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Sommario del 24/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Le Proposizioni finali del Sinodo: l'Africa vuole prendere in mano il suo destino
  • Il bilancio del Sinodo nelle parole del cardinale Turkson, nominato dal Papa nuovo presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace
  • Africa: oltre il Sinodo. L’editoriale di padre Lombardi
  • Mons. Migliore: riforma agraria globale per vincere la fame nel mondo. Più potere agli agricoltori, meno al capitale
  • Spirito di amicizia e fiducia nel dialogo cattolico-ortodosso a Cipro sul ruolo del Vescovo di Roma
  • La Beatificazione di Don Carlo Gnocchi: le riflessioni di mons. Amato e mons. Pelvi
  • L'Ufficio Filatelico vaticano emette tre francobolli dedicati a Händel, Haydn e Mendelssohn
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Giornata dell'Onu. Mons. Migliore: ripartire dal disarmo nucleare
  • Migliaia di giovani a Roma per gli Stati generali dell'Antimafia
  • Il Messaggio della Chiesa italiana per la Giornata della Vita
  • Simposio sul Mississippi: intervista con il cardinale McCarrick
  • Discreto successo al Festival Internazionale del Film di Roma
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Cina: è emergenza siccità. Milioni di persone a rischio
  • Sri Lanka: inizia il rientro di 41 mila profughi
  • Un emissario consegnerà medicinali a padre Sinnot rapito nelle Filippine
  • Pakistan: iniziativa per abrogare la legge sulla blasfemia
  • Presidenziali in Uruguay: appello della Chiesa in difesa della vita
  • L'Accademia cattolica della Baviera premia Taizé come "luogo di riconciliazione"
  • In Brasile Chiesa e governo insieme contro l’Aids
  • Accordo tra Angola e Congo sui rimpatri forzati
  • Tanzania: progetto di solidarietà per gli agricoltori e i bambini malati di Aids
  • Mons. Padovese: la vicenda sulla chiesa di San Paolo a Tarso è ancora incerta
  • Il Times: 400 mila anglicani pronti alla piena comunione con la Chiesa cattolica
  • I vescovi del Canada invitano a proseguire il dialogo con gli anglicani
  • Albania: nasce il Consiglio interreligioso definito "volto della tolleranza"
  • Giubileo della Congregazione della Santa Croce nell’India del sud
  • India: per la Chiesa "fa ben sperare" la vittoria del Partito del Congresso a Mumbai
  • Spagna: consegnati a Oviedo i Premi Principe delle Asturie
  • Congo: la diocesi di Kilwa-Kasenga inaugura un sito Internet
  • A Fiuggi il XIV Convegno del Rinnovamento carismatico cattolico
  • In corso a Rimini le giornate internazionali della Fondazione Pio Manzù
  • Al via la campagna contro la fame della Comunità Papa Giovanni XXIII
  • 24 Ore nel Mondo

  • Pakistan: l'esercito avanza nelle roccaforti dei talebani nel sud Waziristan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Le Proposizioni finali del Sinodo: l'Africa vuole prendere in mano il suo destino

    ◊   Con la presentazione e la votazione delle cinquantasette Proposizioni finali, l’Aula del Sinodo dei Vescovi per l’Africa ha chiuso stamani i battenti. Il documento, di norma, è riservato al Papa che può basarsi su di esso per elaborare, eventualmente, un’Esortazione post-sinodale. Ma Benedetto XVI ne ha autorizzato la pubblicazione. Subito dopo l’ultima Congregazione, i Padri Sinodali hanno condiviso un momento di agape fraterna con il Santo Padre. Infine, domattina alle 10.00, il Papa presiederà la Messa conclusiva del Sinodo nella Basilica di San Pietro. La nostra emittente seguirà l’evento in diretta a partire dalle 9.50. Ma torniamo al contenuto delle Proposizioni finali del Sinodo con il servizio di Isabella Piro:

    È un’Africa che ha voce quella che esce oggi dall’Aula del Sinodo, un’Africa che ha voglia di rialzarsi e dire basta con lo stare ai margini del mondo, un’Africa che vuole prendere in mano il proprio destino. Non conta solo le sue piaghe, questo continente vivo, ma suggerisce anche i modi per rimettersi in marcia. Ed eccoli, i modi: queste 57 Proposizioni finali che il Sinodo dei Vescovi ha elaborato.

     
    Si parte con il ribadire l’importanza della comunione ecclesiale e del Sacramento della Riconciliazione, poiché essa apre la strada allo sviluppo. Tutti i belligeranti, allora, cessino le ostilità, chiedono i Padri Sinodali.

     
    Poi, il dialogo, declinato nella forma ecumenica, interreligiosa e con la tradizione africana. Nel primo caso, il Sinodo ricorda che la cristianità divisa è uno scandalo e invita la Chiesa a ricordare la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Sul fronte del dialogo interreligioso, invece, la religione non va politicizzata, le intolleranze e le violenze vanno eliminate. In particolare l’Islam superi le discriminazioni e il fondamentalismo e la Chiesa dia risalto alla libertà di culto e le vengano restituite le proprietà confiscate. Quanto alle religioni tradizionali africane, non si rifiuta ciò che di buono e santo contengono, si suggerisce la ricerca scientifica su di loro, si richiede un’azione pastorale per liberare l’Africa dalla piaga della stregoneria.

     
    Quindi, la pagina dedicata alla giustizia, articolata in vari punti: sicurezza della società, con l’appello ai governi perché fermino gli omicidi e i sequestri e ridistribuiscano i beni, creando così condizioni di vita migliori e fermando la “fuga dei cervelli”. Altro punto, l’eliminazione della povertà, attraverso un fondo continentale di solidarietà gestito dalla Caritas, la cancellazione del debito e dell’usura.

     
    E ancora: il tema dell’evangelizzazione dell’Africa, che deve vedere una maggiore diffusione della Dottrina sociale della Chiesa, e quello dell’educazione, perché anche questo continente vive un’emergenza educativa. Le scuole cattoliche siano tutelate nel diritto di frequenza, chiedono i Padri Sinodali, e lo Stato le sostenga.

     
    Centrale anche la difesa dell’ambiente, delle risorse naturali dell’Africa, dei beni essenziali come l’acqua e la terra. Per questo, il Sinodo mette in guardia dallo sfruttamento perpetrato dalle multinazionali, incoraggia le energie rinnovabili, guarda alla difesa degli agricoltori, condanna la cultura del consumismo a favore di quella della moderazione.

     
    Quindi, la pagina politica che vede la lotta alla corruzione, l’auspicio di una good governance, la promozione del diritto contro sistemi dispotici e militari in espansione. Le elezioni siano libere, trasparenti e sicure, dice il Sinodo, i leader religiosi siano imparziali, i membri del Parlamento siano assistiti dalla Chiesa.

     
    Poi, i temi dell’inculturazione e dell’evangelizzazione, da portare avanti grazie all’aiuto dei teologi, delle piccole comunità cristiane, di laici e catechisti ben preparati, che sappiano anche vincere la sfida di movimenti religiosi esoterici. Il Sinodo guarda anche a preti, seminaristi e consacrati: chiede loro di vivere il celibato come dono di Dio, di accertare la propria vocazione, di guardare all’esempio del Curato d’Ars.

     
    Inoltre, i Padri Sinodali si soffermano sulle categorie più vulnerabili: famiglie, donne, giovani, bambini, disabili. Per tutti chiedono un maggiore inserimento nella società, la fine delle violenze di cui sono vittime, una cura pastorale attenta. Centrale anche la questione del rispetto della diversità etnica, che va vista come unità nella diversità, piuttosto che come uniformità.

     
    E ancora, la questione sanitaria, segnata da Aids, malaria, droga e alcool: contro tutte queste piaghe, l’Africa dice no a stili di vita promiscui che ne aumentano la diffusione, vuole un accesso paritario e a basso costo ai medicinali, chiede la produzione di vaccini, incoraggia il lavoro della Chiesa.

     
    Il documento finale si sofferma anche sui migranti e i rifugiati, che in Africa sono 15 milioni, esprime preoccupazione per la criminalizzazione delle migrazioni e per le politiche restrittive in materia. Analoga attenzione è riservata ai detenuti, i cui diritti fondamentali non vanno violati. E forte l’appello all’abolizione totale e universale della pena di morte, così come quello alla realizzazione di un trattato sul traffico di armi e all'abolizione di quelle nucleari, biologiche e di distruzione di massa.

     
    Proposizioni singole sono poi dedicate al Protocollo di Maputo, del quale si deplora l’art. 14 che autorizza l’aborto terapeutico, svalutando, di fatto, anche la maternità, e alla globalizzazione, definita ambigua e che deve basarsi sulla solidarietà. Un’altra proposizione è riservata alla comunicazione, perché la Chiesa sia più presente nei mass media e il giornalismo sia etico, lontano da sensazionalismi e disinformazione. Infine, il Sinodo affida la Chiesa d’Africa a Maria, vero modello di riconciliazione, giustizia e pace.

     
    Il “Sinodo della Nuova Pentecoste”, così lo definiscono i Padri Sinodali, apre dunque la strada ad un’Africa di speranza, piena di voglia di fare e di fare anche da sola. E il mondo cerchi di non dimenticarlo.

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    Il bilancio del Sinodo nelle parole del cardinale Turkson, nominato dal Papa nuovo presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

    ◊   Al termine della congregazione di questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede ha avuto luogo l’ultima conferenza stampa a conclusione del Sinodo per l’Africa. Tra gli interventi quello del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, nominato questa mattina dal Papa presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Il porporato, finora arcivescovo di Cape Coast in Ghana e relatore generale del Sinodo, succede al cardinale Renato Raffaele Martino, dal 2002 alla guida del dicastero che lascia per raggiunti limiti di età. Ascoltiamo il cardinale Turkson al microfono di Paolo Ondarza.

    R. – Grazie al Signore, stiamo per terminare il nostro lavoro, che è durato tre settimane. Mi sembra che i partecipanti siano abbastanza soddisfatti per quanto riguarda lo stile di lavoro, il metodo utilizzato e i risultati stessi. Devo dire che per i Padri sinodali questa è stata una bella esperienza: hanno potuto condividere tante questioni, dopo essersi espressi sui problemi di ciascuna diocesi. Da quanto si è svolto in aula, sono nate non soltanto soluzioni, ma il coraggio e la speranza di andare avanti. Cioè, ci sentiamo incoraggiati a fare qualcosa!

     
    D. – E questo attraverso la comunione e lo stare insieme, l’essere Chiesa cattolica...

     
    R. – Andiamo via da qui nella consapevolezza che la Chiesa universale sta dietro a ciascun vescovo, e questo per me è una cosa molto importante: non ci si sente soli, anche se la situazione è molto difficile nelle nostre diocesi, nelle nostre parrocchie. Questo senso di solidarietà, che abbiamo potuto esprimere in aula, è la cosa più bella che è accaduta qui.

     
    D. – Sarebbe importante, in prospettiva, un altro Sinodo per l'Africa?

     
    R. – Questo dipende sempre dal Santo Padre! Prima dobbiamo vedere il documento che il Santo Padre preparerà sulla base di quello che abbiamo fatto, perché ora tutti gli interventi che sono stati fatti in aula vengono sottoposti a lui; vedremo quindi cosa ne farà lui. Forse, la possibilità di un terzo Sinodo spunterà dalle indicazioni che egli stesso darà nel suo documento. Poi, dipende anche da noi, perché la celebrazione di ciascun Sinodo è anche un impegno per coloro che partecipano al Sinodo. Nel primo Sinodo – “Chiesa in Africa” – abbiamo accettato di adottare il paradigma secondo cui dobbiamo sentirci come famiglia: questo è un compito, un impegno. Ogni pastore, ogni vescovo deve ora organizzare la propria Chiesa in maniera tale che si percepisca come una famiglia.

     
    D. - L’esortazione “Alzati Africa”: l’Africa ha le risorse per alzarsi, la capacità?

     
    R. – Le capacità ci sono e ci sono i mezzi ma ci vuole un buon programma, ben elaborato.

     
    D. – La Chiesa può essere importante in questo?

     
    R. – Certo! Io credo che in questo momento ci si possa ispirare a ciò che questa stessa fede e il Vangelo hanno fatto altrove. Lo sviluppo dell’università, lo sviluppo di tante altre cose qui in Europa è stato aiutato in gran parte da questa esperienza del Vangelo. Ugualmente, credo che possiamo e che abbiamo le risorse. Cosa manca? E’ la leadership che manca: la leadership nella Chiesa e nello Stato. Questo è ciò che si deve cercare di dare al continente.

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    Africa: oltre il Sinodo. L’editoriale di padre Lombardi

    ◊   Sui lavori del Sinodo per l’Africa ascoltiamo il commento di padre Federico Lombardi per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Dopo tre settimane intense, i vescovi riuniti a Roma tornano ai loro Paesi. Con il Messaggio e la serie delle proposte approvate dai Padri sinodali abbiamo in mano delle conclusioni provvisorie, in attesa del documento finale del Papa nei prossimi mesi. Il cammino della Chiesa in Africa entra in una nuova tappa.

     
    Il Sinodo non ha voluto discutere tutti i problemi dell’Africa, anche se ne ha discussi molti. Si è concentrato sul suo tema centrale: la Chiesa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Come diventare veramente forza spirituale propulsiva di un progresso di sviluppo integrale nella pace? Attraverso gli interventi dei Padri sono venute alla luce molte esperienze positive bellissime, spesso nutrite di saggezza tipicamente africana, da riproporre e far conoscere, come sostegno della speranza. A nostro avviso questa è ora necessità urgente: passare dalle grandi parole e dai concetti alle concrete esperienze di vita, alle storie da raccontare e alle canzoni da cantare, perché la gioia della riconciliazione, la sete della giustizia e la festa della pace diventino sentimenti della vita quotidiana in tutto il continente.

     
    E poi ci dev’essere la solidarietà della Chiesa universale. L’arcivescovo di Kinshasa, Monsengwo, ci ha detto che il cammino solidale con l’Africa si costruisce cercando e valorizzando non tanto le risorse materiali dell’Africa, le sue “materie prime”, ma la sua “materia grigia”, il cervello, cioè la mente e il cuore dei suoi abitanti. Nel rispetto per la dignità, la responsabilità e il giusto protagonismo degli africani. Oltre il Sinodo dobbiamo impegnarci a camminare tutti non solo “per” l’Africa, ma soprattutto “con” l’Africa.

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    Mons. Migliore: riforma agraria globale per vincere la fame nel mondo. Più potere agli agricoltori, meno al capitale

    ◊   L’appello ad un’urgente riforma del sistema agricolo globale per vincere la fame nel mondo è stato lanciato ieri al Palazzo di Vetro di New York da mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, nel suo nuovo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il servizio di Sergio Centofanti.

    La fame nel mondo invece di diminuire aumenta. Mons. Migliore ricorda che quest'anno per la prima volta le persone sottonutrite hanno superato il miliardo. E questo “anche se il mondo produce cibo a sufficienza per la comunità mondiale”. Il presule indica alcune cause strutturali: c’è da notare infatti che l’aumento della fame negli ultimi dieci anni “non è stato causato ma piuttosto accentuato dall’attuale crisi finanziaria”. Occorre “modificare i modelli di consumo”: nei Paesi in via di sviluppo “i terreni agricoli vengono utilizzati a fini non agricoli” e “i prodotti agricoli sono sempre più spesso destinati a scopi non alimentari”. E’ il caso per esempio dei biocarburanti.

     
    Oggi – ha affermato il rappresentante vaticano - è quanto mai urgente che gli agricoltori tornino ad essere “protagonisti” dello sviluppo agricolo. “Infatti – ha aggiunto - il potere reale dell'agricoltura oggi sembra risiedere non più nelle mani degli agricoltori, ma soprattutto nelle fasi che precedono e seguono la produzione. La leadership agricola è nelle mani di coloro che hanno il controllo del credito e delle nuove tecnologie, di coloro che gestiscono i trasporti, la distribuzione e la vendita di tali prodotti”.

     
    Per il presule occorre “dare maggiore importanza al ruolo del lavoro e della produzione rispetto al capitale, alle transazioni finanziarie e alle speculazioni”: in particolare le speculazioni – denuncia mons. Migliore - generano “una situazione destabilizzante di incertezza e imprevedibilità” con improvvise cadute dei prezzi e il blocco della produzione in certi settori agricoli con la conseguenza di “tragiche perdite di lavoro”. L’osservatore permanente punta il dito anche contro le distorsioni del mercato provocate dal protezionismo e dai sussidi a protezione degli agricoltori dei Paesi più sviluppati tutto a svantaggio dei Paesi poveri. “E’ necessario lavorare per la creazione di una nuova economia” – ha rilevato il presule - perché sia “attenta non solo al profitto, ma, soprattutto ai bisogni umani”.

    Mons. Migliore cita quindi il recente rapporto di Banca Mondiale e Fao dal titolo significativo: “Svegliare il gigante dormiente dell’Africa”. Un “gigante” di “400 milioni di ettari di savana che attraversa 25 Paesi, dal Senegal al Sudafrica, e che è dotato di un immenso potenziale agricolo”. Ad oggi “solo il 10% della savana viene utilizzato, ma una politica tempestiva e corretta – ha sottolineato - fondata sulle medie e piccole aziende agricole potrebbe dare i risultati sorprendenti già sperimentati in altre regioni del mondo”.

     
    Tuttavia – ha proseguito – “la scienza e la tecnologia, certamente necessarie per migliorare l'agricoltura, non sono sufficienti per affrontare i problemi esistenti” che “possono essere affrontati solo nel quadro di una solidarietà” che dia “maggiore attenzione alla dignità degli agricoltori, che più beneficiari dello sviluppo agricolo e della sicurezza alimentare sono i suoi veri protagonisti”.

     
    “Il dibattito sulla malnutrizione e la fame – ha concluso mons. Migliore - non ha bisogno di ulteriori astratte analisi e di moltiplicazione di parole, ma richiede azioni concrete” da parte di tutti.

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    Spirito di amicizia e fiducia nel dialogo cattolico-ortodosso a Cipro sul ruolo del Vescovo di Roma

    ◊   “Spirito di amicizia e collaborazione fiduciosa”: in questo clima si è svolta dal 16 al 23 ottobre a Paphos, a Cipro, l'undicesima riunione della Commissione Congiunta Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Al centro dell’incontro l’elaborazione di un Documento congiunto sul ruolo del Vescovo di Roma nella Comunione della Chiesa nel primo millennio: la riunione prosegue i lavori della Commissione a Ravenna nel 2007. I membri cattolici hanno definito la bozza del Documento come “una buona base”, confermando “l'intenzione di proseguire il dialogo con fiducia reciproca, in obbedienza alla volontà del Signore”. E’ stato quindi deciso che la dodicesima riunione plenaria sarà ospitata dal cardinale Christoph Schönborn, a Vienna dal 20 al 27 settembre 2010.

    Da parte loro, i rappresentanti ortodossi – rileva il comunicato - commentando “le reazioni negative al dialogo da parte di certi circoli ortodossi”, le hanno “unanimemente ritenute infondate e inaccettabili, dicendo che diffondono informazioni false e fuorvianti": hanno quindi “ribadito che il dialogo continua per decisione di tutte le Chiese ortodosse e viene perseguito con fedeltà alla Verità e alla Tradizione della Chiesa".

    Erano presenti venti membri cattolici e i rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse, con l'eccezione del Patriarcato di Bulgaria, vale a dire il Patriarcato Ecumenico, e i Patriarcati di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Mosca, Serbia, Romania, Georgia, e le Chiese ortodosse di Cipro, che ha ospitato “generosamente” l’incontro, di Grecia, Polonia, Albania, delle Terre Ceche e della Slovacchia. La Commissione ha lavorato sotto la direzione dei suoi due co-presidenti,
    il cardinale Walter Kasper e il metropolita Giovanni di Pergamo. Durante una celebrazione il cardinale Kasper - ricordando le parole del Signore: "Chi vuol essere il primo tra voi deve farsi servo di tutti" (Mc 10:44) - ha sottolineato che “lo spirito di umiltà e di amore” deve caratterizzare i lavori della Commissione. Da parte sua, l'arcivescovo di Cipro, Chrysostomos, ha rilevato che la grande tradizione ecclesiastica del primo millennio, con i Concili ecumenici e i Padri della Chiesa, è “una garanzia di autentica interpretazione teologica del sacramento della divina economia in Cristo, e della sua reale esperienza da parte dei fedeli nel sacramento della Chiesa, che, sotto la guida dello Spirito Santo, estende la continua e vivente presenza di Gesù Cristo nel mondo, fino alla fine del tempo”.

    In questa occasione, i co-presidenti della Commissione e altri partecipanti, tra i quali il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, sono stati ricevuti dal presidente di Cipro, Dimitris Christofias, che ha espresso “la speranza che questo importante dialogo continui in un mondo ancora diviso, come la stessa Cipro” auspicando progressi nel cammino verso la comunione tra le due Chiese.

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    La Beatificazione di Don Carlo Gnocchi: le riflessioni di mons. Amato e mons. Pelvi

    ◊   Le ultime ore prima della beatificazione di Don Carlo Gnocchi sono scandite dalla preghiera. A Milano i fedeli potranno pregare davanti al corpo del “papà dei mutilatini” fin da oggi pomeriggio nella chiesa di San Bernardino alle Ossa, lo stesso luogo in cui nel 1956 Don Gnocchi fu deposto poche ore dopo la morte. Alle 21, nella chiesa di Santo Stefano, adiacente a quella di San Bernardino, avrà inizio la veglia di preghiera. Domani mattina, poi, un corteo accompagnerà l’urna con le spoglie del sacerdote in Piazza Duomo per l’abbraccio di oltre 40 mila fedeli che assisteranno alla cerimonia di Beatificazione. Il rito si terrà alla presenza dell’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e rappresentante del Santo Padre. Ripercorriamo la vita di Don Carlo nel servizio di Amedeo Lomonaco:

    Don Carlo Gnocchi è nato a San Colombano al Lambro il 25 ottobre del 1902. L’infanzia è segnata dalla morte del padre e dei due fratelli maggiori. Nel 1925 viene ordinato sacerdote. Per se stesso e gli altri indica la via maestra della santità: nel 1934, rivolgendosi ai giovani del suo Oratorio, afferma che “nulla è più santificante e salvifico della santità” “che irradia tacitamente fede e bontà”. Nel ruolo di educatore è sempre animato da entusiasmo ed ottimismo: nel libro “Educazione del cuore” del 1937 scrive che “bisogna far sentire ai giovani che i buoni non sono pochi, che la virtù esiste ancora”. Confida sempre nella forza dell’amore, che permette all’uomo di “evadere dalla clausura dell’io”. Nel 1940 l’Italia entra in guerra e molti giovani studenti vengono chiamati al fronte. Don Carlo si arruola come cappellano volontario e parte per il fronte greco albanese. Nel 1942 riparte per il fronte, questa volta in Russia. Anche nel gelido della steppa russa il suo cuore arde di carità e amore evangelico: in un soldato morente scorge “i segni caratteristici del Cristo sotto la maschera essenziale e profonda di ogni uomo percosso e denudato dal dolore”. Durante la drammatica ritirata del contingente italiano, don Carlo viene trovato stremato ai margini della pista dove passavano i soldati. È proprio in questa tragica esperienza che matura in lui l’idea di realizzare una grande opera di carità. A partire dal 1945 comincia a prendere forma il suo progetto di aiuto ai sofferenti. Nel 1949 l’Opera di don Gnocchi ottiene un primo riconoscimento ufficiale: la “Federazione Pro Infanzia Mutilata”, da lui fondata l’anno prima per meglio coordinare gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime della guerra, viene riconosciuta ufficialmente dalla Repubblica italiana. La sua metodologia riabilitativa trova poi realizzazione concreta nel Centro Santa Maria Nascente di Milano, del quale assiste alla posa della prima pietra nel settembre 1955. Malato da tempo, don Carlo si spegne a Milano il 28 febbraio 1956. L’ultimo suo gesto è la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti confermando ancora una volta il suo totale affidamento alla carità e all’amore evangelico. La testimonianza di don Carlo Gnocchi ci ricorda che tutti devono tendere verso Dio, sforzandosi di essere – come ha detto lo stesso sacerdote lombardo - “cristiani attivi, ottimisti, sereni, concreti e profondamente umani, che guardano al mondo non più come ad un nemico da abbattere o da fuggire, ma come ad un prodigo (il figliol prodigo del Vangelo) da conquistare e rinnovare con l’amore”.

    Sulla figura di don Carlo Gnocchi, Roberto Piermarini ha intervistato il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, mons. Angelo Amato:

    R. - La vocazione sacerdotale e un mistero di grazia. E’ uno scambio meraviglioso tra Dio e un uomo. L’uomo dona a Cristo la sua umanità, affinché il Signore se ne possa servire come strumento di salvezza, quasi facendo di quest’uomo un altro se stesso. La vocazione, la sequela di Gesù, trovò nel cuore del tredicenne Carlo Gnocchi una tale risonanza spirituale, da spingerlo a rinunciare a tutto per Cristo, nella certezza che per questa strada la sua personalità si sarebbe pienamente realizzata. Questa è la chiave della sua figura sacerdotale. Don Gnocchi era un sacerdote tutto di Cristo, entusiasta della sua vocazione e della sua vita donata al Signore.

     
    D. – Dove nasce il suo molteplice apostolato e la sua dedizione assoluta ad aiutare il prossimo?

     
    R. - Proprio nel dono totale che egli fece di sé a Gesù. Già nei suoi primi impegni nelle parrocchie della diocesi di Milano egli fu incaricato di seguire i fanciulli, i ragazzi e i giovani in quella realtà originale che è l’ “Oratorio”, invenzione provvidenziale dell’apostolato giovanile cattolico. Qui don Carlo espresse al meglio le sue capacita educative, proponendo ai giovani senza incertezze una meta spirituale di alto profilo. Al pari del grande educatore san Giovanni Bosco, don Carlo era infatti convinto che la gioventù «è fatta non per il piacere ma per l’eroismo»; che «la gioventù deve volare per non strisciare» ; e che per questo occorre «battere al cuore dei giovani con fermo coraggio».

     
    D. – Quale fu il suo atteggiamento durante il periodo fascista?

     
    R. - Con coraggio e prudenza, allo stesso tempo. Don Carlo era convinto di non dover lasciare al fascismo il controllo e l’azione educativa delle giovani generazioni. Come cappellano di gruppi giovanili, con enorme rischio, egli si attenne sempre alle direttive degli arcivescovi milanesi, soprattutto del beato cardinale Ildefonso Schuster. che fu arcivescovo di Milano dal 1929 al 1954. Questa sua disponibilità educativa ed apostolica così fu da don Carlo stesso descritta in una lettera indirizzata proprio al suo santo Arcivescovo: «La presenza continua del sacerdote in mezzo a quei giovani non solo impedisce eccessi, ma dà un tono di moderazione a tutto l’ambiente e produce anche frutti positivi di bene».

    D. – In questo periodo oltre all'Oratorio, Don Gnocchi ebbe anche altri incarichi?

     
    R. - Questo suo atteggiamento di educatore cristiano Don Carlo lo continuò anche quando fu direttore spirituale presso il Gonzaga, la prestigiosa scuola dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Anche a questi giovani egli trasmise entusiasmo, passione per il Vangelo, desiderio di santità. Da queste sue esperienze educative nacquero libri che ebbero grande diffusione: Andate e insegnate (1934), Educazione del cuore (1937), I giovani del nostro tempo e la direzione spirituale (1940), ai quali in seguito si aggiunsero Restaurazione della persona umana (1946) e Pedagogia del dolore innocente, che fu pubblicato pochi giorni dopo la sua morte (1956), quasi suo testamento spirituale. In queste sue opere Don Carlo richiamava costantemente il primato della santità, ripetendo spesso: «Nulla è più santificante e salvifico della santità. Credetelo!». Una santità che si realizzava nell’educazione di un cuore, capace di amare, nel matrimonio, il coniuge e i figli. Per Don Gnocchi l’amore era la forza più benefica del mondo, perche Dio stesso è amore: «Amare vuole dire donarsi, dimenticarsi, sacrificarsi».

     
    D. - Come visse Don Gnocchi il periodo della seconda guerra mondiale?

    R. - Animato da questo zelo incontenibile ritenne suo dovere di educatore accompagnare i suoi giovani nella terribile esperienza della guerra, per essere loro vicino nei momenti di dolore, di paura, di smarrimento, di morte. Fu l’angelo consolatore dei valorosi alpini italiani durante la tragica ritirata di Russia, quando l’esercito italiano fu decimato. Fu allora che sorse il desiderio di fondare opere di carità per lenire il dolore innocente.

     
    D. - Don Gnocchi fu anche arrestato dalle SS…

     
    R. - Fu arrestato dalle SS il 17 ottobre 1944. Impegnato nella Resistenza, egli aiutava gli ebrei e i perseguitati politici a rifugiarsi in Svizzera. Fu liberato per interessamento del Cardinale Schuster.

     
    D. - Quando prese vita il suo progetto di aiuto all'infanzia mutilata?

    R. - L’8 dicembre 1945 una giovane madre disperata gli affidò il suo piccolo Paolo, orribilmente mutilato da un residuo bellico. Da quel momento Don Carlo spese tutte le sue energie per raccogliere e assistere le piccole e innocenti vittime della guerra. L’ultimo decennio della sua vita fu una vera epopea di carità, mediante la fondazione oggi chiamata Fondazione don Carlo Gnocchi. Si spense il 28 febbraio 1956 a poco più di 53 anni. In via del tutto eccezionale, i funerali si svolsero nel Duomo di Milano il 1 marzo 1956. Salutando il sacerdote defunto, un piccolo mutilatino disse tra la commozione generale: «Prima ti dicevo: Ciao Don Carlo. Ora ti dico: Ciao, San Carlo».

    D. - Cosa dice all’uomo di oggi Don Carlo Gnocchi?

     
    R. - Ai fedeli ripropone la meta di ogni cristiano: la propria santificazione. Agli sposi ricorda la gioia dell'amore vicendevole e l’impegno dell’educazione cristiana dei propri figli. Ai sacerdoti, in questo benedetto Anno Sacerdotale, ripete che il sacerdote deve continuamente specchiarsi in Cristo Gesù, esserne l'immagine e la voce, come seminatore di gioia e di speranza. Il gesto supremo della sua carità fu il dono delle sue cornee, affinché due piccoli potessero tornare a vedere. Fu il primo trapianto di cornee in Italia, un gesto che commosse il mondo. Ma a Don Carlo premeva soprattutto un altro trapianto, quello spirituale del cuore, in modo da cambiare il nostro cuore di pietra in cuore di carne, come il cuore misericordioso di Gesù.

    La carità e l’amore per Dio sono i tratti distintivi di Don Carlo Gnocchi. Il suo esempio è per la Chiesa una proposta concreta. E’ quanto sottolinea, al microfono di Luca Collodi, l’ordinario militare per l'Italia, l’arcivescovo Vincenzo Pelvi:

    R. – Mi pare che veramente don Gnocchi possa essere considerato non solo colui che ha raggiunto i lontani con la carità, ma colui che è un benefattore dell’umanità perché bastava l’incontro con i giovani che faceva ardere, appassionare quest’uomo, questo prete e a cui veramente va dato atto di aver proposto anche alla Chiesa di questo tempo e anche all’esperienza dell’Anno Sacerdotale una proposta concreta, perché chi si avvicina a Dio si avvicina agli uomini e chi vive accanto agli uomini ci vive bene e santamente perché è innamorato di Dio.

     
    D. – Don Carlo Gnocchi era un cappellano militare degli Alpini. Come ha svolto questo suo compito di servizio nel mondo militare?

     
    R. – L’autorevolezza del cappellano non dipende dal ruolo, dipende dalla sua fede e dalla santità della sua vita. La predica della vita di un cappellano è veramente la profezia del coraggio, della testimonianza; è anche – direi – la predica del buon esempio, come amava ricordare Don Gnocchi: ancora oggi diventa autorevolezza e – direi – significato della presenza del cappellano nelle forze armate. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    L'Ufficio Filatelico vaticano emette tre francobolli dedicati a Händel, Haydn e Mendelssohn

    ◊   E’ in corso a Roma, al Palazzo dei Congressi dell’Eur, il “Festival internazionale della Filatelia”, appuntamento filatelico promosso da Poste Italiane in collaborazione con la Federazione delle Società Filateliche Italiane, l’Associazione Filatelisti Italiani Professionisti e l’Unione Stampa Filatelica Italiana. Vi partecipano Paesi provenienti dall’Europa, del bacino del Mediterraneo, nonché Canada, Stati Uniti d’America, Argentina, Sudafrica, Australia. L’esposizione, che si concluderà domani, vede la partecipazione, tra gli altri, dell’Ufficio Filatelico e Numismatico dello Stato della Città del Vaticano, sulla cui presenza Luca Collodi ha intervistato il responsabile, Pier Paolo Francini.

    R. – E’ presente con un proprio stand, posizionato accanto a quello dell’Italia, e soprattutto è presente con le sue emissioni. Proprio nella giornata inaugurale c’è stata l’emissione fatta insieme all’Italia e alla Repubblica di San Marino di un francobollo dedicato alla lingua italiana, che ci è sembrato fosse l’elemento più importante, un collante fortissimo tra questi tre Stati di diverse, certamente, dimensioni, ma tutti e tre situati nella penisola italiana. Quindi, è un francobollo che rappresenta il sommo poeta Dante Alighieri.

     
    D. – Oggi è una giornata importante per le Poste Vaticane perché vengono emessi dei francobolli - diciamo così - un po’ particolari...

     
    R. – Sì, c’è l’emissione di una serie di francobolli dedicati a tre grandi musicisti – Händel, Haydn e Mendelssohn-Bartholdy - dei quali si celebrano quest’anno i centenari, anche se appartengono a scuole diverse e a periodi diversi. Il Vaticano emetterà appunto tre francobolli assieme ad una novità assoluta: ci sarà anche una composizione di un cd rom che contiene sia i francobolli che brani musicali tratti da opere di questi tre grandi artisti.

     
    D. – Allora chi acquisterà questa serie filatelica dedicata alla musica, oltre ai francobolli può avere anche un cd musicale?

     
    R. – Chi lo desidera può acquistare questo cd, che a sua volta contiene i francobolli. Questa è una novità, a livello europeo lo è certamente. Ed è una cosa molto bella, perché in fondo si fa un omaggio alla buona musica.

     
    D. – Ci sono altre iniziative dell’Ufficio Filatelico molto interessanti ai Musei Vaticani. Di cosa si tratta?

     
    R. - L’Ufficio Filatelico e Numismatico, anzi per essere precisi il nostro Museo, ha coordinato una mostra filatelica molto particolare, che si svolge nel Museo filatelico e numismatico dei Musei Vaticani. E’ una mostra dedicata a dei francobolli dello Stato Pontificio, mai emessi, ma dei quali sono stati recentemente fatti dei ritrovamenti storici che ci consentono di ricostruire tutto il percorso: dal disegno, dal bozzetto del francobollo originale – siamo nel 1868 – fino al francobollo stampato, ma non più messo in vendita, perché lo Stato Pontificio cessò di esistere nel 1870. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del vicedirettore a conclusione del Sinodo per l'Africa.

    Gestione responsabile delle istituzioni per tutelare lo stato di diritto: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla 64 sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

    La democrazia totalitaria; morale e diritto: in cultura, anticipazione del discorso del cardinale Julian Herranz, presidente della Commissione disciplinare della Curia Romana, alla settima edizione del Premio Bonifacio VIII ad Anagni.

    Socrate aveva torto: Lucetta Scaraffia recensice "Proust e il calamaro. Storia e coscienza del cervello che legge" di Maryanne Wolf.

    Un Giobbe del Midwest: Gaetano Vallini sul film dei fratelli Coen "A Serious Man".

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    Oggi in Primo Piano



    Giornata dell'Onu. Mons. Migliore: ripartire dal disarmo nucleare

    ◊   “Crisi multiple – alimentare, petrolifera, finanziaria, influenzale – stanno colpendo contemporaneamente, ognuna di queste crisi dimostra una verità del 21.mo secolo: condividiamo un pianeta, una casa”. E’ un passaggio del messaggio del segretario generale dell’Onu per l’odierna Giornata delle Nazioni Unite. Ban Ki-moon ricorda i compiti del Palazzo di Vetro e sottolinea come si stia dando vita ad un nuovo multilateralismo con l’obiettivo di giungere a risultati concreti, “specialmente per i più bisognosi”. E’ ancora attuale oggi parlare di unità delle nazioni di fronte alle tante crisi non ancora risolte in molte aree del pianeta? Benedetta Capelli lo ha chiesto a mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu:

    R. – E’ vero che le crisi si moltiplicano a cascata ma è anche vero che sono proprio le crisi a riproporre l’urgenza dell’unità delle nazioni sia per difetto che in positivo. Ad esempio, giustamente ci inquietiamo davanti alla smania di Paesi che vogliono dotarsi dell’arma nucleare e si minacciano sanzioni e isolamento politico ma senza grandi risultati. Ebbene questa inconcludenza fa risaltare una verità elementare: nessuno riuscirà mai a contenere la proliferazione nucleare se i cinque Paesi che nel 1968 si sono arrogati il diritto di possedere legalmente il nucleare a scopi militari non adempiono ora alla promessa fatta ormai nove anni fa di iniziare negoziati seri e in buona fede per concertare per primi il loro disarmo nucleare. In positivo invece possiamo citare la buona coordinazione degli sforzi per contenere i primi episodi dell’influenza A e per prevenire una vera e propria pandemia.

     
    D. - Sono molti e importanti i campi di intervento dell’Onu e tanti se ne aggiungono: solidarietà, mantenimento della pace, sanità, povertà, ma ultimamente anche salvaguardia del clima e crisi finanziaria. L’Onu è pronta ad affrontare una mole così vasta di temi?

     
    R. – Lo è se abbiamo ben chiaro che l’Onu non è tenuta a fare quei miracoli per i quali non è attrezzata. Voglio dire: quel che si chiede all’Onu è di provvedere tempestivamente a riconoscere le sfide, a coinvolgere tutti i Paesi del mondo nel dibattito, delle proposte concertate, delle leggi quadro che poi dovranno essere adottate. Questo l’Onu lo fa seppure a volte con intollerabili ritardi. Prendiamo il caso della crisi finanziaria: è chiaro che non si può chiedere a 192 Paesi di mettersi insieme e varare nei dettagli nuove normative o rinnovati meccanismi di controllo e di azione. Questo spetta piuttosto alle istituzioni specializzate, alle organizzazioni regionali e ai poteri locali che hanno meccanismi decisionali molto più agili. Però questi che agiscono in una cerchia più ristretta saranno efficaci solo nella misura in cui prendono in considerazione il risultato del dibattito e delle proposte offerte dall’Onu con la partecipazione di tutti i Paesi del mondo anche di quelli dotati di minor peso politico, demografico ed economico.

     
    D. – Spesso gli interventi dell’Onu, soprattutto in campo umanitario, non riescono a superare l’ostacolo della sovranità dei Paesi nei quali intervenire, che vedono poi messa in pericolo questa prerogativa dalla presenza di operatori stranieri. Oltre al mantenimento della pace mondiale, scopo per cui l’Onu è nata, occorrerebbe dare priorità alla salvaguardia dei diritti umani?

     
    R. – Certamente. Ma in tutto questo c’è un circolo vizioso: cioè, la chiusura all’intervento umanitario dall’esterno può essere determinata da tante ragioni ma spesso la vera ragione è che quel Paese ha dei problemi con i diritti umani, intende i diritti umani a modo proprio, è soggetto al potere politico del momento. Per questo, l’Onu deve puntare con determinazione su un lavoro preventivo di formazione di un senso generalizzato della sovranità responsabile: responsabile verso i cittadini prima ancora che verso il potere. Nei casi estremi, poi, più che a misura di forza o di sanzione, che difficilmente piegano i poteri politici, occorre coalizzare le nazioni amiche - quelle nazioni che mantengono interessi di vario genere nel Paese in questione - affinché usino la persuasione e la pressione politica ed economica.

     
    D. – Perché la comunità internazionale non riesce ad affrontare ad una voce sola la crisi mediorientale e quelle ad essa collegate? Che cosa manca alle Nazioni Unite per esprimere un piano di pace globalmente condiviso?

     
    R. – In 60 anni l’Onu ha prodotto ben 760 risoluzioni sulla questione israelo-palestinese e nessuna è andata a segno. Poi, piani di pace ce ne sono in abbondanza: gli accordi di Oslo, gli accordi di Camp David, Road Map, i lavori del Quartetto, etc. Ma la crisi dei rapporti tra israeliani e palestinesi, che ormai è cronica purtroppo, potrà essere risolta quando le parti interessate e in particolare i Paesi allineati all’una o all’altra parte esprimeranno una volontà politica in tal senso: la sola su cui può puntare l’Onu per esprimere un piano di pace che funzioni.

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    Migliaia di giovani a Roma per gli Stati generali dell'Antimafia

    ◊   La mafia può essere battuta tenendo insieme la mobilitazione della società civile, il risveglio delle coscienze e l'azione dello Stato. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano intervenendo ieri pomeriggio agli “Stati generali dell’Antimafia”, organizzati a Roma dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti. Sono arrivati in migliaia nella capitale, soprattutto giovani, per partecipare a questo evento pensato anche per rafforzare le strategie contro la criminalità organizzata. Alessandro Guarasci:

    Il presidente Napolitano ha fiducia nel futuro. Il capo dello Stato fa notare che “la mafia ha trovato il modo di crescere e svilupparsi, mentre contemporaneamente è molto cresciuta la mobilitazione, la coscienza civile e l’azione dello Stato. Se teniamo insieme in sinergia questi elementi penso che vinceremo”. D’accordo don Luigi Ciotti:

    E’ un momento complesso e difficile nel contrasto alle varie forme di illegalità, di corruzione, alle mafie. E’ un momento in cui dobbiamo riconoscere i passi fatti in avanti nell’arco di questi anni, il grande fermento di una società civile responsabile, però il morso del più deve veramente oggi più che mai appartenerci a tutti”.

    Tra le testimonianze di ieri pomeriggio, quella di Stefania Grasso che rappresenta i Familiari Vittime della Mafia. Eccola al microfono di Giuseppe Petrocelli:

    R. – La mia è una storia semplice e non è tanto la mia storia, quanto la storia della mia famiglia, la storia di mio padre, che viveva e ci ha educato a vivere nel rispetto di quei principi di cui oggi io, grazie a Dio, sono ancora testimone: rispettare le regole, comportarsi bene. Lui ci ha sempre insegnato che questo ci faceva vivere felici. La storia di mio padre purtroppo non ha un lieto fine, perché è stato assassinato nel marzo dell’’89 sotto casa in maniera brutale. E noi siamo stati, purtroppo, in qualche maniera testimoni di quello che succedeva, perché lui non ci ha mai nascosto che aveva delle richieste estorsive, come non ci ha mai detto che i colpi che sparavano contro le vetrine del nostro negozio erano dei botti di Natale.

     
    D. – Come si fa a trasformare il dolore in impegno?

     
    R. – Questo è un merito che ha avuto don Luigi, quando ha deciso di raccogliere tutti i familiari di vittime innocenti. Ci troviamo e avvertiamo la necessità che quello che c’è successo non sia fine soltanto alla nostra vita, ma che possa continuare anche ad esistere dopo che non avremo più la forza di raccontarlo.

     
    D. – Cosa ti senti di dire a chi, soprattutto giovane, pensa che la mafia sia una cosa lontana, che non ci riguardi...

     
    R. – Lo pensavo anch’io e vivevo a Locri. Invece, tocca tutti e bisogna tenere gli occhi aperti. La cosa più importante è di non farsi coinvolgere dalla mentalità della mafia, non tanto dalla mafia come associazione a delinquere, ma da quella mentalità che ti fa scambiare il diritto come favore.

    Tanti i giovani arrivati a Roma per questo evento, e non tutti dalle regioni meridionali. Segno che la lotta alla mafia è una questione nazionale. Sentiamoli:
     
    “Vogliamo costruire insieme una comunità alternativa alle mafie e al malaffare”.
     
    “Testimoniamo una realtà che non si può capire se si vive in altri posti, in altri contesti”.

     
    “Siamo qui per cercare di cambiare qualcosa che per noi non è giusto”.

    L’educazione, la scuola, l’università, ribadisce don Ciotti, hanno un ruolo fondamentale nel formare le coscienze.

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    Il Messaggio della Chiesa italiana per la Giornata della Vita

    ◊   La crisi economica che si abbatte sulle famiglie e la tutela della vita, dal concepimento fino al suo termine naturale, su queste due direttrici si articola il messaggio dei vescovi italiani per la 32.ma Giornata Nazionale per la Vita che si terrà il 7 febbraio 2010. Massimiliano Menichetti.

    “La forza della vita una sfida nella povertà”. Con questa esortazione, tema della prossima Giornata nazionale per la vita, i vescovi italiani presentano le tante difficoltà che la società sta vivendo a causa delle ricadute della crisi economica mondiale, ma anche la forza della vita in se stessa ed il valore costruttivo della solidarietà. Il documento denuncia quei sistemi economici che producono povertà e creano forti disuguaglianze sociali, che “feriscono ed offendono la vita, e mette in luce la necessità di rimuovere quegli ostacoli che impediscono il sostentamento, le cure mediche o l’istruzione. “La povertà, infatti, può abbrutire e l’assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella propria dignità”. I vescovi si dicono vicini alle famiglie, a chi ha perso il lavoro, ai giovani che vedono un orizzonte non facile, ma colgono l’occasione per rimarcare che “il benessere economico non è un fine, bensì un mezzo. Un dissennato consumismo – scrivono – può “sfociare in una vita povera di senso e di ideali elevati, ignorando i bisogni di milioni di uomini e di donne e danneggiando irreparabilmente la terra, di cui siamo custodi e non padroni”. La crisi economica, nella lettura fornita attraverso il prisma del Vangelo, può diventare un’occasione di crescita per riscoprire la bellezza della condivisione. “Ci fa capire - dicono i presuli - che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio rifiutando senza cedimenti il delitto dell’aborto”. Centrale è anche la vicinanza a quelle madri che spaventate dallo spettro della recessione economica, possono essere tentate di rinunciare o interrompere la gravidanza, da qui l’esortazione ad impegnarsi concretamente nell’aiuto e vicinanza. Carlo Casini presidente del Movimento per la Vita:

    R. – Noi abbiamo esperienza di quanto le condizioni economiche possano incidere, possano determinare la morte di tanti bambini, perché le mamme perdono il coraggio, le famiglie perdono la capacità di accogliere. Sappiamo anche però una cosa rovesciata - come dicono anche i vescovi - e cioè che quando vi è una visione chiara del valore della vita umana, le difficoltà, anche le più gravi, possono essere superate. E questa è un’esperienza che è abbastanza comune. Quindi, mi sembra che il messaggio colga l’attualità che stiamo attraversando e inviti a due cose: da un lato a potenziare gli aiuti a servizio delle famiglie e delle mamme in difficoltà e, dall’altro, a rendere sempre più chiara la ragione del coraggio che si chiede alle persone, cioè l’esistenza di un essere umano fin dal concepimento.

     
    D. – I vescovi sentono la necessità di ribadire: l’aspetto economico non è un fine, ma un mezzo...

     
    R. – Noi viviamo in un mondo malato, dominato dal materialismo pratico: ci comportiamo come se Dio non ci fosse. Comportarsi come se Dio non ci fosse significa considerare come valore fondamentale il dato economico, avere soldi. Ci vuole certo - il benessere delle famiglie è un valore essenziale – ma non è il fine ultimo. L’economia deve servire all’uomo. Ecco, perché bisogna riuscire a recuperare il valore di vita, come prima pietra di un edificio totalmente da ricostruire.

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    Simposio sul Mississippi: intervista con il cardinale McCarrick

    ◊   Sono proseguiti con una sessione di studio sull’inquinamento del fiume Mississippi e delle aree limitrofe i lavori del Simposio di Religione Scienza e Ambiente, in corso in Louisiana. I partecipanti al convegno hanno visitato la comunità di Chalmette, alla periferia est di New Orleans, sede di un impianto petrolchimico. Il servizio della nostra inviata al Simposio, Giada Aquilino:

    Soltanto una rete metallica separa le ciminiere dell’industria petrolchimica di Chalmette e la comunità cittadina. I residenti vivono a ridosso dell’impianto, uno dei 175 in piena attività in quella striscia di terra lunga 90 miglia che separa New Orleans da Baton Rouge, più a nord. Gli abitanti chiamano questa zona “Cancer Alley”, vicolo del cancro. Gli ambientalisti l’hanno invece soprannominata “Mississippi River Chemical Corridor”, il corridoio chimico del fiume Mississippi. I nomi non lasciano adito a dubbi. Gli abitanti vivono quotidianamente a contatto con emissioni di sostanze chimiche nocive. L’allarme per le conseguenze sulla loro salute è forte. Asma, bronchite cronica, emicranie, eruzioni cutanee, tumori, come si legge in un rapporto tossicologico dell’estate 2004 che i cittadini hanno distribuito ai partecipanti al Simposio, accompagnandoli per le vie di Chalmette, proprio accanto agli impianti industriali, tra fumi e rumore. La zona è la stessa colpita dalla devastazione dell’uragano Katrina, che provocò la fuoriuscita di oltre un milione di galloni di greggio dalle raffinerie locali. La ricostruzione edilizia in questa periferia est di New Orleans è più lenta rispetto ad altre zone. I cantieri sono ancora aperti. Molte sono le case abbandonate. Ma nessuno ha perso le speranze, come conferma Margie Eugene Richard, presidente di uno dei comitati cittadini: crediamo in Dio, dice, e poi intona un canto del Sud. Così si va avanti in Louisiana e in quest’America dal volto diverso, provato ma intenso.

     
    Ma cosa rappresenta il fiume Mississippi nella tradizione americana? Giada Aquilino lo ha chiesto al cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington:

    R. – It is for us the old Indian …
    Per noi, nell’antico idioma indiano, è il “padre delle acque”. E’ importante che noi prendiamo coscienza di cosa significhi per il mondo e per il futuro dell’umanità. Personalmente, sono profondamente riconoscente al Patriarca per essere venuto sul Mississippi …

     
    D. – Sia il Patriarca sia il Papa nel suo messaggio, sia gli scienziati al convegno hanno ricordato l’uragano Katrina. Lei cosa ricorda di quei giorni dell’estate 2005?

     
    R. – I remember it very well. The Holy Father had asked …
    Oh, ricordo molto bene! Il Santo Padre aveva chiesto all’allora arcivescovo Paul Cordes di venire in quest’area della costa degli Stati Uniti e insieme abbiamo visitato le zone colpite. Una delle cose che ci hanno colpito è stata la grande vitalità della Chiesa negli Stati Uniti. Con il cardinale Cordes abbiamo sorvolato la città New Orleans e siamo rimasti profondamente colpiti da questa tremenda catastrofe. E poi, la domanda: potrà sopravvivere questa città? Potrà tornare come prima?

     
    D. – La Chiesa ha avuto un ruolo importante nei soccorsi: in questo contesto, che importanza ha il dialogo tra cattolici e ortodossi nella salvaguardia del Creato?

     
    R. – There is no question but that terrible catastrophe …
    Non c’è dubbio che ogni catastrofe, terribile come quella portata da Katrina, ci pone nuovamente davanti alla grande domanda: dove sta andando il mondo? Cosa possiamo fare, noi, per prevenire queste distruzioni? Noi sappiamo che la comunità cattolica non può farcela, da sola. Ecco perché incontri come questi, che riuniscono scienza e religione, che raccolgono la preoccupazione di gente di tutto il mondo, sono molto importanti!

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    Discreto successo al Festival Internazionale del Film di Roma

    ◊   Si è svolta ieri sera all’Auditorium la cerimonia di Premiazione dei vincitori del Festival Internazionale del Film di Roma che si chiude, dopo nove intensi giorni di cinema, con discreto successo e buoni risultati di pubblico. Verdetto inaspettato della Giuria presieduta dal regista Milos Forman che riconosce vincitori film decisamente originali e che chiedono una doverosa riflessione. Il servizio di Luca Pellegrini.

    Centoduemila biglietti emessi e 10.400 alunni delle scuole laziali e della capitale coinvolte dal Festival per avvicinare il cinema come strumento non solo di intrattenimento, ma di riflessione e dibattito: un’ottima tendenza per una manifestazione che vuole prima di tutto inserirsi nella vita della città rivolgendosi di preferenza al pubblico e agli appassionati di ogni età. Sono stati 85 i film programmati nelle sezioni ufficiali provenienti da 43 nazioni del mondo, quindi una buona copertura geografica e culturale e soprattutto un numero equo, anche se non sempre la qualità è rimasta invariata su punte di eccellenza: alcuni titoli sono stati decisamente di grande interesse, altri meno, creando così giornate festivaliere seguite con alterna attenzione, anche dagli addetti ai lavori. Le sale, però, è un buon dato, sono state occupate al 92%. Quanto ai premi, ecco un verdetto abbastanza provocatorio. Il Marc’Aurelio d’Oro per il miglior film è andato al danese Fratellanza di Nicolò Donato - che ha subito trovato la Lucky Red pronta a distribuirlo nelle sale italiane - nel quale la storia di una passione tra due giovani neonazisti si contrappone all’ideologia violenta e intollerante che anima il loro gruppo di appartenenza. Le conseguenze saranno drammatiche. Opera decisamente difficile, dura, spigolosa e che aprirà dibattiti, si spera almeno positivi per il bene della società. Miglior attore Sergio Castellitto per Alza la testa di Alessandro Angelini: splendida prova nel quale interpreta un padre difficile che perde un figlio e si troverà ad affrontare, dopo il trapianto del cuore, una novità sconvolgente. Anche se si tratta di un film non perfettamente riuscito, sarà possibile trarre da questa storia altrettanto dura qualche interessante spunto di riflessione sui comportamenti familiari e il disagio sociale che investe le famiglie e le situazioni cosiddette “di frontiera”. Ancora una volta viene confermata Helen Mirren come la regina del cinema europeo, vincendo per il film The Last Station di Michael Hoffman sugli ultimi mesi di vita di Tolstoj: un incoraggiamento affinché questa preziosa biografia cinematografica possa così trovare anch’essa una distribuzione italiana. Gran premio della Giuria Marc’Aurelio d’Argento a L’uomo che verrà di Sergio Diritti, che vince anche il riconoscimento assegnatogli dal pubblico: verdetto più che mai corretto, trattandosi certamente di uno dei film più belli del concorso. Debitrice dello spirito austero e puro che ha contraddistinto il grande cinema di Olmi, l’opera seconda del regista emiliano Giorgio Diritti si impone per la forza e l’originalità con la quale affronta la spaventosa strage di Marzabotto compiuta dalle truppe naziste sul finire del settembre 1944 investendo le comunità contadine residenti alle pendici di Monte Sole in Emilia. Sono gli occhi di una bambina sordomuta che captano i segni di una violenza incombente e poi la subiscono, insieme ai 770 che furono orrendamente massacrati. Stile terso, narrazione compatta che pone nelle scene finali la piccola chiesa come ultimo, drammatico rifugio, mentre fuori impazza la follia e scorre il sangue. Le date del prossimo quinto Festival Internazionale del Film di Roma sono già da inserire in agenda: dal 29 ottobre al 6 novembre 2010.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 30.ma Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui un cieco, di nome Bartimèo, grida verso Gesù per essere guarito. E nonostante molti lo rimproverino continua a gridare ancora più forte: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». Gesù gli dice:
     
    «Va', la tua fede ti ha salvato».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:

    Bartimeo, il mendicante cieco di Gerico gridava, gridava sempre più forte, perché il Signore lo sentisse. Il suo grido era una preghiera e il grido è la sostanza di ogni preghiera.

     
    Al momento del parto il bambino emette un grido. Anche nell'ultimo momento della vita c'è il grido. Di Gesù i Vangeli dicono: «ed emesso un alto grido, spirò» (Mt 27,50).

     
    Ma se il primo grido è necessitato, l'ultimo no, l'ultimo deve essere preparato dal grido della vita intera. Così l'uomo giusto e fedele dice: «Non abbia sosta il mio grido» (Gb 16, 18); «Davanti a Te, Signore, grido giorno e notte» (Sal 87, 2); «A Te grido, Signore, non restare in silenzio, mio Dio, perché se Tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa» (Sal 27,1).

     
    La preghiera e il grido vanno insieme e salgono dalla povertà e dall'esilio: «Dal profondo a Te grido, o Signore!» (Sal 129, 1).

     
    C'è una grande semplicità ed integrità nella voce dell'uomo che grida a Dio. Al punto che anche di Gesù si dice: «Nei giorni della Sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberarLo» (Eb 5, 7).

     
    Tutta la vita serve, da questo punto di vista, per imparare a non cercare consistenza in altro, se non in quel grido: «Gesù, abbi pietà di me!»

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    Chiesa e Società



    Cina: è emergenza siccità. Milioni di persone a rischio

    ◊   Peggiora la piaga della siccità nel centro e nel sud della Cina, lasciando milione di persone e animali senza acqua da bere, coi campi senza irrigazione. Il governo dà colpa ai cambiamenti climatici, ma i problemi nascono anche dalle dighe costruite dall’uomo, soprattutto quella delle 'Tre gole'. Secondo l’Ufficio meteorologico cinese, le regioni più colpite sono Guangdong, Jiangxi, Anhui, Shandong per i quali sono previste piogge scarse o nulle nei prossimi 10 giorni. Xinhua afferma che almeno 1,34 milioni di persone e oltre 320 mila capi di bestiame grosso soffrono di mancanza d’acqua e più di 600 mila ettari di coltivazioni sono a rischio. Nel solo Guangdong le piogge sono diminuite del 20% mettendo in crisi l’irrigazione dei campi. Negli ultimi 10 giorni le vittime della siccità sono passate da 54 mila a 240 mila. A questi vanno aggiunti almeno 3 milioni di persone nell’Hunan colpite dalla siccità, dove le piogge sono diminuite dell’80%. Problemi simili si registrano nella Mongolia interna, nell’Helongjiang, nel Liaoning, nello Shanxi. I fiumi e i laghi hanno ridotto così tanto il volume di acqua che le barche per la pesca locale si incagliano spesso nella sabbia e vi rimangono anche per mesi. Nella zona di Zhuhai, vicino alla foce Fiume delle Perle, c’è il pericolo che l’acqua salata del mare invada il letto del fiume, distruggendo le coltivazioni. Il governo attribuisce le poche precipitazioni ai forti cambiamenti climatici. Ma essi sono frutto dell’inquinamento, causato dallo sviluppo industriale e urbanistico, come anche dal disboscamento di intere zone che ha favorito la desertificazione. La popolazione accusa anche tutti i progetti di dighe e centrali idroelettriche attuati in questi anni. Tutte le province a valle della diga delle Tre gole, ad esempio, soffrono la più severa siccità da diversi anni. Essi accusano le autorità di voler riempire al massimo il bacino della diga, senza preoccuparsi dei bisogni di coloro che vivono a valle. (R.P.)

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    Sri Lanka: inizia il rientro di 41 mila profughi

    ◊   “Si tratta del più veloce programma di reinsediamento al mondo”. Queste le parole di Basil Rajapasaka, fratello e consigliere del presidente dello Sri Lanka che secondo Asianews ha evidenziato il processo di re-insediamento di oltre 41 mila profughi della guerra nelle loro terre di origine. È a partire da giovedì scorso che ben 12.0000 famiglie hanno cominciato ad abbandonare i campi profughi per tornare nei distretti di Mullativu e Kilinochchi. Il governo ha stabilito che ogni famiglia riceva utensili da cucina, attrezzi per l’agricoltura e coperture per i tetti delle abitazioni che le attendono. Oltre a questo le autorità hanno garantito 25mila rupie per ogni nucleo familiare e razioni di cibo non deperibile per i prossimi sei mesi. Mentre da New Delhi giungono notizie di soddisfazione per l’inizio del programma di ricollocazione delle cosiddette Internally displaced persons ( IDPs) il Ministro di Stato per gli affari esteri, Preneet Kaur, ribadisce che “ le operazioni devono avvenire più velocemente dal momento che a destare preoccupazioni sono le condizioni igienico-sanitario in cui sono costretti a vivere gli IDPs nei campi. Il numero dei segregati nei campi rimane ancora alto e si aggirerebbe intorno ai 160mila. ( G.C.)

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    Un emissario consegnerà medicinali a padre Sinnot rapito nelle Filippine

    ◊   La diocesi di Pagadian, nelle Filippine, ha affidato a un suo emissario l’incarico di far pervenire alcune medicine a padre Michael Sinnott, il missionario irlandese della comunità di San Colombano, rapito l’11 ottobre scorso nei pressi della sua abitazione, a Pagadian nella provincia meridionale di Zamboanga. La notizia, diffusa dall’Osservatore Romano, è riportata dall’agenzia Misna. All’emissario è stato chiesto inoltre di scattare una foto a padre Mchael, proprio per dimostrare che sia ancora in vita. Diverse le voci circolate sulla vicenda. Fonti vicine al Fronte di liberazione islamico Moro (Milf) - un gruppo che si batte per l’indipendenza di alcune zone meridionali delle Filippine e che è attualmente in trattativa con lo Stato - hanno affermato di essere a conoscenza del luogo in cui padre Sinnott sarebbe tenuto. “La principale preoccupazione – hanno dichiarato fonti missionarie della Misna – è in questo momento la salute di padre Michael che ha 78 anni di età e si è di recente sottoposto a un intervento chirurgico”. (E. B.)

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    Pakistan: iniziativa per abrogare la legge sulla blasfemia

    ◊   Esponenti della società civile pakistana hanno organizzato una due giorni di incontri per discutere della controversa legge sulla blasfemia, norma del codice penale che prevede l’ergastolo o la condanna a morte per chi profana il Corano o ingiuria il profeta Maometto. Il primo convegno - riferisce l'agenzia AsiaNews - si è tenuto oggi a Karachi, nella provincia meridionale di Sindh; domani sarà la volta di Rawalpindi, nella provincia settentrionale del Punjab. Il gruppo attivista Resistenza popolare (Pr) ha proposto per oggi, a Karachi, una tavola rotonda dal titolo “La legge sulla blasfemia: una valutazione oggettiva da un punto di vista religioso, legale e sociale”. I membri spiegano di essere “profondamente turbati” per i recenti incidenti avvenuti “a Gojra e in altri luoghi, dove molte persone innocenti hanno subito violenze vergognose e distruzioni”. Essi intendono promuovere “un dialogo schietto e aperto” che mira a “comprendere a fondo la legge sulla blasfemia e le implicazioni per la nostra società”. Domani, a Rawalpindi, un’altra organizzazione cristiana – il Pakistan Christian Congress (Pcc) – ha in calendario una “conferenza” che riunisce “tutti gli schieramenti cristiani” per discutere le modalità da seguire per l’abrogazione delle Sezioni 295 B e C del codice penale pakistano. Secondo dati della Commissione nazionale giustizia e pace della Chiesa cattolica (Ncjp), dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. Essa costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite. (R.P.)

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    Presidenziali in Uruguay: appello della Chiesa in difesa della vita

    ◊   Oltre 2 milioni e mezzo di elettori sono chiamati domani alle urne in Uruguay per eleggere il nuovo presidente, dopo il socialista Vazques che non può presentarsi per un nuovo mandato. In vista dell’appuntamento elettorale l’Istituto diocesano di Bioetica ha pubblicato un comunicato contenente alcuni punti per la scelta. Il testo – riporta l’agenzia Zenit - afferma che tra i criteri devono figurare la difesa della vita, dal concepimento alla morte naturale e la promozione della famiglia basata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Valori, che, secondo l’Istituto, non hanno solo un carattere confessionale, ma “derivano semplicemente da una retta comprensione razionale di quello che è l'essere umano”. Proprio per questo – si legge - “sono sottoscritti e sostenuti da una grande quantità di persone appartenenti a un ampio ventaglio di posizioni filosofiche, compresi atei, agnostici, credenti di varie religioni e fratelli cristiani di altre confessioni”. L’Istituto sostiene inoltre che quando si vuole equiparare giuridicamente l’unione tra persone omosessuali a quella di una coppia formata da un uomo e una donna si verifica una grande distorsione del concetto di famiglia. Il 9 settembre scorso, l’Uruguay è diventato il primo Paese dell’America Latina ad approvare la legge per l’adozione da parte di coppie omosessuali, dopo che nel 2007 erano state legalizzate anche le unioni tra persone dello stesso sesso. Per questo, indica ancora il comunicato, la promozione della famiglia e del matrimonio “è tanto più necessaria quanto più si negano o si distorcono i principi”. Nello stesso tempo, l’Istituto ha invitato a “giudicare con senso critico le politiche concrete per il loro modo di affrontare il problema globale della vita umana nell'Uruguay di oggi”. Il Presidente eletto entrerà in carica il primo marzo 2010. Il favorito della tornata sembra essere un rappresentante della coalizione di centro-sinistra al potere, l’ex guerrigliero tupamaro Josè Pepe Mujica. I sondaggi però non gli attribuiscono la vittoria al primo turno e prevedono dunque il ballottaggio, in programma il prossimo 29 novembre. Si vota per eleggere il vicepresidente e il Parlamento. Verranno eletti 30 senatori e 99 deputati per la XVII legislatura. (E. B.)

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    L'Accademia cattolica della Baviera premia Taizé come "luogo di riconciliazione"

    ◊   Taizé è “luogo di riconciliazione”: con questa motivazione, la comunità di Taizé è stata insignita del Premio ecumenico dell’Accademia cattolica della Baviera. Il premio di 10 mila euro è stato consegnato a Monaco al priore della comunità, Frère Alois, e a un confratello. In vista della seconda edizione della Giornata ecumenica, prevista a Monaco nel 2010, il riconoscimento "rende onore a Taizé quale luogo simbolico di riconciliazione tra cristiani e popoli divisi", recita il documento - ripreso dall'agenzia Sir - in cui sono esposte le motivazioni dell’assegnazione. Nel ricevere il premio – che dal 1995 viene assegnato a persone o istituzioni che si distinguono in ambito ecumenico - Frère Alois ha ricordato il fondatore di Taizé, Roger Schutz, che agì “mosso dalla domanda su come rendere i cristiani lievito di pace nell’umanità”. La consapevolezza del fatto che la riconciliazione non può essere rinviata ad un altro momento "è oggi più che mai attuale", ha detto, rivolgendo un appello ai cristiani, affinché non sprechino più le energie "in piccole guerre. E’ ora di riunire i doni che lo Spirito Santo ha sparso in tutte le famiglie cristiane”. Il denaro ricevuto verrà utilizzato dalla comunità di Taizé, che non accetta donazioni, per stampare bibbie da distribuire in Cina. (R.P.)

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    In Brasile Chiesa e governo insieme contro l’Aids

    ◊   Al via nei prossimi giorni in Brasile una vasta campagna per incoraggiare la popolazione a sottoporsi al test precoce del virus Aids-Hiv, promossa dal governo e dalla Chiesa. L’iniziativa di prevenzione – riporta l’Osservatore Romano - è stata lanciata nella sede del Ministero della Salute, dal ministro Socrates, alla presenza del segretario della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), mons. Dimas Lara Barbosa, vescovo ausiliario di Sao Sebastiao do Rio de Janeiro il quale ha sottolineato che “operare insieme per la tutela della vita e della salute dei cittadini costituisce un esempio di alta politica”. Il ministro ha invece affermato che l’impegno congiunto di Chiesa e governo consolida altre iniziative comuni che riguardano gli anziani e i bambini. Convergenze di grande rilevanza umana e sociale in quanto - ha ricordato – “il 60% della popolazione brasiliana non ha effettuato alcun test per l’Aids-Hiv”. Per il vescovo responsabile della pastorale per la salute della Cnbb, mons. Rixen, ritiene che con questa partership, le informazioni possono arrivare dove il Ministero della Salute non può essere presente. Il Ministero – ha ribadito il presule – “sa che la Chiesa è presente capillarmente fra i poveri, gli emarginati, i derelitti, gli esclusi”. Per il consigliere nazionale dei sussidi pastorali, padre Luiz Carlos Lunardi, la lotta contro la malattia rappresenta una grande sfida per il Paese. “La Chiesa – ha detto – incoraggia le persone ad affidarsi ai servizi sanitari per la prevenzione e per la terapia dell’aids: diffondere la cultura della vita – ha spiegato – a partire dal rispetto e dalla tuela della propria vita”. Con lo slogan “Dichiara il tuo amore per te”, la campagna partirà in cinque città – Manaus, Curitiba, Forteleza, Porto Alegre e Joao Pessoa, e mobiliterà 13 mila operatori sanitari al fine di “incrementare la consapevolezza dell’importanza del test aids”. A loro si uniranno altri 260 mila operatori per la pastorale dell’infanzia e 80 mila per la pastorale della salute. (E. B.)

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    Accordo tra Angola e Congo sui rimpatri forzati

    ◊   I governi di Angola e Repubblica Democratica del Congo hanno deciso di sospendere le massicce e reciproche espulsioni e i rimpatri forzati, impegnandosi inoltre a cooperare sul fronte della lotta contro l’immigrazione illegale e a garantire la sicurezza. La decisione – riporta l’agenzia Misna – è emersa durante una riunione alla presenza di una commissione mista di rappresentanti dei due Paesi, avvenuta in questi giorni a Kinshasa, che si è conclusa con l’impegno a ritrovarsi a Luanda a novembre. Preoccupano tuttavia le condizioni delle decine di migliaia di persone rimpatriate. In Angola, costretta a gestire il ritorno di circa 42.000 persone, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr/Acnur) ha annunciato l’avvio di un piano di emergenza che prevede la consegna di tende e beni di prima necessità. La maggior parte dei profughi si trova in un campo chiamato “Madre Teresa”, collocato nella provincia dell'ex Zaire. Nella provincia sudoccidentale congolese del Bas-Congo sono invece almeno 18.000 i profughi rientrati negli ultimi due mesi, molti dei quali hanno anche denunciato maltrattamenti da parte di soldati angolani. Difficile comprendere le origini della crisi. Alcuni osservatori parlano di un contenzioso sul controllo di alcune aree ricche di risorse petrolifere, soprattutto a largo delle coste atlantiche. Non trascurabili però anche gli scopi politici, soprattutto in Angola, dove il governo da anni respinge i congolesi da zone dominate dall’opposizione. In questi giorni la notizia di un’incursione dei soldati angolani in territorio congolese, alla ricerca di presunti ribelli del Fronte per la liberazione dell’enclave di Cabinda, un movimento armato angolano. (E. B.)

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    Tanzania: progetto di solidarietà per gli agricoltori e i bambini malati di Aids

    ◊   Una cantina sociale “fiorentina” a Miuji, in Tanzania, per sostenere gli agricoltori locali. È il nuovo obiettivo del “Progetto Tanzania”, promosso dalla Cooperativa agricola di Legnaia, in collaborazione con le onlus Pangea di Scandicci e Amici dei Missionari del Preziosissimo sangue e con la Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. L’obiettivo, informa una nota, è quello di realizzare una cantina sociale che raggruppi tutti i piccoli agricoltori locali, per sviluppare una produzione di vino di qualità rivolto al mercato locale e delle strutture turistiche, capace di garantire un ritorno economico che migliori le condizioni di vita della popolazione. “L’idea è nata da una richiesta di padre Arcadius Mapindusi, responsabile agricolo della missione di Miuji – spiega Simone Tofani, coordinatore del Progetto Tanzania e responsabile dell’Area Tecnica della Cooperativa - per migliorare la piccola produzione di vino della struttura. Le condizioni climatiche particolari, che consentirebbero due vendemmie l’anno, e la volontà di fornire un supporto economico vitale alla popolazione dell’area, ci ha spinti verso il progetto di una cantina sociale, con gli agricoltori locali chiamati a portare l’uva alla missione, che si occuperebbe successivamente della trasformazione e della commercializzazione del prodotto, dividendo gli utili fra i soci”. In questo contesto, continua Tofani, la Cooperativa di Legnaia e Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze forniranno il supporto tecnico e il “know how” per lo sviluppo della produzione e per la gestione economica. Da sottolineare, inoltre, che con il Progetto Tanzania, la Cooperativa agricola di Legnaia si è impegnata anche a destinare l’uno per mille del suo fatturato, circa 30 mila euro annui, al Villaggio della Speranza di Dodoma, impegnato nella prevenzione, cura e sostegno sociale per i bambini orfani affetti da Aids o figli di genitori malati, e all’ospedale di Itigi, unico vero presidio medico in una zona estremamente disagiata. (R.P.)

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    Mons. Padovese: la vicenda sulla chiesa di San Paolo a Tarso è ancora incerta

    ◊   Resta ancora in stallo in Turchia la vicenda della chiesa di San Paolo a Tarso, oggi museo, di cui, da tempo, si attende la restituzione al culto. A confermarlo all’agenzia Sir è il presidente della Conferenza episcopale turca (Cet), mons. Luigi Padovese. "Dal 1° settembre i pellegrini non pagano più il biglietto, ma i problemi restano e sono reali", ha detto il presule, riferendosi alla prassi adottata dalle autorità turche alla fine dell'Anno Paolino che obbliga i gruppi a prenotare con almeno tre giorni di anticipo alla direzione del museo. "La situazione non è migliorata, anzi - rivela il vescovo - da qualche giorno la polizia in divisa entra in chiesa durante le funzioni. Vedere uomini in divisa in chiesa crea allarmismo anche nei pellegrini. Una cosa da evitare". "Non sappiamo quando ci sarà un cambiamento definitivo della situazione - aggiunge mons. Padovese -. Le parole del Ministro della Cultura e del Turismo erano di speranza nei confronti di Tarso anche se in tempi non determinati. Tuttavia mantenere aperto il problema potrebbe far pensare che non lo si voglia risolvere". Il presidente dei vescovi turchi ricorda che non va meglio al Patriarcato ecumenico con la situazione della scuola teologica di Halki (chiusa nel 1971) “che nonostante le buone parole non si è ancora risolta”. Per mons. Padovese è “arrivato il tempo di passare dalle parole ai fatti”. “Sono consapevole delle tensioni che ancora ci sono nel Paese, però questi gesti devono essere fatti se la Turchia vuole fare passi avanti nel cammino di integrazione europea. In questo senso - conclude - giudico molto positivo lo storico accordo di riaprire relazioni diplomatiche con l'Armenia. Credo sia nell'interesse dei due Paesi arrivare a dei chiarimenti e a relazioni. L'importante è non dimenticare la storia passata". La chiesa di San Paolo – lo ricordiamo - era stata trasformata in museo dal governo turco nel 1943. Le richieste per la fine delle restrizioni al culto cristiano sono giunte in questi anni anche da diverse personalità religiose straniere. (L.Z.)

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    Il Times: 400 mila anglicani pronti alla piena comunione con la Chiesa cattolica

    ◊   Circa 400mila fedeli anglicani sarebbero disposti a entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica. Lo afferma il ‘Times’ di giovedì, annunciando, in prima pagina, che i leader religiosi di oltre 400 mila anglicani che si oppongono all’ordinazione di donne, chiederanno immediatamente di essere ricongiunti alla Chiesa cattolica, secondo i dettami dell’imminente Costituzione apostolica di Benedetto XVI. L’iniziativa del Pontefice – scrive ancora il quotidiano londinese, citato dall’Osservatore Romano – “è vista da alcuni anglicani come uno degli sviluppi più significativi nel mondo protestante dopo la Riforma che diede vita alla Chiesa d’Inghilterra”. Il ‘Times’ riferisce inoltre che almeno 500 membri del gruppo Foward in Faith, che si oppone alle donne vescovo, si incontreranno questo fine settimana per discutere delle novità prospettate. (E. B.)

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    I vescovi del Canada invitano a proseguire il dialogo con gli anglicani

    ◊   Proseguire il dialogo con gli anglicani. E’ la volontà espressa dai vescovi cattolici del Canada durante la loro assemblea plenaria (Cecc) terminata giovedì scorso a Cornwall, in Ontario. I presuli – riporta l’Osservatore Romano – hanno compiuto una riflessione approfondita sui legami fra le due comunità – i cattolici rappresentano il 43% della popolazione canadese, gli anglicani il 7% – che ha evidenziato la necessità di migliorare i già buoni rapporti. A condurre il dibattito il vescovo di Santi-Hyacinthe, Francois Lapierre, copresidente del dialogo teologico anglicano-cattolico romano (Arc), e dal vescovo di Trois-Rivieres, Martin Veillette, presidente della Commissione episcopale per l’unità cristiana, le relazioni religiose con gli ebrei e il dialogo interreligioso. Assieme a loro anche due teologi cattolici che fanno parte dell’Arc: l’abate Gilles Routhier, dell’Università Laval a Quebec, e mons. Donald Bolen, della diocesi di Regina, già membro del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. L’assemblea ha anche portato all’elezione dei vescovi che comporranno il Consiglio permanente della Cecc per i prossimi due anni: il nuovo presidente è il vescovo di Saint-Jerome, Pierre Morissette, che succede all’arcivescovo di Winnipeg, Vernon James Weisgerber. I membri della Cecc si sono soffermati tra l’altro anche sul ruolo dell’Organizzazione cattolica canadese per lo sviluppo e la pace (Occdp) e soprattutto sulle raccomandazioni contenute nel rapporto prodotto da un comitato d’inchiesta della Conferenza episcopale. Questo comitato è stato istituito lo scorso mese di marzo in seguito ad una serie di accuse secondo cui l’Occdp avrebbe finanziato dei progetti che avrebbero coinvolto gruppi ‘pro-aborto’ messicani. Al termine dell’indagine il comitato ha stabilito l’infondatezza di tali accuse, ma ha stilato sette raccomandazioni che suggeriscono all’Occdp di vigilare maggiormente prima di attribuire sovvenzioni. (E. B.)

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    Albania: nasce il Consiglio interreligioso definito "volto della tolleranza"

    ◊   E’ stato lanciato giovedì scorso, nel corso di una cerimonia a Tirana e alla presenza del presidente della Repubblica Bamir Topi, il Consiglio interreligioso di Albania che riunisce le principali comunità religiose del Paese. A darne notizia è “Religion for peace-Europa” precisando che la nascita del Consiglio interreligioso è “il frutto di un processo di dialogo portato avanti da alcuni anni”. I membri fondatori - riferisce l'agenzia Sir - sono l’arcivescovo Anastasios, capo della Chiesa ortodossa di Albania, Selim Muca, capo della comunità musulmana, mons. Rrok Mirdita, presidente della Conferenza episcopale albanese e Haxhi Dede Reshat Bardhi, capo della “World Bektashi Headquarters”. Nel suo discorso di apertura, il Presidente della Repubblica Topi ha detto che il dialogo interreligioso è “il volto della tolleranza”. Ed ha aggiunto: “Con tutto il cuore, intendo sostenere il lavoro del Consiglio interreligioso sia personalmente che come presidente". L'arcivescovo Anastasios ha detto: "Solo attraverso la coesistenza pacifica delle comunità religiose si può prosperare", esprimendo poi l’auspicio che le comunità religiose possano “essere voci profetiche per un vero sviluppo”. Mons. Rrok Mirdita, presidente della Conferenza episcopale di Albania ha sottolineato che "il Consiglio interreligioso è il frutto della buona volontà delle persone di fede presenti nel Paese". (R.P.)

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    Giubileo della Congregazione della Santa Croce nell’India del sud

    ◊   Da 50 anni i sacerdoti della Congregazione della Santa Croce svolgono il loro prezioso servizio pastorale ed educativo nell’India del Sud. A festeggiare il Giubileo nella città di Bangalore – riporta l’agenzia Fides - è stata una folla di fedeli che nei giorni scorsi ha partecipato a una Solenne Eucarestia celebrata dall’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Moras. E’ una missione a largo raggio quella dei missionari della Santa Croce, sbarcati nel golfo del Bengala già nel 1853 e stabilitisi nell’India del Sud, dove oggi è istituita un Provincia religiosa. I 74 religiosi presenti operano nelle parrocchie, sono impegnati come docenti nelle scuole, svolgono servizi sociali, catechesi, direzione spirituale, consulenza famigliare. La congregazione vanta inoltre un folto drappello di giovani indiani che stanno compiendo il cammino di discernimento per poi far domanda di ingresso ed essere accolti ufficialmente nella congregazione. Alla celebrazione del Giubileo ha partecipato il superiore generale, padre Hugh Cleary, che ha sottolineato come “la missione dei padri della Santa Croce è una missione senza frontiere”, che deve “condividere con gli altri il dono ricevuto, che è l’amore di Dio”. Il Giubileo della Congregazione della Santa Croce nell’India del Sud è stata un’opportunità per ribadire l’impegno missionario, proprio all’indomani del Congresso Missionario Indiano, nel terzo millennio, nella multiforme e pluralistica realtà del subcontinente indiano. La Congregazione della Santa Croce, fondata nel 1837 da un prete diocesano francese, padre Basil Anthony Moreau, conta nel mondo circa 1.500 religiosi presenti in 16 Paesi. In India conta 47 comunità organizzate in due province, una nell’India del sud, la seconda nell’India nordorientale, e un vicariato. (E. B.)

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    India: per la Chiesa "fa ben sperare" la vittoria del Partito del Congresso a Mumbai

    ◊   “Una vittoria che fa ben sperare per il futuro”. Con queste parole il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai ha commentato ad Asianews i risultati delle elezioni statali in India del 22 ottobre che hanno visto la vittoria del Partito del Congresso di Manmohan Singh e Sonia Ghandi in Maharashtra, Arunachal Pardesh e Hatyana. L’arcivescovo si augura che con questa vittoria il primo partito del Paese attivi le politiche di sviluppo annunciate in campagna elettorale e ad essere più efficace nelle azioni a favore dei poveri, con particolare attenzione nelle zone rurali. Durante la campagna elettorale il presule ha invitato i cattolici a pregare perchè dalle urne uscisse un buon governo per lo Stato, sottolineando che “ la Chiesa non è in favore di un partito politico piuttosto che di un altro, ma è contraria ai politici che creano discordia e divisioni”.(G.C.)

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    Spagna: consegnati a Oviedo i Premi Principe delle Asturie

    ◊   Con una solenne cerimonia nel Teatro Campoamor della città di Oviedo, in Spagna, si è celebrata ieri sera la consegna dei Premi Principe delle Asturie nella sua 29ma edizione. Questa premiazione, riconosciuta dall’Unesco come un importante contributo alla diffusione dei valori della cultura nella comunità internazionale, è considerata come la seconda iniziativa del genere per la sua importanza dopo i Premi Nobel. La cerimonia é stata presieduta dall’erede della monarchia spagnola il Principe D. Felipe e la sua consorte. Sono otto le categorie per le quali una giuria, di oltre 170 personalità, ha preso in esame 240 candidati appartenenti a 55 Paesi. Questo il quadro d’onore dei premiati. Premio delle arti per l’architetto Norman Foster. Per le scienze sociali, David Attenborough. Per la communicazione e l’umanesimo, l’Università Nazionale Autonoma del México. Per la concordia, la città di Berlino che é stata rappresentata dai tre sindaci che hanno governato la città dalla caduta del muro nel 1989. Per la cooperazione internazionale, la Organizazione Mondiale della Salute (OMS) rappresentata dalla direttrice Margaret Chan. Per lo sport l’atleta russa Yelena Sinbayeva. Per la ricerca scientifica e tecnica Martin Cooper (inventore del telefono cellulare) e Raymond Samuel Tomlisson (inventore della posta elettronica). Per la letteratura lo scrittore albanese Ismail Kadaré. Durante la cerimonia hanno preso la parola lo scrittore Ismael Kadaé, il rettore dell’Università Nazionale Autonoma del Mexico, Margaret Chan, e il sindaco di Berlino. Al termine della celebrazione, Don Felipe, Principe di Asturias, ha pronunciato un lungo discorso, di alto livello culturale, nel quale ha messo in risalto i meriti dei premiati e l’importanza dei valori umani fondamentali, in particolare in situazioni di crisi come quella attuale, nella ricerca di un vero sviluppo universale. La prima edizione dei Premi Principe delle Asturie risale al 1981. Negli ultimi anni l’iniziativa ha raggiunto una dimensione sempre più universale nella ricerca dei migliori candidati alle sue otto categorie. Ai premiati vengono consegnati un diploma, una scultura creata dallo scultore Mirò, una insegna e 50.000 euro. (Dalla Spagna, Ignacio Arregui)

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    Congo: la diocesi di Kilwa-Kasenga inaugura un sito Internet

    ◊   A cosa serve un sito Internet in una diocesi prettamente rurale, in cui la popolazione deve affrontare l’analfabetismo e la povertà? A questa domanda risponde mons. Fulgente Muteba Mugalu, vescovo di Kilwa-Kasennga, diocesi congolese che ha recentemente inaugurato una pagina web. Per spiegare lo scopo dell’iniziativa, il presule elenca tre motivi: “Innanzitutto – si legge in homepage – la vocazione del clero è quella di diffondere la cultura, soprattutto ponendola al servizio della guida delle anime”. “Nell’epoca della comunicazione – continua mons. Muteba Mugalu – i sacerdoti sono invitati a comunicare con tutti. Questo sito, dunque, è un supporto alla divulgazione dell’azione pastorale della diocesi”. Il secondo motivo elencato dal presule riguarda i pregiudizi sul mondo rurale: “Al contrario di quanto pensano certi cittadini – afferma il vescovo africano – il mondo rurale ha qualcosa da comunicare. La città ci inonda e ci invade, quasi si impone con le sue notizie veicolate da radio, tv e giornali. Questo sito, invece, vuole dare voce a chi abita nei piccoli centri e a chi è dimenticato dalle “tribune politiche”, vuole animare il mondo rurale e diffondere l’esperienza della realtà del villaggio”. Infine, mons. Muteba Mugalu ribadisce che “questo sito vuole essere un’espressione di solidarietà non solo nei confronti della popolazione diocesana locale, ma anche dei suoi amici, dei suoi missionari e dei suoi cooperatori in tutto il mondo”. “È un legame – conclude il presule – che attraversa tutte le circoscrizioni ecclesiastiche di Kilwa-Kasenga, sia da lontano che da vicino”. (I.P.)

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    A Fiuggi il XIV Convegno del Rinnovamento carismatico cattolico

    ◊   “Avvinti dallo Spirito, camminiamo nella fede”: è il tema stimolante del XIV Convegno nazionale promosso in Italia dall’iniziativa di comunione del Rinnovamento carismatico cattolico. Riuniti a Fiuggi da venerdì a domenica, più di mille aderenti ad una cinquantina di comunità e gruppi di preghiera che si riconoscono in quella che molti considerano la grande galassia del movimento carismatico. E’ la tipica preghiera di ode carismatica, a intercalare in un clima gioioso questo convegno di comunione, insieme a preghiere di adorazione e di guarigione, insegnamenti biblici e testimonianze che si richiamano a quella spiritualità della Pentecoste di cui tutta la Chiesa ha sempre bisogno. “Avvinti dallo Spirito, ci lasciamo guidare nel cammino della fede in un meraviglioso incontro, giorno dopo giorno, con Gesù vivo e presente in mezzo a noi”, ha detto nel presentare l’evento la coordinatrice nazionale Rosalba Franchi. “Sono felice di stare con voi”: parole significative con le quali il vescovo di Anagni-Alatri, mons. Lorenzo Loppa ha esordito nell’omelia della Messa inaugurale da lui concelebrata con 30 sacerdoti. Tra i segni dei tempi, alla luce dello Spirito – tema della sua riflessione – il presule ha sostenuto l’urgenza di rendere le parrocchie ospitali ed accoglienti, e ha pure richiamato l’emergenza lavoro che oltre alla preghiera, richiede l’impegno a combattere la povertà nelle sue diverse forme: economica, ma anche di valori e di senso. Avvincente la testimonianza di un africano, passato da dirigente comunista nella Repubblica Democratica del Congo a missionario laico per narrare al mondo le meraviglie dello Spirito che trasforma la vita delle persone. E’ il congolese Kalambay Musangu, un ingegnere guarito prodigiosamente da una grave frattura alla schiena per la caduta dal terzo piano di un edificio, durante un soggiorno nella Romania comunista, e tornato a camminare regolarmente tra lo stupore dei medici dopo la preghiera offertagli per un certo periodo di tempo anche attraverso la parrocchia, da alcuni giovani di una comunità carismatica. “La Cristo-terapia è gratis ed efficace”, ha sintetizzato in tono anche un po’ scherzoso, con l’invito a credere nella potenza dello Spirito che può cambiare il male in bene con la forza del suo amore. Diversa, ma non meno toccante, la testimonianza di una donna, anch’essa congolese, rimasta sulla sedia a rotelle in seguito ad un attacco terroristico costato la vita al marito italiano e a due figli. La donna, Novella Chikuru Castiglioni, residente in Italia, ha creato un’associazione per l’assistenza ai bambini colpiti da handicap: il dolore innocente accolto nell’amore che si fa preghiera, vicinanza e aiuto concreto. Tanti i giovani presenti a questo convegno carismatico, con la loro carica di entusiasmo, segni vivi di speranza per un nuovo risveglio spirituale nelle comunità cristiane. (Da Fiuggi, Paolo Salvo)

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    In corso a Rimini le giornate internazionali della Fondazione Pio Manzù

    ◊   Ha avuto inizio ieri, nella città di Rimini, la XXXV edizione delle giornate internazionali di studio della Fondazione Pio Manzù. “La potenza nomade. Valori, illusioni, speranze della gioventù errante” è il tema che il Centro internazionale discute quest’anno con numerosi pedagogisti, insegnanti, antropologi, teologi, esperti impegnati nel terzo settore e nell’economia sociale. Aperti ad un grande pubblico, i dibattiti si svolgono presso il Teatro Novelli della città romagnola. Tre giorni di dibattiti sulle generazioni nate nel decennio degli anni 1980 che molti studiosi chiamano oramai anche “generazione internet” o “generazione dei nativi digitali”. Ragazzi e ragazze di età compresa tra i 15 ed i 29 anni cresciuti anagraficamente e parallelamente con lo sviluppo delle reti numeriche, dei nuovi media e del Web 2.0. Una generazione che tra dieci anni sarà la protagonista di una nuova società e di un nuovo periodo storico con nuovi modi di comunicazione ed organizzazione, ma anche con nuove percezioni e prospettive di carattere culturale ed antropologico. Una generazione che si è affacciata, al contempo, al Terzo Millennio con proprie speranze, valori, progetti, passioni, propri codici così come una serie di consuetudini e sincronismi sociali. Valori, passioni, speranze che spesso tuttavia gli analisti sociali non riescono a decriptare o comprendere in profondità. Si pone quindi per gli educatori e per i pedagoghi di oggi una sfida epocale: come evitare uno choc culturale tra le generazioni? Quali nuovi metodi didattici utilizzare nella scuola? Come coltivare la curiosità e la passione per il futuro di questa generazione senza che la paura della precarietà spenga i loro sogni ed il godimento di effettivi diritti di cittadinanza? “Cercasi un fine”, avrebbe affermato ancora una volta Lorenzo Milani. “Bisogna che sia onesto, grande”. (Da Rimnini, Antonio Torrenzano)

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    Al via la campagna contro la fame della Comunità Papa Giovanni XXIII

    ◊   Dare un pasto a chi non ce l’ha. E’ questo l’obbiettivo della manifestazione “Aggiungi un pasto a tavola”, promossa dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, in programma questo fine settimana in oltre 180 piazze in tutta Italia. L’evento, che rientra nella campagna nazionale “Un Pasto al giorno”, nasce per sensibilizzare l’opinione pubblica di fronte al problema della fame nel mondo e al continuo aumento della povertà anche in Paesi ricchi come l’Italia. Insomma il mondo è sempre più affamato, complice anche la crisi economica internazionale. Una realtà non solo confermata dai recenti dati che la Fao (il Fondo Internazionale per lo sviluppo agricolo) ha pubblicato, in cui emerge che nel mondo oltre un miliardo di persone, 105milioni in più rispetto all’anno precedente, soffre la fame. Ad avvalorare questa tesi, altri dati che provengono questa volta dalla Caritas Italia, che dichiara, come nel solo 2008 oltre 5mila famiglie abbiano bussato alle loro mense. “Nel 2050 la popolazione mondiale sarà di circa 9 miliardi, ma resto convinto che nel mondo ci sia cibo per tutti” afferma Paolo Ramonda, successore di don Benzi “Ogni giorno alle nostre tavole siedono oltre 41mila persone e l’emergenza sta crescendo. Regalare loro un pasto caldo per un anno intero costa solo 50 centesimi al giorno”. Cifra che può apparire ridicola per chi un pasto lo trova pronto sicuramente sulla propria tavola ogni giorno, come la pasta. Una confezione del cibo tipico e preferito dagli italiani che verrà regalata a fronte di una piccola offerta, presso gli stand disseminati sull’intero territorio nazionale, dove saranno presenti i volontari dell’associazione Papa Giovanni XXIII. Per scoprire quale potrà essere quello più vicino è possibile farlo attraverso il sito www.unpastoalgiorno.org. (A cura di Francesca Baldini)

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    24 Ore nel Mondo



    Pakistan: l'esercito avanza nelle roccaforti dei talebani nel sud Waziristan

    ◊   Al settimo giorno di offensiva nel Sud Waziristan, l’esercito pakistano ha conquistato la roccaforte talebana di Kotkai, città natale del leader radicale Hakimullah Mehsud. Il governo pachistano ha lanciato lo scorso 17 ottobre un’operazione militare che impegna almeno 30 mila soldati nell’area tribale del Waziristan, al confine con l’Afghanistan. Si stima che in questa regione siano attivi almeno 10 mila talebani. Oggi si è registrato inoltre l’ennesimo raid missilistico statunitense in territorio pakistano: almeno 14 miliziani sono stati uccisi da un missile sparato da un aereo senza pilota nella regione tribale di Bajaur.

    Afghanistan
    A due settimane dal ballottaggio per le elezioni presidenziali afghane tra il capo dello Stato uscente Karzai e l'ex-ministro degli esteri Abdullah Abdullah, i talebani tornano a farsi sentire. In un comunicato si ordina “a tutti i mujaheddin” di battersi contro quello che viene definito un “processo elettorale americano”. Le minacce lanciate al primo turno furono seguite da violente ritorsioni contro diversi cittadini che si recarono a votare. Mentre prosegue la campagna elettorale dei due candidati si registrano le dichiarazioni di Abdullah Abdullah all’emittente americana Cnn in cui ha di nuovo escluso un suo ingresso in un eventuale governo Karzai. Alla stessa tv Karzai, secondo quanto diffuso poco prima, si era invece mostrato disposto a creare un proprio esecutivo di unità nazionale.

    Medio Oriente: l’Anp convoca elezioni generali nei territori palestinesi
    Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, ha convocato le elezioni presidenziali per il 24 gennaio 2010 nell'intero territorio palestinese. La popolazione palestinese è dunque chiamata alle urne a Gerusalemme, in Cisgiordania e anche nella Striscia di Gaza, controllata però dai fondamentalisti di Hamas dal giugno 2007, i quali hanno rigettato il decreto del presidente dell’Anp, definendolo “illegale e incostituzionale”. Abu Mazen convoca queste nuove elezioni, dopo che le fazioni rivali palestinesi (i laici di Fatah e il movimento islamico Hamas) non sono riuscite a trovare posizioni unitarie nei colloqui promossi dell'Egitto.

    Iran
    È atteso per oggi l’arrivo in Iran di un gruppo d’ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che domani visiteranno un sito per l’arricchimento dell’uranio vicino la città di Qom. Intanto Teheran ha rinviato alla settimana prossima la risposta all’accordo, stipulato a Vienna tra Stati Uniti, Russia e Francia, relativo all’arricchimento dell’uranio all’estero. Sulle ragioni della prudenza iraniana nei confronti della bozza di accordo predisposta dall’Aiea, Stefano Leszczynski ha intervistato Riccardo Redaelli, docente presso l’università cattolica di Milano:

    R. – E’ tipico dell’Iran, in particolare della repubblica islamica dell’Iran, questo cambiare continuamente le carte, questo prolungare all’infinito i negoziati; una volta raggiunto un accordo c'è la tendenza a rimodificarlo tutto. E’ un atteggiamento costante che ha a che fare con l’estrema diffidenza che l’Iran ha verso l’Occidente e con il fatto che gli iraniani tentano molto spesso di massimizzare i profitti rimettendo continuamente in discussione. Poi ci sono altre motivazioni più contingenti e profonde che hanno a che fare con la politica interna iraniana.

     
    D. - Uno dei pretesti che è stato preso per complicare un po’ la situazione negoziale a Vienna è quello dell’attentato contro i pasdaran avvenuto alcuni giorni fa…

     
    R. – E’ stato un attentato veramente devastante che ha colpito i vertici delle milizie pasdaran e li ha colpiti in una regione molto difficile come il Baluchistan dove vi è questa minoranza, i baluchi sunniti, da sempre ostile a Teheran In questa area l’Iran combatte una dura lotta contro il traffico di droga internazionale. L’Iran è il Paese che più di tutti lotta contro la droga che poi viene dall’Afghanistan e dall’Asia centrale. Io non credo che ci sia stato un collegamento diretto; probabilmente è una casualità ma è capitata nel momento sbagliato.

     
    D. – Tra le tante contraddizioni che caratterizzano il rapporto tra l’Iran e l’Occidente e la comunità internazionale, in generale, c’è anche il fatto che gli ispettori dell’Aiea sono stati ammessi nel Paese e visiteranno la centrale nucleare che era stata tenuta segreta, quella di Qom…

     
    R. – Significa proprio che in realtà noi non ci arrendiamo all’idea che l’Iran abbia già mezza bomba atomica costruita. Rispetto a Paesi come la Corea del Nord o anche a Paesi come il Pakistan, l’India, Israele, l’Iran è molto più aperto alle ispezioni. Non c’è la prova definitiva che l’Iran voglia veramente costruire una bomba atomica ma tanti indizi, tanti segnali, tanti dubbi nostri. Se gli ispettori non fossero in Iran, probabilmente, qualcuno avrebbe già bombardato questo Paese e comunque non sarebbe stato possibile raggiungere un accordo, un compromesso come quello trovato.

     
    Ue denuncia persecuzioni in Iran
    L'Unione europea si dice preoccupata per le violazioni dei diritti umani commesse dal regime di Teheran contro il movimento di contestazione delle elezioni presidenziali. In un comunicato, la presidenza svedese denuncia gli arresti di giornalisti e dei difensori dei diritti dell'uomo. L'Ue, prosegue la nota, è anche turbata per i processi di massa - almeno 5 - per 150 detenuti accusati di crimini contro la sicurezza nazionale e per il numero di condanne a morte pronunciate nel corso di processi. Proprio oggi la stampa riformista iraniana ha dato notizia dell’arresto di 35 persone tra familiari e amici di riformisti detenuti in seguito alle proteste del giugno scorso.

    Germania: accordo di governo
    A circa un mese dalle elezioni politiche, in Germania è stato varato il secondo governo del cancelliere Angela Merkel. L’esecutivo è stato presentato oggi a Berlino dalla stessa Merkel insieme con il suo nuovo partner politico, il leader liberale Guido Westerwelle. La coalizione è dunque composta dai cristiano democratici (Cdu) e dai liberali della Fdp subentrati ai social democratici usciti nettamente sconfitti dalla tornata elettorale. L’intesa, raggiunta dopo tre settimane di trattative, prevede come primo punto del programma di governo un sostanzioso taglio delle tasse di 24 miliardi di euro.

    Berlusconi e Sarkozy chiedono alla Ue azioni concrete sull’immigrazione
    Il premier italiano Berlusconi e il presidente francese Sarkozy hanno chiesto in una lettera alla presidenza di turno svedese dell’Unione Europea e al presidente della Commissione Europea Barroso, di compiere azioni concrete in tema d’immigrazione in vista del Consiglio Europeo che si aprirà giovedì prossimo a Bruxelles. I due premier chiedono all’Unione Europea misure precise per il rafforzamento di Frontex ( l’agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne), la conclusione di un accordo con la Libia che aiuti Tripoli a controllare meglio i propri confini e un’azione europea nei confronti dei Paesi di origine, transito e destinazione dei migranti per contrastare e prevenire l’immigrazione clandestina.

    Venezuela: rapiti due imprenditori
    Due imprenditori italiani, suocero e genero sono stati rapiti a Caracas, Venezuela. Walter Iannotto, di 80 anni e Roberto Armellin 48 anni si trovavano a Caracas per un soggiorno d’affari quando sono stati prelevati nella loro villa da alcuni banditi armati. Il rapimento è stato confermato oggi dal ministero degli Esteri Italiano dopo che dei due veneti non si avevano notizie da mercoledì notte. Secondo fonti vicine a familiari non sarebbe ancora stato chiesto un riscatto.

    Cina –India
    Firmato un accordo tra Cina e India per ridurre le tensioni nei territori di confine tra i due Paesi. Secondo quanto riferisce l'agenzia cinese Xinhua, l’intesa è stata raggiunta tra il premier cinese, Wen Jiabao, e quello indiano, Manmohan Singh, a margine del summit dell'Asean in Thailandia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 297

     
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