e visto bruciare chiese e case. Azioni “commesse – ha spiegato il presule – da estremisti “in risposta ad accuse contro individui ritenuti - secondo le leggi antiblasfemia - in qualche modo irrispettosi del credo altrui”. E, in questo contesto la Santa Sede accoglie con favore “la promessa del governo del Pakistan di rivedere ed emendare tali leggi”, che troppo facilmente danno opportunità agli estremisti di perseguitare chi liberamente sceglie di seguire una diversa tradizione di fede. Leggi che hanno favorito “ingiustizia, violenza settaria e violenza tra religioni”. I Governi – ha chiesto l’osservatore vaticano - devono abrogare queste “leggi che servono come strumenti di abuso.” Così anche “gli Stati dovrebbero astenersi dall’adottare restrizioni alla libertà d’espressione”, che hanno spesso condotto le autorità a tacitare “le voci dissidenti, specie quelle di individui appartenenti a minoranze etniche e religiose”. Al contrario “l’autentica libertà d’espressione può contribuire ad un più grande rispetto per tutti i popoli, così anche dare l’opportunità di denunciare violazioni come intolleranza religiosa o razzismo e promuovere eguale dignità di tutte le persone”. “Per questa ragione è imperativo – ha concluso il presule – che i popoli di varie fedi religiose lavorino insieme per crescere nella mutua comprensione”. E, qui ci vuole “un autentico cambiamento delle menti e dei cuori”.

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    Mons. Celli a Cuba dal 4 all'8 novembre

    ◊   Mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, si recherà in visita a Cuba dal 4 all’8 novembre prossimi. Invitato dalla Conferenza episcopale cubana, il presule parteciperà alla plenaria dei vescovi, visiterà il Seminario di San Carlo e Sant’Ambrogio e interverrà all’assemblea della Commissione nazionale dei mezzi di comunicazione sociale che si riunirà in quei giorni. Il 6 novembre, nella Chiesa di Santa Caterina da Siena, mons. Celli terrà la Lectio Magistralis sul tema "Chiesa, comunicazione e cultura digitale".

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    Sinodo per l'Africa: il bilancio del cardinale Erdö

    ◊   Sinodo per l’Africa: è tempo di bilanci a due giorni dalla chiusura dell’importante evento ecclesiale. All’assemblea ha partecipato anche il cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. La collega Marta Vertse, incaricata del programma ungherese della Radio Vaticana, lo ha intervistato:

    R. – Alla fine del Sinodo l’atmosfera è di speranza, di energia profusa dallo Spirito Santo, soprattutto, e anche di energia che viene dai nostri confratelli vescovi che sono determinati a lavorare per la riconciliazione e la pace che non è possibile in Africa – e forse neanche altrove – senza il contatto giusto tra l’uomo e Dio: perché questo rapporto personale è la fonte di tutte le energie che poi trasformano anche le relazioni tra gli uomini. E così le nostre comunità cattoliche sono il nucleo che può dare speranza alla società, che può anche rappresentare un grande segno di riconciliazione e di prontezza al perdono, all’aiuto a vivere la misericordia. Senza la misericordia, infatti, che in ultima analisi è una delle proprietà di Dio stesso, senza questa misericordia non c’è pace e non c'è giustizia tra gli uomini.

     
    D. – Per quello che riguarda la concreta collaborazione tra i vescovi europei e africani ci sono progressi?

     
    R. – Sì; anche se non tutti questi passi sono stati fatti nell'Aula sinodale. Contemporaneamente al Sinodo c’è stato un incontro importante tra le due commissioni dei due organismi episcopali incaricati del rapporto Africa-Europa. Abbiamo programmato i prossimi incontri che si riferiscono al clero, soprattutto ai sacerdoti “fidei donum”, sacerdoti africani che lavorano nelle nostre Chiese particolari e che, allo stesso tempo, possono accompagnare anche i profughi, gli emigrati provenienti dall’Africa; abbiamo parlato anche di altre forme di solidarietà. Vogliamo dedicare un altro incontro comune, preceduto però da un’indagine estesa a tutta l’Europa e a tutta l’Africa, sui gemellaggi tra le diocesi, perché questa è una forma molto concreta e molto stretta e molto ecclesiale della nostra solidarietà: conoscere le esperienze pastorali delle altre diocesi, conoscere i bisogni, conoscere le speranze, conoscere i metodi pastorali, la vita cristiana e poi realizzare non soltanto a livello teorico ma nella pratica quel famoso scambio di doni di cui parlava già Giovanni Paolo II e di cui si è parlato ripetutamente anche nel Sinodo.

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    Oggi i funerali nella Basilica Vaticana di Camillo Cibin: il ricordo del comandante Giani

    ◊   Si svolgeranno, oggi pomeriggio alle 17 nella Basilica San Pietro, all’Altare della Cattedra, i funerali di Camillo Cibin, già ispettore generale del Corpo di Vigilanza vaticana, spentosi domenica scorsa. A presiedere il rito sarà il cardinale Giovanni Lajolo. Tante le attestazioni di stima, gratitudine ed affetto giunte verso la persona di questo servitore fedele della Santa Sede. Ascoltiamo il ricordo di Domenico Giani, succeduto a Camillo Cibin nell’incarico di capo della Gendarmeria vaticana. L’intervista è di Roberta Gisotti:

    D. – Dott. Giani, lei ha raccolto l’eredità di questo prestigioso incarico nel 2006, dopo avere collaborato per alcuni anni con Camillo Cibin. Quale ricordo di quegli anni di apprendistato?

     
    R. – Devo dire che il commendator Cibin è stato un padre, un maestro, una persona unica nella mia vita, nella mia storia. Nonostante i tanti anni di età che ci separavano lui era veramente un punto di riferimento per i giovani e per i più anziani. Basti pensare che, avendo servito per 59 anni, era un punto di riferimento per tutti. I suoi valori fondamentali erano la fedeltà, l’onestà, la dedizione al servizio e il totale attaccamento alla Chiesa e al Papa. Una missione la sua di servire ben sei Papi. E posso dire anche questo, che in tutti questi anni lui ha anteposto il dovere professionale e morale a qualunque altra cosa. Era cosciente della responsabilità che gravava su di lui, quindi non era solo un comandante, ma era anche un educatore.

     
    D. – Camillo Cibin ha servito ben sei Papi e tra questi anche Benedetto XVI...

     
    R. – Ieri pomeriggio il Santo Padre è passato a benedire la salma del commendator Cibin e si è incontrato con la moglie, con i figli, ha portato la sua parola e ha ricordato anche l’affetto che nutriva e la stima che aveva per lui.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Anche gli economisti hanno diritto all'obiezione di coscienza: in prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sui rischi della rivoluzione biotecnologica.

    L'Africa ha bisogno di una solidarietà concreta: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla 64 sessione dell'Assemblea generale dell'Onu.

    Il dramma dell'educazione tra libertà e realtà: in cultura, la prolusione del cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, per il "Dies Academicus 2009-2010" della Pontificia Università Salesiana.

    La "Missa solemnis" di Beethoven apre la stagione sinfonica dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia: un passo dal Doctor Faustus di Thomas Mann che fa riferimento alla genesi della composizione, un brano dal video messaggio di Benedetto XVI per la Missa eseguita il 29 luglio 2005 nel duomo di Colonia, un articolo di Enrico di San Martino e Valperga che illustra la prima esecuzione italiana del capolavoro nel ricordo del maestro Molinari, fondatore dell'Accademia, e un contributo di Wolfgang Sawallisch, che diresse l'esecuzione della Missa il 23 maggio 1970, alla presenza di Paolo VI.

    Il mondo che ci dovrebbe interessare; dialogo tra cultura ed economia: l'intervento di Konrad Osterwaler, rettore dell'università delle Nazioni Unite a Tokyo, insignito del premio Matteo Ricci, indetto dall'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano.

    Dialogo e amicizia tra le Chiese apostolica armena e cattolica: nell'informazione vaticana, il messaggio di Benedetto XVI al Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni, nel decennale dell'elezione e dell'insediamento alla Sede Madre di Santa Etchmiadzin.

    I funerali della mamma di mons. Georg Gänswein, segretario particolare del Santo Padre.

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    Oggi in Primo Piano



    Karadzic non si presenta neanche al secondo giorno del processo che lo vede imputato all'Aja

    ◊   Secondo giorno di processo oggi all’Aja contro Radovan Karadzic, l'ex leader dei serbi di Bosnia accusato di genocidio, senza l'imputato in aula. Già ieri i giudici del Tribunale penale internazionale avevano aggiornato l'udienza sperando che l'ex leader serbo assistesse al suo processo. Oggi, in ogni caso, il procedimento entra nel vivo con la lettura da parte del procuratore degli 11 capi d'accusa contro Karadzic, che ha rifiutato i legali d’ufficio dichiarando di volersi difendere da solo. Un atteggiamento che ricalca quello già visto durante il processo al presidente serbo Milosevic. Sulle analogie tra questi due personaggi sentiamo Massimo Nava, giornalista del Corriere della Sera e testimone del conflitto nella ex Yugoslavia, intervistato da Stefano Leszczynski.

     
    R. – C’è una tattica similare, perché evidentemente l’esperienza del processo a L’Aja ha dimostrato che, in fondo, il tempo è un alleato prezioso. Non lo è stato per Milosevic, per ragioni di salute, come sappiamo, ma in ogni caso la lungaggine procedurale e, comunque, i tempi del processo sono una situazione a favore dell’imputato e quindi tutti gli imputati a L’Aja hanno imparato questa tattica. La seconda cosa, invece, che mi fa pensare ad un atteggiamento tutto sommato diverso sta nella psicologia dei due imputati, nel senso che Milosevic non solo ha presenziato a quasi tutte le udienze, ma, come dire, ha cercato di impostare una difesa che lo colloca in un contesto più storicizzato. Karadzic, almeno per il momento, sembra non riconoscere legittimità alla Corte, ma il suo modo di guadagnare tempo è probabilmente legato al fatto che non si aspettava ancora l’arresto e vuol giocare la sua difesa soprattutto sulle carte che, presumibilmente, ha in mano, per esercitare, in fondo, dei ricatti sui lati oscuri di tutta la vicenda che lo riguarda.

     
    D. – Il fatto, tuttavia, che personaggi come Karadzic finiscano sotto processo, avendo già sul capo la condanna dell’opinione pubblica in quanto criminali di guerra, non inficia l’efficacia di questo tipo di processi?

     
    R. – Questi processi hanno una valenza strettamente giudiziaria ed evidentemente si concludono quasi sempre con una condanna e, comunque, con una verità giudiziaria; poi hanno una funzione morale e politica, perché offrono all’opinione pubblica una verità storica, una verità morale, che in qualche misura può anche risarcire le vittime.

     
    D. – Come vive la gente di oggi quel passato che poi non è neanche troppo lontano?

     
    R. – Chiaramente la situazione è ancora talmente complicata, soprattutto in Bosnia, che il futuro non è così individuabile, così palpabile in questo momento. E la Bosnia rimane il punto di grande incertezza, perché la divisione etnica e l’alchimia istituzionale che si è creata non ha ancora dato dei risultati apprezzabili.

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    Al via la costruzione della prima clinica di chirurgia pediatrica in terra palestinese

    ◊   Con la posa della prima pietra ha preso oggi il via, a Betlemme, la costruzione della prima clinica di chirurgia pediatrica della Palestina, un progetto reso possibile grazie alla collaborazione tra regione Toscana, Conferenza episcopale italiana ed altri enti e associazioni. La nuova struttura sorgerà all’interno di un complesso riabilitativo già esistente ed avrà una capienza di 40 posti letto. Su questo progetto umanitario, Sara Fornari ha intervistato il vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, mons. Rodolfo Cetoloni, e suor Donatella Lessio, del Caritas Baby Hospital di Betlemme, che hanno partecipato alla importante cerimonia di stamani:

    R. – Un frutto, che come tutti i frutti, ha delle radici antecedenti a questo: ha radici nel lavoro che la Chiesa fa sempre per la Chiesa in Palestina, in Israele e per tutti. Possiamo dire però che al momento c’è tanta speranza qui in Palestina; credo che questo possa essere un segno del fatto che se le piccole organizzazioni e le persone si danno da fare, si possono realizzare anche delle strutture importanti per questa popolazione.

     
    D. – Sono tante le associazioni coinvolte, la Conferenza episcopale italiana prima di tutto...

     
    R. – Sì, prima di tutto la Conferenza episcopale italiana, poi la Regione Toscana con l’Assessorato alla sanità, poi le banche, l’Unicop di Firenze. Ppoi ci sono tante altre realtà, comuni e piccole realtà, come la singola persona, che rappresentano un grande valore. Questa è la filosofia, è la realtà che ha funzionato in questi dieci anni: dal piccolo, dalla persona che dà una parte della sua pensione, alle grosse organizzazioni. Si arrivano a realizzare delle cose meravigliose.

     
    D. – Che cosa porta questa clinica pediatrica a Betlemme?

     
    R. – Porta una chirurgia pediatrica accanto al Baby Hospital, che da anni ormai fa un grande servizio. Mancava una clinica chirurgica pediatrica. Viene data in mano alla realtà palestinese. Quindi, oltre ad essere un servizio è un atto di fiducia, è un atto di grande promozione, perché il livello è altissimo. In questo avranno ancora la cooperazione della Regione Toscana e specialmente dell’Ospedale Mayer che in queste cose, a livello mondiale, è uno dei migliori.

     
    D. – A suor Donatella del Caritas Baby Hospital chiediamo qual è la situazione concreta e quali sono le difficoltà sul campo...

     
    R. – Il nostro grazie a mons. Cetoloni e a tutta la Chiesa italiana per questa struttura che sicuramente verrà ad aiutare il Caritas Baby Hospital. Il nostro problema, per anni, soprattutto dopo la seconda Intifada e la costruzione del muro, è stato quello della difficoltà di trasferire i bambini con problemi a livello chirurgico a Gerusalemme. Per il trasferimento c’è sempre bisogno di un permesso, che a volte non ci viene accordato. Purtroppo abbiamo avuto casi di bambini che sono deceduti nell’attesa di avere questo permesso. Questa clinica ci permetterà appunto di oltrepassare un muro che non esiste qui a Betlemme e di poter trasferire tranquillamente i nostri bambini, poter salvare le loro vite e dare alle famiglie la gioia perché il bambino è guarito.

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    Messa presieduta dal cardinale Vallini per i 70 anni della Lumsa

    ◊   “Siate il sale della terra, siate la luce che illumina il mondo”: è l’esortazione rivolta agli studenti della Libera Università Maria Santissima Assunta, dal Cardinale Vicario per la diocesi di Roma, Agostino Vallini, che ieri nella Basilica di San Giovanni in Laterano, ha celebrato una Messa solenne per i 70 anni di fondazione dell’Ateno. C’era per noi Cecilia Seppia.

    La difesa dei valori cristiani, la promozione della ricerca, la vocazione all’educazione dei giovani: questo è ciò che fa della Lumsa, da 70 anni a questa parte una Università nel senso pieno ed originario del termine, capace di garantire una formazione integrale, universale appunto della persona umana. Con queste parole il cardinale vicario Agostino Vallini ha ricordato di fronte a centinaia di persone ciò che contraddistingue l’operato e l’ispirazione di questo prestigioso Ateneo. Agli studenti il porporato ha rivolto l’invito ad aspirare, alla sapienza, che lungi dall’essere un mero interesse per il sapere, rappresenta in realtà, il cuore stesso della cultura, che muove l’uomo nella ricerca di Dio. Sentiamo lo stesso cardinale Agostino Vallini:

    “E’ un invito necessario, perché i giovani oggi abbiano ad immaginare il cammino formativo come davvero un progresso, uno sviluppo della loro personalità, non soltanto l’acquisizione di elementi del sapere, ma uno sviluppo integrale della loro persona. E non vi può essere sviluppo integrale senza la luce e il lume interiore di Dio, della sua fede e i doni dello Spirito. E la sapienza è proprio quel dono speciale, direi quella esperienza delle cose divine, che dà luce a tutto il nostro vivere, al nostro operare: proporlo ai giovani significa anche invitarli a vivere la vita universitaria, non soltanto sui libri di scuola, ma di interrogarsi sulle ragioni di senso della vita e, dunque, della necessità di un cammino spirituale”.

    Compito dei docenti è invece quello di promuovere il gusto della conoscenza mostrando uno stile di vita armonico, un comportamento integro ugualmente propiziato dal dono della sapienza. Ancora il cardinale Vallini.

    “Essere docente non vuol dire soltanto ripetere nozioni, ma trasfondere un’esperienza. In questo senso credo che una grande responsabilità hanno i docenti oggi nell’aiutare i giovani ad aprirsi alla vita, nell’accompagnare i giovani anche in un cammino spirituale serio, capace di formare nuove generazioni di intellettuali”.

    In vista dell’incontro con il Santo Padre, il prossimo 12 novembre, il cardinale Vallini ha poi incoraggiato studenti e docenti della Lumsa, a proporre risposte concrete per fronteggiare la cosiddetta emergenza educativa. Il nostro Paese, ha concluso il porporato, ha un bisogno enorme di uomini e donne di valore capaci di cooperare alla crescita del bene comune, realizzando insieme una società di giustizia e Pace.

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    Il cardinale Scola inaugura l'Anno accademico dell'Università Pontificia Salesiana

    ◊   Con la prolusione del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, si è aperto oggi l’anno accademico 2009-2010 dell’Università Pontificia Salesiana di Roma che quest’anno festeggia il 60.mo anniversario della fondazione. Una riflessione incentrata sul tema “Paideia e Università” e nella quale il porporato ha ribadito che un ateneo è tale se “sospinge la mente, il cuore e l’azione” a scoprire “il ragionevole dono della verità”. Il servizio di Benedetta Capelli:

    E’ intorno al concetto di "paideia" – modello educativo in vigore nell’Atene classica – e all’università, che si è articolata la prolusione del cardinale Angelo Scola. Il porporato ha sottolineato come compito dell’ateneo sia “quello di consentire agli studenti di giungere fino alla realizzazione della loro umanità”. Un compito importante che passa attraverso il lavoro dei docenti che offrono e comunicano loro stessi “nel testimoniare la verità”. Un atto d’amore sostanzialmente che spinge lo studente ad un confronto con la realtà stessa “che, attestandosi come dono, – ha detto il patriarca di Venezia – è segno del Mistero che si rivela a tutti gli uomini”. Dunque per assolvere al proprio scopo, l’Università impone di perseguire la "paideia" attraverso la ricerca, l’insegnamento e lo studio rigoroso delle discipline e “questo – ha aggiunto il cardinale Scola – mediante il ricorso ad uno sguardo critico”, “autentica capacità di discernimento di ciò che è vero, uno, buono e bello”.

     
    Ricordando i tre cardini educativi di Don Bosco: ragione, religione e amorevolezza, il porporato ha mostrato l’attualità di questa impronta soprattutto se si considera l’Università come comunità di docenti e studenti. “Quando la comunicazione appassionata dei primi trova nei secondi dei soggetti a loro volta impegnati in una inesausta ricerca della verità – ha aggiunto il cardinale Scola – l’Università realizza la sua vocazione autentica”. In proposito San Giovanni Bosco diceva che gli educatori sono in primo luogo “padri degli allievi”. “L’educazione – aggiungeva - è cosa del cuore e che Dio solo ne è padrone, noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano la chiave”.

     
    Nella sua relazione, il rettore dell’Università Pontificia Salesiana, don Carlo Nanni, ha evidenziato che l’obiettivo dell’ateneo è quello di tener presente come “imperativo categorico” il concetto: “prima di tutto le persone”. “Siamo invitati a volerlo dalla stessa ubicazione dell’Ups e perché siamo a Roma: la Roma civile risplende per la sua ‘humanitas’ e la Roma ecclesiale per la sua ‘caritas’ universalmente riconosciuta”. Un richiamo al rispetto della persona è venuto dall’omelia di mons. Guerino di Tora, vescovo ausiliare di Roma settore nord, ed ex allievo dell’ateneo. Nella Messa celebrata nella chiesa di Santa Maria della Speranza, il presule ha ricordato che “lo Spirito Santo è l’impegno di Dio a non abbandonarci” è “fondamento di speranza”, “consolatore perché non ci lascia soli” anche se il cristiano è “uomo solo, è coerente e contro-corrente”.

     
    Solo nell’anno accademico 2008-2009, sono stati oltre 1600 gli studenti che hanno frequentato l’Università Pontificia Salesiana. Provenienti da 90 nazioni diverse, sono in maggioranza italiani: a seguire ci sono allievi indiani, congolesi e polacchi.

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    Convegno sull'Inferno alla Cattolica di Milano

    ◊   Si è svolto nei giorni scorsi all’Università Cattolica di Milano un convegno sull’Inferno: al centro dell’incontro la domanda se sia possibile ancora oggi pensare alla dannazione eterna di fronte all’infinita misericordia divina. Durante il simposio si è sottolineato il fatto che oramai, anche nelle omelie, si parla sempre meno di Inferno. Fabio Colagrande ne ha chiesto il motivo a mons. Giacomo Canobbio, docente di Teologia Sistematica alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, presente all’incontro:

    R. – A me pare che le cause siano due. La prima è l’enfasi posta sulla misericordia di Dio. Se Dio è davvero misericordioso - e lo ha manifestato nella vicenda di Gesù - come si può immaginare che ci sia una condanna definitiva per qualcuno? La seconda ragione mi pare stia nel fatto che si ritengono le immagini tipiche con cui si descriveva l’Inferno, ormai obsolete, a fronte di una concezione scientifica del mondo. Ora, mettendo insieme le due ragioni si arriva a capire come mai ci sia una certa ritrosia a parlare dell’Inferno. Un po’ anche perché nella mentalità dominante c’è bisogno solo di gratificazione, non di valutazione dei propri atti.

     
    D. – Mons. Canobbio, uno dei punti centrali della cosiddetta “teologia di Inferno e Paradiso” è ricordare che sono possibilità aperte alla nostra libertà e responsabilità. Forse, spiegando bene questo concetto si potrebbe in qualche modo contrastare questa dimenticanza dell’Inferno?

     
    R. – Dalla parte di Dio, bisogna riconoscere che c’è l’offerta della misericordia, diversamente Gesù Cristo non ci sarebbe: Gesù Cristo è il Volto misericordioso di Dio che è apparso nella storia. Però, di fronte a questo Volto misericordioso, la persona umana deve decidersi. Se si ritenesse che comunque Dio voglia a tutti i costi salvare, indipendentemente dalla volontà umana, non ci sarebbe più responsabilità della persona umana, sia nella sua salvezza sia nel fallimento della sua esistenza. Dio vuole degli interlocutori dialogici e la persona umana mette in gioco se stessa di fronte alla misericordia di Dio. In ultima analisi, sono io che decido di fronte ad un’offerta di misericordia, se accoglierla oppure no.

     
    D. – Però, teologicamente, non si può escludere che la grazia, la misericordia di Dio, si oppongano a questa scelta di definitiva autoesclusione dalla comunione con Dio stesso …

     
    R. – Certo. Noi non possiamo precisare se a fronte della misericordia di Dio qualcuno effettivamente abbia opposto il suo rifiuto: non lo possiamo dire e non lo può dire neppure la Chiesa, che non a caso può beatificare, canonizzare, ma non può mai dichiarare che la persona “XY” è all’Inferno – per usare il linguaggio abituale – perché il compito della Chiesa è semplicemente quello di annunciare il Vangelo della salvezza. Ma se noi togliessimo la possibilità ad una persona di rifiutare la misericordia di Dio, noi distruggeremmo ciò che è più originale nella persona umana, e cioè la sua libertà e la possibilità di disporre di se stessa.

     
    D. – Dunque, è lecito sperare per tutti la salvezza?

     
    R. – Direi che è proprio questo il messaggio cristiano! Sperare per tutti non vuol dire: allora, tutti sicuramente si salvano! Vuol dire che il mio atteggiamento di cristiano che ha conosciuto la misericordia di Dio, vorrebbe condividere il desiderio di Dio di salvare tutti. Peraltro, nel Vangelo di Matteo c’è un passaggio interessantissimo, nel capitolo 18.mo, dove Gesù indica alcuni atteggiamenti da assumere nei confronti di chi ha sbagliato. Dice: 'il Padre vostro celeste non vuole che alcuno si perda'. Ecco: questo è l’atteggiamento cristiano. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Primo contatto con i rapitori di padre Sinnott, sequestrato nelle Filippine

    ◊   Padre Sinnott, il missionario colombano di 79 anni rapito nel sud delle Filippine lo scorso 11 ottobre scorso, è vivo ma le sua condizioni di salute stanno peggiorando. È quanto afferma il portavoce del vescovo di Pagadian padre Hingone. Dopo 17 giorni di silenzio, questo è il primo contatto con i rapitori di padre Michael Sinnott. L’identità dei sequestratori resta ancora ignota. Secondo le autorità, il missionario sarebbe detenuto nella provincia di Lanao del Sur. “Da ieri ci sono stati una serie di piccoli progressi nel negoziato – afferma padre Hingone ad AsiaNews – e speriamo che nei prossimi tre giorni vi siano condizioni tali da consentire la liberazione del missionario”. Il sacerdote aggiunge che per ora non è stata fatta alcuna richiesta di riscatto. Riferisce anche dell’invio di un pacco di medicinali attraverso un emissario. I rapitori hanno già confermato che il pacco è stato consegnato a padre Sinnott. Il missionario lo scorso mese di luglio è stato operato al cuore. Proseguono, intanto, le ricerche di polizia ed esercito che accusano i ribelli del Moro Islamic Liberation Front di essere gli autori del rapimento. Il gruppo smentisce le accuse e annuncia, attraverso il suo portavoce Eid Kabalu, di collaborare con le autorità per la liberazione del sacerdote. (A.L.)

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    Pakistan: leader cristiani e musulmani chiedono l'abrogazione della legge sulla blasfemia

    ◊   Cristiani, indù, musulmani esperti di diritto, studiosi di religione e attivisti per i diritti umani, all’unisono, manifestano preoccupazione per gli abusi perpetrati in nome della legge sulla blasfemia in Pakistan e ne chiedono l’abrogazione. Nel Paese - riferisce l'agenzia AsiaNews - sta emergendo un fronte popolare, il quale promette battaglia per la cancellazione di una norma che prevede il carcere a vita o la condanna a morte per chi profana il Corano o diffama il nome del profeta Maometto. La legge è stata introdotta nel 1986 sotto il dittatore Zia-ul-Haq, che ne ha voluto l’applicazione per soddisfare le rivendicazioni dell’ala fondamentalista del Paese. Negli anni è stata utilizzata come pretesto per scatenare violenze contro le minoranze o colpire attività economiche e proprietà altrui. Lo scorso fine settimana si sono tenuti due incontri: il 24 ottobre a Karachi, organizzato da Resistenza popolare, movimento della società civile che si batte per i diritti umani. Il secondo, il giorno successivo a Rawalpindi, promosso dal Pakistan Christian Congress (Pcc). I partecipanti hanno dichiarato che la legge sulla blasfemia è “ingiusta, incostituzionale e uno strumento nelle mani degli estremisti per colpire le vulnerabili minoranze religiose”. Dagli incontri del fine settimana è emerso un movimento interconfessionale che – sotto il profilo giuridico, religioso, culturale e morale – lotta per la cancellazione della norma. Rana Bhagwandas, giudice in pensione e ospite d’onore al seminario di Karachi, sottolinea che la legge sulla blasfemia “è stata introdotta dal generale Zia per legittimare la dittatura sotto il manto dell’islam”, ha creato una “cattiva immagine” della religione ed è stata usata “per perseguitare minoranze e i musulmani stessi”. Il costituzionalista Zain Sheikh aggiunge che le norme sono “incostituzionali e vanno abrogate”, ma è necessario anche un “cambiamento nel modo di ragionare di quei bigotti che incitano le folle alla violenza”. Khalid Zaheer, studioso islamico, è del parere che “secondo il Corano una persona non può essere uccisa per blasfemia”, perché la condanna a morte è prevista solo per “l’omicidio o l’attentato alla vita delle persone”: Lo Stato, non i singoli, deve applicare questa legge. Gli Ulema hanno una grande responsabilità in questo senso”. Egli auspica anche una “riduzione nelle pene”. Gli fa eco Hilda Saeed, attivista per i diritti delle donne, che denuncia: “il Pakistan è uno dei Paesi in cui è meno rispettato il diritto di protezione delle minoranze”. Il vescovo Jiaz Inayat Masih, presidente del Forum interconfessionale per l’amicizia, punta il dito contro la “società”, che ha fallito “a più livelli nella promozione dei valori della persona umana” e ricorda che “Dio ci ha dato libertà di scelta in tema di fede”. (R.P.)

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    India: gruppi estremisti riconvertono seimila cristiani all'induismo

    ◊   Almeno 6.000 cristiani sono stati riconvertiti all'induismo per l'opera del gruppo dello Swami Narendra Maharaj. La cerimonia è avvenuta ieri a Thane, ad una cinquantina di km da Mumbai (Maharashtra). Già nel recente passato il gruppo ha celebrato il ritorno all’induismo di migliaia di neo-convertiti al cristianesimo. La riconversione all'induismo è la missione specifica del gruppo guidato dal guru Narendra Maharaj. Due volte l’anno essi organizzano cerimonie in grande stile per il ritorno alla religione tradizionale dell’India. Il portavoce del gruppo afferma che con gli ultimi 6mila casi il numero totale dei riconvertiti è giunto ormai a 94mila. Il fenomeno è molto diffuso nella zona suburbana di Mumbai e i seguaci di Narendra Maharaj sono aiutati da diverse organizzazioni nel lavoro di identificazione delle persone da riconvertire. Molti gruppi radicali indù accusano le Chiese cristiane di operare conversioni forzate, attraverso favori economici o lavaggio del cervello. Ma finora non è mai stato presentato davanti alla legge alcun fatto concreto. Tali accuse servono però a giustificare cerimonie come quella di Thana e le violenze che i cristiani continuano a subire. Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), manifesta ad AsiaNews profondo disappunto per la cerimonia di riconversione. Essa “mira a sconvolgere l’armonia” e “non solo viene organizzata come uno spettacolo pubblico, ma viene anche annunciata con largo anticipo”. Sajan George ricorda che “i cristiani vengono arrestati anche quando si ritrovano a pregare nel privato delle loro case, o se solo distribuiscono letteratura di contenuto religioso, nonostante questi siano diritti garantiti dalla Costituzione”. La polizia agisce sulla base degli articoli 153a e 295a del Codice penale indiano. Il primo punisce “la promozione di ostilità tra gruppi differenti sulla base della religione” e “le azioni che pregiudicano il mantenimento dell’armonia”. Il secondo articolo riguarda invece “atti deliberati e ostili che oltraggiano il sentimento religioso”. George afferma che solo un intento discriminatorio può spiegare il comportamento dell’autorità statale: zelante nell’impugnare queste leggi contro i cristiani e “muta spettatrice quando viene sbandierata una riconversione all’induismo di 6mila persone”. Il presidente del Gcic ricorda che le violenze degli estremisti indù contro i cristiani non si fermano. Il 25 ottobre nel Madyha Prdaesh un pastore protestante è stato assalito da 11 estremisti subito dopo le celebrazioni domenicali. Nello stesso giorno, 50 radicali indù hanno fatto irruzione in un assemblea di fedeli nel Karnataka picchiando il pastore, bruciando bibbie e minacciando tutti i fedeli. Nel 2009 il Gcic ha registrato centinaia di casi di violenze contro i cristiani sparsi tra Karnataka, Andhra Pradesh, Madhya Pradesh e Orissa. Questi ultimi due Stati, insieme a Chhattisgarh, Himachal Pradesh e Gujarat, hanno in vigore una legge anti-conversione che obbliga le persone che intendono cambiare religione a presentarsi presso le autorità pubbliche, motivare la loro scelta e provare di non essere state costrette a cambiare fede. Nel caso del passaggio dall’induismo al cristianesimo questa procedura è fatta rispettare alla lettera e talvolta utilizzata per ostacolare la conversione. Quando il cambio di religione riguarda invece la scelta o il ritorno all’induismo la procedura è aggirata e l’autorità pubblica non interviene per farla rispettare. (R.P.)

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    Vietnam: finalmente celebrata una Messa a Son La

    ◊   Le autorità locali che avevano sempre impedito qualsiasi celebrazione religiosa, anche a Natale e Pasqua, sostenendo che in città “non ci sono cattolici”, sabato scorso hanno permesso la celebrazione di una Messa a Son La, città della regione montagnosa del nord-est del Vietnam. La polizia stavolta ha lasciato fare, ma ha fotografato e filmato tutti i presenti, sostenendo di avere bisogno delle immagini per fare rapporto “ai superiori”. La situazione di Son La era andata avanti, più o meno allo stesso modo, da anni, da quando, nel 2004, il vescovo Anthony Vu Huy Chuong, della diocesi di Hung Hoa inviò una petizione alle autorità locali, chiedendo il permesso per i sacerdoti cattolici di celebrare Messa almeno due volte l’anno, per Natale e Pasqua. L’allora capo del Fronte patriottico, Nguyen The Thao, respinse la petizione, con l’affermazione che “non essendoci attualmente fedeli a Son La, non c’è bisogno di tali servizi”. La dichiarazione di Thao - riferisce l'agenzia AsiaNews - era non solo una evidente violazione della libertà religiosa, ma anche una manifesta falsità, visto che in quel periodo a Son La c’erano almeno tremila cattolici - su poco più di un milione di abitanti - di 40 diverse etnie e la Chiesa ha documenti dell’esistenza, già nel 1985, di 700 famiglie cattoliche. La lotta delle autorità di Son La era arrivata al punto di cercare di convincere alcuni cristiani di etnia Hmong a tornare alla loro vecchia religione pagana. Una situazione così eclatante da spingere una delegazione della Commissione statunitense per la libertà religiosa - che nel maggio scorso si è recata in Vietnam - a recarsi in città. Il 19 maggio ha così incontrato un gruppo di quei cattolici “inesistenti”, che, malgrado la presenza di esponenti delle autorità, hanno testimoniato le vessazioni subite e la palese violazione della libertà religiosa. Così, sabato scorso, padre Nguyen Trung Thoai ha potuto celebrare messa per la festa di Nostra Signora del rosario, in una sala Messa a disposizione da un cattolico locale, Trinh Xuân Thuy. A differenza degli anni passati, la polizia non gli ha impedito di arrivare. Oltre un centinaio di coraggiosi fedeli si sono riuniti per la cerimonia dell’offerta dei fiori, secondo una tradizione vietnamita, e per l’Eucaristia. I fedeli di Son La ora sperano che la celebrazione della Messa non sia in futuro un fatto straordinario, ma possa avvenire regolarmente ogni settimana. Essi attribuiscono il mutato atteggiamento delle autorità alla perseveranza e al coraggio dimostrati negli anni passati e al sostegno avuto da numerose organizzazioni per la tutela dei diritti umani. (R.P.)

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    Filippine: povertà e rischio epidemie ad un mese dal passaggio del tifone Ketsana

    ◊   Nelle Filippine sono oltre un milione e mezzo le persone che dopo un mese dal passaggio del tifone “Ketsana” vivono in condizioni di disagio estremo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) le forti piogge hanno distrutto gran parte delle abitazioni nei quartieri periferici di Manila e in molte città dell’isola di Luzon. La protezione civile locale – rende noto l’agenzia Misna – ha sottolineato che molte zone colpite dalle inondazioni resterrano per mesi sotto l’acqua a causa di una mancanza di pianificazione urbanistica che impedisce il prosciugamento naturale delle regioni allagate. Attualmente, sono circa 163 mila le persone che vivono nei centri di emergenza allestiti dal governo. A Manila, inoltre, almeno 2 milioni e 700 mila persone saranno costrette a trasferirsi in altre zone della capitale meno colpite dalle inondazioni. “Adesso il problema principale – ha detto Glenn Rabonza, responsabile della protezione civile – è prevenire la diffusione di epidemie tra le persone costrette a vivere in un ambiente ancora malsano: nell’ultimo mese 175 persone sono morte di leptospirosi ed altre 148 a causa di un’infezione batterica”. (A.L.)

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    Clima: le richieste dell’Africa per un accordo “equo ed efficiente”

    ◊   Un accordo sugli effetti dei cambiamenti climatici che sia “giusto, inclusivo ed efficiente, ma soprattutto equo verso le richieste del Sud del mondo”: è la richiesta con cui si è concluso il vertice ad Addis Abeba dei ministri dell’Ambiente dei Paesi africani in vista della conferenza delle Nazioni Unite che si terrà tra il 7 e il 18 Dicembre a Copenhagen. Al termine dell’incontro – rende noto l’agenzia missionaria Misna - i partecipanti hanno stabilito i punti fondamentali della posizione comune del continente sui cambiamenti climatici. Tra questi, la necessità di risarcire l’Africa, alla luce della responsabilità storica dei Paesi industrializzati per le perdite ambientali, economiche e sociali causate dai mutamenti del clima, la creazione di un assetto istituzionale trasparente che verifichi la realizzazione degli obiettivi stabiliti a Copenhagen e perfezioni il trasferimento di tecnologie “verdi” dai Paesi sviluppati al Sud del mondo. Istanze fatte proprie anche dai partecipanti a un forum svoltosi nel fine-settimana a Copenhagen, oltre 100 parlamentari di nazioni industrializzate hanno indicato l’esigenza di includere un finanziamento, da parte di Paesi sviluppati, pari ad almeno 80 miliardi di euro all’anno per soddisfare i costi dell’adattamento al cambiamento climatico negli Stati in via di sviluppo. (A.L.)

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    Commercio delle armi: riprendono i colloqui all'Onu come chiesto dal Sinodo per l'Africa

    ◊   All’inizio di novembre il Comitato per il Disarmo dell’ Assemblea generale delle Nazioni Unite discuterà il Trattato sul Commercio delle Armi (Arms Trade Treaty-Att). Il Trattato è stato ricordato nell’Elenco finale delle Proposizioni dell’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi consegnate al Papa: “La Chiesa in Africa, riunita in Sinodo, a causa del proliferare di armi e mine nel continente e nelle sue isole, si associa alla Santa Sede, e di tutto cuore dà il benvenuto ad iniziative dell’ONU, dell’Unione Africana e delle organizzazioni intergovernative regionali, per fermare il traffico illegale di armi e per rendere trasparente qualsiasi commercio legale di armi. Il Sinodo - riferisce l'agenzia Fides - raccomanda che il Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace” aggiorni il suo documento sul commercio delle armi. I Padri sinodali incoraggiano i governi nazionali ad appoggiare lo studio in corso e la preparazione di un Trattato sul Commercio delle Armi (Att) all’Onu, con standard universali di coercizione per il commercio globale di armi convenzionali, che dovrebbe rispettare i diritti dell’uomo e la legge internazionale umanitaria”. I negoziati per l’adozione del Trattato si sono arenati tre anni fa, dopo che la maggior parte degli Stati membri delle Nazioni Unite aveva approvato una proposta per colpire il traffico illecito di armi di piccolo calibro. Un gruppo di sette Paesi, guidati dalla Gran Bretagna, sta ora spingendo per realizzare progressi concreti nella sessione del Comitato dell'Assemblea generale dell'Onu sul disarmo, che si riunirà ai primi di novembre, e durerà un mese. Gli Stati Uniti, il più grande produttore al mondo, esportatore e importatore di armi di piccolo calibro, ha capovolto la sua posizione dal 2006, quando è stato l’unico Paese a votare contro la proposta di Trattato. La nuova amministrazione appoggia il proseguimento dei negoziati formali. Il Trattato sul Commercio di Armi (Att) prevede di istituire un sistema di valutazione del rischio per determinare la legittimità di qualsiasi transazione di armi leggere, caso per caso, sulla base delle probabilità che le armi siano utilizzate per arrecare danno ai civili o usate in qualsiasi altro modo diverso dalle legittime esigenze di difesa nazionale o di sicurezza interne e di polizia. Il Trattato inoltre intende rafforzare gli accordi già esistenti sulle regole etiche dell’esportazione delle armi e fornire un quadro legale per punire i trasgressori. Sono proprio le disposizioni di tipo legale ad essere al centro del dibattito tra gli Stati. Il Trattato per la messa al bando delle mine antipersona del 1997 rappresenta un precedente incoraggiante per l’Att. Secondo i dati dell’Onu, nel mondo sono in circolazione 875 milioni di armi di piccolo calibro, la maggior parte detenute da privati. Una conseguenza particolarmente grave di questa situazione è il reclutamento di bambini soldato, facilitato dal fatto che diverse armi leggere sono state adattate alla loro corporatura. (R.P.)

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    Kenya ed Etiopia flagellate da carestia e colera

    ◊   Quasi 4 milioni di persone soffrono la fame in Kenya, dove occorrono almeno 390 mila tonnellate di cibo, circa 353 milioni di dollari, per far fronte al dramma della carestia. A rendere noti questi dati è un organismo governativo keniano che lancia anche un accorato appello ai donatori perché intervengano al più presto. Gli ospedali, soprattutto quelli gestiti da missionari, intorno agli slum d Nairobi, sono strapieni. La mancata distribuzione dell’acqua – riferisce il quotidiano Avvenire - ha moltiplicato a dismisura le già tragiche condizioni igienico sanitarie. Un analogo dramma ha colpito anche l’Etiopia dove sono a rischio oltre 6,2 milioni di persone. Secondo un comunicato inviato all’Agenzia Fides, due anni di siccità nell’Equatoria Orientale hanno lasciato centinaia di migliaia di persone dipendenti dagli aiuti esterni per la loro sopravvivenza. In questa regione, la Caritas fornirà a 10.000 persone aiuti alimentari, attrezzature agricole e sementi, mentre istruirà gli agricoltori nell’utilizzo di tecniche agricole migliori, per permettere il loro sostentamento fino al raccolto del 2010. (C.P.)

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    Martin Junge nuovo segretario generale della Federazione luterana mondiale

    ◊   E’ il pastore cileno Martin Junge l’ottavo segretario generale della Federazione luterana mondiale. Rimarrà in carica per un mandato di 7 anni. E’ stato eletto ieri dai 49 membri del Consiglio della Federazione luterana mondiale al termine dell’incontro che si è svolto dal 22 al 27 ottobre a Chavannes-de-Bogis, vicino a Ginevra. Con questa elezione – rende noto il Sir - Martin Junge diventa il primo rappresentante dell’America Latina e dei Caraibi a ricoprire la posizione più alta presso la Segreteria della Federazione Luterana Mondiale. 48 anni, teologo, sposato con due figli, Junge andrà a sostituire alla carica di segretario generale Ishmael Noko, che, dopo l'elezione nel giugno 1994, divenne a sua volta il primo africano a ricoprire la leadership dell’organo esecutivo della Federazione Luterana Mondiale. Pastore ordinato nella Chiesa evangelica luterana in Zimbabwe, Noko era stato confermato nel 1997, e poi rieletto per un mandato di sette anni nel 2004. Ma nella riunione del Consiglio nel giugno 2008 ad Arusha, in Tanzania, ha annunciato che avrebbe lasciato l'incarico il 31 ottobre 2010. (A.L.)

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    Aiuti umanitari da Seoul alla Corea del Nord

    ◊   La Corea del Sud ha offerto aiuti alimentari alla Corea del Nord, i primi in due anni dall’elezione del presidente sud-coreano Lee Myung-bak. Le derrate consistono in 10 mila tonnellate di grano, insieme ad aiuti umanitari e generi di prima necessità per bambini, madri e persone in difficoltà. Il materiale offerto da Seoul è ben lontano dal soddisfare i bisogni del Nord, vittima di carestie cicliche. Funzionari sud-coreani – in attesa di una risposta di accettazione dalla controparte nord-coreana – tengono a precisare che il carico, annunciato ieri, non cambia la politica di Seoul verso Pyongyang: un sostegno di ampia scala, resta sempre condizionato all’interruzione del programma nucleare. “Non vi sono state ancora particolari risposte dal Nord”, spiega Lee Jong-joo, portavoce del Ministero sud-coreano dell’unificazione. “Ma la Croce rossa – aggiunge – crede che il Nord accetterà” gli aiuti. I predecessori di Lee Myung-bak, nell’ultima decade, fornivano ogni anno circa 300 mila tonnellate di fertilizzanti e 500 mila tonnellate di riso al Nord. Dal punto di vista politico hanno ottenuto solo piccoli miglioramenti nei rapporti fra Nord e Sud, ma non lo stop alle attività nucleari. La fornitura di aiuti di vasta scala è stata interrotta con l’ascesa alla presidenza del conservatore Lee, che ha più volte ribadito l’intenzione di sostenere l’impoverita economia nord-coreana, solo in cambio dell’interruzione del programma nucleare. Ogni anno – ricorda Asia News - la Corea del Nord ha bisogno di almeno un milione di tonnellate di cibo, che non è in grado di produrre all’interno del Paese. Politica militarista, programmi agricoli non adeguati rendono drammatica la situazione nordcoreana. Per questo Pyongyang fa affidamento sugli aiuti dall’estero per riuscire a sfamare i suoi 24 milioni di abitanti. Gli aiuti umanitari offerti da Seoul rappresentano un ulteriore segnale del clima di distensione fra le due Coree, dopo mesi di scontri verbali ed esperimenti militari nel Nord. (A.L.)

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    Vietnam: i vescovi annunciano il Giubileo della Chiesa locale

    ◊   Una “grande assemblea del popolo di Dio”, organizzata “sul modello del Sinodo dei vescovi” sarà l’evento centrale dell’Anno Santo 2010, in cui la Chiesa vietnamita, come annunciano i presuli del Paese, celebra “i 350 anni dalla creazione delle due diocesi del Nord e del Sud Vietnam (1659-2009) e i 50 anni dall’istituzione della gerarchia cattolica in Vietnam”. Come l'agenzia Fides apprende dalla Chiesa locale, la grande assemblea si terrà a Ho Chi Min city dal 21 al 25 novembre 2010 e coinvolgerà Vescovi, teologi, sacerdoti religiosi e laici delegati dalle 26 diocesi vietnamite. Il modello organizzativo prescelto è quello del Sinodo dei Vescovi: infatti sarà messo a disposizione delle comunità diocesane uno schema (lineamenta) su cui riflettere e dibattere. L’insieme dei contributi delle comunità locali formeranno un documento di lavoro (instrumentum laboris) che servirà come piattaforma di confronto e discussione per i circa 200 delegati chiamati a formare la grande assemblea della Chiesa vietnamita. I presuli intendono così rendere il più possibile partecipe l’intera comunità delle sfide che in futuro la Chiesa è chiamata ad affrontare. Nella Lettera pastorale che la Conferenza episcopale ha diffuso declinando le proposte e l’organizzazione pastorale per l’Anno Santo, si sottolinea che la Chiesa intende ispirarsi a un modello di “comunione e partecipazione”. “La comunione trova la sua origine nel mistero della Trinità”, che “ci fa popolo di Dio, Corpo di Cristo, Tempio dello Spirito Santo”. I vescovi sottolineano anche che la Chiesa vietnamita intende svolgere la sua missione e contribuire all’edificazione di un società giusta e fraterna nella nazione. Il Giubileo si aprirà nella parrocchia di So Kien (ad Hanoi), il 24 novembre 2009, nella ricorrenza dei Martiri vietnamiti, e si concluderà il giorno dell’Epifania del 2011, nel Santuario mariano nazionale di La Vang. (R.P.)

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    Australia: il cardinale Pell contrario ad un documento sui diritti umani che limita la libertà religiosa

    ◊   “Le Chiese cristiane sostengono con forte convinzione la battaglia per il rispetto dei diritti umani, ma questo tema non può essere usato per tentare di ridurre, in modo occulto, la libertà religiosa”: è quanto afferma il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney in un recente messaggio in cui spiega la propria posizione sulla proposta di una Carta dei diritti umani avanzata dal National Human Rights Consultation Committee. I rappresentanti del Comitato, formato dai leader di alcuni gruppi progressisti, sottolineano che l’Australia è la sola democrazia occidentale a non aver ancora legiferato su una Carta dei diritti. Nel suo messaggio il cardinale Pell fa tuttavia notare che la proposta, così come è stata formulata, non può essere accolta in quanto il proposito di compilare “una lista definitiva” dei diritti comporterebbe comunque l’accettazione oppure l’esclusione di alcuni di questi secondo criteri stabiliti in modo non imparziale. L’arcivescovo di Sydney – rende noto l’Osservatore Romano - prevede che, se la Carta dovesse essere accolta, in ogni sede processuale il giudizio potrebbe rimettere in discussione tutta la legislazione australiana e anche quella del Commonwelth. Il cardinale Pell paventa anche il pericolo che una futura Carta dei diritti potrebbe essere usata per minacciare la libertà religiosa: leggi anti discriminatorie potrebbero essere adottate per colpire le scuole cristiane che preferiscono assumere i docenti tra quanti condividono lo stesso credo o per gli ospedali cattolici che rifiutano di assicurare quello che viene erroneamente denominato come “diritto all’aborto”. (A.L.)

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    Guinea-Bissau: Radio "Sol Mansi" promuove il dialogo tra cittadini ed esercito

    ◊   Nella piccola comunità cristiana di Mansoa, situata in Africa Occidentale, padre Davide Sciocco, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), ha fondato Radio “Sol Mansi” (letteralmente "Il sole è sorto") nel 2001, all'indomani della fine della guerra civile a cavallo tra gli anni 98-99. “In un momento in cui sono in discussione leggi e provvedimenti strutturali per riorganizzare l’esercito della Guinea Bissau – ha detto alla Misna padre Davide Sciocco - abbiamo avviato una trasmissione radiofonica particolare, rivolta proprio ai militari, per sensibilizzarli e portarli a riconoscere il loro ruolo all’interno di una democrazia e in tempo di pace”. Grazie anche all’aiuto della Caritas Germania, dell’ufficio locale delle Nazioni Unite e dello stesso capo di stato maggiore, da stazione locale, Radio “Sol Mansi” in pochi anni è cresciuta sia tecnicamente che in autorevolezza. L’obiettivo è quello di avvicinare due mondi molto distanti tra loro, cittadini ed esercito, in una nazione devastata dalla guerra civile e che nella sua storia recente ha vissuto diversi colpi di stato e momenti di crisi. La Guinea Bissau, una delle più piccole nazioni dell’Africa continentale, raggiunge un milione e mezzo di abitanti. È tra i 20 Stati più poveri del mondo ed ha un debito estero pari a 921 milioni di dollari. (C.P.)

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    In India la nuova emittente "Radio Sarang" per evangelizzare

    ◊   Un nuova radio per diffondere il Vangelo via etere: dopo un periodo di trasmissioni sperimentali, ha ora cominciato a trasmettere regolarmente “Radio Sarang”, la nuova emittente del Saint Aloysius College dei gesuiti di Mangalore, nel Sud dell'India. Il nome “sa-rang”, nella lingua locale significa “bella armonia di colori” e vuole essere il simbolo del pluralismo sociale, religioso e linguistico della popolazione di Mangalore, nello stato indiano del Karnataka, con l’auspicio che tali differenze possano coesistere in pace e armonia. Il termine ha anche altri significati: indica uno strumento musicale, un capriolo maculato e, infine, semplicemente è l’acronimo di “St Aloysius Radio, Mangalore”. “Trasmettiamo principalmente in quattro lingue – dice in una nota giunta all’agenzia Fides il direttore, padre Richie Rego – in konkani e tulu, le lingue locali, in kannada, la lingua del Karnataka, e in inglese. Ma alcune trasmissioni sono anche in malayalam, la lingua del Kerala, parlata anche qui dalla numerosa popolazione, soprattutto degli studenti, originaria di quello stato, e in beary, la lingua madre della comunità musulmana locale”. Per quanto riguarda i contenuti, sono molte le tematiche trattate: agricoltura, salute e igiene, problemi di assistenza legale alle classi più povere, vita e folklore locale, diritti umani, valori umani, etici e morali. “Tutti i programmi – nota ancora padre Richie – sono prodotti localmente, negli studi della radio o con interviste sul campo. Per adesso abbiamo avuto una buona accoglienza e speriamo di ampliare sia le ore di trasmissione sia il numero degli ascoltatori”. La missione tramite i mass-media è stata di recente ribadita dal Congresso Missionario Indiano, storico evento per la Chiesa in India, tenutosi a Bombay dal 14 al 18 ottobre scorso. (R.P.)

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    Incontro Latinoamericano e Caraibico dei responsabili nazionali di Pastorale giovanile

    ◊   “Camminando con Gesù al fianco della nostra gente”: è il tema del XVI Incontro Latinoamericano e Caraibico dei responsabili nazionali di Pastorale giovanile, in corso da domenica 25 fino a venerdì prossimo a Vinto, a Cochabamba, in Bolivia. L’incontro - rende noto l’agenzia Fides - riunisce 130 rappresentanti di 20 Paesi del Continente. Lo scopo del raduno è di “rafforzare la pastorale giovanile nel Continente, approfondendo la conoscenza della vita dei giovani al fine di animare il loro essere discepoli missionari, a sua volta generatore di vita per i nostri popoli”. Allo stesso tempo, l’iniziativa “rappresenta un passo importante nella preparazione del prossimo III Congresso Latinoamericano dei Giovani”, in programma l’anno prossimo nella città di Los Teques, in Venezuela. Al raduno, in corso a Cochabamba partecipano vescovi, consiglieri e giovani delegati di tutti i Paesi del continente. “L’ambiente di fede, entusiasmo e fraternità – si legge ancora nel comunicato – rappresenta una testimonianza di comunione ecclesiale e dei servizio ai più bisognosi del Continente, in sintonia con le riflessioni della V Conferenza generale dell’episcopato celebrata ad Aparecida e nel contesso della Missione Continentale”. Come ribadito anche da mons. Mariano José Parra, vescovo responsabile della Sezione giovani del Consiglio episcopale latinoamericano, la meta finale è “ottenere che la gioventù latinoamericana assuma la vocazione alla quale Dio la chiama, ossia l’essere discepoli e missionari, evangelizzatori degli stessi giovani”. (A.L.)

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    Argentina: la diocesi di San Miguel prepara l'Incontro nazionale dei Gruppi Missionari

    ◊   Il vescovo di San Miguel, mons. Sergio Fenoy, in un messaggio rivolto ai sacerdoti, ai superiori delle comunità di vita consacrata, ai direttivi delle comunità educative e ai membri di istituzioni e movimenti ecclesiali, ha convocato tutta la comunità diocesana a collaborare attivamente nell’organizzazione del III Incontro Nazionale dei Gruppi Missionari in programma dal 9 all’11 ottobre del prossimo anno sul tema “Discepoli Missionari, qui ed oltre le frontiere”. Il presule – riferisce l’agenzia Fides - ha annunciato che è attesa la partecipazione di cinquemila missionari di tutto il Paese, nella maggioranza giovani. “La possibilità di accoglierli - ha detto - rappresenta una vera grazia”. Si tratterà di “un’occasione per manifestare in maniera semplice, fraterna e festosa la nostra ospitalità verso tanti fratelli che ci visiteranno ed una opportunità affinché la nostra Chiesa particolare si rinnovi nel suo ardore missionario e nell’impegno per la missione permanente nelle nostre comunità”. L’organizzazione dell’Incontro è curata dalle Pontificie Opere Missionarie dell’Argentina, ma la Diocesi di San Miguel ha creato un’apposita Commissione che collaborerà in maniera stretta per i preparativi. A questo proposito, il vescovo ha detto di confidare nella disponibilità di “tutti”, pastori e fedeli, per preparare l’Incontro e “dare, a partire dalla povertà, il meglio che abbiamo”. In conclusione del suo messaggio, mons. Fenoy ha affidato a “Maria Santissima, stella della Nuova Evangelizzazione, a San Francesco Saverio e a Santa Teresa del Bambin Gesù i frutti spirituali e missionari del prossimo Incontro Nazionale dei Gruppi Missionari”. (A.L.)

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    Lotta alla povertà: i cittadini europei temono disoccupazione e salari bassi

    ◊   Alla vigilia della presentazione dell’Anno europeo contro la povertà, la Commissione tratteggia “un quadro desolante, che vede quasi 80 milioni di persone”, ossia il 16% della popolazione europea, “vivere al di sotto della soglia della povertà e affrontare grandi ostacoli nell’accesso all’occupazione, all’istruzione, agli alloggi, ai servizi sociali e finanziari”. Nell’indagine realizzata da Eurobarometro si legge: “Alti tassi di disoccupazione (52%) e salari inadeguati (49%) sono, nella percezione degli intervistati, le principali cause sociali della povertà, unitamente alle prestazioni sociali e alle pensioni insufficienti (29%) e al costo eccessivo di un alloggio decente (26%)”. D’altro canto, - riferisce l'agenzia Sir - tra le motivazioni “personali” che gli intervistati “ritengono essere alla base della povertà vi sono la mancanza di istruzione, formazione o qualifiche (37%), la povertà ereditata (25%) nonché la dipendenza da alcol e droga (23%)”. Nove europei su dieci “pensano che la povertà riduca le opportunità di ottenere un alloggio decente, otto su dieci ritengono che essere poveri limiti l’accesso all’istruzione”. Secondo il commissario Spidla, “l’Anno della lotta alla povertà, servirà a dar voce a coloro che ogni giorno lottano contro l’indigenza”. (R.P.)

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    Lettera del cardinale Bagnasco al clero e alla comunità cristiana sul “grande dono del sacerdozio”

    ◊   “Offrire alcune considerazioni che aiutino la meditazione spirituale sul dono ricevuto e sulla santità sacerdotale” e “condividere la necessità di una ‘regola di vita’ perché non viviamo frantumati e assorbiti dai numerosi impegni pastorali”: è quanto afferma l'arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, nella sua ultima lettera pastorale intitolata “Io sono il Buon Pastore”. Scritta in occasione dell'Anno Sacerdotale indetto da Benedetto XVI e consegnata ieri mattina al corso di aggiornamento diocesano per sacerdoti, la lettera “sul grande dono del sacerdozio” è indirizzata “al Clero ed alla comunità cristiana”. Il sacerdote – si legge nel testo ripreso dal Sir - “prima che essere servitore della carità, è ministro dei sacramenti, strumenti della vita divina”. Dal documento emerge con chiarezza ed insistenza come il sacerdote debba essere anzitutto uomo dello spirito. “Il pastore non è un funzionario a ore – afferma il cardinale Bagnasco - ma un uomo segnato dal fuoco dello Spirito. Per lui – aggiunge - non è questione di essere un ‘conquistatore’ di anime: prima di tutto deve lui essere ‘conquistato’ da Cristo”. Per questo il sacerdote “è l’uomo della gioia, una gioia intrisa di bontà, una gioia impenitente perché non è fondata su illusioni e su beni effimeri, ma su Dio”. Di conseguenza, “il sacerdote deve essere portatore di gioia”. Il sacerdote – sottolinea il cardinale Bagnasco - è inoltre chiamato alla santità, la “vera e più efficace risposta alla complessità inedita del mondo moderno”. La santità, ha aggiunto, “è un debito che abbiamo”: anzitutto al Signore “che ci ha chiamati per pura grazia”; poi alla Chiesa “che di questa vocazione ha il compito di discernimento, di guidarne la formazione”; al popolo di Dio “che ha il diritto e il desiderio di scorgere in noi i tratti del volto di Cristo buon Pastore”; infine è un debito anche verso il mondo “che, anche quando si dichiara non cattolico, guarda ugualmente al sacerdote con curiosità, non di rado con interesse, forse nell’inconfessata speranza di trovare i segni di Dio”. Il presbitero deve condurre il gregge “ai pascoli fecondi, nella via della verità e del bene, anche quando incontra incomprensioni e rifiuti”. Cristo – sottolinea – il porporato nella lettera - “ha insegnato che la verità e l'amore non si oppongono ma sono fatti per operare insieme nel cuore dei singoli e della società”. Il cardinale mette poi in guardia i sacerdoti dal “cercare nella vita pastorale le soddisfazioni umane” come “la propria volontà, la vanità, l’affermazione di sé, l’orgoglio, il protagonismo, il plauso degli altri”. “Dobbiamo ricordare – conclude il presidente della Cei - che le opere di Dio non sono Dio e che, se assorbono l’anima, possono farci dimenticare il volto del Signore”. (A.L.)

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    Convegno di studi a Roma su Papa Pio XII

    ◊   I documenti storici che continuano ad emergere dagli archivi dimostrano, in maniera sempre più manifesta, quanto Papa Pio XII si prodigò per salvare la vita e proteggere tutti i perseguitati, con particolare attenzione per gli ebrei. Ma Pio XII non fu solo il Papa degli ebrei. Per far conoscere la vastità degli interventi e dei contributi del Pontefice per la pace, il Comitato Papa Pacelli e la rivista Cultura & Libri hanno organizzato un incontro di studi, previsto oggi a Roma, a partire dalle 17.30, nella Basilica di San Lorenzo Fuori le Mura. L’incontro è stato promosso in occasione del 70.mo anniversario dell’Enciclica di Pio XI “Summi Pontificatus”. Parteciperanno, tra gli altri, il mariologo Stefano De Fiores, il teologo Nicola Bux e la studiosa Suor Margherita Marchione, autrice di 20 libri sulla figura di Pio XII. Alle 21.15 verrà inoltre proiettato il film “Pastor Angelicus”, realizzato nel 1942 con la regia di Romolo Morcellini. (A.L.)

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    Napoli: Messa presieduta dal cardinale Sepe nel trigesimo di madre Liliana del Paradiso

    ◊   Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo dell’arcidiocesi di Napoli, presiederà domani nel “Tempio della Regina dei Gigli” in San Giorgio a Cremano la solenne concelebrazione eucaristica per il Trigesimo del “Ritorno alla Casa del Padre” di madre Liliana del Paradiso. Madre Liliana, nata il 20 dicembre del 1911 a Venosa, in provincia di Potenza, è la fondatrice della “Compagnia della Regina dei Gigli al Servizio della Chiesa”, composta dal Ramo dei Religiosi ‘Padri e Ancelle’ e dal ramo dei Laici ‘Messaggeri e Messaggere della Regina dei Gigli’. La “ragion d’essere” di questa nuova Opera ecclesiale è quella di far conoscere la Madre di Dio con il nuovo titolo di “Regina dei Gigli” e di diffondere il suo evangelico messaggio di Purezza: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. (Mt 5,8). L’Opera ha la Casa Madre in San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, e due Case a Roma dove si svolgono le varie attività apostoliche. Attraverso la “Betania Mariana” dei fanciulli, dei giovani e delle famiglie, l’Opera entra in tutte le realtà sociali per collaborare nella Chiesa e con la Chiesa a quella “Nuova Evangelizzazione” ardentemente auspicata dal Pontefice e Servo di Dio Giovanni Paolo II. Nel luminoso Magistero del suo lungo pontificato, l’Opera di Madre Liliana ha trovato sovente il conforto della verità e dell’attualità del suo specifico carisma della Purezza e della sua spiritualità. Una breve citazione ce ne può dare un’idea: “Annunziate al mondo la ‘Buona Novella’ sulla purezza del cuore e, con l’esempio della vostra vita, trasmettete il Messaggio della civiltà dell’amore” (Omelia a Sandomierz in Polonia il 12-06-1999). E’ soprattutto dal novello Tempio della Regina dei Gigli che l’Opera irradia la “civiltà della purezza” per collaborare alla instaurazione della “civiltà dell’amore” implorata anche recentemente da Papa Benedetto XVI: “Signore…purificaci nella verità. Sii Tu la Verità che ci rende puri. Fa che mediante l’amicizia con Te diventiamo…capaci di sedere alla tua mensa e di diffondere in questo mondo la luce della tua purezza e bontà”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nucleare: Teheran accetta l’ipotesi di accordo ma chiede alcuni cambiamenti

    ◊   L'Iran accetta il “quadro generale” dell'ipotesi di accordo sul nucleare raggiunto a Vienna, ma chiede “importanti cambiamenti”. È quanto afferma la tv di Stato iraniana in arabo. Ma in precedenza l'agenzia semiufficiale Fars, citando una “fonte informata”, aveva riferito che l'Iran dirà “fra due giorni” se accetta o meno la bozza d'intesa con Usa, Russia e Francia, in base alla quale dovrebbe consegnare parte del suo uranio arricchito perchè venga trasformato in combustibile all'estero. In base al piano, elaborato da Mohammed El Baradei, direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), l'Iran dovrebbe consegnare gran parte del suo uranio arricchito al di sotto del 5 per cento, perchè venga arricchito a quasi il 20 per cento in Russia e trasformato in Francia in combustibile per alimentare un reattore a Teheran per la medicina nucleare.

    Pakistan - talebani
    Sono 42 i combattenti talebani uccisi oggi nell'operazione dell'esercito pachistano contro gli estremisti in corso da undici giorni nella regione tribale del Sud Waziristan, nel nord ovest del Paese ai confini con l'Afghanistan. Con i morti di oggi, il bilancio dei talebani uccisi stilato dai militari sale a 239 in 11 giorni di combattimenti. Sono invece 31 i soldati morti fino ad ora in battaglia. Solo nella cittadina di Razmak oggi sono stati uccisi 30 talebani, mentre gli altri 12 sono morti in scontri tra Sararogha e Kanigurram. L'esercito ha anche distribuito aiuti economici, cibo e coperte a una parte degli oltre 200mila rifugiati che hanno lasciato le loro case nel Sud Waziristan per sfuggire alla guerra.

    Afghanistan
    Nonostante l'iniezione di fondi internazionali ed europei (un miliardo di euro l'anno), i progressi in materia di riforme politiche e verso una gestione della cosa pubblica più trasparente in Afghanistan registrano progressi “troppo lenti” e in alcune aree “sono quasi del tutto inesistenti”. È il giudizio espresso dai ministri degli Esteri della Ue, in un documento discusso oggi a Lussemburgo per “migliorare il coordinamento e l'efficacia” della politica europea verso Kabul. La direzione è quella indicata nel rapporto del generale Usa Stanley McChrystal, che insiste sulla necessità di coniugare la missione militare con gli sforzi politici e civili. Ieri, di fronte alla più sanguinosa giornata che i soldati Usa abbiano conosciuto in Afghanistan da quattro anni a questa parte, con tre elicotteri caduti e 14 americani morti, il presidente Usa Obama ha valutato la situazione in una apposita riunione voluta al massimo livello politico. Obama poi è andato in Florida e davanti ai marinai della base navale di Jacksonville ha promesso: “Proprio per il rispetto nei confronti dei caduti, e di tutti coloro che rischiano la loro vita sotto le armi, non prenderò mai una decisione affrettata per quanto riguarda l'Afghanistan”.

    Al Qaeda - attentati in Iraq
    Un gruppo terroristico legato ad Al Qaeda ha rivendicato gli attacchi suicidi dell’altro ieri, avvenuti nella "zona verde" di Baghdad, che hanno provocato oltre 160 morti e circa 500 feriti. Gli obiettivi degli attentati, si afferma in un comunicato apparso su un sito web, erano il ministero della Giustizia e la sede dell’assemblea provinciale. Sulla realtà del terrorismo di matrice qaedista nel Paese del Golfo, Giancarlo La Vella ha intervistato Enzo Mangìni, dell’agenzia giornalistica Lettera 22:

    R. – Certamente la rete del terrore che fa riferimento a Osama Bin Laden non è più la stessa cosa di ciò che era nel 2001. C’è un recente reportage del quotidiano francese "Le Monde", che descrive appunto come si vada verso una specie di territorializzazione delle realtà afferenti ad Al Qaeda, che rimane una sorta di marchio dell’ala più oltranzista della galassia della Jihad internazionale. Pensare, però, che ci sia una strategia autonoma, esterna all’Iraq, che programma scadenze, occasioni degli attentati, questo è probabilmente un po’ azzardato. Oltretutto, Al Qaeda, in Iraq, si è spesso configurata in modo particolare, cioè non come un innesto proveniente dall’esterno, ma come una sorta di ombrello sotto il quale hanno trovato posto elementi sociali e politici esclusi dalla transizione innescata dall’occupazione americana del 2003 e che, quindi, pescano anche nelle complessità della società irachena, che è molto frammentata.

     
    D. – In questa situazione, il ruolo della comunità internazionale, che ancora mantiene contingenti militari...

     
    R. – Il ruolo principale della comunità internazionale dovrebbe essere quello di facilitare il più possibile un processo di riconciliazione nazionale, di evitare che la frattura all’interno dell’Iraq si approfondisca. Questa probabilmente è la china su cui lavorare. Tuttavia la comunità internazionale dovrebbe contemporaneamente fare anche un passo indietro, soprattutto dal punto di vista della gestione economica del Paese. Ancora pende sull’Iraq la questione controversa e complicata della legge sul petrolio, che naturalmente richiama all’attenzione gli interessi delle multinazionali petrolifere occidentali, essendo l’Iraq potenzialmente il secondo produttore mondiale di greggio. Senza, però, accettare il fatto che la stabilizzazione politica dell’Iraq passa anche attraverso la sua autonomia economica, diventa difficile poter fare un discorso credibile di ricostruzione nazionale.

     
    Obama - Medio Oriente
    Il presidente americano Barack Obama ha detto che il trattato di pace firmato 15 anni fa tra Giordania e Israele è un costante richiamo al fatto che “la pace è sempre possibile” anche nelle circostanze più difficili. Obama ha affermato, in una dichiarazione in occasione dell'anniversario, che la sua Amministrazione è determinata a far ripartire i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi e che l'accordo tra Giordania e Israele è fonte di ispirazione. L'accordo di pace venne firmato il 26 Ottobre 1994 tra il premier israeliano Yitzhak Rabin e Re Hussein di Giordania in una cerimonia vicino al confine tra i due Paesi.

    Immigrazione: tragedia del mare in Grecia
    Gli otto immigrati irregolari di nazionalità afghana morti oggi nel naufragio di un'imbarcazione proveniente dalla Turchia a largo dell'isola di Lesbo sono tre donne e cinque bambini, secondo un nuovo bilancio fatto dalle autorità locali e citato dalla tv di Stato. I bambini sono tra i 6 e i 12 anni. Dieci persone sono state salvate e fra questi il comandante turco del battello. Inizialmente un altro bambino era stato dato come disperso ma successivamente i superstiti hanno indicato che non vi erano altre persone a bordo dell'imbarcazione di legno infrantasi contro uno scoglio davanti a Capo Korakas. Dopo l'impatto, tutti i migranti sono finiti in mare dove la Guardia Costiera, assistita da un elicottero, e da pescherecci che si trovavano nella zona, ne ha tratto in salvo una parte e recuperato i corpi delle vittime. Decine di migliaia di irregolari giungono ogni anno in Grecia, in gran parte via mare provenienti dalla Turchia. La maggior parte toccano terra sull'isola di Lesbo, dove esiste un centro per l'accoglienza degli immigrati, che il governo appare orientato a chiudere a causa delle terribili condizioni di internamento.

    Zimbabwe
    Quattro ore di riunione di vertice conclusesi a tarda notte non sono servite a ricucire la rottura all'interno del governo di unità nazionale dello Zimbabwe, in realtà mai veramente decollato. Il Paese rischia così di precipitare nuovamente nella catastrofe economica e sociale da cui cercava faticosamente di tirarsi fuori, e fa intravedere la possibilità di nuove elezioni anticipate: una strada, però, molto difficile. L'incontro è stato al massimo livello: da una parte il presidente "padre padrone" dello Zimbabwe dall'indipendenza nel 1980, Robert Mugabe, dall'altra il primo ministro e leader dell'ex opposizione, uscita maggioritaria dalle ultime elezioni, 23 marzo dello scorso anno, Morgan Tsvangirai. Si tratta del primo incontro da quando, lo scorso 16 ottobre, il premier aveva dichiarata esaurita l'esperienza del governo di unità nazionale. Adesso si attende una riunione straordinaria dei Paesi della regione, che dovrebbe svolgersi entro fine settimana ad Harare.

    Bielorussia
    Un aereo per viaggi d'affari della compagnia russa S-Air è precipitato stasera nei pressi di Minsk, capitale della Bielorussia, causando la morte delle sei persone a bordo. Lo ha riferito un responsabile del ministero bielorusso competente per le situazioni di crisi. A morire nell'aereo Bae 125-1000 decollato da Mosca e precipitato a quattro chilometri dall'aeroporto di Minsk sono stati i tre passeggeri e i tre componenti dell'equipaggio. Secondo agenzie russe, fra i passeggeri morti c'è anche l'amministratore delegato della compagnia aerea specializzata in voli d'affari, Marat Romashkine.

    Thailandia
    Un poliziotto ed un sospetto separatista musulmano sono rimasti uccisi ieri sera in una sparatoria avvenuta nella provincia meridionale thailandese di Pattani. Un secondo agente è rimasto ferito, specificano fonti della polizia. Pattani è una delle tre principali province musulmane del Paese, vicino al confine con la Malaysia, teatro di violenze che hanno causato oltre 3.600 morti dal 2004. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 300

     
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