Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 18/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus nella Giornata Missionaria Mondiale: la Chiesa annunci il Vangelo a tutta l'umanità. E ricorda don Ruvoletto, ucciso in Brasile, e padre Sinnot, rapito nelle Filippine
  • Messa del cardinale Dias in San Pietro per il IV centenario della morte di San Giovanni Leonardi. Messaggio del Papa: fece brillare la luce di Cristo in tempi difficili
  • “La musica può diventare preghiera”: così, ieri sera, il Papa al concerto in Vaticano alla presenza dei Padri sinodali
  • Dal Sinodo per l'Africa una forte spinta al rinnovamento del continente. Le testimonianze dei vescovi Norbert Mtega e Gabriel Mbilingi
  • La Spagna in festa per la Beatificazione a Toledo del cardinale Sancha y Hervás. Con noi, il postulatore della Causa, padre Rodrigo Lozano
  • Nella Giornata Missionaria Mondiale, la testimonianza di padre Pettenuzzo, sacerdote "fidei donum" in Honduras
  • Oggi in Primo Piano

  • A 25 anni dalla morte, la Polonia ricorda padre Popiełuszko, martire della fede e della libertà
  • Anno Sacerdotale: la testimonianza del sacerdote congolese Claude Kisawki
  • Chiesa e Società

  • Più di un milione a Madrid per la Marcia per la Vita
  • In Africa sono più di 11 milioni i profughi di guerra
  • I diritti dei bambini al centro di un incontro promosso dall’arcidiocesi di Buenos Aires
  • Fiaccolata a Roma per ricordare gli ebrei deportati dal ghetto nel '43
  • Il premio Cuore Amico 2009 a un missionario che vive in Paraguay con gli indios
  • In Gran Bretagna un pellegrinaggio contro la povertà
  • Conclusa la 61.ma edizione della Fiera del Libro di Francoforte
  • A fine ottobre l’apertura in Vaticano della mostra su padre Matteo Ricci
  • Con una Messa in San Pietro, si è chiuso oggi un convegno sul “Summorum Pontificum”
  • Ad Assisi un convegno della Cei dedicato ai problemi sociali
  • A San Giovanni in Laterano, celebrata la Giornata mondiale del rifiuto della miseria
  • 24 Ore nel Mondo

  • Attacco kamikaze in Iran: 31 i morti. Teheran accusa Washington e Londra
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus nella Giornata Missionaria Mondiale: la Chiesa annunci il Vangelo a tutta l'umanità. E ricorda don Ruvoletto, ucciso in Brasile, e padre Sinnot, rapito nelle Filippine

    ◊   La Chiesa è chiamata ad annunciare la speranza evangelica a tutta l’umanità: all’Angelus in Piazza San Pietro, nella Giornata Missionaria Mondiale, Benedetto XVI ricorda che ciascun cristiano è impegnato a testimoniare il Vangelo a tutti, “in particolare a quanti ancora non lo conoscono”. Il Papa non ha poi mancato di rivolgere il pensiero ai missionari che operano in situazioni di grave disagio. Ed ha ricordato, in particolare, don Ruggero Ruvoletto, ucciso in Brasile, e padre Michael Sinnot, sequestrato nelle Filippine. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI ha ricordato il tema scelto per la Giornata Missionaria Mondiale, tratto dal Libro dell’Apocalisse: “Le nazioni cammineranno alla sua luce”. Questa luce, ha sottolineato, è “quella di Dio, rivelata dal Messia e riflessa sul volto della Chiesa”:

    “E’ la luce del Vangelo, che orienta il cammino dei popoli e li guida verso la realizzazione di una grande famiglia, nella giustizia e nella pace, sotto la paternità dell’unico Dio buono e misericordioso. La Chiesa esiste per annunciare questo messaggio di speranza all’intera umanità, che nel nostro tempo “conosce stupende conquiste, ma sembra aver smarrito il senso delle realtà ultime e della stessa esistenza” (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 2)”.

    Il Papa ha così voluto ricordare i missionari e le missionarie, sacerdoti, religiosi, religiose e laici volontari, “che consacrano la loro esistenza a portare il Vangelo nel mondo, affrontando anche disagi e difficoltà e talvolta persino vere e proprie persecuzioni”.

    “Penso, tra gli altri, a don Ruggero Ruvoletto, sacerdote fidei donum, recentemente ucciso in Brasile, al padre Michael Sinnot, religioso, sequestrato pochi giorni fa nelle Filippine. E come non pensare a quanto sta emergendo dal Sinodo dei Vescovi per l’Africa in termini di estremo sacrificio e di amore a Cristo e alla sua Chiesa? Ringrazio le Pontificie Opere Missionarie per il prezioso servizio che rendono all’animazione e alla formazione missionaria”.

    Di qui, l’invito a tutti i cristiani a un “gesto di condivisione materiale e spirituale per aiutare le giovani Chiese dei Paesi più poveri”. Guidata dallo Spirito Santo, ha detto ancora il Pontefice, la Chiesa “sa di essere chiamata a proseguire l’opera di Gesù stesso annunciando il Vangelo del Regno di Dio”:

    “Questo Regno è già presente nel mondo come forza di amore, di libertà, di solidarietà, di rispetto della dignità di ogni uomo, e la Comunità ecclesiale sente premere nel cuore l’urgenza di lavorare, affinché la sovranità di Cristo si realizzi pienamente. Tutte le sue membra ed articolazioni cooperano a tale progetto, secondo i diversi stati di vita e i carismi”.

     
    La Giornata Missionaria Mondiale, ha affermato, rappresenta “un forte richiamo all’impegno di annunciare e testimoniare il Vangelo a tutti, in particolare a quanti ancora non lo conoscono”. Il Papa ha poi ricordato che si celebra oggi la festa di San Luca evangelista, che, oltre al Vangelo ha scritto gli Atti degli Apostoli per narrare "l’espandersi del messaggio cristiano fino ai confini del mondo allora conosciuto":

    “Invochiamo la sua intercessione, insieme con quella di san Francesco Saverio e di santa Teresa di Gesù Bambino, patroni delle missioni, e della Vergine Maria, affinché la Chiesa possa continuare a diffondere la luce di Cristo tra tutti i popoli. Vi chiedo, inoltre, di pregare per l’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che in queste settimane si sta svolgendo qui, in Vaticano”.

     
    Al momento dei saluti ai pellegrini, parlando ai fedeli di lingua italiana, il Papa ha rivolto un pensiero particolare ai Chierici Regolari della Madre di Dio, che hanno celebrato il IV centenario della morte del loro fondatore, San Giovanni Leonardi. Con loro, ha salutato gli alunni di tutti i Collegi di Propaganda Fide, accompagnati dal cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, come pure i rappresentanti dei Farmacisti, dei quali San Giovanni Leonardi è Patrono. Il Papa li ha esortati “a seguirlo sulla via della santità e ad imitare il suo zelo missionario”. Ha inoltre salutato la “Comunità Cenacolo”, che da tanti anni aiuta i giovani, “caduti nel baratro delle droghe, a ritrovare la via della vita incontrando Gesù Cristo”. Infine, il saluto del Papa ai partecipanti al convegno sul Motu proprio "Summorum Pontificum", svoltosi in questi giorni a Roma.

    inizio pagina

    Messa del cardinale Dias in San Pietro per il IV centenario della morte di San Giovanni Leonardi. Messaggio del Papa: fece brillare la luce di Cristo in tempi difficili

    ◊   In occasione del IV centenario della morte di San Giovanni Leonardi, fondatore dei Chierici Regolari della Madre di Dio, è stata celebrata stamani nella Basilica Vaticana una Messa, presieduta dal cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Nel corso della celebrazione, il porporato ha letto un messaggio del Papa indirizzato a padre Francesco Petrillo, rettore generale dell'Ordine della Madre di Dio. Ce ne parla Isabella Piro:

    “San Giovanni Leonardi risplende nel firmamento dei Santi come faro di generosa fedeltà a Cristo”, scrive il Papa, e sottolinea che in una “società convulsa” come quella tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600, il Santo “si adoperò perché tra i suoi contemporanei tornasse a brillare la luce di Cristo e si avvertisse il calore dell’amore misericordioso di Dio”.

     
    Un concetto ribadito anche dal cardinale Dias che, nella sua omelia, ha ricordato come il Patrono dei Farmacisti “con la sua vita luminosa, ha fatto ritornare Dio presso gli uomini”. Ecco, dunque, il senso della sua missionarietà. Una missionarietà, ha continuato il porporato, “non riducibile a strategia propagandistica, ma come permanente atteggiamento di un amore che spinge e motiva, una creatività che non conosce sosta”:

    “Tutta la sua vita ha il sigillo dell’amore incontenibile e instancabile per la gloria di Cristo. La sua missionarietà non è solo geografica, (…) ma doveva essere capace di trasformare in missionario ogni gesto, ogni sforzo, ogni briciola di tempo e di energia per un unico e supremo interesse: Cristo e Cristo Crocifisso”.

     
    San Giovanni Leonardi, ha detto il cardinale Dias, voleva una Chiesa tutta missionaria, “senza ingerenze di patronati politici o amministrativi”, ma intimamente protesa verso l’uomo. Ed è da qui che nacque l’idea che porterà alla fondazione del Collegio di Propaganda Fide, ovvero formare uomini all’apostolica. Uomini, ha spiegato il porporato, che sappiano che il loro mondo sarà quello delle frontiere più lontane, sia geograficamente sia socialmente, formati e temprati, che mettano in conto anche il martirio, spogli di tutto e pronti ad intervenire proprio là dove l’abbandono della fede getta nello sconforto.
     Si tratta di qualità missionarie necessarie, anche oggi, ha concluso il porporato, perché la missione è lotta, agonia, passione, è vita piena con tutto lo spessore dell’umanità.

    inizio pagina

    “La musica può diventare preghiera”: così, ieri sera, il Papa al concerto in Vaticano alla presenza dei Padri sinodali

    ◊   Un avvincente iter storico-artistico che ci ha permesso ancora una volta di gustare la bellezza della musica, linguaggio spirituale e quindi universale che può diventare preghiera. Così, in sintesi, il Papa ieri sera ha parlato del singolare concerto ascoltato in Aula Paolo VI e offerto al Pontefice e ai Padri sinodali presenti, dall’Accademia pianistica internazionale di Imola a 20 anni dalla sua fondazione. L’evento ha ripercorso la storia del pianoforte su 7 strumenti d’epoca restituendo sonorità originali alle più belle pagine della letteratura pianistica da Bach a Liszt. Lunghi applausi per la giovane artista cinese Jin Ju, talento dell’Accademia, che alla fine ha offerto anche un bis speciale al Papa sulle note dell’amato Johann Sebastian Bach. Ce ne parla Gabriella Ceraso:

    (Musica)

    Sono bastate le prime note del clavicembalo ben temperato di Bach per rapire in un silenzio assorto la platea dell’Aula Nervi, per riportarla ad un passato che richiede un ascolto attento e per stabilire la preziosità di un concerto reso unico da 7 strumenti sul palco. Sono mobili gioiello, dal legno chiaro, gli intarsi raffinati. Sono i fortepiano del 700 e dell’800, “strumenti conosciuti e prediletti”, ricorda il Papa, "dai compositori più famosi, capaci di offrire una non piccola gamma di sfumature musicali armoniche":
     
    "…costituiscono di per sé un patrimonio estetico, artistico e storico, sia perché emettono quei suoni che hanno ascoltato gli uomini del passato, sia perché testimoniano il progresso dell’artigianato del pianoforte, rivelando le intuizioni e i successivi perfezionamenti di abili e impareggiabili costruttori.

    La dimensione domestica di uno Scarlatti suonato sul fortepiano a tavolo "wood small" del 700 inglese, cede il posto a fine secolo al suono argentino di Mozart e poi alle sonorità protoromantiche di Czerny sugli strumenti del signor Schantz a Vienna. Ma è con il fortepiano di Conrad Graf, a metà ‘800, che arriva il suono maturo amato da Beethoven..
     
    Un lungo applauso segue la Sonata “Al chiaro di luna” e un altro, l’esecuzione di Chopin sul fortepiano da lui preferito, l’Erard. Siamo all’ultimo capitolo prima del ‘900 dominato dai pianoforti Steinway and Sons, meccanica perfetta, come piaceva a Liszt.

     
    Come non gustare la bellezza di questo “linguaggio spirituale e quindi universale”, dice il Papa al termine del concerto, “veicolo quanto mai adatto alla comprensione e all’unione tra persone e popoli…”

     
    "…La musica fa parte di tutte le culture e, potremmo dire, accompagna ogni esperienza umana, dal dolore al piacere, dall’odio all’amore, dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita. Vediamo come, nel corso dei secoli e dei millenni, la musica è sempre stata utilizzata per dare forma a quello che non si riesce a fare con le parole, perché suscita emozioni altrimenti difficili da comunicare..."

     
    E’ il concetto espresso anche in apertura dal direttore dell’Accademia pianistica di Imola il maestro Franco Scala, che il Papa completa così, prima di impartire la sua benedizione:

     
    "...la grande musica, distende lo spirito, suscita sentimenti profondi ed invita quasi naturalmente ad elevare la mente e il cuore a Dio in ogni situazione, sia gioiosa che triste, dell’esistenza umana. La musica può diventare preghiera".

     (Musica)

    inizio pagina

    Dal Sinodo per l'Africa una forte spinta al rinnovamento del continente. Le testimonianze dei vescovi Norbert Mtega e Gabriel Mbilingi

    ◊   Il Sinodo per l’Africa inizia domani l’ultima settimana di lavori: ieri, è stata presentata la bozza del Messaggio finale. Adesso si unificheranno le proposizioni dei Circoli minori. Da questa importante assemblea si attende una forte spinta al rinnovamento. Ne sono convinti molti dei Padri sinodali che, nei loro interventi in aula, spesso presentano i grandi traguardi raggiunti dalla Chiesa africana dopo il primo Sinodo del 1994. La Tanzania, ad esempio, negli ultimi 15 anni ha conosciuto un forte sviluppo dei mass media cattolici così come della promozione dei diritti umani. Significativi anche i progressi nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso, ma non mancano le difficoltà: prima fra tutte il rischio del fondamentalismo. Al microfono di Paolo Ondarza, la riflessione di mons. Norbert Mtega, arcivescovo di Songea in Tanzania:

    R. – Dopo il primo Sinodo per l’Africa del ’94 ci sono adesso otto radio cattoliche nelle varie diocesi. Più di 15 diocesi ascoltano una radio cattolica. Questa è stata una novità perché prima c’era solo una radio statale. Inoltre, la Chiesa dal ’94 ha deciso di aprire un’università cattolica e adesso abbiamo più di ottomila alunni in questa università. Poi, dopo il Sinodo del ’94 la Chiesa si è veramente sforzata di infondere l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa. La gente comincia a capire bene i propri diritti umani, cosa è la dignità umana, la democrazia, cosa è la giustizia.
     
    D. – Il riferimento ai diritti umani come viene recepito?
     
    R. – La popolazione generalmente lo accetta e lo recepisce molto positivamente. Tuttavia, la maggioranza della popolazione nei villaggi è analfabeta, perciò non può leggere i giornali e allora qui il risveglio avviene un po’ lentamente. Cominciano a capire tante cose che non sapevano prima. Ma i partiti politici, quelli che sono più ideologici, sono contro questi sviluppi perché vedono che il popolo scopre molte cose: loro preferiscono che la popolazione rimanga ignorante. I diritti delle persone semplici nei villaggi sono talvolta violati da chi è al potere. I pastori della Chiesa levano la loro voce come profeti. La presa di coscienza della società è un processo che avviene lentamente. Ci vuole tempo per i popoli dell’Africa per capire queste parole. Qui in Italia avete sentito questi discorsi già da bambini, non sono cose nuove per voi, ma da noi sono nuovissime e perciò la Chiesa deve parlare!

     
    D. – Che rapporti avete con le altre religioni e sul fronte ecumenico?

     
    R. - Generalmente sono rapporti buoni. Tra noi cristiani c’è una collaborazione buonissima. Io sono presidente della Commissione per i servizi sociali ecumenici e adesso con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane stiamo scrivendo il programma di studi per le scuole, a tutti livelli: la morale sarà al centro di questo studio che verrà riconosciuto dal Ministero dell’Educazione. Anche i musulmani stanno partecipando. C’è un'ottima cooperazione anche con loro. Tuttavia, c’è un duplice pericolo: il primo deriva da coloro che portano gli argomenti della religione nella politica, in parlamento, siano cristiani o musulmani. Questo secondo me è pericoloso. In secondo luogo, c’è da evidenziare che i musulmani vengono finanziati da Paesi stranieri che vogliono spingere l’Islam ad avere contrasti con i cristiani. Quando si parla di Al Qaeda, c’è da dire questo: usano i soldi per comprare i poveri dell’Africa, per farli diventare strumenti di conflitto e di terrorismo. Questo è il pericolo da noi e preghiamo Dio che ciò sia evitato dalla comunità mondiale.

    Al Sinodo dei vescovi, più volte è stato anche sottolineato il valore delle tradizioni africane come base del processo di riconciliazione. Se da una parte i Padri sinodali hanno condannato la superstizione e la stregoneria, dall’altra hanno evidenziato i molti spunti positivi nella cultura africana, come il rito dell’ammissione della colpa o della promessa di non ricadere nell’errore, che possono conciliarsi con il Cristianesimo. Paolo Ondarza ne ha parlato con mons. Gabriel Mbilingi, arcivescovo di Lubango in Angola:

    R. – Innanzitutto, l’inserimento dell’uomo nella sua comunità sociale è un dato molto importante: in Africa si sottolinea di più l’aspetto collettivo che non individuale, per cui i valori come l’ospitalità, la solidarietà, l’inserimento nella vita della comunità. Qualcuno in Aula ha anche parlato dei riti dell’Africa che riguardano la riconciliazione e la pace, per esempio. Ci sono dei riti per riconciliarsi e ci sono anche peccati che per qualche cultura non sono perdonabili. Allora, a questo punto, bisogna che sia il Vangelo ad evangelizzare quelle culture, in modo che riescano a cambiare questo aspetto che non è troppo positivo.

     
    D. – A proposito non tanto di una tradizione, quanto forse di superstizioni da superare, si è parlato anche della stregoneria. Come contrastarla?

     
    R. – La sfida in questo campo culturale mi pare la più grande, nel senso che questi fatti di stregoneria, di culti, tutto questo a mio avviso è pericoloso per il Vangelo, danneggia la vita di tantissime famiglie della società in Africa. Comunque, dobbiamo rispondere a questo con una fede più forte, con una conoscenza di Cristo, di Dio, del suo mistero di Salvezza, del suo potere sul male. Quindi, sembra proprio che la risposta qui sia un’evangelizzazione un po' più approfondita del mistero cristiano e anche della nostra risposta all’amore di Dio, che ci viene incontro tramite la fede.

    inizio pagina

    La Spagna in festa per la Beatificazione a Toledo del cardinale Sancha y Hervás. Con noi, il postulatore della Causa, padre Rodrigo Lozano

    ◊   Si è celebrato questa mattina a Toledo, in Spagna, il rito di Beatificazione del cardinale Ciriaco María Sancha y Hervás, concelebrato dall’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e rappresentante del Santo Padre. Per tutti noi, ha detto il presule, il nuovo Beato è “un modello di fede, per farci vivere sempre con lo sguardo rivolto in alto”. E’ un modello “di speranza, per ricordarci che la nostra vera meta è la patria celeste”, “un modello di carità, per ricordarci che è l’amore di Dio e del prossimo che rende la nostra vita nobilmente umana”. La città di Toledo ha accolto in un clima di festa la Beatificazione di Ciriaco Maria Sancha y Hervás. Al microfono di Amedeo Lomonaco, la testimonianza da Toledo del postulatore della causa di Beatificazione, padre Romualdo Rodrigo Lozano:

    R. – A Toledo c’è una grandissima festa. Si calcola che ci siano per la Beatificazione più di 10 mila pellegrini. Per tutte le strade ci sono immagini del nuovo Beato.

     
    D. – Da giovane, padre Ciriaco, fu anche in carcere per essersi opposto all’insediamento dell’arcivescovo scismatico di Santiago de Cuba, non riconosciuto dalla Santa Sede. Quello è un episodio che mostra come il nuovo Beato sia sempre stato animato da un’incrollabile fedeltà alla Santa Sede…

     
    R. – Diede testimonianza di fortezza. Sempre a Cuba fondò a Santiago una congregazione per la gente invalida e povera. Venne anche a Roma in pellegrinaggio per ringraziare Papa Leone XIII per la sua Enciclica "Rerum Novarum".

     
    D. – Il nuovo Beato visse da povero e fu padre per i poveri. Si impegnò per arginare la fame, la miseria, la desolazione...

     
    R. – Nella sua tomba c’è scritto proprio questo. Lui morì proprio in conseguenza di un atto di carità. Riempiva la carrozza con tanti alimenti e andava in luoghi molto poveri per distribuirli agli indigenti. Un giorno, mentre distribuiva ai poveri del cibo, morì a causa del freddo.

     
    D. – In quali ambiti possiamo cogliere l’attualità del messaggio di questo nuovo Beato?

     
    R. – E’ definito soprattutto il pastore dell’unità della Chiesa, avendo fatto molto per la difesa della Chiesa ed anche per i poveri: amò i poveri, fu povero e lui stesso morì povero.

    inizio pagina

    Nella Giornata Missionaria Mondiale, la testimonianza di padre Pettenuzzo, sacerdote "fidei donum" in Honduras

    ◊   “La missione della Chiesa … è quella di chiamare tutti i popoli alla salvezza operata da Dio tramite il Figlio suo incarnato. È necessario pertanto rinnovare l’impegno di annunciare il Vangelo che è fermento di libertà e di progresso, di fraternità, di unità e di pace”: è quanto scrive Benedetto XVI, nel suo messaggio per l'odierna Giornata Missionaria Mondiale, che invita a riflettere sulle difficili realtà di alcune Chiese locali e sul lavoro di tanti missionari che, come ha ribadito anche oggi all'Angelus, hanno consacrato totalmente la loro vita per l'evangelizzazione. È il caso di padre Severino Pettenuzzo, sacerdote fidei donum in missione in Honduras, che - raggiunto telefonicamente da Tiziana Campisi - racconta ai nostri microfoni la sua esperienza in alcuni Paesi in via di sviluppo:

    R. – Ho fatto il missionario in Africa, sono stato a Portorico sette anni, ho una relazione con la gente molto diretta e ho visto la realtà dell’importanza del Vangelo, della Parola, per salvare l’uomo integralmente. Ho dovuto ridimensionare molte cose nella mia vita. Pensavo fossero importanti molte attività sociali nella scuola, negli ospedali e altre cose, però la più importante è curare il cuore dell’uomo ponendolo direttamente in contatto con il Signore. Ho visto in questo senso un cambio nella gente che umanamente e socialmente viveva una miseria umana nella propria vita. Il fattore necessario per lo sviluppo totale dell’uomo è veramente l’incontro con Gesù Cristo morto e risorto per noi.

     
    D. – Nelle terre più difficili, nei luoghi più poveri, cosa può dare un sacerdote?

     
    R. – La presenza è importantissima. E’ sempre un segno sacramentale dell’amore di Dio. Quando la gente si sente amata e perdonata, si sente elevata nella propria dignità di persona. Anche in mezzo alla perversione umana, alla povertà, la presenza del sacerdote, la presenza della Chiesa è importantissima e aiuta la gente a recuperare la stima di se stessi, a recuperare una dimensione nuova che è la dimensione eterna; la dimensione della relazione con la persona, per sentirsi come persona e non come oggetto. E’ fondamentale poter trasmettere questo: l’autostima, l’amore verso se stessi e verso Dio e i fratelli.

     
    D. – Lei si è donato per le missioni, che cosa ha ricevuto nei vari Paesi in cui è stato?

     
    R. – La cosa fondamentale che ho ricevuto è imparare a donarmi, che non è una cosa facile e ancora non ho imparato a offrirmi totalmente. Vedo che ho molte riserve, però vedo che il Signore con molta pazienza mi sta trasmettendo il suo spirito in modo che io possa darmi totalmente, per potere essere strumento e alimento per la gente che incontro tutti i giorni. Non potrei stare qui se il Signore non mi desse la forza di offrirmi, dovendo lottare tutti i giorni con la mia debolezza, con il mio egoismo, con la mia povertà umana che però vedo che il Signore utilizza.

     
    D. – Nei Paesi più agiati non sempre è facile ricordarsi delle terre difficili e delle terre di missione ma la Giornata Mondiale per le missioni ci ricorda che esistono delle realtà in cui ci sono delle necessità particolari…

     
    R. - L’uomo moderno non è felice, sta scappando dalla relazione con se stesso e poi deve imparare a donarsi, che è la cosa per la quale siamo stati creati ed è la cosa che ci dà anche il senso di realizzazione e di felicità profonda. Ci sono un sacco di bisogni da queste parti. Penso che la sofferenza umana sia diversa a volte però l’inferno lo possiamo incontrare qua, nei nostri Paesi molto poveri, ma anche in Italia, in Europa, dove ci sono molte cose dal punto di vista materiale, però c’è un vuoto esistenziale profondo nel cuore dell’uomo.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    A 25 anni dalla morte, la Polonia ricorda padre Popiełuszko, martire della fede e della libertà

    ◊   Una sofferta pagina della storia polacca sarà protagonista domani all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Nell’ambito della quarta edizione del Festival Internazionale del Film capitolino, verrà proiettato il film “Popieluszko”, del regista Rafal Wieczynski, che racconta la storia di padre Jerzy Popiełuszko, cappellano del movimento “Solidarność”, brutalmente ucciso esattamente 25 anni fa, il 19 ottobre 1984, all’epoca della dittatura comunista in Polonia. La tomba di padre Popiełuszko - per il quale è in corso il processo di Beatificazione - è meta di continui pellegrinaggi dalla Polonia e dall'estero e su di essa si raccolse in preghiera nel 1987 anche Giovanni Paolo II. Alessandro De Carolis ha dedicato un ritratto al sacerdote polacco, che aveva esortato i connazionali a ribellarsi pacificamente alla repressione sovietica nel nome del Vangelo:

    E’ il 19 ottobre 1984, un venerdì sera. Il giovane sacerdote rifiuta l’invito dei suoi amici operai a trattenersi a Bydgoszcz, dove è stato invitato per un incontro di preghiera con loro. Deve rientrare a Varsavia, così sale in un’auto guidata da un conoscente e si appresta a percorrere con pazienza gli oltre 250 Km che lo separano dalla capitale. Di chilometri padre Popiełuszko ne farà solo una trentina. Poco prima di attraversare un paese, Górsk, tre poliziotti sbarrano la strada all’auto. Padre Popiełuszko e il suo autista sono costretti a scendere. L’autista finisce ammanettato nell’auto della polizia, Padre Popiełuszko finisce a terra, colpito con violenza alla testa. Poi viene legato e infilato nel bagagliaio dell’auto della polizia che riparte. Per i tre uomini dei Servizi segreti polacchi - perché tali sono i finti poliziotti - e per chi ha armato la loro mano è l’inizio di una vendetta attesa, che sarà spietata e feroce.

     
    Il sacerdote che inizialmente si dibatte nel bagagliaio è un nemico dello Stato comunista polacco. Trentasette anni, padre Popiełuszko ha il difetto di possedere la schiena dorsale diritta tipica di molti preti polacchi, che la crudeltà della repressione socialista non riesce a intimorire né a piegare. Soprattutto, il prete che scalcia nel bagagliaio - e che a un tratto riesce a fuggire per essere subito riacciuffato, selvaggiamente picchiato e rinchiuso di nuovo nel baule dell’auto - ha la colpa di essere un grande amico di quegli operai che da anni, sotto la bandiera di Solidarność, stanno mettendo in grave imbarazzo il regime agli occhi di Mosca e costringendo la nomenklatura di Varsavia alla proclamazione dello stato di guerra nel 1981. Gli operai chiedono libertà, giustizia, progresso e quel prete è la loro anima. Un’anima che dall’agosto 1980 - da quando è diventato cappellano in fabbrica - innesta i valori sociali della protesta sulla radice dei valori evangelici. Mentre denuncia persecuzioni, opportunismi, soprusi, il giovane prete esalta il coraggio di chi resiste alla violenza senza violenza perché, afferma pubblicamente in una delle sue celebri Messe per la Patria - “l’uomo che dà testimonianza della verità” che nasce da Dio “è un uomo libero, anche in condizioni di costrizione interna”.

     
    Dal 22 luglio 1983, la Polonia non è più formalmente in stato di guerra. Ma lo è sempre la società, avvelenata da un contrasto ormai insanabile tra un intero Paese che preme per tornare a godere di diritti fondamentali negati e una dirigenza che - come ogni dittatura - non può accettare alcuna declinazione della parola libertà. E’ allora che padre Popiełuszko diventa un bersaglio. Tra gennaio e luglio del 1984, viene interrogato 13 volte, quindi imprigionato, liberato, calunniato, minacciato, fatto oggetto di un attentato fallito il 13 ottobre. Il prete-coraggio è stanco, teso, difetta di salute, pensa a un viaggio di studio a Roma. Il Primate della Chiesa polacca gli lascia la scelta e lui sceglie: resta a Varsavia. Quindi arriva quel 19 ottobre. Il 30, la Vistola ne restituisce il corpo orrendamente deformato dalle percosse dei suoi aguzzini, che dopo le torture hanno completato il lavoro gettando padre Popiełuszko dalla diga di Włocławek. In questa città, a poca distanza dal luogo dell’assassinio, Giovanni Paolo II celebra una Messa il 7 giugno del 1991. Il Muro è caduto da poco e l’Europa, afferma Papa Wojtyla, “ha bisogno di redenzione” dall’odio che l’ha sfigurata nel Novecento. In questo scenario, don Jerzy, afferma, è un martire che va considerato non “solo nella misura in cui servì in una certa causa di ordine politico, anche se si trattava di una causa profondamente etica”, bensì si deve “guardare a lui e leggere la sua figura nell’intera verità della sua storia”, dal punto di vista dell’“uomo interiore”. E conlcude:

    (Parole in polacco)
    “Proprio quest’uomo interiore può essere testimone, testimone dei nostri tempi difficili, del nostro difficile decennio, così come egli è stato (...) Insieme a don Jerzy, ‘piego le ginocchia di fronte al Padre’. Chiedo il rafforzamento dell’uomo interiore, imploro il rafforzamento per l’uomo interiore, per tutti i figli e le figlie di questa terra, della mia patria, ora, alla soglia dei tempi che sono giunti e che verranno”.

     
    Milioni di polacchi hanno visitato e continuano a visitare la tomba padre Jerzy Popiełuszko. Cosa rappresenta, dunque, questo sacerdote per il sentimento popolare e nazionale? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Vladimiro Redzioch, corrispondente da Roma del settimanale cattolico polacco "Niedziela":

    R. - Si calcola che dal 1985 al 2005 circa 15 milioni di persone abbiano visitato il luogo della sepoltura del martire: i grandi di questo mondo, ma prima di tutto tanta gente semplice per la quale padre Popieluszko è già un Santo. Ci sono delle testimonianze che attestano che la preghiera presso la tomba diventa per tanta gente fonte di conversione e di cambiamento spirituale. Si sono constatati tantissimi miracoli anche se va detto che nel caso del processo di Beatificazione di un martire, non è necessaria l’approvazione formale di tale miracolo. Tante vie e piazze in Polonia portano già il suo nome e vengono eretti monumenti. Padre Popieluszko è diventato anche il simbolo della Chiesa polacca che in modo pacifico si oppose al sistema totalitario imposto dopo la seconda guerra mondiale.

     
    D. - Il dramma della sua morte scosse la Polonia dei primi anni Ottanta, che ancora lottava per la sua libertà al di là del Muro. 25 anni dopo quei fatti la Polonia è ormai integrata nell’Unione Europea: si può dire che padre Popiełuszko abbia contribuito a questo progresso?
     
    R - Ogni sistema totalitario si regge sulla paura e sull’intimidazione. Padre Jerzy liberava invece la gente dalla paura del sistema e per questo motivo veniva percepito dai comunisti come un nemico mortale. Ogni tiranno regna con la paura, ma quando i sudditi si liberano dalla paura, i tiranni cominciano a tremare. Per questo motivo anche Giovanni Paolo II, che gridava “Non abbiate paura” era percepito, come nemico da tutti i dittatori del mondo. Allora padre Popiełuszko, da un lato smascherava tutta la falsità e l’ipocrisia del sistema comunista, dall’altro indicava ai cristiani come affrontare il totalitarismo: “Combatti il male con il bene”, come dice San Paolo. Va ricordata anche un'altra cosa: lo scopo del comunismo era, tra altro, l’introduzione della nuova antropologia che prevedeva la totale cancellazione della dimensione religiosa dalla vita dell’uomo. Nel caso della Polonia questo significava la lotta e la distruzione della Chiesa cattolica. Oggi la Polonia è ormai integrata nell’Unione Europea. Ma non ci scordiamo che anche nel mondo, ritenuto democratico e libero, ci sono le forze che promuovono l’antropologia contraria alla visione cristiana dell’uomo e vogliono emarginare o distruggere la Chiesa. Se padre Popieluszko fosse vivo, avrebbe avuto tanto da fare anche oggi.

     
    D. - Padre Popiełuszko è passato alla storia come un martire dell’affrancamento della Polonia dal giogo del socialismo reale. Ma nel 1991, Giovanni Paolo II affermò che per comprenderne bene la grandezza bisognava “leggerlo dal lato dell’uomo interiore”. Come definirebbe questa specifica dimensione di padre Popiełuszko?
     
    R. - Padre Popiełuszko non era un attivista sociale o politico ma un sacerdote cattolico fedele al Vangelo. L’Eucaristia e la preghiera erano il centro della sua vita. Lui prestava assistenza pastorale agli operai: li confessava, celebrava per loro la Messa; capitava che battezzava qualcuno di loro che si era convertito. Tutto ciò che proclamava era contenuto nella Dottrina sociale della Chiesa, negli insegnamenti di Giovanni Paolo II e del defunto primate polacco Stefan Wyszyński. Secondo me, per capire meglio la figura di padre Popieluszko bisognerebbe parlare della sua vocazione sacerdotale. In quei tempi le autorità comuniste tentavano di creare degli ostacoli nella formazione dei seminaristi e cercavano i tutti i modi di indurli a rinunciare agli studi teologici. Prima di tutto facevano fare loro due anni di un duro servizio militare obbligatorio nelle unità speciali create appositamente per gli alunni dei seminari. Questo cosiddetto servizio militare consisteva in inutili esercitazioni, continui corsi politici per la loro indottrinazione e vessazioni di varia natura. Ma il giovane Popieluszko non crollò psicologicamente perché era già allora un uomo interiormente libero e un uomo di preghiera (di nascosto organizzò nella caserma un circolo di preghiera: si pregava e si recitava il Rosario di notte).

     
    D. - Dal 2001 il processo di Beatificazione di padre Popiełuszko vive la sua fase vaticana: con quali sentimenti la Chiesa polacca ne attende la fine?

     
    R. - Sul piano spirituale i fedeli si stanno preparando a questo grande evento partecipando alle giornate di preghiera, a ritiri e alle Messe speciali. Invece, per quanto riguarda la Chiesa, vorrei ricordare che nel mese di ottobre 2008 l’arcivescovo di Varsavia Kazimierz Nycz ha portato al Santo Padre una copia della “Positio” insieme con una lettera postulatoria di tutto l’episcopato polacco. Era una lettera riservata ma si è saputo che i vescovi sottoponevano all’attenzione del Santo Padre l’importanza della Beatificazione di padre Popiełuszko per la Chiesa e la nazione polacca. Ovviamente questo potrebbe servire soltanto a dare la precedenza nei lavori della Congregazione senza influenzare il risultato finale del processo stesso.

    inizio pagina

    Anno Sacerdotale: la testimonianza del sacerdote congolese Claude Kisawki

    ◊   Dalla Repubblica Democratica del Congo all’Italia per seguire la vocazione sacerdotale. È la storia di don Claude Kisawki, 56 anni, primo parroco africano della diocesi di Savona-Noli. Specializzatosi in Teologia liturgica presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, oggi don Claude guida la comunità parrocchiale di San Bernardo Abate a Cogoleto, in Liguria. Al microfono di Isabella Piro, racconta come è nata la sua vocazione:

    R. – Come chierichetto, servendo la Messa, mi è venuta l’idea di chiedere al parroco cosa dovevo fare per diventare prete. Avevo appena 11 anni. Il prete mi disse che era difficile, perché si sarebbe dovuto studiare molto, bisognava avere una buona salute, sia morale che fisica. Alla fine sono andato nel seminario minore, poi ho fatto quello maggiore e sono diventato sacerdote.

     
    D. – Perché, poi, ha scelto proprio l’Italia per seguire i suoi studi?

     
    R. – Sono arrivato qui per specializzarmi in liturgia e sappiamo che l’Istituto Sant’Anselmo è specializzato proprio nella liturgia. Ho fatto questo tipo di studio lì e dopo sono rimasto. Qualche volta sono anche tornato nel mio Paese per animare alcune cose che avevo lì.

     
    D. – Ci sono stati momenti particolarmente difficili nel corso della sua vita sacerdotale?

     
    R. – Sì. All’inizio, essendo giovane, a volte mi sono trovato in situazioni d’indifferenza e spesso mi sono chiesto che senso avesse la vita. Poi invece con la preghiera, con la determinazione e con la coscienza sono riuscito a superare questi momenti.

     
    D. – Se tornasse indietro sceglierebbe nuovamente la vocazione?

     
    R. – Sì, certamente, perché sono molto contento di quello che Dio ha fatto per me. E’ il Signore che mi ha scelto.

     
    D. – Lei è il primo africano a diventare parroco della diocesi di Savona-Noli. Come l’hanno accolta i suoi parrocchiani?

     
    R. – Per loro è stata una grande gioia. Mi hanno accolto con molto entusiasmo e ne è la prova il fatto che hanno collaborato molto con me e continuano a farlo.

     
    D. – Nel momento in cui lei si è trasferito in Italia ha avuto problemi d’integrazione, ha vissuto i pregiudizi?

     
    R. – Non ho avuto quest’impressione. C’è stato un momento di curiosità: la gente chiedeva da dove venissi, quale tipo di studio facessi, facevano tante domande. Finora però non ho mai avuto difficoltà nell’integrarmi perché sapevo cosa fare e sapevo anche chi ero io, qual era la mia cultura. Per questo non ho trovato alcun ostacolo nell’integrazione.

     
    D. – Secondo lei una buona integrazione su cosa si basa?

     
    R. – Una buona integrazione si basa prima di tutto sulla coscienza, la consapevolezza ed anche l’accettazione dell’altro. Sapere che l’altro è diverso da me nella cultura, nel temperamento e saper accettare queste diversità. Serve poi la determinazione: non bisogna scoraggiarsi per dei piccoli fatti che possono accadere inizialmente. Infine, soprattutto per noi che siamo cristiani, c’è la preghiera: saper pregare ed avere la coscienza che Dio non abbandona nessuno. Sapere che se vado verso il popolo per imparare e per dare, troverò l’ostacolo. Ma quest’ostacolo non deve impedirmi di andare avanti.

     
    D. – Cosa si aspetta che il Sinodo dei vescovi per l’Africa possa fare per il suo continente?

     
    R. – La prima cosa sarà la gioia di vivere. Vivere nella fede, nell’amore e nella speranza. Nel momento in cui i giornali e la televisione parlano delle paure per la crisi, noi annunciamo all’Africa la speranza. Si deve vivere questa speranza con determinazione, ma dobbiamo anche vivere l’unità. Noi africani dobbiamo sapere che nessuno verrà a lavorare al nostro posto. Senza di noi, nessuno parlerà dell’Africa e perciò l’evangelizzazione deve riprendere il suo posto. Un’evangelizzazione completa, umana, ma anche spirituale.

     
    D. – L’Anno Sacerdotale può essere un aiuto per tutto questo?

     
    R. – Certamente. Soprattutto per i sacerdoti. Dipende dalla coscienza, dalla loro vita. Si deve però anche prendere coscienza di essere servi del popolo, essere sia dalla parte del popolo che dei sacerdoti. C’è un cammino da fare insieme: aiutare l’Africa a vivere integralmente la sua vita.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Più di un milione a Madrid per la Marcia per la Vita

    ◊   Il quotidiano spagnolo "Abc" l’ha descritta come “la marea umana”, “un’esplosione di vita”. Ieri a Puerta del Sol, nel centro di Madrid, c’erano più di un milione di persone. Sulle magliette e gli striscioni rossi c’era scritto “Cada vida importa”, “Ogni vita è importante", erano famiglie, ragazzi, religiosi che chiedevano il rispetto della vita dal concepimento e una vera difesa della maternità e delle donne. Sono arrivati fino alla Puertà de Alcalà e lì il presidente del Forum delle Famiglie spagnolo, Benigno Blanco, ha assicurato che non si fermeranno “fino a quando non ci sarà nessun aborto in Spagna”. Una presa di posizione nettissima della società civile spagnola, e non soltanto quella cattolica, in occasione della prossima discussione in Parlamento della riforma della legge sull’aborto. Secondo il nuovo testo l’aborto sarà “un diritto”, libero nelle prime 14 settimane di gravidanza, possibile fino alla 22esima in caso di malformazioni del feto o di rischi fisici e psicologici per la madre. Spesso però, proprio i non meglio specificati “danni psicologici” sono quelli usati per autorizzare le interruzioni di gravidanza. Oggi in Spagna ci sono 112 mila aborti all’anno. La manifestazione, hanno sottolineato più volte gli organizzatori, non era politica. Lo stesso Partito Popolare, guidato da Mariano Rajoy, non ha partecipato con una delegazione ufficiale. A titolo personale, però, erano una cinquantina i parlamentari popolari presenti in piazza. Fra loro, l'ex premier spagnolo José Maria Aznar. (A cura di Valentina Fizzotti)

    inizio pagina

    In Africa sono più di 11 milioni i profughi di guerra

    ◊   In Africa almeno undici milioni e seicentomila persone hanno perso la casa perché coinvolti in conflitti armati. Lo ha reso noto ieri l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur) in un comunicato diffuso in vista del summit sui profughi dell’Unione africana in programma per lunedì prossimo a Kampala, la capitale ugandese, e ripreso sulla prima pagina dell’Osservatore Romano. L’agenzia delle Nazioni Unite ha sottolineato che l’Africa è il continente più colpito dalle guerre e conseguentemente dai movimenti di sfollati. L’Acnur ha specificato che il numero dei rifugiati all’estero negli ultimi anni è leggermente diminuito, mentre è cresciuto quello delle persone costrette ad abbandonare le proprie case in seguito alla guerra. Così aumentano gli sfollati interni, spesso costretti a una sopravvivenza stentata in campi profughi in cui mancano cibo e acqua e le condizioni igienico-sanitarie sono carenti. Questi dati confermano quelli di un rapporto diffuso il mese scorso dall'organizzazione umanitaria Oxfam International. In quest’ultimo, però, si denunciava anche la situazione drammatica dei rifugiati all'estero, in particolare quella dei profughi somali nei Paesi confinanti, Kenya ed Etiopia. Secondo il portavoce di Oxfam International, Robbert Van den Berg, “centinaia di migliaia di bambini malati sono stati abbandonati, mentre avrebbero bisogno del nostro aiuto”. I funzionari kenyani hanno sostenuto che si sta facendo il massimo possibile per trovare una soluzione. Il portavoce del governo ugandese, Fred Opolot, presentando i temi del summit di lunedì, ha assicurato che le autorità di Kampala si stanno impegnando per garantire agli sfollati l’accesso alle risorse e ha sostenuto che il loro numero è drasticamente diminuito. Opolot, poi, ha sottolineato che tutta l'Africa orientale ha osservato i protocolli internazionali sulla tutela dei profughi, compresi quelli che vietano di chiudere le frontiere ai richiedenti asilo. (V.F.)

    inizio pagina

    I diritti dei bambini al centro di un incontro promosso dall’arcidiocesi di Buenos Aires

    ◊   Verificare l’attuazione di politiche pubbliche orientate a garantire i diritti dell’infanzia. E’ lo scopo del 10.mo incontro arcidiocesano dell’infanzia e dell’adolescenza che si aprirà il prossimo 27 ottobre presso l’auditorium Santa Cecilia dell’Università Cattolica Argentina di Puerto Madero. Un incontro sul tema: “L’applicazione della Convenzione dei Diritti del Bambino, un’utopia realizzabile”, che è stato promosso dalla Commissione dell’Infanzia e dell’Adolescenza a rischio dell’arcidiocesi di Buenos Aires. L’incontro ha come obiettivo – si legge sull’agenzia Fides – quello di dibattere sulla Convenzione Internazione dei Diritti del Bambino, a vent’anni dalla sua ratifica. Atteso l’intervento del cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. Sono due le sessioni previste: la prima vedrà la partecipazione di alunni di diverse scuole che hanno già realizzato alcuni progetti organizzati dalla Commissione; la seconda sessione prevede la discussione sul tema “Politiche pubbliche ed esigibilità dei diritti”, a cui parteciperanno diversi esperti internazionali.(B.C.)

    inizio pagina

    Fiaccolata a Roma per ricordare gli ebrei deportati dal ghetto nel '43

    ◊   Ieri sera a Roma, fra il quartiere di Trastevere e il Ghetto ebraico, un migliaio di persone hanno partecipato alla fiaccolata in ricordo della deportazione degli ebrei della capitale. Il percorso, anche se a ritroso, è lo stesso che fecero più di mille ebrei romani il 16 ottobre del ’43, prelevati dallo loro case e portati al Collegio militare di Trastevere per essere poi mandati al campo di concentramento di Auschwitz. Soltanto 16 di loro tornarono indietro dopo la liberazione. Ogni anno, dal 1994, i romani li ricordano con un corteo di fiaccole. Per il 66.mo anniversario lo slogan scelto era “Non c’è futuro senza memoria”, scritto a grandi lettere sullo striscione che apriva il corteo. Poi tanti cartelli neri, con i nomi degli altri campi di concentramento nazisti in cui milioni di ebrei sono stati uccisi. Al corteo hanno preso parte anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, e il presidente della comunità ebraica della città, Riccardo Pacifici. “Questo incontro è davvero particolare perché unisce generazioni diverse – ha detto nel discorso di apertura della fiaccolata il parroco di Santa Maria in Trastevere, mons. Matteo Zuppi, assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio – i pochi che hanno vissuto quel terribile giorno di ottobre del 1943 e i tanti che possono solo immaginarlo. Unisce romani e stranieri, una delle poche occasioni comuni in una città dove spesso ognuno cerca di difendere solo il proprio piccolo interesse e guarda con ignoranza e paura all’altro. Infine – ha aggiunto – unisce cristiani ed ebrei in un’amicizia che si è intessuta proprio nel rifiuto di questa barbarie”. (V.F.)

    inizio pagina

    Il premio Cuore Amico 2009 a un missionario che vive in Paraguay con gli indios

    ◊   Ieri a Brescia - riferisce l'agenzia Sir - il Premio Cuore Amico 2009 è stato consegnato a don Giuseppe Zanardini, salesiano, missionario dal 1978 nella capitale del Paraguay, Asunción. L’obiettivo del riconoscimento, giunto alla sua XIX edizione, è quello di segnalare, attraverso figure esemplari di missionari, l’opera di civilizzazione promossa dalla Chiesa attraverso l’evangelizzazione a favore dei poveri del terzo mondo. Il senso è quello di valorizzare figure di missionari che con la loro vita siano testimoni fedeli al Vangelo ed esempi di amore agli ultimi, attraverso la condivisione della povertà e soprattutto il lavoro finalizzato alla loro stessa crescita e autonomia, tutto nel rispetto di ogni specifica cultura e tradizione. A ideare l’iniziativa, nel 1980, fu don Mario Pasini. Don Zanardini vive dal 1985 in una comunità indigena dell’etnia Ayoreos e ad Asunción ha costruito la “Casa indigena”. Oltre a lui sono state premiate suor Vittoria Cenedese e Francesca Lipeti. La prima, della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, è missionaria dall’agosto 1966 in Burundi, dove lavora anche oggi. Francesca Lipeti, invece, è una laica, laureata in medicina. Vive con i Masai dal 1995, per i quali è stato allestito un centro medico. (V.F.)

    inizio pagina

    In Gran Bretagna un pellegrinaggio contro la povertà

    ◊   Dieci anni fa in centinaia parteciparono al pellegrinaggio contro la povertà che attraversava la Gran Bretagna, da Iona, in Scozia, fino a Londra. Ieri, in occasione della Giornata internazionale per lo Sradicamento della povertà, in cinque città britanniche del nord i veterani dell’iniziativa e i nuovi pellegrini hanno partecipato all’edizione 2009 del “Pilgrimage against poverty”, organizzato dalla "Church action on poverty". Nelle chiese di Manchester, Leeds, Newcastle, Sheffield e Peterborough i fedeli sono partiti per una marcia di 5 miglia dopo aver pregato assieme. Lo scopo era raccogliere fondi per finanziare progetti locali a favore di chi vive nell’indigenza e per diffondere una maggiore consapevolezza del problema della povertà nel Paese. “Spesso i gruppi cattolici lavorano in situazioni di emergenza e vedono che molte persone fanno fatica ad arrivare alla fine del mese se non addirittura della settimana o della giornata”, hanno detto gli organizzatori, ripresi dall’agenzia Sir. Nel 1999, al termine del pellegrinaggio, i partecipanti consegnarono a Gordon Brown, allora ministro delle Finanze e del Tesoro, un’“agenda per la lotta alla povertà”. “Purtroppo, a dieci anni di distanza – hanno dichiarato gli organizzatori - non abbiamo ancora fatto sufficienti progressi verso l’obiettivo di eliminare la povertà nella nostra società”. (V.F.)

    inizio pagina

    Conclusa la 61.ma edizione della Fiera del Libro di Francoforte

    ◊   Si è chiusa oggi la 61.ma edizione della Buchmesse di Francoforte. Una Fiera del Libro come sempre dai grandi numeri, anche se nemmeno il mondo dei libri si è salvato dalla crisi. La flessione si è vista nel numero di visitatori, ma anche nel volume di scambi. Ci sono stati quasi 7.000 espositori in rappresentanza di oltre 100 nazioni. Quasi 400 mila i nuovi titoli, ma le facce dei tecnici del mercato erano lunghe perché i soldi che "girano" sono pochi. Come sempre, però, la Buchmesse è stata la Fiera delle polemiche, con la Cina Paese invitato d'onore in equilibrio per dimostrare di volersi aprire al mondo senza però mettere in dubbio le certezze del regime comunista. È così due mondi si sono sfiorati senza nemmeno toccarsi. I cinesi nel loro sontuoso megastand, mentre nell'immenso cortile della fiera gli invisibili, i tibetani, manifestavano con canti e danze. E poi c'è stato il destino che ha fatto cadere, nella stessa edizione, quella del 2009, due commemorazioni simili e distanti di due eventi che 20 anni fa cambiarono il mondo: la caduta del muro di Berlino e il massacro di piazza Tiananmen. E alla Fiera si è discusso con il premio Nobel Hertha Müller, con lo scrittore Günther Grass, che si è esibito leggendo passi delle sue opere accompagnato da un'orchestrina jazz, sua vecchia passione. Si è chiusa nella Pulskirche domenica sera, con la premiazione di Claudio Magris che ha vinto il premio per la Pace dei librai tedeschi. Per alcuni un preludio al Nobel della letteratura. Si riprende l'anno prossimo con un'altra Fiera e un altro ospite d'onore, l'Argentina, e con le tante polemiche che rendono la Buchmesse unica nel suo genere. (A cura di Alberto De Filippis)

    inizio pagina

    A fine ottobre l’apertura in Vaticano della mostra su padre Matteo Ricci

    ◊   In occasione del quarto centenario della morte di padre Matteo Ricci, sarà inaugurata il prossimo 29 ottobre nel Braccio di Carlo Magno, in Vaticano, la mostra che rievoca la grande figura del gesuita. “Padre Matteo Ricci e la Cina” è il titolo dell’allestimento che si compone di 5 sezioni: la Compagnia di Gesù e padre Matteo Ricci, ritratti e documenti; la Roma di Matteo Ricci; Matteo Ricci e la Cina; l’opera scientifica e geografica e l’eredità/inculturazione. In esposizione – si legge su Zenit - figurano opere conservate nel museo missionario etnologico Vaticano e nel museo nazionale di arte orientale oltre a reperti provenienti da altri musei e istituzioni scientifiche. La mostra, aperta al pubblico dal 30 ottobre fino al 24 gennaio 2010, è curata dal Comitato promotore delle celebrazioni centenarie di padre Ricci, in collaborazione con i Musei Vaticani, la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù e la Pontificia Università Gregoriana. Nato a Macerata il 6 ottobre 1552, il futuro “Apostolo della Cina” entrò a 18 anni nella Compagnia di Gesù a Roma, maturando ben presto un’autentica vocazione missionaria. Dopo aver trascorso un periodo di tempo in Portogallo e poi in India, venne inviato in Cina, allora impenetrabile per gli stranieri. Prima imparò il cinese a Macao e poi arrivò a Zhaoqing dove, insieme a padre Michele Ruggieri, costruirono la loro prima casa e la prima chiesa. Nel 1601 l’arrivo a Pechino, qui padre Ricci fu ben accolto dall’imperatore Wanli della dinastia Ming e con gli anni fu elevato al rango di Mandarino. Sempre profondo il suo rispetto per il Confucianesimo, la pratica della carità e il metodo dell’inculturazione –“farsi cinesi tra i cinesi” – favorì la conversione di importanti dignitari ma anche di esponenti di ceti modesti. Padre Matteo fu anche uno studioso, portò in Cina la matematica e la geometria dell’Occidente, insieme ai grandi apporti del Rinascimento nel campo della geografia, della cartografia e dell’astronomia. Oltre ad insegnare in lingua cinese numerose discipline scientifiche ed umanistiche, lasciò un gran numero di scritti. Contribuì in modo decisivo alla fondazione della moderna sinologia e alla diffusione della conoscenza dell’Occidente in Cina e in tutto l’Oriente. Alla sua morte, a Pechino l’11 maggio 1610, l’imperatore autorizzò la sepoltura in terra cinese, impossibile a quel tempo, ma estremo gesto di riconoscenza e rispetto.(B.C.)

    inizio pagina

    Con una Messa in San Pietro, si è chiuso oggi un convegno sul “Summorum Pontificum”

    ◊   “Un grande dono per tutta la Chiesa”: questo il titolo del secondo Convegno sul Motu Proprio “Summorum Pontificum”, svoltosi in questi giorni a Roma, alla Sala convegni della “Casa Bonus Pastor”. L’evento, organizzato da “Giovani e Tradizione” e “Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum” si è aperto venerdì 16 ottobre con una conferenza spirituale su “Cristo, ideale del Sacerdote”, tenuta da mons. Athanasius Schneider. Tra i temi affrontati dal convegno, moderato da padre Vincenzo M. Nuara, "La sacralità e la bellezza della Liturgia nei Santi Padri"; “Cattolicità e Romanità della Chiesa nell’ora presente”. E ancora: “L’arte sacra a servizio della Liturgia cattolica” e “La musica sacra a servizio della Liturgia cattolica”. Due le relazioni dedicate al Motu proprio di Benedetto XVI: una sul “Summorum Pontificum per la crescita della vita religiosa”, l’altra sul “Summorum Pontificum e l’ermeneutica della continuità”. La giornata di ieri si è chiusa con il Canto del Te Deum e la Benedizione Eucaristica, celebrata da mons. Camille Perl, vicepresidente emerito della Commissione “Ecclesia Dei”. Stamattina, infine, il Convegno si è concluso con un Messa Pontificale in Rito Romano Antico nella Cappella dell’Adorazione eucaristica della Basilica di San Pietro. Il rito è stato celebrato dall’arcivescovo prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, mons. Raymond Leo Burke. I partecipanti al Convegno si sono poi radunati in Piazza San Pietro per l’Angelus del Santo Padre, che ha rivolto loro un pensiero al momento dei saluti ai pellegrini italiani (A.G.)

    inizio pagina

    Ad Assisi un convegno della Cei dedicato ai problemi sociali

    ◊   Si apre, domani pomeriggio, ad Assisi il Convegno Nazionale dei direttori degli uffici diocesani per i problemi sociali e il lavoro, dedicato a “L’annuncio della verità dell’amore di Cristo nella società”. Ad aprire i lavori saranno il presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, mons. Arrigo Miglio, e il direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, mons. Angelo Casile. “Sono tre gli obiettivi principali che il convegno si prefigge – ha spiegato mons. Casile - per prima cosa coniugare i quattro ambiti di competenza dell’Ufficio nazionale, e cioè lavoro, problemi sociali (economia, politica), giustizia e pace, custodia del creato, in maniera unitaria, pur senza perdere la specificità di ciascun ambito; in secondo luogo declinare, alla luce degli orientamenti emersi nel Convegno ecclesiale di Verona, il tema del lavoro e della festa per una pastorale integrata tra gli ambiti del nostro Ufficio e gli altri Uffici pastorali; infine rilanciare una spiritualità del quotidiano che faccia del lavoro e della propria vita un’offerta a Dio per servirlo nell’amore verso il prossimo, nell’impegno quotidiano nella società e nella custodia del creato”. Martedì sera, il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, presiederà la Santa Messa nella Basilica di San Francesco. Il convegno si chiuderà giovedì 22 ottobre. (V.F.)

    inizio pagina

    A San Giovanni in Laterano, celebrata la Giornata mondiale del rifiuto della miseria

    ◊   In occasione della Giornata mondiale del rifiuto della miseria, si è tenuta a Roma ieri pomeriggio sul sagrato della Basilica lateranense, una cerimonia commemorativa. “Laddove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i diritti dell’uomo sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro”: 22 anni fa padre Joseph Wrzesinski, fondatore del Movimento "Aide à Toute Détresse/Atd–Quarto Mondo", inaugurò una lapide in cui queste parole sono scolpite nel marmo sul sagrato del “Parvis des Libertés”, al Trocadero di Parigi. “Questa affermazione – ha spiegato Claudio Calvaruso rappresentante per l’Italia di "Atd-Quarto Mondo" – deve essere al centro della nostra attenzione. Infatti ancora oggi, purtroppo, muoiono 8 milioni di bambini a causa di povertà estreme, dove fame, carestie, malattie, disastri ambientali sono le motivazioni principali per cui questi piccoli e chi vive con loro smettono di vivere”. Durante l’evento è stato messa in evidenza l’urgenza di far ascoltare il grido di dolore degli ultimi, ai grandi della terra, ponendo una particolare attenzione al prossimo vertice di Copenaghen. “Sono sempre i poveri e soprattutto i bambini – ha detto Jean Tonglet, direttore del Centro internazionale padre Wrzesinski - a pagare il prezzo più alto dei disastri ambientali. Essi tentano di proteggere il loro habitat, ma gli sforzi che fanno sono ignorati. Impariamo ad ascoltarli solo così potremmo vincere la miseria”. L’incontro si è concluso con una celebrazione eucaristica, all’interno della Basilica lateranense, presieduta da mons. Jean-Louis Bruguès, segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica e da padre Marc Leclerc, postulatore della Causa di beatificazione di padre Joseph Wrzesinski. I bambini del mondo nella miseria, ha spiegato padre Leclerc, ci insegnano che la povertà non è fatale, è opera degli uomini e questi, unendosi, la possono distruggere. (A cura di Marina Tomarro)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Attacco kamikaze in Iran: 31 i morti. Teheran accusa Washington e Londra

    ◊   Grave attentato suicida stamani nel sud est dell’Iran, dove un kamikaze si è fatto esplodere, provocando la morte di circa 30 persone, tra cui cinque alti ufficiali dei Pasdaran, guardia d’elite della Repubblica Islamica. Il presidente Ahmadinejad ha attribuito a “agenti degli stranieri” l’accaduto, mentre Ali Larijani, guida del parlamento iraniano, ha definito la strage “il risultato delle azioni degli americani”. L’attentato, tuttavia, è stato rivendicato da un gruppo sunnita locale. Il servizio è di Silvia Gusmano.

     
    Un attentato contro un tentativo di riconciliazione. Queste le sembianze dell’azione suicida che stamani si è consumata in una strada della città di Sarbaz, nella provincia del Sistan-Baluchistan, al confine con il Pakistan. Qui abita una minoranza di Baluchi, minoranza sunnita in un Paese al 90 per cento di confessione sciita. E qui, stamani, era in programma un incontro per favorire la riconciliazione e superare le forti tensioni interreligiose. Il kamikaze, che ha ucciso 31 persone, ha preso di mira il convoglio di pasdaran e notabili etnici locali diretti alla riunione. Tra le vittime, cinque alti ufficiali dei pasdaran, il corpo di sicurezza nato all’indomani della rivoluzione del ’79 e posto direttamente sotto il comando della Guida suprema del Paese, l’ayatollah Ali Khamenei. Allarmante il quadro che si apre a livello internazionale. Ahmadinejad ha dichiarato che si è trattato di “un crimine perpetrato da agenti degli stranieri” e Larijani ha attribuito la responsabilità agli Stati Uniti, mentre dalla tv di Stato si sono levate accuse contro Londra. L’attacco, tuttavia, è stato rivendicato dal gruppo sunnita separatista Jundallah, che già in passato si è dichiarato responsabile di diversi attentati e rapimenti di agenti dei servizi di sicurezza. La strage più grave, prima di quella odierna, risale al febbraio del 2007, quando 11 pasdaran furono uccisi e una trentina rimasero feriti in un agguato contro l’autobus su cui viaggiavano.

     
    Pakistan
    Sono sessanta i talebani e sei i militari pachistani rimasti uccisi finora nell'offensiva dall’esercito di Islamabad contro i ribelli della zona tribale del Sud Waziristan, al confine con l'Afghanistan. Lo ha reso noto l'esercito pachistano che da ieri è presente nel distretto con circa 30 mila uomini. Secondo fonti locali, confermate dall'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati, oltre 100 mila persone sono in fuga dal Waziristan del Sud, un numero che potrebbe raddoppiare nel giro di poco tempo, nonostante il coprifuoco imposto in tutta l’area.

    Medio Oriente
    Un razzo Qassam sparato dalla Striscia di Gaza è caduto stamani, dopo una pausa di alcuni giorni, in territorio israeliano, vicino al reticolato di confine, senza causare vittime e neppure danni. Prima della caduta del razzo i sistemi di allarme sono entrati in funzione nei centri israeliani nel Neghev situati in aree sotto tiro, causando momenti di tensione. Il lancio del razzo non è stato finora rivendicato da nessun gruppo armato palestinese a Gaza.

    Sudan
    Due cooperanti appartenenti all'associazione umanitaria irlandese 'Goal', rapite lo scorso 3 luglio a Khartoum, sono state liberate oggi in Darfur. Lo ha annunciato il ministro degli Affari umanitari del Sudan, Abdel Baqi al Jailani, aggiungendo che “sono in ottima salute”. Non si placa tuttavia la violenza nel Paese. Venerdì scorso, hanno reso noto oggi fonti governative, un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione in un villaggio del Sud uccidendo sette persone e bruciando 120 case, un attacco che porta a 1200 le vittime dei conflitti interni dall’inizio dell’anno.

    Botswana
    Il presidente del Botswana Ian Khama è stato confermato per un secondo mandato in seguito alla vittoria riportata dal suo partito democratico (Bdp) alle elezioni di venerdì scorso. Il partito del presidente che ha governato nel Paese africano ricco di diamanti fin dalla sua indipendenza nel 1966 ha conquistato, “più seggi di quelli necessari a Khama per la sua rielezione”, ha annunciato alla radio dal procuratore generale Julian Nganunu.

    Afghanistan
    Il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, in visita in Afghanistan, ha dichiarato oggi che il presidente Hamid Karzai e il suo avversario Abdullah Abdullah “sono pronti a lavorare insieme” per risolvere la crisi post elettorale. L’Afghanistan è in questo momento, insieme con il Pakistan, al centro di una sanguinosa ondata di violenza a causa dei continui scontri tra forze internazionali, esercito e milizie talebane. Anche gli attentati, che coinvolgono la popolazione civile, sono all’ordine del giorno. In questa situazione drammatica c’è chi non perde la speranza di riportare la pace nel Paese. E’ quanto sta facendo dal 2003 l’organizzazione non governativa italiana “Pangea Onlus” con il progetto “Jamila”, in aiuto delle donne in difficoltà della zona di Kabul, alle quali, attraverso la concessione di un microcredito, si dà la possibilità di ricominciare a vivere. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luca Lo Presti, presidente di Pangea, raggiunto telefonicamente a Kabul:

    R. – E’ un progetto che vede come parte terminale il microcredito, ovvero un prestito perché la vita rinasca. Perché la vita riparta occorre dare tutti i servizi alla persona e quindi la scolarizzazione, l’educazione igienico-sanitaria, l’assistenza al parto e la formazione professionale, e tutti quei servizi che servono, che poi terminano con un prestito, un prestito fatto alle donne perché la vita riparta da loro. Adesso sono a casa di una beneficiaria che, grazie al microcredito di Pangea, ha potuto comprare la casa; ha otto figli che hanno aperto un calzaturificio. Riescono veramente a tornare a vivere. E’ veramente un sistema per trovare la pace.

     
    D. – Quindi, a fronte di notizie che ci descrivono l’Afghanistan come un Paese che sta per esplodere, la vostra è un’esperienza di speranza, come a dire che gli afghani hanno fiducia di uscire da una situazione difficile...

     
    R. – L’Afghanistan è sicuramente un Paese difficile, un Paese che non si può conquistare con le armi. La storia ce lo insegna: nessun esercito lo ha conquistato. La fondazione Pangea italiana è qui e mai lascerà l’Afghanistan, perché è importante essere qui e chiedo il sostegno di tutti perché questo accada. Ecco, oggi l’Afghanistan ce la può fare, perché l’Afghanistan è un Paese che vuole farcela. E’ un Paese che desidera fortissimamente la pace, a dispetto dei signori della guerra e di tutti gli interessi che partano la guerra ovunque nel mondo.

     
    Brasile
    Dodici morti, un elicottero militare abbattuto, nove autobus dati alle fiamme: è pesante il bilancio della guerra tra narcotrafficanti e forze dell'ordine scatenatasi la notte scorsa nella metropoli brasiliana di Rio de Janeiro. L'elicottero è stato raggiunto da colpi di arma da fuoco mentre sorvolava una delle favelas nel settore nord della città. I due agenti a bordo sono rimasti uccisi. Nei successivi scontri, secondo la polizia, almeno 10 presunti narcos sono morti, altri sei sono stati feriti.

    Italia
    “Non abbiamo in programma nessun cambiamento: nelle scuole italiane si insegnerà la nostra
    religione che è quella cattolica. I nostri insegnanti di religione sono abituati ed attrezzati a rispettare la sensibilità dei ragazzi di educazione diversa”. Questa la dichiarazione rilasciata, stamani, dal ministro per l'Attuazione del Programma di Governo, Gianfranco Rotondi, in merito alla proposta di introdurre l'ora di religione islamica nelle scuole italiane. Ad aprire il dibattito sul tema, dichiarandosi favorevole a questa ipotesi, era stato ieri il viceministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso.

    Uragano Rick
    Il temibile uragano Rick, formatosi sull'Oceano Pacifico al largo delle coste messicane, ha raggiunto la categoria 5, la massima prevista dalla scala Saffir-Simpson. Con venti che soffiano a più di 250 chilometri orari, Rick minaccia ora Acapulco e la costa sud-occidentale del Messico. (A cura di Silvia Gusmano)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 291

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina