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Sommario del 17/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Al Sinodo per l'Africa la bozza del Messaggio finale. Il vescovo di Abuja: diamo voce a chi non ha voce
  • Concerto in Vaticano per il Papa e i Padri sinodali
  • Nomine
  • Beatificazione a Toledo del cardinale Sancha y Hervás. Mons. Amato: fu amico dei poveri e degli operai
  • “Riveder le stelle”: l’editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La vita è bella: a Madrid, famiglie in piazza contro l'aborto
  • Giornata mondiale del rifiuto della miseria per ridare dignità ai poveri
  • Simposio sul Mississipi per l'ecumenismo e l'ambiente promosso dal Patriarca di Costantinopoli. Intervista con mons. Paglia
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Nuovo appello del vescovo di Pagadian per il rilascio di padre Sinnot
  • Il cardinale Bertone ricorda San Leonardi “costruttore di pace”
  • Svizzera: cattolici e protestanti uniti per la “giustizia climatica”
  • Mons. Padovese: risolvere quanto prima la questione della Chiesa di Tarso
  • Conclusa a Gerusalemme la Marcia della Pace Perugia-Assisi
  • Giornata Missionaria: la Fondazione Missio ricorda il sacrificio di don Ruvoletto
  • La Giornata Missionaria nelle Seychelles
  • Dopo l’alluvione a Messina prosegue l’impegno della Caritas in Sicilia
  • Lettera per la Giornata nazionale di pastorale femminile in Cile
  • La realtà della guerra al centro delle prime giornate del Festival del Film di Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Offensiva dell'esercito pakistano in Waziristan contro i talebani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Al Sinodo per l'Africa la bozza del Messaggio finale. Il vescovo di Abuja: diamo voce a chi non ha voce

    ◊   Alla presenza di Benedetto XVI, si è svolta stamani la sedicesima Congregazione generale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa, in corso in Vaticano sui temi della riconciliazione, la giustizia e la pace. A chiudere la seconda settimana di lavori è stata la presentazione della bozza del Messaggio finale dell’Assemblea. Il documento provvisorio verrà poi rivisto, sottoposto al voto dell’Aula e presentato ufficialmente venerdì prossimo. Ce ne parla Isabella Piro:

     
    Ricco, pieno di speranza, che colpisce al cuore e potrà essere cibo per la fede di molti africani. I Padri Sinodali hanno definito così il Messaggio provvisorio presentato stamani in Aula. Un testo letto da quattro voci diverse in quattro lingue diverse: inglese, italiano, francese e portoghese. Quattro lingue e quattro voci, dunque, ma per un unico contenuto cruciale: il tema della riconciliazione, della giustizia e della pace è della massima urgenza in Africa e deve permeare tutto il continente.

     
    Il Messaggio provvisorio del Sinodo parte da qui e le linee tracciate finora, e in attesa della versione definitiva, fanno riferimento all’importanza di pace e giustizia nella famiglia, nei confronti delle donne, in un mondo politico che deve essere al servizio del bene comune; fanno riferimento al bisogno di tutelare i bambini e l’ambiente, alla necessità di sviluppare la comunicazione sociale della Chiesa e di cambiare i principi che regolano la finanza mondiale.

     
    La bozza di Messaggio guarda anche alla preparazione culturale dei fedeli laici, alla necessità di sostegno e di formazione per i giovani, che rappresentano più del 60% delle popolazione africana, e alla cooperazione in tutto il sud del mondo. Nel testo provvisorio, i Padri Sinodali pensano, poi, ai tanti migranti africani nel globo, riflettono su una maggiore diffusione della Dottrina Sociale della Chiesa, rendono omaggio ai tanti missionari, in Africa e nel resto del mondo, che si prodigano per il cristianesimo.

     
    Il Messaggio ancora in bozza, inoltre, si sofferma sulla povertà, grande ostacolo alla pace, sulla pandemia di Aids e sull’importanza del dialogo interreligioso ed ecumenico, da coltivare sempre, perché l’unità è fonte di grande forza.

     
    Infine, i Padri Sinodali invitano l’Africa a non disperarsi perché il continente è ricco delle benedizioni di Dio e ribadiscono che il destino del Paese è nelle mani degli africani stessi e che tocca soprattutto a loro dare nuovo slancio al continente.

     
    Con la presentazione della bozza del Messaggio finale, dunque, si è chiusa questa mattina la seconda settimana di lavori del Sinodo dei Vescovi. Sui contenuti e le finalità di questo documento, la cui versione definitiva sarà votata e illustrata venerdì prossimo, Paolo Ondarza ha intervistato il presidente della commissione per il messaggio, mons. John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja in Nigeria:

    R. – Nel messaggio non c’è nessuna intenzione di riassumere tutto il lavoro del Sinodo. La seconda cosa è il linguaggio che abbiamo cercato di adottare: il linguaggio di un Messaggio che viene indirizzato alla nostra gente. Il Messaggio, inoltre, è stato indirizzato a diverse categorie della comunità africana non soltanto della Chiesa. Spero che ciò che abbiamo da dire riguardo ai responsabili delle cose pubbliche africane venga da loro ascoltato perché così siano veramente responsabili della situazione in Africa adesso e allora si assumano la responsabilità.

     
    D. – Quindi c’è un’esortazione in questo senso…

     
    R. – Sì, l’esortazione è dire: guardate ciò che l’Africa è, certamente non è qualcosa di cui possiamo essere fieri. Non possiamo continuare a scaricare le colpe altrove. Sì, ci sono delle ingerenze esterne, delle responsabilità politiche dei grandi poteri, però questo non può essere il pretesto per non fare qualcosa. Poi abbiamo dovuto parlare fortemente contro tutto un modo di fare degli uomini politici. Ci sono strutture democratiche che vengono completamente sovvertite.

     
    D. – I cosiddetti colpi di Stato silenziosi…

     
    R. – Esattamente. I dittatori che stanno lì e che organizzano le elezioni ogni quattro anni e che non dicono niente: la comunità internazionale continua a far finta di non vedere niente.

     
    D. – Tutto apparentemente sembra svolgersi democraticamente…

     
    R. – Ma la gente stessa che subisce le conseguenze di questo sa bene di non aver scelto il proprio governo. Nel Paese dove qualche tentativo modesto è stato fatto per avere un sistema democratico decente si vede già il risultato positivo, sia per quanto riguarda la pace nel Paese sia anche nei risvolti economici per il popolo. Se un Paese è ben organizzato gli altri lo tratteranno con dignità.

     
    D. – Dunque il messaggio è uno strumento da offrire sia alla Chiesa ma anche alle società africane…

     
    R. – Addirittura alla comunità internazionale perché non si deve dimenticare che questa non è una riunione di vescovi africani che si tiene a Roma, questo è il Sinodo dei Vescovi.

     
    D. – Come formulare un messaggio che sia adattabile alle variegate situazioni in Africa? Come rivolgersi a tutte le singole realtà in un unico messaggio?

     
    R. – Certamente è possibile. Tutto il discorso su cosa vogliono dire riconciliazione, pace, giustizia, è universale per tutti, non soltanto per l’Africa. Quando un Sinodo come questo si riunisce, i problemi di una parte sono i problemi di tutti. Questo vuol dire Sinodo.

     
    D. – Si cammina insieme…

     
    R. – Insieme, camminiamo insieme. La cosa bella nel Sinodo è che può anche succedere che la Chiesa in determinate situazioni non possa parlare ma tutti noi possiamo parlare per loro. Le cose che i vescovi non possono dire a casa, il Sinodo le può dire per loro. Diciamo in inglese: giving voice to the voiceless, dare voce a chi non ha voce.

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    Concerto in Vaticano per il Papa e i Padri sinodali

    ◊   E’ un omaggio straordinario a Benedetto XVI, pianista appassionato dei classici viennesi, quello in programma questa sera alle ore 18.00 presso l’Aula Paolo VI in Vaticano. L’evento, cui assisteranno il Papa e i Padri sinodali, è offerto dall’Accademia di alta formazione pianistica di Imola, tra le più prestigiose del mondo, nel ventesimo anno dalla fondazione. Sarà la pianista cinese Jin Ju, 33 anni, talento dell’Istituzione, a eseguire le più belle pagine della letteratura pianistica su 7 strumenti originali che ripercorrono la storia del pianoforte. Entusiasta per l’anniversario e per la presenza del Pontefice, il direttore dell’accademia, il Maestro Franco Scala che così presenta il concerto, al microfono di Gabriella Ceraso.

    R. – E’ un percorso di fede verso la musica, perché con sette strumenti si ripercorre tutta la storia del pianoforte: dal 1750 circa, quando è nato, al 1900. Un percorso di fede anche per chi ascolta; un momento per riflettere, per dire: “Guardate che c’è anche un passato da scoprire, non dobbiamo pensare sempre al futuro in modo frenetico”.

    D. – Ecco, questi strumenti sono solo una piccola parte di una collezione di 120 pezzi, che fanno parte della collezione annessa all’Accademia di alta formazione di Imola che lei dirige...

     
    R. – Questi strumenti li ho raccolti in 30 anni, perché ho insegnato per 30 anni in conservatorio. Ho pensato che un pianista non potesse non conoscere la propria storia. E ogni pianoforte ha una sua storia, una storia incredibile.

     
    D. – Ce n’è uno di questi che ama in maniera particolare?

     
    R. – E’ un Graf, lo strumento preferito di Beethoven. Lui ce l’aveva, donato da Graf. E pensare che uno strumento così, lui per ascoltarlo metteva uno stecchetto di legno in mezzo ai denti e l’appoggiava sullo strumento per sentirne la vibrazione. Questo è incredibile, è commovente.

     
    D. – Quindi, un omaggio al Papa pianista, un omaggio al Papa amante dei classici viennesi...

     
    R. – Il Papa che conosce il pianoforte, che ama il pianoforte. Il mio più gran desiderio sarebbe che lui si sedesse sul pianoforte per provarlo.

     
    D. – Qual è l’interesse per gli spettatori di oggi di ascoltare questi suoni, di rivedere questi strumenti?

     
    R. – Ripercorre un po’ la storia della musica, la storia dell’uomo. Noi pensiamo che il pianoforte moderno possa esprimere lo stato d’animo del musicista che ha scritto queste cose. Invece, avere la pazienza per dire “questo è il suono che sentiva Beethoven, questo è il suono che sentiva Mozart” è una cosa molto affascinante, al di là della musica che si ascolta.

     
    D. – Oggi i suoni dei pianoforti sono la ricerca della perfezione, ma sono anche un po’ omologati, no? E’ una perdita per l’ascoltatore odierno?

     
    R. – Assolutamente, ormai siamo abituati ad un rumore, più che altro, oppure ad una potenza di suono per riempire una sala da 7000 posti. Questi pianoforti erano stati creati a dimensione d’uomo, cioè nei salotti. C’erano al massimo 10, 15 persone che ascoltavano il musicista che dava il tema alla padrona di casa, improvvisava e faceva un omaggio. Era un mondo umanamente diverso: c’era la pazienza anche di ascoltare. Oggi, il pubblico fa fatica. E poi avevano un senso estetico del bello, che purtroppo sta scomparendo.

     
    D. – L’occasione del concerto sono i 20 anni dell’Accademia di Imola, che fa alta formazione per i giovani. Secondo quale criterio, con quali obiettivi?

     
    R. – Noi scegliamo chi deve fare musica. La musica andrebbe portata nelle scuole come fatto educativo, che purtroppo lascia a desiderare. Ma poter salvare un talento che è nato per fare musica è il nostro scopo.

     
    Ha iniziato a studiare all’età di 4 anni e per lei la musica è stata anche un strumento per scoprire la presenza di Dio. Così parla di sé la protagonista del concerto di questa sera, la cinese Jin Ju, che racconta al microfono di Gabriella Ceraso l’emozione di questo momento.

    R. – Sono molto onorata e anche piena di gioia e felicissima. Se pensi che ho cominciato a studiare il pianoforte senza pianoforte: la nostra famiglia non aveva soldi, io ho studiato sempre sul pianoforte di altre persone e mia mamma mi ha insegnato a studiare sul tavolo. Adesso suono 7 pianoforti sul palcoscenico per il nostro Papa ed è una cosa veramente emozionante.

     
    D. – Il Papa tante volte ha detto che per lui la musica è una compagna di viaggio. Per lei cosa rappresenta?

     
    R. – Sono d’accordissimo con le parole del nostro Papa. La musica è la mia salvezza o, forse, è meglio dire che il Signore mi ha trovata attraverso la musica, perché quando avevo 16 anni ho suonato in Cina ad un concerto importantissimo e mi ricordo che al secondo movimento, così sereno, ho guardato su in cielo e ho visto tantissime stelle, un cielo aperto e sereno, e ho pensato: “Per forza deve esserci Dio”.

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato membri della Congregazione per i Vescovi il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e mons. Raymond Leo Burke, arcivescovo emerito di Saint Louis, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

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    Beatificazione a Toledo del cardinale Sancha y Hervás. Mons. Amato: fu amico dei poveri e degli operai

    ◊   Si celebra domattina, nella Cattedrale primaziale di Santa Maria Assunta, a Toledo, in Spagna, il rito di Beatificazione del cardinale Ciriaco María Sancha y Hervás, alla presenza dell’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Vissuto nel XIX secolo, il cardinale Hervás, che fu proprio arcivescovo di Toledo, si impegnò senza risparmio di energie nella difesa dei poveri e degli operai. Un amore per il prossimo che il cardinale maturò quando, giovane sacerdote, fu inviato a Cuba. Proprio da questo periodo cubano del cardinale Hervás, muove la riflessione dell’arcivescovo Angelo Amato, al microfono di Roberto Piermarini:
     
    R. - In quegli anni, a Cuba era iniziata la lotta per l’indipendenza dell’isola. La fame, la miseria e la desolazione dominavano sovrane. II cuore buono del giovane sacerdote fu toccato dall’emarginazione e dal degrado dei bambini abbandonati. Per questo fondò l’Istituto delle Suore dei poveri, che poi presero il nome di Suore della Carità del Cardinale Sancha. L’Istituto era formato da giovani cubane, adeguatamente formate e seguite dal Sancha. Il loro compito era di dare calore umano e spirituale agli orfani, agli anziani abbandonati, agli invalidi. Per il Servo di Dio, i poveri erano il sacramento vivo della presenza di Gesù tra noi. E la Divina Provvidenza era il suo riferimento quotidiano per alimentare la carità delle sue opere.

     
    D. - La sua biografia registra anche una permanenza del Servo di Dio in carcere a Cuba. Per quale motivo fu arrestato?

     
    R. - Per diversi mesi don Ciriaco fu in carcere per essersi opposto all’insediamento dell’arcivescovo scismatico di Santiago di Cuba, nominato contro la volontà della Santa Sede. Una volta liberato, si dedicò con maggiore entusiasmo alle opere di carità e alla direzione della Congregazione da lui fondata.

     
    D. - Da Cuba lo troviamo poi arcivescovo a Toledo? Quando rientrò in Spagna?

     
    R. - Don Ciriaco tornò in patria nel 1875, quando fu nominato vescovo ausiliare di Toledo. Per le sue doti di pastore saggio e prudente, fu prima vescovo di Avila, poi della nuova diocesi di Madrid-Alcala e poi di Valencia. Nel 1894 fu creato cardinale e due anni dopo, arcivescovo di Toledo e primate di Spagna.

     
    D. - Ci può indicare in breve i tratti della sua santità?

     
    R. - Santità di vita, zelo per le anime, vicinanza ai poveri, amore alla Chiesa e al Pontefice sono le caratteristiche della sua figura di pastore e di maestro. Fedele agli insegnamenti di Papa Leone XIII si distinse per la promozione umana e cristiana degli operai e dei poveri, fondando scuole serali per la loro istruzione, difendendo il giusto salario degli operai, promuovendone l'associazionismo per la rivendicazione dei loro diritti, visitando i quartieri poveri. Particolare attenzione diede sia alla formazione intellettuale e spirituale dei sacerdoti sia al sostentamento dei seminaristi e dei sacerdoti poveri e anziani. L’anima di questo suo straordinario apostolato era la sua fede in Dio. Scrive Salvador Perez, delineando la figura del cardinal Sancha: “Per Ciriaco Sancha Dio non era un ragionamento: Dio era il respiro della sua anima e parlare di Lui gli risultava così facile e naturale che riusciva a mettere tutti nell’atmosfera soprannaturale nella quale egli si muoveva. Andava sempre avanti. Prima faceva e poi parlava”.

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    “Riveder le stelle”: l’editoriale di padre Lombardi

    ◊    
    “Astrum 2009: Astronomia e strumenti. Il Patrimonio storico italiano quattrocento anni dopo Galileo”. E’ il titolo della mostra inaugurata giovedì scorso ai Musei Vaticani e che sarà aperta ai visitatori fino al 16 gennaio prossimo. Su questo importante evento culturale, l’editoriale di padre Federico Lombardi per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
     
    Le stelle continuano a brillare nel firmamento, ma è sempre più difficile vederle dalle nostre città, sia per l’inquinamento atmosferico, sia per la presenza permanente dell’illuminazione artificiale. Un tempo era spontaneo per il salmista cantare: “Se guardo il cielo, opera delle tue mani, la Luna e le stelle che hai fissato…” (Sal. 8). Oggi rischiamo di dimenticarci di loro.

     
    L’Anno internazionale dell’astronomia, che è in corso, può aiutarci a rialzare lo sguardo verso il firmamento, e l’attiva partecipazione – con convegni e mostre - dell’Osservatorio Vaticano (la famosa “Specola”) ci incoraggia a ritrovare questo spazio quasi naturale del dialogo fra la scienza e la fede. Il giovane direttore della Specola, padre Funes, ci dice che gli indiani dell’Arizona – dove gli scienziati hanno costruito numerosi osservatori per il cielo terso e cristallino – hanno definito gli astronomi “il popolo dagli occhi lunghi”. Proprio così: tutti dobbiamo allungare i nostri occhi, abituati a guardare troppo vicino, per superare i veli che ci impediscono di lasciarci prendere nuovamente dallo stupore vertiginoso, dalla meraviglia, dalla trepidazione, che suscita la profondità dello spazio che ci circonda. E lasciar rinascere in noi le inevitabili domande su chi siamo e dove siamo, su questo piccolo e fragile pianeta in volo attraverso il tempo e lo spazio…

     
    Infatti il salmista continua il suo canto: “Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi? Eppure gli hai dato potere sulle opere delle tue mani…”. E alla fine conclude: “O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!”. Per molti dei nostri contemporanei la conclusione non è così rapida, ma per tutti è possibile ritrovare la domanda iniziale e il senso del mistero. Accompagniamoci a loro allungando gli occhi per cercare le risposte più profonde, più vere e più belle.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Passa per l'Africa il futuro del pianeta: in prima pagina, un editoriale del vicedirettore sui lavori sinodali.

    Politiche economiche e sociali a misura d'uomo: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla 64 sessione dell'Assemblea generale dell'Onu.

    Gabriele Nicolò sulla situazione in Afghanistan: si ripropone il problema della sicurezza in vista del ballottaggio per le presidenziali fra Karzai e Abdullah.

    Un vescovo africano a Roma: in cultura, Fabrizio Bisconti sull'iconografia di Ottato di Vescera nel complesso callistiano.

    La verità non è mai solo teorica; da Ratisbona al College des Bernardins il rapporto tra fede e ragione (guardando a Oriente): la relazione di Adriano Dell'Asta al convegno internazionale "Cercatori dell'eterno, creatori di civiltà. Il monachesimo tra Oriente e Occidente".  

    La peste a Milano dal disastro al delirio: Franco Camisasca su realtà storica e pregiudizio ideologico secondo Manzoni.

    La presentazione di Caterina Bon Valsassina della mostra - alle Gallerie dell'Accademia di Venezia - "Leonardo. L'uomo vitruviano fra arte e scienza" e un articolo di Carlo Pedretti dal titolo "Unica rivale la Gioconda".

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    Oggi in Primo Piano



    La vita è bella: a Madrid, famiglie in piazza contro l'aborto

    ◊   Il popolo della vita invade pacificamente le vie di Madrid per una grande manifestazione contro il disegno di legge dell’esecutivo Zapatero, che liberalizza la pratica dell’aborto. Se la norma venisse approvata dalle Camere, anche le minorenni potrebbero abortire, nelle prime 14 settimane di gravidanza, senza la necessità di un’autorizzazione da parte dei genitori. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Per i bambini, per le donne, contro l’aborto. Il Movimento per la vita spagnolo è oggi in piazza per dire “no” alla “cultura della morte” e per ribadire che “Ogni vita è importante”. Sono 40 le associazioni civiche impegnate nella manifestazione odierna, che è appoggiata dai vescovi spagnoli. Un evento, ribadiscono i promotori, che è a favore del nascituro ma anche delle donne. Per loro, infatti, il Movimento per la vita chiede politiche adeguate di sostegno che pongano fine al dramma di 112 mila aborti ogni anno. Dal canto suo, il responsabile del Forum della Famiglia iberico, Benigno Blanco, ha dichiarato al quotidiano “Avvenire” che la riforma abortista voluta da Zapatero relegherà le donne in una situazione ancora più spinosa, senza aiuti e senza alternative. In particolare, Blanco pensa alle ragazze di 16-17 anni, “che vengono addirittura lasciate senza l’aiuto” del padre e della madre. Il disegno di legge, peraltro, si inserisce in un clima culturale che sempre più mette in discussione il valore non negoziabile della vita. Una preoccupazione, questa, che si percepisce anche nelle scuole, come sottolinea don Francisco Ruiz Millàn, ispettore dei salesiani per la zona di Siviglia, intervistato da Fabio Colagrande:
     
    R. – Ci si preoccupa tanto, perché come voi sapete noi salesiani lavoriamo anche nell’educazione dei giovani e il nostro governo sta influendo sul tipo di cultura insegnata ai nostri ragazzi. Perciò c’è il grave problema che i ragazzi pian piano facciano propria una cultura di morte. Una ragazza può abortire senza sentire i genitori; non c'è il rispetto della vita del nascituro che è in lei. E questa cultura può arrivare anche alla scuola, perché vi può essere imposta.

     
    D. – Cosa si aspetta per la manifestazione? Cosa vi aspettate voi salesiani?

     
    R. – Prima di tutto, ci aspettiamo una grande voglia in tutta la Spagna di partecipare, perché pensiamo che anche nella società spagnola siano in tantissimi ad essere contrari all'aborto. Allora, dobbiamo dire pubblicamente che non siamo pochi: siamo tanti ad essere contro questa legge. Secondo, ci aspettiamo che anche il governo dica qualcosa, perché deve rispondere a questa manifestazione. Cosa dirà? Dirà: "Va bene, in tanti sono contro di noi, però noi andiamo avanti"? Noi ci aspettiamo veramente che il governo cambi. Ma dobbiamo lottare.

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    Giornata mondiale del rifiuto della miseria per ridare dignità ai poveri

    ◊   Promuovere il rispetto dei più poveri e degli emarginati. È l’obiettivo dell'odierna Giornata mondiale del rifiuto della miseria. L’iniziativa, ora al suo ventiduesimo anniversario, è nata grazie a Padre Joseph Wresinski, fondatore del Movimento Aide à Tout Detresse – Quarto Mondo, che nel 1987 inaugurò sul Sagrato delle Libertà e dei Diritti dell’Uomo, al Trocadero, a Parigi, una pietra in commemorazione dei più poveri. Oggi pomeriggio per ricordare questa Giornata, sul sagrato della Basilica Lateranense a Roma alle ore 16.00, si terrà una cerimonia commemorativa attorno alla lapide che riproduce quella di Parigi, poi all'interno della Basilica sarà celebrata una Santa Messa. Sulla situazione della povertà Linda Giannattasio ha sentito Claudio Calvaruso, presidente dell’associazione italiana “Amici di ATD Quarto Mondo":

    R. – Bisogna avere innanzitutto uno sguardo internazionale. Abbiamo dei dati dell’Unicef che parlano di un miliardo di bambini che vivono in territori di guerra. Save the children ci dice che ogni cinque secondi muore un bambino e il 90 per cento di queste morti sono evitabili: più di un miliardo di persone non ha da mangiare. E poi, un altro aspetto, più strettamente legato alla crisi economica, è il problema del lavoro. La Banca Mondiale prevede, per il prossimo anno, 90 milioni di disoccupati nel mondo: un bombardamento di dati che sono assolutamente agghiaccianti.

     
    D. – Qual è quindi lo spirito di questa Giornata?

     
    R. - Non possiamo permetterci che la drammaticità di questi dati trasmetta solo impotenza e addirittura indifferenza, ma dobbiamo invece rimettere in moto l'attività della società civile, oltre che delle istituzioni, di sentire sul piano della solidarietà, della coesione sociale, questi poveri più vicini.

     
    D. – Come si può stare vicino e soprattutto restituire dignità a chi vive ai margini della società?

     
    R. – Questa è stata proprio la strategia di padre Joseph Wresinski. Lui ha sempre difeso la dignità dei poveri e questa lapide era proprio stata posta sul Sagrato dei Diritti umani, in memoria dei più poveri. Atd Quarto Mondo cerca di essere vicino ai poveri e non vuole insegnar loro, ma cercare attraverso l’affetto di aiutare i poveri a trovare da soli un percorso di uscita dalla povertà.

     
    D. – Nel 1997 anche Papa Giovanni Paolo II ha voluto iniziare le Giornate mondiali della gioventù, raccogliendosi in preghiera davanti alla pietra inaugurata da padre Wresinski. Cosa insegna questa lapide?

     
    R. – E’ un grido contro la discriminazione, una sorta di monito alle persone, perché non ci sia più una società in cui le persone sono private della loro dignità.

     
    D. – Cosa possono fare le istituzioni per i più poveri?

     
    R. – Le istituzioni si erano poste degli obiettivi che non sono stati raggiunti. Entro il 2015 si dovevano raggiungere dei risultati importanti nella lotta alla fame, nella lotta alla povertà. Non solo certamente non li raggiungeremo, ma siamo ancora più indietro di quando sono stati dichiarati. Ci sono delle responsabilità ben chiare sia di tipo politico che in termini di comportamento. Se ci sono degli esclusi dobbiamo vedere nelle istituzioni, dobbiamo vedere dentro noi stessi. Questa è la strada sulla quale dobbiamo lavorare. I dati sono un monito, ma non devono far considerare la povertà come un male necessario sul quale non possiamo intervenire.

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    Simposio sul Mississipi per l'ecumenismo e l'ambiente promosso dal Patriarca di Costantinopoli. Intervista con mons. Paglia

    ◊   Al via domani negli Stati Uniti l’ottava edizione dei Simposi dell’organizzazione Religione Scienza e Ambiente, sotto l’alto patronato del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. L’edizione di quest’anno, che si concluderà il 25 ottobre, si intitola "Ripristinare l’equilibrio: il Grande Fiume Mississippi". L’appuntamento - dopo i precedenti dedicati, a partire dal ‘95, a Mar Egeo, Mar Nero, Danubio, Adriatico, Mar Baltico, Rio delle Amazzoni, Groenlandia - si svolge sul Mississippi ed è dedicato alle grandi riserve idriche della Terra e alle conseguenze dei cambiamenti climatici. La prima parte si terrà a Memphis, con una sessione dedicata alla storia e ai diritti degli afroamericani, mentre la parte scientifica del Simposio si svolgerà a New Orleans, con un’attenzione particolare ai danni dell’uragano Katrina. Numerose le occasioni di studio fra esperti e i momenti di preghiera tra ortodossi e cattolici. La salvaguardia del Creato dunque, diventa motivo di dialogo in campo ecumenico. Ce ne parla mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, intervistato dalla nostra inviata sul Mississippi, Giada Aquilino:

    R. – Bisogna dare atto al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, già con Dimitrios, il Patriarca che ha preceduto Bartolomeo, alla fine degli anni ’80, di avere individuato la salvaguardia del Creato come un tema da guardare anche - anzi forse soprattutto - da un punto di vista biblico, cristiano, proprio perché noi iniziamo il nostro Credo: “Credo in Dio, creatore del Cielo e della Terra”; le Scritture iniziano appunto con questa straordinaria splendida iniziativa di Dio che crea; e alla fine del tempo vedremo “Cieli nuovi e terra nuova”. Questa intuizione di cogliere, attraverso gli occhi della fede, la responsabilità verso il Creato è un patrimonio antico ma che proprio in questi ultimi decenni il Patriarcato Ecumenico ha rilanciato, Bartolomeo in maniera particolarmente forte, ed ora è diventato un tema che attraversa tutte le Chiese. Anche la Conferenza episcopale italiana da ormai tre anni ha scelto la data del primo settembre, quella proposta dagli ortodossi, per tutto il mese di settembre, per impegnarsi appunto a riflettere per far crescere questa coscienza nella vita dei fedeli. Ed è uno dei campi dove possiamo trovarci tutti, senza divisione alcuna. Ecco perché questi Simposi che il Patriarca promuove sono un’occasione bella per poter approfondire la nostra fede e anche la nostra responsabilità nei confronti della Creazione.

     
    D. - Negli ultimi anni Benedetto XVI e il Patriarca Bartolomeo I si sono incontrati diverse volte. Ricordiamo il viaggio del Papa in Turchia, la partecipazione del Patriarca all’apertura dell’Anno Paolino e poi al Sinodo sulla Parola di Dio. Che significato dare all’intensificarsi di questi incontri?

     
    R. – Un significato altamente ecumenico, splendido direi. L’uno e l’altro - davvero potremmo dire: “Il Signore li mandò due a due” - indicano all’intero mondo cristiano quanto sia indispensabile questo impegno della salvaguardia del Creato ed è importante che il rispetto del Creato comporti ugualmente il rispetto della vita in tutte le sue fasi, il rispetto della Creazione in tutti i suoi aspetti.

     
    D. – Più di un osservatore sostiene che oggi il dialogo tra cattolici e ortodossi stia registrando un momento molto positivo. Qual è la situazione del dialogo dei cattolici per esempio con il mondo protestante?

     
    R. – Con il mondo protestante certamente le difficoltà sono più grandi, anche perché la divisione riguarda temi dogmatici, temi ecclesiologici e quindi temi sul ministero, i sacramenti. Con il mondo ortodosso la consonanza dottrinale direi che è praticamente quasi completa, a parte la questione del primato dove in verità il nodo è il modo dell’esercizio più che il fatto del primato. I campi di incontro con l’ortodossia sono molti, ma nel complesso direi che, nonostante le diverse velocità, tuttavia il cammino ecumenico a me pare ormai irreversibile.

     
    D. - A che punto è il dialogo all’interno dell’ortodossia, ad esempio tra il Patriarcato di Mosca e quello di Costantinopoli?

     
    R. – Anche l’ortodossia è molta variegata. Come è noto esistono diverse Chiese che sono chiamate autocefale e la Chiesa cattolica ha rapporti bilaterali con tutte, con il Patriarcato di Mosca, con il Patriarcato di Costantinopoli, con la Chiesa serba, la Chiesa rumena e così via. Ci sono difficoltà all’interno dell’ortodossia stessa, un dialogo interortodosso non è facile. Quindi il problema del cammino dell’unità è anche all’interno dell’ortodossia, come pure all’interno del rapporto tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse. Ma sono particolarmente felice di poter constatare del nuovo clima che c’è tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato di Mosca.

     
    D. – Si avvicina l’auspicato incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca?

     
    R. – Ambedue le parti ora sanno che l’incontro deve avvenire.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 29.ma Domenica del Tempo Ordinario la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui gli apostoli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di concedergli di sedere, nella sua gloria, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. La richiesta provoca l’indignazione degli altri discepoli. Ma Gesù dice:

    «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:

    Per intendere quel che Gesù dice per inibire alla radice il fermento della controversia furibonda insorta tra i suoi, è necessario tornare al punto in cui tale fermento aveva iniziato a lievitare la pasta della umanità dell'uomo.

     
    Con la violazione della "prima Alleanza" (cf. Os 6,7) l'uomo, corrompendo per parte sua il buon legame col Creatore, aveva provocato, come conseguenza nefasta, una corruzione della qualità della relazione tra gli uomini. Una volta rescisso il rapporto con Dio, gli uomini sono abbandonati alle relazioni tra loro come relazioni assolute. Di qui nasce la prepotenza, il tentativo di reciproco predominio, il conflitto come modalità ordinaria di relazione con l'altro, l'aggressività, la violenza, la sopraffazione, in una parola, la guerra, che a volte si placa trasformandosi in tregua armata.

     
    Gesù dice: «Tra voi, però, non è così!»
    Quelli che sono in comunione con Lui, col Figlio di Dio, non vivono più il rapporto con gli altri uomini come assoluto, totale e quindi totalitario e divengono capaci, come Lui e in Lui, di servire. Il servizio, in Cristo, spezza la dialettica perversa servo/padrone, dominatore/dominato.

     
    Egli fa questo riaprendo la via al «Padre che è nei Cieli».
    Nella storia quelli che hanno voluto assolutizzare la fratellanza (siamo tutti fratelli, siamo tutti uguali) facendo fuori Dio, il Padre, hanno posto le premesse di un dissidio ancora più grave, hanno posto le premesse del terrore. «Tra voi, però, non è così!» Riaprendo la via al Padre Gesù pone l'inizio di una umanità nuova.

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    Chiesa e Società



    Nuovo appello del vescovo di Pagadian per il rilascio di padre Sinnot

    ◊   Padre Michael Sinnott, religioso irlandese della Società Missionaria di San Colombano sequestrato domenica a Pagadian (Mindanao, Filippine), ha urgente bisogno di medicinali a causa del suo precario stato di salute. E’ l’appello del vescovo di Pagadian, mons. Emmanuele Cabajar, riportato dall’agenzia Fides. Il presule continua a chiedere ai fedeli di “pregare per la sua salvezza” e ha supplicato i rapitori “perché lo rilascino subito e lo trattino con compassione”. Il missionario, che ha 79 anni, ha infatti due bypass ed è stato operato di recente al cuore. Mons. Cabajar ha fatto affiggere inoltre un manifesto con scritto, “Padre Michael Sinnot, un uomo di pace”, in cui esprime il suo dolore per l'accaduto. Il missionario, nato in Irlanda, coordinava un progetto di riabilitazione per bambini disabili. Nessuna notizia ancora sull’identità dei sequestratori, ma secondo il vicario generale della diocesi di Pagadian “i sospetti vanno su bande dedite al business dei sequestri a scopo di estorsione, che chiedono denaro per finanziare la loro lotta ma la politica della Chiesa nelle Filippine del Sud è quella di non cedere alle richieste di riscatto”. Secondo l'agenzia delle Pontificie Opere Missionarie OMPress padre Sinnott è il terzo sacerdote rapito nella zona di Mindanao occidentale negli ultimi 12 anni. Intanto, per domani, Giornata missionaria mondiale, in tutte le chiese d’Irlanda i fedeli pregheranno per il missionario perché sia liberato sano e salvo, ma pure per Sharon Commins ed Hilda Kawukio, due operatrici di carità, sequestrate nel Darfur sudanese. (C.S.)

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    Il cardinale Bertone ricorda San Leonardi “costruttore di pace”

    ◊   “Giovanni Leonardi fu un vero terapeuta di una Chiesa ferita e di un mondo lacerato perché dalla sua bottega di speziale traeva il buon profumo di Cristo, l’olio dell’unzione”. Con queste parole il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, nella Messa presieduta ieri nella chiesa romana di Santa Maria in Campitelli, ha disegnato la figura di San Giovanni Leonardi in occasione delle celebrazioni conclusive del quarto centenario della morte del fondatore dell’Ordine dei Chierici regolari della Madre di Dio, patrono dei farmacisti. La Messa è stata preceduta da una fiaccolata che aveva portato l’urna del Santo nella vicina piazza del Campidoglio. E domani la stessa urna sarà nella Basilica di San Pietro, dove il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, chiuderà le celebrazioni. Il cardinale Bertone, nell'omelia, ha anche ricordato i doni spirituali del patrono dei farmacisti: “il primato di Cristo; l’amore alla Chiesa, quale presenza oggettiva dell’opera di Cristo nella storia; la passione per l’annuncio missionario e la santità”. Proprio queste caratteristiche ne hanno fatto “una luminosa figura” come aveva scritto Benedetto XVI nella lettera inviata al superiore generale dei Chierici, padre Francesco Petrillo, in occasione dell’apertura del quarto centenario. “L’intera vita di San Giovanni Leonardi - ha aggiunto il porporato - è, in effetti, una di quelle pagine del Vangelo che volentieri torniamo a leggere per trovarvi tutta la genuina essenza del cristianesimo, che parte da un principio vitale e fondamentale: il primato di Cristo, e quindi l’assoluta certezza che solo “Lui - come spesso affermava il nostro Santo e che è divento il motto di questo Anno Giubilare - è la misura di tutte le cose”. Un uomo molto impegnato: fu “catechista creativo e testimone convincente delle verità che trasmette; costruttore di pace fra le fazioni in lotta, presbitero zelante - ha proseguito il cardinale Bertone - che sa coniugare contemplazione e azione, punto di riferimento per giovani che solo aspettavano di poter sperimentare un cristianesimo che fosse avvenimento nella loro storia e non utopia”. Fondò nel 1574 l’Ordine dei Chierici e gettò le basi per la nascita del Collegio Urbano di Propaganda Fide.(B.C.)

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    Svizzera: cattolici e protestanti uniti per la “giustizia climatica”

    ◊   “Per la giustizia climatica sono necessari grandi sforzi da parte di tutta la società”: è quanto scrivono, in una lettera, la Chiesa cattolica della Svizzera e la Federazione delle Chiese protestanti elvetiche. La missiva è stata indirizzata alla delegazione svizzera che parteciperà alla Conferenza mondiale sul clima, organizzata dalle Nazioni Unite, e che si terrà nel mese di dicembre a Copenaghen. “Non è mai troppo tardi per la giustizia climatica – si legge nella lettera – La politica climatica deve tener conto del consenso scientifico sulle cause e gli effetti dei cambiamenti climatici e difendere i diritti delle popolazioni principalmente coinvolte”. I rappresentanti religiosi raccomandano, quindi, una riduzione del 40% delle emissioni di gas serra per il trentennio 1990 – 2020 in Svizzera. In questo senso, le Chiese rivolgono un appello alla delegazione svizzera perché si impegni concretamente alla Conferenza di Copenhagen. (I.P.)

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    Mons. Padovese: risolvere quanto prima la questione della Chiesa di Tarso

    ◊   Situazione di stallo nella vicenda relativa alla chiesa di San Paolo a Tarso, in Turchia, oggi adibita a museo, che da tempo si attende possa essere riconsegnata al culto dei cristiani. “Dal primo settembre i pellegrini non pagano più il biglietto ma i problemi restano e sono reali”, ha dichiarato all’agenzia Sir il presidente della Conferenza episcopale turca (Cet), mons. Luigi Padovese, citando la prassi adottata dalle autorità turche alla fine dell’Anno Paolino che obbliga i gruppi a prenotare con almeno tre giorni di anticipo alla direzione del museo. “La situazione non è migliorata anzi – rivela il vescovo - da qualche giorno, la polizia in divisa entra in chiesa durante le funzioni suscitando allarmismo tra pellegrini". “Non sappiamo quando ci sarà un cambiamento definitivo della situazione – aggiunge mons. Padovese - le parole del ministro della Cultura e del Turismo erano di speranza nei confronti di Tarso anche se in tempi non determinati. Tuttavia mantenere aperto il problema potrebbe far pensare che non lo si voglia risolvere”. Situazione critica anche al Patriarcato ecumenico, per la scuola teologica di Halki, ancora chiusa dal 1971. "Si era parlato di una sua riapertura-commenta il presule ma finora nulla di fatto, nonostante l’incontro del primo Ministro con Bartolomeo I e gli altri capi delle minoranze, aveva fatto ben sperare". “E’ arrivato il tempo di passare dalle parole ai fatti – afferma il presidente dei vescovi della Turchia - se si vogliono fare passi avanti nel cammino di integrazione europea. In questo senso – conclude – giudico molto positivo lo storico accordo di riaprire relazioni diplomatiche con l’Armenia. Credo sia nell’interesse dei due Paesi arrivare a dei chiarimenti. L’importante è non dimenticare la storia passata”. (C.S.)

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    Conclusa a Gerusalemme la Marcia della Pace Perugia-Assisi

    ◊   Un appello affinché non si dimentichi “la grave tragedia umana” che si sta consumando in Terra Santa. Lo hanno lanciato i partecipanti alla marcia Perugia-Assisi a Gerusalemme, iniziata lo scorso 10 ottobre e che si è conclusa oggi. Quattrocento gli italiani che vi hanno preso parte da semplici cittadini ad amministratori locali e rappresentanti di associazioni. La marcia è stata promossa tra gli altri dalla piattaforma delle Ong italiane per il Medio Oriente e la Tavola della pace. “Israeliani e palestinesi – riferiscono gli organizzatori - non ce la faranno da soli a ritrovare la via della pace”. E' necessario pertanto l’intervento di un “terzo attore” che “siamo noi”. Diverse le richieste formulate come l'immediata riapertura della Striscia di Gaza, un impegno di verità al mondo dell’informazione e ai governi affinché operino coerentemente per favorire la ripresa dei negoziati. (B.C.)

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    Giornata Missionaria: la Fondazione Missio ricorda il sacrificio di don Ruvoletto

    ◊   In occasione della 83ma Giornata Missionaria Mondiale (GMM), che si svolgerà domani, la Fondazione Missio, struttura della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) per la pastorale missionaria, invita le comunità parrocchiali e tutte le realtà dell’associazionismo cattolico, a ricordare il sacrificio di don Ruggero Ruvoletto, ucciso recentemente in Brasile. “Si tratta di un sacerdote Fidei donum originario della diocesi di Padova – ha ricordato don Gianni Cesena, direttore di Missio – che fa onore al nostro Paese, essendosi sacrificato per la causa degli ultimi e del Vangelo a Manaus dove svolgeva il proprio apostolato”. Obiettivo prioritario della Giornata Missionaria che quest’anno si svolgerà sul tema “Vangelo senza confini“, è ribadire che la missione ad gentes rappresenta un impegno costante per ogni battezzato ed una necessità non più procrastinabile. “La crescente diminuzione di vocazioni missionarie ad vitam in Italia –spiega don Cesena - è un dato sul quale occorre interrogarsi, soprattutto se si considera che nel 1990 i missionari italiani erano 24 mila, mentre nel 2000 risultavano poco meno di 14 mila. Attualmente invece la cifra è attestata attorno alle 10 mila unità. Inoltre non v’è dubbio, come peraltro indicato da una recente missiva dei missionari italiani alla Cei, che l’Italia non può più continuare a essere considerata solo un retroterra di un impegno destinato altrove”. E’ per questa ragione, conclude il sacerdote che, “il servizio missionario non va considerato come una sorta d’avventura solitaria, ma interpretato innanzitutto e soprattutto come impegno condiviso”. (C.S)

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    La Giornata Missionaria nelle Seychelles

    ◊   “Portare a tutti la buona notizia del Vangelo ma soprattutto svegliare i cattolici ed incentivarli alla missione della Chiesa”: è questo secondo padre Edwin Mathiot, direttore de “L’echo des iles”, il periodico della diocesi di Port Victoria, l’obiettivo prioritario della Giornata Missionaria nelle Seychelles. Il sacerdote, ha ribadito la necessità di intensificare la preghiera, la condivisione e la riflessione: "bisogna pregare - ha detto - per tutti i missionari al lavoro nei quattro angoli del mondo e per domandare vocazioni missionarie”. Il sacerdote ha ribadito come questa settimana debba essere vissuta con l’intento di rafforzare l’unità di tutti i cattolici del mondo intero secondo le intenzioni della Chiesa. Citando poi il Messaggio del Papa per la Giornata Missionaria 2009, padre Mathiot ha ricordato la colletta che ogni anno viene fatta nel mondo intero per sostenere le missioni: “non dimentichiamo che fin dai suoi inizi la Chiesa vive di carità”. Quindi ha sottolineato il ruolo ed il carisma delle Pontificie Opere Missionarie: le offerte che ogni nazione fa pervenire al fondo universale vengono distribuite secondo le necessità di ogni diocesi per la formazione dei sacerdoti, la preparazione e la remunerazione dei catechisti a tempo pieno, per rispondere alle diverse necessità delle parrocchie. (C.S.)

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    Dopo l’alluvione a Messina prosegue l’impegno della Caritas in Sicilia

    ◊   A poche settimane dall’alluvione che ha colpito i comuni siciliani di Messina e di Scaletta Zanclea, provocando 30 morti e 5 dispersi, prosegue l’impegno della Caritas locale nel portare gli aiuti. Ma la situazione è complessa: “Oltre ai luoghi dove l’alluvione è stata più violenta, i danni riguardano anche altri villaggi, come Itala Superiore, Guidomandri, Cumia, Pezzolo, che sono diventati difficilmente accessibili per via di diverse frane che hanno ostruito le vie di comunicazione”, spiega il direttore della Caritas diocesana di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, don Gaetano Tripodo. La valanga di fango ha portato via non solo le abitazioni, ma anche il tessuto sociale ed economico. “Enormi i danni per la popolazione locale: perdita di affetti, di persone care, di abitazioni, di lavoro, di strutture sociali e di punti di riferimento per la vita ordinaria – informa una nota della Caritas - Oltre agli aiuti immediati in favore delle fasce più deboli della popolazione, si stanno valutando nel medio e lungo termine interventi per la realizzazione e il ripristino di centri socio-pastorali e a sostegno della ripresa socioeconomica di quanti hanno perso il lavoro”. Da ricordare, infine, che per far fronte all’emergenza, la Conferenza Episcopale Italiana ha stanziato un milione di euro dai fondi derivanti dall'otto per mille, e ha invitato a sostenere le iniziative di solidarietà promosse da Caritas Italiana. (I.P.)

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    Lettera per la Giornata nazionale di pastorale femminile in Cile

    ◊   “Sensibilizzare le donne che operano nella pastorale e che collaborano nella Chiesa al processo della Missione Continentale, ad individuare, da loro stesse, gli apporti specifici della femminilità”. E’ quanto si legge in una nota inviata a tutti i sacerdoti del Cile e firmata dal presidente della Commissione nazionale di pastorale femminile della Conferenza Episcopale Cilena e arcivescovo di Valdivia, mons. Ignacio Ducasse Medina, in occasione della Giornata nazionale di pastorale femminile, sul tema “Donne, discepole missionarie per la vita del Cile”. Già il Documento di Aparecida, prosegue la nota, aveva invitato ad orientare l’organizzazione della pastorale in maniera da aiutare a scoprire e a sviluppare in ogni donna ed in ogni ambito ecclesiale e sociale il genio femminile, per promuovere un più ampio protagonismo della donna. L’Incontro sarà strutturato attorno a quattro momenti principali. Il primo, denominato "Incontro con Cristo”, prevede la “lettura orante della Parola” e la riflessione sul tema “Donna discepola nell’incontro con Cristo”. Un secondo incontro, ha l’obiettivo di invogliare le partecipanti alla giornata a fare del loro essere femminile un dono per la vita della Chiesa nel cilena. Nel pomeriggio è prevista un’assemblea plenaria come sintesi della precedente discussione, per arrivare ad identificare i tratti essenziali della femminilità come dono per la missione continentale nella vita del Cile. Il terzo momento sarà di riflessione sull’impegno da assumere con lo sviluppo della Missione Continentale, a cui seguirà il quarto momento con la celebrazione della Santa Messa: “un momento di azione di grazie e di invio - spiega mons. Ignacio Ducasse Medina, che ospiterà tra l’altro l’iniziativa denominata Vangelo del Cile, che rientra tra le attività della Missione Continentale”. (C.S.)

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    La realtà della guerra al centro delle prime giornate del Festival del Film di Roma

    ◊   Il Festival romano presenta nelle sue prime giornate la più cruda e terribile delle realtà, la guerra, rendendola visibile o almeno percepibile in due film diversamente ambientati, ma dalla denuncia comune: i conflitti e le violenze, vissuti o sfruttati alle più diverse latitudini e modalità, sono un vicolo cieco cui l’umanità non può adeguarsi. L’inaugurazione del Festival è toccata a Triage del regista bosniaco Danis Tanović, già premio Oscar nel 2001 per l’originale No Man’s land: Mike e David, fotoreporter sprezzanti del pericolo e affamati di gloria, alla ricerca dello scatto da premio, dunque della fama e dell’incasso sicuro, sono alle prese con la guerriglia in Kurdistan nel 1988, vissuta in modo palesemente conflittuale tra loro, il primo irriducibile nel voler documentare ogni strage, il secondo deciso nel rifiutarle e con una grande nostalgia di casa. L’immoralità della violenza che loro vivono contamina, ed è l’aspetto etico più apprezzabile del film, il commercio della sua immagine, di cui l’informazione è purtroppo affamata, e sembra anch’esso un mondo cinicamente senza regole: quando Mark ritorna – ferito e vulnerabile – a Dublino, salvatosi per un soffio da un devastante incidente ora sepolto nei reconditi angoli della memoria, il colloquio con la sua manager, impietoso e gelido, non è meno indigesto del clima che animava le battaglie. Il recupero di Mike sarà difficile, ma approderà alfine a quella terra in cui pietà e rimorso sono esperienze comuni e universali, dove l’anima può trovare la sua guarigione e il dolore il suo senso ultimo. Cercano sicurezza e senso anche le donne di Ogni giorno è festa, un film della libanese Dima El-Horr: Beirut sembra vivere giorni tranquilli, ma queste spose che partono per trovare i loro mariti in carcere e iniziano una inaspettata odissea esistenziale, entreranno in contatto con la guerra che passa loro vicino come un soffio mentre gli effetti sono di infinita e insopportabile pesantezza. Surreale e intenso, con un tocco di delicatissima psicologia femminile. Mentre del tutto aereo e soffice è il bellissimo e divertente Tra le nuvole di Jason Reitman, che riesce, inanellando battute perfette e volti incisivi come quelli di George Clooney e Vera Farmiga, a tratteggiare, con argute pennellate, la tavolozza di vita sulla quale tanti uomini e donne pensano di poter costruire il loro futuro solido e sicuro: piccole follie della modernità, arrivismo, potere dello status symbol, irresponsabili giornate vissute soltanto tra aeroporti e alberghi. Ma il protagonista del film, il cui lavoro è quello di comunicare il licenziamento in una America piegata dalla crisi economica, si accorgerà come la disperazione altrui e la solitudine propria non possono essere anestetizzate all’infinito: si cresce, si cambia, si torna con i piedi per terra. Nulla può sostituire una carezza, un bacio, una famiglia. Anche qui il senso delle cose e della vita, raccontato però con un sorriso e una giusta punta di amarezza. (A cura di Luca Pellegrini)

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    24 Ore nel Mondo



    Offensiva dell'esercito pakistano in Waziristan contro i talebani

    ◊   Cresce il livello dello scontro militare in Pakistan tra il governo di Islamabad e la guerriglia talebana. All'alba, è partita la grande offensiva di terra dell'esercito pakistano contro le roccaforti delle milizie integraliste nel Sud Waziristan, al confine con l'Afghanistan. L’operazione, secondo Islamabad, dovrebbe durare due mesi ed essere simile a quella che ha espulso i talebani dalla Valle dello Swat. Il servizio di Marco Guerra:

    Due divisioni dell’esercito pakistano per un totale di 28 mila soldati stanno muovendo da stamani contro le roccaforti dei talebani nel sud Waziristan, la regione tribale nel nord ovest del Paese ai confini con l'Afghanistan. Obiettivo dell’offensiva è togliere il controllo della regione alla tribù dei Mehsud, il cui leader Hakemullah è a capo del gruppo ritenuto responsabile della maggior parte degli attentati in Pakistan, compresi quelli che nelle ultime due settimane hanno fatto oltre 150 vittime. Il governo ha imposto il coprifuoco in tutta l'area per proteggere l'avanzata dei reggimenti che si avvalgono anche dell’appoggio dell’aviazione. Nelle zone in questione si ritiene che ci siano almeno 15 mila talebani che hanno iniziato a opporre una strenua resistenza fin dalle prime ore dell’operazione. Si contano, infatti, già tre vittime tra i militari di Islamabad. Intanto cresce allarme per la popolazione civile: è stato lasciato aperto un corridoio umanitario per permettere agli abitanti dei villaggi di raggiungere i campi d’accoglienza nelle province vicine. Secondo dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, oltre 80 mila persone hanno lasciato la regione. Il governo pakistano appare dunque determinato a conquistare quello che è considerato la più importante roccafore dell’estremismo islamico al di fuori dell’Afghanistan.

     
    Afghanistan
    Tre soldati americani dell'Isaf (la Forza Nato in Afghanistan) sono stati uccisi da bombe artigianali nell'est e nel sud del Paese in due diversi attentati avvenuti ieri. Giovedì scorso, altri quattro soldati Usa erano rimasti uccisi in analoghi episodi nella parte meridionale dell'Afganistan, una delle roccaforti della guerriglia talebana. Intanto, il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, è a Kabul questa fine settimana per invitare al rispetto dei risultati delle elezioni presidenziali afghane, attesi da un momento all'altro. Dopo le voci di un probabile ballottaggio per l'elezione presidenziale afghana, il presidente Hamid Karzai ha avuto colloqui telefonici su tale questione con il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, il primo ministro britannico, Gordon Brown, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton e il presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari. La Commissione per i ricorsi elettorali annuncerà nel giro di un paio di giorni i risultati definitivi delle presidenziali del 20 agosto, dopo un riconteggio dei voti seguito alle accuse di brogli. Secondo indiscrezioni, il nuovo conteggio avrebbe tolto a Karzai la maggioranza assoluta, costringendolo al ballottaggio con l'altro candidato Abdullah Avdullah.

    Iraq
    Nuova escalation di violenza in Iraq. Quattro agenti della polizia irachena sono morti e altri 10 sono rimasti feriti per un attacco dinamitardo avvenuto nei pressi di Falluja. Nella notte un'autobomba ha distrutto un ponte nella città di Ramadi, causando l'interruzione del traffico sulla superstrada che collega Baghdad al confine con la Giordania. Questi attacchi arrivano a meno di 24 ore dal sanguinoso attentato suicida nella provincia di Nineveh che ha causato oltre 15 vittime.

    Elezioni palestinesi: il 25 ottobre l'annuncio della data
    Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha detto che il prossimo 25 ottobre sarà annunciata la data delle elezioni presidenziali e legislative palestinesi. L'annuncio della chiamata alle urne deve essere dato, secondo la legislazione palestinese, con almeno tre mesi di anticipo. La legislatura palestinese scade il prossimo gennaio. Le elezioni potrebbero essere rinviate a giugno del 2010 nel caso di un un'intesa tra le fazioni palestinesi sull'accordo di riconciliazione mediato dall'Egitto. A questo accordo Al Fatah, l'organizzazione a capo della quale c'è Abu Mazen, ha già apposto la sua firma giovedì. Hamas ha detto che domani al Cairo farà sapere la sua decisione.

    Rapporto Onu sui crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza
    Israele sembra intenzionato a lanciare un'offensiva diplomatica su scala mondiale per controbattere le conseguenze della risoluzione del Consiglio dell'Onu per i Diritti Umani, che ieri ha adottato a maggioranza il rapporto Goldstone. Un documento che accusa lo Stato ebraico di crimini di guerra durante l'operazione "Piombo Fuso" a Gaza. Il rapporto, che è stato stilato da una missione Onu guidata dal giurista sudafricano Richard Goldstone, accusa tra l'altro Israele di non aver collaborato con la missione Onu. Si discute delle ricadute che questo rapporto potrà avere sui rapporti israelo-palestinesi e sul futuro del processo di pace. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Maria Grazia Enardu, docente di Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze.

    R. - Più che un voto è stata una "rissa", perché un gruppetto di Paesi, tra cui Gran Bretagna e Francia, non hanno votato e non sono neanche configurabili come astenuti. Questo perché fino all’ultimissimo momento c’è stato un lavorio diplomatico dietro il voto. Detto questo, da un punto di vista di politica internazionale, per Israele, è un colpo durissimo, perché è vero che si accusa anche Hamas, però è anche vero che i fatti accertati più importanti dal rapporto sono contro Israele e inoltre Israele non può tollerare di essere messo sullo stesso livello di Hamas in termini di condanna.

     
    D. – Questo voto può di fatto rallentare ulteriormente il processo di pace?

     
    R. – Assolutamente sì, sia perché il governo Netanyahu, che è un governo di destra, prenderà tutte le misure possibili, sia perché se il rapporto procede in direzione del Consiglio di Sicurezza, dove naturalmente interviene il veto delle Grandi Potenze. Questo significa che il negoziato con gli americani sul loro atteggiamento e anche con altri Stati, sarà intensissimo e questo rallenterà ogni cosa.

     
    D. – Molti analisti credono anche che il voto di ieri con le accuse mosse ad Hamas, complichi ancora di più i rapporti interpalestinesi...

     
    R. – Sì, perché Hamas a questo punto si difenderà e chiederà ad Al Fatah di difenderla. Cercherà quindi di spostare il dibattito su altri piani. Il Rapporto Goldstone e il suo percorso sono un masso ancora più grosso su una strada che era già particolarmente difficile.

     
    Romania
    L'economista Lucian Croitoru, consigliere del governatore della Banca centrale ed ex rappresentante della Romania presso il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), ha cominciato, su mandato del presidente Traian Basescu, le trattative per formare un nuovo governo in Romania, dopo che nei giorni scorsi il Parlamento ha sfiduciato il gabinetto di minoranza del Partito democratico-liberale (Pdl), presieduto da Emil Boc. Secondo la Costituzione, è il presidente a dover nominare un premier con l'incarico, entro dieci giorni, di formare un governo e chiedere la fiducia del Parlamento. Basescu ha ricordato che il Fmi, che dovrebbe inviare a Bucarest una tranche di 1,5 miliardi di euro entro fine anno, ha rinviato la valutazione finchè non ci sarà un nuovo governo stabile. Un altro miliardo è atteso dalla Commissione europea. Rispondendo all'opposizione che lo accusa di volere un governo pronto a preparare brogli a suo favore alle presidenziali, Basescu ha annunciato di aver avviato le pratiche per l'arrivo di osservatori dell'Osce.

    Rwanda
    Il premier del Rwanda, Bernard Makuza, ha definito “una questione politica” i mandati di arresto per genocidio ordinati dalla giustizia spagnola contro 40 militari dello Stato africano, tra cui 11 generali. La dichiarazione è stata fatta subito dopo la visita del segretario spagnolo per gli Esteri, Angel Lossada. Il 6 febbraio 2008 un giudice spagnolo, Fernando Andreu Mirelles, aveva emesso dei mandati di cattura per terrorismo, atti di genocidio e crimini contro l'umanità compiuti negli anni '90 contro 40 militari ruandesi legati all'attuale governo. Tra gli accusati vi era anche il numero due della missione Onu in Darfur, in Sudan, il generale Emmanuel Karake Karenzi. Quando l'Onu chiese di rimuovere Karenzi, il Rwanda minacciò di ritirare i suoi tremila Caschi Blu dal Darfur. Gli Stati Uniti appoggiarono la posizione ruandese, perchè il ritiro dei Caschi Blu avrebbe potuto complicare ulteriormente la già fragile situazione in Darfur. “Non faccio nessun commento perchè non ho l'abitudine di commentare atti della giustizia”, ha dichiarato Lossada al termine della visita in Rwanda.

    L’Italia rimpatria 52 extracomunitari in una settimana
    Nel corso di questa settimana sono stati rimpatriati 52 extracomunitari irregolari, soprattutto algerini, marocchini e nigeriani, sbarcati sulle coste italiane.

    Corea del Nord
    Sono almeno 154mila i prigionieri attualmente detenuti nei sei campi di concentramento della Corea del Nord. Lo ha affermato, in un discorso fatto al parlamento sudcoreano, Sang-Hyun deputato del partito conservatore. Secondo la stampa di Seul, nei gulag nordcoreani sarebbero detenuti soprattutto prigionieri politici e sarebbero soggetti a continue sevizie e violenze.

    Honduras
    Ennesimo stallo nei negoziati per risolvere la crisi politica in Honduras, scoppiata dopo la salita al potere di Roberto Micheletti dello scorso giugno. Il presidente deposto, Manuel Zelaya, ha dato tempo fino a domenica per raggiungere un'intesa altrimenti considererà "rotto il dialogo". Restano molte riserve, infatti, sulla richiesta di Zelaya di essere reinsediato nell'incarico prima delle elezioni presidenziali del 29 novembre, a cui nè lui, nè Micheletti si candideranno. Il presidente "de facto" sostiene che la questione deve essere decisa dalla Corte suprema, mentre Zelaya ritiene che debba esprimersi il parlamento.

    India
    Il governo dello Stato di Goa, nell'India centrale, ha dichiarato lo stato di allerta dopo l'arresto di due uomini che trasportavano su un motorino dell'esplosivo. Per tentare di scappare, uno dei due ha fatto brillare l'esplosivo nei pressi di una chiesa, senza però provocare danni. Goa è una rinomata località turistica indiana, famosa per le sue spiagge bianche e per la vita meno rigida rispetto agli altri Stati indiani, che attrae turisti da tutto il mondo. Nell'ex colonia portoghese, la comunità cristiana è molto numerosa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 290

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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